Diapositiva 1 - Ambulatorio Sociale di Psicoterapia

Informazioni per l’utenza
17/09/2012
Ambulatorio
Sociale di
Psicoterapia
Via G. Soria 13
Roma
Presso l’Opera don Calabria
tel.066274894
Fax06627458
[email protected]
Come arrivare all’ambulatorio sociale di psicoterapia
IN METROPOLITANA
LINEA - A
Fermata Battistini (Capolinea). All’uscita si va a sinistra, percorrendo
via Battistini, dopo circa 300 mt., a destra si gira in via G. Soria, dopo
400 mt. si arriva ai n°11/13, OdC.
AUTOBUS DI SUPERFICIE
LINEA 46
Da piazza Venezia, scendere alla 1ª fermata di via F. Borromeo
(Primavalle). Dalla piazza adiacente (piazza Clemente XI) prendere
via Pasquale II, per 700mt., la seconda traversa a sinistra è via G.
Soria, percorrerla fino al n° 11/13, OdC.
MEZZI PROPRI
Via G. Soria è a senso unico da via Pasquale II a via M. battistini. Al
cancello n° 11/13 citofonare a OdC; ampio parcheggio interno.
Area dedicata
al trattamento del
Disturbo di Panico
Informazioni per l’utente
Ambulatorio Sociale di Psicoterapia
Via G. Soria 13
Roma
Ambulatorio
Sociale di
Psicoterapia
Presso l’Opera don Calabria
tel.066274894
Fax06627458
[email protected]
Area dedicata
al Disturbo di
Panico
Coordinatore: Dr. Ruggero Piperno, psichiatra, psicoterapeuta
Responsabile: Dr. Damiano Biondi, psicologo, psicoterapeuta
Otto domande sul
Disturbo di Panico
Studio Associato: Ambulatorio Sociale di Psicoterapia, R.
Piperno, D. Biondi, R. Zani, J. Caretta.
Testi e
grafica:
Ruggero
Piperno.
Disegni:
Nicolaj
Pennestri
Diritti di autore. Qualsiasi riproduzione e utilizzazione, anche
parziale, del materiale di questa brochure, al di fuori
dell’Ambulatorio Sociale di Psicoterapia è assolutamente
vietata e perseguibile a norma della legge 248/00,
Ambulatorio Sociale Psicoterapia
1) Che cos'è un Attacco di Panico?
2) Quali sono i sintomi più frequenti che si
hanno durante un "Attacco di Panico"?
3) Quando si può parlare di "Disturbo di
Panico”?
4) Cosa s'intende per Agorafobia e
Claustrofobia?
5) Il Disturbo di Panico ha una causa organica
o psicologica?
6) Quali sono i criteri su cui si basa la terapia?
7) Quali sono i fattori psicologici che rendono
difficile l'inizio della cura?
8) Quali strade bisogna percorrere per potersi
curare?
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Informazioni per l’utenza
17/09/2012
Che cosa è un attacco di panico?
E'
uno
stato
di
ansia
acuta
che
può
insorgere
improvvisamente e raggiungere livelli d'intensità drammatica
nel giro di qualche minuto, per poi decrescere più o meno
lentamente. Generalmente l'intera crisi non dura più di
mezz'ora, ma non è raro che venga ricordata come:
“la cosa più brutta che mi sia capitata nella vita” .
Lo stato di ansia si accompagna spesso ad un senso di
catastrofe imminente, come se si stesse per morire o per
impazzire, e a sensazioni corporee molto spiacevoli, che
tuttavia non comportano alcun reale pericolo per la
salute fìsica.
Finita la crisi ci si può sentire come liberati da un incubo , ma
può iniziare ad insinuarsi il timore che un evento così
spiacevole possa ricomparire.
A volte le crisi possono essere scatenate da avvenimenti
stressanti, altre volte si possono manifestare nei momenti di
rilassamento che seguono un periodo difficile.
Si possono verificare durante il giorno e durante la notte,
quando si è in casa o quando si è in macchina, per strada o
in qualche locale, quando si è soli e quando si è in
compagnia.
Dal momento che una crisi di panico si manifesta con disturbi
riferiti al proprio corpo, è frequente che chi sta male si rechi al
Pronto Soccorso, dove non è sempre facile, almeno all'inizio,
fare una diagnosi appropriata. Per questo motivo se questi
disturbi si ripetono è utile consultare uno psichiatra o uno
psicologo competenti in questo disturbo o un centro
specifico..
Quali sono i sintomi più frequenti che si
hanno durante un attacco di panico?
Le
manifestazioni
ansiose
possono
assumere
caratteristiche differenti da una persona all'altra. E' tuttavia
molto frequente che compaiano alcuni o tutti i seguenti
disturbi:
Sintomi di carattere fisico
Sudorazione
Vertigini, senso di sbandamento o instabilità
Mal di testa, senso di testa vuota
Senso di palpitazione, dolore al petto
Difficoltà nel respirare, senso di soffocamento
Nausea e disturbi intestinali
Tremori, formicolìi
Paralisi dei muscoli
Sintomi di carattere psichico
Sensazione di non riconoscere più se stessi
Sensazione di distacco dalla realtà
Paura di non trovare vie d'uscita
Paura di morire
Paura di impazzire
Paura di rimanere a casa da soli
Paura di uscire da soli
Paura di soffocarsi con il cibo
Dopo la crisi il paziente può rimanere per un tempo più o
meno lungo in uno stato di stordimento e sonnolenza.
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Informazioni per l’utenza
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Quando si può parlare di Disturbo di Attacco di
Panico (DAP)?
Quando gli Attacchi di Panico si ripetono con una certa frequenza o
quando permane la paura che si possano ripetere e vengono messi
in atto comportamenti specifici per evitarli.
il DAP è un disturbo che affligge circa 2 persone su 100 e che si
riscontra con una maggiore frequenza (circa il doppio) nelle donne.
La frequenza degli attacchi può essere molto variabile, da persona a
persona e per una stessa persona da periodo a periodo. Altrettanto
variabile può essere l'intensità individuale e l'andamento spontaneo
nel tempo con periodi di maggiore malessere e di relativa
remissione.
Alcune persone possono avere un unico attacco nella loro vita al
quale segue il timore che un avvenimento così spiacevole si possa
ripetere. Questo stato d'ansia viene chiamato “ansia anticipatoria”
in quanto ha la funzione di anticipare o prevenire l'insorgenza
di una nuova crisi.
La vita sociale di chi soffre di DAP e dei suoi parenti può essere
notevolmente condizionata da questo disturbo, in quanto può
diventare più difficile fare amicizie, viaggiare, trovare lavori o
accettare lavori più vantaggiosi, essere indipendenti. I parenti o gli
amici si trovano spesso a dover svolgere dei ruoli di supporto (come
dover accompagnare il proprio congiunto costantemente) che, alla
lunga, possono rivelarsi stressanti. Al contrario può succedere che la
fobia di uscire diventi funzionale ad una organizzazione familiare.
Non è raro che chi soffre di Attacchi di Panico possa sentirsi
depresso o demoralizzato per la consapevolezza e la frustrazione
che l'insieme di questi disturbi comporta e che possa provare nei
confronti delle persone che svolgono un ruolo di accudimento
sentimenti ambivalenti di necessità e insofferenza
Cosa s’intende per Agorafobia e Claustrofobia?
L'Agorafobia (paura degli spazi aperti) e la Claustrofobia (paura
degli spazi ristretti) si accompagnano frequentemente al Disturbo di
Attacchi di Panico (circa 60% dei casi).
Gli elementi caratteristici sono tre:
Paura che in caso di attacco non si possa essere prontamente
soccorsi. La paura di potersi sentire male può apparire del tutto
irrazionale anche al paziente, che tuttavia non si sente rassicurato
dal riconoscimento dell'infondatezza di questi pensieri.
Evitamento di tutti i luoghi temuti, come piazze, super- mercati,
traffico, cinema, autobus, aerei, ascensori. In genere si temono
quelle situazioni che non hanno vie di uscita. A volte l'evitamento si
compie in maniera plateale costringendo gli altri ad intervenire, altre
volte viene invece tenuto nascosto attraverso particolari sotterfugi.
Con il tempo le condotte di evitamento possono aumentare e
irrigidirsi in un vero e proprio stile di vita che diventa maggiormente
invalidante rispetto agli stessi attacchi di panico.
Ricerca di rassicurazioni. Possono essere le più svariate, dalla
ricerca delle strade alternative nel caso di traffico, al dover stare in
vicinanza delle uscite di sicurezza nei cinema, teatri e luoghi chiusi,
dal dover possedere la mappa degli ospedali lungo i propri tragitti, al
portarsi
oggetti
tranquillizzanti
(farmaci,
bottigliette
d'acqua,
cellulari), dalla ricerca di persone, che con la loro presenza danno
un senso di protezione, al crearsi una distanza di sicurezza, che non
può essere superata, da un punto di riferimento specifico (in genere
la propria abitazione).
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Informazioni per l’utenza
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Il Disturbo di Attacco di Panico ha
una causa organica o psicologica?
Come
per
altri
predisposizione
disturbi
biologica
mentali
si
presume
(vulnerabilità),
di
una
carattere
genetico-costituzionale, o acquisita secondo modalità che
appaiono di natura ancora incerta, alla quale si associano
fattori psicologici e sociali stressanti, sia nell'infanzia che
nel corso della vita. Spesso dopo la prima crisi si viene a
strutturare
uno
stato
di
"allarme"
che
porta
a
sopravvalutare tutte quelle variazioni fisiologiche che
quotidianamente avvengono nel nostro corpo e alle quali
la
maggior
parte
delle
persone
attribuisce
scarsa
importanza. La prima crisi può essere scatenata da una
condizione fisica contingente anche di scarsa entità
oggettiva (palpitazioni, tachicardia, fastidi addominali, etc.),
che in determinate persone suscita un senso di insicurezza
specifico e profondo, o può non avere una causa
scatenante accertabile. Da questo momento il timore di
una possibile ricaduta, e quindi un elemento psicologico,
diventa il nucleo centrale del disturbo. Si può quindi
parlare di una doppia matrice che, quando si verificano
particolari condizioni di interazione, può diventare disturbo
conclamato.
Dobbiamo quindi accettare che la mente e il corpo non
hanno confini rigidi e che le relazioni fra mente e cervello
sono realmente molto complesse, che agire sul cervello
attraverso i farmaci comporta cambiamenti psicologici, così
come
agire
sulla
psiche
attraverso
la psicoterapia
comporta la trasformazione di parametri biologici.
Quali sono i criteri su cui si basa la terapia?
Possiamo concepire la mente umana basata su due grandi funzioni: le
emozioni, come la paura, la rabbia, l'ansia, e i processi logici e
simbolici del pensiero. Le emozioni hanno le loro strutture anatomiche
e funzionali nelle zone sottocorticali del cervello, mentre gli aspetti
cognitivi nelle zone corticali, più recenti da un punto di vista evolutivo.
Emozione e pensiero stanno fra loro in un rapporto dinamico di
collaborazione, prevalendo l'una sull'altro a seconda delle circostanze
alle quali l'individuo deve fare fronte. Vi sono infatti momenti in cui è
più vantaggioso riflettere sul da farsi, ad esempio per valutare
l'opportunità di compiere una determinata azione, e altri momenti in cui
è necessario agire d'istinto, come quando bisogna difendersi da un
pericolo improvvisoo lasciarsi andare ad una sensazione piacevole.
Nel disturbo di panico si viene a verificare un circolo vizioso patologico,
fra il pensiero, che per una alterata percezione degli stimoli sensoriali o
delle fantasie interne aumenta l'ansia, e quest'ultima che, per una
alterata regolazione biochimica delle strutture cerebrali, interferisce con
la valutazione critica del pensiero. Tutto ciò espone alcune persone a
sofferenze intense, anche in seguito a stimoli o percezioni banali della
vita quotidiana, che chi soffre di questi disturbi cercherà di evitare
limitando così la propria vita sociale.
La terapia si pone essenzialmente tre obiettivi:
Mitigare lo stato ansioso anche utilizzando farmaci specifici.
Riorganizzare i pensieri automatici in modo che non vengano scambiati
per pericolosi segnali che in realtà non sono.
Migliorare la capacità di auto osservazione e di riflessione su se stessi,
e la capacità di comprendere la funzione generale che il disturbo di
panico può svolgere nella dinamica mentale personale e
interpersonale.
Il raggiungimento dell'insieme di questi obiettivi potrà non soltanto
attenuare o annullare gli attacchi di panico, ma aiutare le persone a
utilizzare al meglio le loro potenzialità.
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Quali sono i fattori psicologici che
rendono difficile l'inizio della cura?
Spesso le persone che soffrono di DAP provano un senso di disagio
nell'affidarsi ad uno specialista per paura di diventare dipendenti e
perdere così il controllo su se stessi. Qualcosa di simile si avverte
nei confronti dei farmaci, che vengono generalmente portati con sé,
come elemento rassicurante, ma che si ha difficoltà ad assumere
per timore che possano innescare reazioni incontrollabili dentro il
proprio organismo o che possano diminuire lo stato di vigilanza,
funzione che chi soffre di disturbi ansiosi ha bisogno di mantenere
costantemente attiva. Ciò porta ad un iniziale tentativo di curarsi da
soli, per cui molte persone giungono in terapia solo dopo che i propri
tentativi di cura si sono dimostrati insoddisfacenti o hanno fallito,
prolungando, con conseguenze negative, il tempo che intercorre
dall'inizio della crisi all'inizio della cura. Altre volte vi è la tendenza a
cambiare
frequentemente
medico
per
timore
di
affrontare
concretamente la cura.
Se si accetta di curarsi può subentrare la preoccupazione che il
medico non sia disponibile al momento del bisogno.
E' possibile che durante i primi giorni di trattamento farmacologico si
verifichino degli effetti collaterali (mal di testa, nervosismo,
gastralgie, diminuzione del desiderio sessuale). E' importante tenere
presente che questi disturbi sono passeggeri e tendono a
scomparire e che ci si deve rivolgere al proprio medico per
comunicargli eventuali problemi piuttosto che sospendere la
terapia di propria iniziativa.
Quali strade bisogna percorrere
per potersi curare?
La terapia degli Attacchi di Panico ha fatto, negli ultimi anni,
grandi progressi.
E' possibile controllare i sintomi acuti, diminuire la probabilità di
recidive, attenuare, anche notevolmente, l’ansia “anticipatoria”,
l'agorafobia e la claustrofobia, la depressione e il senso di
demoralizzazione, attraverso farmaci che, sotto il controllo
medico, possono essere ben tollerati e molto efficaci e
attraverso modalità specifiche di psicoterapia, individuali e di
gruppo, anche di breve durata, che permettono di trovare una
comprensione ed un “senso” a quello che sta accadendo.
Tutto ciò comporta una possibile guarigione o comunque un
sensibile miglioramento della qualità della vita. Non è raro che
per raggiungere questi risultati si debba ricorrere ai farmaci ed
alla psicoterapia in maniera integrata.
Molte persone ritengono che gli effetti positivi della terapia
possano cessare con la sua sospensione. E' viceversa
importante tenere presente che dopo un tempo congruo di
cura, che deve stabilire il medico, la terapia farmacologica e
psicoterapica possono terminare senza che vi sia una ripresa
della sintomatologia, e che in nessuna fase della cura il
medico o lo psicologo si sostituiranno al paziente limitando la
sua libertà o la sua soggettività o ne influenzeranno la volontà.
Sia la terapia farmacologica che la psicoterapia sono rimedi
sicuri ed efficaci, ma devono essere utilizzati, dosati, integrati
in maniera diversa da persona a persona, sotto il controllo di
uno specialista.
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