Cap.IV-Trasformazione e conversione 2016_17

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G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
CAP.IV
TRASFORMAZIONE E CONVERSIONE DELL’ENERGIA
ELETTRICA
(III parte)
IV.8 FONDAMENTI DI ELETTRONICA DI POTENZA
IV.8.1 Circuiti raddrizzatori
Tra i bipoli fondamentali si è già accennato (§I.17) al diodo ideale e
reale1 (fig.IV.8.1): si hanno fenomeni significativi di conduzione (con
caratteristica non lineare) se la tensione tra anodo A è catodo C è positiva
(tratto © di “conduzione”), non si hanno praticamente fenomeni di
conduzione se tale tensione è negativa (tratto ® di “interdizione”, a
meno di non raggiungere valori di tensione eccessivi che determinano il
collasso (breadown) del componente) .
Un diodo reale viene realizzato ad esempio attraverso una “giunzione P-N” di due strati di un
materiale tetravalente puro, semiconduttore intrinseco come il Silicio, uno drogato con materiale
trivalente (come il boro) che quindi rende lo strato ricco di “lacune elettroniche” (P è l’anodo) e l’altro
drogato con materiale pentavalente (quale l’antimonio) che quindi rende lo strato ricco di elettroni
disponibili per la conduzione (N è il catodo). Applicando una tensione positiva si avrà una agevole
migrazione o diffusione di elettroni verso l’anodo e “lacune” verso il catodo; la migrazione inversa è
evidentemente più difficile.
1
Cap. IV – III parte - pag.1
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
A
vAC
anodo
VAC
i
I
diodo reale
diodo ideale
©
I
VAC
+ e(t)
catodo
Ru
vu
C
®
fig.IV.8.1.1
fig.IV.8.1.2
La caratteristica è fortemente asimmetrica; quindi, imponendo una
tensione v AC variabile (ad esempio sinuoidale) , l’intensità di corrente
risulterà fortemente distorta e viceversa. Se si alimenta con un generatore
sinusoidale una serie diodo-resistore (fig.IV.8.1.2), la caratteristica di fig.
IV.8.1.1 andrà confrontata con quella del bipolo “visto” dal diodo
v AC (t ) = e(t ) − Ru i → i =
e(t ) − v AC (t )
(IV.6.1)
R
Tale caratteristica è una retta che intercetta la zona di conduzione se e(t)>0, quella di
interdizione se e(t)<0 (fig. IV.8.1.3)
VAC
v AC (t ) = e(t ) − Ru i
diodo reale
diodo ideale
©
v2
t
I
e
®
fig.IV.8.1.3
fig.IV.8.1.4
Cap. IV – III parte - pag.2
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
La tensione sul diodo risulterà trascurabile se e(t)>0, per cui la tensione sul resistore
v 2 risulterà praticamente coincidente con e(t); se e(t) è minore di zero, risulterà invece
piccola l’intensità di corrente e quindi trascurabile la v 2 (fig.IV.8.4, raddrizzamento ad
una semionda).
La tensione di uscita risulta quindi periodica con lo stesso periodo della e(t) – se
questa è periodica -, ma con un valore medio significativo; nel caso e(t) sia
sinusoidale di valore massimo E M e periodo T
t1 +T
1
∫ v (t ) dt ≅ π E
1
V* =
T
AC
M
= 0,318 E M
t1
Anche l’intensità di corrente presenterà quindi un valore medio non nullo. Nel caso
(frequente) in cui la e(t) sia fornita attraverso un trasformatore su ferro (fig.IV.8.1.5),
questa circostanza potrebbe comportare saturazione del ferro e conseguente cattivo
funzionamento del trasformatore. Per tensioni non elevate si può ricorrere ad una
alimentazione “doppia” del resistore R u considerando un trasformatore con
secondario a presa centrale (fig.IV.8.1.6), circuito a doppia semionda). Le due
tensioni v 2 e v 2 * sono di uguale ampiezza ed in opposizione di fase; a vuoto (R u
infinita) le correnti al secondario sono praticamente nulle perché i due diodi sono in
serie vontrapposta; per R finita, il diodo D conduce per il semiperiodo in cui v è
positiva (mentre v* è negativa e quindi il diodo D* interdetto); per l’altro
semiperiodo D* conduce e D è interdetto. In tale caso, a parità di valore massimo E M
della tensione di alimentazione il valore medio nel periodo T raddoppia
1
V* =
T
t1 +T
2
∫ v (t ) dt ≅ π E
AC
M
= 0,636 E M ;
t1
Tale valore risulta abbastanza prossimo al valore efficace della tensione di ingresso
sinusoidale (=0,707 E M ) (fig.IV.8.1.7)
vAC
i
vAC
i
D
+
e=v
vu
Ru
+
e=v2
Ru
vu
v2*
D*
fig.IV.8.1.5
fig.IV.8.1.6
Cap. IV – III parte - pag.3
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
vu
t
v*2
v2
fig.IV.8.1.7
Con questa soluzione si avranno correnti a valor medio non nullo nei
due avvolgimenti, significative in semiperiodi diversi; con opportune
disposizioni (ravvicinate) dei due avvolgimenti si potrà creare un campo
magnetico praticamente alternativo dovunque.
Per tensioni più elevate si potrà utilizzare il circuito di fig. IV.8.1.8 (ponte
di Graetz) con unico avvolgimento interessato da correnti alternative
+
e=v2
fig. IV.8.1.8
Ru
vu
Cap. IV – III parte - pag.4
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
Una versione polifase del circuito ad una semionda è presentata in
fig.IV.8.1.9; la tensione sul carico è rappresentata in fig. IV.8.1.10 nel caso
trifase. Come si nota, all’aumentare del numero delle fasi il valore medio
della tensione di uscita diventa sempre più prossima al valore massimo e
si riduce sempre più il fattore di ondulazione2.
+ e1(t)
1
i1(t)
+ e2(t)
i2(t)
2
0
i3(t)
+ e3(t)
vu
Fig. IV.8.1.9
v
e3
t
e1
e2
Fig.IV.8.1.10
Il livellamento della tensione in uscita può essere migliorato con l’impiego di
condensatori di capacità opportuna in parallelo al carico resistivo. Ad esempio, nel
circuito a doppia semionda, la presenza di un condensatore (fig.IV.8.1.11) determina
la conduzione dei diodi in un intervallo ridotto; quanto maggiore è la capacità del
condensatore e quindi la costante di tempo di scarica τ=RuC, tanto minore sarà
2
Si definisce un fattore di ondulazione residua γ (ripple factor), rispetto al valore medio Vo della
tensione in uscita
Vo =
1
T
t1 +T
∫ vu (t ) dt
t1
;
γ=
vu − Vo eff
Vo
=
V12 + V22 + ....
Vo
Cap. IV – III parte - pag.5
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
l’intervallo di conduzione (in fig.IV.8.1.12 si possono notare due sottointervalli a
sinistra ed a destra del valore massimo della tensione).
Per τ tendente ad infinito, il fattore di ondulazione tende a zero, ossia la tensione
tende ad essere costante; attenzione però all’intervallo di conduzione, che risulta
molto ridotto; poiché l’alimentatore deve provvedere comunque alla ricarica del
condensatore, essa avviene in tempi ridotti in ragione della costante di tempo di
carica molto breve (la “resistenza” di carica e trascurabile rispetto ad R u e peraltro
non è neanche rappresentata); le intensità di corrente diventano molto elevate e
rapidamente variabili: ciò implica l’uso di diodi particolarmente “robusti”.
vAC
i
D
+
e=v2
Ru
vu
C
vu
θ1 θ2
v2*
D*
ωt
v*2
v2
Fig.IV.8.1.12
Cap. IV – III parte - pag.6
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IV.8.2 Tiristori o SCR (Silicon Controlled Rectifier) – Il TRIAC (triode for
alternating current)
Il tiristore o SCR è un diodo controllato. La effettiva conduzione del diodo, se
ammessa, avviene solo se si invia un opportuno comando (anche un “impulso”) di
tensione sul terminale di controllo (gate G) (fig.IV.8.2.1)
VAC
A
SCR reale
©
VAC
I
anodo
catodo
G gate
SCR ideale
C
I
®
fig.IV.8.2.1- Caratteristica di un tiristore
Il tiristore si comporta quindi come un interruttore a stato solido (in chiusura); inoltre
esso si interdice se l’intensità di corrente scende al disotto di un valore di soglia; in
caso di grandezze variabili, va sempre in interdizione (e non si riaccende fino ad un
nuovo comando sull’elettrodo di controllo) se la intensità di corrente passa per lo
zero. Il tempo di “accensione” è di 1-4 μs, quello di “spegnimento” di 10-25 μs.
Il TRIAC è costituito sostanzialmente da due SCR in antiparallelo, che hanno
l’elettrodo di controllo in comune. La conduzione può essere attivata sia per tensioni
positive che negative (con impulsi positivi e negativi). In fig. IV.8.2.2 è rappresentata
la caratteristica reale e quella ideale
v
AC
VAC
TRIAC reale
©
TRIAC ideale I
A
VGC
I
®
VAC
VGC
G
C
fig.IV.8.2.2- Caratteristica di un triac
Cap. IV – III parte - pag.7
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
Come si vede si possono parzializzare i fenomeni di conduzione; il triac quindi può
funzionare come un regolatore di corrente sinusoidale (alternata).
Per elevate correnti e tensioni si preferisce usare due tiristori separati in antiparallelo,
per meglio dissipare le perdite sul componente.
Costruttivamente il tiristore è costituito da un quadruplo strato di semiconduttori pn-p-n (fig. IV.8.2.3), con l'anodo collegato allo stato p esterno, il catodo allo
strato n opposto ed il gate al p intermedio. L’iniezione di elettroni attraverso
l’elettrodo di controllo consente la conduzione anche attraverso la giunzione inversa.
fig.IV.8.2.3
L'impiego tipico si ha nei raddrizzatori di tensione controllabili, in grado di fornire
tensioni continue regolabili da una tensione alternata fissa. Altri impieghi si hanno
negli inverter e nei convertitori di tensione alternata. Il circuito di innesco degli SCR
fa si che questo si trovi in ritardo rispetto allo zero della tensione anodo-catodo;
questo provoca un frazionamento della tensione raddrizzata (il cosiddetto controllo di
fase)..
Dal punto di vista della modalità di commutazione, si possono classificare i dispositivi
dell’elettronica di potenza in tre categorie:
a) Dispositivi a commutazione naturale (senza intervento esterno, ad esempio i
diodi nei circuiti raddrizzatori)
b) Dispositivi senza commutazione, in cui l’intensità di corrente si annulla quando
si annulla l’intensità di corrente nel carico, senza susseguente conduzione in
un altro dispositivo (esempio: variatori di corrente alternata, in cui ad esempio
la conduzione è regolata da innesco separato ed autonomo del due tiristori in
antiparallelo)
c) Dispositivi a commutazione forzata (in cui gli scambi condizioni di conduzione
su tiristori e triac si determinano con intervento esterno su elettrodo
ausiliario).
Cap. IV – III parte - pag.8
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
Altri fondamentali componenti dei circuiti di potenza sono alcuni tipi di transistori.
Nel caso di tali componenti (funzionalmente simili a quelli impiegati nei circuiti
elettronici di segnale) si è in presenza di giunzioni multiple PNP o NPN in cui i due
strati esterni sono indicati come emettitore e collettore, lo strato centrale (base) regola
il meccanismo di conduzione collettore-emettitore.
Si rinvia ad altra occasione la descrizione del funzionamento dei transistori di
segnale e di potenza. Tra questi ultimi preme tuttavia, segnalare gli IGBT (Insulated
Gate Bipolar Transistor) di recentissima introduzione per le applicazioni nel campo
della trazione ferroviaria, interessati da correnti di intensità superiori a 1000 A e
tensioni (inverse) superiori a 6000 V (fig. IV.8.2.4)
fig. IV.8.2.4 – IGBT
IV.8.2b Cenni sulle applicazioni ferroviarie e filoviarie (vedi presentazione su file a parte)
IV.8.3 Cenni sulla propulsione elettrica navale (per allievi navali)
L’impiego delle tecnologie elettriche non è nuovo nella catena di propulsione
delle navi essendo noti fin dall’inizio del secolo scorso i vantaggi in termini di
efficienza e manutenzione di soluzioni elettriche alternative al tradizionale riduttore
meccanico per ricondurre la velocità di rotazione dei motori diesel o a turbina al più
basso numero di giri delle eliche. L’introduzione dei convertitori elettronici ed in
generale dei componenti elettronici di potenza ha consentito soluzioni “ad hoc” di
sistema a bordo delle navi. Vengono adottate soluzioni “miste” (sistemi dieselelettrici) o “integrali” (AES, “all electric ships”). L’impiego integrale delle tecnologie
elettriche dell’impiantistica di bordo assicura importanti vantaggi, quali incremento
del comfort a bordo per la riduzione di vibrazioni e rumore, maggiore spazio a
disposizione, superiori prestazioni dinamiche della nave (ivi compresa la regolazione
della velocità, il controllo locale e generale, i sistemi di registrazione ed allarme, la
gestione di emergenze), riduzione di consumi ed emissioni, integrazione tecnologica
e di automazione, manutenzione meno onerosa.
Il campo di applicazione della propulsione elettrica navale è stato sicuramente
quello delle navi di grande taglia ( 3), con particolare riguardo alle navi da crociera
3
Ad esempio a bordo della nave da crociera “Costa Fortuna” (varata nel 2004) è installato un sistema di
generazione della ABB –Asea Brown Boveri, comprendente 6 alternatori per complessivi 90 MVA; esso è
collegati ad un quadro di distribuzione in media tensione da 6,6 kV, per alimentare i servizi di hotel e di
propulsione della nave. La propulsione è realizzata con due motori elettrici sincroni ciascuno da 20 MW di
Cap. IV – III parte - pag.9
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
che negli ultimi anni hanno assunto dimensioni impensabilmente elevate. Le positive
esperienze in termini di prestazioni, sicurezza e comfort stanno favorendo un rapido
processo di trasferimento di tali soluzioni innovative ad altri comparti della
navigazione commerciale e militare.
Risulta oggi sempre più frequente il ricorso ad un sistema elettrico,in cui la
potenza elettrica necessaria a bordo viene fornita da una centrale di generazione che
alimenta i diversi carichi, propulsori compresi,attraverso un unico schema di
distribuzione. Precedentemente, i blocchi dei motori e della trasmissione erano
separati dai servizi ausiliari per l’illuminazione e impianti elevatori e dal servizio
elettrico per cucine ed accoglienza alberghiera. Ne risulta una maggiore efficienza
strutturale complessiva dovuta alla possibilità di regolare il regime dei generatori
all’andamento dei carichi elettrici.
Le moderne navi “all-electric” in servizio o in costruzione forniscono già
elevati standard di qualità e sicurezza che comunque vanno sempre migliorando
nelle nuove unità in fase di progetto attraverso l’ulteriore implementazione di
tecniche avanzate e di tecnologie innovative. Particolare attenzione e sviluppo hanno
riguardato i processori di controllo, la rete informatica di gestione, i problemi legati
ad disturbi elettromagnetici di origine interna ed esterna (“compatibilità
elettromagnetica”), la diagnostica e l’affidabilità dei componenti e dei sistemi, l’
esercizio in sicurezza.
IV.8.3.1 Sistemi per la produzione di energia elettrica a bordo di navi.
Ogni nave è dotata di impianto autonomo in grado di produrre l’energia
elettrica richiesta durante la navigazione e in manovra. Può essere tuttavia prevista
alimentazione da terra durante la permanenza in porto, anche per limitare al
massimo i prodotti di combustione.
Fino agli anni 70 gli impianti di propulsione erano costituiti o da turbine a
vapore o da motori diesel a due o a quattro tempi; l’alimentazione elettrica veniva
fornita a mezzo di turboalternatori di adeguata potenza alimentati da vapore delle
stesse caratteristiche termodinamiche del vapore che alimentava la turbina principale
di propulsione. I turboalternatori dovevano essere affiancati da uno o più diesel
potenza a 140 giri, in grado di conferire all’unità una velocità di 23 nodi. Il numero di giri dei motori elettrici
viene controllato da azionamenti statici a frequenza variabile (cicloconvertitori) che consentono una regolazione
accurata nell’intera gamma di velocità, sia in marcia avanti che indietro.
La nave Queen Mary con i suoi 86 MW di propulsione elettrica su quattro eliche e 112 MVA di alternatori
detiene allo stato (2010) il primato quanto a potenze elettriche installate.
La propulsione è stata adottata anche su navi traghetto, navi oceanografiche, posacavi/tubi, navi rompighiaccio.
Cap. IV – III parte - pag.10
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
alternatori detti comunemente “gen-sets” che provvedevano a soddisfare le esigenze
di energia elettrica quando era limitata la disponibilità di vapore, e cioè quando la
nave è in porto a motore di propulsione fermo (fig.IV.8.3.1)
Dopo gli anni ’70 la propulsione navale tradizionale ebbe un crollo a
vantaggio dei motori diesel e agli inizi degli anni ’80, per la riduzione dei costi di
esercizio della nave si passò agli impianti detti “unifuel”. Sulle navi dotate di motori
a due tempi, fu introdotto il concetto di generatore-asse azionando direttamente il
generatore per mezzo del motore di propulsione. Tra le possibili soluzioni si
prevedeva l’alternatore rotante alla stessa velocità dell’elica quando il generatore è
inserito lungo la linea d’assi o all’estremità del motore opposta a quella che aziona
l’albero portaelica. Per una disposizione diversa si prevede un moltiplicatore di giri
per far ruotare il generatore asse ad una velocità di rotazione superiore a quella
dell’elica. Altre soluzioni (meccaniche o elettroniche) consentono di “scollegare” la
rotazione dell’alternatore da quella dell’elica.
fig.IV.8.3.1
Schema di impianto per la produzione di energia elettrica a bordo mediante
generatore asse a numero di giri costante: 1 motore principale di propulsione, 2
generatore – asse, 3 gen-sets
Cap. IV – III parte - pag.11
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
IV.8.3.2 Sistemi di propulsione navale elettrica
Il motore principale della nave può azionare un generatore elettrico che
comanda un motore elettrico di propulsione. I primi impianti furono realizzati in
“corrente continua” (dinamo); tale tipo viene ancora oggi impiegato in impianti
particolari per la elasticità di regolazione di tali motori( 4). La propulsione in
“corrente alternata” si è diffusa per i vantaggi dell’alternatore sulla dinamo; inoltre,
per gli sviluppi riscontrati nel campo dell’elettronica di potenza si è passati dall’uso
motore asincrono al motore sincrono per potenza superiori a 10 MW. Le moderne
navi da crociera sono a propulsione elettrica con due assi azionati da motori sincroni
a tensione elevata (tipicamente 6-11 kV) ed eliche a pale orientabili o fisse a seconda
del tipo di convertitore statico adottato oppure con propulsori di tipo azimutale
(“azipod”).
Nella fig.IV.8.3.2 è presentato uno schema semplificato unifilare di una
centrale per la propulsione elettrica per nave da crociera
d)
b)
e)
a)
c)
a)
fig.IV.8.3.2.
Schema generale di propulsione elettrica: a) alternatori collegati a motori diesel, b) sbarra a 6
kV , c) Motore di propulsione alimentato alla tensione di 3 kV, d) Gruppi di condizionamento
(4) in alcuni casi (ad. es. sommergibili) l’energia elettrica viene fornita da batterie di accumulatori di notevoli
dimensioni, a loro volta ricaricati a mezzo di gruppi elettrogeni.
Cap. IV – III parte - pag.12
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
ed eliche di manovra, e) alimentazione dei carichi essenziali (macchina del timone, servizi
generali, pompe dei circuiti di raffreddamento del motore, ...), circuiti luce.
La potenza richiesta dalla propulsione elettrica comporta una radicale
rivisitazione dell’impianto elettrico di bordo, il quale deve assicurare le necessarie
capacità di generazione, regolazione e distribuzione dell’energia elettrica a tutti gli
utilizzatori. La suddetta architettura di tipo “tutto elettrico” AES è fondata sul
cosiddetto sistema elettrico integrato (IPS Integrated Power System).
L’IPS racchiude la centrale elettrica di bordo, basata sull’insieme di generatori
connessi ad una sbarra principale: da essa vengono alimentati, direttamente oppure
tramite trasformatori o convertitori elettronici, tutti i carichi di bordo.
I vantaggi offerti dal sistema AES sono notevoli: basti pensare alle superiori
dinamiche dei motori elettrici rispetto ai diesel; la possibilità (avendo eliminato il
vincolo della linea d’asse) di allocare pesi ed ingombri in modo più razionale
(offrendo un’elevata flessibilità in termini di compartimentazione degli spazi e quindi
di continuità del servizio in caso di guasti) la riduzione dei fumi e dei consumi di
combustibile dovute alla possibilità di modulare il numero di motori primi (termici) in
servizio al fine di esercirli nell’intorno del punto di minimo consumo specifico; la
conseguente riduzione di manutenzione ed il prolungamento della vita operativa del
macchinario; maggior comfort dovuta alle assenze di vibrazioni; l’utilizzo di supporti
rotanti fuoribordo per alloggiare i motori elettrici (con il conseguente recupero di
spazi a bordo della nave); l’eliminazione del timone dei relativi attuatori e una
manovrabilità di gran lunga superiore rispetto ai timoni tradizionali;l’elevato grado di
automazione degli apparati elettrici di centrale e di regolazione del moto dell’elica con
conseguente riduzione del personale addetto
Cap. IV – III parte - pag.13
G. Lupò – Appunti dalle lezioni di Elettrotecnica - Capitolo IV (parte III) – settembre 2016
fig.IV.8.3.3
La fig. IV.8.3.3 rappresenta il layout dell’impianto in MT dell’IPS di una tipica nave
da crociera (si nota la doppia sbarra a 11 kV, due trasformatori di servizio hotel, 2x2
macchine di condizionamento, 2x2 macchine per la spinta direzionale bow thruster,
due motori da 17.4 MW per la propulsione, alimentati ciascuno tramite un
cicloconvertitore 5).
5
Trattasi di un sistema trifase raddrizzatore-inverter per conversione di tensione sinusoidale a frequenza ed
ampiezza fissa in tensione sinusoidale a frequenza ed ampiezza variabile.
Cap. IV – III parte - pag.14
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