Il diritto alla riservatezza del lavoratore Premessa Contravvenendo alla consuetudine che vede i ringraziamenti nella parte finale di qualsiasi intervento, apro questo mio contributo con un ringraziamento agli organizzatori di questa giornata di studio. Dunque, ringrazio l’Ufficio della Formazione decentrata perché mi ha offerto l’occasione per rileggere con nuovo e diverso interesse lo Statuto dei lavoratori, testo sacro per un vecchio giuslavorista quale sono ormai diventata, ma anche per il legislatore più moderno , che pure nella materia della riservatezza lo ha trovato tanto prezioso ed utile da confermarne la vigenza e la validità. Lo Statuto dei lavoratori, seppur concepito per assicurare alle associazioni sindacali una speciale tutela, coerente con l’importanza e la responsabilità che storicamente aveva assunto nel tempo il sindacato, reca anche Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori . Ed è significativo della importanza che il legislatore ha attribuito alla libertà e dignità dei lavoratori il fatto che gli articoli successivo al 1°, che garantisce la libertà di opinione, e, precisamente gli articoli da 2,3,4,5,6,8 tutelino in maniera incisiva il diritto alla privacy del lavoratore nei posti di lavoro. Certo se al legislatore del 1970 era ben chiaro che il diritto alla riservatezza poteva essere facilmente oggetto di limitazione a causa della posizione in cui il lavoratore si trovava nell’azienda, il contesto socio-economico dell’epoca in cui lo Statuto fu introdotto nell’ordinamento giuridico non faceva prefigurare ancora la rete di rapporti sociali, economici e partecipativi in cui il lavoratore sarebbe rimasto coinvolto nè l’importanza che negli anni successivi avrebbero assunto la raccolta ed il trattamento dei dati personali del lavoratore. D’altra parte, la riservatezza come diritto fondamentale della persona e come libertà non si era ancora affermato; mentre le tecnologie non avevano raggiunto il livello di progresso e di pervasività di cui oggi cominciamo a preoccuparci. 1 E questo spiega la ragione per la quale la salvaguardia della sfera personale del lavoratore si riconduce essenzialmente alla protezione all’interno del luogo di lavoro e nei confronti del solo datore di lavoro. Risulta, comunque, sorprendente il fatto che il diritto alla riservatezza, tipico dell’età dell’oro della borghesia1, trovi il suo primo riconoscimento in una legge che racchiude le norme a garanzia della libertà e della dignità dei lavoratori La tutela della riservatezza come tutela della libertà personale e della dignità del lavoratore all’interno dei luoghi di lavoro. La legge 19.5.1970 n. 300 Naturalmente, la particolare qualificazione di chi mi ascolta ed, un tempo, il dovere di fedeltà alla traccia che mi è stata assegnata e che è correlata all’oggetto della giornata di studio – l’esame delle novità introdotte dal Codice sulla protezione dei dati personali - mi esonerano dalla necessità di illustrare nel dettaglio il contenuto degli artt. 2,3,4,5,6,8 dello Statuto dei lavoratori . A queste disposizioni farò dunque riferimento al fine di analizzare l’impatto prodotto sulle medesime dal Codice sulla protezione dei dati personali . Gli artt. 2 e 3 e 6, nel regolamentare il potere di controllo del datore di lavoro sui lavoratori attuano la garanzia della dignità del lavoratore che costituisce il limite della libertà di iniziativa economica di cui al comma 2 della Costituzione e, nel loro combinato disposto, distinguono la tutela del patrimonio aziendale2 ( e, quindi anche la vigilanza) dalla vigilanza sull’attività lavorativa3. La finalità è quella di evitare per un verso forme di controllo occulto e, per altro verso, di escludere un controllo di tipo poliziesco, quale quello effettuabile dalle guardie giurate, che, nel tempo della emanazione dello Statuto, appariva vessatorio sia nella forma (accorta dottrina aveva osservato che esse vestono l’uniforme, possono essere autorizzate a portare le armi) sia nella sostanza ( per la efficacia di atto pubblico attribuita ai verbali redatti dalle guardie giurate), e di limitare le ispezioni del lavoratore . 1 così Rodotà in Tecnologie e diritti Il Mulino, 1995 l’art. 3 disciplina l’impiego da parte del datore di lavoro delle guardie giurate disponendo che esse possono essere impiegate soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale, vieta alle guardie giurate di contestare ai 2 2 Mi sembra utile segnalare che già prima della entrata in vigore della legge 300/70 la Corte di Cassazione4 aveva ritenuto che il datore di lavoro non avesse il potere di affidare a guardie giurate mansioni attinenti alla diretta sorveglianza e vigilanza dell’attività dei suoi dipendenti. Sul problema della utilizzabilità o meno degli esiti di controlli effettuati in modo illegittimo ed illecito, variamente risolto dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, mi limito a considerare che la finalità di garanzia , sottesa alle norme in commento, della dignità e della sfera di riservatezza del lavoratore sarebbe frustrata se si ammettesse la utilizzabilità in sede disciplinare ovvero in giudizio dei risultati della attività di vigilanza effettuata oltre i limiti consentiti. Ricordo, quanto alla vigilanza sull’attività lavorativa che la giurisprudenza prevalente5 ammette che il controllo possa essere effettuato dal personale i cui nominativi siano stati previamente comunicati ai lavoratori ma anche dai superiori gerarchici ( con la precisazione che deve trattarsi dell’immediato superiore gerarchico del lavoratore soggetto al controllo e non di tutti quelli che si trovino in una posizione sovraordinata perché altrimenti risulterebbe frustrata la finalità della garanzia sottesa all’art. 3 che, garanzia che si realizza attraverso la riconoscibilità dei controllori). L’articolo 4, completando le garanzie nei confronti dei controlli occulti, vieta il controllo a distanza operato con impianti audiovisivi e con altre apparecchiature istallati allo scopo esclusivo del controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, e, al contempo, operando una sorta di bilanciamento di interessi, al comma 2 ne ammette l’istallazione solo se finalizzati a soddisfare esigenze organizzative e produttive o di sicurezza del lavoro, peraltro previo accordo con le rappresentanze sindacali o, in mancanza, se autorizzata con provvedimento dell’Ispettorato del lavoro. Presupposto per la operatività del divieto posto dalla lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale, di vigilare l’attività lavorativa, di accedere nei locali ove si svolge tale attività durante lo svolgimento della medesima se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti previsti nel primo comma. 3 l’art. 4 impone al datore di lavoro di comunicare ai lavoratori interessati le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa. 4 Cass. 26.11.1973 n. 3190 5 si legga in particolare Cass. 12 agosto 1998 n. 7933 3 disposizione in commento è che il controllo riguardi – direttamente o indirettamente – l’attività lavorativa che è quella in atto, mentre è possibile il controllo, rectius la verifica, del risultato della attività del lavoratore. Si ritiene che esulano dall’ambito di applicazione della norma i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore – cd controlli difensivi – quali ad esempio i sistemi audiovisivi di controllo dell’accesso ad aree riservate o le apparecchiature di rilevazione di telefonate ingiustificate, precisandosi, però, che, se indirettamente ne risulti un controllo sull’attività lavorativa, sarebbe applicabile la garanzia della norma in commento. La finalità è, ancora una volta, quella di rendere riconoscibili i controlli sull’attività lavorativa , con la conseguenza che da taluno è stato ritenuto che perché operi il divieto la distanza meramente spaziale non è indefettibile, così come può non essere sufficiente e quindi il controllo mediante computer rientrerebbe tra i controlli a distanza. Alla nozione di distanza temporale è stato fatto riferimento6 per affermarne la sussumibilità entro il divieto posto dall’art. 4 con riguardo alla elaborazione a mezzo di computer di dati storici e ciò sul rilievo della estrema pervasività di un sistema che raccoglie dati diversi e consente verifiche incrociate. Il dato testuale costituito dal riferimento alla apparecchiatura è valorizzato dalla giurisprudenza per escludere l’operatività del divieto nel caso che il controllo sia effettuato da una agenzia investigativa sul personale addetto alla cassa.7La previsione di una procedura garantista8 ai fini della individuazione delle esigenze tecnico produttive che legittimerebbero il potere datoriale del controllo a distanza, procedura che si realizza mediante la negoziazione con le rappresentanze sindacali aziendali o, in caso di mancato accordo, attraverso l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, evidenzia che per il legislatore del 1970 le ragioni giustificatrici del 6 Pret. Milano 5.12.1984 Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 1985 II pg. 209 rinvio per una rassegna completa della giurisprudenza e per ulteriori approfondimenti a G. Amoroso - V. Di Cerbo - A. Maresca, Statuto dei lavoratori e disciplina dei licenziamenti, Milano, 2001 8 l’art. 4 comma 2 prevede …gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra le modalità per l’uso degli impianti 7 4 controllo a distanza non sono cogenti ex se ma devono essere verificate con i rappresentanti dei lavoratori ovvero dalla pubblica autorità. E proprio in tema di istallazione di impianti di videosorveglianza sui luoghi di lavoro, l’attività del Garante, nell’ambito più generale della protezione della riservatezza dalle illecite ingerenze di cui i sistemi in questione possono essere espressione, si è collocata nel solco tracciato dalle disposizioni dello Statuto. Già in un parere concernente un progetto di videosorveglianza nell’ambito del sistema di trasporto pubblico urbano di una grande città9, l’Autorità aveva, tra l’altro, affermato che eventuali telecamere istallate su autobus e tram non potessero riprendere in modo stabile le postazioni di guida degli autisti, per non incorrere nel divieto di controllo dei lavoratori a mezzo di impianti audiovisivi posto dalla normativa richiamata. Nel successivo provvedimento di carattere generale adottato il 29/11/200010 il Garante, nell’ambito delle prescrizioni dettate per conformare il trattamento dei dati realizzato attraverso l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza alla normativa di tutela, ha ribadito la necessità dello scrupoloso rispetto del divieto e delle garanzie previsti dall’art. 4 della legge n. 300/1970. La necessità di integrare ed aggiornare questo provvedimento, anche in relazione alle novità normative introdotte dal Codice entrato in vigore il 1/1/2004, ha, infine, trovato recente espressione nel “Provvedimento generale sulla videosorveglianza” del 29/4/2004 (doc. 24)11, che racchiude sia precetti validi per tutti i trattamenti operati per mezzo di sistemi audiovisivi, sia prescrizioni specifiche per il settore pubblico e per quello privato12. 9 Parere del 23/3/1999, pubblicato sul Bollettino, cit., n. 8, pag. 57. in www.garanteprivacy.it Noto come il “decalogo sulla videosorveglianza”, pubblicato sul Bollettino, cit., n.14-15, pag. 28 in www.garanteprivacy.it. 11 Il provvedimento trae ispirazione anche dagli indirizzi formulati in materia, con il parere 4/2004 adottato l’11/2/2004 (reperibile sul sito www.europa.eu.int/comm/privacy), dal Gruppo di lavoro per la tutela dei dati personali - c. d. Gruppo art. 29 - istituito dalla Direttiva 95/46/CE. 12 In esso il Garante innanzitutto ricorda e ribadisce i principi generali cui debbono conformarsi tutti i trattamenti di dati operati per mezzo degli impianti di videosorveglianza: - il principio di liceità, secondo il quale qualsiasi operazione di trattamento deve essere rispettosa, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati, anche di ogni altra disposizione di legge, civile o penale, che riguardi l’istallazione di apparecchi audiovisivi; - il principio di necessità, per il quale va escluso l’uso di detti impianti quando le relative finalità possono 10 5 Il provvedimento prende in esame anche specifici settori nei quali possono trovare utilizzazione i sistemi audiovisivi; in questo ambito, e con particolare riferimento al settore dei rapporti di lavoro, il Garante ribadisce la necessità dell’osservanza delle garanzie poste dall’art. 4 dello Statuto - anche in caso di erogazione di servizi per via telematica mediante c. d. web contact center -, rileva l’inammissibilità dell’istallazione dei sistemi in questione in spazi non destinati all’attività lavorativa (quali bagni, armadietti, luoghi ricreativi), e precisa che, in caso di riprese televisive effettuate a soli fini divulgativi o di comunicazione aziendale, al relativo trattamento dei dati dei dipendenti eventualmente coinvolti va applicato il regime previsto nel Codice in materia di attività giornalistica13, fermo quindi il rispetto dei limiti posti al diritto di cronaca dalla tutela del diritto alla riservatezza e delle disposizioni poste in materia dal codice deontologico del settore14. La analiticità e puntualità di questi provvedimenti regolativi ( adottati oggi in conformità a quanto disposto dall’art. 154 lettera c) del Codice sulla protezione dei dati personali ) probabilmente renderà più facile l’accordo tra il datore di lavoro e le rappresentanze dei lavoratori e, ad un tempo, farà del provvedimento autorizzatorio generale del Garante un riferimento utile per gli uffici dell’Ispettorato del lavoro, che, in caso di mancato accordo tra datore di lavoro e RSA, sono chiamati, ai sensi dell’art. 4 comma 2° dello Statuto, a dettare le modalità per l’uso degli impianti audiovisivi. essere raggiunte impiegando dati anonimi; - il principio di proporzionalità, che impone l’adozione di sistemi audiovisivi solo in presenza di effettive necessità, non soddisfabili attraverso l’utilizzo di misure meno invasive dell’altrui riservatezza, quali sistemi di allarme, controlli da parte di addetti o misure di protezione degli ingressi, e purché sussista un’effettiva situazione di pericolo; - il principio di finalità: gli scopi perseguiti attraverso l’istallazione devono essere determinati e legittimi, e resi espliciti. Inoltre, in tutti i casi debbono essere adottati necessari adempimenti: tra questi, l’informativa ai soggetti ripresi attraverso la predisposizione di appositi cartelli, la designazione delle persone fisiche autorizzate ad utilizzare gli impianti, l’adozione di misure idonee ad assicurare la sicurezza dei dati raccolti, una limitata conservazione delle immagini nel tempo (di regola, non superiore alle ventiquattro ore), la possibilità per gli interessati di esercitare i diritti loro attribuiti dal Codice. 13 Articoli 136 - 139. 14 “Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica ai sensi dell’art. 25 della legge n. 675/1996”, adottato il 29/7/1998, pubblicato sulla G. U. n. 179 del 3/8/1998 (e reperibile sul Bollettino, cit., n. 5, pag. 74). 6 Dal punto di vista tecnico è possibile evitare ab origine che il lavoratore impedisca usi non consentiti dell’utilizzo dei collegamenti via Intenet. Ad esempio abilitando le singole postazioni a navigazioni solo su siti correlati alle mansioni o all’attività affidata al lavoratore . Sicchè l’adozione di queste cautele potrebbe evitare il controllo successivo inevitabilmente invasivo della sfera personale del dipendente.Con la conseguenza che il controllo consentito e, perciò lecito e legittimo, dovrebbe essere considerato solo quello che costituisce estrema ratio15. Correlata alla questione della navigazione in Internet è quella, molto delicata perché la riservatezza della corrispondenza trova anche tutela penale ( artt. 616 e ss. C.p.), relativa all’utilizzo della posta elettronica. Certo anche qui la possibilità offerta dalle moderne tecnologie di evitare ab origine violazioni del dovere di correttezza e di lealtà da parte del lavoratore dovrebbe essere adeguatamente valutata dal datore di lavoro. Su tali questioni ritornerò in appresso. Anche l’articolo 5, nel vietare al primo comma gli accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità fisica e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente, persegue la finalità di tutela della persona della dignità e della riservatezza; il datore di lavoro conserva la facoltà di controllo ma, a differenza di quanto previsto dagli artt. 3 e 4, non può esercitarla direttamente ma, ai sensi del comma 3°, solo avvalendosi di enti pubblici o istituti specializzati di diritto pubblico; ove, poi, oggetto del controllo sia l’infermità che determina assenza dal servizio il controllo può essere richiesto soltanto agli istituti previdenziali competenti ad erogare il trattamento di malattia e può essere effettuato solo dai servizi ispettivi di servizi stessi. La prescrizione contenuta nell’art. 5 trova applicazione secondo un orientamento giurisprudenziale che mi sembra ormai consolidato anche nella fase 15 Cfr. Cass. 17 giugno 2000, n. 8250, in Not. giur. lav., 2000, 711; Cass. 16 settembre 1997, n. 9211, in Mass. giur. lav., 1997, 804. 7 preassuntiva16. Con riferimento alla fase preassuntiva è opportuno segnalare che i test genetici effettuati al momento della assunzione sono vietati ai sensi dell’art. 5 dello Statuto e dalle norme del Codice che disciplinano l’acquisizione ed il trattamento dei dati sensibili ( tra i quali rientrano quelli relativi alla salute) offrendo una tutela rafforzata a differenza di quanto accade in altri paesi 17. Segnalo che il Gruppo Europeo sull’etica nelle scienze e nelle nuove tecnologie , costituito da 15 esperti dei Paesi Membri dell’UE, ha stabilito che i tecnici genetici sui lavoratori non sono ammessi né prima né dopo l’assunzione dei lavoratori e ciò sul rilievo che essi non necessari per adempiere agli obblighi del datore di lavoro in materia sanitaria né per la valutazione attitudinali degli aspiranti al lavoro e/o dei lavoratori assunti. Il Gruppo dei esperti ha auspicato che il ricorso ai test genetici sia limitato ai soli casi necessari per tutelare la salute dei lavoratori e di terzi e che deve essere la legge a prevedere siffatte ipotesi eccezionali e che essi non possono in alcun modo essere comunicati a fini assicurativi.18 Iil diritto alla riservatezza del lavoratore trova tutela nell’articolo 8 dello Statuto che vieta al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione e nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore: il primo divieto posto dalla norma è di carattere assoluto; il secondo divieto, quello relativo ai fatti non rilevanti ha evidentemente confini mobili, troppo generico , a mio modo di vedere, il riferimento alla valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore. E’ evidente che anche la correlazione alle mansioni ed alla attitudine professionale è in grado di aprire lo sguardo su fatti personalissimi ed intimi del lavoratore. La legge 5 giugno 1990 n. 135 La tutela della riservatezza del lavoratore , sul versante di test rivelatori 16 La legge 12 marzo 1999 n. 68 che pone norme per il diritto al lavoro dei disabili attribuisce, invece, ( art. 10 comma 3) alla commissione prevista dall’art. 4 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 integrata come previsto nell’atto di indirizzo e coordinamento emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 1 comma 4 della presente legge 17 per una disamina della realtà Statunitense cfr M.C. Pinto in Il Codice sulla Protezione dei dati personali a cura di G.P. Cirillo, Giuffrè Milano 2004 18 per una disamina dei provvedimenti in materia adottai dal Garante cfr M.C. Pinto cit in nota 17 8 delle condizioni di salute è stata affrontata dalla legge 5 giugno 1990 n. 135 che ha disposto per un verso ( art. 5) la necessità del consenso del lavoratore per le analisi tendenti ad accertare le infezioni da HIV e, per altro verso ( art. 6) ha stabilito il divieto per il datore di lavoro di svolgere accertamenti sanitari sia pure con la garanzia della riservatezza, per verificare l’assenza di infezione da HIV come onere per l’espletamento di attività che comportino rischio per la salute di terzi. La Corte Costituzionale con la sentenza 218/1994 ha dichiarato la illegittimità dell’art. 5 nella parte in cui non prevede la possibilità di svolgere accertamenti sanitari, sia pure con la garanzia della riservatezza, per verificare l’assenza di infezioni da HIV19. La disciplina della riservatezza nel rapporto di lavoro nella disciplina generale e di settore del Codice sulla protezione dei dati personali La disciplina della riservatezza dettata dallo Statuto, come accennavo, negli artt. 2, 3, 4, 5, 6, e 8, limita e condiziona notevolmente la possibilità per il datore effettuare controlli sui lavoratori , ma non interferisce direttamente sui poteri del datore di lavoro di trattare informazioni sul conto dei lavoratori. Il Codice sulla protezione dei dati personali, coordinato con le regole e i principi contenuti nello Statuto rafforza i diritti del prestatore di lavoro sul versante della tutela della sua dignità e del diritto alla riservatezza; queste due leggi nel loro insieme offrono anche spunti interpretativi che escludono, mi sembra letture di norme contenute in discipline diverse che siano in grado di vulnerare i diritti della personalità del lavoratore. Sul coordinamento delle diverse regolazioni della riservatezza del lavoratore tornerò in chiusura La disciplina del trattamento dei dati correlati ai rapporti di lavoro in senso lato è contenuta in primo luogo nella Parte I che contiene disposizioni che trovano applicazione con riferimento a tutti i tipi di trattamenti di dati , mentre nella …salvaguardata in ogni caso la dignità della persona , che comprende anche il diritto alla riservatezza sul proprio stato di salute ed al mantenimento della vita lavorativa e di relazione compatibile con tale stato, l’art. 32 della Costituzione prevede un contemperamento del coesistente diritto alla salute di ciascun individuo 19 9 parte seconda, che contiene disposizioni relative a specifici settori, è disciplinata la materia dei rapporti di lavoro. La disciplina generale Il trattamento dei dati correlati ai rapporti di lavoro riceve una disciplina generale diversa a seconda che il trattamento sia effettuato dal datore di lavoro privato ovvero da quello pubblico e, come per la generalità dei trattamenti presi in considerazione dalla Parte I, la regolamentazione è diversa in relazione al tipo dei dati trattati : personali o comuni, sensibili e giudiziari. Come sapete i primi (lett. b) comma 1 articolo 4 del Codice ) sono relativi a qualunque informazione relativa a persona fisica , persona giuridica od associazione, identificati o identificabili anche indirettamente con riferimento a qualsiasi informazione , ivi compreso un numero di identificazione personale individuati per esclusione, si tratta dei dati non vengono definiti come dati sensibili o dati giudiziari dalla normativa in esame; ai sensi della lettera d) del comma 1 dell’art. 4 del codice i dati sensibili sono i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale; la lettera e) definisce, infine, giudiziari i dati personali idonei a rivelare i provvedimenti” giudiziari ivi espressamente menzionati. dati personali trattati dai soggetti pubblici Riguardo ai trattamenti dei dati ordinari o comuni effettuati dai soggetti pubblici, l’art. 18, comma 2, del codice dispone che qualunque trattamento di dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito per lo svolgimento delle funzioni istituzionali. Con ciò di fatto il soggetto pubblico, come individuato dal comma 1 dell’art. 18, è autorizzato a trattare i dati personali ordinari o comuni dei propri dipendenti, in quanto è evidente che tale trattamento è finalizzato, e, dunque reso possibile (per ) allo svolgimento delle varie funzioni istituzionali del soggetto pubblico. 10 dati sensibili e dati giudiziari trattati dai soggetti pubblici Il primo comma dell’art. art. 20 dispone che il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse perseguite. Il comma 1 dell’art. 21 , invece, consente il trattamento dei dati giudiziari da parte dei soggetti pubblici non solo quando è autorizzato da espressa disposizione di legge ma anche dal provvedimento del Garante che specifichino le finalità di rilevante interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili. In ogni caso , ai sensi dell’art. 22 comma 3 i soggetti pubblici possono trattare solo i dati sensibili e giudiziari indispensabili per svolgere attività istituzionali che non possono essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa e compiendo le sole operazioni di trattamento indispensabili per il perseguimento delle finalità per le quali il trattamento è consentito, anche quando i dati sono raccolti nello svolgimento di compiti di vigilanza, di controllo o ispettivi”. trattamento dei dati personali da parte dei soggetti privati La disciplina che attiene al trattamento dei dati personali dei lavoratori privati è diversa. Ai sensi dell’art. 23 comma 1 il trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato, ma il consenso non è previsto nei casi in cui ricorrono presupposti particolari, alternativi al consenso. Rinvio alla lettura dell’ art. 24 per enucleare le varie ipotesi di deroga alla regola generale del consenso scritto e mi limito ad evidenziare che nella ipotesi di cui alla lettera a) - per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria la ratio della non necessità nel consenso consiste nella presunzione che la mediazione tra gli interessi in conflitto per essere stata effettuata dal legislatore costituisce garanzia idonea per la tutela dei diritti dell’interessato. Segnalo che proprio con riferimento a tale ipotesi di deroga, seppur con 11 riferimento alla previgente disciplina, il Garante20 ha esaminato la questione dei cd cartellini identificativi che alcune disposizioni contrattuali , sia nel settore pubblico che in quello privato, impongono ai dipendenti a contatto con il pubblico di esporre al fine di migliorare i rapporti tra operatori ed utenti. Ebbene, il Garante ha ritenuto che la limitazione della riservatezza del lavoratore a contatto con il pubblico nell’ambito di un rapporto di lavoro privato fosse consentito soltanto in caso di adempimento di un obbligo previsto dalla legge da un regolamento o dalla normativa comunitaria . Ha però escluso che fosse consentita l’evidenziazione delle generalità e degli estremi anagrafici. E’ evidente che i principi di proporzionalità e necessità hanno ispirato siffatta decisione Quanto all’espresso riferimento alla normativa comunitaria, a mio modo di vedere restano fuori dalla previsione della norma di deroga alla regola del consenso soltanto gli atti cd non vincolanti come i pareri e le raccomandazioni, mentre vi rientrano le decisioni ed i regolamenti e le direttive self-executing. Non credo che la fattispecie individuata dalla lettera h) - con esclusione della comunicazione all’esterno e della diffusione, è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, in riferimento a soggetti che hanno con essi contatti regolari o ad aderenti, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, e con modalità di utilizzo previste espressamente con determinazione resa nota agli interessati all’atto dell’informativa ai sensi dell’articolo 13- sia immediatamente riferibile ai rapporti di lavoro tra gli enti a carattere politico, sindacale, …ed i lavoratori dipendenti. Non si spiegherebbe, infatti, il mancato riferimento al codice di deontologia e di buona condotta che nella previsione del legislatore dovrà essere promossa dal Garante per la gestione dei trattamenti effettuati nell’ambito della gestione del rapporto di lavoro. D’altra parte il dato testuale contatti abituali è, a mio modo di vedere, espressione troppo generica per riferirla ai rapporti di lavoro; d’altra parte il Codice in altra disposizione derogatoria 20 provvedimento 11 gennaio 2001 in Boll Garante, 16, 32) 12 - art. 26 comma 3 lett. h) – ha fatto specifico riferimento al rapporto di lavoro confermando, altresì, la vincolatività delle disposizioni del codice deontologico e di buona condotta di cui all’art. 111. trattamento dei dati sensibili da parte dei soggetti privati Ai sensi dell’art. 26 comma 1 i dati sensibili dei lavoratori possono essere trattati a condizione che vi sia il consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del Garante, nell’osservanza dei presupposti e dei limiti stabiliti dal presente codice, nonché dalla legge e dai regolamenti. La presenza di tale duplice condizione legittimante il trattamento evidenzia l’attenzione del legislatore verso l’estrema delicatezza per la tutela della persona del trattamento dei dati sensibili. La consapevolezza del fatto che sovente il trattamento di questa categoria di dati realizza interessi dello stesso interessato ha indotto il legislatore a escludere la necessità del consenso e della autorizzazione del Garante - art. 26 comma 3 lett a) - con riferimento al trattamento dei dati relativi agli aderenti alle confessioni religiose e ai soggetti che con riferimento a finalità di natura esclusivamente religiosa hanno contatti regolari con le medesime confessioni, effettuato dai relativi organi, ovvero da enti civilmente riconosciuti, sempre che i dati non siano diffusi o comunicati fuori delle medesime confessioni”, precisando però che queste ultime determinano idonee garanzie relativamente ai trattamenti effettuati, nel rispetto dei principi indicati al riguardo con autorizzazione del Garante”. Il consenso e la autorizzazione del Garante non sono necessari , inoltre, art. 26 comma 3 lett. b) - con riguardo al trattamento dei dati riguardanti l’adesione di associazioni od organizzazioni a carattere sindacale o di categoria ad altre associazioni, organizzazioni o confederazioni a carattere sindacale o di categoria”. L’articolo 26 al comma 4 individua quattro ipotesi in cui il trattamento dei dati sensibili è ammesso sulla base della sola autorizzazione del Garante senza la necessità del consenso dell’interessato. A mio modo di vedere soltanto la ipotesi prevista nella lettera d) trattamento necessario per adempiere a specifici obblighi o compiti previsti dalla legge , da un regolamento o dalla normativa comunitaria per la gestione del 13 rapporto di lavoro , anche in materia di igiene e sicurezza del lavoro e della popolazione e di previdenza e assistenza, nei limiti previsti dall’autorizzazione e ferme restando le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui all’art. 111 è riferibile alle esigenze dei rapporti di lavoro. Infatti la ipotesi prevista nella lettera a) trattamento è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale, ivi compresi partiti e movimenti politici, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, relativamente ai dati personali degli aderenti o dei soggetti che in relazione a tali finalità hanno contatti regolari con l’associazione, ente od organismo, sempre che i dati non siano comunicati all’esterno o diffusi e l’ente, associazione od organismo determini idonee garanzie relativamente ai trattamenti effettuati, prevedendo espressamente le modalità di utilizzo dei dati con determinazione resa nota agli interessati all’atto dell’informativa ai sensi dell’articolo 13 è riferibile ai soggetti aderenti o che entrino in contatto con tali associazioni o organismi ma che non siano legate da un rapporto di lavoro. Richiamo le argomentazioni che ho appena svolto a proposito della lettera h) dell’art. 24.21 trattamento dei dati giudiziari da parte dei soggetti privati L’articolo 27 del codice completa l’adeguamento dei dati giudiziari da parte di privati ed enti pubblici economici all’ art. 8 paragrafo 5 della direttiva comunitaria 95/46 che dispone che i dati relativi alle infrazioni, alle condanne penali ed alle misure di sicurezza possono essere trattati soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica o con l’osservanza di garanzie specifiche appositamente previste. Questi dati potranno essere trattati dal datore di lavoro privato soltanto se autorizzato da espressa previsione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamenti , i tipi di dati trattati ed i operazioni eseguibili. 21 contra Bellavista, cit. in nota 2 14 Test psico- attitudinali Il Codice vietando all’art. 22 comma 10 ( disposizione che è vincolante sia per i soggetti pubblici che per quelli privati) i trattamenti di dati sensibili e giudiziari nell’ambito di test psicoattitudinali volti a definire il profilo o la personalità dell’interessato, completa in qualche modo la tutela della riservatezza del lavoratore, posto che l’art. 8 dello Statuto non sarebbe stato sufficiente a vietare i test cd psicologici o proiettivi che sempre più spesso i datori di lavoro utilizzano soprattutto in fase preassuntiva . Questo tipo di test ha innegabilmente una carica di forte aggressività nei confronti della sfera più intima e personale del lavoratore in quanto ne traccia un quadro completo della sua personalità. Altrettanto importante è la previsione contenuta nell’ultima parte del comma 10 che dispone che le operazioni di raffronto tra dati sensibili e giudiziari, nonché i trattamenti di dati sensibili e giudiziari ai sensi dell’articolo 14, possono essere effettuati solo previa annotazione scritta dei motivi. Sin qui, in via di doverosa sintesi la disciplina di carattere generale del Codice che interferisce con la materia dei rapporti di lavoro in senso lato. Disciplina specifica della materia del lavoro della previdenza La regolamentazione specifica della riservatezza nella materia lavoristica è contenuta nel titolo VIII della parte seconda. L’art. 111, intitolato codice di deontologia e di buona condotta prevede che il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 1222, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per i soggetti pubblici e privati interessati al trattamento dei dati personali effettuato per finalità previdenziali o per la gestione del rapporto di lavoro, prevedendo anche specifiche modalità per l’informativa all’interessato e per l’eventuale prestazione del consenso relativamente alla pubblicazione degli annunci per finalità di occupazione di cui all’articolo 113, comma 3 e alla ricezione di curricula contenenti dati personali anche sensibili. 22 per una disamina più approfondita sui codici di deontologia e di buona condotta cfr Bellavista , citato in nota 2 15 Poiché l’art. 113 del codice non ha un comma 3, ma un unico comma 1 – resta fermo quanto disposto dall’art. 8 della legge 20 maggio 1970 n. 300 - siamo di fronte ad una mera svista del legislatore . Con i codici di deontologia e di buona condotta il Codice introduce, dunque, un nuovo modo di regolazione dei rapporti : la disciplina specifica di settore sul trattamento dei dati personali nel rapporto di lavoro avverrà non solo attraverso la legge ma anche attraverso atti di autoregolamentazione negoziati dalle categorie di volta in volta interessate e sotto la vigilanza del Garante. E’ evidente che nell’attuale contesto connotato dalla crisi di rappresentatività del sindacato tradizionale sarà importante assicurare la partecipazione più ampia possibile delle OOSS dei lavoratori e dei datori di lavoro. Richiamo la vostra attenzione sul fatto che l’art. 112 del Codice stabilisce che si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di instaurazione e gestione da parte di soggetti pubblici di rapporti di lavoro di qualunque tipo, dipendente o autonomo, anche non retribuito o onorario o a tempo parziale o temporaneo, e di altre forme di impiego che non comportano la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato. Il Codice mostra , dunque, di avere ben presente, che alla figura tipica del lavoro subordinato si sono affiancati nel tempo schemi diversi di collaborazione con l’impresa e per questa ragione ha escluso ogni rilevanza , ai fini della tutela, al fatto che il trattamento dei dati sia inserisca nell’ambito di rapporti di lavoro subordinati o autonomi. A tutti i datori di lavoro, sia pubblici che privati è posto il divieto di indagini sulle opinioni previsto dall’art. 8 Stat. Lav. e che è oggetto di espresso richiamo dall’art. 113 del Codice. Quest’ultima disposizione ha così razionalizzato e ricondotto ad un unico contesto normativo le disposizioni in materia di dati personali in ambito di lavoro. Anche in tema di controllo a distanza il Codice, all’art. 114 richiama espressamente quanto previsto in tema di impianti audiovisivi dallo Statuto dei Lavoratori all’art. 4, rinvio pertanto a quanto ho considerato prima. Sicchè in assenza di una nuova disciplina di dettaglio, che il Codice non 16 ha dettato nella piena consapevolezza che essa rischiava di essere superata dal progresso delle tecnologie, ancora oggi rimane affidato all’interprete cercare soluzioni equilibrate di fronte ai nuovi controlli tecnologici effettuabili, ad esempio, sull’utilizzazione della posta elettronica e sulla navigazione via Internet da parte dei lavoratori. I principi di legittimità, di proporzionalità, di accuratezza e conservazione dei dati, nonché di sicurezza, posti dalla direttiva 95/46/CE, dovrebbero costituire stella polare per la soluzione della fattispecie complesse che la pratica pone, posto che a questi stessi principi si è ispirato anche il Gruppo di lavoro ex articolo 29, composto dai rappresentanti delle autorità nazionali di controllo dell’Unione europea, che vigilano sull’applicazione delle rispettive discipline sulla protezione dei dati personali, e, che, alla stregua dell’art. 30 della direttiva, che il 29 maggio 2002 ha adottato un significativo documento di lavoro “riguardante la vigilanza sulle comunicazioni elettroniche sul posto di lavoro”, allo scopo di “contribuire a rendere uniforme l’applicazione dei provvedimenti nazionali presi in forza della direttiva 95/46/CE nel campo della vigilanza e del controllo delle comunicazioni elettroniche sul posto di lavoro”. Con tale documento è stato individuato, anche con riferimento alla recente direttiva comunitaria 2002/14/CE dell’11 marzo 2002 sull’informazione e consultazione dei lavoratori, un livello minimo di tutela da realizzarsi anche attraverso l’informazione ai lavoratori ed ai loro rappresentanti sindacali nella fase che precede l’introduzione delle politiche aziendali in tema di e-mail e internet. Segnalo che lo stesso Garante ha riconosciuto la validità ermeneutica del Documento in particolare in ordine ai controlli del datore di lavoro sulla posta elettronica e sull’impiego di Internet23 Sul telelavoro il Codice parte dal presupposto che questa nuova forma di nella relazione annuale 2003 l’Autorità ha osservato che il documento offre precisi indirizzi interpretativi ed esempi concreti su ciò che può costituire attività legittima di controllo e circa i limiti giuridicamente configurabili di vigilanza sui dipendenti esercitata dal datore di lavoro. 23 17 lavoro non potrebbe svolgersi senza un continuo flusso di dati tra il lavoratore e gli organi gestionali dell’impresa e, dunque, con un controllo tecnologico del dipendente innegabilmente più inteso ed invasivo rispetto a quello proprio di altri tipi di attività lavorative e pone pertanto l’obbligo generale di garantire il rispetto della personalità e della libertà morale del lavoratore. E’ evidente che i principi generali in tema di necessità, proporzionalità, e pertinenza trasparenza, correttezza costituiranno principi guida nella applicazioni concrete. Ma nonostante la importanza grafica costituita dalla un po’ ampollosa titolazione della intitolazione titolo del Capo III divieto di controllo a distanza e telelavoro, non si rinviene alcuna specifica regolamentazione nell’unico articolo ( art. 115) che disciplina questa peculiare forma di lavoro, con la semplice parsimoniosa enunciazione dell’obbligo per il datore di lavoro di rispettare la personalità e la libertà morale del lavoratore .Obbligo per la verità già posto qualche decennio fa dall’art. 2087 cc e ribadito,poco dopo, dal comma 2 dell’art. 41 della Costituzione . Tra l’altro non è chiaro, invece, l’inserimento nella medesima norma che disciplina il telelavoro della regolamentazione del lavoro domestico ( art. 115, comma 2°), che viene, per la verità regolato , ex novo? , con semplice ripetizione dell’obbligo per il lavoratore di mantenere la necessaria riservatezza per tutto quanto si riferisce alla vita familiare. Il fatto è che tanto era già previsto nell’art. 6 della legge 333/1958 che però è stato abrogato con eliminazione, quindi, anche della parte in cui si prevedeva il reciproco obbligo del datore di lavoro di garantire al lavoratore il rispetto della personalità morale del lavoratore. Con la conseguenza che deve essere sembrato opportuno eliminare la disciplina specifica del lavoro domestico e ricondurre i doveri del datore di lavoro agli obblighi generali previsti dalla parte generale del codice. Appare, poi, assai probabile che il Codice abbia fatto confusione , nel regolare il telelavoro, che è una forma particolare di lavoro a domicilio tra lavoro a domicilio e lavoro domestico. L’art. 116 costituisce una novità rispetto al precedente assetto normativo. 18 E’ stato stabilito che i patronati e gli enti di assistenza hanno facoltà di accedere alle banche dati degli enti che erogano le prestazioni ma nei limiti del mandato conferito dall’interessato il quale dovrà manifestare il proprio consenso ai sensi dell’art. 23 dello steso Codice. E’ stabilito, inoltre, che il ministro del lavoro delle politiche sociali stabilisca con proprio decreto le linee guida di apposite convenzioni da stipulare tra gli enti di patronato e di assistenza sociale e gli enti che erogano le prestazioni. Diritto di accesso In merito alla possibilità per il lavoratore di conoscere gli atti relativi alle valutazioni ed ai giudizi formulati dal datore di lavoro, il Garante con specifico riferimento alla disciplina contenuta nella legge 675/1996 aveva affermato che le procedure di valutazione devono essere considerate come dati personali, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera c), della legge n. 675/1996, giacché in tale definizione rientrano tutte le informazioni, anche se comprese in atti recanti giudizi e valutazioni, che contengano alcuni elementi distintivi del soggetto al quale si riferiscono, benché annotati in schede, note di qualifica o documenti dello stesso genere, ed ha, pertanto riconosciuto il diritto, per ciascun lavoratore interessato, di accedere a dati personali contenuti anche all’interno di note di qualifica e giudizi che lo riguardano. Il Codice ha recepito, in qualche modo razionalizzandoli, i principi affermati dal Garante e ha previsto all’art. 8, comma 4° che l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, quando non riguarda dati di carattere oggettivo, può avere luogo salvo che concerna la rettificazione o l’integrazione di dati personali di tipo valutativo, relativi a giudizi, opinioni o ad altri apprezzamenti di tipo soggettivo, nonché l’indicazione di condotte da tenersi o di decisione in via di assunzione da parte del titolare del trattamento”. Sicché, alla stregua della nuova disposizione, potrà esercitarsi il diritto di accesso su tutti i dati di tipo valutativo, e quindi non oggettivi, sia provvisori sia finali, ma l’interessato non ne potrà pretendere né la rettificazione né l’integrazione. 19 Sanzioni penali La violazione degli artt. 2,4,5,6,8 Stat. Lav. è sanzionata penalmente in virtù dell’art. 38 St. lav. e tale sanzione risulta, inutilmente , confermata dagli artt. 171 e 179 del codice; l’art. 171 del codice prevede che la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 113, comma 1 (che ribadisce, nell’unico comma, la vigenza dell’art. 8 Stat. Lav.) e 114 ( che ribadisce la vigenza dell’art. 4 Stat. Lav. ) è punita con le sanzioni di cui all’articolo 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300”. Ma il comma 2 dell’art. 179 del codice dispone la soppressione delle soppresse le parole: ‘4’ e ‘8’. Insomma tanta fatica per lasciare tutto com’era: rimane la sanzione penale . Il d.lgs. n. 276/2003 ed i flussi di dati personali nel mercato del lavoro. Un aspetto interessante su cui appare opportuno soffermarsi è quello del rapporto tra la disciplina del codice e alcune delle disposizioni del decreto legislativo, 10 settembre 2003, n. 276, attuativo della legge delega 14 febbraio 2003, n. 30, in materia di occupazione e mercato del lavoro, il quale introduce notevoli modificazioni nella disciplina dei rapporti di lavoro e istituisce una borsa continua nazionale del lavoro24. L’articolo 8 comma 1 del d.lgs. n. 276/2003 prevede che ferme restando le disposizioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, le agenzie per il lavoro e gli altri operatori pubblici e privati autorizzati o accreditati assicurano ai lavoratori il diritto di indicare i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i propri dati devono essere comunicati, e garantiscono l'ambito di diffusione dei dati medesimi indicati dai lavoratori stessi, anche ai fini del pieno soddisfacimento del diritto al lavoro di cui all'articolo 4 della Costituzione". La norma, al pari di tutte le disposizioni contenute nel decreto legislativo – pubblicato sulla GU n. 235 del 9 ottobre 200324 per una approfondita e completa disamina delle modificazioni introdotte dal decreto legislativo 276/2003 cfr Lavoro e Diritti, a cura di P. Curzio, Cacucci editore- Bari 20 Suppl. Ordinario n. 159) è entrata in vigore qualche mese prima della entra in vigore del Codice sulla protezione dei dati personali. Questa circostanza non pone grossi problemi di coordinamento posto che ai sensi dell’articolo 184 comma 2° quando leggi, regolamenti e altre disposizioni fanno riferimento a disposizioni comprese nella legge 31 dicembre 1996, n. 675, e in altre disposizioni abrogate dal presente codice, il riferimento si intende effettuato alle corrispondenti disposizioni del presente codice secondo la tavola di corrispondenza riportata in allegati. Al di là di qualche imperfezione dovuta al fatto che i lavori dei due decreti legislativi si sono svolti pressocchè contestualmente è opportuno segnalare che l’articolo 8 comma 1 del d.lgs. n. 276/2003, mira a garantire all'interessato (e cioè al soggetto cui si riferiscono i dati lettera j)25, del comma 1, dell'art. 2 del d.lgs. n. 276/2003, - la possibilità di mantenere il controllo sulle proprie informazioni. Temo che il sistema di conoscenze integrato probabilmente renderà difficile il controllo da parte del lavoratore sui dati che lo interessano e sui soggetti quali i quali dati possono , sulla base delle sue indicazioni, essere comunicati. Immagino che per chi è in cerca di occupazione la preoccupazione maggiore se non esclusiva sarà quella di trovare lavoro e, dunque, di fra conoscere al maggior numero di persone i dati che ritiene utile siano conosciuti . E’ previsto perciò che intervenga un decreto con il quale il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sentite le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nonché, ai sensi dell’articolo 31, comma 2, della legge 31 dicembre 1996, n. 675, il Garante per la protezione dei dati personali, definisce le modalità di trattamento dei dati personali di cui al presente decreto, disciplinando, fra gli altri, i seguenti elementi: a) le informazioni che possono essere comunicate e diffuse tra gli operatori che agiscono nell’ambito del sistema dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro; b) le modalità attraverso le quali deve essere data al lavoratore la possibilità di esprimere le preferenze relative alla comunicazione e alla diffusione dei dati di cui al comma 1; c) le ulteriori prescrizioni al fine di dare attuazione alle disposizioni 25 ..qualsiasi persona che lavora o che è in cerca di un lavoro 21 contenute nell’articolo 10. Ora l’articolo 10 del d.lgs. n. 276/2003 vieta alle agenzie per il lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati autorizzati o accreditati di effettuare qualsivoglia indagine o comunque trattamento di dati ovvero di preselezione di lavoratori, anche con il loro consenso, in base alle convinzioni personali, alla affiliazione sindacale o politica, al credo religioso, al sesso, all’orientamento sessuale, allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, all’età, all’handicap, alla razza, all’origine etnica, al colore, alla ascendenza, all’origine nazionale, al gruppo linguistico, allo stato di salute nonché ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro, a meno che non si tratti di caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento della attività lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa”. E’ stato ritenuto 26 che la prima eccezione ( caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa) è meno rigida della seconda (caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa) perché rispetto alla seconda ha un contenuto più ampio pur essendo apparsa27 la seconda più coerente con l’impianto del Codice che consente, per quanto sopra considerato in commento all’art. 22, che sono ammessi i trattamenti dei dati sensibili ( tra i quali rientrano quelli presi in esame dall’art. 10 comma 1 del d. lgs 276/2003) strettamente necessari. Tali non possono essere qualificati quelli legati alle caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Come risolvere la delicata questione di contrasto tra le due discipline ? E’ possibile ritenere abrogata detta disposizione ai sensi dell’art. 184 del Codice che dispone che restano ferme le disposizioni di legge e di regolamento che stabiliscono divieti o limiti più restrittivi abroga tutte le disposizioni di legge e di regolamento che offrono in materia di tutela meno rigorosa. 26 27 Bellavista cit in nota 2 D. Garofalo in cfr Lavoro e Diritti, a cura di P. Curzio, cit in nota 24 22 L’art. 10 comma 1 del d. lgs 276/2003 potrebbe poi ritenersi abrogato in applicazione del principio generale della abrogazione per incompatabilità ex art. 15 disposizioni della legge in generale. In via più generale il fatto che l’art. 1 del codice,28 affermi che chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano, ha come conseguenza che laddove manchi una disciplina specifica per il trattamento dei dati nel rapporto di lavoro, l’interprete non potrà trascurare nell’applicazione delle singole disposizioni il valore che è insito nella disposizione di apertura della intera disciplina del Codice stesso. L’evidenziato profilo di distonia mi induce a considerare che oggi la protezione dei dati personali del lavoratore non è più correlata tanto e solo al momento di esecuzione della prestazione lavorativa, alla esigenza di limitare i poteri del datore di lavoro nello spazio, reale o virtuale, della impresa ma soprattutto alla sua proiezione nell’immenso mercato del lavoro. Di questa consapevolezza il Codice si è fatto carico anche nello specifico settore del lavoro e della previdenza ed assistenza assicurando al lavoratore un penetrante, effettivo incisivo potere di controllo del flusso di informazioni che lo riguardano. Con la conseguenza che nelle applicazioni concrete le singole leggi non potranno non essere interpretate alla luce di principi affermati dal Codice. Roma, 18 10.2004 Amelia Torrice giudice del lavoro la norma disposizione evoca, anzi ripete , la formula usata dall’art. 8, paragrafo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e che è stata trasposta nel Trattato per la Costituzione Europea che sta per essere sottoscritto a Roma. 28 23