L`imperialismo e la crisi della civiltà

L’imperialismo, il “disagio della civiltà “e la nuova narrativa
Tra la fine dell’800 e il primo decennio del Novecento si assiste ad una radicale trasformazione della condizione degli intellettuali ,
che cessano di essere produttori indipendenti di reddito e diventano dei salariati . In questi anni l’industrializzazione si estende alla
cultura. La nascente industria culturale coinvolge il giornalismo e l’editoria , ma anche il teatro e il cinema. Più in generale il processo di industrializzazione determina una crisi del modello umanistico di intellettuale e di poeta.
All’inizio del Novecento molto stretto è l’intreccio fra i cambiamenti profondi della qualità della vitae la nascita di una nuova
concezione scientifica del tempo,dello spazio, della materia e dell’energia. Sul terreno scientifico le teorie di Einstein e di Planck
pongono in crisi la fisica newtoniana e una concezione unitaria e oggettiva dell’universo. Nello stesso tempo anche le scienze
sociologiche ( Weber), la psicanalisi (Freud) e la filosofia del linguaggio (Wittgenstein) sottolineano l’elemento di relatività nella
conoscenza. Alle teorie scientifiche corrispondono le trasformazioni che contemporaneamente coinvolgono l’immaginario e hanno
perciò profonde conseguenze nella letteratura e nell’arte. Si impongono nuovi temi letterari e artistici :quello del conflitto padrefiglio, quello della burocrazia e dell’impiegato inetto,frustrato e spersonalizzato,quello della estraneità e della insensatezza della
vita.
E’ il “ disagio della civiltà”.( Freud).
La Grande Guerra è il prodotto delle contraddizioni fra le diverse potenze imperialistiche : L’imperialismo era nato negli anni
Settanta dell’Ottocento come politica espansionistica in campo coloniale, segnata da dal crescente potere del ceto militare, dallo
stretto rapporto fra esercito,industria e Stato, dalla fine del liberismo e dall’affermazione del protezionismo.
All’inizio del Novecento alla competizione coloniale in Africa, Asia e America si aggiunge quella in Europa : l’accentuarsi dei
contrasti fra i diversi imperi economici e politici e il dilagare del militarismo e del nazionalismo sfociano nella guerra del 1914-18.
L’esito del l’imperialismo è la guerra totale, le cui conseguenze si fanno sentire in tutto il pianeta. E tuttavia la guerra non risolve le
contraddizioni : crea invece una situazione di instabilità di crisi economica, sociale e demografica, che agevola, negli anni successivi
alla sua conclusione, il trionfo di regimi autoritari di massa, il fascismo prima, il nazismo poi .
Al di là delle differenze nei singoli paesi, le istituzioni liberal –democratiche, i nascenti sistemi socialisti e i totalitarismi di destra
si trovano di fronte a un fenomeno comune: l’espansione dell’industrializzazione e della società di massa . La formula che
Sigmund Freud, padre della psicanalisi adotta per indicare la nuova situazione creata dallo sviluppo della civiltà “ disagio della
civiltà” sintetizza il nuovo clima. Le migliorate condizioni materiali non sono più considerate un segno di progresso totale,come
avveniva nel clima ottimistico della cultura positivista. La civiltà ha un prezzo, che si paga sia con tensioni sociali collettive, sia con
un’angoscia individuale.
I grandi narratori di quest’epoca denunciano tutti questo disagio : da Franz Kafka , che dipinge un mondo alienato ed assurdo,in cui
gli individui sono soli di fronte a un potere cieco e incomprensibile, a Marcel Proust , che studia l’affermarsi del mondo e dei valori,
cercando di difendere l’identità soggettiva; da Thomas Mann , che si sofferma sulla decadenza e sulla crisi della borghesia, a Luigi
Pirandello, per il quale le pulsioni della vita sono soffocate dall’inautenticità delle forme sociali; da James Joyce, che dipinge il caos
del mondo moderno e la proliferazione dei saperi , a Italo Svevo, che mette al centro dei suoi romanzi protagonisti nevrotici e
inetti alla ricerca di un equilibrio fra malattia e salute.
Le nuove forme dell’esperienza individuale inducono alla trasformazione delle forme di racconto. La narrativa europea dei primi
vent’anni del secolo sperimenta così modi nuovi, o attraverso un riuso critico della lezione ottocentesca, o con scelte apertamente
rivoluzionarie.
Alla fine dell’800 e all’inizio del nuovo secolo sino al 1913 la lunga pace europea e il crescente benessere alimentarono il mito della
belle époque di un’epoca cioè di spensieratezza e di eleganza. Contemporaneamente lo Stato tendeva a svilupparsi in senso
moderno
creando un’enorme burocrazia e uno strato sempre più numeroso di lavoratori dipendenti nel campo della pubblica istruzione,
dell’industria culturale, dei servizi, della sanità. Nasceva così una nuova classe sociale la piccola borghesia dalle cui file ormai
proveniva la maggior parte degli intellettuali.
L’organizzazione imprenditoriale subisce nell’età dell’imperialismo trionfante due vistosi cambiamenti:
1. si formano grandi società per azioni , cartelli e “trust”, che producono una concentrazione delle aziende e una
trasformazione del sistema economico che diventa monopolistico riducendo drasticamente i margini della libera
concorrenza;
2. capitale finanziario e capitale produttivo, banche ed imprese tendono ad una interdipendenza e spesso ad una fusione:
poiché gli investimenti dipendono sempre di più dall’alta finanza e dai crediti bancari , il capitale finanziario finisce per
determinare la linea delle imprese.
In generale la tendenza è alla scomparsa dell’immagine tradizionale del capitano d’industria, dell’uomo che si fa da solo, e
all’affermazione invece di società per azioni anonime. Le conseguenze si fanno sentire anche sull’immaginario collettivo: entra in
crisi, infatti, l’individualismo ottocentesco di cui vengono meno le basi materiali . Esso infatti era nato come proiezione ideologica
di una realtà , quella della libera concorrenza, che appare ormai marginale. Al posto dell’individualismo si diffonde invece il senso
della massificazione e dell’anonimato.
L’aumento della produzione viene favorito anche dalla razionalizzazione scientifica dell’organizzazione del lavoro teorizzata
dall’ingegnere Frederick W.Taylor all’inizio del Novecento.
L’imprenditore americano Henry Ford applica le teorie di Taylor mediante l’introduzione nel 1913 della prima catena di montaggio
che rende il lavoro sempre più monotono e ripetitivo Viene così ridimensionata la figura dell’operaio di mestiere dotato di un
autonomo sapere e si diffonde invece una massa di operai dequalificati e sottopagati.
Sul piano politico, il sistema di equilibrio fra Intesa franco-russa da un lato e Triplice Alleanza (Austria,Germania,Italia) resse fino al
1907, quando l’Inghilterra si schierò a fianco dell’Intesa. Sino ad allora quest’ultimo paese aveva garantito l’equilibrio e la pace
europei rimanendo estraneo a ogni schieramento ed esercitando una funzione di mediazione nei contrasti internazionali.
Questa svolta politica e il precipitare della situazione nei Balcani a causa della disgregazione dell’impero ottomano fecero esplodere
nel 1914 il conflitto. Si contrapposero da un lato Austria e Germania e dall’altro Russia ,Francia e Inghilterra a cui si aggiunsero nel
1915 l’Italia e nel 1917 gli Stati Uniti.