UNA TASSONOMIA DELLE DIAGNOSI DI PERSONALITÀ DERIVATA EMPIRICAMENTE: COLMARE IL DIVARIO TRA SCIENZA E CLINICA NELLA CONCETTUALIZZAZIONE DELLA PERSONALITÀ* Drew Westen**, Jonathan Shedler***, Bekh Bradley****, Jared A. DeFife** NOTA INTRODUTTIVA di Vittorio Lingiardi***** e Francesco Gazzillo***** L’articolo che qui presentiamo – il cui contenuto è stato anticipato da Paolo Migone in un’esauriente segnalazione a pp. 150-151 della rubrica “Riviste” del n. 1/2012 di Psicoterapia e Scienze Umane – presenta i dati del primo studio condotto con e sulla Shedler-Westen Assessment Procedure II (SWAP-II). Si tratta di un’evoluzione della Shedler-Westen Assessment Procedure 200 (SWAP-200), il metodo di diagnosi della personalità pubblicata per la prima volta da Shedler e Westen negli Stati Uniti nel 1999 (Westen & Shedler, 1999a, 1999b) e in Italia nel 2003 (Westen, Shedler & Lingiardi, 2003). Per comprendere la portata delle innovazioni della SWAP-II può essere quindi utile ricordare le caratteristiche principali della SWAP-200. Procedura di valutazione della personalità clinician-report, la SWAP è composta da 200 affermazioni che descrivono caratteristiche della personalità normale e patologica senza ricorrere a termini gergali e richiedendo minimi processi di inferenza. Gli item della SWAP-200, elaborati e rifiniti nel corso di sette anni di lavoro, derivano dalla letteratura clinica ed empirica, psicologica e psichiatrica, su personalità, meccanismi di difesa e di coping, strategie di regolazione affettiva, stili cognitivi e specifici sintomi psicopatologici. Il clinico deve valutare, su una scala da 0 a 7, in che * Edizione originale: An empirically derived taxonomy for personality diagnosis: Bridging science and practice in conceptualizing personality. American Journal of Psychiatry, 2012, 169, 3: 273-284. Reprinted with permission from The American Journal of Psychiatry (Copyright © 2012). Traduzione di Danila Moro. ** Departments of Psychology, Psychiatry and Behavioral Science, 489 Psychology Building, 36 Eagle Row, Emory University, Atlanta, GA 30322, USA, tel. 404-727-7407, fax 404727-0372, E-Mail <[email protected]> e <[email protected]>. *** Department of Psychiatry, University of Colorado School of Medicine, Mail Stop A01104, 13001 East 17th Place, Aurora, CO 80045, USA, E-Mail <[email protected]>. **** Atlanta VA Medical Center, 1670 Clairmont Road, Decatur, GA 30033, USA, tel. 404321-6111 ext. 7935, E-Mail <[email protected]>. ***** Facoltà di Medicina e Psicologia, Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica, Sapienza Università di Roma, Via dei Marsi 78, 00185 Roma, E-Mail <vittorio.lingiardi@ uniroma1.it> e <[email protected]>. Psicoterapia e Scienze Umane, 2012, XLVI, 2: 327-358 http://www.psicoterapiaescienzeumane.it 327 misura ogni item della SWAP sia descrittivo del paziente che vuole diagnosticare: il punteggio 0 va attribuito alle affermazioni per nulla descrittive, e il punteggio 7 agli item massimamente descrittivi (secondo il criterio di selezione gerarchica proprio della metodologia Q-sort). Nella propria valutazione, il clinico deve inoltre rispettare una distribuzione fissa attribuendo ogni punteggio a un numero predeterminato di item, così da ovviare a possibili bias di valutazione che per esempio potrebbero portare clinici diversi ad assegnare punteggi sempre intermedi oppure sempre estremi (andando da 0 a 7, ecco la distribuzione fissa: 100, 22, 18, 16, 14, 12, 10, 8). Il programma computerizzato della SWAP calcola quindi la correlazione tra il profilo SWAP del paziente valutato e due tipologie di prototipi/stili di personalità: i “fattori PD” e i “fattori Q”. I fattori PD sono undici descrizioni di pazienti prototipici ideali che presentano i dieci disturbi di personalità dell’Asse II del DSM-IV, più un profilo di paziente ideale “sano”, di alto funzionamento. Questi prototipi sono stati elaborati aggregando le descrizioni SWAP-200 di pazienti ideali con i vari disturbi di Asse II. I fattori Q sono invece dodici profili degli stili di personalità “presenti in natura”: il pool di clinici che ha contribuito a validare la SWAP si è servito di questa per descrivere un proprio paziente in terapia per pattern disfunzionali di cognizione, emozione, motivazione e comportamento che aveva già ricevuto una diagnosi in Asse II del DSM. Sull’intero data-base delle descrizioni SWAP raccolte, gli autori hanno applicato una procedura di aggregazione dei dati, la Q-factor analysis, che permette di raggruppare soggetti simili tra loro, cioè pazienti che hanno ricevuto punteggi di valutazione simili agli stessi item. Sono stati così estratti 7 stili di personalità: disforico, schizoide, paranoide, antisociale-psicopatico, narcisistico, istrionico e ossessivo. Dato però che lo stile disforico descriveva il 20% del campione, è stato ulteriormente scomposto con una Q-analysis di secondo ordine e diviso in 5 sottofattori “disforici”: emotivamente disregolato, dipendente masochistico, evitante, ostile con esterioriorizzazione dell’aggressività, e depressivo di alto funzionamento. In totale 11 fattori Q. Come il lettore avrà notato, la nosografia dei fattori Q della SWAP presenta alcune differenze di rilievo rispetto a quella dell’Asse II del DSM-IV: 1) non isola un fattore schizotipico; molti soggetti diagnosticati come schizotipici ricadrebbero infatti nel fattore schizoide, con gli elementi di bizzarria dell’eloquio e del comportamento riconducibili a un disturbo subclinico del pensiero; 2) non presenta alcun fattore borderline; i soggetti diagnosticati come borderline al DSM-IV ricadono nel fattore istrionico, in quello di disregolazione emotiva e in quello di dipendenza masochistica; 3) il fattore Q di stile ossessivo della personalità sembra decisamente meno compromesso dell’analogo disturbo descritto dal DSM-IV; 4) sono presenti stili di personalità (per esempio, con esteriorizzazione dell’ostilità o con depressività ad alto funzionamento) non presenti nel DSM-IV. La correlazione tra la valutazione SWAP del clinico e ciascuno di questi stili viene poi standardizzata in punti T (media=50 e deviazione standard=10): laddove si evidenzi una correlazione uguale o superiore a T=60 si può fare diagnosi categoriale di disturbo della personalità, sempre che la correlazione con il fattore di alto funzionamento non sia anch’essa superiore a 60 (cosa che accade raramente e solo per i disturbi depressivo, narcisistico e ossessivo). Quando la correlazione o somiglianza 328 tra la SWAP del proprio paziente e uno o più prototipi è superiore a T=55, ma inferiore a 60, allora si può inferire la presenza di tratti di rilievo clinico dello stile in questione. Un’ulteriore ricerca condotta con la SWAP, messa anche a confronto con i Big Five (Costa & McCrae, 1988), ha permesso di identificare 12 grandi tratti di personalità che permettono di elaborare una descrizione del funzionamento psichico ancora più articolata (Shedler & Westen, 2004): salute psicologica, psicopatia, ostilità, narcisismo, disregolazione emotiva, disforia, orientamento schizoide, ossessività, disturbi del pensiero (schizotipia), conflitti edipici, dissociazione, conflitti sessuali. A differenza del DSM-IV, quindi, la SWAP non si basa solo sulla valutazione delle caratteristiche autoriferite dai pazienti o direttamente osservabili, ma cerca di disciplinare le capacità di osservazione e inferenza dei clinici per mezzo di una procedura rigorosa; permette di elaborare diagnosi sia categoriali sia dimensionali (anche se nessun punteggio supera la soglia di 60, infatti, la SWAP offre un profilo della personalità del paziente); permette di valutare sia gli elementi problematici sia le risorse della personalità (il livello di “buon funzionamento”). Infine, permette di ottenere una formulazione del caso al tempo stesso standardizzata e patient-tailored (cucita su misura sul paziente). Formulazione che il clinico costruisce “cucendo” i 30 item più descrittivi del paziente valutato (quelli a cui ha attribuito punteggi di livello 7, 6 e 5) e arricchendoli con informazioni anamnestiche. Per un impiego esclusivamente clinico della SWAP, è possibile fare riferimento alle descrizioni Q dei diversi stili di personalità e valutare, su una scala da 1 a 5, in che misura la presentazione di un paziente si approssima ai vari prototipi, laddove 1 implica “nessuna somiglianza” e 5 che il paziente è un “caso prototipico” del disturbo di personalità in questione (Westen & Shedler, 2000). Clinici e ricercatori possono fare riferimento a un’intervista sistematica ad hoc, che segue le linee di un normale colloquio di valutazione o di una presa in carico clinica: l’Intervista Clinico-Diagnostica, pensata per favorire l’elaborazione di valutazioni SWAP affidabili (Westen & Weinberger, 2005). Numerose ricerche hanno dimostrato l’attendibilità e la validità della SWAP (per una rassegna, vedi Shedler & Westen, 2006) di cui è stata elaborata e validata anche una versione per adolescenti, la Shedler-Westen Assessment Procedure 200 for Adolescents (SWAP-200-A; Westen et al., 2003). La SWAP è stata utilizzata in ambito psicopatologico per identificare i sottotipi di personalità associati a varie sindromi di Asse I, dai disturbi del comportamento alimentare al disturbo di panico (Thompson-Brenner et al., 2008; Powers & Westen, 2010), e per identificare i correlati anamnestici e prognostici connessi alla presenza di questi sottotipi. Altre ricerche condotte con la SWAP hanno permesso di elaborare una sottotipizzazione più precisa di alcuni disturbi di personalità complessi come quello istrionico e narcisistico (Blagov & Westen, 2008; Russ et al., 2008). La SWAP è stata infine adottata nel vasto campo della ricerca in psicoterapia come strumento utile per valutare gli esiti delle terapie dinamiche (Lingiardi, Shedler & Gazzillo, 2006; Cogan & Porcerelli, 2005; Lingiardi, Gazzillo & Waldron, 2010; Gazzillo et al., 2012). Non può essere infine dimenticata l’utilità della SWAP nella formazione, discussione e supervisione in ambito clinico. 329 Nel ultimi anni, Westen e Shedler hanno avviato un processo di perfezionamento della SWAP-200: hanno modificato o sostituito 21 item poco chiari o non adeguatamente discriminanti e, basandosi sulle descrizioni SWAP di pazienti reali fornite da un pool casuale di 1.201 clinici statunitensi, hanno elaborato una tassonomia della personalità ancora più precisa e articolata, quella della SWAP-II presentata nell’articolo qui pubblicato. In un editoriale nel numero dell’American Journal of Psychiatry in cui esce questo articolo, Bob Michels (2012), con l’acume che lo contraddistingue, pur sottolineando l’esemplarità di questo studio nel campo della diagnostica di personalità, suggerisce che “nomenclatura” sarebbe stato un termine più appropriato del linneiano “tassonomia”. In questo articolo, Westen, Shedler, Bradley e DeFife segnalano come punto di forza l’aver considerato, per ovviare a uno dei limiti dei fattori Q della SWAP-200 (cioè il fatto di basarsi su descrizioni di pazienti che potevano essere diagnosticati con i criteri dell’Asse II del DSM-IV), anche pazienti che non soddisfano i criteri di una diagnosi di Asse II. In questo modo, la nosologia della SWAP-II presentata in questo lavoro può essere applicata anche a pazienti con problematiche di personalità solitamente considerate “subcliniche” o “non altrimenti specificate”. Un altro elemento di novità della SWAP-II è nella procedura di identificazione empirica dei pattern di personalità: in primo luogo, infatti, sono state clusterizzate le descrizioni SWAP dei pazienti con un disturbo sufficientemente grave da poter ricevere una diagnosi del DSM-IV, e solo in un secondo momento sono state clusterizzate quelle dei pazienti con condizioni di personalità meno gravi. La prima procedura ha identificato tre grandi spettri di personalità: internalizzante, esternalizzante, borderline. Una Q-analysis di secondo ordine ha messo in evidenza che il primo spettro, quello internalizzante, comprende i disturbi depressivo, ansiosoevitante, dipendente vittimizzato e schizoide-schizotipico. Il secondo spettro, quello esternalizzante, comprende invece gli stili di personalità antisociale-psicopatico, paranoide e narcisistico, mentre nello spettro borderline troviamo i pazienti con personalità emotivamente disregolate o istrioniche. La Q-analysis dei pazienti che non presentavano una patologia sufficientemente grave da ricevere una diagnosi DSM ha infine identificato due “stili nevrotici”: isterico e ossessivo, che solo se molto pronunciati implicano problemi significativi per l’adattamento dell’individuo. I primi dati sulla test-retest reliability, la validità concorrente e discriminante e i tassi di comorbilità tra questi stili/disturbi sono decisamente buoni (vedi anche Blagov et al., 2012). Un ultimo elemento di novità della SWAP-II è un viraggio piuttosto deciso verso l’adozione della procedura di valutazione prototype matching, che richiede al clinico di valutare in modo globale, su una scala da 1 a 5, il grado di sovrapposizione tra come si presenta il proprio paziente e i prototipi dei vari disturbi. Questa scelta, che peraltro presenta elementi compatibili con uno degli approcci del DSM-5, sembra sufficientemente solida dal punto di vista metodologico e potrebbe rivelarsi più vicina alle esigenze del clinico che non a quelle del ricercatore (Westen, Shedler & Bradley, 2006). In un articolo con Spitzer et al. (2008) mettono a confronto vari sistemi diagnostici e giungono alla conclusione che i sistemi prototype matching catturano in modo più fedele le sindromi di personalità che vediamo nella pratica clinica, e consentono descrizioni più ricche dei costrutti diagnostici senza costringere il clinico a un eccessivo dispendio di tempo. 330 In sintesi, la SWAP-II si presenta come uno strumento di valutazione e diagnosi della personalità pensato per la clinica ma con solide basi empiriche; assicura la possibilità di elaborare diagnosi categoriali senza sacrificare la dimensionalità della valutazione; propone una nosografia degli stili/disturbi della personalità empiricamente derivata a partire da un ampio campione di pazienti reali e si propone come raccordo di elezione tra le conoscenze accademiche e l’esperienza di clinici esperti, cioè tra etichetta diagnostica (label) e formulazione del caso (Dazzi, Lingiardi & Colli, 2006; Dazzi, Lingiardi & Gazzillo, 2009). Le sue origini nel pensiero psicodinamico non ne impediscono un impiego proficuo anche da parte di professionisti di orientamento teorico diverso, e il suo formato clinician-report, che valorizza le competenze cliniche, si associa a una metodologia sufficientemente solida in grado di prevenire i rischi di soggettività idiosincratiche nella valutazione. Come la SWAP-200 ha influenzato in modo deciso la nosografia dei disturbi di personalità dell’Asse P e PCA del Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM Task Force, 2006; per una presentazione, vedi Migone, 2006), rispettivamente dedicati alla diagnosi di personalità di adulti e di adolescenti e bambini, così la SWAP-II sarà uno degli assi portanti della diagnostica di personalità del PDM-2, un nuovo progetto in via di definizione coordinato da Vittorio Lingiardi e Nancy McWilliams. Un software che permetta di utilizzare la SWAP-II per scopi di ricerca non è al momento ancora disponibile, e per questo l’unica possibilità di applicazione dello strumento è il matching prototype clinico. In attesa di mettere a punto un software e un sito Internet che consentano l’applicazione della SWAP-II, è in cantiere, a cura di Jonathan Shedler, Drew Westen, Vittorio Lingiardi e Francesco Gazzillo, una nuova edizione del volume La valutazione della personalità con la SWAP (Westen, Shedler & Lingiardi, 2003) che offrirà al lettore italiano un aggiornamento sulle principali applicazioni cliniche e di ricerca di questa procedura di assessment ormai indispensabile alla clinica e alla ricerca contemporanee. Bibliografia Blagov P. & Westen D. (2008). Questioning the coherence of histrionic personality disorder: Borderline and hysterical personality subtypes in adults and adolescents. Journal of Nervous and Mental Disease, 196, 11: 785-797. Blagov P.S., Bi W., Shedler J. & Westen D. (2012). The Shedler-Westen Assessment Procedure (SWAP): Evaluating Psychometric Questions About Its Reliability, Validity, and Impact of Its Fixed Score Distribution. Assessment, February 11, 2012 [Epub ahead of print: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22327208]. Cogan R. & Porcerelli J.H. (2005). Clinician reports of personality pathology of patients beginning and patients ending psychoanalysis. Psychology and Psychotherapy: Theory, Research, and Practice, 78, 2: 235-248. Costa P.T.Jr. & McCrae R.R. (1988). From catalog to Murray’s needs and the five-factor model. Journal of Personality and Social Psychology, 55: 258-265. Dazzi N., Lingiardi V. & Colli A., a cura di (2006). La ricerca in psicoterapia. Modelli e Strumenti. Milano: Raffaello Cortina. Dazzi N., Lingiardi V. & Gazzillo F., a cura di (2009). La diagnosi in psicologia clinica. Personalità e psicopatologia. Milano: Raffaello Cortina. Gazzillo F., Waldron S., Stuckenberg K. & Lingiardi V. (2012). “The Merton Gill Single Case Study”. Relazione all’Annual Meeting dell’American Psychoanalytic Association. New York, Jan. 11-14. Lingiardi V., Gazzillo F. & Waldron W. (2010). An empirically supported psychoanalysis: The case of Giovanna. Psychoanalytic Psychology, 27, 2: 190-218. 331 Lingiardi V., Shedler J. & Gazzillo F. (2006). Assessing personality change in psychotherapy with the SWAP-200: A case study. Journal of Personality Assessment, 86: 23-32. Michels R. (2012). Editorial: Diagnosing personality disorders. American Journal of Psychiatry, 169, 3: 241-243. Migone P. (2006). La diagnosi in psicoanalisi: presentazione del PDM (Psychodynamic Diagnostic Manual). Psicoterapia e Scienze Umane, XL, 4: 765-774. Migone P. (2012). Segnalazione: “The American Journal of Psychiatry, 2012, Volume 169, n. 3”. Psicoterapia e Scienze Umane, XLVI, 1: 150-151. PDM Task Force (2006). Psychodynamic Diagnostic Manual (PDM). 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DeFife Nel 1999, utilizzando la Q-factor analysis (Block, 1978), avevamo elaborato una tassonomia dei disturbi di personalità derivata empiricamente (Westen & Shedler, 1999a, 1999b) identificando 11 raggruppamenti diagnostici, molti dei quali simili ai disturbi di personalità del DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994). Quella tassonomia aveva risolto alcuni problemi delle diagnosi dei disturbi di personalità: la comorbilità risultava notevolmente ridotta, i clinici trovavano queste diagnosi più utili di quelle dell’Asse II del DSM-IV e dei modelli dimensionali basati sui tratti (Spitzer et al., 2008; Rottman et al., 2009), e il nostro metodo identificava empiricamente alcune sindromi di personalità assenti nel DSM-IV (come quella depressiva) e perfezionava la descrizione di altre. Il campione che avevamo usato però era limitato a pazienti che avevano già ricevuto una diagnosi di disturbo di personalità del DSM-IV e che inoltre non erano stati selezionati in modo randomizzato. Non si trattava dunque di un campione rappresentativo della popolazione clinica ed escludeva un numero imprecisato di pazienti con una patologia di personalità potenzialmente significativa che però non rientrava nelle categorie diagnostiche del DSMIV. Lo studio che ora presentiamo rimedia a questi limiti, derivando ex-novo una tassonomia dei disturbi di personalità da un campione indipendente di pazienti scelti in modo randomizzato nel territorio degli Stati Uniti. Descrizioni delle sindromi di personalità Per mettere a punto descrizioni di sindromi di personalità su solide basi empiriche e clinicamente rilevanti occorre testare criteri diagnostici prospettici che coprono l’intero spettro dei processi di personalità potenzialmente rilevanti. Abbiamo creato la Shedler-Westen Assessment Procedure (SWAP) (Westen & Shedler, 1999a, 1999b, 2007; Westen, Shedler & Lingiardi, 2003; Shedler & Westen, 2004a, 2004b, 2007) per dotare i professionisti della salute mentale di una serie di item clinicamente esaustivi con cui registrare e quantificare le loro osservazioni sulla personalità dei pazienti e per fornire loro un insieme di possibili criteri diagnostici da verificare empiricamente. Lo strumento è composto da 200 item, ciascuno dei quali descrive un aspetto della personalità, che rappresentano anche potenziali criteri diagnostici. Psicoterapia e Scienze Umane, 2012, XLVI, 2: 333-358 http://www.psicoterapiaescienzeumane.it 333 La SWAP-II utilizzata in questo studio è la terza generazione degli strumenti SWAP [esisteva infatti una prima versione, precedente alla SWAP-200 (N.d.R.)]. Uno dei princìpi guida per la sua elaborazione è stato quello di impiegare per gli item un linguaggio preciso in termini descrittivi e privo di tecnicismi, in modo da rendere lo strumento utilizzabile da tutti i clinici, indipendentemente dal loro orientamento teorico. Un altro principio utilizzato nella stesura degli item è stato quello di considerare i processi di personalità che sono stati ripetutamente descritti nella letteratura clinica, in quanto ipotesi significative da verificare come potenziali criteri diagnostici. Per quasi un secolo, ad esempio, la letteratura clinica ha individuato la proiezione (cioè l’errata attribuzione di intenzioni proprie a un’altra persona) come una caratteristica centrale della personalità paranoide; questo costrutto, però, non è mai stato testato empiricamente come possibile criterio diagnostico. Nella SWAP il concetto di proiezione è stato formulato con un linguaggio neutrale (“Tende a vedere i suoi sentimenti e impulsi inaccettabili negli altri e non in se stesso/a”), e si è visto empiricamente che questa caratteristica centrale nel disturbo paranoide di personalità emerge indipendentemente dall’orientamento teorico di chi compie la valutazione (Westen & Shedler, 1999b). Per la compilazione iniziale degli item della SWAP (Shedler & Westen, 1998) ci eravamo basati su un’ampia serie di fonti, tra cui la letteratura clinica sulla personalità degli ultimi cinquant’anni (ad esempio Kernberg, 1975, 1984; Kohut, 1971; Linehan, 1993), i criteri diagnostici dell’Asse II dal DSMIII al DSM-IV, singoli item dell’Asse I del DSM-IV che potevano riflettere aspetti della personalità (ad esempio depressione e ansia), ricerche empiriche sui meccanismi di difesa, di coping e di regolazione affettiva (ad esempio Perry & Cooper, 1987; Shedler, Mayman & Manis, 1993; Vaillant, 1992; Westen et al., 1997), ricerche sui problemi interpersonali dei pazienti con patologia di personalità (ad esempio Westen et al., 1990; Westen, 1991), ricerche su tratti di personalità in popolazioni non cliniche (ad esempio Block, 1971; John, 1990; McCrae & Costa, 1990), ricerche sui disturbi di personalità condotte dopo la formulazione dell’Asse II (Livesley, 1995), e interviste pilota in cui degli osservatori guardavano interviste videoregistrate di pazienti con disturbi di personalità (Shedler & Westen, 2007). Gli item della SWAP sono stati poi rivisti con una procedura iterativa che ha incluso il feedback di oltre 2.000 clinici di tutti gli orientamenti teorici. Rispetto alla SWAP-200, nella SWAP-II è stato modificato in modo sostanziale il contenuto di 21 dei 200 item. Le modifiche sono state basate su considerazioni empiriche e avevano l’obiettivo di migliorare le proprietà psicometriche degli item. In breve, abbiamo eliminato gli item che non discriminavano tra i pazienti (cioè gli item che avevano varianza minima o nulla) – e che pertanto non contribuivano, o contribuivano poco, a fornire informazioni aggiuntive – e abbiamo aggregato gli item empiricamente ridondanti (con correlazione >0.70). Abbiamo inoltre raccolto sistematicamente il 334 feedback scritto di chi aveva utilizzato la SWAP-200 e rivisto i testi per aumentarne la chiarezza quando era stata segnalata la difficoltà a valutare un item perché il suo significato sembrava ambiguo o poco chiaro. Tra i clinici che hanno usato la SWAP-II per descrivere un loro paziente, l’84% si è dichiarato “d’accordo” o “assolutamente d’accordo” con l’affermazione “Ho potuto esprimere gli aspetti che considero importanti della personalità del mio paziente”, e meno del 5% si è dichiarato in disaccordo (Shedler & Westen, 2007). Fare diagnosi nella pratica quotidiana Abbiamo proposto un approccio alla diagnosi di personalità basato sulla comparazione con dei prototipi (prototype matching) (Westen & Shedler, 2000; Shedler & Westen, 2004b; Westen, Shedler & Bradley, 2006; Ortigo, Bradley & Westen, 2010; Westen et al., 2010; Westen, 2012). Questo tipo di procedura diagnostica verrà descritta in Appendice. Una premessa per l’adozione di questo approccio è stata la considerazione che un elenco di otto o nove criteri – come avviene nei DSM-III e DSM-IV – è spesso insufficiente per definire una sindrome sfaccettata di personalità in modo tale da distinguerla chiaramente da altre sindromi (e questo aggrava il problema della comorbilità). È piuttosto la configurazione o il pattern formato dalle caratteristiche della personalità che identifica le diverse sindromi. Da questo punto di vista, individuare una sindrome di personalità è fondamentalmente un processo di riconoscimento di un pattern allo stesso modo in cui riconoscere un volto implica cogliere un pattern e non quantificarne le singole caratteristiche. Gli item della SWAP che si riferiscono a una diagnosi sono quindi strutturati sotto forma di brani coerenti a livello narrativo e non – come nei DSM-III e DSM-IV – sotto forma di un elenco di criteri diagnostici da quantificare all’interno di un sistema politetico1. I clinici valutano la somiglianza generale o la “corrispondenza” tra il paziente e il prototipo, considerando il prototipo come un tutto. Questo approccio è studiato per essere in sintonia, e non contrapporsi, ai processi cognitivi decisionali spontanei dei clinici (Kim & Ahn, 2002; Cantor & Genero, 1986; Rosch & Mervis, 1975; Ahn, 1999). Il metodo della comparazione con dei prototipi conserva un approccio configurazionale o sindromico alla diagnosi di personalità (Horowitz et al., 1981; Pilkonis, 1988; Blashfield, 1985) coerente con tutte le versioni finora pubblicate del DSM, e al tempo stesso consente una valutazione dimensionale su una scala che va da 1 (nessuna corrispondenza) a 5 (massima corrispondenza). 1 Per una descrizione dettagliata dell’alternativa tra sistema politetico e monotetico, e di altri aspetti metodologici del DSM-III e del DSM-IV (validità e attendibilità, approccio categoriale e dimensionale, “ateoreticità” dei criteri diagnostici, ecc.), vedi l’articolo “Il DSMIV e i problemi della diagnosi in psichiatria”, pubblicato nel n. 1/1995 di Psicoterapia e Scienze Umane (dove vi è anche una intervista a Robert Spitzer), in particolare le pp. 49-61. [N.d.R.] 335 Quando si desidera avere una diagnosi categoriale (ad esempio per facilitare la comunicazione tra clinici), si prende in considerazione il punteggio numerico: un punteggio ≥4 indica “presenza del disturbo” e un punteggio 3 indica presenza di “caratteristiche” del disturbo o patologia sottosoglia. Questo metodo trova un parallelismo in molte diagnosi mediche, dove le variabili, per esempio la pressione sanguigna, vengono misurate lungo un continuum, ma i medici ne considerano alcune come valori “elevati” o di “soglia”. L’attendibilità (reliability) delle diagnosi dei prototipi della SWAP valutata da osservatori indipendenti è alta. L’attendibilità media intergiudici tra i disturbi di personalità è di 0.72 (Westen et al., 2010), ed è dunque paragonabile ai coefficienti di attendibilità intergiudici comunemente osservati per le interviste diagnostiche strutturate (valore medio kappa tra 0.69 e 0.84) (Zimmerman, 1994; Lobbestael, Leurgans & Arntz, 2011). In questo articolo presentiamo i risultati di una ricerca svolta per ottenere una nuova derivazione dei prototipi diagnostici per i disturbi di personalità, in cui abbiamo utilizzato le descrizioni di personalità della SWAP-II in un ampio campione clinicamente significativo della popolazione degli Stati Uniti. In aggiunta presentiamo i risultati di un secondo studio indipendente che esamina la validità delle diagnosi di personalità ottenute impiegando le nuove diagnosi ricavate dal primo studio. Metodo Abbiamo contattato un campione di 1.201 psichiatri e psicologi con almeno 5 anni di esperienza clinica dopo la specializzazione, scegliendoli in modo randomizzato dai roster dell’American Psychiatric Association e dell’American Psychological Association (Westen, Shedler & Bradley, 2006; Westen & Shedler, 2007; Russ et al., 2008). Poiché tutti i dati sono stati forniti dai clinici, e ai ricercatori non è stata rivelata alcuna informazione che potesse identificare i pazienti, il consenso informato è stato fornito dai clinici e non dai pazienti, come richiesto dalla Emory University Institutional Review Board. Gli specialisti che hanno partecipato allo studio hanno ricevuto per il consulto un compenso di $ 200. Abbiamo chiesto loro di descrivere “un paziente adulto attualmente in trattamento o in valutazione che presenta schemi stabili di pensiero, emozioni, motivazioni o comportamento – cioè pattern di personalità – che gli provocano sofferenza o disfunzione”. Per poter ottenere uno spettro di patologie della personalità possibilmente ampio, abbiamo precisato che i pazienti non dovevano necessariamente avere una diagnosi di disturbo di personalità secondo il DSM-IV. I pazienti dovevano soddisfare i seguenti ulteriori criteri di inclusione: ≥18 anni di età, attualmente non psicotici, conosciuti abbastanza bene dallo specialista (in base al criterio di ≥6 ore di contatto clinico ma meno di 2 anni per minimizzare le influenze dovute al trattamento). Per garantire una selezione casuale dei pazienti, agli specialisti è stato chiesto di consultare la loro agenda e di scegliere l’ultimo paziente visto durante la settimana precedente che soddisfaceva i criteri dello studio. 336 Misurazioni La Shedler-Westen Assessment Procedure-II (SWAP-II) La SWAP-II è stata illustrata dettagliatamente altrove (Westen & Shedler, 1999b, 2007; Westen, Shedler & Lingiardi, 2003; Shedler & Westen, 2007). Lo strumento consiste in 200 affermazioni descrittive della personalità, ciascuna delle quali può essere considerata una descrizione adeguata, parzialmente adeguata o non adeguata di un determinato paziente. I clinici distribuiscono le affermazioni in otto categorie che vanno da “per nulla descrittivo del paziente” (valore 0) a “molto descrittivo del paziente” (valore 7). L’attendibilità e la validità sono elevate (Westen & Muderrisoglu, 2003; Westen & Weinberger, 2004; Westen & Shedler, 2007). Scheda dei dati clinici La scheda dei dati clinici è un modulo compilato dal clinico (clinician-report) che raccoglie i dati relativi alle variabili demografiche, diagnostiche ed eziologiche e al funzionamento adattivo. I dati raccolti con la scheda sulla storia dello sviluppo e gli eventi di vita hanno mostrato una forte validità concordante (cross-method validity) con i dati raccolti dai pazienti (DeFife et al., 2010). Anche le variabili relative al funzionamento adattivo, valutate con la scheda dei dati clinici (per esempio il punteggio della scala per la Valutazione Globale del Funzionamento [VGF] dell’Asse V del DSM-IV) hanno ottenuto elevati coefficienti di attendibilità e validità in confronto con le valutazioni di esaminatori indipendenti (Westen et al., 1997; Dutra, Campbell & Westen, 2004; DeFife et al., 2010). Check-list dei criteri dell’Asse II I clinici hanno compilato una check-list dei criteri di tutti i disturbi di Asse II del DSM-IV, in ordine casuale, indicando quali criteri erano soddisfatti dal paziente. Sono state applicate le regole decisionali del DSM-IV per arrivare a una diagnosi in base al DSM-IV. Questo metodo fornisce risultati paragonabili a quelli delle interviste diagnostiche strutturate (Morey, 1988; Blais & Norman, 1997; Westen et al., 2003). Analisi dei dati È stata applicata la Q-factor analysis per identificare empiricamente raggruppamenti diagnostici che emergono in modo spontaneo – cioè gruppi di pazienti con caratteristiche di personalità simili tra loro e diverse da quelle dei pazienti di altri gruppi. Gli algoritmi computazionali sono gli stessi dell’analisi fattoriale convenzionale, ma qui vengono applicati a casi clinici e non a singole variabili: l’analisi fattoriale identifica gruppi di variabili simili che misurano un fattore sottostante comune, mentre la Q-factor analysis identifica gruppi di persone simili che condividono una sindrome comune. I risultati qui riportati sono basati sull’estrazione dei fattori con il metodo dei minimi quadrati non ponderati e la rotazione promax. Abbiamo testato altre soluzioni fattoriali possibili, ottenendo risultati analoghi. Dopo l’identificazione empirica dei raggruppamenti, sono state create delle scale psicometriche per la valutazione di ciascun disturbo selezionando gli item della SWAP-II coi punteggi fattoriali più elevati (cioè gli item che meglio descrivevano ciascun raggruppamento diagnostico). Ciò ha condotto a scale diagnostiche per ciascuna diagnosi comprendenti da 15 a 24 item, dove il numero di item riflette la complessità della relativa sindrome di personalità. Per creare prototipi diagnostici 337 sotto forma di brani descrittivi utili per la diagnosi nella pratica quotidiana e passibili di essere inclusi in un manuale diagnostico, abbiamo organizzato gli item per tematiche e revisionato le descrizioni risultanti con riferimento a leggibilità, ridondanza e coerenza narrativa. Abbiamo anche elaborato una descrizione sintetica formata da una sola frase (simile alle affermazioni anteposte alla descrizione dei disturbi del DSM-IV che non sono incluse nella diagnosi stessa) per descrivere in modo conciso ed efficace le caratteristiche fondamentali di ciascuna diagnosi (vedi l’Appendice). La validità convergente e discriminante delle scale diagnostiche e dei relativi prototipi è stata stimata utilizzando un campione indipendente di una ricerca in corso volta a confrontare la validità di approcci alternativi alla diagnosi dei disturbi di personalità (che comprendeva i prototipi della SWAP-II, i modelli dimensionali basati sui tratti e il sistema diagnostico del DSM-IV). I pazienti compilavano questionari di personalità self-report e venivano valutati da tre ricercatori indipendenti e anche dai terapeuti. I ricercatori somministravano loro l’Intervista Clinica Strutturata per i Disturbi di Asse II del DSM-IV (SCID-II) di First et al. (1997), l’Intervista Clinica Diagnostica (CDI) di Westen & Muderrisoglu (2006) – una versione sistematizzata del tipo di colloquio che la maggior parte dei clinici esperti conduce durante i primi incontri col paziente – e la Longitudinal Interval Follow-Up Evaluation – Baseline Version (per valutare il funzionamento adattivo) di Keller, Lavori & Friedman (1987). Le valutazioni sono state eseguite in doppio cieco. La validità delle nuove diagnosi derivate della SWAP-II è stata esaminata confrontando le valutazioni diagnostiche fornite dai ricercatori che hanno somministrato la CDI con le valutazioni fornite dai terapeuti che seguivano i pazienti. In questo secondo studio i risultati sono stati basati sui dati dei primi 145 pazienti consecutivi arruolati (in pubblicazioni future abbiamo in progetto di trattare la validità dei sistemi diagnostici alternativi in riferimento a una serie di variabili di criterio, incluso il funzionamento adattivo valutato da più osservatori indipendenti, le misure dei processi di personalità impliciti derivate da misurazioni indirette come il tempo di reazione agli stimoli sperimentali, e variabili eziologiche quali il DNA salivare, l’anamnesi familiare per la patologia psichiatrica e la storia dello sviluppo). Risultati Il campione utilizzato per individuare i prototipi di personalità della SWAP-II era formato da 1.201 pazienti, il 73,1% dei quali è stato valutato da professionisti che lavoravano privatamente e il resto in contesti che andavano da servizi ambulatoriali a setting di psichiatria forense; il 53,2% erano donne, il 82.7% era di razza caucasica e l’età media era di 42,3 anni (Standard Deviation [SD]=12,3). I pazienti si distribuivano equamente in tutte le classi sociali. I punteggi VGF abbracciavano un’ampia gamma, andando da 10 a 93 (media=57,9, SD=10,8). Un terzo del campione aveva avuto almeno un ricovero psichiatrico, un quarto aveva una storia di tentati suicidi, e uno su dieci era stato arrestato nei 5 anni precedenti. Gli specialisti che hanno partecipato allo studio avevano un notevole esperienza (con una media di 19,8 anni di pratica clinica [SD=9.2]). I loro orientamenti teorici erano diversi (biologico, cognitivo-comportamentale, integrato-eclettico, ecc.), e nessun singolo orientamento teorico era rappresentato in più del 25% del campione. 338 L’estrazione dei prototipi diagnostici Prima di tutto abbiamo selezionato i pazienti che mostravano un livello di patologia corrispondente a ciò che la maggioranza degli osservatori considererebbe un “disturbo”: in termini operazionali, dovevano soddisfare i criteri di almeno uno dei disturbi di personalità del DSM-IV e il punteggio VGF doveva essere <70. Circa il 70% del campione rientrava in questi criteri. In questo sottogruppo abbiamo ottenuto una struttura fattoriale gerarchica di 3 fattori sovraordinati, o ampi spettri di personalità (che sono stati ottenuti anche nel campione complessivo): 1) patologia internalizzante, 2) patologia esternalizzante, e 3) patologia borderline-disregolata (vedi Figura 1). Questi tre fattori erano responsabili del 33% della varianza del sottogruppo. Abbiamo poi condotto un’analisi fattoriale di secondo livello, considerando come fattori i pazienti di ognuno di questi spettri (quelli con elevata saturazione fattoriale in uno dei tre fattori sovraordinati) al fine di identificare specifiche diagnosi in ciascun spettro. Ciò ha portato a identificare 4 diagnosi di personalità nello spettro internalizzante (depressivo, ansioso-evitante, dipendente-vittimizzato [Nella SWAP-200 al posto del termine “dipendentevittimizzato” viene usato il termine “dipendente-masochista” (N.d.R.)] e schizoide-schizotipico) e 3 nello spettro esternalizzante (antisocialepsicopatico, narcisista e paranoide). Il fattore sovraordinato borderlinedisregolato è rimasto senza ulteriore suddivisione. Figura 1: Struttura gerarchica delle diagnosi di personalità Spettro internalizzante Depressivo Ansiosoevitante Dipendentevittimizzato Spettro borderlinedisregolato Spettro esternalizzante Antisocialepsicopatico Schizoideschizotipico Borderlinedisregolato Stili nevrotici Istericoistrionico Paranoide Narcisistico 339 Ossessivo Tabella 1: Numero di item e relativi coefficienti di attendibilità (N=1.201) Spettro della personalità e diagnosi Internalizzante Depressivo Ansioso-evitante Dipendente-vittimizzato Schizoide-schizotipico Esternalizzante Antisociale-psicopatico Narcisistico Paranoide Borderline-disregolato Stili nevrotici Ossessivo Isterico-istrionico Personalità sana N. di item Alpha di Cronbach 20 17 15 16 19 21 18 21 15 24 0.85 0.82 0.78 0.78 0.77 0.87 0.89 0.72 0.79 0.81 21 20 23 0.73 0.72 0.94 Validità cross-method e cross-observer (trasversale ai metodi e trasversale agli osservatori) Come test iniziale di validità riportiamo i dati del secondo studio indipendente compiuto su 145 pazienti, relativo al confronto tra diversi approcci alla diagnosi dei disturbi di personalità tra loro comparabili. I pazienti inclusi nello studio avevano un’età compresa tra 18 e 65 anni ed erano in psicoterapia; sono stati reclutati in cliniche universitarie o in centri di salute mentale di due aree metropolitane. I criteri di esclusione erano una psicosi in atto o una precedente diagnosi di disturbo schizofrenico o schizoaffettivo, un deficit organico riconosciuto e l’incapacità di parlare correntemente l’inglese. Per stabilire se due valutatori indipendenti fossero in grado di fare diagnosi simili di un stesso paziente nonostante le fonti indipendenti e non sovrapponibili di informazione, abbiamo confrontato i punteggi diagnostici ottenuti da un valutatore indipendente dopo la somministrazione dell’intervista CDI (Westen & Muderrisoglu, 2003; DeFife & Westen, 2012) con i punteggi elaborati dal terapeuta sulla base di osservazioni compiute nel corso del trattamento. Entrambi i valutatori hanno compilato la SWAP-II ed erano reciprocamente ignari dei dati forniti. Le diagnosi sono state stilate in contesti di consultazione diversi e sulla base di fonti di informazione indipendenti. La Tabella 3 illustra le correlazioni cross-method e cross-observer dei punteggi diagnostici della SWAP-II forniti dai ricercatori e dai terapeuti. I coefficienti di validità andavano da “buono” a “molto buono”, con una correlazione media cross-observer di 0.51. Come auspicato, i coefficienti di validità discriminante erano bassi, con una correlazione media di -0.01. 340 Ancora una volta, anche le correlazioni entro lo stesso spettro diagnostico sovraordinato si sono dimostrate relativamente basse, con una correlazione media tra diagnosi di 0.18 e 0.22 rispettivamente entro lo spettro internalizzante ed esternalizzante. Le correlazioni tra i disturbi di spettri diversi erano trascurabili, con una media di -0.06. Questi risultati mostrano una convergenza tra valutatori indipendenti e una comorbilità minima. Discussione Da questo studio sono emersi 10 prototipi diagnostici di patologia della personalità. I prototipi sono ampiamente coerenti con le concezioni delle sindromi di personalità descritte nella letteratura clinica. Tutte le 10 diagnosi riproducono i raggruppamenti diagnostici che abbiamo identificato nella tassonomia emersa dalla nostra ricerca del 1999 (Westen & Shedler, 1999b). Tale riscontro è degno di nota, dato che abbiamo usato un campione indipendente con criteri di inclusione ed esclusione notevolmente diversi, un insieme di item revisionati (la SWAP-II al posto della SWAP-200) e una diversa procedura di analisi fattoriale. Un elemento nuovo che è emerso è la struttura fattoriale gerarchica composta dai fattori sovraordinati internalizzante, esternalizzante e borderline-disregolato (che vengono descritti più dettagliatamente in Appendice). Questi raggruppamenti derivati empiricamente rappresentano un’alternativa al DSM-IV, dove i disturbi di personalità sono raggruppati nei tre cluster A, B e C che erano stati derivati a posteriori e mostravano un’elevata comorbilità inter e intra-cluster [i tre cluster dell’Asse II del DSM-IV sono i seguenti: cluster A, “strani o eccentrici” (Antisociale, Borderline, Istrionico e Narcisistico); cluster B, “amplificativi, emotivi o imprevedibili” (Paranoide, Schizoide e Schizotipico); cluster C, “ansiosi o paurosi” (Evitante, Dipendente e Ossessivo-Compulsivo) (N.d.R.)] La struttura fattoriale è quindi più “pulita” rispetto alla struttura identificata nel 1999, che presentava un ampio fattore internalizzante (chiamato “disforico”) che comprendeva 5 sottofattori [evitante, depressivo-nevrotico ad alto funzionamento, emotivamente disregolato, dipendente-masochistico, ostile (N.d.R.)] Continuità e discontinuità rispetto al DSM-IV Benché le 10 diagnosi conservino una certa continuità coi disturbi di personalità del DSM-IV, i prototipi differiscono per alcuni aspetti chiave. Sono clinicamente più sofisticati e comprendono un numero maggiore di item riferiti a processi psicologici interni. Tutti descrivono sindromi plurisfaccettate che abbracciano molteplici aree del funzionamento (per esempio la cognitività, l’affettività, le relazioni interpersonali, la regolazione degli impulsi e degli affetti). Se è vero che i criteri generali dell’Asse II del DSM-IV definiscono i disturbi di personalità in base a diverse aree di funzionamento, di fatto la maggior parte dei criteri stabiliti per i singoli disturbi non rispetta questa complessità. Ad esempio i criteri per il disturbo paranoide di personalità sono 341 fondamentalmente descrizioni ridondanti di un unico tratto, la sospettosità cronica, e non colgono la complessità della sindrome di personalità riconosciuta dalla maggior parte dei clinici (che include, ad esempio, ostilità e aggressività, errata attribuzione agli altri di intenzioni ostili, esternalizzazione della colpa e distorsioni del pensiero e del ragionamento). Analogamente, i criteri del DSM-IV per il disturbo di personalità antisociale enfatizzano atti delinquenziali e comportamenti che possono facilmente essere indagati con interviste strutturate. Invece il nostro prototipo antisociale-psicopatico, derivato empiricamente, si avvicina maggiormente al concetto di psicopatia di Cleckley (1941) e ai risultati delle successive ricerche empiriche sul costrutto di psicopatia (Hare, 1991; Hare & Neumann, 2010). Le nostre descrizioni ampliate delle sindromi di personalità risolvono un problema intrinseco del DSM-IV: sul piano psicometrico è impossibile con criteri di soli 8 o 9 item delineare disturbi distinti e al tempo stesso restare fedeli alle sindromi cliniche che dovrebbero descrivere (Westen & Shedler, 1999a). Vi sono caratteristiche della personalità che sono centrali in più di un disturbo di personalità (per esempio la mancanza di empatia è tipica sia del disturbo narcisistico sia di quello antisociale; l’ostilità è tipica dei disturbi paranoide, antisociale e narcisistico). Nella struttura del DSM-IV, il fatto che uno stesso item sia incluso nei criteri diagnostici di più disturbi crea una comorbilità così elevata da risultare inaccettabile; d’altra parte escludere arbitrariamente alcuni item produrrebbe descrizioni clinicamente inaccurate. Il criterio della corrispondenza con dei prototipi (prototype matching) risolve questo problema in quanto gli item possono essere inclusi in diversi prototipi diagnostici senza che ciò produca una comorbilità artefatta. Per esempio, i pazienti narcisistici, antisociali-psicopatici e borderline-disregolati sono sì caratterizzati dalla mancanza di empatia, ma non lo sono allo stesso modo. Mentre i pazienti narcisistici sono spesso inconsapevoli dei bisogni degli altri, i pazienti antisociali-psicopatici possono essere in grado di riconoscere i bisogni degli altri e sfruttarli a proprio vantaggio, e i borderlinedisregolati possono avere invece difficoltà a riconoscere gli stati interni altrui quando sono sopraffatti dalle emozioni oppure perché tendono a vedere gli altri in termini dicotomici estremi tipo “tutto bianco o tutto nero”. I clinici di solito hanno ben chiare queste differenze. Il problema della “comorbilità” non è un problema intrinseco alle diagnosi di personalità, ma è un artefatto della semplificazione dei criteri diagnostici del DSM-III e del DSM-IV che non colgono la complessità delle sindromi di personalità nella vita reale. Organizzazione gerarchica delle sindromi di personalità Tra i pazienti con patologia più grave di personalità sono emersi tre raggruppamenti sovraordinati, o ampi spettri di personalità: patologia internalizzante, esternalizzante e borderline-disregolata. I pazienti dello spetto internalizzante incolpano se stessi e sono cronicamente inclini alla depressione e all’ansia. I pazienti dello spettro esternalizzante incolpano gli altri e sono cronicamente inclini alla rabbia e all’aggressività. I pazienti dello spettro 342 borderline-disregolato sono qualitativamente diversi dagli internalizzanti e dagli esternalizzanti: la loro percezione di sé e degli altri è spesso instabile e fluttuante e presentano una disregolazione delle emozioni (spesso oscillano tra i poli emotivi caratteristici della patologia internalizzante ed esternalizzante, per esempio depressione, ansia, rabbia); questi soggetti possono essere meglio definiti come “stabilmente instabili” (Schmideberg, 1959). Oltre a queste dimensioni, abbiamo identificato una sindrome di personalità ossessiva e isterico-istrionica che abbiamo etichettato come “stili nevrotici” (Shapiro, 1965), in quanto i pazienti che rientrano in questi prototipi non sempre hanno un livello di disfunzione che giustifichi l’uso del termine “disturbo” (queste sindromi erano emerse anche in ricerche precedenti) (Achenbach & Edelbrock, 1978). Come per tutte le altre sindromi di personalità, anche qui i pazienti si distribuiscono lungo un continuum di gravità. Alcuni presentano una disfunzione grave e hanno un disturbo di personalità conclamato, ma la maggioranza tende a collocarsi verso il polo meno grave del continuum di patologia della personalità. L’identificazione di queste due sindromi risolve due problemi che si erano presentati a partire dal DSM-III (American Psychiatric Association, 1980). Il primo si riferisce al fatto che il Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità è l’unico disturbo di personalità che si correla positivamente con le misurazioni del funzionamento adattivo sano. Il secondo si riferisce al fatto che il DSM-III ha dovuto “ritoccare verso l’alto” il livello di patologia di entrambi questi stili di personalità (prima chiamati “ossessivo” e “isterico” sia nella letteratura clinica sia nelle versioni precedenti al DSM-III) per farli rientrare nella tassonomia di “disturbi”. Il risultato è stato una diagnosi di Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità che spesso manca di coerenza con la realtà clinica ed empirica, e una diagnosi di Disturbo istrionico di personalità che è empiricamente indistinguibile dal Disturbo borderline di personalità. Gli spettri internalizzante ed esternalizzante sono coerenti con gran parte della letteratura sui disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza (Achenbach & Edelbrock, 1978) e con i risultati di studi recenti sulla psicopatologia adulta svolti con metodi di ricerca, serie di item e approcci di analisi dei dati tra loro molto diversi (Krueger, 1999; Kendler et al., 2003). Questa convergenza tra molteplici approcci metodologici suggerisce che internalizzazione ed esternalizzazione siano costrutti centrali della personalità. Questi spettri presentano l’ulteriore vantaggio di facilitare la comprensione della relazione tra i disturbi di Asse I e il substrato di personalità (per esempio gli individui con patologia di personalità internalizzante sono vulnerabili ai disturbi d’ansia e ai disturbi dell’umore; gli individui con patologia della personalità esternalizzante sono inclini ai disturbi da uso di sostanze e del controllo degli impulsi). L’identificazione dello spettro borderline-disregolato è un risultato precipuo di questa ricerca: con tutta probabilità la sua scoperta indica che è stato utilizzato un insieme di item clinicamente ricco in grado di discriminare tra pazienti con emozioni patologiche stabilmente intense e pazienti con disregolazione di emozioni, impulsi e percezione di sé e degli altri. 343 Tabella 2: Intercorrelazioni tra diagnosi di personalità (N=1.201)a Depressivo Depressivo Ansioso-evitante Dipendente-vittimizzato Schizoide-schizotipico Antisociale-psicopatico Narcisista Paranoide Borderline-disregolato Ossessivo Isterico-istrionico Personalità sana – 0.51 0.53 0.10 -0.56 -0.36 -0.39 0.01 -0.04 -0.24 0.01 AnsiosoEvitante Dipendente vittimizzato Schizoideschizotipico Antisocialepsicopatico – 0.40 0.28 -0.53 -0.39 -0.24 -0.18 0.15 -0.35 -0.02 – -0.08 -0.46 -.055 -.052 -0.04 -0.13 0.20 0.11 – 0.14 -0.06 0.29 0.00 0.12 -0.32 -.053 – 0.31 0.51 0.28 -0.22 0.10 -0.49 a Le aree ombreggiate rappresentano le correlazioni tra i disturbi dello stesso spettro sovraordinato (internalizzante o esternalizzante), tra cui in genere si prevedono sovrapposizioni. a Tabella 3: Correlazioni tra ricercatori e terapeuti (N=145) Valutazioni degli specialisti Valutazioni dei ricercatori Depressivo Depressivo Ansioso-evitante Dipendentevittimizzato Schizoide-schizotipico Antisociale-psicopatico Narcisista Paranoide Borderline-disregolato Ossessivo Isterico-istrionico Personalità sana 0.56** 0.46** 0.40** AnsiosoEvitante 0.19 0.55** 0.06 Dipendente vittimizzato 0.37** 0.36** 0.56** SchizoideSchizotipico 0.08 0.22 -0.07 Antisocialepsicopatico -0.19 -0.30** -0.27* -0.02 -0.33** -0.16 -0.26* 0.01 -0.08 -0.16 0.06 0.22 -0.23 -0.14 -0.06 -0.12 0.20 -0.28* -0.11 -0.13 -0.36** -0.35** -0.32** -0.09 -0.17 0.04 0.17 0.48** -0.04 0.07 0.24* 0.07 -0.05 -0.16 -0.28* -0.09 0.47** 0.15 0.21 0.22 -0.16 0.08 -0.11 a Le correlazioni in grassetto (sulla diagonale) rappresentarono i coefficienti di validità convergente. Le correlazioni esterne alla diagonale rappresentano i coefficienti di validità discriminante. Valore medio sulla diagonale r=0.51; valore medio esterno alla diagonale r=-0.01. Le aree ombreggiate rappresentano le correlazioni tra i disturbi dello stesso spettro sovraordinato (internalizzante o esternalizzante), tra cui in genere si prevedono sovrapposizioni. * p<0.01. ** p<0.001. 344 [continuazione della Tabella 2 nella pagina di fronte a sinistra] Narcisistico – 0.45 -0.02 0.30 -0.06 -0.19 Paranoide – 0.39 -0.01 -0.23 -0.58 Borderlinedisregolato Ossessivo – -0.60 0.25 -0.55 – -044 0.21 Istericoistrionico Personalità sana – -0.02 – [continuazione della Tabella 3 nella pagina di fronte a sinistra] Valutazioni dei ricercatori Narcisistico Paranoide Ossessivo -0.11 -0.13 -0.34** Borderlinedisregolato 0.12 0.04 -0.05 -0.08 -0.16 -0.19 0.14 0.12 0.48** 0.30** -0.09 0.31** -0.02 -0.23* -0.01 0.03 0.00 Istericoistrionico -0.13 -0.14 0.14 Personalità sana -0.10 -0.9 0.12 0.26* 0.27* 0.28* 0.59** 0.22 -0.08 -0.09 -035** 0.01 0.13 -0.04 0.14 0.45** -0.35** 0.02 -0.15 0.19 -0.16 0.15 -0.01 -0.34** 0.50** -0.09 0.04 -0.20 -0.01 -0.09 -0.14 0.04 -0.23* 0.45** 0.11 -0.16 -0.14 -0.11 -0.27* -0.27* 0.21 0.02 0.29** Prototipo della personalità sana L’analisi fattoriale dell’intero campione ha evidenziato un prototipo che si riferisce alla personalità sana ottimale o ai punti di forza adattivi della persona, una dimensione che era emersa anche nello studio del 1999 (Westen & Shedler, 1999b). Questo prototipo fornisce una misura del continuum salutemalattia della personalità che è trasversale a tutti i disturbi. Un paziente con un disturbo narcisistico, per esempio, può mostrare diversi gradi di corrispondenza col prototipo della personalità sana, con importanti implicazioni per il 345 funzionamento adattivo e la prognosi. Il grado di corrispondenza col prototipo sano può contribuire a chiarire dove si colloca un dato paziente lungo il continuum del funzionamento che va dallo stile nevrotico al disturbo di personalità (per esempio nel caso della personalità ossessiva e istericoistrionica). Questo fattore è emerso ripetutamente nelle ricerche precedenti (Westen & Shedler, 1999a), e gli item che comprende raccolgono un ampio consenso tra clinici di diversi orientamenti teorici riguardo alla definizione di “personalità sana” [si vedano a questo proposito gli item della SWAP elencati nella Tabella 2 a p. 25 dell’articolo di Shedler pubblicato nel n. 1/2010 di Psicoterapia e Scienze Umane (N.d.R.)]. Precedenti studi hanno mostrato che l’inclusione di un prototipo di personalità sana aumenta in modo sostanziale la validità predittiva delle diagnosi di personalità (Westen, Shedler & Bradley, 2006). Conclusioni I 10 prototipi per le diagnosi di personalità, da noi descritti e derivati empiricamente, sono scientificamente fondati e clinicamente rilevanti. In particolare, è molto incoraggiante il fatto che clinici e ricercatori indipendenti siano in grado di riconoscere in un determinato paziente la medesima configurazione di personalità: ciò indica che nella pratica quotidiana i clinici sono in grado di compiere valutazioni accurate e quantificabili di sindromi di personalità complesse. APPENDICE Prototipi dei disturbi di personalità derivati empiricamente tramite la SWAP (tutte le diagnosi si collocano lungo un continuum di funzionamento: varianti più gravi possono essere considerate disturbi di personalità, varianti meno gravi stili di personalità) «Per ciascuna diagnosi, prima si formi un’impressione globale della persona descritta, poi valuti in che misura il suo paziente corrisponde o assomiglia al prototipo»: Corrispondenza molto forte (il paziente è un 5 esempio di questo disturbo: caso prototipico) Diagnosi Corrispondenza forte (il paziente ha questo 4 disturbo: si può applicare la diagnosi) Corrispondenza moderata (il paziente ha 3 caratteristiche significative di questo disturbo) Caratteristiche Corrispondenza lieve (il paziente ha caratteri2 stiche minori di questo disturbo) Nessuna corrispondenza (la descrizione non 1 corrisponde al prototipo) 346 Spettro internalizzante Lo spettro internalizzante comprende quattro disturbi di personalità: depressivo, ansioso-evitante, dipendente-vittimizzato e schizoide-schizotipico. Gli individui con disturbi dello spettro internalizzante vivono emozioni dolorose croniche, in particolar modo depressione e ansia, tendono a essere emotivamente inibiti e socialmente evitanti e a incolpare se stessi delle proprie difficoltà. Gli individui con disturbi nello spettro internalizzante sono cronicamente soggetti a emozioni dolorose come depressione, ansia, senso di colpa, vergogna e imbarazzo. Tendono a criticare se stessi e a sentirsi inadeguati. Sono tendenzialmente inibiti e coartati e hanno difficoltà a concedersi di esprimere i propri impulsi e desideri. Sono in genere passivi e poco assertivi, e spesso si sentono inermi, impotenti e in balia di forze al di fuori del loro controllo. Ruminano spesso sui propri problemi. Hanno difficoltà a riconoscere o esprimere la rabbia e invece di farlo diventano depressi, autocritici o autopunitivi (rivolgono la rabbia verso se stessi invece di arrabbiarsi con gli altri). Spesso temono il rifiuto o l’abbandono e talvolta soffrono di dolorosi sentimenti di vuoto. Tendono a essere timidi o inibiti e a evitare le situazioni sociali per paura di provare imbarazzo. Tendono a sentirsi degli outsider o degli emarginati e spesso non hanno relazioni o amicizie strette. Personalità depressiva Descrizione sintetica: gli individui con personalità depressiva sono inclini a sentimenti di depressione e inadeguatezza, tendono a essere eccessivamente autocritici o autopunitivi e possono essere assorbiti da preoccupazioni di abbandono o di perdita. Gli individui che corrispondono a questo prototipo tendono a essere depressi o scoraggiati e a sentirsi inadeguati, inferiori o falliti. Generalmente trovano poco piacere o soddisfazione nelle attività quotidiane e sentono che la loro vita è priva di significato. Non si preoccupano abbastanza di soddisfare i propri bisogni e disconoscono e soffocano le proprie speranze e i propri desideri per proteggersi dalle delusioni. Sembrano in conflitto rispetto al provare piacere e inibiscono le sensazioni di piacere, gioia o orgoglio. In modo analogo, possono essere in conflitto o inibiti rispetto al raggiungimento di obiettivi o al successo (per esempio, non riescono a concretizzare le proprie potenzialità oppure si autosabotano quando stanno per ottenere un risultato importante). Gli individui che rientrano in questo profilo sono generalmente molto autocritici, si attengono a standard irrealistici e si sentono in colpa e accusano se stessi per le cose negative che accadono. Sembra che vogliano “punirsi” creando situazioni che comportano infelicità o evitando occasioni di piacere e gratificazione. Hanno problemi a riconoscere o esprimere la rabbia e 347 invece di farlo diventano depressi, autocritici o autopunitivi. Gli individui che corrispondono a questo prototipo temono spesso di essere rifiutati o abbandonati, sono inclini a provare dolorosi sentimenti di vuoto e possono sentirsi deprivati o penosamente soli anche in presenza degli altri. Talvolta hanno la pervasiva sensazione che qualcuno o qualcosa di necessario per la loro felicità sia andato perduto per sempre (per esempio una relazione, la gioventù, la bellezza, il successo). Personalità ansiosa-evitante Descrizione sintetica: gli individui con una personalità ansiosa-evitante sono cronicamente soggetti all’ansia, sono impacciati ed evitanti sul piano sociale e cercano di gestire l’ansia in modi che limitano e restringono la loro esistenza. Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono cronicamente ansiosi. Tendono a ruminare, a indugiare sui problemi e a ripetersi mentalmente le conversazioni. Sono più concentrati a evitare i danni che a perseguire i propri desideri, e le loro scelte e azioni sono indebitamente influenzate da sforzi tesi a evitare pericoli percepiti. Sono inclini a provare sentimenti di vergogna e imbarazzo. Spesso sono impacciati nelle situazioni sociali e tendono a evitarle per paura dell’imbarazzo o dell’umiliazione. Tendono a essere inibiti e coartati e hanno difficoltà a riconoscere ed esprimere i propri desideri. Alcuni aderiscono rigidamente alla routine quotidiana, hanno difficoltà a prendere decisioni o tentennano quando devono fare una scelta. La loro ansia può incanalarsi in una varietà di modalità espressive, inclusi attacchi di panico, preoccupazioni ipocondriache (per esempio un’eccessiva preoccupazione per normali acciacchi o dolori) o sintomi somatici in risposta allo stress (per esempio mal di testa, mal di schiena, dolori addominali, asma). Personalità dipendente-vittimizzata Descrizione sintetica: gli individui con una personalità dipendentevittimizzata sono estremamente dipendenti e timorosi di restare soli, tendono a preoccuparsi troppo poco del proprio benessere al punto da mettere a repentaglio la propria integrità o sicurezza e hanno difficoltà a esprimere la rabbia in modo diretto. Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono generalmente bisognosi e dipendenti e temono di restare soli e di essere rifiutati o abbandonati. Tendono a essere compiacenti o remissivi e spesso accondiscendono a fare cose che non vogliono nel tentativo di conservare il sostegno o l’approvazione altrui. Sono in genere passivi e poco assertivi e si sentono inermi e impotenti. Sono per lo più indecisi, suggestionabili o facilmente influenzabili, naïf o innocenti, e sembra che sappiano meno delle cose del mondo di quanto ci si aspetterebbe da loro. Tendono a legarsi a persone emotivamente non disponi348 bili e ad allacciare relazioni in cui svolgono il ruolo di chi si prende cura o salva l’altra persona. Gli individui che rientrano in questo prototipo tendono a coinvolgersi o a restare invischiati in relazioni in cui subiscono abusi fisici o psicologici o si mettono inopportunamente in situazioni rischiose (per esempio camminare da soli in luoghi insicuri o farsi avvicinare da estranei). Non si preoccupano a sufficienza di soddisfare i propri bisogni e tendono a sentirsi indegni e privi di valore. Gli individui che rientrano in questo prototipo hanno difficoltà a riconoscere o esprimere la rabbia e invece di farlo diventano depressi, autocritici o autopunitivi. Tendono a esprimere la rabbia in modi passivi e indiretti (per esempio con errori, temporeggiamenti o dimenticanze) che possono suscitare irritazione o indurre gli altri a maltrattarli. Personalità schizoide-schizotipica Descrizione sintetica: gli individui con personalità schizoide-schizotipica sono caratterizzati da un pervasivo impoverimento delle relazioni interpersonali, dell’esperienza emotiva e dei processi di pensiero, che talvolta presentano aspetti peculiari. Gli individui che corrispondono a questo profilo non hanno relazioni interpersonali strette e sembrano aver poco bisogno della compagnia o del contatto umano. Appaiono spesso distaccati o indifferenti, hanno scarse competenze sociali e tendono ad avere un comportamento sociale goffo o inadeguato. Il loro aspetto o i loro modi possono essere bizzarri o singolari (per esempio la cura della persona, la postura, il contatto oculare o il ritmo dell’eloquio possono apparire strani o “sopra le righe”), e le loro affermazioni verbali possono risultare incoerenti rispetto all’emozione che le accompagna o al comportamento non verbale. Hanno difficoltà a interpretare il comportamento altrui e sembrano incapaci di descrivere le persone per loro importanti in modo da trasmettere un’idea di che tipo di persone siano. Analogamente hanno scarsa comprensione delle proprie motivazioni e dei propri comportamenti e fanno fatica a fornire un racconto coerente della propria vita. Gli individui che rientrano in questo prototipo sembrano avere una gamma di emozioni limitata o ristretta e tendono a pensare in termini concreti, mostrando una scarsa capacità di cogliere le metafore, le analogie o le sfumature. Di conseguenza suscitano spesso negli altri sensazioni di noia. Nonostante l’apparente distacco emotivo, essi soffrono interiormente: trovano poca soddisfazione o divertimento nelle attività quotidiane, tendono a sentire che la vita non ha senso e si percepiscono come degli outsider o degli emarginati. Un sottogruppo degli individui che rientrano in questo prototipo presenta peculiarità del pensiero e della percezione. Il loro eloquio e i loro processi di pensiero possono essere circostanziali, sconnessi o digressivi, e i processi di ragionamento o le esperienze percettive possono apparire bizzarri o idiosincratici; queste persone possono inoltre essere sospettose e vedere intenzioni malevole nelle parole e nelle azioni altrui. 349 Spettro esternalizzante Lo spettro esternalizzante comprende i tre disturbi di personalità antisocialepsicopatico, paranoide e narcisista. Gli individui con un disturbo nello spettro esternalizzante sono arrabbiati od ostili, concentrati su se stessi, hanno poca empatia e incolpano gli altri per le proprie difficoltà. Gli individui con un disturbo dello spettro esternalizzante tendono ad essere arrabbiati o ostili, cosa che possono esprimere con un’aggressività aperta, con scoppi d’ira o con un comportamento critico, controllante o polemico. Tendono a essere sospettosi nei confronti degli altri, a vivere l’autorità in modo conflittuale e sono inclini a farsi coinvolgere in lotte di potere. Tendono a serbare rancore e a reagire con sentimenti di rabbia e umiliazione di fronte a un’offesa percepita. Non provano empatia nei confronti dei bisogni e dei sentimenti altrui, sentono di essere privilegiati o che tutto gli è dovuto, e di solito hanno un esagerato senso della propria importanza. Tendono ad attribuire le proprie colpe agli altri o alle circostanze. Possiedono scarso insight psicologico riguardo ai propri comportamenti e motivazioni, e tendono a sentirsi maltrattati o sfruttati invece di riconoscere l’influenza che i loro comportamenti e atteggiamenti hanno sugli altri. Spesso suscitano antipatia o animosità, e in genere non hanno relazioni o amicizie strette. Personalità antisociale-psicopatica Descrizione sintetica: gli individui con una personalità antisocialepsicopatica sfruttano gli altri, provano poco rimorso per il male o i danni che causano e hanno uno scarso controllo degli impulsi. Gli individui che corrispondono a questo prototipo approfittano degli altri, tendono a mentire, ingannare o manipolare il prossimo. Mostrano una sprezzante noncuranza per i diritti, la proprietà o la sicurezza degli altri e non provano empatia per i loro bisogni e sentimenti. Provano scarso rimorso per il male o i danni causati alle altre persone. Sembrano impermeabili alle conseguenze delle loro azioni e incapaci o non disposti a modificare il proprio comportamento in risposta a minacce o conseguenze negative. Sono generalmente privi di introspezione e incolpano gli altri o le circostanze per le proprie difficoltà. Spesso sembrano trarre piacere dall’essere sadici o aggressivi con gli altri e talvolta cercano di dominare le persone per loro importanti con l’intimidazione o la violenza. Gli individui che rientrano in questo prototipo sono di solito impulsivi, cercano il brivido, l’eccitazione, la novità e hanno bisogno di livelli elevati di stimolazione. Sono tendenzialmente inaffidabili e irresponsabili e talvolta non riescono a rispettare gli obblighi lavorativi o a onorare gli impegni finanziari. Possono mostrare comportamenti antisociali come attività illegali, abuso di sostanze o violenza interpersonale. Possono riuscire a convincere a più riprese gli altri del loro impegno a cambiare, portandoli a pensare che “questa volta è davvero diverso”, per poi riprendere come se niente fosse col loro precedente comportamento disadattivo. 350 Personalità paranoide Descrizione sintetica: gli individui con una personalità paranoide sono cronicamente sospettosi, ostili o arrabbiati, e molti di loro presentano disturbi del pensiero. Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono cronicamente sospettosi, si aspettano che gli altri facciano loro del male, li ingannino, cospirino contro di loro o li tradiscano. Incolpano gli altri o le circostanze dei propri problemi, e attribuiscono le proprie difficoltà a fattori esterni. Si sentono incompresi, maltrattati o sfruttati, senza riconoscere il proprio ruolo nei conflitti interpersonali, Gli individui che rientrano in questo prototipo tendono a essere arrabbiati od ostili e soggetti a scoppi d’ira. Tendono a vedere negli altri i loro impulsi inaccettabili e non in se stessi, per cui sono inclini ad attribuire erroneamente l’ostilità alle altre persone. Sono tendenzialmente controllanti, polemici, contestatori o facili a dissentire e a serbare rancore. Spesso suscitano antipatia o animosità e di solito non hanno relazioni o amicizie strette. Questi individui mostrano spesso disturbi del pensiero, oltre a idee paranoidi. Le loro percezioni e i loro ragionamenti possono essere bizzarri o idiosincratici, e quando vivono emozioni forti queste persone possono diventare irrazionali, fino al punto da sembrare deliranti. Personalità narcisistica Descrizione sintetica: gli individui con personalità narcisistica sono grandiosi e pretenziosi, sprezzanti e critici verso gli altri e spesso sotto una facciata di grandiosità mostrano segni di vulnerabilità. Gli individui che corrispondono a questo prototipo hanno un esagerato senso della propria importanza. Sentono di essere privilegiati e che tutto gli è dovuto, si aspettano un trattamento preferenziale e cercano di mettersi al centro dell’attenzione. Coltivano fantasie di successo, potere, bellezza o talento illimitati, e tendono a considerare gli altri come spettatori della propria importanza o eccezionalità. Credono di poter essere apprezzati da – o di dover frequentare – solo persone di stato elevato, superiori o “speciali”. Sono poco empatici e sembrano incapaci di comprendere o rispondere ai bisogni e ai sentimenti altrui a meno che non coincidano coi propri. Gli individui che rientrano in questo prototipo tendono a essere sprezzanti, boriosi e arroganti. Sono tendenzialmente critici, invidiosi, competitivi e inclini a partecipare a lotte di potere. Cercano di evitare sentimenti di impotenza e depressione arrabbiandosi, e tendono a reagire con sentimenti di rabbia e umiliazione alle offese o alle critiche. La loro grandiosità manifesta può mascherare una sottostante vulnerabilità. Gli individui che rientrano in questo prototipo investono molto nel vedersi e mostrarsi come emotivamente forti, privi di problemi e in grado di controllare le situazioni, spesso nonostante chiari segni di insicurezza o sofferenza di fondo. Un consistente sottogruppo di individui narcisistici tende a sentirsi inadeguato o inferiore, a sentire che la vita è priva di senso e a essere autocritico e intollerante rispetto ai propri difetti umani, attenendosi a irrealistici standard di perfezione. 351 Spettro borderline-disregolato Gli individui con una personalità borderline-disregolata presentano una menomazione della capacità di regolare le emozioni, hanno percezioni instabili di sé e degli altri che li portano a relazioni intense e caotiche, e sono inclini ad agire i propri impulsi, compresi quelli autodistruttivi. Gli individui che corrispondono a questo prototipo hanno emozioni che possono mutare rapidamente e intensificarsi in una spirale incontrollata, arrivando a livelli estremi di tristezza, ansia e rabbia. Tendono a essere “catastrofici”, a vedere i problemi come disastrosi o insolubili, e sono spesso incapaci di tranquillizzarsi senza l’aiuto di un’altra persona. Quando vivono forti emozioni diventano spesso irrazionali e mostrano un significativo declino del loro livello di funzionamento abituale. Gli individui che rientrano in questo prototipo non hanno un senso stabile di sé: i loro atteggiamenti, valori, obiettivi e sentimenti di sé possono essere molto instabili o continuamente mutevoli, e sono soggetti a dolorosi sentimenti di vuoto. Analogamente, hanno difficoltà a mantenere una visione stabile ed equilibrata degli altri: quando sono emotivamente turbati, hanno difficoltà a percepire contemporaneamente le qualità positive e negative di una stessa persona e vedono gli altri in termini di “tutto bianco o tutto nero”. Di conseguenza, le loro relazioni tendono a essere instabili, caotiche e a cambiare rapidamente. Temono il rifiuto e l’abbandono, hanno paura di restare soli e si legano velocemente e intensamente agli altri. Sono inclini a sentirsi fraintesi, maltrattati o vittimizzati. Spesso suscitano negli altri emozioni intense; possono spingere le altre persone in ruoli o “copioni” che sono per queste ultime estranei e non familiari (per esempio, essere insolitamente crudeli o compiere sforzi “eroici” per salvarli). In modo simile, possono suscitare conflitti o animosità tra le altre persone. Gli individui che rientrano in questo prototipo tendono ad agire impulsivamente. La loro vita lavorativa e quella quotidiana possono essere caotiche e instabili. Possono mettere in atto impulsi autodistruttivi, compresi gesti autolesivi, minacce o gesti suicidari e tentativi di suicidio, specialmente quando una relazione di attaccamento si rompe o è in pericolo. Stili nevrotici Il raggruppamento degli stili nevrotici comprende due sindromi di personalità: quella ossessiva e quella isterico-istrionica. In generale, queste sindromi non implicano lo stesso livello di menomazione o disfunzione delle altre sindromi di personalità e possono quindi essere considerate stili caratteriali piuttosto che disturbi. Le varianti più estreme possono tuttavia essere ritenute veri e propri disturbi di personalità. Personalità ossessiva Descrizione sintetica: gli individui con una personalità ossessiva hanno un approccio intellettualizzante e eccessivamente “razionale” alla vita, sono 352 emotivamente coartati, rigidi e ipercritici con se stessi e gli altri, e hanno conflitti relativi a rabbia, aggressività e autorità. Gli individui che corrispondono a questo prototipo tendono a considerarsi logici e razionali, non influenzati dalle emozioni. Tendono a pensare in termini astratti e intellettuali, a farsi assorbire dai dettagli (spesso al punto di non cogliere l’essenziale) e preferiscono agire come se le emozioni fossero irrilevanti o prive di effetti. Tendono a consacrarsi eccessivamente al lavoro e alla produttività a scapito del divertimento e delle relazioni. Gli individui che rientrano in questo prototipo tendono a essere inibiti e coartati e hanno difficoltà a riconoscere o esprimere desideri, impulsi o rabbia. Investono molto nel vedersi e mostrarsi emotivamente forti, privi di problemi e capaci di controllare le situazioni, spesso nonostante chiari segni di insicurezza, angoscia o sofferenza di fondo. Tendono a negare o disconoscere i propri bisogni di attenzione o conforto e considerano spesso tali bisogni come una debolezza. Tendono ad aderire rigidamente alla routine quotidiana e vanno in ansia o si sentono a disagio quando essa viene modificata; in genere sono eccessivamente preoccupati da regole, procedure, ordine, organizzazione, scadenze, ecc. Possono essere assorbiti da preoccupazioni circa la sporcizia, la pulizia o la contaminazione. La loro razionalità e la loro vita inquadrata mascherano generalmente sentimenti sottostanti di ansia e rabbia. Gli individui che rientrano in questo prototipo hanno spesso conflitti relativi alla rabbia, all’aggressività e all’autorità. Sono autocritici, si aspettano di essere “perfetti” e sono ugualmente critici con gli altri, in modo sia aperto sia celato. Sono controllanti, polemici, convinti di essere nel giusto o moralisti. Sono tendenzialmente avari e poco generosi (per esempio in termini di tempo, affetto o denaro). Dato che sono spesso in conflitto con l’autorità, lottano contro impulsi contradditori che li spingono a sottomettersi o a ribellarsi a essa. Personalità isterico-istrionica Descrizione sintetica: gli individui con una personalità isterico-istrionica sono emotivamente teatrali e cognitivamente impressionistici, sessualmente provocatori e suggestionabili sul piano interpersonale, idealizzano le persone che ammirano e si attaccano agli altri al tempo stesso in un modo intenso e, paradossalmente, superficiale. Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono emotivamente teatrali e inclini a esprimere le emozioni con modalità esagerate e melodrammatiche. Le loro reazioni tendono a basarsi più sulle emozioni che sulla riflessione, e il loro stile cognitivo tende a essere superficiale, globale e impressionistico (per esempio tralasciano i dettagli, sorvolano sulle incoerenze, pronunciano male i nomi). Le loro convinzioni e aspettative sembrano cliché o stereotipi, come fossero tratte da libri di fiabe o film, loro stessi appaiono naïf o innocenti, e sembra che sappiano meno delle cose del mondo di quanto ci si potrebbe aspettare. Gli individui che rientrano in questo prototipo tendono a essere sessualmente seduttivi o provocanti. Sfruttano in modo esagerato il proprio aspetto fisico per essere notati e ottenere attenzione, 353 con modalità che paiono riassumere tutti gli stereotipi di genere. Possono flirtare eccessivamente con gli altri, essere completamente assorbiti della conquista sessuale, tenere gli altri “sulla corda”, oppure essere promiscui. Possono farsi coinvolgere in “triangoli” amorosi o sessuali, e possono essere attratti da persone che sono già impegnate o corteggiate da altri. Sembra che abbiano difficoltà a rivolgere verso la stessa persona sia sentimenti di tenerezza sia desideri sessuali, e tendono a vedere gli altri come alternativamente virtuosi o sexy, ma mai entrambe le cose contemporaneamente. Gli individui che rientrano in questo prototipo sono suggestionabili o facilmente influenzabili, e idealizzano le persone ammirate al punto da assorbirne gli atteggiamenti e i modi. Fantasticano l’amore ideale e perfetto, ma tendono a scegliere partner sessuali o amorosi che sono emotivamente non disponibili o che sembrano inadeguati (ad esempio per età, status sociale o economico). Possono legarsi alle altre persone in modo rapido e intenso. Sotto la superficie, spesso temono di essere lasciati soli, rifiutati o abbandonati. Personalità sana Questo prototipo rappresenta la personalità sana ottimale. Il livello di corrispondenza con questo prototipo fornisce una misura dei punti di forza psicologici adattivi. Quanto più un individuo si avvicina a questo prototipo, tanto più è in grado di avere relazioni mature e appaganti, di trovare significato e soddisfazione nelle attività della vita e di usare in modo efficace i propri talenti e abilità. Gli individui che corrispondono a questo prototipo sanno mantenere relazioni significative caratterizzate da un’intimità autentica e dalla capacità di prendersi cura dell’altro. Sono empatici e responsivi verso i bisogni e i sentimenti altrui e sono in grado di riconoscere punti di vista alternativi anche quando sono in gioco forti emozioni. Possiedono standard etici e morali e li rispettano, e sono in genere coscienziosi e responsabili. Sono a proprio agio nelle situazioni sociali, sanno farsi valere efficacemente quando necessario, tendono a essere energici ed espansivi e di solito suscitano simpatia. In genere hanno una vita sessuale soddisfacente. Sono capaci di introspezione e comprendono se stessi e gli altri in modo sfaccettato. Sono in grado di ascoltare e fare un uso efficace di comunicazioni emotivamente minacciose, e generalmente sono venuti a patti con le esperienze dolorose del proprio passato, trovandovi un senso e un’occasione di crescita. Gli individui che rientrano in questo prototipo di solito esprimono emozioni adeguate, per qualità e intensità, alla situazione. In genere provano piacere e soddisfazione nelle attività della vita, nel guidare o sostenere gli altri, nell’appartenere a una comunità più ampia e nel perseguire obiettivi a lungo termine. Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono in grado di utilizzare i propri talenti, abilità ed energie in modo efficace e produttivo. Amano le sfide e hanno piacere nel realizzare le cose. Hanno una buona capacità di espressione verbale, hanno senso dell’umorismo e tendono e ad affrontare i problemi in modo creativo. 354 Riassunto. Viene presentato un sistema diagnostico della patologia di personalità derivato empiricamente, clinicamente rilevante e di agevole uso quotidiano. Un campione randomizzato di psichiatri e psicologi clinici statunitensi (N=1.201) ha descritto un proprio paziente, selezionato in modo casuale e affetto da un disturbo della personalità, utilizzando la ShedlerWesten Assessment Procedure-II (SWAP-II). L’analisi fattoriale ha prodotto 10 diagnosi di personalità, clinicamente coerenti, organizzate in tre cluster sovraordinati: internalizzante, esternalizzante e borderline-disregolato. Le descrizioni col punteggio più elevato sono state selezionate per costruire un prototipo di ogni sindrome di personalità. In un secondo campione indipendente, i ricercatori e i clinici sono stati in grado di diagnosticare le sindromi di personalità con un elevato accordo e un livello minimo di comorbilità. Questi 10 prototipi diagnostici sono empiricamente fondati e clinicamente rilevanti. [PAROLE CHIAVE: disturbi di personalità, diagnosi e classificazione, SWAP-II, diagnosi prototipiche, personalità sana] Abstract. AN EMPIRICALLY DERIVED TAXONOMY FOR PERSONALITY DIAGNOSIS: BRIDGING SCIENCE AND PRACTICE IN CONCEPTUALIZING PERSONALITY. A system for diagnosing personality pathology that is empirically derived, clinically relevant, and practical for day-to-day use is described. A random US sample of psychiatrists and clinical psychologists (N=1,201) described a randomly selected patient with any degree of personality dysfunction using the Shedler-Westen Assessment Procedure-II (SWAP-II). Factor analysis to identify naturally occurring diagnostic groupings yielded 10 clinically coherent personality diagnoses organized into three higher-order clusters: internalizing, externalizing, and borderline-dysregulated. The most highly rated descriptors to construct a diagnostic prototype for each personality syndrome were selected. In a second, independent sample, researchers and clinicians were able to diagnose the personality syndromes with high agreement and minimal comorbidity. These 10 prototypes provide a framework for personality diagnosis that is both empirically based and clinically relevant. [KEY WORDS: personality disorders, diagnosis and classification, SWAP-II, prototype diagnosis, personality styles and health] Bibliografia Achenbach T. & Edelbrock C. (1978). The classification of child psychopathology: A review and analysis of empirical efforts. Psychological Bulletin, 85: 1275-1301. Ahn W.K. (1999). Effect of causal structure on category construction. 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