Vacanze ad Agrigento, sfida alla libertà

Vacanze ad Agrigento, sfida alla libertà
“Che cosa cercate”? Questo il tema delle vacanze 2014, anche per gli
adulti della comunità di Palermo ed alcune comunità della Sicilia occidentale, che si
sono ritrovate a fine luglio ad Agrigento.
La prima sfida giunge dalla scelta del luogo: che cosa può cercare chi sa tutto
della città, chi l’ha già visitata, ci lavora o ci abita?
Prima provocazione. Visita a Racalmuto, 23 km da Agrigento, nell’entroterra
siciliano, terra di zolfo, di grano e di mafia, reso famoso per i natali a Leonardo
Sciascia, morto nel 1989, autore di romanzi, alcuni dei quali noti anche nella
trasposizione filmica, come ad esempio Il giorno della civetta. Entriamo alla
Fondazione a lui intitolata, una ex centrale elettrica, forniti di tutto per trascorrere una
giornata all’aperto, compreso un buon numero di passeggini, con relativi passeggeri.
Ci accoglie il sindaco, alquanto meravigliato dell’interesse che il suo famoso
concittadino possa destare in un popolo così variegato. Segue la visione di un breve
filmato che illustra la vita e le opere dell’autore. Poi tocca a me e Giuseppe
raccontare come abbiamo raccolto la sfida alla ricerca in alcune opere di Sciascia del
“che cosa” e del “come” Sciascia ha cercato nella sua vita: la ragione, la verità, la
giustizia; tutto ciò attraverso la scrittura, la letteratura, intese come inchiesta continua
sulla verità, sulle possibilità di giustizia, senza accontentarsi di soluzioni
precostituite, meccaniche, ma accusando i colpi inferti dalla realtà e scandagliando
fatti, volti, drammi reali di un contesto difficile, quello siciliano, che “gli duole”. A
pranzo, tra un panino e l’altro, ecco le prime reazioni: “Avevo letto qualcosa, ma non
pensavo che Sciascia si ponesse domande così radicali” Oppure: “Pensavo fosse uno
che si occupasse solo di mafia”. Da qui il passo sulla sua famosa polemica sui
“professionisti dell’antimafia” sul Corriere della Sera è breve. E così ci si accorge che
i tratti caratteristici della lotta alla mafia sono sempre attuali: da una parte gli
intellettuali che cercano di lucrare posizioni ideologiche e dall’altra il popolo che
quotidianamente combatte la sua silenziosa battaglia contro il ricatto e i soprusi dei
mafiosi.
Secondo incontro. Visita notturna della Valle dei Templi. Torna la domanda
iniziale: che cosa cercavano i greci? Rita ci introduce proponendoci la loro risposta:
la ricerca della bellezza, dell’armonia, dell’equilibrio. Ci dice che i templi, che nella
notte si rivelano ai nostri occhi nel loro splendore, “sono opere maestose che però
non ci fanno sentire schiacciati, ma accolti, perché sono armonici, costruiti nel
rispetto di calcoli matematici per cui ogni parte è concepita nella sua relazione con il
tutto”. E poi ci ricorda che “sono fatti per essere visti dall’esterno, perché solo con il
cristianesimo il popolo potrà varcare le soglie del tempio”. E torna a spiegarci qual
era la loro concezione della bellezza: “Una figura stilizzata, un insieme di forme che
si riconoscono perfette. Ma il cristianesimo introduce nella storia una novità
eccezionale: il gesto dell’ordinario lavoro quotidiano, senza abbellimenti, diviene
decoro delle cattedrali”. Di fronte alla maestosità del Tempio della Concordia, ci
spiega che il suo eccezionale stato di conservazione è merito della trasformazione in
basilica cristiana avvenuta nel VI secolo. Giovanni, agrigentino doc, si stupisce ed
esclama: “Ho visitato la Valle dodici volte, ma certe cose non le avevo mai notate,
non me ne ero accorto, non ci avevo pensato!”.
Terza opportunità. Rosalia e Cristina ci parlano del loro incontro con il più
famoso letterato agrigentino: Luigi Pirandello. Ne scopriamo così un volto inedito,
quello di un uomo che ha attraversato tutta la filosofia del suo tempo, dal positivismo
in poi, senza riuscire a liberarsi mai della questione di Dio e delle urgenze essenziali
che il mondo imborghesito si accontenta di ‘risolvere’ in una maschera. Colpisce tutti
i presenti questa citazione tratta dalla prefazione dei Sei personaggi in cerca d’autore:
“Ci sono diversi tipi di scrittori, io sono uno scrittore di tipo filosofico, cioè uno
scrittore che si pone il problema di conoscere la realtà. Non scrivo perché mi
interessa la letteratura, ma perché mi interessano le cose, la vita, per questo il mio
teatro è rivoluzionario”.
Altro scossone. La testimonianza di uno fra noi, Pino, che, come ci ricorda
Salvo nel presentarlo, appartiene alla Prelatura dell’Opus Dei ed è sposato con Giusi,
una nostra amica del movimento. “Lasciatemi esprimere la soddisfazione di sentirmi
chiamare finalmente Pino, anziché ‘il marito di Giusi’!” – dice scherzosamente. Pino
da due anni lotta contro un tumore al cervello. Le sue parole sono uno scossone al
nostro essere borghesi, alla comodità del ‘già saputo’. “Due anni fa, - racconta quando avevo la vita sistemata e pensavo di aver raggiunto tutti gli obiettivi, ho
scoperto, proprio dopo una vacanza come questa, che “un intruso di otto centimetri”
era entrato nel mio cervello: un tumore da cui non sono ancora guarito”. E poi spiega:
“Sono qui non per gridare al miracolo, ma per raccontare una storia di gioia, anche se
a volte la gioia ha le radici a forma di croce”. E ancora: “La sera prima
dell’intervento, non avendo certezza di come sarebbe andato, ho detto a mia moglie:
<<Giusi, ora dobbiamo capire se tutti i soldi che abbiamo speso in ritiri, raduni,
vacanze, il tempo impiegato, le scelte fatte, i sacrifici sopportati valevano la pena o
no di essere vissuti!>>. “Quella sera - ricorda commosso - ho scoperto che un tumore
non ti cambia la vita, nel senso che Cristo c’è, e mi permette di lavorare, di vivere il
quotidiano, di ricominciare ogni giorno. Come ho detto non sono un miracolato, ma
proprio per questo adesso esigo di più da tutto, proprio perché l’ordinario mi è dato”.
Gandolfo viene al microfono dal fondo della sala e gli chiede: “ Ma da dove ti viene
questa certezza in Cristo? Io non ce l’ho e vorrei averla !” E Pino, sereno: “Questa
certezza - risponde - non è un discorso nel quale cercare i termini più convincenti, ma
è una vita di relazione che si vive qui, ora, sempre”.
Conclusione. Il giocone, i frizzi e i lazzi, i canti, lo scambio degli indirizzi. Si
torna a casa non con la certezza di una risposta esaustiva, ma con il desiderio in più di
raccogliere la sfida, la più importante, quella della vita di ogni giorno. La domanda è
d’obbligo a chi è venuto per la prima volta: “Te l’aspettavi così, questa vacanza?”
“No, ho avuto di più, non sono rimasta tranquilla, sono stata spostata all’essenziale ed
è questo che cerco ogni giorno!”
Cinzia Billa