“AMORE FOLLE” (VENERDI’ SANTO) Siamo al secondo atto del nostro cammino, nella sinfonia del Triduo Pasquale, che vogliamo seguire con amore e timore. Questo secondo atto, dopo l’intimità della Messa in Coena Domini, ha due sentimenti contrapposti: la tristezza e la gioia. Siamo ai piedi della Croce, siamo agli ultimi atti e agli ultimi momenti della vita del Redentore; siamo nello scontro, come abbiamo già meditato domenica scorsa, nella lettura del Passio, tra le passioni degli uomini, le opportunità politiche, la giurisprudenza, gli egoismi, i tradimenti, i rinnegamenti e l’amore imperterrito di Gesù, che va avanti verso la Sua Croce con decisione. Dunque tanti motivi di tristezza, anche perché ognuno di noi, seguendo il racconto che abbiamo ascoltato, e vedendo il proprio Maestro consegnato nelle mani dei peccatori e nelle mani violente di chi lo schiaffeggia, dice: Gesù, tu sei là per me. Quindi il tema del nostro peccato, della nostra debolezza, il miserere, attraversa tutta la liturgia e la giornata del Venerdì Santo. L’altare nudo è il Cristo Crocifisso nudo. I nostri Crocifisso hanno un panno che copre la sua nudità, ma è un panno trasparente; il Cristo è nudo sulla croce, ed è la povertà dell’uomo. Quella nudità è rappresentata anche dalla nudità dell’altare, perché le tovaglie sull’altare (l’altare è Cristo), durante l’anno ce lo presentano rivestito, fasciato, glorioso; adesso l’altare è spoglio, è nudo, senza candele, senza tovaglie, senza fiori, in contrapposizione con la visione della Messa di ieri sera. Ma questo è solo un aspetto del Venerdì Santo. Mai nella nostra esperienza umana c’è una gioia senza dolore e mai un dolore che non prepari anche una gioia, in primis i dolori del parto, giorno doloroso e glorioso. Non a caso utilizzo questo paradigma centrale della nostra vita - il parto - perché di un parto si tratta, stasera: il Cristo che soffre è il Cristo partoriente, che sta per partorirci e, subito, all’atto in cui il ginecologo, il chirurgo - che è il centurione, nel racconto che abbiamo ascoltato utilizzando la lancia, apre il costato, come dice l’evangelista Giovanni, ne uscì sangue e acqua: il sangue è l’Eucaristia e l’acqua il Battesimo. Ai piedi di Gesù c’è Maria, c’è Giovanni, c’è un piccolo drappello di irriducibili: è la Chiesa che nasce, è la Chiesa che nasce dalla Croce di Cristo. È un giorno dunque di gloria, un giorno di Battesimo, un giorno in cui vestirci di rosso. Quelli più anziani fra voi ricorderanno che, una volta, il colore del Venerdì Santo era il nero. La riforma conciliare ha imposto giustamente il rosso, che è il colore della regalità, è Gesù Re sulla croce, vestito - voi dite: Ma non era nudo? Sì…- vestito del Suo Sangue, vestito di un mantello di porpora che non è un frutto vegetale, di fibre, ma è il Suo Sangue. Noi vogliamo raccoglierci sotto questo manto… sotto questo manto si raccoglie la Chiesa come sotto le ali di una chioccia; sotto questo manto, che è il Sangue di Cristo, qualsiasi siano i nostri peccati, i nostri trascorsi, noi siamo salvati. Dunque questo è un giorno di gioia e di gloria. Noi ci salveremo nel naufragio della morte, attaccati, abbarbicati, abbracciati alla croce. Sarà la croce a salvarci da quel naufragio. Il segno di croce, che timidamente nostra madre ci ha insegnato quando abbiamo cominciato a intendere… quel segno che attraversa tutta la vita cristiana, le liturgie della Chiesa, la liturgia dei Sacramenti, è ciò che ci salverà. In questo senso, se io trovo il motivo di salvezza, questo non è un giorno di lutto: è un giorno di gioia, un giorno di gloria, un giorno in cui poterci già dire: “Buona Pasqua!”, anche se ci scambieremo gli auguri 1 domani sera, dopo la Veglia Pasquale. Già stasera, ai piedi della croce, dopo aver assistito all’amore imperterrito di Gesù, che si consegna per la nostra salvezza, possiamo dire: Buona Pasqua! Buon passaggio! Ma questo passaggio - lasciate che io ve lo dica ancora una volta - richiede una corrispondenza. Ha fatto tutto Gesù, noi non abbiamo fatto nulla, noi siamo spettatori, noi siamo solo i beneficiari di una grande vincita che si chiama salvezza nel tempo, soprattutto nell’eternità. Allora cosa posso fare io per Te, Gesù? - chiediamo tra qualche istante, venendo a baciare la croce - Tu che ti sei dato per me, Tu che non hai conservato per Te nulla… io per Te cosa posso fare? E qui torna un tema che attraversa la vita dei santi, ma in questo momento lo penso sulla bocca di San Francesco e di Santa Maria Maddalena della famiglia dei Pazzi, che girava per Firenze, la Firenze ricca, la città dell’arte per antonomasia, e bussando alle porte di notte e al mattino presto, gridava: “L’Amore non è amato!”. E piangeva. Così fra poco, nella processione della via Crucis che faremo sul lungomare, dovremmo testimoniare questa verità, gridando: “Perché l’amore non è amato?”. Noi amiamo tante cose: gli animali, gli oggetti, i gioielli, i fiori, le piante, i minerali, gli amici, i mariti, le mogli (speriamo), i figli, ma l’Amore perché nessuno Lo ama? Amiamo tante cose, ma non amiamo l’Amore, cioè quella forza che ci viene dall’Amore nella sua sorgente. L’Amore è Dio stesso, l’Amore si è fatto visibile, l’Amore si è lasciato crocifiggere, l’Amore non ha badato a prezzi, l’Amore è andato a pagare il nostro debito insolubile. Non saremmo mai stati capaci di riscattarci da noi. Questo l’ha fatto l’Amore, e tu cosa fai per l’Amore che nessuno ama, per l’amore che tanti dimenticano? Alcuni - penso tanti - in questa Pasqua non avranno neanche il tempo di alzare lo sguardo alla croce; non dico di venire in chiesa, di partecipare all’Eucarestia. Tutto questo dovrebbe commuoverci fino alle lacrime e dovrebbe far nascere nel cuore di tutti, direi almeno di uno, di una: voglio corrispondere all’Amore anche a nome di coloro che sono freddi nei confronti dell’Amore e non lo amano, non amano l’Amore che ama. Vi lascio così, stasera: l’Amore non è amato. Impegniamoci a corrispondere all’Amore, altrimenti tutto questo Amore è perduto per alcuni, speriamo per pochi; vorremmo sperare per nessuno, ma per alcuni l’Amore di Gesù, fino all’effusione del sangue, è inutile, perché mai lo riconosceranno o l’hanno abbandonato. Allora, anche a nome di coloro che non corrispondono all’Amore, io voglio amare di più l’Amore. L’Amore non è amato. L’Amore amato è il motivo della nostra vita. Qualsiasi cosa ci attenda, qualsiasi sia il nostro futuro, i giorni che ci restano, le malattie, i disagi, i lutti che vivremo, questo è il motivo che ci farà attraversare ogni notte. Sei stato amato follemente: corrispondi all’Amore. 2