Doppia Piramide 2015 - Raccomandazioni per un`alimentazione

annuncio pubblicitario
persone, ambiente, scienza, economia
Doppia Piramide 2015
Le raccomandazioni per un’alimentazione sostenibile
Barilla Center
for Food & Nutrition
PERSONE, AMBIENTE, SCIENZA, ECONOMIA
www.barillacfn.com
Il mondo contemporaneo è attraversato da un’importante emergenza alimentare. Il cibo che scegliamo di mangiare, la filiera con cui lo produciamo, i modi e i luoghi in cui lo consumiamo e la sua
distribuzione sbilanciata nelle diverse zone del
Pianeta incidono profondamente sui meccanismi
che regolano la nostra società e la nostra epoca.
Negli ultimi anni è nata l’esigenza di mettere a
confronto i diversi punti di vista degli attori coinvolti lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola.
Fin dalla sua nascita nel 2009, il Barilla Center for
Food & Nutrition si è posto come piattaforma privilegiata per questo dialogo corale e ad ampio raggio sui temi del cibo e della nutrizione. Lo scopo
del BCFN è promuovere un’analisi multidiscipli-
nare tra le diverse competenze, offrendo soluzioni
e proposte e mettendo la scienza e la ricerca in
comunicazione con le decisioni politiche e le azioni governative. Il BCFN dedica un’area di studio
e ricerca a ogni tema cruciale legato al cibo e alla
nutrizione, per affrontare le sfide attuali e future:
dal problema dell’accesso al cibo e della sua distribuzione nel mondo (Food for All) al riequilibrio
dell’instabile rapporto tra cibo e salute attraverso
corretti stili di vita (Food for Health), dalla riflessione sulla filiera agroalimentare e la valutazione
dell’impatto della produzione sull’ambiente (Food
for Sustainable Growth) alla storia del rapporto tra
l’uomo e il cibo per cercare in essa delle buone soluzioni per l’attualità (Food for Culture).
Il costo delle diete
sostenibili
La Doppia Piramide
17
La dieta sostenibile alla portata di tutti
100
Doppia piramide
2015
Le politiche alimentari a favore
della salute e dell’ambiente
Il prezzo dei diversi menu in Italia
Le raccomandazioni
per un’alimentazione
sostenibile
L’ALIMENTAZIONE
PER LA SALUTE
DELLE PERSONE
L’importanza dell’alimentazione per la salute
viene ogni giorno confermata da nuovi studi. Le
ricerche degli ultimi anni hanno dimostrato che
l’agroalimentare è uno dei comparti maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra e del
consumo di acqua. La novità comunicata dalla
Doppia Piramide BCFN è che gli alimenti per i
quali i nutrizionisti consigliano un consumo più
frequente sono anche quelli che hanno un minor
impatto ambientale.
La sesta edizione della Doppia Piramide alimentare e ambientale conferma il nostro impegno a
promuovere una corretta informazione alimentare, sempre aggiornata e attenta a ricomprendere i
risultati delle più recenti ricerche.
La dieta mediterranea
persone, ambiente, scienza, economia
La Doppia Piramide:
Un modello
di riferimento
IL LEGAME TRA CIBO
E AMBIENTE
104
Il dibattito scientifico sul costo delle diete
57
19
19
Mangiare meglio migliorerà
la tua salute
e quella del Pianeta
99
26
La nutrizione per chi cresce
28
LA DOPPIA
PIRAMIDE 2015
Le abitudini alimentari in Europa
e negli Stati Uniti
57
un’alimentazione
che rispetta
il pianeta
57
62
66
131
Le tre piramidi ambientali
Linee guida per un’alimentazione sana
e sostenibile
Diete sostenibili: una
soluzione
al cambiamento
climatico
73
Cosa sono le diete sostenibili?
80
11
120
Accesso al cibo e cambiamento climatico
73
9
119
Regolamentazione del food marketing
indirizzato ai bambini
L’analisi del ciclo di vita degli alimenti
e gli indicatori ambientali
Gli elementi rilevanti lungo
il ciclo di vita degli alimenti
Le politiche alimentari
a favore della salute
e dell’ambiente
64
La Doppia Piramide per chi cresce
53
Il costo delle diete in Europa
127
48
7
112
La Doppia Piramide per gli adulti
41
La filiera alimentare e l’ambiente
Il costo delle diete negli Stati Uniti
L’importanza di assicurare un’adeguata
nutrizione alle fasce più vulnerabili
della popolazione
Le basi scientifiche
41
108
Consumi alimentari
e cambiamento climatico
137
Etichettatura ambientale
Le raccomandazioni
BCFN
140
bibliografia
essenziale
142
84
14
Cambiare dieta può fare la differenza?
I menu del BCFN
La Doppia Piramide della Fondazione
Barilla Center for Food & Nutrition
16
L’alimentazione per la salute delle
persone
L’alimentazione per il rispetto del Pianeta
2
19
73
3
le infografiche
©bcfn foundation 2015
la doppia piramide
per gli adulti
L’evoluzione della
doppia piramide
62
12
L’impatto
ambientale
delle diete
L’evoluzione
della piramide
nutrizionale
la piramide
nutrizionale
22
broccoli
0,93 cent. per 100 kcal
il confronto
tra i prezzi
basato sulle kcal
106
24
lA filiera
e l’ambiente
82
fragole
1,41 cent. per
100 kcal
pancarrè
0.40 cent. per 100 kcal
confetti
patatine
0.17 cent. per 100 kcal
0,16 cent. per 100 kcal
100
kcal
In america mangiare
sano costa di più?
110
50
food
POLICY
138
bcfn
Mangiare meglio
migliorerà
la tua salute
e quella del Pianeta
O
gni giorno l’importanza dell’alimentazione
per la salute delle persone viene confermata da nuovi studi e oggi sappiamo anche che il comparto agroalimentare è uno tra quelli con l’impatto ambientale più rilevante. Inoltre,
secondo il modello della Doppia Piramide alimentare e ambientale del BCFN, siamo consapevoli
che gli alimenti dei quali i nutrizionisti consigliano
un consumo più frequente sono proprio quelli che
determinano meno emissioni di CO2 , consumo di
acqua e impronta ecologica.
Tale modello, presentato per la prima volta nel 2009,
nel tempo si è trasformato in una vera e propria linea
di ricerca: un percorso di studio che si è arricchito
attraverso nuove tappe e argomenti scientifici che
hanno consolidato lo schema iniziale.
In sei anni, è più che duplicata la mole di dati a
supporto e conferma della tesi iniziale e sono state proposte alcune declinazioni del modello che
tengono conto delle diverse esigenze nutrizionali
(a partire da quelle dei bambini). In aggiunta, è stata
affrontata la questione dei prezzi, che può condizionare le scelte soprattutto di chi, essendo meno
informato, non è in grado di valutare correttamente tutte le alternative di acquisto in relazione alle
proprie scelte alimentari.
In questa nuova edizione della Doppia Piramide alimentare e ambientale si è posta particolare enfasi
sulle principali policy alimentari promosse da organizzazioni pubbliche e private, individuando nei
vari Paesi le esperienze più interessanti e i modelli
più facili da replicare.
A questo proposito, si registra la crescente attenzione dei Paesi presenti a Expo 2015 per la soste-
nibilità; una nuova sensibilità istituzionale come nel
caso degli Stati Uniti dove un gruppo di consulenti
del governo, formato da medici ed esperti in alimentazione, per la prima volta dal 1980 ha messo
in relazione l’alimentazione con la sostenibilità, affermando che una dieta di origine vegetale è buona sia per la salute, sia per l’ambiente.
Nella speranza che la Carta di Milano (che sintetizza i contenuti di Expo) non resti un elenco di buone
e condivisibili intenzioni, la Fondazione BCFN persegue il suo obiettivo di aiutare le persone a migliorare i propri comportamenti alimentari. Perché talvolta anche i consumatori più informati non sono
in grado di modificare le proprie abitudini e in molti
casi i comportamenti errati invece di migliorare si
rafforzano, non solo per l’esposizione alla pubblicità o ad altre forme di promozione, ma anche per i
contesti culturali e sociali nei quali si vive.
In questo quadro la famiglia – tradizionalmente depositaria della cultura alimentare e principale attore
nel processo di formazione dei giovani – nel suo
compito educativo ha sempre più bisogno della
collaborazione e del sostegno di tutti i soggetti istituzionali, pubblici o privati.
Il messaggio della Doppia Piramide vuole favorire
una consapevolezza diffusa che il cibo rappresenta
uno dei fattori rilevanti della sostenibilità globale:
migliorare l’impatto che ha sull’ambiente e sulla salute deve essere una priorità per tutti gli attori della
filiera agroalimentare. Mangiare meglio migliorerà
la tua salute e quella del Pianeta.
bcfn
La Doppia Piramide:
Un modello
di riferimento
L
’ intuizione che cinque anni fa ha portato a
realizzazione di questo documento che ne rap-
costruire la piramide ambientale come im-
presenta la migliore sintesi.
magine capovolta della classica piramide
Come si potrà apprezzare nelle pagine seguenti,
alimentare comunicando, per la prima volta, la
è stato mantenuto lo stesso approccio adottato
relazione inversa tra alimenti nutrizionalmente
nei lavori precedenti, e uno stile che concilia il
raccomandati e impatto ambientale, non è stata
rigore scientifico delle fonti con un taglio divulga-
il punto di arrivo ma quello di partenza di un pro-
tivo adatto anche a un pubblico più ampio.
getto sempre più articolato.
Chi ha fatto parte del nutrito gruppo di lavoro delInfatti, l’ impegno della fondazione BCFN nel
la Doppia Piramide si augura che questo ulteriore
mettere a fattore comune il meglio della ricerca
passo avanti possa favorire la collaborazione tra
internazionale è aumentato negli ultimi tempi di
la Fondazione BCFN e tutti gli altri soggetti isti-
pari passo con l’ interesse crescente delle perso-
tuzionali (a partire dalla scuola) e privati, come
ne per i temi della nutrizione, con la sempre più
le imprese alimentari e gli operatori della distri-
consapevole preoccupazione per gli effetti dan-
buzione, i media sia nuovi sia tradizionali. Nella
nosi delle emissioni di CO2 causate dalle attività
consapevolezza che solo un impegno costante
umane (agricoltura in primis) e, più in generale,
e collettivo potrà condurci verso la soluzione dei
con l’attenzione verso tutto ciò che può favorire
paradossi che ancora oggi rendono insostenibile
la sostenibilità agroalimentare.
il modo in cui produciamo, distribuiamo e consu-
Tale percorso ha condotto, anche per il 2015, alla
miamo il cibo.
9
bcfn
IL LEGAME TRA
CIBO E AMBIENTE
Un modello alimentare che consente di mangiare sano
senza necessariamente spendere di più, mantenendo basso
il proprio impatto sull’ambiente
La principale novità della Doppia Piramide, presentata nel 2009, è stata dimostrare la stretta relazione che esiste tra gli aspetti nutrizionali degli
alimenti e gli impatti ambientali da essi generati
nelle fasi di produzione e consumo. In particolare, adottando un modello alimentare in linea con
le raccomandazioni elaborate dai nutrizionisti,
come quello della dieta mediterranea, è possibile conciliare la salute della persona con quella dell’ambiente, senza alcun impatto negativo
sull’economia.
D’altronde, come sostiene Timothy Lang, professore esperto di politiche alimentari, gli obiettivi di
salute pubblica e i vincoli degli ecosistemi convergono. Mangiare senza eccessi, ridurre il consumo
di carne e latticini e aumentare quello di frutta e
verdura apporta non solo benefici alle persone ma
anche all’ambiente in cui viviamo1.
Il modello concettuale della Doppia Piramide
nasce come risposta alla necessità di comunicare
10
in modo efficace l’impatto ambientale delle scelte alimentari. Già dalle prime ricerche del Barilla Center for Food & Nutrition, pubblicate poi
nel 2010, è emerso chiaramente che gli alimenti
a minore impatto ambientale sono gli stessi per
i quali i nutrizionisti consigliano un consumo
maggiore, mentre quelli con un’impronta ambientale più marcata sul Pianeta vanno consumati con moderazione.
Sulla base di questa importante scoperta, il
BCFN si è posto l’obiettivo di illustrare a istituzioni e consumatori che un corretto stile alimentare ha effetti positivi sia sulla salute sia
sull’ambiente e, a questo scopo, ha sviluppato
uno schema grafico in cui alla classica piramide alimentare (per intenderci, quella della dieta
mediterranea) ha affiancato una nuova piramide
“ambientale” capovolta, nella quale gli alimenti
sono stati classificati in base alla loro impronta
ecologica (Ecological Footprint).
11
L’evoluzione della
doppia piramide
4
2
2015
lugli
o
mar
zo
o
dicembre
bre
o
o
tt
o
2014
tt
bre
n
o
v
gennai
zo
embre
v
o
n
bre
o
tt
2013
Eating Planet
2012
Cambiamento
climatico,
agricultura
e alimentazione
Università
Bocconi, Milano
2nd International
Forum on Food
and Nutrition
Università
Bocconi, Milano
th
5 International
Forum on Food
and Nutrition
Presentato
a New York:
“How do we feed
(and nourish) a
planet of 7 billion”
Dibattito:
“Alimentazione
e ambiente:
sano per te,
sostenibile per il
Pianeta”
1
divulgativo
Bruxelles
Parlamento UE
Diete Sostenibili
L’acqua che
mangiamo
o
st
o
v
o
n
2012
o
embre
lugli
2011
o
bre
o
tt
o
o
v
o
n
bre
o
tt
o
2010
Dibattito: “La
Doppia Piramide
Alimentare e
Ambientale”
aprile
embre
o
giugn
o
bre
giugn
o
tt
2009
o
mar
zo
bcfn
Università
Bocconi, Milano
6th International
Forum on Food
and Nutrition
Presentazione
della Doppia
Piramide 2012
all’interno del
convegno
internazionale
su sicurezza
alimentare,
alimentazione
e nutrizione
Università
Bocconi, Milano
3rd International
Forum on Food
and Nutrition
Un villaggio
interattivo
dedicato
all’alimentazione
e alla
sostenibilità
La Doppia
Piramide è
presentata
in ambito
accademico
divulgativo
tecnico
database
embre
Roma
Buono per te,
sostenibile per
l’ambiente
Università di
Siena
Footprint Forum
nasce il
Roma
Alimentare la
terra. Coltivare
il futuro
o
divulgativo
tecnico
database
«Pasta &
Sustainability»
divulgativo
tecnico
database
mar
«Pasta is good for
the people, the
environment and
the economy»
Viene
presentata
la Doppia
Piramide
per la
prima volta
Buenos Aires
World Pasta Day
Biodiversità e
Diete Sostenibili
giugn
New York
World Pasta Day
La Doppia Piramide
diventa
l’icona BCFN
ag
Rome
Sustainability
International
Forum
6
Bruxelles,
Parlamento UE.
Sano per te, sostenibile
per il Pianeta
Water
Economy
“La Doppia Piramide
del Barilla Center for
Food & Nutrition”
Doppia
Piramide
dell’acqua
San Francisco
LCA FOOD 2014
Presentazione
della Doppia
Piramide 2014
3
Washington
BCFN
Policy Summit
Healthy Food
Healthy Planet
divulgativo
tecnico
database
Università
Bocconi, Milano
4th International
Forum on Food
and Nutrition
5
Roma
Commissione Agricoltura
del Senato sul Disegno
di Legge sulla Dieta
Mediterranea
Audizione del BCFN
Dibattito “Buono
per te, sostenibile
per il Pianeta:
il modello della
Doppia Piramide
Alimentare e
Ambientale”
divulgativo
tecnico
database
©BCFN foundation 2015
La Doppia Piramide
©BCFN foundation 2015
LA DOPPIA PIRAMIDE DELLA
FONDAZIONE BARILLA CENTER
FOR FOOD & NUTRITION
Il modello della Doppia Piramide si è arricchito
nel tempo, come testimoniato dalla pubblicazione di sei documenti interamente dedicati all’argomento. Il primo, presentato al Museo della
Scienza di Milano nel 2010, Doppia Piramide:
alimentazione sana per le persone, sostenibile per
il Pianeta, proponeva l’innovativa piramide alimentare e ambientale come strumento di educazione per le scelte quotidiane delle persone.
L’anno successivo, il documento Doppia Piramide
2011: alimentazione sana per tutti, sostenibile per
l’ambiente analizzava le esigenze nutrizionali dei
14
bambini e degli adolescenti con il relativo impatto
sull’ambiente. Nello stesso anno, per rimarcare la
centralità dei concetti espressi, la Doppia Piramide è stata scelta come icona del BCFN. Il terzo
documento, Doppia Piramide 2012: favorire scelte
alimentari consapevoli, ha avviato una riflessione
sulla sostenibilità economica di una dieta sana e
a basso impatto. Nel 2013, il Magazine BCFN Alimentazione e ambiente: stili alimentari sani per le
persone e per il Pianeta ha offerto l’ulteriore spunto
per continuare a discutere su come ridurre l’impronta del nostro sistema alimentare.
Nella quinta edizione, presentata all’LCA FOOD
2014 di San Francisco, ci si è proposti di valutare l’impatto ambientale di diversi stili alimentari, dedicando ampio spazio a quelli americani. In
questa sesta edizione si affronta il tema delle politiche alimentari messe in atto dalle istituzioni, e
del loro ruolo fondamentale nel promuovere un’alimentazione sostenibile. Il modello della Doppia Piramide, grazie alla facilità con cui riesce a
comunicare in modo sintetico concetti scientifici
complessi, si è rapidamente diffuso, tanto da essere ripreso e ampliato in varie pubblicazioni: Water
Economy (BCFN, 2011) approfondisce il concetto
di Doppia Piramide idrica in rapporto all’impatto degli alimenti e delle bevande; il libro Eating
Planet 2012 – Nutrirsi oggi: una sfida per l’uomo e
per il Pianeta (BCFN, 2012) analizza, tra l’altro,
gli effetti delle abitudini alimentari individuali
sulla salute e sull’ambiente; il volume pubblicato
dalla FAO, Sustainable Diets and Biodiversity (FAO,
2012), include un intero capitolo che illustra la
Doppia Piramide; il libro L’acqua che mangiamo
(Edizioni Ambiente – WWF, 2013)2 indaga, con
un approccio multidisciplinare, l’impronta idrica
degli alimenti e le sue implicazioni economiche,
sociali e politiche, e presenta anche un contributo del BCFN sul concetto di Doppia Piramide
alimentare e idrica, nonché il calcolo dell’acqua
virtuale contenuta nella pasta.
Timothy Lang, 2012.
Recentemente tradotto anche in inglese: The Water We Eat:
Combining Virtual Water and Water Footprints (Springer Water
Edition, 2015).
1
2
15
Negli anni, sono stati organizzati molti eventi per
presentare e discutere questi concetti, sia in ambito scientifico e istituzionale, sia in contesti dedicati al grande pubblico. In particolare, al Forum
internazionale su cibo e nutrizione – l’evento annuale organizzato dal BCFN all’università Bocconi di Milano, per promuovere il dibattito sui temi
globali legati al cibo e generare proposte concrete
per migliorare la sostenibilità in ambito agroalimentare – ogni anno vengono riservati ampi spazi
di discussione al tema delle diete sostenibili e alla
Doppia Piramide.
L’alimentazione per il rispetto
del Pianeta
La componente ambientale della Doppia Piramide è stata invece elaborata dal BCFN, considerando gli alimenti non più in funzione delle caratteristiche nutrizionali ma rispetto al loro impatto
sull’ambiente. Utilizzando come unità di misura
i dati di impatto (per chilogrammo o litro) degli
stessi prodotti presenti nella piramide alimentare, si ottiene una piramide capovolta, che vede gli
alimenti a maggior impatto ambientale in alto e
quelli a ridotto impatto in basso.
L’alimentazione per la salute
delle persone
La piramide alimentare contenuta nella Doppia
Piramide è la rappresentazione grafica delle più
importanti linee guida nutrizionali a livello internazionale3 e delle principali indicazioni per
la prevenzione delle patologie non trasmissibili
(malattie cardiovascolari, diabete, cancro).
Si ispira al modello mediterraneo, considerato fra
i più coerenti e rappresentativi di una sana alimentazione e un corretto stile di vita.
A partire dal 1992 la piramide alimentare, pubblicata per la prima volta dall’U.S. Department of
Agriculture, viene riportata in molti documenti utilizzando lo stesso schema grafico. La forma
triangolare permette, infatti, di evidenziare che la
base della nutrizione è costituita da alimenti di origine vegetale, tipici delle abitudini alimentari mediterranee, ricchi in termini di vitamine, sali minerali, fibre e carboidrati complessi, acqua e proteine
vegetali. Gli alimenti posti verso il vertice, invece,
sono quelli che vanno consumati con moderazione, in quanto ricchi di grassi e zuccheri semplici.
Il valore della piramide alimentare è duplice: da un
lato rappresenta un’eccellente sintesi delle principali conoscenze acquisite dalla scienza medica e
nutrizionale, indispensabili per chiunque presti
attenzione alla propria salute e benessere, dall’altro
grazie alla sua grafica semplice e intuitiva è un potente strumento di educazione al consumo.
16
Gli impatti ambientali degli alimenti sono stati
valutati con l’analisi del ciclo di vita (LCA), utilizzando i tre indicatori ambientali Carbon Footprint,
Water Footprint ed Ecological Footprint.
Il BCFN ha scelto di avvalersi unicamente di dati e
informazioni di pubblico dominio – banche dati e
pubblicazioni scientifiche4 – così da offrire agli interessati la possibilità di ricostruirne l’origine ed effettuare eventuali approfondimenti. A marzo 2015
è stata anche lanciata una specifica call for data
pubblica per arricchire ulteriormente il database.
ne consigliato un consumo maggiore e frequente
spesso sono anche quelli che determinano gli impatti minori sull’ambiente, e viceversa. Pertanto,
chiunque decida di assumere un atteggiamento
responsabile in termini di stile di vita alimentare
finisce per conciliare il proprio benessere (ecologia della persona) con quello dell’ambiente (ecologia del contesto).
La dieta sostenibile alla portata
di tutti
In periodi di crisi economica, e soprattutto per i
Paesi a basso reddito, è importante prestare particolare attenzione alla sostenibilità sociale della
dieta, evitando che il costo eccessivo di alcuni cibi
suggeriti possa frenare le persone dall’adottare
modelli alimentari corretti.
Così com’è stato fatto per l’analisi dei valori ambientali, anche per valutare questo ulteriore
aspetto della sostenibilità il BCFN ha utilizzato le
informazioni disponibili sugli impatti economici
di alcune “diete tipo” in Italia, negli Stati Uniti e
in alcuni Paesi europei.
La Doppia Piramide
Da quest’analisi emerge che nei Paesi mediterranei i menu più ricchi di proteine di origine animale (carne e soprattutto pesce) hanno un costo
leggermente più elevato. Tuttavia, la stessa ricerca
condotta in altre nazioni, tra cui Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, non restituisce risultati univoci. Da alcuni studi, infatti, emerge che in questi
Paesi la dieta sostenibile sia più onerosa per le famiglie, anche se questo dato può essere in parte
condizionato dai diversi criteri di calcolo adottati
e dalle scelte alimentari considerate.
Accostando le due piramidi si ottiene la Doppia
Piramide alimentare e ambientale. Dalla disposizione degli alimenti emerge chiaramente la
possibilità di far coincidere in un unico modello
alimentare due obiettivi diversi ma ugualmente
rilevanti e fra loro connessi: la salute delle persone e la tutela delle risorse del Pianeta.
Infatti, è evidente che gli alimenti per i quali vie-
In generale, quindi, mangiare sostenibile non
vuol dire spendere necessariamente di più, anche
se richiede uno sforzo aggiuntivo da parte dei singoli e delle famiglie in termini di tempo dedicato
alla scelta degli alimenti, per privilegiare quelli ad
alto valore nutrizionale – come pasta e prodotti a
base di cereali, legumi, alcuni tipi di vegetali, frutta fresca e secca – e relativamente a basso costo.
Per rendere disponibile in modo strutturato e
organico tutte le fonti utilizzate è stata realizzata una banca dati
accessibile dal sito
del BCFN (www.
barillacfn.com): il
Database della Doppia Piramide, che compie il
suo quinto anno di vita.
In particolare la carne bianca, i latticini a ridotto
contenuto di grassi e le uova rappresentano la fonte più economica di proteine animali.
Le politiche alimentari a favore
della salute e dell’ambiente
I governi e le istituzioni sia nazionali sia internazionali hanno un ruolo fondamentale nel proporre e attuare norme, incentivi, tasse e campagne di
informazione su cosa, quando e come si mangia,
nonché sulle relative conseguenze economiche,
sociali e ambientali del comparto agroalimentare.
La novità di questa edizione è un capitolo dedicato ad analizzare le principali politiche alimentari
che incidono sulla salute delle persone tenendo,
al contempo, in considerazione gli impatti sul Pianeta. In particolare, verranno illustrati alcuni casi
emblematici di attività istituzionali tese ad assicurare un’adeguata nutrizione alle fasce più vulnerabili della popolazione; le politiche per ridurre
l’obesità e il sovrappeso; la regolamentazione del
food marketing rivolto ai bambini; le politiche
che collegano l’accesso al cibo ai cambiamenti
climatici; le linee guida emergenti per un’alimentazione sostenibile; e, infine, l’evoluzione delle
etichette ambientali nel settore alimentare.
Lungo questo percorso saranno evidenziati alcuni
argomenti controversi che coinvolgono attori con
interessi potenzialmente divergenti, o temi complessi su cui è spesso difficile regolamentare.
3
Tra le altre: Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e
la Nutrizione (INRAN), Linee guida per una sana alimentazione
italiana, Roma, 2003; World Health Organization Europe, Food
Based Dietary Guidelines in the WHO European Region, Copenhagen,
2003; HHS and USDA, Dietary Guidelines for Americans, 2010;
Institute of Medicine of the National Academies, Dietary Reference
Intakes, Washington D.C., 2006; Ancel e Margaret Keys, Eat Well
and Stay Well, The Mediterranean Way, Doubleday, 1975.
4
In particolare da: Environdec Database; LCA Food Database;
Water Footprint Network Database; Global Footprint Network
Database; Andersson K., LCA of Food Products and Production
Systems, International Journal of LCA (4), pp. 239-248 (2000);
Baroni L. et al., Evaluating the Environmental Impact of Various
Dietary Patterns Combined with Different Food Production Systems,
European Journal of Clinical Nutrition, 1-8 (2006).
17
bcfn
l’alimentazione
per la salute
delle persone
Non esistono per natura cibi migliori o peggiori: una dieta equilibrata
deve prevedere una varietà di alimenti da assumere nelle giuste quantità,
evitando eccessi o carenze
Il BCFN ha proposto, nel corso delle varie edizioni della Doppia Piramide, una rilettura dei modelli alimentari adottati nel mondo, con particolare
attenzione a quello della dieta mediterranea, riconosciuto come uno dei più coerenti quando associato a uno stile di vita equilibrato e “sano”.
La dieta mediterranea
La dieta tradizionalmente adottata nei Paesi
dell’area del Mediterraneo è un modello alimentare che si caratterizza per la sua varietà, oltre che
per uno spiccato equilibrio nutrizionale. Prevede
un elevato consumo di verdura, legumi, frutta
fresca e secca, olio d’oliva e cereali (per un 50%
integrali); un moderato consumo di pesce e prodotti caseari (specialmente formaggio e yogurt);
un ancora più moderato consumo di carne rossa,
carne bianca e dolci5.
18
Il corretto equilibrio nutrizionale della dieta mediterranea è stato dimostrato scientificamente
negli anni Settanta dallo Studio dei sette Paesi di
Ancel Keys6, che metteva a confronto le diete di
diverse popolazioni per verificarne i benefici e i
punti critici. Da quell’analisi emersero per la prima volta le forti correlazioni tra tipologia di dieta
e rischio d’insorgenza di malattie croniche, in particolare quelle cardiovascolari.
A partire da quel primo studio, molte altre ricerche hanno approfondito l’analisi dell’associazione
tra alimentazione e salute, confermando che l’adozione di un regime alimentare di tipo mediterraneo è collegata a un basso tasso di mortalità7,
una minore incidenza di malattie cardiovascolari8, di disfunzioni metaboliche9 e di certe tipologie di tumori10.
19
Secondo alcuni studi recenti, inoltre, la dieta mediterranea garantirebbe longevità: è infatti collegata
a una maggiore lunghezza dei telomeri – le piccole
porzioni di DNA che si trovano alle estremità dei
cromosomi – che a sua volta è connessa ai processi
di invecchiamento11.
Un’unicità riconosciuta anche dall’UNESCO, che
nel 2010 l’ha dichiarata Patrimonio Immateriale
dell’Umanità12.
Per avviare un’attività di informazione ed educazione alimentare, ispirata proprio alla dieta mediterranea, nel 1992 l’U.S. Department of Agriculture pubblicò la prima edizione della piramide
alimentare13, riproposta senza modifiche dalla
FAO in un documento del 199714, per spiegare
attraverso una sintesi efficace come alimentarsi
in modo equilibrato. Nel corso degli anni, diverse
istituzioni e centri di ricerca – come l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), il CIISCAM
(Centro Interuniversitario Internazionale di Studi sulle Culture Alimentari Mediterranee) e la
Harvard School of Public Health – hanno elaborato sistemi di comunicazione basati sull’immagine
della piramide alimentare15.
Il concetto di base prevede che gli alimenti siano
rappresentati su diversi livelli e che, via via che si
sale verso la punta della piramide, diminuisca la
20
frequenza relativa di consumo, senza però escludere alcuna categoria, affinché la varietà dei cibi
rimanga uno dei principi cardine di una corretta
alimentazione. Negli anni sono state pubblicate diverse versioni della piramide alimentare16.
Partendo da una base scientifica comune, ogni
piramide adatta il modello originario allo specifico pubblico al quale si rivolge, distinguendo
per esempio le diverse fasce di età, il tipo di vita
condotta, il momento specifico o le abitudini nutrizionali. Inoltre, in quasi tutte le versioni più
recenti della piramide lo schema è integrato a ulteriori raccomandazioni per un corretto stile di
vita (per esempio la quantità di acqua da bere, il
tempo da dedicare all’attività fisica, ecc.).
Trichopoulou et al., 2003.
Keys et al., 1970; Keys et al., 1980.
7
Trichopoulou et al., 2003.
8
Fung et al., 2009; Lopez-Garcia et al., 2014, Estruch et al., 2013.
9
Babio et al., 2014.
10
Couto et al., 2014.
11
Cros-Bou et al., 2014; B. Sears, C. Ricordi, 2011.
12
Saulle e La Torre, 2010.
13
USDA, 1992.
14
FAO/WHO, 1997.
15
OMS, 2000; CIISCAM, 2009; Harvard School of Public Health,
2011.
16
EUFIC, 2009; FAO 2014.
5
6
21
bcfn
l’evoluzione della
piramide
nutrizionale
BCFN
2009
«La dieta mediterranea
rappresenta un insieme di
competenze, conoscenze,
pratiche e tradizioni che
vanno dal paesaggio alla tavola,
includendo le colture, la raccolta,
la pesca, la conservazione,
la trasformazione,
la preparazione e, in particolare,
il consumo di cibo»
dal 1992 ad oggi
La dieta mediterranea e gli altri modelli nutrizionali nel mondo
usda
oms
my
pyramid
oldways
HSPH
ciiscam
1992
2000
2005
2008
2008
2009
unesco
2010
Altri modelli nutrizionali
Temel Besin Grupla
Turchia
22
La Pagoda
Cina
Choose My Plate
Stati Uniti
Guide to Healthy Eating
Australia
The Food Circle
Svezia
Food Bicycle
Corea
Food Spinning Top
Giappone
The Food Rainbow
Canada
©BCFN foundation 2015
23
bcfn
la piramide
nutrizionale
La piramide nutrizionale del BCFN, derivante dalla messa a fattore comune di diverse linee guida
nutrizionali a livello internazionale, è facilmente riconducibile alla dieta di tradizione mediterranea. Il
messaggio veicolato è che la base della nutrizione deve essere costituita da alimenti di origine vegetale,
ricchi di vitamine, sali minerali, fibre e carboidrati complessi, acqua e proteine vegetali, tutti tipici delle
abitudini mediterranee.
Mentre gli alimenti posizionati verso il vertice della piramide vanno consumati con moderazione perché
ricchi di grassi e zuccheri semplici.
Consumi suggeriti per un’alimentazione corretta
basso
Grassi saturi e insaturi, Carboidrati semplici (zuccheri)
Vitamina B12, Ferro, Zinco, Proteine, Grassi saturi e monosaturi
Grassi saturi e insaturi, Proteine, Aminoacidi essenziali, Vitamina B, Selenio, Rame, Zinco
co
n
su
mo
su
gg
er
ito
Proteine
Grassi saturi e insaturi, Carboidrati semplici (zuccheri)
Proteine, Grassi saturi, Calcio, Vitamina A
Proteine, Grassi saturi, Omega 3
Acqua, Calcio, Proteine, Grassi saturi, Carboidrati semplici (zuccheri),
Vitamina A e B, Acido Pantotenico
Vitamina E, Polifenoli, Trigliceridi, Acidi grassi essenziali
Vitamine, Sali minerali, Antiossidanti, Grassi insaturi, Omega 3, Omega 6
riso
Carboidrati complessi (amido)
Proteine, Fibre, Aminoacidi essenziali, Vitamina B, Ferro, Zinco
alto
Acqua, Vitamine, Minerali, Fibre, Carboidrati semplici (zuccheri)
©BCFN foundation 2015
24
25
Fonte: BCFN. Doppia Piramide 2011: alimentazione sana per tutti
e sostenibile per l’ambiente, 2011.
La nutrizione per chi cresce
Nell’edizione del 2011, il BCFN ha esteso l’analisi
prendendo in considerazione le esigenze nutrizionali di bambini e adolescenti, con l’obiettivo finale
di validare il modello della Doppia Piramide anche
per gli individui in fase di sviluppo.
Durante il periodo della prima infanzia – caratterizzato da una crescita molto rapida e dalla sintesi
di nuovi tessuti – è necessario fornire al bambino
una quantità adeguata di energia. Nel primo anno
di vita il fabbisogno di energia è notevole, ma si riduce rapidamente: passa, infatti, dal 35% nel primo mese di vita al 5% a un anno. Dal primo anno
e fino ai 9-10 anni di vita, giornalmente il 50-60%
dell’energia del bambino è speso dal metabolismo
basale, il 20-40% dall’attività fisica, il 5-8% dalla
termogenesi e solo un 2% dall’accrescimento17.
I carboidrati (amidi e zuccheri) costituiscono, in
termini quantitativi, la prima e più importante
fonte energetica dell’organismo; forniscono energia a tutti i tessuti del corpo umano, soprattutto al
cervello e ai globuli rossi, che usano solamente il
26
glucosio come “carburante” per le attività cellulari.
La fibra alimentare18 è costituita da carboidrati non
digeribili delle piante e determina effetti fisiologici
benefici, come il rallentato svuotamento gastrico,
il maggiore senso di sazietà, l’aumento del transito
intestinale, la ridotta glicemia postprandiale e assorbimento di colesterolo e acidi grassi.
I grassi rappresentano per il bambino una fonte di
energia e di acidi grassi essenziali. La loro assunzione giornaliera va ottenuta con alimenti come
il pesce e la frutta secca; come condimenti vanno
preferiti gli oli vegetali, in particolare quello di oliva che consente anche un assorbimento ottimale
delle vitamine liposolubili (A, D, E, K).
Le proteine sono il principale componente strutturale di tutte le cellule del corpo19. Funzionano
da enzimi, membrane, trasportatori e ormoni;
gli amminoacidi compongono le proteine e sono
precursori di acidi nucleici, ormoni, vitamine e
altre molecole importanti. Fonti ottimali di proteine di alta qualità sono carne, pesce, formaggio,
latte, uova e alcuni prodotti di origine vegetale,
come soia, legumi e i prodotti derivati dal grano.
Accanto ai principali macronutrienti, gli elementi essenziali di una corretta alimentazione
per i bambini in età prescolare e scolare sono le
vitamine e i minerali.
L’adolescenza è il periodo in cui avviene il passaggio dalla condizione prepuberale a quella adulta
ed è caratterizzata dalla comparsa di importanti
cambiamenti a livello fisico, psichico e sociale, accompagnati da maggiori fabbisogni sia quantitativi
sia qualitativi di nutrienti, vitamine, sali minerali,
fibre e acqua. In questa fase, le più comuni carenze
sono quelle di ferro e calcio.
I livelli di ferro sono il risultato del bilancio tra
entrate (dieta, alimenti fortificati e integratori)
e uscite, che nel caso dei bambini e degli adolescenti aumentano con la crescita, le infezioni e
l’inizio delle mestruazioni nelle adolescenti20.
Per un corretto bilancio è quindi importante che
nella fase adolescenziale vi sia un incremento del
consumo di alimenti ricchi di ferro, come le carni magre e il pesce, i legumi, i vegetali di colore
verde scuro, le noci, i cereali arricchiti di ferro.
Anche il calcio ricopre una funzione essenziale
nell’organismo dell’adolescente in rapida crescita,
perché entra nella composizione delle ossa e dei
denti. È dunque importante per i ragazzi alimentarsi con cibi ricchi di calcio e vitamina D, soprattutto per le femmine che, negli anni a venire e con
la comparsa della menopausa, saranno più esposte
al rischio di osteoporosi. Questo è, infine, il periodo in cui i fabbisogni alimentari diventano più simili a quelli degli adulti.
In conclusione, nonostante i casi particolari appena descritti, il modello della Doppia Piramide
è valido e fornisce indicazioni utili all’educazione
alimentare in tutte le fasce di età.
FAO, 2004.
Institute of Medicine of the National Academic Press, 2005.
19
Institute of Medicine of the National Academic Press, 2005.
20
U. Ramakrishnan, R. Yip, 2002.
17
18
27
450
g/giorno
il consumo pro
capite di carne negli
Stati Uniti seguiti
da Italia, Francia,
Germania e Svezia
Le abitudini alimentari
in Europa e negli Stati Uniti
Per verificare il reale livello di adozione dei
modelli suggeriti, il BCFN ha raccolto e analizzato
i dati principali sui consumi alimentari pubblicati
dagli istituti di ricerca europei e statunitensi.
Le ricerche sui consumi italiani si sono basate
principalmente sulle rilevazioni dell’Istituto
Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la
Nutrizione (l’INRAN ora CRA-NUT, Centro
di ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione),
che negli ultimi vent’anni ha condotto diverse
indagini complete sulle abitudini alimentari
della popolazione, per sorvegliare e monitorare
la dieta al fine di ideare specifici interventi
di sensibilizzazione. Lo studio più recente,
pubblicato nel 2008, presenta i dati raccolti nel
biennio 2005-2006 e fornisce un utile strumento
per la valutazione della dieta media italiana21.
I dati relativi agli altri Paesi provengono dall’European Food Safety Authority, che ha sviluppato
28
il progetto “The EFSA European Food Consumption Database” del quale è stato pubblicato un documento che sintetizza i dati dei consumi alimentari di 22 Stati europei, provenienti per la maggior
parte da programmi di monitoraggio di organismi
governativi e da studi scientifici. In particolare,
per le valutazioni di questo lavoro si è scelto di
confrontare le abitudini dei consumatori italiani
con quelle di Francia, Germania e Svezia.
Analogamente allo studio europeo, negli Stati
Uniti l’USDA22 ha condotto una ricerca sulle abitudini degli americani.
Lo studio è riferito agli anni 1994-96 e il campione considerato comprende tutte le fasce d’età.
Anche se i dati provengono da fonti diverse e sono
ottenuti con approcci differenti e non del tutto
confrontabili, è possibile fare alcune considerazioni di massima.
Di seguito è riportata la quantità media consumata in Italia, Francia, Germania, Svezia e Stati Uniti
di otto macrocategorie alimentari23: i dati tengono
conto del solo consumo effettivo di quell’alimento24.
350
300
g/giorno
190
Fonte: Elaborazione BCFN, 2012
400
250
200
150
100
50
Cereali
Legumi
Ortaggi
Frutta
Carne
Pesce
Latte/Latticini
Italia
252
29
190
169
112
66
227
Francia
214
35
112
108
116
28
258
Germania
209
26
98
159
93
51
220
Svezia
217
15
48
118
76
30
426
Stati Uniti
302
15
189
169
187
10
274
Consumi medi delle principali categorie alimentari in quattro Paesi europei
(fonte: EFSA) e negli Stati Uniti (fonte: USDA)
In generale, si nota come in tutti i Paesi esaminati
i legumi e il pesce siano consumati da una bassa
percentuale di popolazione, diversamente dagli
altri alimenti, consumati da oltre il 90% del campione analizzato.
Caso particolare è la Francia, che vanta un’alta
percentuale di consumatori per ogni alimento:
ciò significa che la dieta del Paese è molto varia
e che, mediamente, vengono adottate abitudini
alimentari che includono cibi di tutte le categorie.
Gli americani sono i primi per il consumo di carne (quasi due etti giornalieri pro capite), seguiti da Italia, Francia, Germania e Svezia, che ne
consuma la quantità minore (75 g/giorno). Non
disponendo di dati disaggregati sul consumo di
carne (bovina, avicola, suina), non è possibile fare
ulteriori considerazioni.
Il consumo di legumi è basso in tutti i Paesi, così
come quello di pesce. Un altro dato particolare è
l’elevato consumo di latte e latticini in Svezia (più
di 400 g/giorno).
Leclercq et al., 2009.
EPA, 2007.
23
La categoria cereali comprende pane, pasta e riso.
24
I dati riportati rappresentano una media reale, ossia calcolata
non su tutto il campione di consumatori, ma solamente su chi
effettivamente ha consumato l’alimento. Questo serve a evitare che
il consumo pro capite risulti più basso rispetto al consumo reale.
21
22
29
bcfn
LA DIETA
MEDITERRANEA:
PATRIMONIO
CULTURALE
IMMATERIALE
DELL’UMANITÀ
L
’UNESCO nasce nel 1975
per incoraggiare la collaborazione tra le nazioni
nelle aree dell’istruzione, della
scienza, della cultura e della
comunicazione. Una delle sue
missioni è mantenere una lista
di “patrimoni dell’umanità”,
siti di valore dal punto di vista
naturalistico o culturale, la cui
conservazione sia ritenuta importante per la comunità mondiale. Dal 2001, l’UNESCO
ha iniziato anche a stilare una
lista di patrimoni culturali immateriali dell’umanità, antiche
tradizioni (rappresentazioni,
conoscenze, oggetti, strumenti) che le comunità riconoscono
come parte del loro patrimonio
culturale e che spesso sono state tramandate oralmente nel
corso delle generazioni.
30
Tra questi, nel 2010, è stata inserita anche la dieta mediterranea, in quanto25 «rappresenta
un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni
che vanno dal paesaggio alla
tavola, includendo le colture,
la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la
preparazione e, in particolare, il
consumo di cibo. La dieta mediterranea è caratterizzata da un
modello nutrizionale rimasto
costante nel tempo e nello spazio, costituito principalmente
da olio di oliva, cereali, frutta
fresca o secca, verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, molti condimenti
e spezie, il tutto accompagnato
da vino o infusi, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni
comunità. Tuttavia, la dieta (dal
greco diaita, o stile di vita) mediterranea è molto più che un
semplice alimento: promuove
l’interazione sociale, poiché il
pasto in comune è alla base dei
suoi costumi sociali e delle festività condivise, e ha dato luogo a
un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e
leggende. Questa dieta si fonda
sul rispetto per il territorio e la
biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri
collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo, così come nelle zone
della Soria in Spagna, di Koroni
in Grecia, del Cilento in Italia e
di Chefchaouen in Marocco. Le
donne svolgono un ruolo indispensabile nella trasmissione
delle competenze, della conoscenza di riti, gesti tradizionali
e celebrazioni, e nella salvaguardia delle tecniche».26
25
UNESCO, Commissione Nazionale
Italiana, archivio News. “La Dieta
Mediterranea è patrimonio immateriale
dell’Umanità”.
http://www.unesco.it/cni/index.php/
archivio-news/174-la-dieta-mediterraneae-patrimonio-immateriale-dellumanita.
26
Per maggiori informazioni, si vedano:
Saulle e La Torre 2010; Bach Faig et al., 2011.
31
bcfn
ALIMENTAZIONE E STILE DI VITA sani per tutti
LE INDICAZIONI PER
IL “VIVERE BENE”
A
l di là delle modalità
di rappresentazione
grafica dei consigli
alimentari, è importante osservare come gran parte delle più
autorevoli ricerche scientifiche
sulla relazione tra alimentazione e malattie croniche evidenzino che il modello alimentare
mediterraneo deve essere considerato il punto di riferimento
di una corretta alimentazione,
e che ad esso dovrebbero essere
associati stili di vita “salubri”.
Un elemento fondamentale è
un’adeguata attività fisica, che
dovrebbe sempre essere affiancata a una sana alimentazione.
L’attività motoria contribuisce,
infatti, a bruciare calorie, scaricare tensione e stress, migliorare lo stato dell’umore e del
benessere psicologico.
La pratica costante di attività
fisica e sport apporta notevoli
benefici all’apparato cardiova-
1.
scolare e al sistema scheletrico, oltre che al metabolismo.
E favorisce il mantenimento di
un peso adeguato e una composizione corporea ottimale, rende l’adolescente più forte e lo
abitua a uno stile di vita che gli
consentirà di affrontare più in
salute gli anni della maturità.
traverso l’assunzione di meno
dolci, più pane, patate, pasta o
riso), di grassi animali e vegetali
(utilizzando meno strutto e burro e più olio di oliva).
2.
4.
3.
5.
Evitare l’eccessiva introduzione di calorie, bilanciando l’alimentazione con
l’attività fisica.
Ripartire in maniera bilanciata i nutrienti nella
giornata, assicurando un giusto
equilibrio tra apporto di proteine animali e vegetali, di zuccheri semplici e complessi (at-
32
Ridurre al minimo l’apporto aggiuntivo di sale
al fine di diminuire i fattori di
rischio di sviluppo di ipertensione.
Distribuire l’assunzione
di cibo in cinque momenti della giornata: colazione,
spuntino della mattina, pranzo,
merenda e cena.
6.
Evitare di consumare cibi
al di fuori dei cinque momenti individuati.
7.
Fare almeno
30 minuti di
attività fisica
al giorno
Evitare di
raggiungere
condizioni di
sovrappeso e
obesità
Evitare
l’eccessivo
consumo di
alcolici
Non fumare
5.
6.
7.
8.
Adottare
una dieta
equilibrata
Aumentare
il consumo di
frutta e
verdura
Preferire i
carboidrati
complessi e
aumentare il
consumo di
cereali integrali
Aumentare
il consumo
di legumi
11.
12.
Limitare il
consumo di
cibi a elevato
contenuto di
grassi
Limitare il
consumo di
cibo fritto
10.
Consumare 2
o 3 porzioni
di pesce alla
settimana
Preferire
condimenti
di origine
vegetale
13.
14.
Limitare
il consumo
di carne
e pollame a 3
o 4 porzioni
alla settimana
Limitare
il consumo
aggiuntivo
di sale
Svolgere attività fisica per
almeno un’ora al giorno,
che comprenda attività sportiva
o gioco.
8.
Ridurre il più possibile la
vita sedentaria, in particolare quella passata davanti a
televisione e computer.
Fonte: BCFN. Alimentazione e salute, 2009
Adottare una dieta sana ed
equilibrata che, alternando quotidianamente i principali alimenti, fornisca tutti i
nutrienti e micronutrienti (vitamine e sali minerali).
3.
9.
Sintesi delle linee guida per chi cresce
1.
2.
4.
15.
Limitare
il consumo
di cibi e
bevande ad
alto contenuto
di zuccheri
33
bcfn
L’ambiente
nelle
linee guida
NUTRIZIONALI
Degli stati uNiti
27
O
gni cinque anni, negli
Stati Uniti il Dipartimento della Salute e
dei Servizi Umani (HSS) e il
Dipartimento dell’Agricoltura
(USDA) cooperano per aggiornare le linee guida nutrizionali statunitensi (Dietary
Guidelines for Americans),
mantenendole al passo con le
ultime ricerche scientifiche. Il
processo di aggiornamento inizia con il lavoro dell’Advisory
Committee, un gruppo di quindici esperti che sottopone le
linee guida a un rigoroso processo di revisione e pubblica un
report scientifico con i suggerimenti per formularne di nuove.
All’USDA spetta, dopo una fase
di consultazione pubblica, il
compito di tradurre il contenuto scientifico del report in
raccomandazioni divulgative.
Il 15 febbraio 2015, l’Advisory
Committee ha reso pubblico il
report28 di revisione che costituirà la base delle nuove Dietary
Guidelines, la cui pubblicazione
è prevista per la fine del 2015.
Le nuove linee guida segneranno un decisivo punto di
34
svolta rispetto alle indicazioni
nutrizionali pubblicate fino a
questo momento: per la prima
volta, infatti, si parlerà anche
di sostenibilità, introducendo
considerazioni di tipo ambientale in un ambito, quello della
salute pubblica, tradizionalmente considerato da un punto
di vista strettamente “medico”.
Il report parte dalla constatazione che la dieta media della
popolazione americana è molto
sbilanciata dal punto di vista
nutrizionale: troppo ricca di
calorie, grassi saturi, cereali
raffinati e zuccheri semplici.
Circa i due terzi degli americani adulti sono in sovrappeso
e molti soffrono la mancanza
di nutrienti importanti (potassio, fibre, calcio, vitamina
D) per lo scarso consumo di
frutta, verdura e latticini. Per
formulare le raccomandazioni
nutrizionali, l’Advisory Committee è partito delineando le
caratteristiche comuni delle
diete “sane” sulla base di una
revisione della letteratura scientifica che tratta la relazione
tra specifici regimi alimentari
(ad esempio la dieta mediterranea, vegetariana e la dieta contro l’ipertensione denominata
“DASH”29) e le varie malattie
connesse
all’alimentazione.
Le categorie considerate sono
molte: dall’impatto sull’obesità
al diabete, dalle malattie cardiovascolari fino all’Alzheimer
e alle malattie neuro-degenerative. Questo processo ha
permesso di identificare gli
alimenti (o i gruppi alimentari)
che hanno effetti “benefici”
sulla salute e quelli che dovrebbero essere consumati con più
moderazione. In particolare,
dallo studio emerge che:
«Le diete più sane sono accomunate dal fatto di prevedere
un elevato consumo di verdura,
frutta, cereali integrali, latticini scremati, pesce, legumi e
noci, con un consumo molto
ridotto di carne rossa, insaccati, cereali raffinati, dolci e
bevande zuccherate»30.
Le indicazioni qui riportate provengono
dal report dell’Advisory Committee
pubblicato nel febbraio 2015 e sono da
considerarsi solo come un’indicazione
preliminare sul contenuto e l’orientamento
delle Dietary Guidelines 2015, che saranno
pubblicate a fine anno a seguito delle
revisioni definite da una consultazione
pubblica.
28
Dietary Guidelines Advisory Committee,
2015.
29
DASH o Dietary Approachers to Stop
Hypertension è un regime alimentare
ideato dall’Istituto di Salute Pubblica
degli Stati Uniti (US National Institute
of Health), con l’obiettivo di ridurre la
pressione sanguigna senza ricorrere a
medicinali.
30
Dietary Guidelines Advisory Committee,
2015, Parte D, capitolo 2, p. 41.
27
35
L’ambiente nelle linee guida NUTRIZIONALI Degli stati uNiti
1.
Focus sugli alimenti,
non sui nutrienti
Dal momento che le persone consumano alimenti
complessi e non singoli nutrienti, le raccomandazioni devono essere espresse in termini di porzioni o corredate da esempi pratici che riportino
il parere scientifico in un messaggio facilmente
comprensibile.
2.
Più verdura, frutta
e noci
Tutti gli studi esaminati concordano che il consumo di frutta e verdura apporta svariati benefici
sulla salute, soprattutto in termini di ridotto rischio di malattie cardiovascolari, obesità, diabete.
3.
Meno calorie “vuote”
Con questo termine il report si riferisce
agli zuccheri aggiunti e ai grassi saturi, dei quali
si consiglia una netta riduzione. Gli zuccheri aggiunti (non quelli derivati dalla frutta, ma quelli
contenuti in dolciumi e bevande zuccherate) non
dovrebbero apportare più del 10% delle calorie
giornaliere. Stesso discorso per i grassi saturi.
Una delle novità dell’ultimo
report di revisione è rappresentata dalla constatazione che
«sono molte le vie che conducono a una dieta sana», e che
pertanto le linee guida debbano offrire vari esempi di regimi
alimentari bilanciati, in modo
da andare incontro alle differenti esigenze della popolazione. Per questo motivo, anziché
proporre un solo tipo di regime
alimentare, le nuove Dietary
Guidelines ne proporranno diversi: la dieta americana (sana),
la dieta mediterranea, e la dieta
vegetariana. La scelta di elevare la dieta mediterranea e quella vegetariana a modelli di riferimento nutrizionale si deve ai
36
numerosi studi scientifici che
ne hanno dimostrato i benefici.
Oltre a soffermarsi sulle caratteristiche nutrizionali dei vari
modelli proposti, l’Advisory
Committee ne valuta anche
l’impatto ambientale. In generale, riconosce che nella società
americana una dieta a base prevalentemente vegetale (con un
ridotto apporto di prodotti di
origine animale e meno calorica rispetto alla dieta attuale)
porterebbe un beneficio tangibile alla salute dei consumatori
e del Pianeta. Viene così ufficialmente riconosciuta la relazione tra le scelte alimentari
del singolo e l’impatto ambientale in termini di emissioni di
gas serra e consumo di risorse
naturali.
Ancora una volta, la dieta mediterranea è annoverata tra gli
esempi di dieta sostenibile e
l’Advisory Committe le dedica
un paragrafo specifico nel capitolo sulla sostenibilità. Le evidenze scientifiche confermano
che questo regime alimentare
ha un impatto ambientale inferiore rispetto alla dieta attuale
della popolazione americana.
Dal punto di vista nutrizionale,
queste linee guida introducono
ulteriori significative novità:
4.
Sostituire, non ridurre
Per adottare una dieta sana e bilanciata,
l’obiettivo non dovrebbe essere solo di ridurre gli
alimenti ricchi di sale, zucchero e grassi saturi,
ma di sostituirli con delle alternative. Al posto di
alimenti ricchi di grassi saturi è bene consumare
fonti di grassi insaturi, mentre gli zuccheri aggiunti non dovrebbero essere sostituiti da dolcificanti
artificiali (il cui impatto sulla salute non è del tutto chiaro) ma da quelli contenuti nella frutta.
5.
No alla “carbofobia”
Il report prende in considerazione le evidenze scientifiche sull’efficacia delle diete iperproteiche e a basso tenore di carboidrati (low-carb) per
perdere peso. Gli autori concludono che nel lungo
periodo (ossia superiore ai 12 mesi) non ci sono
sufficienti evidenze sul fatto che una dieta low-carb
e iperproteica favorisca il dimagrimento e riduca il
rischio di obesità. Se la dieta è corretta e bilanciata,
la proporzione di macronutrienti consumata ogni
giorno è ininfluente sulla perdita di peso.
6.
Più cereali integrali
Almeno la metà dei cereali consumati ogni
giorno dovrebbe essere integrale.
7.
Il colesterolo non è (più)
un problema
Un’altra novità è la “riabilitazione” di alcuni
alimenti dall’alto profilo nutrizionale, come le
uova e i frutti di mare, di cui fino a poco fa si
consigliava un consumo moderato a causa dell’alto
contenuto di colesterolo. Nuove ricerche hanno
dimostrato che il colesterolo alimentare non
costituisce una preoccupazione rilevante.
8.
Consumo moderato
di carne rossa e insaccati
Ci sono alcune evidenze sul fatto che un consumo
molto elevato di carne rossa e insaccati sia connesso a un maggiore rischio di cancro al colon-retto.
9.
L’ambiente conta
Una dieta a base prevalentemente vegetale,
come quella mediterranea, ha un impatto ambientale inferiore rispetto a quella media americana,
sia in termini di emissioni di CO2 sia di consumo
di risorse naturali.
Per tradurre in pratica le indicazioni nutrizionali
e adattarle alle esigenze di diversi gruppi di popolazione, la nuova versione delle Dietary Guidelines conterrà ben tre diversi esempi di menu
settimanali, uno per ciascun modello alimentare
di riferimento (americano, mediterraneo e vegetariano). Ognuno fornisce l’indicazione delle porzioni settimanali consigliate per ciascun
gruppo alimentare per mantenere un’alimentazione bilanciata e salutare31.
Non è ancora noto se all’aggiornamento delle linee guida si
accompagnerà anche una modifica di MyPlate, la rappresentazione
grafica tradizionalmente utilizzata per mostrare come dovrebbe
essere composto un pasto bilanciato dal punto di vista nutrizionale.
31
37
bcfn
STATI UNITI: DALLA
PIRAMIDE NUTRIZIONALE
A HEALTHY EATING PLATE
L
a piramide nutrizionale non è l’unica rappresentazione grafica cui
si ricorre per fornire suggerimenti ai consumatori. Negli
ultimi decenni, i governi dei
vari Paesi hanno sviluppato altri strumenti per informare ed
educare le persone a mantenere un’alimentazione equilibrata
per una vita sana.
Al di là dell’aspetto grafico, è
interessante sottolineare come,
nonostante alcune differenze
puntuali dovute ad aspetti culturali o alla diffusione di alcune
tipologie di alimenti, tutti i mo-
Fonte: USDA Food Guide Pyramid 1992
38
delli nutrizionali sono accumunati da alcuni consigli basilari:
un maggiore consumo di frutta,
ortaggi, cereali (in particolare
integrali) e legumi, e un ridotto consumo di proteine e grassi
animali e zuccheri semplici.
La prima piramide alimentare americana è stata rilasciata
dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA)
nel 1992. Questo strumento di
educazione alimentare è stato ampiamente riconosciuto
nell’ambito scientifico internazionale e ha rappresentato la
base per l’evoluzione delle rac-
comandazioni nutrizionali su
tipologie e quantità di alimenti
da mangiare ogni giorno.
MyPyramid, pubblicata dall’USDA nel 2005, rappresenta
l’aggiornamento della prima
piramide, ed è stata progettata
come strumento di educazione in aggiunta alle linee guida Dietary Guidelines for Americans32, stilate e aggiornate
ogni cinque anni dall’USDA e
dal Dipartimento della Salute
e dei Servizi Umani (HHS), e
indirizzate a tutte le persone (a
partire dai 2 anni) in normali
condizioni di salute.
Fonte: www.mypyramid.gov
Le raccomandazioni trasmesse da MyPyramid sono riferite
soprattutto alle abitudini alimentari (indicano quali cibi è
consigliabile consumare e con
quale frequenza), ma incoraggiano anche una regolare attività fisica giornaliera, come
prerequisito essenziale del
benessere psicologico e di un
peso corporeo corretto.
Nel giugno 2011, in sostituzione di MyPyramid, è stato presentato MyPlate come parte di
un’iniziativa più ampia di comunicazione basata sulle Dietary Guidelines for Americans33
del 2010, per aiutare i consumatori a fare scelte alimentari
migliori. All’inaugurazione, la
first lady Michelle Obama ha affermato: «I genitori non hanno
il tempo di pesare esattamente
tre grammi di pollo o di guardare quanto è una porzione di riso
con i broccoli… però noi abbiamo il tempo di dare un’occhiata
ai piatti dei nostri bambini, e
se loro mangiano le giuste porzioni, se la metà del loro piatto
è piena di frutta e verdure, in-
Fonte: www.choosemyplate.gov
sieme a proteine magre, cereali
integrali e latticini a basso contenuto di grassi, allora va bene.
È così semplice!».
MyPlate ha ricevuto numerosi
elogi, avendo contribuito a migliorare la precedente MyPyramid, giudicata troppo astratta e
confusa. MyPlate rappresenta
attraverso un piatto e un bicchiere cinque gruppi di alimenti. Il piatto è diviso in quattro
sezioni: 30% di ortaggi, 30%
di cereali, 20% di frutta e 20%
di proteine; in più c’è un piccolo cerchio – come se fosse un
bicchiere di latte o uno yogurt
– che rappresenta i prodotti caseari. La grafica è accompagnata da messaggi sintetici come:
«Make half your plate fruits
and vegetables», «Switch to 1%
or skim milk», «Make at least
half your grains whole», e «Vary
your protein food choices».
L’inclusione dei latticini a ogni
pasto ha sollevato le critiche
della Harvard School of Public
Health, che nel 2011 ha pubblicato la variante del piatto nutrizionale Healthy Eating Plate. A
differenza di MyPlate, questa
variante prevede un bicchiere
con acqua, e l’inserimento dei
latticini tra le fonti proteiche.
Inoltre, si consiglia esplicitamente di preferire i cereali integrali a quelli raffinati, e di utilizzare oli vegetali “sani” come
l’olio extravergine di oliva.
Riassumendo, i nutrizionisti
americani raccomandano di seguire una dieta costituita principalmente da frutta, verdura,
cereali integrali e prodotti lattiero caseari a basso contenuto
di grassi. In quantità minori,
vanno consumati carne, pesce,
legumi, uova e frutta secca,
prestando attenzione a cibi già
salati o dolcificati e contenenti
grassi saturi, nonché alle bevande zuccherate. Oltre ai consigli
nutrizionali, sono raccomandate
attività fisica costante e una maggiore attenzione al calcolo del
fabbisogno calorico giornaliero.
U.S.D.A. e U.S.D.H.H.S. Dietary
Guidelines for Americans, 2005.
33
U.S.D.A. e U.S.D.H.H.S. Dietary
Guidelines for Americans, 2010.
32
Fonte: http://www.health.harvard.edu/healthy-eating-plate, 2011
39
bcfn
un’alimentazione
che rispetta
il pianeta
In un’epoca dominata dai cambiamenti climatici, la questione agroalimentare
va oltre l’aspetto nutrizionale. Vanno considerate anche le ricadute che il cibo genera
sull’ambiente, dalla fase di produzione a quella di consumo
La valutazione degli impatti di un qualunque
prodotto può essere eseguita con metodi diversi
che, a seconda dei casi, si concentrano su aspetti
caratteristici della filiera o su specifici indicatori.
L’analisi del ciclo di vita di un alimento prevede
lo studio di tutti i passaggi, a partire dalla fase
agricola fino alla distribuzione e al consumo, che
contempla, se necessaria, anche la cottura.
L’analisi del ciclo
di vita degli alimenti
e gli indicatori ambientali
Per rendere facilmente comprensibili e comunicabili i risultati degli studi LCA si utilizzano
degli indicatori di sintesi che consentono di rappresentare in modo aggregato e semplice gli impatti ambientali.
Nel caso delle filiere agroalimentari risultano
significativi: le emissioni di gas serra, il consumo di acqua e il territorio utilizzato per produrre le risorse.
Tra tutte le metodologie di valutazione, l’analisi
del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA)34 è
probabilmente quella che ha riscosso il maggior
interesse negli ultimi anni, perché tiene conto di
tutti gli aspetti della filiera.
40
41
Fonte: BCFN. Doppia Piramide, 2011.
Una rappresentazione dell’analisi del ciclo di vita (LCA) di un alimento.
È questa la ragione per cui si è deciso di utilizzare
i seguenti indicatori ambientali:
Il Carbon Footprint identifica le emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici, ed è misurato in massa di
CO2 equivalente.
Il Water Footprint calcola, lungo le diverse fasi della filiera, il volume di acqua dolce
utilizzato per produrre un alimento. Non
considera solo la quantità e il tipo di fonte
d’acqua utilizzata o inquinata, ma anche il
luogo in cui è avvenuto il prelievo35.
L’Ecological Footprint calcola la quantità di terra (o mare) biologicamente produttiva necessaria per fornire le risorse e
assorbire le emissioni associate a un sistema produttivo: si misura in metri quadri
o ettari globali.
42
È bene osservare che con tali indicatori si fornisce
una visione ampia degli impatti, che non ha però
la pretesa di essere esaustiva. Questo è vero soprattutto se si considera la scala locale, dove hanno effetti significativi l’utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura e il rilascio di azoto sul terreno.
Per esigenza di sintesi la parte ambientale della Doppia Piramide è stata costruita utilizzando
solo l’Ecological Footprint; ma, per evitare visioni
parziali, in questo documento vengono presentate
anche le piramidi relative agli indicatori Carbon e
Water Footprint.
Regolata a livello internazionale dagli standard UNI EN ISO
14040:2006 e 14044:2006.
35
Hoekstra, 2013.
34
43
bcfn
Ecological Footprint
GLI INDICATORI
UTILIZZATI NELLA
DOPPIA PIRAMIDe
CARBON FOOTPRINT
Water Footprint
Il Carbon Footprint, o impronta carbonica, calcola l’impatto – espresso in termini di emissione di
anidride carbonica equivalente (CO2 eq) – associato alla produzione di un bene o di un servizio
lungo l’intero ciclo di vita del sistema indagato36.
Nel calcolarlo si considerano le emissioni di
tutti i gas a effetto serra, il cui contributo è determinato da due fattori: la quantità emessa e
il suo fattore di impatto misurato in termini di
Global Warming Potential (GWP). Le emissioni, infatti, sono tutte convertite in un valore
di CO2 equivalente, come se dal sistema fosse
emessa solo CO2, attraverso parametri fissi definiti dall’Intergovernmental Panel on Climate
Change (IPCC37), organismo che opera sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Il Water Footprint o impronta idrica è un indicatore
che misura, in litri o metri cubi, l’acqua dolce
consumata per produrre un alimento, sommando
tutte le fasi della catena. Indica il “contenuto
d’acqua virtuale” di un prodotto, ovvero l’acqua
impiegata in fase di produzione (contabilizzata
attraverso i consumi diretti), quella utilizzata per
produrre le materie prime necessarie (consumi
indiretti) e la fonte in cui è avvenuto il prelievo.
Il metodo è stato messo a punto dal Water Footprint Network38, in modo che l’indicatore calcolato tenga conto di tre componenti fondamentali:
• Green Water Footprint, è il volume di acqua piovana evapotraspirata dal suolo e dalle piante (rappresenta la voce più rilevante nelle filiere agroalimentari e si tratta dell’acqua che passa allo stato
di vapore attraverso la traspirazione dalle piante o
l’evaporazione dal suolo);
• Blue Water Footprint, è il volume di acqua dolce
proveniente da corsi superficiali o falde sotterranee impiegato lungo la filiera produttiva e che non
viene restituito al bacino di prelievo;
• Grey Water Footprint, è il volume di acqua inquinata durante il processo di produzione, misurato
come il volume di acqua necessario a diluire gli
inquinanti e riportare l’acqua al di sopra degli standard condivisi di qualità.
www.ipcc.ch
44
www.waterfootprint.org
L’Ecological Footprint o impronta ecologica è un
indicatore che permette di misurare la superficie
terrestre o marina (biologicamente produttiva)
necessaria a fornire le risorse consumate e ad
assorbire i rifiuti prodotti, in rapporto alla capacità
della Terra di rigenerare le risorse naturali.
La metodologia è individuata dal Global Footprint Network39 e prevede di includere nel calcolo le seguenti superfici:
• Energy land, il terreno necessario ad assorbire
le emissioni di CO2 generate dalla produzione di
un bene o servizio;
• Crop land, il terreno necessario alla coltivazione dei prodotti agricoli e dei mangimi per
l’allevamento;
• Grazing land, il terreno necessario a sostenere il
pascolo dei capi di allevamento considerati;
• Forest land, il terreno utilizzato per la produzione di legno destinato alla realizzazione di materie prime;
• Built-up land, il terreno occupato per gli impianti adibiti alle attività produttive;
• Fishing ground, l’area necessaria alla riproduzione naturale o all’allevamento dei prodotti ittici.
CARBON FOOTPRINT
water FOOTPRINT
ecological FOOTPRINT
Questi sei componenti vengono sommati dopo
essere stati normalizzati utilizzando “fattori di
equivalenza” (equivalence factors) e “fattori di rendimento” (yield factors) che tengono conto della
differente produttività dei vari terreni rispetto alla
produttività media di biomassa primaria globale di
un dato anno. I fattori di equivalenza, specifici per
ogni tipologia di terreno, sono forniti annualmente dal Global Footprint Network.
L’Ecological Footprint è quindi un indicatore
composito che misura, tramite fattori di conversione ed equivalenze specifiche, le diverse modalità di utilizzo delle risorse ambientali attraverso
un’unica unità di misura: l’ettaro globale (global
hectar – gha).
36
Per il calcolo del Carbon Footprint di prodotto, nel 2013 è
stato pubblicato il nuovo riferimento normativo univoco a livello
internazionale: la ISO 14067.
37
La versione più recente è stata pubblicata nel 2013 (IPCC, 2013).
38
Il database è disponibile per la consultazione e il download
all’indirizzo www.waterfootprintnetwork.org.
39
Per i dettagli delle ipotesi si veda www.footprintnetwork.org.
www.footprintnetwork.org
45
bcfn
Il water footprint:
un indicatore
in evoluzione per
MISURARE GLI impatti
locali
Introdotto per la prima volta da Tony Allan nel
199740, il concetto di Virtual Water Content e la
sua diffusione hanno giocato, negli anni passati, un
ruolo fondamentale nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso aspetti talvolta dimenticati:
l’importanza della tutela della risorsa idrica, il suo
ruolo rilevante nella produzione agroalimentare41
e l’impatto delle scelte alimentari di ognuno di noi.
Come per tutti gli indicatori è necessario apprezzarne i vantaggi e conoscerne i limiti, soprattutto ai fini della comunicazione. Il suo
punto di forza è quello di essere misurato in
litri d’acqua, risultando così molto intuitivo:
tutti sanno a quanto corrispondono uno, dieci e
anche cento litri di acqua.
Il suo limite è però quello di non fornire, da solo,
alcuna informazione sugli effetti locali.
È facile capire, infatti, che prelevare la medesima
quantità d’acqua in un’area in cui ve ne è naturale
abbondanza (ad esempio uno dei grandi fiumi)
causerà un impatto inferiore rispetto al prelievo
in un’area in cui la risorsa è scarsa (come una
zona desertica).
Così com’è importante distinguere il “colore”, ossia
la fonte dell’acqua che si sta utilizzando, specificando se si tratta di acqua di origine piovana (green) o di falda (blue). Perché un cereale, coltivato in
46
una località dove non serve irrigare e basta l’acqua
piovana, ha un impatto ben diverso da uno che ha
bisogno d’essere irrigato (con un dispiego significativo di blue water proveniente da falda). Anche in
questo caso l’impatto locale sarà diverso. Il dibattito scientifico sta procedendo verso una comprensione maggiore degli impatti dell’uso dell’acqua
e ha recentemente sviluppato i concetti di Water
Footprint caps (riferito ai bacini idrici), Water Footprint benchmarks (per i prodotti) e fair Water Footprint of communities42.
Per questo, la norma ISO 1404643 approvata solo
nel 2014, ha proposto un nuovo metodo di calcolo
del Water Footprint che considera non solo l’utilizzo di acqua ma anche i potenziali impatti ambientali locali associati al consumo (tenendo conto, ad
esempio, dei limiti massimi relativi alla fonte in cui
avviene il prelievo).
J.A. Allan (1997).
I principali attori in questo senso sono Hoekstra e Mekonnen,
fondatori del Water Footprint Network. In una pubblicazione del
2012, ad esempio, hanno stimato che la filiera agroalimentare
contribuisca al Water Footprint globale (inteso come virtual water
content) per il 92%. (Mekonnen, Hoekstra, 2012; Hoekstra, 2014).
42
Hoekstra, 2014.
43
La norma è stata pubblicata il 01/08/2014.
40
41
47
La filiera alimentare
e l’ambiente
Negli ultimi anni, le filiere agroalimentari sono
diventate oggetto di un crescente interesse, e questo principalmente per due motivi: la qualità e la
sicurezza del cibo e la valutazione degli impatti
che le stesse generano.
È soprattutto la struttura della filiera produttiva
a determinare l’intensità degli impatti associati a
uno specifico alimento: più la filiera è complessa e la materia prima subisce trasformazioni, più
l’impatto cresce. Viceversa, un alimento che ha
bisogno di lavorazioni minime, come ad esempio
un ortaggio o un frutto, avrà normalmente un
impatto ridotto.
In generale, le filiere agroalimentari presentano
strutture articolate che possono essere sintetizzate in sette fasi differenti, a ognuna delle quali sono
associati specifici impatti ambientali.
Le sette fasi della filiera agroalimentare
Coltivazione
Nella fase agricola si coltivano le materie prime destinate alla nostra alimentazione
o a diventare mangime per gli animali allevati. Gli impatti derivanti da questa fase sono
dovuti a più fattori, i principali sono: la produzione delle sementi, l’utilizzo dei fertilizzanti
(sia chimici sia naturali), gli agrofarmaci per proteggere le coltivazioni, il gasolio
consumato per le operazioni agricole, l’acqua utilizzata per l’irrigazione.
Nella maggior parte dei casi, la fase agricola è quella in cui si riscontrano gli impatti
ambientali maggiori. Le tecniche colturali hanno un ruolo importante anche se in molti
casi il beneficio è temporalmente differito: tipico esempio sono le pratiche
che prevedono la rotazione colturale, oppure l’agricoltura biologica che, se applicata
correttamente, garantisce negli anni significativi vantaggi sulla fertilità dei suoli
e sulla biodiversità dell’ecosistema.
Prima trasformazione
Molti prodotti agricoli richiedono una prima trasformazione per essere impiegati
in un processo produttivo. L’esempio classico è quello dei cereali che vanno prima
macinati in un mulino.
Trasformazione del prodotto
Nella seconda fase della filiera, la materia prima viene trasportata allo stabilimento
per essere trasformata nel prodotto finito. Gli impatti derivano dai consumi di energia
e acqua dello stabilimento, e variano in base al volume e al tipo di prodotto trattato,
nonché all’efficienza dell’impianto di trasformazione. I consumi comprendono
sia l’energia utilizzata per far funzionare le linee di produzione, sia quella necessaria
per garantire la refrigerazione.
Confezionamento del prodotto
I materiali utilizzati per l’imballaggio del prodotto finito sono vari e differenti tra loro.
Tra i più comuni rientrano la carta e il cartone, la plastica e il vetro. Solitamente l’impatto
ambientale del packaging è legato sia alla fase di produzione (tipologia e quantità)
sia a quella di smaltimento finale, mentre resta contenuto l’impatto dell’attività
vera e propria di confezionamento del prodotto in stabilimento.
Distribuzione e vendita
In questa fase della filiera il prodotto alimentare è trasferito dallo stabilimento
di trasformazione al punto di distribuzione e vendita. Gli impatti dipendono dal tipo
di mezzo di trasporto utilizzato e dalla quantità di chilometri percorsi. Il contributo
di questa fase all’impatto totale di solito è piuttosto modesto; diventa rilevante
solo per gli alimenti a basso impatto complessivo, come ortaggi e frutta,
ma solo quando questi vengono trasportati per lunghi tragitti o con mezzi di trasporto
che hanno emissioni elevate, come nel caso del trasporto aereo.
Preparazione e cottura
Valutare l’impatto associato alla preparazione di un prodotto alimentare
è particolarmente complesso perché le tecniche di cottura utilizzate sono molto diverse
tra loro, così come il loro impatto. La preparazione del piatto varia con il tipo di ricetta,
il gusto del consumatore e a seconda che l’alimento sia cucinato in un ambiente
casalingo o con una cucina professionale.
Smaltimento degli imballaggi
I rifiuti prodotti dagli imballaggi devono essere considerati come parte integrante
della filiera di produzione alimentare e, quindi, i loro impatti devono essere
correttamente calcolati. La valutazione dello smaltimento di un imballaggio a fine vita
è particolarmente complessa, in quanto bisogna tener conto sia della quantità e del tipo
di materiale che contiene il prodotto, sia del comportamento dell’utilizzatore finale,
e dei processi di smaltimento. In particolare, tre sono i destini finali di un imballaggio:
riciclo, recupero energetico o discarica.
48
49
La filierA e l’ambiente
Per tutti e tre gli alimenti si riportano le emissioni
di CO2 della filiera specifica sia con valore
assoluto per un chilo di prodotto sia per mezzo
della percentuale relativa alla singola fase del
ciclo di vita. Ove prevista, è riportata anche una
stima dell’impatto dovuto alla cottura.
L’Analisi del Ciclo di Vita di Mele, Pasta e Carne Rossa
COLTIVAZIONE
From Farm to Gate
30 g CO2 eq/kg
packaging
lavorazione
distribuzione
10 g CO2 eq/kg
60 g CO2 eq/kg
90 g CO2 eq/kg
LCA
1kg
mele
Carbon Footprint
16%
47%
32%
5%
190
g CO2 eq/ kg
COLTIVAZIONE
molitura
packaging
produzione
distribuzione
520 g CO2 eq/kg
90 g CO2 eq/kg
110 g CO2 eq/kg
220 g CO2 eq/kg
75 g CO2 eq/kg
cottura
carne rossa
PASTA
Carbon Footprint
51%
9%
11%
1015
8%
22%
g CO2eq/ kg
mangime
allevamento
macellazione
packaging
lavorazione
distribuzione
3900 g CO2 eq/kg
17.000 g CO2 eq/kg
1600 g CO2 eq/kg
200 g CO2 eq/kg
700 g CO2 eq/kg
30 g CO2 eq/kg
73%
7%
1%
3%
0,1%
cottura
elettrica
cottura
Carbon Footprint
17%
cottura
a gas
g CO2eq
1950
g CO2eq
500
cottura
in padella
23.430
g CO2eq / kg
730
g CO2eq
3320
cottura
in pentola
g CO2eq
farm
©BCFN foundation 2015
bcfn
LA CARNE
E L’AMBIENTE
L
a filiera di produzione
della carne è piuttosto
articolata e per questo
motivo gli impatti sono generalmente tra i più alti nel
mondo alimentare. Una prima
ragione, abbastanza intuitiva, è
quella per cui, a differenza dei
prodotti di origine agricola, è
necessario un “doppio passag-
gio”: prima si coltiva il foraggio,
che poi viene dato in pasto agli
animali per produrre proteine.
Un secondo aspetto, particolarmente importante per le filiere
bovine, è rappresentato dagli
impatti della fattrice, allevata
unicamente allo scopo di partorire vitelli con un ritmo medio
di uno all’anno.
Ultimo aspetto, anche in questo caso rilevante in particolar
modo per i bovini, è quello
legato alla gestione delle deiezioni e alle fermentazioni enteriche, che generano metano
e comportano un impatto significativo, soprattutto in termini di effetto serra.
Gli elementi rilevanti
lungo il ciclo di vita
degli alimenti
Il calcolo dell’impatto ambientale degli alimenti
in tutto il loro ciclo di vita deve considerare non
solo la fase di produzione agricola o industriale,
ma anche le fasi a valle, come la catena del freddo
(necessaria per la corretta conservazione del prodotto), il trasporto e la fase di cottura.
Vediamo perché.
Le pratiche agronomiche
Le tecniche agronomiche adottate hanno un ruolo
significativo nel determinare gli impatti ambientali della materia prima. E questo è particolarmente
vero nella coltivazione dei cereali, della frutta e della verdura. Poiché gran parte degli impatti ambientali degli alimenti è riconducibile alla fase agricola,
è bene analizzare le diverse pratiche agronomiche
confrontandole sia in termini di qualità della produzione sia dei diversi effetti sull’ambiente.
Alcune pratiche messe in atto dagli agricoltori per
coltivare le materie prime comprendono tecniche
colturali (o agronomiche) che hanno un significativo impatto sull’ambiente, basti pensare all’utilizzo
di fertilizzanti (principalmente a base azotata) o al
gasolio per le macchine agricole.
L’adozione di migliori pratiche può influenzare
molto gli impatti della fase agricola, anche se spesso
il beneficio è visibile solo nel lungo periodo. Sono
sempre di più gli studi tesi a individuare tecniche
agronomiche sostenibili, in modo da mantenere alti
standard qualitativi dei prodotti, preservando sia i
ritorni economici degli agricoltori sia l’ambiente.
Tipico esempio è la rotazione colturale. Al riguardo,
alcune sperimentazioni sulla coltivazione del grano
duro hanno dimostrato che l’alternanza sui terreni,
in termini di successione delle specie coltivate, permette di diminuire l’impiego di fertilizzanti, fino a
ridurre di un terzo il valore complessivo degli indicatori ambientali.
52
Per quanto riguarda l’agricoltura biologica, gli studi disponibili evidenziano il limite della metodologia LCA. Gli indicatori normalmente utilizzati per
valutare gli impatti ambientali non permettono
di quantificare in modo esaustivo i benefici delle
pratiche biologiche perché i valori di impatto, anche se minori, vengono ripartiti su produzioni che
normalmente hanno rese inferiori rispetto a quelle
coltivate con metodi intensivi.
Il beneficio può essere invece valorizzato utilizzando indicatori, propri delle pratiche agronomiche,
quali la misura della fertilità dei suoli (soprattutto
se determinata su un orizzonte temporale decennale), la valutazione della tossicità per l’uomo e per
l’ambiente, il livello di biodiversità degli ecosistemi.
Anche la stagionalità incide sugli impatti delle coltivazioni. Dagli studi emerge che le materie prime
coltivate fuori stagione hanno impatti ambientali
maggiori. Ad esempio, l’utilizzo delle serre riscaldate comporta un grande consumo di energia, e
non solo: le rese di questi prodotti possono ridursi
significativamente, fino a dimezzarsi.
La catena del freddo
Il calcolo degli impatti ambientali per la catena
del freddo, cioè i prodotti refrigerati e surgelati,
dipende sostanzialmente dai seguenti elementi: dove viene stoccato il prodotto (in un frigo
casalingo o in celle industriali), dalla temperatura di stoccaggio (4°C o -18°C) e dal tempo di
conservazione.
Dalle valutazioni condotte emerge che la catena
del freddo è rilevante solo quando riguarda la surgelazione di prodotti semplici e a basso impatto
ambientale come gli ortaggi, e quando i tempi di
conservazione a basse temperature sono relativamente lunghi.
53
Da un punto di vista meramente ambientale può
essere più conveniente coltivare un alimento lontano dal luogo di consumo se ciò avviene in zone
che per propria natura (per esempio umidità intrinseca del terreno o temperatura media) consentono delle pratiche agrarie meno invasive, che
generano impatti ambientali minori.
Ma è altresì evidente che in termini di sostenibilità le valutazioni dovrebbero essere fatte tenendo
conto anche di aspetti economici e sociali, che
stanno alla base della produzione e del consumo
degli alimenti: per esempio è bene considerare che
il consumo di alimenti a chilometro zero genera
benefici per l’economia del territorio circostante.
La cottura
Invece, l’impatto della catena del freddo diventa irrilevante per i prodotti “freschissimi”, cioè con tempi di conservazione molto brevi in frigorifero, e per
gli alimenti già di per sé caratterizzati da un alto
impatto ambientale, come la carne. Anche il trasporto refrigerato si può ritenere trascurabile, in
quanto l’incremento che comporta sugli impatti
ambientali, se comparato all’impatto complessivo, non è significativo.
prime. I risultati indicano che la fase della distribuzione incide in modo significativo sugli
impatti complessivi solo quando l’alimento è caratterizzato da una filiera semplice e impatti di
produzione molto bassi (come ad esempio l’ortofrutta), o quando il trasporto supera una certa distanza. Nel caso di alimenti più complessi,
come le carni o i formaggi, il carico ambientale
associato a trasporto e distribuzione è pressoché
irrilevante sul totale.
Trasporto e distribuzione
Il tema della distribuzione del cibo è interessante
sia per i risvolti sociali, sia per quelli ambientali.
Si è ormai diffuso, infatti, il concetto del cibo a
chilometro zero al quale viene associata la semplice equazione: prodotto a chilometro zero = prodotto a basso impatto ambientale.
Utilizzando l’analisi del ciclo di vita, sono stati
messi in relazione gli impatti legati al trasporto
degli alimenti con quelli relativi alla loro produzione, a partire dalla coltivazione delle materie
54
Infatti, se è pur vero che l’utilizzo di un camion
comporta un’elevata emissione di CO2 per chilometro percorso, va detto che la quantità di merce
trasportata è alta, e quindi l’impatto per chilogrammo di prodotto è piuttosto limitato. Diverso
è il caso del trasporto aereo.
Emerge, quindi, che non è sempre vero che le
produzioni a chilometro zero hanno un minor
impatto ambientale di quelle a distanza; anzi, può
accadere il contrario se le seconde sono più efficienti nella fase di coltivazione e trasformazione.
Le tecniche di cottura utilizzate per la preparazione dei cibi possono essere molto diverse in base
alla ricetta che si vuole preparare, alle abitudini e
al gusto del consumatore, e al fatto che l’alimento
sia cucinato a casa o con una cucina professionale: pertanto non è semplice quantificare in maniera univoca l’impatto ambientale della cottura.
Tuttavia, è importante sottolineare che, soprattutto se domestica, la cottura può risultare la fase a
maggiore impatto ambientale (sostanzialmente
misurato in emissioni di CO2 equivalente).
Gli impatti ambientali del fornello elettrico dipendono dai mix energetici che caratterizzano
il proprio fornitore di energia elettrica (e quindi il Paese o la regione in cui ci si trova) e dalle
modalità di cottura che possono influenzare in
modo rilevante le emissioni di CO2. Rilevanti
sono la durata delle fasi di preparazione e i tempi di cottura. L’impegno personale può aiutare a
ridurre l’impatto (come tutti sappiamo nel caso
della bollitura, ad esempio, la buona e semplice
pratica è utilizzare il coperchio durante la fase di
riscaldamento dell’acqua).
55
bcfn
la doppia
piramide 2015
L’alimentazione è uno degli ambiti della vita
nei quali è possibile conciliare il proprio benessere con quello del Pianeta.
Senza dover rinunciare a nulla
Accostando la piramide nutrizionale a quella ambientale, si ottiene la Doppia Piramide BCFN, che
illustra come in un unico modello alimentare coincidano due obiettivi diversi ma altrettanto importanti: salute delle persone e tutela ambientale. In
essa si può osservare che generalmente gli alimenti
per i quali è consigliato un consumo maggiore sono
anche quelli che determinano gli impatti ambientali minori sull’ambiente, e viceversa.
Questo vuol dire che ognuno di noi, assumendo un atteggiamento responsabile in termini
alimentari, può conciliare il proprio benessere
(ecologia della persona) con quello dell’ambiente
(ecologia del contesto).
Le basi scientifiche
Fin dalla prima edizione del 2010, gli impatti
ambientali degli alimenti sono stati quantificati utilizzando i dati di tre indicatori ambientali
(Carbon Footprint, Water Footprint ed Ecological
Footprint) resi disponibili dalle banche dati a li-
56
bero accesso e dalle pubblicazioni scientifiche.
La scelta fatta dal BCFN per la costruzione del
modello è stata improntata alla massima trasparenza, utilizzando unicamente evidenze scientifiche di natura pubblica, in modo da consentire a
chiunque di ricostruire l’origine dei dati.
Il database del BCFN
I dati utilizzati per la redazione delle sei edizioni della Doppia Piramide sono stati raccolti dalla Fondazione BCFN in un database, nel quale i
valori dei tre indicatori ambientali, riferiti a un
chilogrammo (o a un litro) di alimento, sono stati calcolati come media aritmetica dei valori resi
disponibili
dalle
ricerche. In tutti i
casi, i dati utilizzati
fanno riferimento
a studi basati sul metodo dell’analisi del ciclo di
vita e consentono quindi di quantificare in prima
approssimazione gli impatti complessivi dei singoli alimenti44.
57
1400
Numero Dati
1200
1000
800
600
400
1a edizione:
Dati: 140
6a edizione:
Fonti: 35
Dati: 1222
Fonti: 385
200
2010
2011
2012
2013
2014
2015
Dati: Singoli valori di impatto
Fonte: materiale bibliografico da cui derivano i dati
Incremento dei dati utilizzati per il calcolo delle medie degli impatti ambientali degli alimenti
dalla prima edizione della Doppia Piramide ad oggi. La dimensione della sfera indica il numero di fonti, l’altezza il numero di dati.
La copertura statistica
Il numero dei dati scientifici utilizzati per il modello della Doppia Piramide è molto aumentato
negli anni: da una base di circa 140 valori della prima edizione del 2010, si è arrivati a più di
1200 dati in questa sesta pubblicazione. La crescita delle fonti ha rafforzato di anno in anno
l’attendibilità delle ipotesi formulate nella prima
edizione della Doppia Piramide, confermandone
la validità scientifica.
È importante sottolineare che la distribuzione
percentuale degli studi è diversa per ognuno dei
tre indicatori ambientali. La maggior parte delle
fonti bibliografiche utilizzate è relativa al Carbon
Footprint, seguito da Water ed Ecological Footprint.
Questo è dovuto a una combinazione di cause diverse. La prima è certamente il fatto che il Carbon
Footprint è l’indicatore “storicamente” più utilizzato dagli studiosi e, soprattutto, è quello per il
quale esistono standard di calcolo più consolidati
e diffusi a livello scientifico. Altro aspetto è quello legato alle sempre più numerose iniziative di
comunicazione che ruotano attorno al tema delle
emissioni di gas serra.
Ecological Footprint
14%
Water Footprint
15%
Carbon Footprint
71%
Questo lavoro non ha la pretesa di fornire valori validi in assoluto
né di sostituirsi alle pubblicazioni scientifiche più rigorose; tuttavia, la copertura statistica ottenuta (1222 dati provenienti da 385
fonti) e il metodo di aggregazione utilizzato portano valori sempre
più affidabili. Maggiori informazioni sono disponibili in un documento a supporto, che illustra nel dettaglio come è strutturato il
database BCFN della Doppia Piramide. Il database e il relativo documento sono scaricabili dal sito del BCFN: www.barillacfn.com.
44
Ripartizione delle fonti bibliografiche relative agli impatti ambientali sul totale dei dati 2015.
58
59
Per ognuno dei tre indicatori ambientali è specificata, nelle figure sottostanti, la distribuzione percentuale delle fonti scientifiche relative alle macrocategorie alimentari che compongono le piramidi
ambientali.
numero di dati
20
40
60
80
100
140
160
180
67
Carne bovina
pesce
7
burro
burro
53
Carne suina
margarina
112
pesce
formaggio
33
Carne avicola
Carne suina
18
22
riso
uova
olio
Carne avicola
3
cereali da colazione
frutta secca
19
16
13
19
10
19
20
olio
dolci
frutta secca
pasta
yogurt
legumi
biscotti
legumi
uova
Carbon Footprint
cereali da colazione
yogurt
riso
150
latte
22
53
patate
107
ortaggi di stagionE
numero di dati
olio
Carne suina
formaggio
frutta secca
burro
Carne avicola
uova
legumi
riso
pasta
160
180
9
7
30
5
21
20
80
100
120
140
160
180
Dati: 176
Le fonti e i dati sono facilmente
consultabili nel Database della
Doppia Piramide scaricabile dal sito
www.barillacfn.com
7
30
pane
41
frutta
patate
140
water Footprint
1
latte
cereali da colazione
60
14
19
10
2
yogurt
margarina
40
3
2
1
4
5
1
1
3
8
2
dolci
120
Numero di dati relativi all’Ecological Footprint.
20
biscotti
100
1
2
ortaggi di stagione
Numero di dati relativi al Carbon Footprint.
80
Dati: 166
1
2
frutta
71
frutta
60
ecological Footprint
16
pane
pane
40
7
2
2
1
3
4
2
3
1
4
4
pasta
biscotti
3
patate
20
dolci
Dati: 862
latte
Carne bovina
numero di dati
Carne bovina
25
formaggio
margarina
120
1
2
ortaggi di stagionE
19
Numero di dati relativi al Water Footprint.
60
61
bcfn
la doppia piramide
per gli adulti
La Doppia Piramide, della quale viene qui pre-
tare, costruita distribuendo gli alimenti secondo
sentata la sesta revisione, è via via diventata
i principi di una dieta mediterranea, una pirami-
un utile strumento di comunicazione delle die-
de ambientale, che valuta l’impronta ecologica
te sostenibili, ricordandoci l’importanza che
di ciascun alimento, si può dimostrare che gli
hanno le nostre scelte alimentari in termini di
alimenti per cui è raccomandato un maggior
salute e ambiente.
consumo da parte dei nutrizionisti sono anche
Affiancando alla tradizionale piramide alimen-
quelli con un minor impatto ambientale.
©BCFN foundation 2015
bcfn
la doppia piramide
per chi cresce
Se per gli adulti è ormai risaputa l’esistenza di
una stretta relazione fra alimentazione scorretta, eccessivo peso corporeo e incidenza di
malattie croniche, la coscienza del fatto che
tale relazione valga anche per i bambini e gli
adolescenti non è altrettanto diffusa: abitudini alimentari e stili di vita non corretti, adottati
nel periodo di crescita, possono comportare un
significativo aumento del rischio di contrarre
patologie nel corso della vita, da quelle cardiovascolari, al diabete e a diversi tipi di tumore.
Questo il motivo per cui il BCFN ha deciso di
proporre anche una Doppia Piramide per chi
cresce, nella quale viene mantenuta stabile l’analisi degli alimenti dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente e del loro valore nutrizionale, ma varia la distribuzione consigliata delle
porzioni per adattare i principi della dieta equilibrata alle esigenze dei bambini e degli adolescenti che, per una crescita sana, hanno bisogno di un apporto nutritivo differente da quello
degli adulti.
© BCFN Foundation 2015
bcfn
le tre
piramidi ambientali
Gli impatti ambientali degli
alimenti sono stati rappresentati in tre diverse piramidi, una
per ognuno degli indicatori
ambientali presi in considerazione. Ma solo quella relativa
all’impronta ecologica è stata
poi utilizzata per la costruzione
della Doppia Piramide BCFN.
È importante sottolineare che
le tre piramidi ambientali riportate di seguito sono rimaste
molto simili a quelle pubblicate
nella prima edizione: la maggiore copertura statistica ha
cambiato solo marginalmente i valori numerici. Pertanto,
anche per la sesta edizione
carbon
footprint
valgono le considerazioni fatte sin dalla prima edizione del
documento: carni e formaggi
sono gli alimenti caratterizzati dai maggiori impatti per
chilogrammo, frutta e verdure quelle con valori di impatto
ambientale più contenuti.
26.230
CARNE BOVINA
20.000
9250
FORMAGGIO
BURRO
8000
8305
5130
CARNE SUINA
PESCE
4405
CARNE AVICOLA
4000
4025
RISO
3830
UOVA
3810
CEREALI DA COLAZIONE
3420
OLIO
2000
3115
2235
DOLCI
FRUTTA SECCA
1905
PASTA
YOGURT
1735
LEGUMI
Legenda
valore medio + cottura
1695
BISCOTTI
1610
MARGARINA
cottura
min
max
1400
1360
LATTE
1240
PATATE
1000
Impronta di carbonio degli alimenti
gCO2 - eq per kg o litro di cibo
1900
1210
PANE
1125
815
ORTAGGI DI STAGIONE
FRUTTA
495
0
2000
4000
6000
8000
/
25.000
/
45.000
/
60.000
/
©BCFN foundation 2015
L’impronta di carbonio misura le emissioni di gas a effetto serra durante il ciclo di vita dell’alimento
ed è calcolata in grammi di CO2 equivalente (gCO2 eq) per chilogrammo o litro di alimento. Per ogni
gruppo di alimenti il valore riportato è quello medio dei dati raccolti, mentre la banda tratteggiata
segna la distanza tra il valore minimo e quello massimo. Se l’alimento normalmente si consuma cotto,
è stato aggiunto l’impatto della cottura. La media ottenuta determina l’ordine degli alimenti dall’alto
verso il basso.
66
67
70.000
bcfn
bcfn
water
footprint
ecological
footprint
19.525
CARNE BOVINA
10.000
OLIO
9650
CARNE AVICOLA
YOGURT
Legenda
1280
PANE
valore medio
555
ORTAGGI DI STAGIONE
335
0
13
BISCOTTI
13
11
RISO
920
PATATE
13
PASTA
5
4000
6000
8000
15.000
26.000
L’impronta idrica quantifica i consumi e le modalità di utilizzo delle risorse idriche, ed è misurata
in litri di acqua per chilogrammo o litro di alimento. Per ogni gruppo di alimenti il valore riportato
è quello medio dei dati raccolti, mentre la banda tratteggiata segna la distanza tra il valore minimo e
quello massimo. Se l’alimento preferibilmente si consuma cotto, è stato aggiunto l’impatto della cottura. La media determina l’ordine degli alimenti dall’alto verso il basso.
68
valore medio + cottura
cottura
min
max
8
5
PATATE
3
ORTAGGI DI STAGIONE
3
0
©BCFN foundation 2015
Legenda
8
PANE
FRUTTA
2000
Impronta ecologica degli alimenti
m2 globali per kg o litro di alimento
10
LATTE
930
CEREALI DA COLAZIONE
13
13
YOGURT
1090
FRUTTA
14
DOLCI
Impronta idrica degli alimenti
Litri di acqua per litro o kg di alimento
1325
LATTE
18
16
CEREALI DA COLAZIONE
1500
MARGARINA
19
UOVA
15
1710
PASTA
44
FRUTTA SECCA
LEGUMI
2075
BISCOTTI
1000
25
2410
DOLCI
2000
45
CARNE AVICOLA
2585
RISO
48
OLIO
2710
3160
LEGUMI
61
CARNE SUINA
4805
3260
UOVA
74
66
FORMAGGIO
50
5555
BURRO
4000
BURRO
6245
FRUTTA SECCA
79
MARGARINA
6260
FORMAGGIO
127
PESCE
7485
CARNE SUINA
5000
CARNE BOVINA
100
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
/
160
/
210
©BCFN foundation 2015
L’impronta ecologica calcola la capacità della terra di rigenerare le risorse e assorbire le emissioni, ed
è misurata in metri quadri globali per chilogrammo o litro di alimento. Per ogni gruppo di alimenti
il valore riportato è quello medio dei dati, mentre la banda tratteggiata segna la distanza tra il valore
minimo e quello massimo. Se l’alimento preferibilmente si consuma cotto, è stato aggiunto l’impatto
della cottura. La media determina l’ordine degli alimenti dall’alto verso il basso.
69
Il modello
della Clessidra
Ambientale
Il modello
della clessidra
Nel novembre 2013, COOP
Italia ha pubblicato il rapporto
sulla sostenibilità delle carni
bovine commercializzate con
il proprio marchio. In quell’occasione gli impatti ambientali
degli alimenti, calcolati usando
le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nazionali
italiane per una dieta sana ed
equilibrata, hanno permesso di
pubblicare per la prima volta la
clessidra ambientale, che rappresenta l’impatto ambientale
(Carbon Footprint) di una settimana di dieta mediterranea.
A partire dal 2012, parallelamente a questa iniziativa, un
gruppo di operatori del settore
zootecnico ha avviato il progetto Carni Sostenibili che ha
www.carnisostenibili.it
70
portato, nell’ottobre 2014, alla
pubblicazione di un rapporto
relativo alla sostenibilità delle
carni italiane e all’aggiornamento della clessidra ambientale.
Com’è fatta
la clessidra
La clessidra rappresenta il Carbon Footprint settimanale di una
persona che segue le indicazioni
della dieta mediterranea contenute nelle linee guida dell’INRAN. In esse si raccomanda di
limitare il consumo di carne
rossa a 2 porzioni da 70 grammi
(per un totale di 140 grammi)
alla settimana e si invita a un
consumo più frequente di pesce,
con 3 porzioni da 100 grammi
alla settimana. Inoltre, si consiglia il consumo di legumi secchi,
con 3 porzioni da 30 grammi (90
grammi alla settimana), attualmente poco presenti sulla tavola
degli italiani, e di 52 porzioni tra
pane biscotti, pasta, riso e patate.
La Doppia Piramide
e la Clessidra
sono in antitesi?
Entrambi i modelli valorizzano
la dieta mediterranea come abitudine alimentare sostenibile anche per l’ambiente.
La Doppia Piramide fornisce
gli impatti ambientali degli alimenti per chilogrammo che, se
moltiplicati per le quantità consumate, permettono di valutare
l’impatto ambientale di quanto
abbiamo consumato. Un maggiore consumo comporta di per
sé un maggiore impatto.
La clessidra ambientale parte
invece dal presupposto che siano seguite le indicazioni del
CRA-NUT (ex INRAN): questa impostazione è ovviamente
valida quando le quantità suggerite vengono rispettate (nello specifico, non più di 140
grammi di carne alla settimana), cosa che purtroppo non
sempre accade, rischiando di
sottostimare gli impatti.
bcfn
diete sostenibili:
UNA SOLUZIONE
al cambiamento
climatico
Dal campo alla tavola: combinare la tutela dell’ambiente, la corretta nutrizione
e lo sviluppo economico del territorio, lungo tutta la filiera agroalimentare
La sostenibilità implica un equilibrio durevole nel
tempo su più fronti: ambientale, sociale ed economico. È proprio questo che ha portato da una parte
la FAO a sviluppare una definizione più ampia di
dieta sostenibile, dall’altra il BCFN ad approfondire gli impatti ambientali degli alimenti.
Cosa sono le diete
sostenibili?
Nel novembre 2010, la FAO ha organizzato insieme a Bioversity International un simposio scientifico internazionale dal titolo “Biodiversità e diete
sostenibili: uniti contro la fame”.
Il convegno ha riunito i maggiori studiosi
dell’argomento per definire cosa si intende per
“dieta sostenibile” in relazione ad accesso al
cibo e biodiversità.
72
Nei primi anni Ottanta con questo termine ci si
riferiva all’insieme delle raccomandazioni alimentari in grado di rendere l’ambiente e le persone più
sani. Successivamente, l’obiettivo primario di nutrire un mondo affamato ha tolto attenzione alla
sostenibilità, portando a trascurare il concetto di
“diete sostenibili” per molti anni45.
Con il crescere del degrado ambientale e della
riduzione della biodiversità e con una produzione agricola che in molte zone del mondo ha un
impatto eccessivo sull’ecosistema, però, abbiamo
assistito a una rinnovata attenzione per la sostenibilità agroalimentare in tutte le sue forme,
comprese le diete.
Pertanto, la comunità internazionale ha riconosciuto l’esigenza di trovare una definizione e una
serie di principi guida per le diete sostenibili.
73
Fonte: FAO, 2010
Questa è la definizione presentata e approvata durante il simposio della FAO:
«Le diete sostenibili sono diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare
e nutrizionale, nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future. Le diete sostenibili concorrono
alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli
ecosistemi, sono culturalmente accettabili, economicamente eque e accessibili, adeguate, sicure e sane
sotto il profilo nutrizionale e, contemporaneamente,
ottimizzano le risorse naturali e umane».
Viene così riconosciuta l’interdipendenza tra la
produzione e il consumo di cibo, le esigenze alimentari e le raccomandazioni nutrizionali, ma al
tempo stesso si ribadisce il concetto che la salute
degli esseri umani non può essere slegata da quella
degli ecosistemi.
Per far fronte anche alle esigenze alimentari e nutrizionali di un mondo più ricco, più urbanizzato,
e con una popolazione in crescita, occorre che i sistemi alimentari subiscano trasformazioni radicali
verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse
e un consumo di cibo più equo.
Secondo la FAO le diete sostenibili possono ridurre l’utilizzo di acqua e minimizzare le emissioni di CO2, promuovere la biodiversità alimentare, valorizzare gli alimenti tradizionali e locali,
con le loro numerose varietà, ricche anche dal
punto di vista nutrizionale.
74
Per promuovere le diete sostenibili, la FAO considera necessario il coinvolgimento della società
civile e dei privati nei settori dell’agricoltura, della
nutrizione, della salute, dell’ambiente, dell’istruzione, della cultura e del commercio, sia dal lato
della domanda sia da quello dell’offerta.
La definizione di dieta sostenibile proposta dalla
FAO ne sottolinea così la natura multidimensionale, considerando le correlazioni esistenti tra le variabili alimentari, nutrizionali, ambientali, sociali,
politiche ed economiche46.
Rappresentazione schematica delle componenti chiave delle diete sostenibili.
Tra gli esempi di diete sostenibili la FAO cita in
particolare la dieta mediterranea, i cui pregi vanno
oltre gli aspetti nutrizionali, perché promuove l’interazione sociale attraverso la condivisione dei pasti (sia in casa sia durante le feste tradizionali)47. La
dieta mediterranea incorpora inoltre un concetto
relativamente nuovo: la diversità bioculturale, che
deriva dai numerosi modi in cui gli esseri umani
hanno interagito con il loro ambiente naturale48.
La loro co-evoluzione ha generato una conoscenza
ecologica locale: un serbatoio essenziale di esperienze, metodi e competenze che aiutano le comunità locali a gestire le proprie risorse.
Gussow e Clancy, 1968.
T. Lang, 2012.
47
Petrillo in FAO, 2010.
48
ibidem.
45
46
75
consumo
produzione
alimentare
agricoltura
Fonte: FAO, 2010
Aspetti
ambientali
Seguire pratiche
agricole sostenibili.
Favorire la resilienza
dei sistemi produttivi.
Sviluppare
e mantenere
la diversità.
Ridurre l’impatto
della produzione,
della trasformazione
e della commercializzazione.
Ridurre l’impatto
ambientale del
consumo alimentare.
Aspetti
nutrizionali
Aspetti
economici
Promuovere diverse
varietà di alimenti.
Sviluppare pratiche
di coltivazione
convenienti.
Produrre alimenti
ricchi di elementi
nutritivi.
Promuovere
l’autosufficienza
attraverso produzioni
locali.
Preservare
i nutrimenti lungo
la catena alimentare.
Promuovere una
dieta diversificata,
bilanciata e
stagionale.
Rafforzare i sistemi
alimentari locali.
Produrre cibo a
prezzi accessibili.
Promuovere
l’accessibilità
economica a una
dieta variegata.
Aspetti
socioculturali
Mantenere pratiche
agricole tradizionali
e promuovere le
varietà locali.
Produrre cibo
culturalmente
accettato.
Salvaguardare le
tradizioni alimentari
e la cultura.
Andare incontro
ai gusti e alle
preferenze locali.
Caratteristiche di un sistema alimentare sostenibile.
Anche alcuni studiosi dell’Istituto Agronomico
Mediterraneo di Montpellier e di quello di Bari49
sostengono che la dieta mediterranea tradizionale può essere considerata sostenibile per diversi aspetti. In primis, per la sua grande varietà di
alimenti che, di fatto, promuove la biodiversità.
Poi per la varietà di pratiche e tecniche di preparazione degli alimenti e per i numerosi cibi di cui
è stato dimostrato il beneficio sulla salute, come
olio d’oliva, pesce, frutta e verdura, legumi, latte
fermentato, spezie ecc. E infine per la forte eredità culturale e le tradizioni che ne fanno parte, per
il rispetto della natura umana e della stagionalità,
per la diversità dei paesaggi che contribuiscono
76
alla qualità della vita, e per essere una dieta a basso
impatto ambientale grazie al ridotto consumo di
prodotti animali.
La definizione di “dieta sostenibile” ne mostra la
natura multidimensionale: variabili agricole, alimentari, nutrizionali, ambientali, sociali, culturali
ed economiche interagiscono le une con le altre.
Si tratta di una combinazione che mette insieme la
protezione dell’ambiente, la nutrizione e lo sviluppo del territorio con gli aspetti economici e sociali
lungo tutta la filiera alimentare.
49
Padilla et al,. in FAO, 2010.
77
bcfn
I negoziati sul clima
e l’impegno
per una riduzione
delle emissioni
di gas serra
Il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori sfide ambientali che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi anni:
l’aumento delle temperature, lo
scioglimento dei ghiacciai, la
maggiore frequenza degli episodi metereologici estremi sono
tra i segnali che il clima del nostro Pianeta sta cambiando, e
con una rapidità mai registrata
prima. Gli scienziati sono d’accordo nel ritenere che all’origine di tali cambiamenti vi siano
le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’attività umana,
il cui costante aumento ha fatto
salire la temperatura globale.
I primi tentativi di creare una
strategia internazionale per
mitigare gli effetti del cambiamento climatico e porre un
78
freno all’aumento delle temperature risalgono ai primi
anni Novanta, in particolare
al 1992, quando venne firmata
la Convenzione delle Nazioni
Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCC), il primo trattato
ambientale internazionale per
la riduzione dei gas a effetto
serra e la mitigazione del cambiamento climatico. Da quel
momento le Nazioni firmatarie
si sono incontrate annualmente nella Conferenza delle Parti
(COP), per analizzare i progressi nell’affrontare il cambiamento climatico. A oggi l’esito più
noto di questa iniziativa è stato
il Protocollo di Kyoto, il trattato
che ha stabilito degli impegni
vincolanti per i Paesi sviluppati
per ridurre le loro emissioni di
gas serra. La COP 21, che si terrà a Parigi dal 30 novembre al
1 dicembre 2015, ha l’ambizioso
obiettivo di concludere, per la
prima volta, un accordo vincolante e universale sul clima, che
sia accettato da tutte le nazioni.
La COP 21 arriva in un momento di profonda incertezza
per quanto riguarda l’equilibrio
ecologico del nostro Pianeta.
Le stime della FAO prevedono
che, per soddisfare le esigenze
nutrizionali di un mondo che
nel 2050 sarà popolato da nove
miliardi e mezzo di abitanti, occorrerà incrementare la produzione di cibo del 70% rispetto
ai livelli attuali, migliorando le
rese e mettendo a coltura nuove
terre. E questo, se non si interverrà, provocherà un aumento
dell’80% di emissioni di gas serra50, andando ad aggravare una
condizione di già forte pressione sulle risorse naturali.
Per evitare l’aggravarsi della situazione e contrastare il
cambiamento climatico, molti Paesi hanno preso impegni
ed elaborato strategie di medio-lungo periodo per la riduzione delle proprie emissioni.
Molte di queste comprendono
anche azioni volte a migliorare
la sostenibilità e l’efficienza del
settore agroalimentare che, infatti, è responsabile di circa un
terzo delle emissioni provocate
dall’uomo, oltre a rappresentare una delle cause principali
di deforestazione, degrado del
suolo e perdita di biodiversità51. Per questo, anche se in ritardo rispetto ad altri comparti
dell’economia, il settore agroalimentare è stato coinvolto nelle
politiche per la lotta al cambiamento climatico.
L’Unione europea ha fissato nella “Roadmap to 2050” l’obiettivo di ridurre dell’80% le emissioni di CO2 prodotte dagli Stati
membri: un obiettivo ambizioso ma indispensabile per garantire un futuro sereno alle nuove
generazioni. Per raggiungerlo,
l’UE ha evidenziato la necessità
di costruire sistemi alimentari
più efficienti e sostenibili; ma
ciò non è sufficiente: occorrerà
anche modificare le nostre abitudini alimentari, cercando di
ridurre il consumo di proteine
animali e basare la nostra dieta
su alimenti a più basso impatto
ambientale52.
Un riconoscimento del ruolo
decisivo dei consumi alimentari nella lotta al cambiamento
climatico viene anche dal Dipartimento delle Politiche per
l’Energia e il Cambiamento
Climatico (DECC) del Regno
Unito. Nel report Prosperous
living for the world in 2050: insights from the Global Calculator il
DECC nel 2015 ha individuato
una serie di scenari per dimostrare che è possibile ridurre
l’aumento delle temperature
pur mantenendo un’elevata
qualità della vita53. Nel report,
gli autori valutano il potenziale
di riduzione di diverse azioni e
arrivano a definire le pratiche
quotidiane che la popolazione
mondiale dovrebbe adottare per
evitare un pericoloso aumento
della temperatura globale. Se
nel 2050 tutta la popolazione
mondiale adeguasse i propri
consumi alimentari a una dieta
basata su un apporto calorico di
2100 calorie giornaliere (di cui
solo 160 derivanti dal consumo di carne) – come suggerito
dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità –, sarebbe possibile risparmiare circa 15 gigatonnellate di CO2 equivalente, un
ammontare pari a un terzo di
quelle che sono state le emissioni globali di gas serra nel 201154.
Infine, di recente, anche l’Intergovernmental Panel on Climate
Change (IPCC) ha preso in esame le potenzialità espresse dalla
modifica dei consumi alimentari per la lotta al cambiamento
climatico, concludendo che i
comportamenti delle famiglie
giocano un ruolo fondamentale
per la riduzione delle emissioni
di gas serra55.
Bajželj et al., 2014.
Garnett, 2014.
52
European Commission, 2011.
53
Department for Energy and Climate
Change, 2015.
54
ibidem.
55
IPCC, 2014, capitolo 11: Agriculture,
Forestry and Other Land Use (AFOLU).
50
51
79
La maggior parte delle persone è consapevole che
l’utilizzo di mezzi di trasporto, il riscaldamento degli edifici e l’utilizzo di energia elettrica, emettendo gas a effetto serra, sono responsabili del cambiamento climatico. Su di essi ognuno può facilmente
agire con piccoli gesti quotidiani: spegnere le luci
nelle stanze vuote, abbassare la temperatura, andare al lavoro a piedi o in bicicletta, e così via.
Lo studio ha rilevato che il comparto di alimenti e
bevande determina circa il 30% dell’impatto ambientale sul totale di tutti gli indicatori considerati,
una quota di poco inferiore a quella rappresentata
dal riscaldamento degli edifici (35%). Il settore dei
trasporti è il terzo maggiore contribuente, determinando il 15% degli impatti totali.
È invece meno noto che in Occidente il consumo di
alimenti provochi circa il 30% delle emissioni, una
percentuale superiore a quella generata dall’intero
settore sia dei trasporti sia della produzione elettrica, tanto che il cibo finisce per rappresentare una
delle principali cause del cambiamento climatico.
Se consideriamo però come unico indicatore
le emissioni di gas a effetto serra, la situazione
si inverte: in questo caso è il cibo a contribuire
maggiormente al cambiamento climatico (31%),
superando di gran lunga il riscaldamento (23,6%)
e le diverse modalità di trasporto (18,5%).
Nel 2006, alcuni ricercatori56 hanno effettuato uno
studio sull’impatto ambientale dei prodotti e servizi di uso comune nell’Unione europea.
La ricerca, che ancora oggi è citata come una tra le
più autorevoli in materia, ha adottato un approccio
sistemico alla misurazione, prendendo in considerazione 12 comparti di beni e servizi e 8 indicatori
di pressione ambientale, tra cui emissioni di gas a
80
56
Tukker e Jansen, 2006.
Fonte: Elaborazione BCFN su Tukker et al, 2006
Consumi alimentari
e cambiamento climatico
effetto serra, eutrofizzazione, acidificazione delle
acque e riduzione dello strato di ozono dell’atmosfera.
12,4% carne e derivati
18%
trasporti
24%
riscaldamento
CO2 eq
31%
5,1% latticini
alimenti
1,9% prodotti ortofrutticoli
1,4% cereali/pane
1,3% oli e grassi
27%
1,8% bevande
1% snack dolci e salati
0,6% pesce
altri settori
5,6% altro
*dati arrotondati
Settori determinanti le emissioni di gas serra delle famiglie europee.
Un ruolo preponderante è quello del consumo di
carne, che rappresenta circa il 12% delle emissioni
complessive. I prodotti lattiero-caseari concorrono al 5% delle emissioni di CO2, mentre i prodotti
ortofrutticoli, compresi quelli surgelati, danno un
apporto di circa il 2%. Infine, il consumo di cereali
e derivati (sfarinati, pane, paste alimentari, prodotti da forno ecc.) influisce per poco più dell’1%
sul totale delle emissioni complessive.
Riassumendo, a livello aggregato i nostri consumi alimentari hanno un forte impatto sull’ambiente, addirittura più alto rispetto ad altri settori
(come quello dei trasporti) che tradizionalmente sono identificati come i più “inquinanti”.
Resta da valutare se, scegliendo giudiziosamente
cosa mangiare, possiamo ridurre questo impatto. È
la domanda alla quale i menu del BCFN, illustrati
di seguito, tentano di rispondere.
81
bcfn
DI QUANTO possiamo ridurre
IL NOSTRO IMPATTO CAMBIANDO DIETA?
L’IMPATTO AMBIENTALE
DELLE DIETE
-50% di CO2 eq
Adottando una dieta vegana
35 STUDI SCIENTIFICI PUBBLICATI
NEGLI ULTIMI 12 ANNI
-25% di CO2 eq
Adottando una dieta vegetariana
Meier & Christen 2013
Più dei 2/3 pubblicati in EU
e USA a partire dal 2011.
Gli studi concordano nel dire
che una dieta varia
e prevalentemente vegetale
fa bene alla salute.
-25% di CO2 eq
13
Adottando una dieta LiveWell for
LIFE, rispettosa delle abitudini e
delle tradizioni alimentari della
popolazione
Mac Diarmid et al. 2012; Thompson et al., 2013
10
-23% di CO2 eq
6
Seguendo le linee guida alimentari nazionali
4
Thorsen et al., 2013
2
-750kg di CO2 eq
2002
2005 2006
2008 2009 2010
2011
2012
2013
Elaborazione BCFN su dati:
Auestad et al. 2015, Tillman & Clark 2015; Van Doreen et al. 2013, Thorsen et al. 2012, Jordbruksverket 2013.
82
2014
All’anno a persona mangiando sano
Pari a percorrere 5600 km con un’auto di
media cilindrata, ossia un viaggio a/r da
Milano a Mosca
Elaborazione BCFN su dati Jordbruksverket 2013
©BCFN foundation 2015
83
Cambiare dieta può fare la
differenza?
I menu del BCFN
Per rendere semplici e “operativi” i concetti di
sostenibilità della dieta, il BCFN ha predisposto
una serie di menu equivalenti dal punto di vista
nutrizionale (quindi tutti bilanciati in proteine,
carboidrati e grassi) ma diversi nella scelta degli
ingredienti che forniscono i necessari nutrienti, in
particolare le proteine.
Questi menu, che possono essere settimanali o
giornalieri, vengono regolarmente utilizzati nelle
pubblicazioni BCFN per stimare gli impatti ambientali delle scelte che le persone possono fare,
con il database della Doppia Piramide.
Si è deciso di proporre alcune semplici elaborazioni utili a comprendere quanto le diverse scelte dei
consumatori incidano sull’ambiente, per verificare
se e quanto i modelli di alimentazione equilibrati
per loro siano sostenibili anche per l’ambiente57.
Si ricorda che è bene evitare il semplice confronto
diretto tra due alimenti, ed è preferibile un’elaborazione che si basi sull’insieme delle portate (in
termini di quantità e tipologie) consumate in una
giornata o in una settimana.
Come si può notare, il menu vegano e quello vegetariano hanno un impatto pressoché simile. Il
menu con carne, invece, ha un impatto mediamente due volte superiore rispetto a quello vegetariano: un peso rilevante sull’impatto quotidiano
di una persona.
Sulla base di questi dati si può calcolare la riduzione degli impatti ambientali di un individuo semplicemente modificando le sue abitudini alimentari.
Prendendo come esempio l’alimentazione di una
persona per una settimana, si possono ipotizzare
tre diversi regimi alimentari in base a quante volte
si opta per un menu vegetariano al posto di uno di
carne. Limitando la carne a sole due volte alla settimana, in linea con le raccomandazioni dei nutrizionisti, si possono “risparmiare” anche 10 metri
quadri globali al giorno.
Il menu giornaliero
Per stimare in quale misura le scelte alimentari dei
singoli incidono sull’impatto ambientale sono stati
analizzati tre differenti menu giornalieri, equilibrati da un punto di vista nutrizionale, sia in termini di apporto calorico sia di nutrienti.
Nel primo (menu vegano) le proteine sono unicamente di origine vegetale: sono pertanto esclusi
qualsiasi tipo di carne e di derivati animali (come
latticini e uova). Nel secondo, (menu vegetariano) è esclusa la carne, ma è previsto il consumo di
latticini e uova. Il terzo, infine (menu con carne)
è onnivoro, con proteine prevalentemente di origine animale58.
84
Questa elaborazione è da ritenersi puramente indicativa e si basa
su alcune delle scelte alimentari prese come esempio dal BCFN per
le valutazioni relative agli impatti ambientali.
58
Per il dettaglio delle ricette utilizzate nei menu si veda il
documento tecnico di supporto.
57
85
IMPATTO
Menu Vegetariano
17,3 global m
2549 g CO
2793 litri
Menu Vegetariano
2016
kcal totali
2
2
eq
proteine
Grassi
carboidrati
14%
32%
55%
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
1 Bicchiere di latte
5 Fette biscottate
Marmellata
1 Frutto
1 Pacchetto
di Cracker
1 Porzione di
Casarecce Siciliane
con finocchietto
Sformato di zucca
e porri
1 Porzione di
ortaggi crudi
Olio
Pane
1 Frutto
1 Porzione di
crema di ceci
1 Porzione di
Fagiolini e patate
al vapore con
scaglie di grana
1 Frutto
2,2 global m2
338 g CO2 eq
348 litri
0,7 global m2
108 g CO2 eq
172 litri
4,2 global m2
766 g CO2 eq
668 litri
0,5 global m2
74 g CO2 eq
140 litri
9,7 global m2
1.262 g CO2 eq
1466 litri
Composizione di un menu vegetariano e relativi impatti ambientali.
IMPATTO
Menu VEGANO
13,2 global m
1891 g CO eq
2496 litri
Menu VEGANO
2109
IMPATTO
Menu con carne
30,9
5803
4672
2
proteine
13%
Grassi
30%
carboidrati
58%
kcal totali
global m2
g CO2 eq
litri
proteine
Grassi
carboidrati
15%
27%
58%
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
Colazione
Spuntino
Pranzo
Spuntino
Cena
1 Bevanda di soia
5 Fette biscottate
Marmellata
1 Frutto
1 Pacchetto
di Cracker
1 Porzione pasta
e fagioli
1 Porzione
di ortaggi crudi
Olio
1 Frutto
1 Frutto
Mandorle
1 Porzione Crema
di verdure & Risoni
1 Porzione
Hummus di ceci
Olio
Pane
1 Bicchiere di latte
5 Fette biscottate
Marmellata
1 Frutta
1 Pizza pomodoro
e mozzarella
1 Porzione di
ortaggi crudi
Olio
1 Frutto
1 Filetto di manzo
Olio
1 Porzione di
insalata rucola e
pomodori
1 Frutto
Pane
0,6 global m2
212 g CO2 eq
151 litri
0,7 global m2
108 g CO2 eq
172 litri
5,1 global m2
575 g CO2 eq
913 litri
1,1 global m2
131 g CO2 eq
327 litri
5,7 global m2
864 g CO2 eq
934 litri
2,2 global m2
338 g CO2 eq
348 litri
0,5 global m2
74 g CO2 eq
140 litri
6,6 global m2
1.129 g CO2 eq
697 litri
0,5 global m2
74 g CO2 eq
140 litri
21 global m2
4.187 g CO2 eq
3349 litri
Composizione di un menu vegano e relativi impatti ambientali.
86
2031
kcal totali
2
Menu con carne
Composizione di un menu con carne e relativi impatti ambientali.
87
7 gg menu con carne
5 gg vegetariano + 2 gg carne
7 gg vegetariano
50.000
35.000
250
32.700
45.000
215
30.000
40.620
40.000
200
25.000
35.000
30.000
23.300
150
150
19.550
20.000
24.400
25.000
120
15.000
20.000
100
17.840
15.000
10.000
10.000
50
5000
5000
0
0
Carbon Footprint
[gCO2eq/settimana]
0
water Footprint
[litri/settimana]
ecological Footprint
[global m2/settimana]
IMPATTO SETTIMANALE
IMPATTO GIORNALIERO
Carbon
Footprint
[gCO2eq]
Water
Footprint
[litri]
Ecological
Footprint
[global m2]
Carbon
Footprint
[gCO2eq]
Water
Footprint
[litri]
Ecological
Footprint
[global m2]
40.620
32.700
215
5800
4670
30
menu
con carne
7
volte
5
menu
vegetariano
volte
7
+
2
volte
Il menu settimanale
menu
con carne
24.400
23.300
150
3500
3300
20
17.840
19.550
120
2550
2790
15
menu
vegetariano
volte
*Nota: eventuali discordanze tra i valori sono dovute ad arrotondamenti effettuati per permettere una migliore comprensione.
Come varia l’impatto ambientale in funzione delle scelte alimentari: il primo è calcolato supponendo per l’intera settimana il solo
consumo del menu con una portata di carne; in questo intermedio per due giorni viene seguito il menu con una portata di carne
e per cinque giorni viene seguito il menu vegetariano; il terzo contempla il solo consumo del menu vegetariano.
88
L’analisi dei diversi menu giornalieri, come visto,
conferma che l’impatto ambientale della nostra
alimentazione può variare, anche in modo significativo, a seconda di quello che mettiamo nel piatto. Partendo da questa considerazione, il BCFN ha
deciso di analizzare gli impatti di quattro menu
settimanali, anche questi equilibrati dal punto
di vista nutrizionale e con un contenuto calorico
equivalente. Il menu sostenibile BCFN comprende sia la carne (prediligendo quella bianca) sia il
pesce, ma prevede un consumo bilanciato di proteine di origine vegetale e animale. Nel menu ve-
getariano sono esclusi carne e pesce, e le fonti proteiche sono di origine vegetale (legumi) mentre
quelle di origine animale derivano da formaggio,
latticini in generale e uova. Nel menu vegano sono
escluse tutte le fonti proteiche di origine animale
(anche uova e formaggi). Infine, il menu con carne
contempla un consumo più cospicuo di proteine
di origine animale59.
59
Per il dettaglio delle ricette utilizzate nei menu si veda il
documento tecnico di supporto.
89
1. MENU VEGANO
1 Porzione
di frutta
270
352
1 Porzione
150
di frutta
335
230
270
1 Pacchetto 30
di Cracker
150
2 Fette
biscottate
16
1 Porzione 150 1 Porzione
di frutta
di frutta
150
180
275
200 Olio
Olio
10
508
1 Bicchiere
di Frullato
1 Porzione
200
di frutta
di Frutta secca
e latte di soia
1 Porzione
di frutta
200
Minestrone 250
141
192
80
10
282
30
150
150 Spinaci
2 Fette
di pane
integrale
50
Olio
20
150
Olio
10
50
Olio
10
2 Fette
biscottate
150
216
150
Frittata
260 di ceci
ai carciofi
Pizza
marinara
181 con
verdure
miste
520
125
280
270
550
150
150
Bruschette
al pomodoro
243
310
Hummus
di ceci
190
50
Pinzimonio
200
Fagioli borlotti 150
2 Fette
di pane
integrale
50
Olio
10
1 Porzione
di frutta
150
Olio
Olio
10
TOTALE
595
520
2 Fette
di pane
integrale
4 Fette
32
biscottate
MARTEDÌ
1 Tazza
di latte
g
1 Porzione
di frutta
MERCOLEDÌ
1 Bicchiere
200 di spremuta
di agrumi
2 Fette
di pane
50
integrale
2 Cucchiaini
di
20
marmellata
382
1 Bicchiere
1 Vasetto
di Frullato
200 di Yogurt
di frutta
magro
e latte
1 Brioche
270
g
GIOVEDÌ
212
1 Porzione
150
di frutta
1 Bicchiere
di Frullato
di frutta
e latte
g
200
1 Tazza
di latte
50
6 Biscotti
30
secchi
250
200
VENERDÌ
g
1 Bicchiere
di Frullato
200
di frutta e
latte
1 Brioche
230
50
1 Vasetto
di Yogurt
magro
125
1 Pacchetto
30
di Cracker
1 Vasetto
di Yogurt
magro
150
2 Fette
biscottate
16
1 Porzione
150
di frutta
1 Porzione
150
di frutta
10
273
625
282
200
1 Pacchetto
30
di Cracker
Olio
180
1 Vasetto
di Yogurt
magro
125
g
125
2 Fette
di pane
50
integrale
2 Cucchiaini
di
20
marmellata
1 Porzione
150
di frutta
275
520
683
g
1 Brioche
50
1 Porzione
di frutta
150
195
200
1 Vasetto
di Yogurt
magro
125
125
150
Pasta
e fagioli
303
Omelette
alle erbe
150
Spinaci
200
Ortaggi
Finocchi
200
misti crudi
al gratin
270
50
Olio
10
2 Fette
di pane
integrale
50
10
513
Olio
10
20
420
1 Porzione
150
di frutta
1 Porzione
di frutta
1 Pacchetto
30
di Cracker
76
Pasta al ragu
280
di lenticchie
Olio
513
336
1 Bicchiere
di Frullato
1 Porzione
1 Porzione
200
150
di frutta
di frutta
di frutta
e latte
2 Fette
biscottate
150
TOTALE 180
200
180
Crema
di fagioli
Farfalle
rossi con 335 Minestrone 250 in Crema
280
crostini
di Verdure
alle erbe
Insalata verde
Peperoni 200 Caprese
di pomodoro 335 con
170
alla griglia
e mozzarella
mozzarelline
260
Asparagi
alla
Bismarck
155
Rucola e 200
pomodori
Patate
fagiolini
al vapore
310
Hummus
di ceci
190
2 Fette
di pane
50
integrale
2 Fette
di pane
integrale
50
2 Fette
di pane
integrale
50
Pinzimonio
200
Olio
10
2 Fette
di pane
integrale
50
Olio
10
2 Fette
di pane
integrale
50
1 Porzione
di frutta
150
Olio
20
180
560
16
Zuppa
di piselli
con
minestra
216
150
150
Pizza
margherita 361
Bruschette 243
al pomodoro
2 Fette di pane
50
integrale
541
DOMENICA
200
1 Porzione
30
di Frutta secca
150
SABATO
250
125
TOTALE 200
275
141
Spaghetti
Penne
Insalata
Risotto
integrali
al pomodoro
mista con
112
220 con le mele
183
cacio
fresco
pomodori
e parmigiano
e pepe
e basilico
e cetrioli
Ortaggi
Tortino
Zucchine
misti
80 patate
195
80 Ceci
al prezzemolo
crudi
e spinaci
2 Fette
Finocchi
Olio
20
200 Olio
10
di pane
crudi
integrale
TOTALE
Patate
Rucola
200 fagiolini
e pomodori
al vapore
50
200
1 Porzione
150
di frutta
16
180
2 Fette
di pane
integrale
1 Tazza
di latte
g
Olio
513
430
1 Bicchiere
1 Porzione
di Frullato
1 Porzione
1 Porzione
150
200
150
di frutta
di frutta e
di frutta
di frutta
latte di soia
1 Pacchetto
30
di Cracker
30
125
420
50
520
1 Porzione
1 Vasetto
125 di frutta
150 di Yogurt
di soia
2 Fette
di pane
integrale
LUNEDÌ
180
Ceci
2 Fette
di pane
integrale
665
1 Vasetto
di Yogurt
di soia
195
Finocchi
200 Ortaggi
misti crudi 200 al gratin
Insalata verde
10
DOMENICA
Polpette
fagioli 170 Pasta al ragu
303 di
rossi
di lenticchie
con piselli
Zuppa
di piselli
280
con
minestra
80
g
Insalata
mista
Pasta
con cetrioli 200 e fagioli
e pomodori
180
Farfalle
in Crema
di Verdure
SABATO
COLAZIONE
g
125
Peperoni
Ceci
200
215
alla griglia
al pomodoro
90
VENERDÌ
1 Bicchiere
Frullato 200 1diVasetto
Biscotti
200 di
Yogurt 125 6
di frutta e
secchi
di
soia
latte di soia
2 Fette di
2 Fette
30 pane
50 di pane
50 1diPorzione
frutta
integrale
integrale
2
2 Cucchiaini
di
20 Cucchiaini
20
di
marmellata
marmellata
1 Vasetto
di Yogurt
di soia
Finocchi
crudi
180
20
g
125
1 Pacchetto
30
di Cracker
TOTALE
Crema
di fagioli
rossi con
crostini
alle erbe
6 Biscotti
secchi
270
TOTALE 200
275
Spaghetti
Penne
integrali
con
pomodoro 220 Risotto
con
262 al
mele
fresco
broccoli
e mandorle
e basilico
e pinoli
Frittata
Zucchine
Ortaggi
di farina
78
80
al prezzemolo
misti crudi
di ceci
alle erbe
10
1 Tazza
200 di Latte
di soia
2 Fette di pane 50
integrale
2 Cucchiaini
di marmellata
GIOVEDÌ
SPUNTINO
2 Cucchiaini
di
20
marmellata
50
g
PRANZO
1 Porzione 150
di frutta
TOTALE 382
1 Bicchiere
di Frullato
1 Vasetto
di frutta 200 di Yogurt
e latte
di soia
di soia
MERCOLEDÌ
1 Bicchiere
200 di spremuta
di agrumi
2 Fette
di pane
integrale
TOTALE
SPUNTINO
1 Tazza
200 di Latte
di soia
g
4 Fette
biscottate 32
Olio
CENA
MARTEDÌ
SPUNTINO
1 Tazza
di Latte
di soia
g
CENA
PRANZO
SPUNTINO
COLAZIONE
LUNEDÌ
2. MENU VEgetariano
TOTALE
585
785
470
520
515
361
693
91
3. MENU sostenibile BCFN
g
VENERDÌ
g
SABATO
g
DOMENICA
g
1 Tazza
di latte
1 Bicchiere
200 di spremuta
di agrumi
200
1 Bicchiere
1 Tazza di
di Frullato
200
200
latte
di frutta
e latte
1 Vasetto
di Yogurt
magro
125
1 Brioche
50
4 Fette
biscottate
32
2 Fette
di pane
integrale
50
50
6 Biscotti
30
secchi
2 Fette
di pane
integrale
50
1 Porzione
di frutta
150
125
1 Pacchetto 30
di Cracker
1 Vasetto
di Yogurt
magro
Fette
150 2biscottate
16
1 Porzione 150
di frutta
1 Porzione 150
di frutta
200
275
141
180
275
112
Penne
Cotoletta
al pomodoro 220 di Tacchino
fresco
con Salvia
e basilico
e Limone
315 Zucchine
al prezzemolo 80
1 Fetta di Pane 50
integrale
10
202
1 Porzione 150
di frutta
115
535
1 Bicchiere
di Frullato
di frutta
e latte
50
Sformato
di Zucca
e Porri
Straccetti
di pollo
con verdure 370
miste
Olio
20
125
150
1 Porzione 150
di frutta
275
Omelette
alle erbe
76
Bietoline
e patate
al vapore
300 Ortaggi
misti crudi
2 Fette
di Pane
integrale
50
Olio
10
80
Ortaggi misti
crudi
50
Carpaccio
di manzo, 265
rucola e
pomodorini
2 Fette
di Pane
integrale
50
Prosciutto
50
Olio
Olio
10
2 Fette di pane 50
integrale
92
125
Branzino
al Forno
160
360
570
1 Porzione 150
di frutta
200 1diPorzione
frutta
1 Pacchetto 30
di Cracker
2 Fette
biscottate
16
180
Crema di
ceci
310
Pizza
margherita
150
216
150
361
Fagiolini
e Patate
al vapore 310
con Scaglie
di Grana
10
200 1diTazza
latte
4 Fette
biscottate
32
112
MERCOLEDÌ
1 Bicchiere
200 di spremuta
di agrumi
1 Brioche
g
200 1diTazza
latte
50
270
250
1 Vasetto
125 di Yogurt
magro
125
g
1 Bicchiere
Frullato 200
200 di
di frutta
e latte
6 Biscotti 30
secchi
4 Fette
biscottate
32
275
Penne
al pomodoro 220 Involtini
bresaola
fresco
e stracchino
e basilico
Insalata
225 con finocchi
e carote
535
76
Hummus
di ceci
190
Bietoline
e patate
al vapore
300 Ortaggi
misti crudi
Pinzimonio
50
2 Fette
pane
integrale
50
2 Fette
di pane
integrale
50
Olio
10
Pasta e
fagioli
230
1 Porzione
di frutta
150
232
195
Pasta con
i broccoli
50
Polpette
di manzo
con piselli
160
Sformato
200 di zucca
e porri
178
2 Fette
pane
integrale
468
1 Vasetto
di Yogurt
125
125
365
1 Porzione 150
di frutta
1 Pacchetto 30
di Cracker
150
180
125
Farfalle
303 in Crema
di Verdure
Zuppa
280 di verdure 270
e riso
Carpaccio
di manzo, 265
rucola e
pomodorini
Involtini
di manzo
alla salvia
125
2 Fette pane 50
integrale
Spinaci
200 Olio
Olio
Olio
10
20
Crema
di ceci
1 Porzione 150
di frutta
620
361
543
1 Vasetto
di Yogurt
magro
125
112
Ortaggi
misti crudi 50
Peperoni
alla griglia
200
Olio
Olio
10
10
420
1 Bicchiere
di Frullato 200 1 Porzione
di frutta
di frutta
e latte
2 Fette
biscottate
436
443
615
711
150
16
180
216
150
310
Pizza
Margherita 361
Bruschette 243
al pomodoro
Fagiolini
e Patate
al vapore 310
con Scaglie
di Grana
Hummus
di ceci
190
Olio
Pinzimonio
200
10
2 Fette pane 50
integrale
Olio
totale
125
Costolette
d'agnello
10
545
200
315
Pasta
al ragù
200
10
50
100
200 1diPorzione
Frutta secca 30
80
2 Fette
pane
integrale
Gnocchi
200 di patate
389
al pomodoro
360
1 Porzione
di frutta
Omelette
alle erbe
50
150
10
Bruschette 243
al pomodoro
1 Brioche
275
Olio
180
125
Salmone
290 con pure
di carciofi
Olio
totale
1 Vasetto
di Yogurt
180
50
1 Pacchetto 30
di Cracker
g
141
2 Fette pane
integrale
1 Bicchiere
di Frullato
di frutta
e latte
DOMENICA
1 Porzione 150
di frutta
Zucchine
al
80
prezzemolo
202
g
1 Porzione 150
di frutta
Fette biscot- 16
150 2tate
10
SABATO
1 Vasetto
di Yogurt
magro
Olio
1 Porzione 150
di frutta
VENERDÌ
1 Pacchetto 30
di Cracker
Arrosto
di vitello
totale
g
2 Cucchiaini
di
20
marmellata
Ortaggi
misti crudi 80
10
GIOVEDÌ
2 Cucchiaini
di
20
marmellata
1 Porzione
di frutta
200
g
2 Fette pane 50
integrale
totale
382
1 Bicchiere
di Frullato 200 1diVasetto
Yogurt
di frutta
magro
e latte
10
639
1 Bicchiere
di Frullato
di frutta
e latte
MARTEDÌ
1 Tazza
di latte
totale
Spaghetti
integrali
cacio
e pepe
Gnocchi
200 di patate
389
al pomodoro
10
440
125
Ortaggi misti 80
crudi
405
1 Vasetto
di Yogurt
magro
Zuppa di
280 verdure e 270
riso
443
1 Vasetto
di Yogurt
magro
Olio
180
436
178
200
150
2 Fette
di Pane
integrale
Farfalle
303 in Crema
di Verdure
TOTALE
150
Pasta con
i broccoli
200
Olio
1 Porzione
di frutta
Casarecce
con sarde
183
e finocchietto
180
Pasta
e fagioli
125
195
Caprese di
pomodoro e 335
mozzarella
255
1 Porzione
di frutta
232
10
200 1diPorzione
Frutta secca 30
1 Pacchetto 30
di Cracker
230
g
1 Porzione 150
di frutta
SPUNTINO
1 Vasetto
125 di Yogurt
magro
Salmone
con pure
di carciofi
LUNEDÌ
2 Cucchiaini
20
di marmellata
Olio
TOTALE
32
250
Ortaggi
misti crudi 80
TOTALE
4 Fette
biscottate
270
1 Porzione
di frutta
Olio
1 Brioche
2 Cucchiaini
20
di marmellata
TOTALE
382
1 Bicchiere
di Frullato 200 1diVasetto
Yogurt
di frutta
magro
e latte
Spaghetti
integrali
cacio
e pepe
SPUNTINO
GIOVEDÌ
200
TOTALE
CENA
g
COLAZIONE
MERCOLEDÌ
PRANZO
SPUNTINO
g
1 Tazza
di latte
1 Porzione
150
di frutta
PRANZO
MARTEDÌ
SPUNTINO
g
CENA
COLAZIONE
LUNEDÌ
4. Menu con proteine animali
555
630
361
10
693
93
kg CO2 eq / settimana
35
30
global m2 / settimana
250
29
200
19
25
20
140
150
15
15
170
12
Carbon
10
100
100
80
Footprint
ecological
Footprint
50
5
Menu
con carne
Menu
sostenibile
BCFN
Menu
vegetariano
Menu
con carne
Menu
vegano
Carbon Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
25.000
20.000
17.300
16.100
15.000
13.800
water
10.000
Footprint
5000
Menu
con carne
Menu
sostenibile
BCFN
Menu
vegetariano
Menu
vegano
Menu
vegetariano
Menu
vegano
Ecological Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
litri / settimana
25.300
Menu
sostenibile
BCFN
Tra il menu sostenibile BCFN e quello vegetariano le differenze sono limitate, mentre il menu con
carne presenta valori decisamente più elevati. Al
contrario, il menu vegano è quello associato al minore impatto ambientale: questo risultato è concorde con molte ricerche scientifiche, che hanno
dimostrato i benefici ambientali di una dieta esclusivamente vegetale(60-64).
Ciononostante, secondo alcuni studiosi la dieta
vegana non può essere considerata una dieta “sostenibile” secondo l’accezione data dalla FAO, in
quanto la sostenibilità dipende non solo dall’impatto ambientale ma anche da una serie di altri fattori, tra i quali l’accettabilità culturale e la capacità
di assimilare tramite gli alimenti tutti i nutrienti
necessari a mantenersi in buona salute.
Sebbene una dieta vegana possa essere bilanciata dal punto di vista nutrizionale, la sua adozione richiede una serie di accorgimenti e co-
noscenze che potrebbero renderla difficilmente
accettabile ai più.
Inoltre, questo regime richiede molta attenzione
nella preparazione dei singoli pasti, per evitare che
a lungo andare insorgano carenze nutritive.
Una dieta di tipo mediterraneo (come quella definita nel menu sostenibile BCFN) potrebbe essere
l’alternativa perfetta per coloro che vogliono stare
attenti alla propria salute e a quella dell’ambiente,
senza rinunciare ad alcun alimento o modificare
troppo le proprie abitudini.
60-64
Tilman e Clark, 2014; Sáez-Almendros et al., 2014; Westhoek et
al., 2014; Van Dooren et al., 2014; Baroni et al., 2006; Van Dooren
et al., 2014.
Water Footprint dei quattro differenti menu analizzati, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
94
95
bcfn
Praticare la sostenibilità:
Cambiare dieta
o usare meno l’auto?
66
Ciò che decidiamo di mettere nel piatto
influenza, oltre alla nostra salute, anche quella
dell’ambiente. Ma cosa vuol dire, in sostanza,
ridurre la nostra impronta di carbonio di 10,
30, 60 chilogrammi al mese? Per dare un’idea
immediata, può essere utile confrontare i risultati
delle nostre elaborazioni con le variazioni di CO2
che si otterrebbero applicando varie altre misure
di risparmio ambientale, magari più note a tutti:
il minore uso dell’auto, un consumo più parco
dell’energia elettrica, ecc.
Si consideri ad esempio che:
• se una persona non mangiasse carne per due
giorni a settimana, si avrebbe un risparmio
di 310 chilogrammi di CO2 all’anno, pari alla
CO2 emessa guidando un’automobile per
2400 chilometri (equivalente alla tratta Roma-Siviglia, in Spagna);
• se una famiglia di quattro persone adottasse per un intero anno un menu sostenibile,
come quello consigliato dal BCFN, si otterrebbe un risparmio di 3,7 tonnellate, pari alla
CO2 emessa guidando 25.950 chilometri o al
consumo biennale di gas della stessa famiglia;
• se tutti i cittadini italiani non mangiassero
carne per un giorno la settimana, si avrebbe
un risparmio totale annuo di 197.550 tonnel-
96
late di CO2, pari al consumo elettrico di quasi
105.000 famiglie o a 1,5 miliardi di chilometri in auto. Praticamente, un piatto di carne
in meno alla settimana permetterebbe, in un
anno, di togliere dalla strada 3 milioni e mezzo di auto67.
Da questo confronto, si capisce bene quanto il
cambiamento delle nostre abitudini alimentari sia
più potente rispetto agli altri accorgimenti applicabili. Infatti, se modificare il consumo di alcuni
prodotti (come per esempio le tipiche fonti di proteine animali) lungo la settimana è un’opzione alla
portata di tutti, rinunciare al riscaldamento o alla
macchina non sempre potrebbe essere possibile.
Se consideriamo poi che il cambiamento di dieta
non ha solo ripercussioni positive sulle emissioni
di CO2, ma anche sulla scarsità di acqua, l’utilizzo
di terreno e, non per ultimo, sulla nostra salute, è
facile comprendere che adottare una dieta sostenibile porta tanti vantaggi, senza costi.
66
Elaborazioni BCFN effettuate sulla base dei dati degli impatti
ambientali dei menu giornalieri, descritti nel capitolo 5. Per i
dettagli si veda il documento tecnico di supporto.
67
Elaborazione BCFN considerando un’automobile che percorre
in media 20.000 chilometri all’anno (dato: US Department of
transportation).
97
bcfn
IL COSTO DELLE
DIETE SOSTENIBILI
Mangiare sano non costa necessariamente di più.
Se si dedica la giusta attenzione alla scelta dei cibi
si può addirittura risparmiare
Come abbiamo visto, la sostenibilità implica un
equilibrio durevole nel tempo su più fronti; per
questo motivo, anche in questa edizione della
Doppia Piramide, il BCFN ha deciso di trattare
il tema in maniera articolata, integrando le variabili nutrizionali e ambientali con gli aspetti
economici.
In particolare, si è cercato di comprendere quanto incidano sul portafoglio le diverse scelte alimentari, in modo da verificare se le diete sane
per le persone e sostenibili per l’ambiente siano
anche economicamente accessibili. Secondo
98
molti studiosi, infatti, il prezzo (reale o percepito) è uno dei principali elementi che influenzano
gli acquisti alimentari: se si vuole promuovere
un’alimentazione sana e sostenibile per la popolazione, non si può prescindere dal considerarne
anche il costo68.
In queste pagine si approfondisce la questione del
costo della dieta sostenibile in diversi Paesi. In
Italia, l’analisi è stata condotta direttamente dal
BCFN utilizzando dati statistici ufficiali, mentre
negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti, si è
partiti dalla letteratura scientifica disponibile.
99
Menu giornalieri
MILANO
Fonte: Elaborazione da dati Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2015
NAPOLI
Il prezzo dei diversi menu
in Italia
Sulla base dei menu usati per le valutazioni degli
impatti ambientali, si è deciso di proporre alcune
elaborazioni utili a comprendere come le scelte
delle persone influenzino il loro potere d’acquisto. Per il calcolo economico ci si è basati sulle
informazioni della banca dati dell’Osservatorio dei
prezzi69. Occorre fare una premessa: le variabili
che influenzano il valore dei prezzi sono numerose
e complesse. Il prezzo di un alimento, infatti, deriva non solo dalla tipologia del prodotto (ad esempio, carne o verdura), ma anche da fattori come la
qualità (reale o percepita), il punto vendita scelto
(supermercato o negozio al dettaglio), l’origine geografica, la località in cui viene acquistato, ecc.
Partendo dai prezzi rilevati in differenti periodi
dell’anno e su diverse città, sono state fatte delle
stime, decidendo poi di utilizzare il risultato relativo alle sole città di Milano e Napoli (rispettivamente le due più grandi del Nord e del Sud),
100
7¤
g/giorno
6¤
5¤
6,43
5,53
5,57
4,40
5,13
4,27
4¤
3¤
2¤
1¤
Menu
vegano
usando i prezzi medi del mese di aprile 2015 .
Come per gli impatti ambientali, per andare oltre il
confronto diretto tra due differenti alimenti, sono
stati analizzati alcuni menu giornalieri e settimanali, tutti equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
70
Menu
vegetariano
Menu
con carne
Prezzo dei tre menu nelle due città considerate: Milano e Napoli.
Il menu giornaliero
Per stimare in quale misura le scelte alimentari
dei singoli, oltre a incidere sull’ambiente, abbiano una ricaduta sul portafoglio delle persone, si
sono analizzati i tre menu giornalieri descritti
nel capitolo precedente71. Nel primo (menu vegano) le proteine sono solamente di origine vegetale; nel secondo, (menu vegetariano) è esclusa la carne ma non latticini e uova, mentre il
terzo (menu con carne) è onnivoro, con proteine
prevalentemente di origine animale.
Come si evince dal grafico, il menu vegano72 e
quello vegetariano presentano un costo pressoché equivalente tra loro in entrambe le città. Il
menu a base di carne, invece, è più caro di oltre
0,85 euro al giorno.
WWF, 2012.
L’Osservatorio Prezzi e Tariffe, costituito dal Ministero Italiano
dello Sviluppo Economico. Per i dettagli sui dati completi usati per
le elaborazioni si veda: BCFN, Documento tecnico di supporto alla
Doppia Piramide.
70
Per le elaborazioni sono stati valutati i prezzi delle cinque maggiori
città italiane nei mesi di ottobre 2014 e aprile 2015, in modo da avere
una rappresentatività geografica e stagionale. Sono state scelte
Milano e Napoli come città campione per le elaborazioni finali
in quanto sono risultate le due città con i prezzi rispettivamente
più alti e più bassi. È stato scelto aprile 2015 come mese campione
per le elaborazioni finali poiché, non essendo risultate differenze
significative dovute alla stagionalità degli alimenti, si è preferito
usare i prezzi più recenti e, quindi, aggiornati. Per il dettaglio delle
elaborazioni si veda il Documento Tecnico di supporto.
71
I menu completi possono essere consultati nel capitolo 5.
72
Nell’elaborazione del menu, però, non sono stati considerati
alimenti sostitutivi della carne, come seitan e prodotti di soia, il cui
prezzo in Italia può essere piuttosto elevato.
68
69
101
Menu settimanali
Menu settimanali
Fonte: Elaborazione da dati Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2015
Fonte: Elaborazione da dati Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2015
50¤
45¤
40¤
35¤
30¤
25¤
20¤
15¤
10¤
5¤
45¤
40¤
35¤
30¤
25¤
20¤
15¤
10¤
5¤
MILANO
NAPOLI
MILANO
NAPOLI
7 gg Menu con Carne
45¤
36¤
Menu con Carne
43¤
34¤
5 gg Menu Vegetariano
+ 2 gg Menu con Carne
41¤
32¤
Menu Sostenibile BCFN
40¤
32¤
39¤
30¤
Menu Vegetariano
7 gg Menu Vegetariano
35¤
28¤
Menu Vegano
33¤
26¤
Il prezzo di tre possibili diete settimanali: il primo è calcolato supponendo per l’intera settimana il solo consumo del menu con
una portata di carne; in quello intermedio, per due giorni viene seguito il menu con una portata di carne e per cinque giorni viene
seguito il menu vegetariano; il terzo contempla il solo consumo del menu vegetariano.
Per capire quanto queste cifre possano incidere, si è provato a combinare il menu con carne
e quello vegetariano, ipotizzando tre tipologie di
diete settimanali73.
Menu con carne tutti i giorni; menu vegetariano
tutti i giorni e una combinazione dei due menu,
che prevede cinque giorni di menu vegetariano e
due giorni con carne.
I risultati mostrano che limitando il consumo di
carne a due volte ogni sette giorni si arriva a risparmiare quasi 4,50 euro alla settimana, più di
102
50¤
230 euro all’anno. Una cifra non trascurabile, specie in un momento storico di crisi economica.
Il menu settimanale
Anche in questo caso, si è partiti dai quattro
menu già descritti per valutare le differenze
d’impatto ambientale: sono menu equilibrati dal
punto di vista nutrizionale ma diversi per la fonte proteica, che può essere animale o vegetale.
Dal punto di vista economico, i menu analizzati
Costo economico dei quattro differenti menu analizzati, tutti nutrizionalmente equilibrati.
presentano delle differenze, anche se non così
marcate come nel caso ambientale: meno cari
sono i due menu a base vegetale (cioè quello vegano74 e quello vegetariano), seguiti dal menu sostenibile BCFN; il menu più ricco di proteine di
origine animale presenta costi più alti.
Sulla base di questi dati è quindi possibile affermare che in Italia una dieta sostenibile di tipo
mediterraneo non ha solo un minore impatto ambientale, ma anche un costo inferiore rispetto a
regimi alimentari più ricchi di proteine animali
(carne e/o pesce).
73
Lo stesso esercizio è stato fatto per gli impatti ambientali, e i
risultati sono riportati nel capitolo 5.
74
Nell’elaborazione del menu non sono stati considerati alimenti
sostituti della carne, come seitan e prodotti di soia, il cui prezzo in
Italia può essere piuttosto elevato.
103
Il dibattito scientifico sul
costo delle diete
In Italia, patria della buona cucina e della dieta
mediterranea, mangiare bene potrebbe essere alla
portata di tutti; e adottando una dieta sostenibile
si potrebbe anche risparmiare. In altri Paesi, però,
la questione è più complessa. Alcuni studi dimostrano una relazione inversa tra livello socioeconomico e tasso di obesità, evidenziando una presenza maggiore di individui in sovrappeso tra le
persone con un reddito basso e un minore livello
di istruzione75. Nel dibattito sui fattori che determinano l’obesità, e in generale malattie connesse
all’alimentazione, i prezzi degli alimenti finiscono
spesso sul banco degli imputati con l’accusa di essere troppo elevati per i cibi sani (frutta, verdura,
cereali integrali e prodotti scremati), e soprattutto troppo bassi per quelli “meno sani”. Districarsi
attraverso dati scientifici non è semplice, perché
come vedremo, le ricerche portano spesso a conclusioni tra loro contrastanti.
Le metriche utilizzabili per comparare il prezzo dei diversi alimenti
Dall’analisi della letteratura scientifica emerge il
ruolo fondamentale dell’unità di misura per comparare i prezzi degli alimenti. Nelle diverse ricerche i dati sono riconducibili a tre variabili: prezzo
per caloria, prezzo per grammo commestibile e
prezzo per porzione media.
Il prezzo per caloria
È l’unità di misura più utilizzata e si calcola come
rapporto tra il prezzo per 100 grammi di alimento
e il numero di calorie. Tale misurazione può essere fuorviante76, perché i cibi molto calorici risultano sempre meno costosi di quelli a bassa densità energetica77. Inoltre, per quanto una dieta più
sana abbia un costo per singola caloria maggiore
rispetto a una meno sana, questo non si traduce
in un costo totale maggiore del pasto giornaliero.
Come evidenziato dall’infografica, il confronto tra
prezzi basato sulle calorie non tiene conto della
104
quantità di cibo consumato (maggiore nel caso di
alimenti ad alta densità energetica) e quindi rischia di non essere preciso.
Il prezzo per grammo commestibile
Misura il costo di un determinato alimento così
come si presenta nel piatto. Si basa sulla constatazione che la maggior parte del cibo non trasformato subisce qualche tipo di preparazione, che ne
va a modificare il peso e la quantità. Per i consumatori, può essere utile confrontare il prezzo di
alimenti che differiscono nel formato o nel grado
di trasformazione.
Il prezzo per porzione media
Questa misura ha il vantaggio di essere facilmente
comunicabile, tuttavia la sensibilità alla quantità e
la rigidità delle porzioni standard rendono il suo
utilizzo non sempre adatto ai confronti, soprattutto quando le porzioni realmente consumate sono
differenti da quelle standard.
L’influenza della metrica sulla valutazione del
costo delle diete
L’incidenza del reddito sui consumi
Nel 2012, l’USDA (United States Department
of Agriculture) ha compiuto uno studio per valutare se, e a che livello, la stima del costo di
una dieta sana sia influenzata anche dall’unità
di misura selezionata78. Per uno stesso paniere
di alimenti sono stati calcolati: il prezzo per
caloria, quello per 100 grammi commestibili e
quello per porzione. I risultati mostrano un’ampia variabilità di costo proprio in base all’unità
di misura utilizzata.
Gli alimenti a basso contenuto calorico, come
frutta e verdura, sono più costosi se il prezzo è
calcolato in dollari per 100 calorie. Viceversa, se
il prezzo è calcolato in grammi commestibili e in
porzione media, sono più convenienti rispetto ai
cibi meno sani, definiti moderation foods – ossia
alimenti che, possedendo una quantità di grassi,
zuccheri aggiunti o sodio superiore al livello consigliato dalle linee guida alimentari americane,
dovrebbero essere consumati con moderazione.
Esiste un forte dibattito sulla relazione tra la
qualità nutrizionale di una dieta e il costo sostenuto dalle famiglie. La letteratura scientifica
sembra dividersi in due filoni: una prima corrente di pensiero, di cui l’epidemiologo Adam Drewnowski è il principale referente, sostiene che vi
sia una relazione positiva tra costo e alimenti
sani e che questo spieghi il comportamento d’acquisto dei consumatori, arrivando di conseguenza a individuare un nesso tra obesità e condizione socioeconomica.
Una seconda corrente sostiene invece che il prezzo sia solo una delle varie componenti che influenzano il comportamento d’acquisto, e che le cause
sottostanti la diffusione di diete di scarsa qualità
siano da ricercarsi in una carente educazione alimentare della popolazione, ossia una mancanza
di informazioni necessarie a prendere le corrette
decisioni di acquisto e perseguire una dieta sana79.
È stata dimostrata l’esistenza di una relazione
inversa tra la densità energetica di un alimento,
il suo costo per caloria e il suo contenuto di micronutrienti80. Da tale relazione si deduce che
l’associazione tra povertà e obesità è da imputarsi
al minore costo relativo del cibo poco sano: ciò
permetterebbe di spiegare perché tra le fasce più
povere della popolazione si riscontrino una peggiore qualità della dieta e una maggiore insorgenza di patologie legate all’alimentazione rispetto
alle persone più abbienti, che hanno una dieta più
sana e ricca di sostanze nutritive81.
A. Drewnowski, 2009.
Carlson e Frazão, 2012.
77
Lipski, 2009; Rao et al., 2013.
78
Carlson e Frazão, 2012.
79
Frazão et al., 2014.
80
Drewnowski 2004, 2005, 2007.
81
Drewnowski 2004; Drewnowski et al., 2007.
75
76
105
Fonte: Carlson e Frazão, 2012
Il confronto tra
prezzi basato sulle
Kcal non tiene conto
delle quantità di
cibo consumato
bcfn
Nei piatti sono riportate le quantità che forniscono circa 100 calorie di differenti alimenti (broccoli,
fragole, pancarrè, patatine e confetti di cioccolato). Come si nota abbiamo una quantità maggiore
di frutta e verdura rispetto alle patatine, mentre normalmente si mangiano porzioni meno
abbondanti di broccoli e fragole e più abbondanti di patatine. Il confronto tra prezzi basato sulle
calorie non tiene conto della quantità di cibo tipicamente consumato e risulta quindi forviante.
(Barilla Center for Food & Nutrition, adattato da Carlson e Frazão, 2012)
broccoli
0,93 cent. per 100 kcal
fragole
1,41 cent. per 100 kcal
pancarrè
0,40 cent. per 100 kcal
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
confetti
patatine
0,5
0,17 cent. per 100 kcal
0,16 cent. per 100 kcal
$/100 calorie
Verdura
Frutta
$/100 commestibili
Cereali
Latticini
$/porzione media
Proteine
Moderation
Foods
100
kcal
I prezzi degli alimenti variano a seconda del metodo di misurazione.
I “moderation foods” sono tutti gli alimenti che possiedono una quantità di grassi, zuccheri aggiunti
o sodio superiore al livello consigliato dalle “Dietary Guidelines” americane o che contengono
alimenti di un altro gruppo alimentare rispetto ai precedenti appena elencati.
Fonte per i prezzi: USDA National Fruit and Vegetable Retail Report Vol VIII - No. 19; prezzi in dollari.
(http://www.ams.usda.gov/mnreports/fvwretail.pdf.) Snacks – average retail price and cost per portion for calorie-dense snack foods)
(http://www.ers.usda.gov/datafiles/Fruit_and_Vegetable_Prices/Snack_Substitutions/snackprices.xls.)
©BCFN foundation 2015
abbia un effetto negativo sulla spesa alimentare, a patto che a parità di nutrienti vengano selezionati gli alimenti più economici.
Un regime alimentare che si basa sui principi della dieta mediterranea non è più costoso, anzi: in
alcuni casi un miglioramento della qualità nutrizionale della dieta può persino tradursi in un risparmio economico.
Il costo delle diete negli
Stati Uniti
La relazione tra obesità e status socioeconomico
è stata confermata anche da alcune ricerche: i
clienti dei discount sono principalmente persone
con un livello socioeconomico più basso e con un
tasso di obesità più elevato (27%) rispetto a chi
fa i propri acquisti nei supermercati di fascia alta
(9%)82, che dimostra anche una migliore qualità
delle scelte in termini di apporto nutrizionale. A
conferma dell’ipotesi che il cibo sano costi leggermente di più, c’è anche un recente studio condotto dal Dipartimento di Public Health dell’Università di Harvard83.
Gli autori hanno comparato il costo di una scelta
“sana” rispetto a una meno salutare, sia in termini
di singoli alimenti, sia di regime dietetico in generale. Dai risultati emerge che le scelte più salutari sono anche le più care. Le differenze maggiori
sono state riscontrate per la carne: le opzioni più
sane costano in media 0,29 dollari in più a porzione e 0,47 dollari ogni 200 calorie. La carne di
pollo mostra la maggiore variabilità: a parità di
calorie, comprare le cosce anziché il petto può costare sino a 0,72 dollari in più.
Questa forbice si riversa anche sul prezzo dell’intero regime alimentare: una dieta sana, di tipo
108
mediterraneo, a base di verdura, frutta, cereali
e pesce, può costare sino a 1,54 dollari in più al
giorno rispetto a una basata su alimenti trasformati, carne e cereali raffinati. Una cifra apparentemente piccola che però si traduce in una
maggiorazione di circa 550 dollari l’anno; può
quindi risultare determinante, soprattutto per le
famiglie a basso reddito.
Un’ulteriore ricerca87 ha dimostrato come l’introduzione nella dieta di tre pasti a settimana a base
di verdure, cereali integrali e olio extravergine di
oliva permetta di dimezzare il budget, oltre a migliorare lo stato generale di salute. Lo studio ha
previsto una serie di lezioni di cucina sulla preparazione di pietanze a base di verdure e cereali
integrali, alle quali sono state affiancate lezioni
teoriche sui principi base dell’alimentazione e i
vantaggi di una dieta bilanciata.
Al termine del programma, il 60% dei partecipanti aveva introdotto almeno tre pasti vegetariani a
settimana, contro il 5% dell’inizio del programma. Tale cambiamento nelle abitudini alimentari
è stato accompagnato da una diversa allocazione
del budget destinato alla spesa alimentare: i partecipanti hanno diminuito in maniera significativa il consumo di carne, snack, bevande gassate
e dolciumi. In particolare, la spesa per la carne è
calata del 54% rispetto all’inizio del programma e
il costo settimanale della spesa alimentare è sceso
del 45%, passando da 67 a 37 dollari a settimana:
un risparmio mensile di circa 124 dollari.
Aggarwal et al., 2012.
Rao et al., 2013.
84
USDA Food Plans: Cost of Food report http://www.cnpp.usda.
gov/sites/default/files/CostofFoodJan2015.pdf.
85
Dati aggiornati a gennaio 2015.
86
Mitchell et al., 2000; Raynor et al., 2002; Goulet et al., 2008.
87
Flynn et al., 2013.
82
83
Grazie all’educazione le diete sostenibili sono
anche meno costose
Numerose ricerche dimostrano come sia invece
possibile mantenere un regime alimentare in linea con le raccomandazioni nutrizionali, senza
incorrere in un aumento dei costi destinati all’alimentazione. Ma tutti questi studi attribuiscono
un ruolo fondamentale all’educazione alimentare,
in particolare se si fa riferimento a un basso livello
socioeconomico.
I Piani Alimentari (Food Plans) promossi
dall’USDA84, ad esempio, permettono di sostentare una famiglia di quattro persone con un budget mensile inferiore ai 600 dollari85, sebbene
con dei limiti in termini di appetibilità e tempo
di preparazione. Altri86 hanno dimostrato come
il passaggio da una dieta ad alta densità energetica a una ricca di frutta, verdura e legumi non
109
Costa di più?
men o
3,1 $ Moderation foods
1,7 $ Frutta
1,4 $ Verdura
0,7 $ Cereali
r
per kg co
pe
a
st
meno
costo per grammo commestibile
2,6 $ per 100 g Frutta
2,4 $ per 100 g Moderation foods
No, scegliendo gli
alimenti meno costosi
a parità di nutrienti
68
«L’adozione della dieta mediterranea in America
non è più costosa se a parità di nutrienti vengono
selezionati gli alimenti economicamente più
vantaggiosi» (Goulet, 2008).
No, dopo un
programma di educazione
alimentare appropriato
Come si nota nel grafico a destra, «la
spesa per la carne è calata del 54% rispetto
all’inizio del programma. In totale, il costo
settimanale della spesa alimentare è sceso
del 45%, passando da 68 a 37 dollari a
settimana, il che si traduce in un risparmio
mensile di circa 124 dollari» (Flynn, 2013).
1,7 $ per 100 g Cereali
d i pi ù
costo per Kcal
3,7 $ per 100 Kcal Verdura
2,9 $ per 100 Kcal Frutta
2,3 $ per 100 Kcal Moderation foods
0,5 $ per 100 Kcal Cereali
5 Studi
r kcal co
sa
Sì costa di più,
ma solo di 1,50$
al giorno
Non è tanto più cara: «Una dieta sana
costa 1,54 dollari in più al giorno, circa 550
dollari l’anno» (Rao et al., 2013).
TOT.
-45%
37
TOT.
16
8
PRIMA
DOPO
-54%
124$
SPESA PER LA CARNE
RISPARMIO MENSILE
Relazione inversa tra status
socioeconomico e tasso di
obesità
«Alcuni studi mostrano come nella popolazione maschile il tasso di obesità
aumenta all’incrementare del reddito,
mentre vi è una tendenza opposta per
la popolazione femminile».
Tasso di
obesità
maschile e
femminile
controverso
1,6 $ per 100 g Verdura
pe
Il risultato
cambia in funzione
del metodo di
calcolo
costo per porzione media
No
spesa settimanale
a
5 studi
10 studi
L’importanza dell’educazione emerge da 10 studi
o
st
po
rzione c
In America
mangiare sano
costa di più?
Sì
Risultati dell’analisi di 15 studi
sul costo delle diete negli USA
©BCFN foundation 2015
Il costo delle diete
in Europa
Regno Unito
Secondo un recente studio dell’Università di
Cambridge88, nel Regno Unito, le diete più sane
comporterebbero costi maggiori. Sono state analizzate le variazioni di prezzo tra cibi sani e meno
sani nel decennio 2002-2012, prendendo in esame 94 prodotti alimentari, classificati in base alla
salubrità. Fra gli alimenti più sani rientrano latte, yogurt, frutta e verdura, pesce e carne magra;
mentre gli altri includono pancetta, hamburger
di manzo, bevande zuccherate, ciambelle e gelati.
Dai risultati emerge non solo che i prodotti più
sani costano di più ma che il loro prezzo tende
anche a crescere più di quello degli alimenti meno
salutari. Basti pensare che nel 2012 gli alimenti
più calorici e meno salutari costavano in media
2,5 sterline per 1000 chilocalorie, mentre quelli
più sani ne costavano 7,49, circa il triplo.
Dal 2002 al 2012 il prezzo medio degli alimenti
sani è cresciuto di 0,17 sterline all’anno per 1000
calorie, contro le 0,07 sterline di quelli meno sani.
Altri studi invece suggeriscono che una dieta sana
non è necessariamente più cara. Ad esempio, il report del WWF UK relativo al progetto di educazione alimentare LiveWell89 analizza il costo di una
dieta sostenibile (caratterizzata da un basso Carbon Footprint) rispetto alla spesa media alimentare delineata dal Dipartimento per l’ambiente, il
cibo e l’agricoltura inglese (DEFRA).
I risultati dimostrano che il costo della dieta LiveWell 2020 è inferiore alla spesa media per generi alimentari delle famiglie nel Regno Unito:
ciò significa che anche in Inghilterra è possibile
fare scelte alimentari più sane, a basso impatto
ambientale, spendendo meno.
Francia
Anche in Francia esistono studi90 volti a dimostrare che le diete sane costano di più.
112
Da una ricerca condotta dal Professor Drewnowski
e dal suo team91, emerge che 100 grammi addizionali di frutta e verdura sono associati a un aumento giornaliero dei costi destinati all’alimentazione,
che può variare dagli 0,23 agli 0,38 dollari.
Ancora, è stato dimostrato che le diete ad alta
densità energetica (calcolata in chilocalorie per
grammo di alimento) sono povere di sostanze
nutritive ma costano meno (in termini di dollari
per chilocalorie).
Invece, le diete a minore densità energetica e a
maggiori quantità di micronutrienti sono associate a costi più alti. Se un uomo che segue un
regime alimentare a elevata densità energetica, ingerendo in media 18.798 kcal a settimana
(circa 2700 kcal giornaliere), decide di ridurle
a circa 16.730 a settimana dovrà sostenere costi
addizionali del 25% circa (misurati in dollari per
2000 kcal).
Quindi, se si consumano 2390 kcal al giorno, il
prezzo aggiuntivo da pagare a fronte della minore
densità energetica equivarrà a 764 dollari l’anno92.
Ma in Francia emergono risultati incoraggianti dallo studio del WWF nell’ambito del Progetto europeo LiveWell For LIFE (LiveWell for
low-impact food in Europe)93: in questo caso,
adottare una dieta sostenibile non solo permetterebbe di ridurre le emissioni di gas serra rispetto ai livelli attuali, ma si tradurrebbe anche
in un risparmio economico per il Paese e quindi
per i suoi abitanti (per maggiori informazioni,
si veda il box).
Jones, Conklin, et al., 2014.
WWF, 2011.
90
Schröder, Marrugat et al., 2006.
91
Drewnowski, Darmon et al., 2004.
92
Drewnowski, Monsivais, et al., 2007.
93
WWF, 2012b.
88
89
bcfn
EatWell
LiveWell for LIFE:
le diete sostenibili
per Regno Unito,
Francia,
Spagna e Svezia
Nell’ambito delle campagne
di educazione alimentare, nel
2011 il WWF-UK ha dato vita al
programma LiveWell 2020.
Il principio su cui verte questa
iniziativa è che il cibo che mangiamo ha un impatto rilevante,
non solo sulla nostra salute, ma
anche su quella del Pianeta.
L’iniziativa, messa a punto dal
WWF in collaborazione con il
Rowett Institute of Nutrition
and Health dell’Università di
Aberdeen, tenendo conto delle linee guida nutrizionali del
governo britannico, ha come
obiettivo quello di modificare
le abitudini alimentari degli inglesi, indirizzandole verso una
dieta più sostenibile che porterebbe alla riduzione del 25%
delle emissioni di gas serra entro il 2020, nonché a diminuire
il consumo pro capite di carne
da 79 a 10 chilogrammi l’anno.
114
Partendo quindi dall’EatWell
Plate, uno strumento per comunicare graficamente le
proporzioni per una corretta
alimentazione sviluppato dalla Food Standard Agency del
Regno Unito, nel suo “piatto” (LiveWell 2020) LiveWell
propone una suddivisione dei
gruppi alimentari che si discosta al massimo del 10% dall’originale. Basta questo leggero
scarto per diminuire in maniera sostanziale le emissioni di
gas serra e rendere quindi le
diete più sostenibili dal punto
di vista ambientale, limitando
il consumo di proteine animali
e aumentando quelle derivate
da altri alimenti quali legumi e
frutta secca.
L’iniziativa è stata estesa con
LiveWell for LIFE+ (for low
impact food in Europe – piatto
per un cibo a basso impatto am-
33%
33%
PANE, RIS O
PATATE, PASTA
E ALTRI AMIDACEI
FRUTTA
E VERDURA
12%
15%
CARNE,
PESCE, UOVA
FAGIOLI E ALTRE
PROTEINE
DERIVATE DAL
LATTE
bientale in Europa), un progetto finanziato dall’Unione europea e lanciato a febbraio 2012
da WWF UK, WWF European
Policy Office e il think tank
Friends of Europe94.
8%
CIBI E
BEVANDE CON ALTO
CONTENUTO DI
ZUCCHERI E GRASSI
LiveWell 2020
29%
35%
PANE, RIS O
PATATE, PASTA
E ALTRI AMIDACEI
FRUTTA
E VERDURA
4% CARNE
9%
CIBI E
BEVANDE CON
ALTO CONTENUTO
DI ZUCCHERI E
GRASSI
94
WWF, 2012b.
LATTE E
PRODOTTI CASEARI
3% PESCE
1% UOVA
4% NOCI E SEMI
4% FAGIOLI E LEGUMI
15%
LATTE E
PRODOTTI
CASEARI
115
Il programma, nato per introdurre il concetto di dieta sana
e sostenibile a livello europeo,
ha coinvolto tre Paesi: Francia,
Spagna e Svezia.
te locale. Tutti i piatti sono
stati calcolati in modo che il
costo giornaliero per l’alimentazione fosse uguale, o inferiore, a quello di partenza.
Qui, i ricercatori hanno identificato le tendenze alimentari
e, a partire dai reali consumi,
hanno creato un LiveWell Pla-
I risultati sono incoraggianti.
In Francia la dieta LiveWell
potrebbe ridurre le emissioni
di gas a effetto serra del 25% e
Francia
CURRENT
AVERAGE DIET
gCO2
eq/day
Livewell
Plate
gCO2
eq/day
AVERAGE COST
PER DAY
gCO2
eq/day
Livewell Plate
gCO2
eq/day
3,47
2,60
4,90¤
4,36¤
La dieta LiveWell per la Spagna
potrebbe ridurre le emissioni
di gas a effetto serra di circa il
27%, a un costo quasi identico
Spagna
116
rispetto a quello attuale (in media 3,48 euro al giorno per una
persona), diminuendo il consumo di carne, latticini, zuc-
chero, dolci e prodotti a base di
frutta, e aumentando le verdure, i cereali e la frutta secca.
CURRENT
AVERAGE DIET
gCO2
eq/day
Livewell
Plate
gCO2
eq/day
AVERAGE COST
PER DAY
gCO2
eq/day
Livewell Plate
gCO2
eq/day
3,75
2,71
3,47¤
3,47¤
In Svezia, la dieta LiveWell permetterebbe di ridurre le emissioni del 25% a un costo leggermente inferiore a quello della
Svezia
diminuire i costi medi giornalieri per la spesa alimentare di
una persona, facendoli passare
dagli attuali 4,90 a 4,36 euro. I
francesi dovrebbero aumentare il consumo di legumi e cereali e ridurre quello di carne
e derivati.
dieta attuale (da 44,64 a 44,07
corone svedesi al giorno): il
regime alimentare proposto
prevede una diminuzione del
consumo di carne e un aumento dei prodotti ortofrutticoli.
Anche in Europa le diete sostenibili possono
essere meno costose
CURRENT
AVERAGE DIET
gCO2
eq/day
Livewell Plate
gCO2
eq/day
AVERAGE COST
PER DAY
gCO2
eq/day
Livewell
Plate
gCO2
eq/day
5,72
4,29
44,64 SEK
44,07 SEK
In definitiva, al di là di alcuni dati contrastanti,
i casi studio analizzati dimostrano che è possibile mangiare sano indipendentemente dal livello di reddito: le diete più “salutari” e sostenibili
non presentano necessariamente costi maggiori,
anzi. È necessario però modificare le proprie
abitudini alimentari, scegliendo con accortezza gli alimenti più nutrienti, economici e amici
dell’ambiente: un’azione per cui l’educazione è il
fattore chiave.
Per questo le autorità pubbliche devono intervenire per abbattere tutti quegli ostacoli, di natura
sia fisica sia educativa, che possano pregiudicare
l’accesso al cibo sano delle fasce più deboli della
popolazione.
117
bcfn
Le politiche
alimentari
a favore della
salute
e dell’ambiente
Per raggiungere la sostenibilità, occorre il coinvolgimento
di tutti gli attori della filiera agroalimentare. E in questo contesto
le istituzioni hanno un ruolo centrale
Mangiare è uno dei bisogni primari dell’uomo,
per questo da sempre il cibo è anche al centro
dell’attenzione dei legislatori. Le politiche alimentari (o food policy) sono quell’insieme di norme, incentivi, tasse e campagne di informazione
o educazione varate dalle istituzioni sulle diverse
attività economiche e sociali del comparto agroalimentare. Il loro obiettivo è governare, e possibilmente migliorare, il modo in cui gli alimenti
sono prodotti, processati, distribuiti e consumati,
garantendo la salute delle persone, della società e
dell’ambiente, e i legittimi interessi dei cittadini
eventualmente rappresentati da gruppi di pressione95. In sostanza, le politiche alimentari incidono
118
su cosa, quando e come si mangia, e sulle relative
conseguenze economiche, sociali e ambientali.
Queste politiche riguardano direttamente o indirettamente diversi attori (dalle imprese agricole
ai lavoratori; dalla società in senso lato al singolo
consumatore finale, passando per l’ambiente in
cui viviamo) e nella loro elaborazione e attuazione richiedono un approccio interdisciplinare che
coinvolge diversi aspetti, tra cui: nutrizione, salute, ambiente, psicologia ed economia.
In questo capitolo si cercherà di analizzare le
principali politiche alimentari varate per tutelare
la salute delle persone e, al contempo, ridurre gli
impatti del cibo sul Pianeta.
119
In particolare, illustreremo alcuni casi emblematici di iniziative istituzionali per assicurare
un’adeguata nutrizione alle fasce più vulnerabili
della popolazione; le politiche per ridurre l’obesità e il sovrappeso; la regolamentazione del food
marketing rivolto ai bambini; le politiche per garantire l’accesso al cibo a fronte dei cambiamenti
climatici; le nuove linee guida per un’alimentazione sostenibile; e infine le etichette ambientali
utilizzate nel settore alimentare.
Lungo questo percorso saranno evidenziati alcuni argomenti controversi che coinvolgono attori
con interessi divergenti, o temi complessi su cui
è spesso difficile legiferare.
Secondo il professor Tim Lang96 esistono tre distinti percorsi di ricerca in campo nutrizionale
di cui i legislatori devono tenere conto: il primo
si focalizza sulle interazioni biochimiche dei
nutrienti e le loro implicazioni per la salute; il
secondo evidenzia come i fattori sociali influenzino le scelte alimentari; il terzo esamina i legami tra questioni nutrizionali e la protezione
dell’ambiente. La sfida più importante per i policy-maker è promuovere stili di vita sostenibili
che tengano conto, oltre che della salute pubblica, anche dell’impatto ambientale degli alimenti. Cosa che la Fondazione BCFN sta provando
a fare dal 2009 con la promozione del modello
della Doppia Piramide.
L’importanza
di assicurare un’adeguata
nutrizione alle fasce
più vulnerabili
della popolazione
Se inizialmente le politiche alimentari sono nate
come strumento per cercare di assicurare a tutti
un adeguato accesso al cibo, negli ultimi anni il
loro obiettivo si è allargato anche al fronte opposto, quello legato ai problemi che nascono per un
consumo eccessivo di cibo. Oggi le istituzioni
cercano di assicurare un’adeguata nutrizione
alle fasce vulnerabili della società: i bambini
e le popolazioni che soffrono ancora la fame,
120
ma anche le persone obese e a basso reddito.
Vediamo quali politiche sono state sviluppate a livello internazionale.
Ridurre l’obesità e il sovrappeso
L’epidemia di obesità rappresenta un problema
grave per la salute pubblica, non solo nei Paesi
sviluppati ma anche in quelli in via di sviluppo.
Secondo le ultime stime dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS)97 le persone obese o in sovrappeso nel mondo continuano ad
aumentare e hanno superato i due miliardi. Gli
Stati Uniti, seguiti da Cina e India, sono il Paese
con il maggior numero di persone obese (quasi il
13% degli obesi mondiali)98.
Le politiche per ridurre i tassi di obesità e sovrappeso della popolazione99 possono essere divise in
soft e hard. Le prime includono le campagne di
educazione per aumentare la consapevolezza circa la gravità del fenomeno e dei suoi impatti, nonché le norme sulle informazioni da inserire nelle
etichette alimentari. Le seconde sono più complesse e richiedono un approccio sistemico per
essere attuate: comprendono i divieti al consumo
di determinati cibi, le misure fiscali (per esempio,
la tassazione di alcune tipologie di ingredienti o
alimenti), la richiesta di riformulare alcune classi
di prodotto per adeguarli a specifiche linee guida.
Generalmente gli organismi internazionali propongono linee guida e raccomandazioni facoltative per i governi nazionali – in pratica delle soft
policy – mentre è rimandato ai singoli Stati legiferare sui temi di hard policy.
Le hard policy sono spesso osteggiate perché
troppo coercitive. Negli Stati Uniti, per esempio, il diritto di scelta fu uno dei quattro diritti
del consumatore citati dal presidente Kennedy
nel suo discorso del 1962 e i comportamenti alimentari in America sono stati tradizionalmente
relegati alla sfera privata, e solo recentemente
si stanno valutando le ripercussioni sociali ed
economiche dell’epidemia di obesità sul sistema
sanitario nazionale statunitense (stimata in 147
miliardi di dollari100).
Fino agli anni 2000 l’attenzione delle politiche
internazionali sul tema del cibo si è concentrata soprattutto sui problemi legati alla sicurezza
alimentare e alla sottonutrizione, invece che su
quelli legati al consumo eccessivo. La prima volta che si è parlato ufficialmente di obesità e delle
malattie a essa correlate è stato nel 2003 in un
report congiunto tra FAO e OMS101, prodotto in
seguito a una dichiarazione dell’ONU, dove si affermava l’importanza di una corretta alimentazione e dell’attività fisica per prevenire il sovrappeso.
L’anno successivo, durante l’Assemblea mondiale
della sanità (l’organismo legislativo dell’OMS) fu
approvata una risoluzione che invitava i governi,
i partner internazionali, il settore privato e la società civile ad adottare misure a livello globale, regionale e locale per sostenere i regimi alimentari
sani e l’attività fisica.
Tra le ultime policy internazionali proposte vi è
quella del 2013 dell’OMS nella quale, tra i nove
obbiettivi suggeriti per migliorare le condizioni
di salute pubblica mondiale, si parla di arrestare
la crescita di diabete e obesità e di ridurre del
30% il consumo di sale102. Inoltre, da quest’anno l’OMS103 invita adulti e bambini a ridurre il
consumo giornaliero di zuccheri a meno del 10%
dell’apporto energetico totale, sottolineando che
se ci si attestasse al di sotto del 5% (pari a circa 25
grammi, l’equivalente di 6 cucchiaini) al giorno, i
benefici per la salute sarebbero ancora maggiori.
Riadattato da T. Lang, D. Barling, M. Caraher, Food Policy,
Integrating Health Environment and Society, Oxford University Press,
2009.
96
Ibidem.
97
WHO, Obesity and Overweight. Fact sheet N°311, 2015.
98
M. Ng, et al., Global, Regional, and National Prevalence of
Overweight and Obesity in Children and Adults During 1980–2013: A
Systematic Analysis for the Global Burden of Disease Study 2013, The
Lancet, Vol. 384, 9945, 2014.
99
Vedi Tim Lang.
100
E. A. Finkelstein et al., Annual Medical Spending Attributable to
Obesity: Payer-And Service-Specific Estimates, Health Affairs, 28, 5,
2009.
101
WHO/FAO, Diet, Nutrition and the Prevention of Chronic Diseases.
Report of the joint WHO/FAO expert consultation. WHO Technical
Report Series, 916 (TRS 916), 2003.
102
WHO, Global Action Plan for the Prevention and Control Of Ncds
2013-2020, 2013.
103
WHO, Guideline: Sugars Intake for Adult and Children, 2015.
95
121
A livello europeo, nel 2005 è stata istituita una tavola rotonda sull’obesità che ha coinvolto grandi
imprese, professionisti della sanità e diversi altri
stakeholder. Nel 2007, la Commissione europea,
con l’adozione del Libro Bianco Una strategia
europea sugli aspetti sanitari connessi all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità104, ha indicato
quali azioni possono essere prese a livello locale,
regionale, nazionale ed europeo per ridurre i rischi associati alla cattiva alimentazione e a una
scarsa attività fisica. Tuttavia, come da Trattato
di Maastricht, il ruolo della Commissione europea nell’arginare il fenomeno è relegato soltanto
a proporre politiche, educare le persone (tramite
per esempio campagne sociali) e allocare risorse
per la ricerca scientifica.
A livello nazionale, merita di essere citato il caso
del Regno Unito, dove uno studio durato due anni
ha prodotto la migliore analisi governativa sull’obesità105. Questo report propone una mappa di fattori che la influenzano, tra cui: il contesto sociale,
la produzione, il consumo di cibo, e il comportamento individuale106.
Negli Stati Uniti tra le leggi nazionali più importanti contro l’obesità c’è quella del 2010 – la
“Healthy, Hunger Free Kids Act” – che riforma
i programmi scolastici alimentari, influenzando
così le abitudini di 31 milioni di bambini americani. Con questa legge sono aumentati i sussidi
per accedere alle mense scolastiche per i bambini più poveri, sono state ingrandite le porzioni
di frutta, verdura e cereali integrali e diminuite
le calorie totali, lo zucchero e il sale degli ali-
122
menti. Purtroppo, l’impatto di questa legge è
stato in parte ridotto dall’azione di alcune lobby
(un esempio per tutti è rappresentato dalla pizza che, essendo condita con il pomodoro, viene
conteggiata come verdura).
Sebbene gli organismi internazionali siano da
tempo impegnati a portare l’attenzione dei singoli
governi sull’obesità, e alcuni Paesi si stiano impegnando nel combatterla con regolamenti e leggi,
i risultati ottenuti non sono incoraggianti107. Infatti, secondo uno studio recentemente pubblicato su Lancet, dagli anni Ottanta nessun Paese al
mondo è riuscito a ottenere significativi progressi
nella riduzione dei tassi di obesità e sovrappeso108.
Intervistato da Bloomberg, Christopher Murray,
tra gli autori di questo studio e docente di Global
Health presso l’Università di Washington, riferisce
quanto le politiche alimentari promosse dai diversi Stati per contrastare il fenomeno non siano state efficaci, così come secondo diversi studi, non lo
sono state neanche le campagne sociali sviluppate
per favorire una corretta alimentazione109.
104
CE, Libro Bianco, Una strategia europea sugli aspetti sanitari
connessi all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità, 2007.
105
T. Lang, ibidem, p. 1.
106
Foresight, Tackling obesity future choices, London: Government
office of science, 2007.
107
T. Lang, ibidem, p. 1.
108
M. Ng et al., Global, Regional, and National Prevalence of
Overweight and Obesity in Children and Adults During 1980–2013: A
Systematic Analysis for the Global Burden of Disease Study 2013, The
Lancet, vol. 384, 9945, 2014.
109
H. Walls, et al., Public Health Campaigns and Obesity – A Critique,
BMC Public Health, pp. 11-136, 2011.
123
Tassazione
Junk Food
e Bevande
Zuccherate
K
elly Brownell, docente
di Politiche Pubbliche
presso la Duke University, nel 1994 ha suggerito di
introdurre la tassazione delle
bevande zuccherate. La sua
proposta, basata sull’ipotesi
che il comportamento alimen-
124
tare sia influenzato dalla variabile del prezzo, presupponeva
che adottare misure fiscali potesse avere un ruolo nel ridurre
il consumo di alcuni alimenti
classificati come cibo spazzatura o junk food. Una politica che
prende spunto dalle analoghe
iniziative contro il fumo, per
le quali l’aumento dei prezzi
sembra essere stato un efficace
deterrente al consumo.
Al riguardo, tuttavia, non
mancano i pareri contrari. Per
alcuni, imporre tasse su prodotti non salutari o non soste-
nibili è una misura drastica
che demonizza alcuni alimenti e impone costi aggiuntivi ai
consumatori. Altri invece la
vedono come un’arma efficace
nel guidare le persone verso le
scelte migliori, visto che finora
le raccomandazioni di adottare
volontariamente certi comportamenti sono sostanzialmente
fallite. Inoltre, alcuni110 fanno
notare che i grassi, così come
il sale e lo zucchero, sono presenti in quasi tutti gli alimenti,
pertanto risulta difficile capire
le soglie per cui un alimento
possa essere classificato come
poco sano rispetto a un altro.
Le evidenze scientifiche sull’efficacia di queste misure sono
in effetti controverse. Secondo uno studio recente portato
avanti da Ecorys per l’Unione
europea111, la tassazione di cibi
con elevati contenuti di sale,
zucchero e grassi porta a un’effettiva riduzione dei consumi.
È però bene fare attenzione,
perché le persone più povere, che sono anche quelle che
hanno maggiori possibilità di
diventare obese o in sovrappeso, potrebbero muovere le loro
scelte verso cibi più economici, ma dal valore nutrizionale
ancora inferiore; oppure verso
cibi ugualmente poco sani ma
non tassati. Com’è successo
per esempio in Francia, dove
la tassazione di bevande zuccherate sembra aver portato
a un aumento del consumo di
patatine.
A livello europeo, i Paesi che
hanno deciso di tassare alcuni
alimenti o bevande non sono
molti, ma sembrano aver ottenuto il risultato sperato. È stato
così per Danimarca (per i grassi
saturi), Finlandia (per dolciumi, gelato, bevande zuccherate, e alcuni alcolici), Ungheria
(per dolciumi e condimenti,
bevande zuccherate ed energetiche, cioccolato), e Francia
(per bevande zuccherate). È
interessante l’esempio ungherese, dove il governo, supportato dall’OMS, ha indotto il 30%
dei cittadini a cambiare i propri
consumi: di questi l’80% lo ha
fatto in seguito all’aumento dei
prezzi. Negli altri Paesi hanno
avuto effetto anche altri fattori
tra i quali la consapevolezza dei
rischi derivanti da una cattiva
alimentazione nata dalle discussioni precedenti l’adozione
della normativa.
In America si è lungamente dibattuto su questo tipo di interventi. Da aprile 2015 il primo
luogo dove si è deciso di sperimentare una misura di tipo
fiscale è la riserva indiana dei
Navajo (una zona che copre al-
cune aree tra Arizona, Messico
e Utah). La popolazione che vi
abita soffre di tassi di obesità
sopra la media americana e in
alcune zone è stato diagnosticato il diabete di tipo 2 a quasi
il 60% della popolazione. La
norma introdotta prevede un
2% di tassazione sui cosiddetti cibi spazzatura, bilanciato
dall’eliminazione della tassa
del 5% su frutta e verdura fresca. Le entrate provenienti da
questa sin tax (letteralmente
“imposta del peccato”) saranno
destinate a progetti per favorire
il benessere e la salute di questa comunità e incentivare l’aumento del numero dei mercati
di frutta e verdura fresca.
Siccome i tassi di obesità continuano a crescere e la spesa nei servizi sanitari per la
cura delle malattie correlate
aumenta esponenzialmente,
la tassazione è destinata a diventare una leva concreta d’intervento da parte dei decisori
politici. La sfida per i governi
sarà quindi determinare dove
e come imporre la tassazione e
come misurarne l’efficacia.
Tra cui Tim Lang, ibidem p. 1.
Ecorys, Food Taxes and Their Impact on
Competitiveness in The Agri-Food Sector: A
Study, 2014.
110
111
125
Sussidi e programmi
di assistenza
alimentare per
le persone a basso
reddito
Un’alternativa alla tassazione
dei cibi spazzatura sono i sussidi per i prodotti alimentari
a basso contenuto di calorie e
con alti livelli nutrizionali. Partendo dallo stesso presupposto,
ossia che il prezzo pesi sensibilmente sulle decisioni d’acquisto delle persone, un incentivo
finanziario può influenzare la
scelta di prodotti più salutari,
specialmente per le persone a
basso reddito.
Anche a questa misura però
sono state mosse critiche. La
prima nasce dalla constatazione che le persone che beneficiano di un sussidio possono
comunque utilizzare i soldi
risparmiati per comprare cibi
poco sani. Uno studio ha rile-
126
vato che le persone utilizzano i soldi risparmiati grazie ai
sussidi per comprare complessivamente più cibo, compresi i
prodotti contenenti alti livelli
di zucchero, sale e grassi112.
Inoltre, i sussidi rappresentano
una notevole spesa per lo Stato
per cui non è sempre semplice
trovare i fondi necessari.
Un esempio di sussidi è rappresentato dai programmi di
assistenza alimentare che prevedono aiuti economici per gli
acquisti di cibo delle famiglie
più bisognose. Come lo SNAP
(Supplemental Nutrition Assistance Program) negli Stati
Uniti, un programma federale
che assiste ogni anno circa 47
milioni di americani. Al contra-
rio di alcuni sussidi alimentari,
con questi assegni le persone
possono comprare qualsiasi
tipo di cibo con l’evidente rischio di favorire anche il consumo di alimenti poco sani. Ci
sono state diverse proposte di
legge per escludere la possibilità di acquistare junk food, ma
nessuna di queste è stata approvata perché tutte sono state
considerate lesive della libertà
individuale.
L.H. Epstein et al., The Influence of
Taxes and Subsidies on Energy Purchased
in an Experimental Purchasing Study,
Psychological Science, vol. 21, 3, pp. 406414, 2010.
112
Regolamentazione
del food marketing
indirizzato ai bambini
I bambini sono un target facilmente influenzabile che va protetto con politiche rigorose. Se questo non accade è perché gli interessi economici
in gioco sono molto alti. È stato dimostrato come
l’esposizione alla pubblicità e alle promozioni di
prodotti alimentari, se non integrata da un’azione
di controllo da parte dei genitori, possa facilmente favorire l’adozione di stili alimentari poco equilibrati, con possibili effetti sulla salute113.
A livello internazionale, nel 2010, l’OMS ha approvato una serie di raccomandazioni relative alla
commercializzazione di alimenti e bevande non
alcoliche per i bambini. Queste linee guida dovrebbero aiutare i Paesi nel disegnare le politiche
per ridurre l’impatto sui bambini del marketing
dei cibi ritenuti poco sani.
È interessante notare come il consumo di snack
per bambini sia diminuito nei Paesi in cui si è legiferato in materia: in Australia è stata proibita
qualsiasi pubblicità di alimenti per i minori di 14
anni, in Olanda è stata bandita quella dei dolci per
i minori di 12 anni, in Svezia non è permesso usare personaggi dei cartoni animati per la pubblicità
e in Norvegia è stata proibita qualsiasi forma di
pubblicità rivolta ai bambini114.
Per un maggiore controllo si è schierata anche la
Walt Disney America, che ha deciso di eliminare
gli spot sui junk food dai propri canali televisivi,
dal sito web e dalle stazioni radio, a favore della
promozione di alimenti sani quali frutta e verdura
e con minore contenuto di calorie, grassi saturi,
sale e zucchero.
delle politiche alimentari di questi decenni sono
incoraggianti. Con 209 milioni di persone affamate in meno rispetto al 1990-92, non è lontano
il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo del
Millennio di dimezzare la percentuale delle persone sottonutrite entro il 2015.
Tuttavia, secondo un nuovo rapporto delle Nazioni Unite115, i rischi derivanti dal cambiamento
climatico potrebbero addirittura invertire anni di
progresso contro la povertà e la fame. Gli scenari
del cambiamento climatico nel medio-lungo periodo sono catastrofici: scarsità di cibo, crisi dei
rifugiati, inondazione delle principali città e intere nazioni insulari, estinzione di piante e animali
e un clima così drasticamente alterato che potrebbe rendere pericoloso per le persone lavorare all’aperto (quindi anche nei campi) durante i periodi
più caldi dell’anno.
Secondo l’International Food Policy Research Institute (IFPRI)117, nel 2050 saranno malnutriti a
causa degli effetti del cambiamento climatico 25
milioni di bambini al di sotto dei cinque anni, l’equivalente del numero di tutti bambini della stessa età di Stati Uniti e Canada.
Secondo l’associazione Oxfam118, sono diversi
i fattori che influenzano l’accesso al cibo in un
mondo colpito dal cambiamento climatico. Prima di tutto va considerato che l’80% dell’agricoltura mondiale (e il 90% di quella africana) utilizza l’acqua piovana per l’irrigazione, cosa che
l’assoggetta ai cambiamenti della quantità e intensità delle piogge. Poi c’è da sottolineare che la
diversità delle sementi è diminuita del 75% negli
ultimi 100 anni, privando così gli agricoltori di
quelle specie che potrebbero meglio adattarsi ai
cambiamenti climatici.
J.C.G. Halford et al., Effect of Television Advertisements for Foods
on Food Consumption in Children, Appetite 42, pp. 221-225, 2004.
114
Anche il WHO Europe ha lanciato a febbraio 2015 una iniziativa
sulla riduzione della pressione marketing sui bambini definendo
criteri per categorie alimentari. Per maggiori informazioni http://
bit.ly/1z1AN6u.
115
FAO, The State of Food Insecurity in the World, 2014.
116
IPCC, Climate Change 2014, 2014.
117
IFPRI, Climate Change: Impact on Agriculture and Costs Of
Adaptation, 2014.
118
Oxfam, Hot and Hungry – How to Stop Climate Change Derailing
the Fight Against Hunger, 2014.
113
Accesso al cibo
e cambiamento climatico
Secondo la FAO, nel mondo vi sono 805 milioni di
persone che soffrono la fame, circa l’11% della popolazione mondiale, di cui la stragrande maggioranza vive nei Paesi poveri o in via di sviluppo115.
Sebbene i numeri siano ancora elevati, i risultati
127
In condizioni metereologiche instabili, l’assicurazione sui raccolti può fare una grande differenza
nello stabilizzare il reddito degli agricoltori. Il
90% degli agricoltori statunitensi ne beneficia a
fronte del 15% degli indiani, il 10% dei cinesi e
l’1% o meno degli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo. Su 20 Paesi africani che si sono impegnati
a spendere il 10% del loro budget in agricoltura,
solo quattro hanno raggiunto l’obiettivo. Le riserve mondiali di grano sono ai livelli minimi storici,
il che potrebbe far impennare i loro prezzi qualora
ci fossero eventi climatici estremi, portando a una
grave crisi alimentare.
Infine, sempre secondo Oxfam, anche la tecnologia
può essere molto utile nel far fronte ai cambiamenti climatici. In particolare, l’accesso ai dati meteo
può essere fondamentale nell’aiutare gli agricoltori
a pianificare l’irrigazione e i raccolti. Anche in questo caso le differenze tra Paesi in via di sviluppo e
sviluppati sono rilevanti: in California per esempio
esiste una stazione meteo ogni 2000 km2 mentre in
Chad ce n’è una ogni 80.000 km2.
Considerando tutti questi fattori, il lavoro da fare
a livello politico (sia globale sia locale) è notevole. Il Chicago Council on Global Affairs, in un
report recente dedicato all’argomento119, invita il
governo degli Stati Uniti a integrare il cambiamento climatico nella sua strategia globale sulla sicurezza alimentare. Tra le raccomandazioni
proposte vi è quella di creare una normativa a
lungo termine e di aumentare i finanziamenti
per la ricerca agricola legata ai cambiamenti climatici, in particolare sull’adattamento di alcune
specie agli eventi estremi.
D. Bereuter et al., Advancing Global Food Security in the Face of a
Changing Climate, 2014.
119
128
129
Il cibo locale
e la sua influenza
sul cambiamento
climatico
I
l movimento sociale che
promuove il consumo di
cibo locale ha preso piede negli Stati Uniti nel 2005,
quando Jessica Prentice coniò
il termine locavore per indicare
una persona in cerca di alimenti coltivati e prodotti entro un
raggio di 100 miglia dalla propria abitazione (pari a circa 160
chilometri). Questo movimento si sta notevolmente espandendo nei Paesi industrializzati
tanto che Walmart, la più grande catena distributiva degli Stati Uniti, si è impegnata a raddoppiare le vendite di prodotti
locali tra il 2009 e il 2015. Non
esiste una definizione univoca
per “cibo locale”. Il Dipartimento di Agricoltura degli Stati
Uniti, che nel 2014 ha investito
78 milioni di dollari per sup-
130
portare le imprese agricole locali, descrive un prodotto come
locale o regionale se proviene
dallo stesso Stato o all’interno
di un raggio di circa 400 miglia
(640 chilometri). Le stesse catene distributive lo utilizzano
con diverse accezioni: Walmart
considera un prodotto locale se
proviene dallo stesso Stato di
distribuzione, mentre la catena
statunitense Whole Foods se ha
percorso al massimo sette ore di
viaggio su strada.
Ma comprare cibo locale influisce effettivamente sul cambiamento climatico grazie alla
riduzione delle emissioni dovute al trasporto? L’argomento
è dibattuto. Basti pensare che
il trasporto è responsabile solamente dell’11% delle emissioni di gas serra prodotte dal
sistema agroalimentare120. Un
esempio lampante è proposto
da Robert Paarlberg nel suo libro Food Politics121: i pomodori
esportati dal Messico agli Stati
Uniti durante i mesi invernali presentano un’impronta di
carbonio minore rispetto agli
stessi pomodori coltivati in una
serra locale.
R. Paarlberg Food Politics, Oxford
University Press, 2013.
121
Ibidem.
120
Linee guida
per un’alimentazione sana
e sostenibile
I primi tentativi di incorporare considerazioni
ambientali nell’ambito nutrizionale risalgono
alla metà degli anni Ottanta, quando Gussow e
Glancy121 eseguirono uno studio sugli effetti ambientali connessi all’adozione delle linee guida
alimentari americane.
Recentemente, un numero crescente di organizzazioni internazionali e governi ha riconosciuto
che le politiche alimentari future devono mirare
a integrare il duplice obiettivo di migliorare la salute delle persone e dell’ambiente. Di fatto, alcuni
Paesi hanno iniziato a includere concetti di sostenibilità ambientale nelle linee guida alimentari
tradizionali123. Ma l’esercizio non è facile, perché
le definizioni di sostenibilità variano notevolmente nelle loro interpretazioni in funzione delle differenti sensibilità e culture; e non sempre l’analisi
degli impatti ambientali, sociali ed economici dà
indicazioni concordi.
In Europa vari Paesi hanno elaborato delle linee
guida per un’alimentazione sana e sostenibile: tra
essi compaiono Francia, Svezia, Regno Unito, Belgio, Germania, Olanda e i Paesi Nordici. Nei primi
quattro la redazione delle linee guida è stata affidata alle agenzie governative, mentre negli altri tale
compito è spettato ad agenzie non governative124.
Le linee guida menzionate sono accomunate dalla loro natura qualitativa e si basano sulla teoria
secondo la quale una dieta prevalentemente vegetale, in cui il consumo di proteine animali è moderato, sia da preferire sotto il profilo ambientale
e nutrizionale. Nella maggior parte dei casi non
compaiono indicazioni precise sulla quantità e la
frequenza con cui andrebbero consumati i vari alimenti, ma solo una raccomandazione sul comportamento d’acquisto125.
Nell’aprile del 2015 il governo del Regno Unito ha
pubblicato, nell’ambito del Global Food Security
Program, dei “principi per una dieta sana e sostenibile” (The Principles of Healthy and Sustainable
Eating Patterns)126. Le linee guida, declinate in otto
punti, sono da intendersi come naturale complemento del ben più noto EatWell Plate e forniscono indicazioni sugli accorgimenti da adottare per
conciliare l’obiettivo di una dieta sana con la tutela dell’ambiente. I principi rappresentano il punto
di arrivo di un percorso intrapreso con il progetto
Green Food, volto a identificare margini di azione
e le opportunità per migliorare la sostenibilità del
sistema alimentare inglese. I principi si basano sui
consigli elaborati dalla Sustainable Development
Commission127 e dal WWF nell’ambito del progetto LiveWell for LIFE128.
Le linee guida francesi129, belghe130 e tedesche131
sono state proposte rispettivamente dall’Agenzia
francese per l’ambiente e l’energia (ADEME),
dal Dipartimento per l’ambiente della regione di
Bruxelles (Bruxelles Environment) e dal Consiglio tedesco per lo sviluppo sostenibile. In tutti
i casi, si tratta di raccomandazioni e consigli di
natura qualitativa, inseriti in programmi di ampia portata per promuovere consumi e acquisti
responsabili nei diversi settori merceologici. Le
Nordic Nutrition Recommendation 2014, elaborate dal Nordic Council of Ministers132, dedicano
un intero capitolo al concetto di dieta sostenibile: in esso vengono trattati i punti salienti delle
interrelazioni tra cibo, salute e protezione ambientale, evidenziando i benefici di una dieta sostenibile e i possibili compromessi tra obiettivi
nutrizionali e ambientali.
J. Gussow, K. Clancy, Dietary Guidelines for Sustainability, J Nutr
Educ 18, 1–5, 1986.
123
T. Garnett, What is a sustainable healthy diet?, 2014.
124
Rispettivamente la UK Sustainable Development Commission e
il WWF-UK per il Regno Unito, lo Health Council of Netherland
per l’Olanda; il Barilla Center for Food & Nutrition per l’Italia.
125
Westland et al., 2012.
126
Global food security Program working Group, 2015.
127
Sustainable Development Commission, 2009.
128
WWF-UK, 2014.
129
ADEME, 2012.
130
Bruxelles Environment, 2014.
131
German Council for Sustainable Development, 2008.
132
Il Nordic Council (o Consiglio Nordico) è un forum di
cooperazione dei governi dei Paesi nordici (Danimarca, Svezia,
Finlandia, Norvegia, Islanda, Groenlandia), che tra le altre cose si
occupa di definire i requisiti e i valori nutrizionali su cui i singoli
Stati membri elaborano le proprie linee guida alimentari.
122
131
do dunque l’interconnessione tra preservazione
della biodiversità ed equilibrio degli ecosistemi e
salute delle persone. Le linee guida brasiliane enfatizzano in particolare l’importanza del consumo
di verdura e cereali integrali e di ridurre il consumo di alimenti trasformati e ricchi in grassi, sale e
zuccheri aggiunti137.
Vengono inoltre elencate le scelte di consumo necessarie al passaggio dalla dieta attuale a una più
sostenibile e per ognuna di esse vengono evidenziate le implicazioni (positive e negative) che tali
azioni avrebbero sull’ambiente e sulla salute133. Il
report dello Health Council of the Netherlands si
rivolge al governo e fornisce una panoramica dettagliata delle interconnessioni tra salute ed effetti
ambientali dei diversi alimenti. Nel report vengono esaminate le linee guida alimentari olandesi
del 2006, allo scopo di individuare le potenziali sinergie o contrasti in termini di sostenibilità
ambientale. Lo studio identifica come “totalmente vincenti” le raccomandazioni con un impatto
positivo sia per la salute sia per l’ambiente; “vincenti-perdenti” i casi in cui il beneficio in termini nutrizionali possa essere raggiunto a discapito
dell’ambiente; e come “vincenti dal punto di vista
ambientale” le raccomandazioni con un impatto
positivo sull’ambiente ma neutrali dal punto di vista della salute (per esempio quelle per la riduzione degli sprechi alimentari). Il report identifica
come “totalmente vincente” la raccomandazione
concernente il passaggio a una dieta prevalentemente vegetale; mentre un punto controverso è
quello del consumo di pesce, considerato sì salu-
132
tare, ma non sempre sostenibile da un punto di
vista ambientale134.
Anche le linee guida svedesi, pubblicate nel 2013
dalla National Food Agency assieme all’Agenzia
per la protezione ambientale, giungono a raccomandazioni analoghe: mangiare meno carne,
consumare pesce da stock non a rischio e fonti
certificate, conservare in maniera appropriata le
verdure; diminuire il consumo di dolci e ridurre
gli sprechi alimentari. Il testo dell’Agenzia svedese si differenzia per l’accuratezza con la quale
analizza i diversi impatti ambientali dei singoli
alimenti135.
Così come rivela il report del comitato consultivo,
le nuove linee guida nutrizionali americane che
usciranno nell’autunno 2015, riconoscendo il fatto che la produzione e il consumo di cibo hanno
degli impatti sull’ambiente, dovrebbero includere
per la prima volta gli aspetti legati alla sostenibilità136. È bene sottolineare che in tale report la
dieta mediterranea è citata come esempio virtuoso di dieta sostenibile. Un approccio simile è già
stato adottato dalle linee guida del Brasile, uscite
sul finire del 2014: in esse si afferma che il cibo
“sano” proviene da ecosistemi “sani”, riconoscen-
Il progetto LiveWell del WWF, inizialmente lanciato nel Regno Unito e successivamente esteso
anche a Svezia, Francia e Spagna, è l’unico a offrire raccomandazioni non solo qualitative, ma
anche quantitative, su come adottare una dieta
sostenibile. Lo studio ha previsto l’elaborazione
di menu settimanali, adeguati rispetto alle esigenze alimentari e culturali del singolo Paese,
che fossero al contempo bilanciati dal punto di
vista nutrizionale e permettessero di ridurre le
emissioni di gas serra rispetto alla dieta attuale. I
risultati mostrano come sia possibile raggiungere una significativa riduzione delle emissioni di
CO2 senza “stravolgere” le abitudini alimentari
della popolazione. LiveWell ha avuto un ruolo
fondamentale nell’inserire le diete sostenibili
all’interno dell’agenda politica europea. In particolare, il progetto ha sviluppato una serie di
raccomandazioni destinate alle istituzioni. Tra
queste: revisionare le linee guide alimentari nazionali con l’integrazione del concetto di sostenibilità ambientale e la riduzione delle emissioni di gas serra; aggiornare le politiche agricole
e alimentari tenendo conto della sostenibilità;
supportare l’educazione ad abitudini di consumo
sane e sostenibili; rafforzare le azioni di prevenzione sulle malattie correlate all’alimentazione;
favorire le sinergie locali-globali.
Nordic nutrition recommendations 2014.
FAO, The State of Food Insecurity in the World 2015. Meeting the
2015 international hunger targets: taking stock of uneven progress,
2005, http://www.fao.org/3/a-i4646e/index.html
135
Health Council of the Netherlands, Guidelines for a Healthy Diet:
The Ecological Perspective, The Hague, 2011.
136
Dietary Guidelines Advisory Committee, Scientific report of the
2015 Dietary Guidelines Advisory Committee, http://www.health.gov/
dietaryguidelines/2015-scientific-report/PDFs/Scientific-Reportof-the-2015-Dietary-Guidelines-Advisory-Committee.pdf.
137
Ministry of the Health of Brazil, 2014.
133
134
133
PAESI
ALIMENTI
Francia
Mes Achats
Germania
The Sustainable Shopping
Basket
Svezia
Towards Environmentally
Sound Dietary Guidelines
Olanda
Guidelines for a Healthy
Diet: The Ecological
Perspective
Aumenta il consumo di cereali,
frutta e verdura.
Frutta,
verdura,
legumi,
cereali,
patate
Acquista cibo locale, vario,
stagionale, possibilmente
biologico.
Evita ortaggi con packaging
voluminoso
Consuma almeno 5 porzioni
di verdura e frutta al giorno.
Scegli prodotti locali e
stagionali
Scegli prodotti locali,
stagionali, biologici.
Dai la preferenza a verdure
non facilmente deperibili,
come le crucifere.
Mangia più legumi.
Carne
Latticini,
uova
Riduci il consumo ai livelli
indicati dai nutrizionisti.
Alterna menu a base di carne
con pasti vegetariani
Riduci il consumo ai livelli
indicati dai nutrizionisti.
-
-
Modera il consumo.
Compra carne proveniente da
allevamenti locali e all’aperto.
Regno Unito
The principles of healthy
and sustainable eating
patterns
Consuma almeno
5 porzioni di frutta
e verdura al giorno.
Adotta una dieta
a base vegetale piuttosto
che animale.
Aumenta il consumo
di piselli, fagioli,
noci e altre fonti
di proteine vegetali.
Meno carne e latticini,
più cereali integrali, legumi,
verdura e sostituti proteici
di origine vegetale.
Paesi Nordici
Nordic Nutrition
Recommendation 2014
Aumenta il consumo
di cereali, frutta e verdura,
in particolare patate
e verdure fibrose.
Riduci il consumo
di verdure coltivate
in serre riscaldate.
Aumenta il consumo
di legumi.
Scegli prodotti locali
e biologici.
Aumenta il consumo
di cereali, frutta, verdura.
Scegli prodotti locali,
stagionali, biologici
Aumenta il consumo
di legumi.
Se acquisti alimenti esotici,
scegli il marchio fair trade.
Modera il consumo.
Riduci il consumo.
Riduci il consumo
di carne.
Prova diverse tipologie
di carne.
Alterna le proteine animali
con quelle vegetali.
Includi il latte e i latticini
nella tua dieta, o prova
bevande vegetali arricchite
con calcio e vitamine.
Riduci il consumo di latticini.
Aumenta il consumo di uova.
-
(situazione win-win)
-
Belgio
Nutrition and the
Environment
Riduci il consumo.
Consuma pesce di stock
non a rischio.
-
Consuma 2 porzioni
di pesce a settimana,
di cui 1 di pesce grasso.
Questa raccomandazione
può avere ripercussioni
ambientali negative.
Conviene incentivare il consumo
di specie non sovra sfruttate.
(situazione win-lose)
-
-
Aumenta il consumo
di olio di colza
prodotto localmente.
Riduci il consumo di olio di palma.
-
-
Usa oli vegetali.
Riduci il consumo di burro
e olio di palma.
Evita di consumare l’olio
di palma.
ACQUA
E BEVANDE
Bevi acqua del rubinetto.
Se compri acqua in bottiglia,
dai la preferenza alle taniche
da 5l in PET riciclato.
Scegli packaging riciclati.
-
-
Bevi acqua del rubinetto.
-
Bevi acqua del rubinetto.
Se compri acqua in bottiglia,
dai la preferenza a quelle
riciclabili.
Snack
ad alto
contenuto
di
zuccheri
e sale
-
-
-
Modera l’apporto calorico
riducendo il consumo di cibi
dallo scarso valore nutrizionale.
(situazione win-win)
Riduci il consumo
di alimenti ricchi di sale,
zuccheri e grassi.
Riduci il consumo
di cibi dallo scarso valore
nutrizionale.
Riduci il consumo
di alimenti ricchi di sale,
zuccheri e grassi.
Riduci lo spreco di cibo.
(environmental win-health
neutral)
Mantieni una dieta
bilanciata
Riduci i rifiuti alimentari
Dai valore a ciò che
compri e consumi.
Domanda come
e dove è prodotto il cibo
che compri.
-
Mantieni una dieta varia
e bilanciata.
Conserva adeguatamente
gli alimenti e riduci
lo spreco di cibo.
Fai una lista della spesa.
Evita i prodotti
con packaging molto
voluminoso.
Pesce,
frutti
di mare
Grassi
e oli
Altri
consigli
generici
Consuma pesce di stock
non a rischio
Mantieni una dieta bilanciata.
Prova prodotti equo-solidali.
Riduci i rifiuti.
Cerca di non usare la
macchina per fare la spesa.
Mangia sano.
Prova prodotti equo-solidali.
Evita di produrre rifiuti.
-
Consuma solo pesce
certificato e proveniente
da pesca e/o acquacoltura
sostenibile.
-
Evita di acquistare pesce
di specie a rischio
di estinzione.
Consuma solo pesce
certificato e proveniente
da pesca e/o acquacoltura
sostenibile.
Linee guida per un’alimentazione sostenibile. Elaborazione BCFN
134
135
Eating Better:
UN’ALLEANZA PER
PROMUOVERE le
diete sostenibili
E
ating Better è un’alleanza tra diverse organizzazioni del Regno
Unito per aiutare le persone a
cambiare i propri stili alimentari, riducendo il consumo di
proteine animali a favore di
alimenti sani e sostenibili per
l’ambiente138.
Con il report “Let’s talk about
meat”, uscito alla fine del 2014,
Eating Better si è proposto di
identificare le strategie più
efficaci per promuovere nuove abitudini di consumo. Il
report contiene anche alcune
raccomandazioni politiche tra
136
cui: integrare il concetto di
sostenibilità con le politiche
e le pratiche per una corretta
alimentazione; fornire e promuovere le informazioni sulle
diete sostenibili aggiornando
le linee guida alimentari nazionali; promuovere attività di
educazione a un’alimentazione
sana e sostenibile; supportare
la ricerca per trovare strategie
di cambiamento comportamentale di successo; monitorare i regimi alimentari delle
persone e riferire sui progressi
nei confronti di un minore consumo di carne; assicurarsi che
la salute pubblica, l’agricoltura,
il commercio, le misure fiscali
o altre politiche promuovano
e guidino la transizione verso
una produzione e un consumo
alimentare sano e sostenibile;
coinvolgere diversi stakeholder
con lo scopo di condividere conoscenze e creare approcci pratici per promuovere consumi
sostenibili.
138
http://www.eating-better.org/
uploads/Documents/EB-policybriefing14-web.pdf.
Etichettatura ambientale
Negli ultimi tre decenni, sotto la spinta di iniziative pubbliche e private, sono nate diverse etichette
e loghi speciali da apporre volontariamente sulle
confezioni degli alimenti per informare i consumatori sulla sostenibilità. Tra i più conosciuti vi
sono quelli sul commercio equo e solidale; il logo
Rainforest Alliance (che promuove un’agricoltura
sostenibile a favore degli agricoltori e dell’ambiente nei Paesi in via di sviluppo); quelli legati
agli impatti ambientali e quelli che riguardano il
benessere animale.
Uno studio della Commissione europea ha individuato in Europa l’esistenza di 129 schemi di
informazione nutrizionale legati alla sostenibilità139. L’obiettivo di questi programmi è aumentare
la trasparenza lungo la catena alimentare e informare il consumatore per promuovere consumi
responsabili.
In generale la consapevolezza in merito alle etichette di sostenibilità e alla loro influenza sui
consumi è bassa140, anche se, secondo alcuni
studi, i consumatori sarebbero disposti a pagare
un prezzo leggermente superiore per i prodot-
ti alimentari certificati141. Le etichette o i loghi
più apprezzati oltre a quelli relativi ai prodotti
biologici, sono quelli che informano sulla provenienza del prodotto da allevamenti all’aperto e
le certificazioni sul benessere animale. Invece,
le etichette ambientali, come i cosiddetti Carbon
Label, sono considerate meno interessanti e sono
associate a una minore disponibilità a pagare un
maggior prezzo. Anche perché i consumatori,
pur riconoscendo l’etichetta, spesso non capiscono fino in fondo il concetto espresso (per esempio cosa si intenda effettivamente per impronta
di carbonio degli alimenti)142.
139
European Commission, Food Information Schemes, Labelling and
Logos, Internal Document DG SANCO, 2012.
140
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Pan-European Study on consumer attitudes, understanding and food
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137
©BCFN foundation 2015
bcfn
Food policy
I governi hanno un ruolo fondamentale
nel proporre e attuare adeguate misure
per garantire che tutti abbiano
accesso a diete più sane e sostenibili
I principali strumenti di food policy nel mondo
ambito
scopo
approccio
Soft
strumenti
Linee guida alimentari
(educazione)
eccesso
di cibo
Stili di vita più
sani e consumi
responsabili
Mirano a educare le persone
a consumi più responsabili
hard
(interventi sul mercato)
Intervengono modificando
gli equilibri di mercato
Ridurre la
malnutrizione
accesso
al cibo
138
aumentare
la resilienza
dei sistemi
alimentari
interventi
istituzionali
Miranti a garantire l’accesso al cibo
sano e sicuro per tutta la popolazione
Etichette nutrizionali
Vietare la pubblicità di
“junk food” diretta ai bambini
Promuovere il consumo di cibo sano
Tasse sul “junk food”
Politiche sulla
sicurezza alimentare
Interventi per contrastare il
cambiamento climatico
139
Le raccomandazioni BCFN
Le raccomandazioni BCFN
PER LE ISTITUZIONI
PER LE PERSONE
La Fondazione BCFN è profondamente convinta che l’adozione delle diete sostenibili, insieme al miglioramento
del sistema agroalimentare in termini di funzionalità, possano offrire un contributo determinante al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo. Pertanto, condividendo le posizioni espresse al riguardo da FAO, OECD, WWF e,
più di recente, USDA, auspica che le istituzioni e la politica, sia a livello nazionale sia internazionale, considerino
l’alimentazione come la chiave di volta per un’economia più sostenibile (low carbon economy).
Per questi motivi è importante sviluppare programmi politici ambiziosi e a lungo termine per promuovere e diffondere le diete sostenibili. Per far questo è necessario:
Considerata la rilevanza primaria del cibo per il benessere delle persone e per l’ambiente, la Fondazione
BCFN propone le seguenti raccomandazioni per promuovere l’adozione di stili alimentari sostenibili.
Essere consapevoli non è abbastanza.
Convincere le persone a modificare il loro comportamento quale alternativa ai trend attuali richiede il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema agroalimentare, siano essi scuole, aziende, distribuzione o media. Per
attuare interventi, lanciare prodotti e servizi ispirati alle linee guida per una dieta sostenibile:
140
Informare con un database accessibile a tutti, che raccolga e valuti programmi e progetti sviluppati per la promozione delle diete sostenibili nei diversi Paesi, per garantire che i governi e le
istituzioni impegnati nei programmi di sviluppo, così come gli attori incaricati di attuarli, siano
correttamente informati.
Educa. Per garantire che tutti, specialmente i giovani, comprendano a fondo il ruolo fondamentale che il cibo svolge nello sviluppo sostenibile, è prioritario accrescere la consapevolezza del
grande impatto economico, sociale e ambientale del cibo. Le famiglie devono considerare l’educazione nutrizionale quale primo strumento per garantire il benessere dei figli.
Coinvolgere nei programmi gli operatori di tutta la filiera, dal campo alla tavola, e i settori che
hanno un impatto diretto o indiretto sulle abitudini alimentari: le istituzioni pubbliche, i produttori, gli
agricoltori, i nuclei familiari, i rivenditori, i ristoranti e i catering, le scuole, il marketing e le ONG.
PREVIENI. Fare scelte alimentari adeguate, per una vita più lunga e più sana. Nel momento in cui una
persona decide cosa mangiare, diventa responsabile della propria salute. Obesità e altre patologie non
trasmissibili possono essere il risultato di stili di vita scorretti, frutto della combinazione tra diete sbilanciate e attività fisica insufficiente. La prevenzione tramite la nutrizione deve diventare una priorità per tutti.
Regolare attraverso un’azione combinata di linee guida volontarie e misure legislative (quando
necessarie) che coinvolgano i principali stakeholder, facciano affidamento su risorse economiche
adeguate e rendano possibile l’attuazione di programmi sociali per il supporto della dieta sostenibile.
RISPARMIA. Alimentarsi in modo equilibrato e corretto non costa necessariamente di più. Ma per farlo senza penalizzare il budget familiare occorre avere consapevolezza della corretta combinazione,
per quantità e frequenza di consumo, degli alimenti della piramide alimentare. Quindi, il presupposto della sostenibilità – anche economica – della dieta è la diffusione tra le persone di informazioni
nutrizionali corrette, e il recupero dell’antica cultura culinaria locale.
Misurare. Definire specifici obiettivi da monitorare regolarmente per valutarne il grado di attuazione. Tali obiettivi dovrebbero tenere in considerazione le abitudini alimentari e le tradizioni
specifiche dei diversi Paesi.
RIFLETTI. Una dieta corretta dal punto di vista nutrizionale è più sostenibile anche dal punto di
vista ambientale. L’adozione di una dieta bilanciata non è dunque solo una scelta responsabile
per noi stessi, ma è anche una forma di rispetto verso gli altri. Oggi sappiamo che una dieta
corretta dal punto di vista nutrizionale può ridurre il nostro impatto sul Pianeta e che gran parte
delle conoscenze necessarie per una produzione alimentare più sostenibile sono già disponibili.
141
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148
149
DOPPIA PIRAMiDE 2015
le aree di ricerca
le pubblicazioni
LE RACCOMANDAZIONI
PER UN’ALIMENTAZIONE
SOSTENIBILE
Food for All
La doppia piramide:
tutte le edizioni
Advisory Board
Barbara Buchner, Ellen Gustafson,
Danielle Nierenberg, Gabriele Riccardi,
Camillo Ricordi, Riccardo Valentini
Team di ricerca
Roberto Ciati, Luca Ruini (BCFN
Foundation), Carlo Alberto Pratesi
(Università Roma Tre), Ludovica
Principato (Università La Sapienza,
Roma), Elisabetta Redavid ed Eleonora
Vannuzzi (Life Cycle Engineering)
L’accesso al cibo e la malnutrizione:
il BCFN riflette su come favorire un
migliore sistema alimentare su scala
globale e come rendere possibile una
più equa distribuzione delle risorse
alimentari, incoraggiando il benessere
sociale e riducendo l’impatto sull’ambiente.
2014
2013
persone, ambiente, scienza, economia
Doppia Piramide 2015
Food for Health
Il rapporto e il delicato equilibrio fra
l’alimentazione e la salute: raccogliere
le raccomandazioni delle istituzioni
scientifiche mondiali e degli esperti
più qualificati, raccontare le proposte
del BCFN per facilitare l’adozione di
uno stile di vita corretto e un’alimentazione sana.
Doppia Piramide
2015
Le raccomandazioni
per un’alimentazione sostenibile
Doppia Piramide
2014
Quinta edizione:
stili alimentari e
impatto ambientale
# Milanprotocol:
Il futuro è di tutti,
anche tuo
Diete sostenibili:
Buone per te, buone
per l’ambiente
Milan Protocol:
6Th International
Forum on Food and
Nutrition: Preparing
a global food deal
towards EXPO 2015
Food for Health:
paradossi alimentari
e corretti stili di vita
in una società
che cambia
Contro lo Spreco:
sconfiggere il
paradosso del food
waste
Lo spreco
alimentare: cause,
impatti e proposte
Obesità: gli impatti
sulla salute pubblica
e sulla società
Agricoltura
sostenibile
e cambiamento
climatico
L’alimentazione
nel 2030: tendenze
e prospettive
Acesso al cibo:
sfide e prospettive
Oltre gli OGM.
Le biotecnologie
in ambito
agroalimentare
Il costo del cibo
e la volatilità
dei mercati
agricoli: le variabili
coinvolte
Obesità
e malnutrizione:
il paradosso
alimentare
per i nostri figli
From Kyoto to Milan: 5th Int. Forum
on Food and Nutrition: preparing to act
for a healthy planet
2012
Testi e infografiche
Food for Sustainable
Growth
www.lcengineering.eu
Coordinamento editoriale
Analizzare la filiera alimentare cercando di segnalare le criticità esistenti,
valutando l’impatto sull’ambiente di
produzione e consumo. Il BCFN propone buone pratiche e raccomanda
stili di vita personali e collettivi che siano in grado di incidere positivamente
sull’ambiente e sulle risorse.
Food for Culture
www.codiceedizioni.it
Immagini
www. istockophoto.com
www.corbisimages.com
Il rapporto tra l’uomo e il cibo, le sue
tappe nella storia e l’analisi della situazione attuale e futura. Il ruolo della
mediterraneità nel passato e l’attuale
importante compito che, secondo il
BCFN e i principali studi scientifici,
ricopre: riequilibrare la relazione tra le
persone e la loro alimentazione.
2013. Alimentazione
e Ambiente:
stili alimentari sani
per le persone e per
il Pianeta
Doppia Piramide
2012
favorire scelte
alimentari
consapevoli
Alimentazione
e benessere
per una vita sana
2011
ISBN 978-887578567-3
9 788875 785673
Finito di stampare a settembre 2015
presso Stamperia Artistica Nazionale,
Trofarello (TO)
Doppia Piramide
2011: alimentazione
sana per tutti
e sostenibile
per l’ambiente
150
2010.
Doppia Piramide:
alimentazione sana
per le persone,
sostenibile
per il Pianeta
Water Economy
Nuovi modelli
per un’agricoltura
sostenibile
Tutte le pubblicazioni del BCFN sono
disponibili su www.barillacfn.com
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tutte le pubblicazioni del bcfn sono disponibili su www.barillacfn.com
persone, ambiente, scienza, economia
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