Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività

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Annette U. Rickel
Ronald T. Brown
Disturbo da Deficit di
Attenzione/Iperattività
nei bambini e negli adulti
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Sviluppi in psicoterapia: trattamenti evidence-based
Editor: Danny Wedding, PhD, MPH, Prof., St. Louis, MO
Co-editor: Larry Beutler, PhD, Prof., Palo Alto, CA
Kenneth E. Freedland, PhD, Prof., St. Louis, MO
Linda C. Sobell, PhD, ABPP, Prof., Ft. Lauderdale, FL
David A. Wolfe, PhD, Prof., Toronto
Per l’edizione italiana
Marco Giannini, psicologo, psicoterapeuta, ricercatore di Psicometria presso il Dipartimento di
Psicologia dell’Università degli Studi di Firenze. Nel 1981 ha fondato la Scuola di Psicoterapia
Comparata (SPC)
Titolo originale dell’opera:
attention-Deficit/hyperactivity disorder
in Children and Adults
Traduzione dall’inglese di Linda Pannocchia
Redazione: Alessandra Galeotti/Paola Menchetti
Impaginazione: Sonia Bizzarri
Copertina: progetto ed elaborazione grafica di Paolo Turini
Published by Hogrefe & Huber Publishers,
Rohnsweg 25, D-37085 Goettingen, Germany
ISBN 978-0-88937-322-8
Copyright © 2007 by Hogrefe & Huber Publishers
Translation Copyright © 2012 by Giunti O.S. Organizzazioni Speciali
proprietà letteraria riservata
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il consenso scritto dell’Editore. Fanno eccezione le pagine per le
quali nella presente opera è data autorizzazione a fotocopiare.
Per l’edizione italiana
ISBN 978-88-09-77023-2
© 2012, Giunti O.S. Organizzazioni Speciali – Firenze
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Prefazione
Il disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è un disturbo molto
comune che colpisce circa il 7% dei bambini e spiega il 30-40% degli invii fatti
alle Child Guidance Clinics. Ciononostante esso resta uno dei disturbi più difficili
da definire. Come è stato mostrato negli ultimi anni, l’ADHD prosegue, per molti
individui, anche nell’età adulta e può comportare gravi conseguenze per il funzionamento scolastico, emotivo, sociale e lavorativo delle persone che ne soffrono.
Se identificato e diagnosticato in maniera adeguata, tuttavia, esistono numerosi
interventi di efficacia clinica dimostrata con cui poterlo trattare.
A oggi i ricercatori sono riusciti ad acquisire una buona conoscenza della
neurobiologia, l’ereditarietà, la comorbidità, la farmacologia e il trattamento psicoterapeutico dell’ADHD nei bambini, negli adolescenti e negli adulti. In questo volume verranno presentati i risultati più recenti relativi all’eziologia e alla
presentazione sintomatologica dell’ADHD nei bambini e negli adulti e il lettore
verrà istruito su quelli che sono gli aspetti fondamentali di questo disturbo. Si
illustreranno le specifiche procedure di assessment che il clinico deve mettere in
pratica per poter fare diagnosi di ADHD e sarà introdotto l’utilizzo dei farmaci
stimolanti nel trattamento di questo disturbo, nonché affrontati i possibili effetti
collaterali a essi associati. Verranno inoltre affrontate le condizioni cliniche più
frequentemente associate all’ADHD, come ad esempio i disturbi dell’apprendimento, i disturbi da abuso di sostanze, i disturbi depressivi e i disturbi d’ansia,
e si analizzeranno i modelli di psicoterapia ritenuti più efficaci, con particolare
attenzione alle tecniche comportamentali individuali, agli interventi scolastici o
sul gruppo dei pari e, nel caso degli adulti, all’advocacy e all’orientamento legati
alla carriera. Verranno infine presentati i mandati federali statunitensi che garantiscono i diritti delle persone affette da ADHD ed esplorate le questioni legali
più rilevanti.
Questo libro vuole porsi sia come breve volume di riferimento pratico, ovvero
sul “come fare”, che può essere utilizzato dai clinici nel loro lavoro quotidiano,
sia come testo scolastico ideale per gli studenti che sono orientati alla clinica. La
caratteristica più importante del volume è proprio la sua praticità e il fatto che
sia scritto in maniera chiara e semplice (“reader friendly”). Esso è strutturato in
modo simile agli altri volumi della collana a cui appartiene e rappresenta una
guida compatta e facile da seguire che affronta tutti gli aspetti clinici rilevanti per
la valutazione e la gestione dell’ADHD lungo tutto l’arco della vita dei soggetti.
Le tabelle, le presentazioni dei casi e le note ai margini delle pagine facilitano
l’orientamento del lettore nel testo, e a disposizione dei clinici, e di chiunque ne
sia interessato, alla fine del volume si possono trovare indicazioni sulle letture di
approfondimento, sui gruppi di supporto e sulle organizzazioni educative presenti
in questo campo.
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Ringraziamenti
Abbiamo un debito con molte persone che ci hanno supportato e assistito nella creazione
di questo lavoro. Il contributo di Rachel Goldsmith e di Victor Rubino è stato inestimabile e
fondamentale per poter completare il volume.
Annette U. Rickel
Ronald T. Brown
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Descrizione del Disturbo da
1 Deficit di Attenzione/Iperattività
1.1.Terminologia
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è un disturbo dello
sviluppo neurologico caratterizzato da livelli di disattenzione, impulsività e/o
iperattività inadeguati rispetto al livello di sviluppo della persona che ne provocano una compromissione cronica del funzionamento in varie aree (American
Psychiatric Association, 2000). L’ADHD è accompagnato anche da manifestazioni
cognitive e comportamentali che emergono solitamente durante l’infanzia. Il
Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, Quarta Edizione – Revisione del
Testo (DSM-IV-TR; American Psychiatric Association, 2000) codifica l’ADHD nel
modo seguente:
• F90.0 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo Combinato [314.01];
• F98.8 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo con Disattenzione Predominante [314.00];
• F90.0 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti [314.01].
La Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari
Correlati, 10a Edizione (ICD-10; World Health Organization, 1992) codifica l’ADHD
con F90 “Disturbi ipercinetici” e F90.0 “Disturbo dell’attività e dell’attenzione”.
La storia dell’ADHD è fatta di un gran numero di falsi miti e credenze erronee che
hanno guidato sia la diagnosi che la gestione di questo disturbo. In precedenza
era conosciuto con altri nomi, quali “sindrome da danno cerebrale”, “disfunzione
cerebrale minima”, “disturbo ipercinetico impulsivo” e “disturbo da deficit dell’attenzione”. I cambiamenti nella terminologia hanno in genere riflettuto la sempre
migliore conoscenza, avvenuta nel corso degli anni, dell’eziologia, dell’identificazione e della gestione più appropriata di questo disturbo.
1.2.Definizioni
In accordo al DSM-IV, i criteri diagnostici dell’ADHD includono livelli di attenzione, impulsività e/o iperattività inadeguati rispetto al livello di sviluppo così
come segue:
A. Il punto 1) o il punto 2):
1)Sei (o più) dei seguenti sintomi di disattenzione sono persistiti per almeno
6 mesi con un’intensità che provoca disadattamento e che contrasta con il
livello di sviluppo:
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Disattenzione
a)spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di
distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro, o in altre attività;
b)spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di
gioco;
c) spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;
d)spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le
incombenze, o i doveri sul posto di lavoro (non a causa di comportamento
oppositivo o di incapacità di capire le istruzioni);
e) spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività;
f)spesso evita, prova avversione, o è riluttante a impegnarsi in compiti che
richiedono sforzo mentale protratto (come compiti a scuola o a casa);
g)spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività (ad esempio,
giocattoli, compiti di scuola, matite, libri, o strumenti);
h) spesso è facilmente distratto da stimoli esterni;
i) spesso è sbadato nelle attività quotidiane.
2)Sei (o più) dei seguenti sintomi di iperattività-impulsività sono persistiti per
almeno 6 mesi con un’intensità che causa disadattamento e contrasta con il
livello si sviluppo:
Iperattività
a) spesso muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia;
b)spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui
ci si aspetta che resti seduto;
c)spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui
ciò è fuori luogo (negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a sentimenti soggettivi di irrequietezza);
d)spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;
e) è spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”;
f) spesso parla troppo.
Impulsività
g) spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate;
h) spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno;
i)spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (ad esempio,
si intromette nelle conversazioni o nei giochi).
B.Alcuni dei sintomi di iperattività-impulsività o di disattenzione che causano
compromissione erano presenti prima dei 7 anni di età.
C.Una certa menomazione a seguito dei sintomi è presente in due o più contesti
(ad esempio, a scuola o al lavoro e a casa).
D.Deve esservi una evidente compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo.
E.I sintomi non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un disturbo
pervasivo dello sviluppo, di schizofrenia, o di un altro disturbo psicotico, e non
risultano meglio attribuibili a un altro disturbo mentale (ad esempio, disturbo
dell’umore, disturbo d’ansia, disturbo dissociativo, o disturbo di personalità).
Sulla base di questi criteri vengono individuati tre tipi di ADHD:
1.ADHD, Tipo Combinato: se entrambi i criteri A1 e A2 sono risultati soddisfatti
negli ultimi 6 mesi;
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1. Descrizione del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività
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2.ADHD, Tipo con Disattenzione Predominante: se il criterio A1 è risultato
soddisfatto negli ultimi 6 mesi, ma non il criterio A2;
3.ADHD, Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti: se il criterio A2 è risultato
soddisfatto negli ultimi 6 mesi, ma non il criterio A1.
Secondo l’ICD-10, il disturbo (F90) consiste in un gruppo di condizioni
caratterizzate da un esordio precoce (generalmente nei primi cinque anni di
vita), da una mancanza di perseveranza nelle attività che richiedono un impegno
cognitivo e da una tendenza a passare da un’attività all’altra senza completarne
alcuna, insieme a un’attività disorganizzata, mal regolata ed eccessiva. Diverse
altre anomalie possono associarsi. I bambini ipercinetici sono spesso imprudenti,
impulsivi e inclini agli incidenti e vanno incontro a problemi disciplinari per
infrazioni dovute a mancanza di riflessione piuttosto che a deliberata disobbedienza. I loro rapporti con gli adulti sono spesso socialmente disinibiti, con
assenza della normale cautela e riservatezza. Essi sono impopolari presso gli altri
bambini e possono divenire isolati. È comune una compromissione cognitiva,
e ritardi specifici dello sviluppo motorio e del linguaggio sono sproporzionatamente frequenti. Complicanze secondarie sono il comportamento antisociale e
la scarsa autostima.
Sono escluse: sindromi ansiose (F41.–); sindromi affettive (F30-F39); sindromi
da alterazione globale dello sviluppo psicologico (F84.–); schizofrenia (F20.–).
Uno dei problemi maggiori della classificazione psichiatrica attuale è probabilmente quello di assegnare un’eccessiva importanza ai sintomi. Nel fare la diagnosi
viene infatti dato un rilievo particolare a sintomi quali disattenzione e impulsività
piuttosto che considerare la compromissione del funzionamento del soggetto in
aree significative quali la casa, la scuola o il gruppo dei pari.
1.3.Epidemiologia
1.3.1.Prevalenza
È stato stimato che l’ADHD è un disturbo diffuso in una percentuale variabile
tra il 3 e il 7.5% della popolazione dei bambini in età scolare (a seconda della fonte
presa in considerazione), ovvero ogni anno da 1.4 a 3 milioni di bambini in età
scolare soffrono di questo disturbo (Barkley, 2006). In generale, circa il 5% della popolazione statunitense in età scolastica soddisfa i criteri dell’ADHD (American Psychiatric Association, 2000). I tassi di prevalenza variano frequentemente a seconda
delle fonti prese in considerazione (caregiver, insegnanti) e gli studi sull’incidenza
del disturbo conducono a risultati differenti a seconda del livello di precisione dei
criteri diagnostici. In uno degli studi più meticolosi condotto alla Mayo Clinic a
Rochester (Minnesota), che includeva anche una diagnosi clinica e una documentazione medica e scolastica di supporto, St. Sauver et al. (2004) sono giunti alla
conclusione che il 7.5% dei bambini in età scolare del distretto soffriva di ADHD.
Alcuni esperti sostengono che i tassi di incidenza del disturbo potrebbero anche essere maggiori di quelli individuati (Barkely, 2006), in quanto con grande probabilità
un gran numero di bambini e adolescenti affetti da ADHD non riceve un supporto
adeguato per tale patologia.
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Dal 3 al 5% dei
bambini in età
scolare soffre di
ADHD
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Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività nei bambini e negli adulti
1.3.2.Sesso
L’ADHD è più
comune tra i
maschi che tra le
femmine
L’ADHD è un disturbo che si presenta più frequentemente nei maschi che nelle
femmine con rapporti variabili da 2:1 a 6:1 (Biederman, Lopez, Boellner e Chandler,
2002). Tuttavia, sebbene l’ADHD sia più comune nei ragazzi, è nelle ragazze che
può avere manifestazioni più gravi. Alcuni autori hanno postulato che, poiché le
femmine non mostrano gli stessi problemi di condotta o di indisciplina che si rilevano in maniera evidente nei soggetti di sesso maschile, ciò potrebbe, almeno in
parte, spiegare il numero ridotto di invii delle ragazze ai centri di salute mentale
(in altre parole il loro comportamento non è di disturbo agli altri). In anni recenti
c’è stato un significativo aumento della prevalenza dell’ADHD tra i soggetti di sesso
femminile che alcuni esperti hanno attribuito a una più attenta identificazione
degli specifici sottotipi del disturbo, in particolare del sottotipo con disattenzione
(Barkley, 2006).
1.3.3.Età
L’ADHD è un disturbo a esordio molto precoce e a decorso cronico che espone
i bambini e gli adolescenti a un rischio maggiore rispetto alla media di incontrare
difficoltà scolastiche, comportamentali e sociali. Questo disturbo è solitamente evidente già prima dei sette anni d’età e può perdurare nell’adolescenza e nell’età
adulta. Alcune ricerche suggeriscono che la presenza precoce dei sintomi, che possono manifestarsi anche nel periodo prescolastico, può essere predittiva di una manifestazione più grave del disturbo durante l’infanzia e di un decorso più difficile
(Campbell, 1990). Per questo motivo, il trattamento dovrebbe essere intrapreso il
più presto possibile, affrontare più aree di funzionamento dell’individuo ed essere
messo in pratica in contesti diversi e per lunghi periodi di tempo.
I sintomi dell’ADHD hanno una manifestazione diversa nei bambini e negli
adulti. Poiché tale disturbo è stato inizialmente concettualizzato come un disturbo
esclusivo dell’infanzia, la descrizione sintomatologica ne riflette le manifestazioni
nei bambini. Anche se la formulazione che si trova nel DSM-IV ha fatto dei passi
in avanti rispetto ai precedenti criteri, tale descrizione è comunque primariamente
messa a punto per l’infanzia (Weiss et al., 1999). Nonostante in circa il 60% dei bambini con ADHD il disturbo persista anche in età adulta (Elliott, 2002) e nonostante
a una percentuale variabile tra il 2 e il 10% degli adulti si possa diagnosticare questo
problema, è ancora diffusa la convinzione, sia tra la gente comune che tra alcuni
professionisti della salute mentale, che l’ADHD non sia realmente riscontrabile negli
adulti (Weiss et al., 1999). In molte persone i sintomi di questo disturbo si modificano nel corso della vita. Passando dall’infanzia all’adolescenza e poi all’età adulta
l’iperattività potrebbe diminuire mentre altre difficoltà legate alla distraibilità e alla
disattenzione persistere (Nadeau, 2005).
1.3.4. Problemi nell’età adulta
L’ADHD si
manifesta
solitamente
prima dei 7 anni
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I bambini che da piccoli sono agitati da adulti si renderanno probabilmente
conto di avere bisogno di inserire nelle proprie vite e nei propri lavori una grande
quantità di attività (Adler, 2004); potrebbero infatti agitarsi molto se viene loro
richiesto di lavorare in situazioni eccessivamente monotone o sedentarie. Per molti
individui con ADHD l’agitazione si sposta da quella psicomotoria verso un aumento
delle attività finalizzate a un obiettivo. In alcuni casi l’agitazione sperimentata da
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Indice
Prefazione.......................................................................................................... 5
Ringraziamenti.................................................................................................. 6
1. Descrizione del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD)...... 7
1.1.Terminologia..................................................................................... 7
1.2.Definizioni......................................................................................... 7
1.3.Epidemiologia.................................................................................... 9
1.4. Decorso e prognosi............................................................................ 14
1.5. Diagnosi differenziale........................................................................ 14
1.6.Comorbidità...................................................................................... 16
1.7. Procedure diagnostiche e documentazione...................................... 19
2. Teorie e modelli dell’ADHD.......................................................................... 22
2.1. Fattori biologici nell’ADHD............................................................... 22
2.2. Fattori perinatali nell’ADHD............................................................. 26
2.3. Fattori psicologici nell’ADHD........................................................... 27
2.4. Interazioni tra fattori biologici e psicologici..................................... 28
3. Indicazioni per la diagnosi e il trattamento................................................. 29
3.1. Procedure di assessment.................................................................... 30
3.2. Tecniche di assessment specifiche..................................................... 31
3.3. Il processo decisionale....................................................................... 33
3.4. Considerazioni sul trattamento......................................................... 34
4. Il trattamento................................................................................................ 36
4.1. Metodi di trattamento....................................................................... 36
4.2. Meccanismi di azione........................................................................ 51
4.3. Efficacia e prognosi............................................................................ 53
4.4.Varianti e combinazione dei trattamenti.......................................... 56
4.5. Problemi che si possono incontrare nel corso del trattamento........ 62
5. Casi clinici..................................................................................................... 65
6. Letture di approfondimento......................................................................... 70
7. Bibliografia.................................................................................................... 72
8. Appendici: strumenti e risorse...................................................................... 85
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