Hobbes (1588-1679)

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Hobbes (1588-1679)
Hobbes compie le prime esperienze culturali durante il regno di Elisabetta I e vive abbastanza a
lungo per conoscere gli avvenimenti delle rivoluzioni inglesi e della guerra civile (1642-49), della
dittatura di Cromwell e infine della restaurazione degli Stuart (1660).
Le sue opere più significative sono: De Cive (1642); Il Leviatano (1651).
Il materialismo
Hobbes è il principale esponente di quella corrente filosofica del Seicento che è stata definita
“materialismo”. Secondo questa visione, tutto ciò che esiste è corpo, nulla esiste al di fuori della
materia e del movimento. È da escludere pertanto l'esistenza di una qualsiasi componente
spirituale della realtà, come quelle affermate da certe filosofie e dal pensiero religioso.
Antropologia, etica e la politica
Il pensiero di Hobbes riveste una grande importanza dal punto di vista dello sviluppo delle teorie
politiche del Seicento, in quanto padre dell'assolutismo, ovvero della concezione secondo la quale
il potere dello Stato deve essere tutto concentrato nelle mani di un unico soggetto (re o
assemblea), che lo esercita in modo incondizionato, ovvero senza nessun vincolo o controllo.
Tale concezione prende le mosse da una determinata visione antropologica, secondo la quale ogni
uomo, così come qualsiasi altro animale, è spinto ad agire dal desiderio di impadronirsi di ciò
che è oggetto del suo desiderio e che dunque considera buono. Questa tendenza naturale (diritto
naturale) a soddisfare i propri desideri (che Hobbes chiama anche “stato di natura”) mette ogni
uomo in competizione con gli altri uomini: ognuno è quindi in lotta contro tutti gli altri, in una sorta
di guerra di tutti contro tutti. Nello stato di natura l'uomo è un lupo per l'altro uomo (homo
homini lupus) e in questa situazione non solo la sua vita non è garantita, ma nemmeno la sua
libertà di impresa, perché tutto ciò che si costruisce potrebbe venir portato via da altri in qualsiasi
momento con la violenza. Se tutte le energie di un individuo sono impegnate nella lotta per la
sopravvivenza, la civiltà non ha la possibilità di giovarsi del contributo dei suoi membri e quindi il
suo sviluppo è minacciato.
Da questa condizione di infelicità e sicurezza, conseguente al diritto di ognuno su tutto, l'uomo
cerca di uscire ed è la ragione che gli suggerisce come fare. La ragione infatti suggerisce all'uomo
che per superare questa condizione di infelicità e sicurezza, conseguente al diritto di ognuno su
tutto, è necessario cercare la pace. Da questa fondamentale legge, che è dettata dalla ragione, ma
anche conforme alla natura umana, ne derivano altre tre:
1. la prima suggerisce di evitare il conflitto permanente che metterebbe a rischio la
sopravvivenza di ognuno e tende quindi a garantire la conservazione di sé: ogni uomo deve
cercare la pace e sforzarsi di ottenerla, ma quando non può ottenerla, deve anche essere
pronto a fare la guerra.
2. Ogni uomo deve essere disposto a rinunciare al suo diritto su ogni cosa, ma solo se anche gli
altri lo sono (reciprocità)
3. il mantenimento dei patti
Dunque per uscire dallo condizione di insicurezza, e quindi di infelicità, presente nello stato di
natura, secondo Hobbes è necessario che tutti gli uomini rinuncino al loro diritto su ogni cosa e
deleghino tutto il loro potere ad un sovrano (o ad una assemblea) capace di garantire la pace e
la sicurezza per tutti (pactum subiectionis). I cittadini rinunciano al loro diritto su tutto, ma il
sovrano rimane superiore alla legge (assolutismo). Per questo Hobbes lo paragona il sovrano al
mitico Leviatano, ovvero la belva feroce che incute paura a tutti di cui parla Giobbe nella Bibbia.
Lo Stato nasce quindi 1) dalla rinuncia degli uomini al loro diritto su tutto e 2) dalla cessione
della propria sovranità ad una persona che li rappresenta e che decide per loro. Lo Stato fa di
una moltitudine un popolo, conferendo una volontà comune a un insieme di individui. Esso è
pertanto un'unica entità, una persona, anche in senso giuridico, soltanto in quanto s'incarna in un
rappresentate, il re o un'assemblea.
Anche secondo Hobbes, come per Locke, il potere nasce da un contratto o patto (quello con cui i
cittadini delegano il loro potere a un sovrano), ma a differenza di quanto ritiene Locke, per Hobbes
affinché possa garantire efficacemente la sicurezza di tutti, il potere del sovrano deve essere
assoluto (absolutus, sciolto, libero da ogni legame), ovvero non possono esistere altri poteri
(come quello del parlamento o della magistratura) che lo limitino o lo condizionino in qualche
modo. Tutti i poteri, secondo Hobbes, devono far capo a una sola persona (o assemblea) in
modo che non sorgano contrasti.
Neanche la società civile (intesa come insieme di libere organizzazioni di cittadini, come partiti
politici, sindacati e corporazioni, associazioni culturali, umanitarie, ricreative, ecc.) deve avere uno
spazio autonomo, tanto che essa viene a coincidere con lo Stato stesso.
Tra i compiti del sovrano, oltre a conservare integra la propria sovranità, vi è quello di istruire il
popolo, il quale deve essere educato ad obbedire [rifletti sul ruolo dell'educazione, della cultura e
della propaganda nei regimi assolutistici del Seicento e Settecento e nelle dittature del Novecento]. I
cittadini in quest'ottica sono considerati alla stregua di sudditi.
Lo Stato assoluto non tollera neppure poteri autonomi al proprio interno, né privilegi di alcun
tipo per alcuni cittadini. In questo senso, la teoria di Hobbes fonda la concezione moderna di
Stato, contro il modello feudale basato sui privilegi e sulle disuguaglianze. Tutti i sudditi, per
quanto sottoposti al sovrano, sono uguali fra loro e la legge, uguale per tutti, è espressione
unicamente dello Stato e non di interessi particolari. [Per questo aspetto vedi l'atteggiamento di
Luigi XIV nei confronti dei nobili].
La religione non ha alcuna valenza razionale, in quanto si fonda solo sul timore e sull'ignoranza,
tuttavia può essere utilizzata per fini politici, come strumento per consolidare il potere. [Per
questo aspetto vedi la politica religiosa di Luigi XIV e confronta con la posizione di Spinoza].
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