Valutazione delle rimanenze profili civilistici e fiscali _2

Forlì, 27 marzo 2013
Prot. n. 49/2013
METODI DI VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE DI
MAGAZZINO, PROFILI CIVILISTICI E FISCALI GENERALI E PER
IL SETTORE AGRICOLO
Il processo di stima e quantificazione delle rimanenze assume rilevanza
sotto un duplice profilo:
•
civilistico – ossia di conformità alle norme dettate dal codice civile;
•
fiscale – ossia di conformità alle norme fiscali (Tuir).
PROFILI CIVILISTICI
La norma di riferimento del codice civile in materia di rimanenze è
l’art.2426.
L’art. 2426 n. 9) del c.c. stabilisce che “le rimanenze, i titoli e le attività
finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di
acquisto o di produzione, …, ovvero al valore di realizzazione desumibile
dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può
essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I
costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di
produzione;”.
Il successivo punto n. 10) del medesimo articolo, offre i criteri per la
determinazione del “costo” e, a tal fine, stabilisce “il costo dei beni
fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con
quelli: "primo entrato, primo uscito o: "ultimo entrato, primo uscito; se il
valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti
alla chiusura dell'esercizio, la differenza deve essere indicata, per
categoria di beni, nella nota integrativa;”.
Ciò premesso, ai fini civilistici le rimanenze devono essere valutate come
segue:
a) al costo di acquisto, maggiorato degli oneri accessori;
b) al costo di produzione, quando il bene viene prodotto, interamente o
anche a mezzo di terzi, dall’impresa;
c) per i soli beni fungibili (beni con caratteristiche analoghe sostituibili
fra loro), la valutazione può essere effettuata col metodo della media
ponderata e con quelli “primo entrato, prima uscito” (F.i.f.o) o “ultimo
entrato, primo uscito” (L.i.f.o.).
Qualora il costo, come sopra identificato, dovesse essere inferiore al
valore di mercato, tale ultimo parametro deve essere preso a base per la
definizione del valore delle rimanenze.
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a) Costo di acquisto
Il costo di acquisto deriva dalla sommatoria algebrica:
• Costo di acquisto
al netto di
• Sconti commerciali, abbuoni e premi,
• Contributi in conto esercizio,
maggiorato di
• Tutti gli oneri accessori (trasporto, provvigioni, carico e scarico, assemblaggio, spese, tasse e dazi di
importazione, oneri di urbanizzazione, cioè tutti i costi connessi al contratto ed i costi relativi al
ricevimento e alla presa in possesso).
• Iva indetraibile
b) Costo di produzione
I costi di produzione, che possono essere diretti o indiretti, comprendono:
• costo delle materie prime e sussidiarie semilavorati e imballaggi, inclusi i costi di trasporto,
facchinaggio, dazi e qualsiasi altro onere accessorio;
• materiali di consumo;
• costi relativi a licenze di produzione;
• manodopera diretta, indiretta e personale tecnico di stabilimento;
• l’energia elettrica;
• gli ammortamenti, i noli, le manutenzioni e riparazioni dei macchinari impiegati nella produzione;
• i costi per assicurazioni e fideiussioni specifiche;
• i costi di progettazione e direzioni lavori;
• i costi preoperativi, tra cui i costi di progettazione e per studi specifici della commessa ed i costi di
organizzazione e di avvio dei lavori;
• altri costi generali di produzione o industriali;
• interessi passivi specifici ovvero relativi alle somme che sono state impiegate nell’opera o nella
commessa, fino al momento in cui il bene può essere utilizzato.
I costi di distribuzione, le spese generali e amministrative non possono essere computate nel costo di
produzione.
c.1) Costo medio ponderato
Il costo medio ponderato dei beni risulta dalla divisione del costo complessivo dei beni acquistati o
prodotti nell’esercizio, per la loro quantità.
c.2) L.i.f.o. a scatti
Il metodo Lifo (ultimo entrato primo uscito) tende a contrapporre costi correnti (più recenti) a ricavi
correnti, valutando il magazzino ai costi più vecchi.
Con il lifo le rimanenze, nel primo esercizio di formazione, sono valutate al costo medio ponderato.
Negli esercizi successivi, se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto al periodo precedente, il
valore delle rimanenze è dato dalla somma delle giacenze iniziali più le maggiori quantità valutate al
costo medio ponderato dell’esercizio.
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Se invece la quantità è diminuita, il decremento annulla gli incrementi formatisi nei periodi precedenti,
a partire dal più recente.
c.2.1) Lifo continuo
Si differenzia dal lifo a scatti in quanto le regole da quest’ultimo previste si applicano ad ogni acquisto
anziché annualmente, a fine esercizio.
c.3) F.i.f.o.
Con il Fifo (primo entrato primo uscito) si immagina che le uscite dei beni dal magazzino avvengano
nello stesso ordine di entrata. Le rimanenze sono perciò rappresentate dai beni di più recente
acquisizione. La valutazione va quindi effettuata ai costi/prezzi più recenti.
c.4) Costo specifico
Ogni singolo bene viene valutato al suo prezzo di acquisto o di produzione.
d) Valore di mercato
Per valore di mercato deve intendersi il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato,
fino al momento dell’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea.
La norma non richiede che la svalutazione di valore abbia carattere durevole, ma ritiene sufficiente
che, ai fini della svalutazione, la stessa possa avere anche carattere congiunturale dal momento che le
rimanenze possono essere produttrici di perdite nel breve periodo.
Tale valore minore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi.
Questo “valore minore” attribuito alle rimanenze, costituisce nuovo periodo di formazione per la
valutazione Lifo ed è fiscalmente riconosciuto anche negli esercizi successivi, purché non si iscrivano ad
un valore superiore secondo le disposizioni civilistiche.
La valutazione al minore tra costo e mercato si effettua di solito voce per voce, ovvero creando
apposito fondo svalutazione da opporre in bilancio a rettifica diretta della voce rimanenze.
PROFILI FISCALI
La disciplina fiscale delle rimanenze è dettata dall’art. 92 del TUIR il quale si limita a stabilire un valore
minimo e non fa alcuna distinzione tra beni fungibili e infungibili.
Le imprese che in bilancio valutano le rimanenze con i metodi della media ponderata, del Fifo o con
varianti del Lifo (a scatti e continuo), potranno conservare gli stessi valori anche ai fini fiscali.
Ne consegue che i metodi previsti dal codice civile (costi specifici, Lifo, Fifo, media ponderata)
assumono piena valenza fiscale; se invece la valutazione delle rimanenze in bilancio viene effettuata
con metodi diversi da quelli ammessi dal c.c., il valore delle giacenze finali non può essere inferiore a
quello che si ottiene con il Lifo a scatti annuali.
Se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato secondo il metodo di valutazione
applicato, con esclusione di quello a valore specifico, risulta superiore al valore medio dei beni
nell’ultimo mese dell’esercizio (anche per obsolescenza, moda, danni, deterioramenti) l’intera quantità
delle rimanenze, indipendentemente dal periodo di formazione, si moltiplica per il valore nomale
(art.92, c.5, Tuir).
Il valore normale costituisce l’equivalente fiscale del concetto civilistico di valore di mercato. Il valore
normale è il prezzo mediamente praticato per merci della stessa specie o simili, in situazione di libera
concorrenza, nel medesimo stadio di commercializzazione, nel medesimo luogo o in quello più
prossimo. In pratica, per valore normale ci si riferisce al listino prezzi dell’azienda, o ai listini di borsa o
alle mercuriali ed ai listini delle camere di commercio.
SPECIFICITÀ’ FISCALI PER IL SETTORE AGRICOLO
Allevamenti
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Per gli animali alla cui produzione e scambio è diretta l'attività dell'impresa, e per tutti i prodotti
realizzati nel fondo destinati alla vendita, i costi concorrono alla formazione del reddito nell'esercizio di
sostenimento, se gli animali o i prodotti ottenuti sono stati ceduti nel corso dello stesso.
Se i prodotti ottenuti sono, invece, presenti alla fine dell'esercizio, i costi restano sospesi come
rimanenze finali, in attesa del conseguimento dei correlati ricavi.
La valutazione di tali rimanenze sarà effettuata ai sensi dell'articolo 92 del Tuir.
Le scorte vive devono essere raggruppate in categorie omogenee per natura e per valore; tuttavia, ove
ciò non fosse possibile, la relativa valutazione sarà effettuata in base alle spese sostenute (articolo 92,
comma 6) ed il costo di acquisto va incrementato delle spese di allevamento relative all'esercizio, per
la parte del loro ammontare attribuibile a ciascun animale (circolare AE n. 11/1991).
Tale ultimo criterio è utilizzabile in presenza di beni che alla fine dell'esercizio non sono finiti (animali
in allevamento, colture in corso, ecc.), che possono ragionevolmente essere definiti prodotti in corso di
lavorazione.
Piante destinate alla silvicoltura e alla produzione di frutta
Le piante destinate alla silvicoltura e alla produzione di frutta non sono soggette ad ammortamento e
sono considerate spese pluriennali, a norma dell'articolo 108, comma 3.
Inoltre, i costi di acquisizione e quelli di mantenimento devono essere capitalizzati fino al momento nel
quale vengono conseguiti i ricavi derivanti dalla vendita del legname ottenuto con il taglio delle piante.
Per le piante da frutta, le spese di mantenimento sono deducibili nell'esercizio di sostenimento, se la
cessione della frutta avviene nel corso dello stesso, ovvero nell'esercizio nel quale la cessione stessa si
verifica.
I costi delle piante destinate alla vendita sono deducibili nell'esercizio di sostenimento ovvero restano
sospesi in attesa del conseguimento dei relativi ricavi. Le piante in giacenza vanno raggruppate in
categorie omogenee per natura e per valore, ai sensi dell'articolo 92.
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