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Il meccanicismo inglese. Thomas Hobbes
Mappa dell'Unità
La posizione più chiara ed esplicita in merito a questo problema fu senza dubbio quella di Hobbes, che a tutti gli effetti
possiamo considerare il "padre fondatore" dell'empirismo anglosassone.
Egli portò l'epistemologia meccanicista alle sue estreme conseguenze, col preciso intento di liberare la filosofia, e
quindi la scienza, da ogni residuo di carattere metafisico e razionalista. Se il meccanicismo cartesiano, infatti, adotta il
modello esplicativo della macchina per ordinare razionalmente i fenomeni naturali entro un numero limitato e sufficiente
di principi primi non ulteriormente scomponibili, assumibili come leggi di natura, tuttavia non intende affatto includere tra
questi principi e i loro fenomeni derivati anche la mente e il suo modo d'essere. Quello del pensiero rimane un "mondo a
sé", totalmente distinto dalle leggi che regolano il moto dei corpi e il divenire delle cose. La mente comprende ma non è
compresa nel paradigma meccanicista cartesiano. Hobbes, al contrario, giunge fino alle estreme conseguenze di
includere anche la mente - o cosa per essa - nel paradigma meccanicista, facendo dei pensieri una classe di fenomeni
per molti versi simili ai fenomeni naturali.
Abbiamo già visto nella Conversazione sull'Infinito quanto la visionarietà dei filosofi possa anticipare conoscenze
scientifiche inimmaginabili nel loro tempo; ancora una volta assistiamo, con la gnoseologia hobbesiana, a un "salto nel
futuro" che ci porta nel campo della neurobiologia moderna, senza che nulla potesse giustificare, dal punto di vista dei
fatti, una simile intuizione. In sostanza, Hobbes descrive i processi mentali come fenomeni meccanici di stimolo-risposta
, attraverso i quali i corpi esterni, come delle sorgenti di stimoli, attivano negli organi interni delle risposte uguali e
contrarie. Quelle che noi chiamiamo rappresentazioni, o idee, non sono che fenomeni interni, o fantasmatha (fantasmi)
prodotti dall'urto delle sensazioni sui nostri organi di senso. È vero che anche Aristotele affermava più meno la stessa
cosa, con la differenza però che per il filosofo greco la sensazione era l'impronta impressa nella mente (?) dalla forma
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dei corpi, e quindi una modificazione esogena della mente stessa; mentre per Hobbes la sensazione è un mutamento
endogeno con cui la mente (?) risponde allo stimolo esterno. [Testo: De corpore]
Un ritratto di Thomas Hobbes
Piccolo popolo - Vuoi dire insomma che tutto questo Hobbes lo "immagina"? O era egli stesso un biologo?
Ermetis - Lo deduce dal paradigma meccanicista, applicando ancora un volta il rasoio di Ockham: se sono possibili due
spiegazioni di uno stesso fenomeno, una di tipo razionalista e una materialista o empirica, quella più semplice è da
preferire. E, dal suo punto di vista, non c'è dubbio che la spiegazione materialista sia la più semplice, poiché esclude
enti o principi che non sono immediatamente verificabili, come l'esistenza di idee innate o il concetto di sostanza
applicabile a qualcosa come il pensiero.
Piccolo popolo - Sarà anche così, ma a me sembra che egli vada alla cieca come tutti gli altri. Come può affermare
che la mente funziona in un certo modo, senza poterlo dimostrare anche coi fatti, cioè osservando i nervi o il cervello,
scomponendolo, analizzandone i comportamenti? Mi pare che Hobbes pretenda di essere più concreto di Cartesio, ma
in realtà ha solo delle fantasie di tipo diverso.
Ermetis - È una questione di prospettiva. Visto dal nostro punto di vista, quello che dici è vero e infatti stupisce quanto,
inconsapevolmente, egli si sia avvicinato alla realtà. Ma se guardiamo la cosa dal suo punto di vista, allora non
possiamo non riconoscere che la sua gnoseologia sia più coerente, sotto l'aspetto logico, col paradigma meccanicista di
quanto non lo fosse quella cartesiana. Cartesio infatti deve ricorrere a due ipotesi esplicative, o due sostanze, tra loro
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incompatibili, per spiegare da un lato i fenomeni materiali e dall'altro quelli mentali, senza riuscire a giustificare
l'interazione tra di esse (se non con l'ipotesi ridicola della ghiandola pineale). Hobbes, per dirla scherzosamente, prende
due piccioni con una fava, riuscendo a includere tutta la realtà, mente e corpo, in un'unica teoria.
Piccolo popolo - E questo era ritenuto sufficiente, dal punto di vista scientifico?
-Non dimenticare che siamo in terra inglese. Niente matematica e niente esperimenti.
Ermetis - Il che non è del tutto vero. Hobbes è un filosofo più completo di quanto non fosse Bacone, e certamente più
consapevole di quanto stava avvenendo nel resto d'Europa, non fosse che per il fatto che la guerra civile l'aveva
costretto a espatriare per alcuni anni in Francia. Egli infatti fonda la sua ontologia sulla geometria, intesa come il
linguaggio formale più adatto a descrivere il funzionamento dei fenomeni, in modo del tutto simile ai suoi colleghi
europei.
Piccolo popolo - Una domanda: perché metti il punto interrogativo dopo la parola ‘mente'?
Ermetis - Perché non si capisce, letteralmente, di cosa Hobbes stia parlando quando parla della mente. In realtà egli si
riferisce genericamente a non meglio precisati ‘organi interni', intendendo probabilmente il sistema nervoso; ma non
c'è nei suoi testi nessun riferimento a una specifica funzione assimilabile all'ambito mentale. Neppure Cartesio,
d'altronde, è chiaro in tal senso. Occorre ricordare che fino al Rinascimento tutti i fenomeni che noi chiamiamo "mentali"
erano compresi nel concetto di anima, in mancanza di più specifiche categorie gnoseologiche. Più o meno
contemporaneamente al diffondersi del paradigma meccanicista, il "problema dell'anima" sparisce dalle conversazioni
filosofiche, senza tuttavia trovare un sostituto convincente e adeguato ai tempi. Entrano in gioco termini più neutri come
‘ragione' e ‘intelletto', ma il loro uso risulterà molto vago e impreciso ancora per molto tempo.
In effetti, il problema della mente, di che cosa essa sia e di come funzioni, non è ancora risolto adesso, anzi: su di esso
ci si accapiglia più che mai proprio dalle opposte sponde delle filosofie analitica e continentale. discutetene È
facile
Il meccanicismo cartesiano tiene al di fuori della teoria il pensiero. Solo la materia può essere regolata da queste leggi.
Hobbes è il fondatore dell'empirismo anglosassone. Egli, al contrario di Cartesio, include il pensiero nella categoria dei
fenomeni. Riesce cioè ad includere sia la mente che il corpo in un'unica teoria. I processi mentali si basano sul
meccanismo stimolo-risposta. Gli stimoli esterni provocano modificazioni dell'organismo e quindi risposte della mente.
E guarda che non è mica poco… Possiamo dire che Hobbes abbia "anticipato" la neurologia! Senza nemmeno avere
ben chiaro che cosa fosse la mente. Il concetto di mente verrà diviso da quello di anima solo nel Rinascimento. E forse,
ancora oggi, non è ben definito. Cosa ne pensi?
Che cos'è la mente? Provate a formulare delle ipotesi, ricordando che ogni ipotesi, per essere accettabile, deve
fondarsi su presupposti ontologici (o filosofici) riconoscibili e chiari. In altre parole: se ritenete di dare una risposta di tipo
materiale, fate riferimento a un modello scientifico coerente con essa; se invece propendete per una spiegazione di tipo
immateriale - psicologica o spirituale - indicate i principi a cui vi riferite.
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In questa unità
Testo: Storia delle idee
Autore: Maurizio Châtel
Curatore: Maurizio Châtel
Metaredazione: Erica Pellizzoni
Editore: BBN
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