327 una tassonomia delle diagnosi di personalità - love

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UNA TASSONOMIA DELLE DIAGNOSI DI PERSONALITÀ
DERIVATA EMPIRICAMENTE:
COLMARE IL DIVARIO TRA SCIENZA E CLINICA
NELLA CONCETTUALIZZAZIONE DELLA PERSONALITÀ*
Drew Westen**, Jonathan Shedler***, Bekh Bradley****, Jared A. DeFife**
NOTA INTRODUTTIVA di Vittorio Lingiardi***** e Francesco Gazzillo*****
L’articolo che qui presentiamo – il cui contenuto è stato anticipato da Paolo Migone in un’esauriente segnalazione a pp. 150-151 della rubrica “Riviste” del n. 1/2012
di Psicoterapia e Scienze Umane – presenta i dati del primo studio condotto con e
sulla Shedler-Westen Assessment Procedure II (SWAP-II). Si tratta di un’evoluzione
della Shedler-Westen Assessment Procedure 200 (SWAP-200), il metodo di diagnosi
della personalità pubblicata per la prima volta da Shedler e Westen negli Stati Uniti
nel 1999 (Westen & Shedler, 1999a, 1999b) e in Italia nel 2003 (Westen, Shedler &
Lingiardi, 2003). Per comprendere la portata delle innovazioni della SWAP-II può
essere quindi utile ricordare le caratteristiche principali della SWAP-200.
Procedura di valutazione della personalità clinician-report, la SWAP è composta
da 200 affermazioni che descrivono caratteristiche della personalità normale e
patologica senza ricorrere a termini gergali e richiedendo minimi processi di inferenza. Gli item della SWAP-200, elaborati e rifiniti nel corso di sette anni di lavoro,
derivano dalla letteratura clinica ed empirica, psicologica e psichiatrica, su personalità, meccanismi di difesa e di coping, strategie di regolazione affettiva, stili cognitivi e
specifici sintomi psicopatologici. Il clinico deve valutare, su una scala da 0 a 7, in che
*
Edizione originale: An empirically derived taxonomy for personality diagnosis: Bridging
science and practice in conceptualizing personality. American Journal of Psychiatry, 2012, 169,
3: 273-284. Reprinted with permission from The American Journal of Psychiatry (Copyright ©
2012). Traduzione di Danila Moro.
**
Departments of Psychology, Psychiatry and Behavioral Science, 489 Psychology Building, 36 Eagle Row, Emory University, Atlanta, GA 30322, USA, tel. 404-727-7407, fax 404727-0372, E-Mail <[email protected]> e <[email protected]>.
***
Department of Psychiatry, University of Colorado School of Medicine, Mail Stop A01104, 13001 East 17th Place, Aurora, CO 80045, USA, E-Mail <[email protected]>.
****
Atlanta VA Medical Center, 1670 Clairmont Road, Decatur, GA 30033, USA, tel. 404321-6111 ext. 7935, E-Mail <[email protected]>.
*****
Facoltà di Medicina e Psicologia, Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica,
Sapienza Università di Roma, Via dei Marsi 78, 00185 Roma, E-Mail <vittorio.lingiardi@
uniroma1.it> e <[email protected]>.
Psicoterapia e Scienze Umane, 2012, XLVI, 2: 327-358
http://www.psicoterapiaescienzeumane.it
327
misura ogni item della SWAP sia descrittivo del paziente che vuole diagnosticare: il
punteggio 0 va attribuito alle affermazioni per nulla descrittive, e il punteggio 7 agli
item massimamente descrittivi (secondo il criterio di selezione gerarchica proprio
della metodologia Q-sort). Nella propria valutazione, il clinico deve inoltre rispettare
una distribuzione fissa attribuendo ogni punteggio a un numero predeterminato di
item, così da ovviare a possibili bias di valutazione che per esempio potrebbero
portare clinici diversi ad assegnare punteggi sempre intermedi oppure sempre estremi
(andando da 0 a 7, ecco la distribuzione fissa: 100, 22, 18, 16, 14, 12, 10, 8).
Il programma computerizzato della SWAP calcola quindi la correlazione tra il
profilo SWAP del paziente valutato e due tipologie di prototipi/stili di personalità: i
“fattori PD” e i “fattori Q”. I fattori PD sono undici descrizioni di pazienti prototipici
ideali che presentano i dieci disturbi di personalità dell’Asse II del DSM-IV, più un
profilo di paziente ideale “sano”, di alto funzionamento. Questi prototipi sono stati
elaborati aggregando le descrizioni SWAP-200 di pazienti ideali con i vari disturbi di
Asse II. I fattori Q sono invece dodici profili degli stili di personalità “presenti in
natura”: il pool di clinici che ha contribuito a validare la SWAP si è servito di questa
per descrivere un proprio paziente in terapia per pattern disfunzionali di cognizione,
emozione, motivazione e comportamento che aveva già ricevuto una diagnosi in Asse
II del DSM. Sull’intero data-base delle descrizioni SWAP raccolte, gli autori hanno
applicato una procedura di aggregazione dei dati, la Q-factor analysis, che permette di
raggruppare soggetti simili tra loro, cioè pazienti che hanno ricevuto punteggi di
valutazione simili agli stessi item. Sono stati così estratti 7 stili di personalità:
disforico, schizoide, paranoide, antisociale-psicopatico, narcisistico, istrionico e
ossessivo. Dato però che lo stile disforico descriveva il 20% del campione, è stato
ulteriormente scomposto con una Q-analysis di secondo ordine e diviso in 5 sottofattori “disforici”: emotivamente disregolato, dipendente masochistico, evitante, ostile
con esterioriorizzazione dell’aggressività, e depressivo di alto funzionamento. In
totale 11 fattori Q.
Come il lettore avrà notato, la nosografia dei fattori Q della SWAP presenta alcune differenze di rilievo rispetto a quella dell’Asse II del DSM-IV:
1) non isola un fattore schizotipico; molti soggetti diagnosticati come schizotipici
ricadrebbero infatti nel fattore schizoide, con gli elementi di bizzarria dell’eloquio e
del comportamento riconducibili a un disturbo subclinico del pensiero;
2) non presenta alcun fattore borderline; i soggetti diagnosticati come borderline al
DSM-IV ricadono nel fattore istrionico, in quello di disregolazione emotiva e in
quello di dipendenza masochistica;
3) il fattore Q di stile ossessivo della personalità sembra decisamente meno compromesso dell’analogo disturbo descritto dal DSM-IV;
4) sono presenti stili di personalità (per esempio, con esteriorizzazione dell’ostilità o
con depressività ad alto funzionamento) non presenti nel DSM-IV.
La correlazione tra la valutazione SWAP del clinico e ciascuno di questi stili viene
poi standardizzata in punti T (media=50 e deviazione standard=10): laddove si
evidenzi una correlazione uguale o superiore a T=60 si può fare diagnosi categoriale
di disturbo della personalità, sempre che la correlazione con il fattore di alto funzionamento non sia anch’essa superiore a 60 (cosa che accade raramente e solo per i
disturbi depressivo, narcisistico e ossessivo). Quando la correlazione o somiglianza
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tra la SWAP del proprio paziente e uno o più prototipi è superiore a T=55, ma
inferiore a 60, allora si può inferire la presenza di tratti di rilievo clinico dello stile in
questione.
Un’ulteriore ricerca condotta con la SWAP, messa anche a confronto con i Big
Five (Costa & McCrae, 1988), ha permesso di identificare 12 grandi tratti di personalità che permettono di elaborare una descrizione del funzionamento psichico ancora
più articolata (Shedler & Westen, 2004): salute psicologica, psicopatia, ostilità,
narcisismo, disregolazione emotiva, disforia, orientamento schizoide, ossessività,
disturbi del pensiero (schizotipia), conflitti edipici, dissociazione, conflitti sessuali.
A differenza del DSM-IV, quindi, la SWAP non si basa solo sulla valutazione
delle caratteristiche autoriferite dai pazienti o direttamente osservabili, ma cerca di
disciplinare le capacità di osservazione e inferenza dei clinici per mezzo di una
procedura rigorosa; permette di elaborare diagnosi sia categoriali sia dimensionali
(anche se nessun punteggio supera la soglia di 60, infatti, la SWAP offre un profilo
della personalità del paziente); permette di valutare sia gli elementi problematici sia le
risorse della personalità (il livello di “buon funzionamento”). Infine, permette di
ottenere una formulazione del caso al tempo stesso standardizzata e patient-tailored
(cucita su misura sul paziente). Formulazione che il clinico costruisce “cucendo” i 30
item più descrittivi del paziente valutato (quelli a cui ha attribuito punteggi di livello
7, 6 e 5) e arricchendoli con informazioni anamnestiche.
Per un impiego esclusivamente clinico della SWAP, è possibile fare riferimento
alle descrizioni Q dei diversi stili di personalità e valutare, su una scala da 1 a 5, in
che misura la presentazione di un paziente si approssima ai vari prototipi, laddove 1
implica “nessuna somiglianza” e 5 che il paziente è un “caso prototipico” del disturbo
di personalità in questione (Westen & Shedler, 2000).
Clinici e ricercatori possono fare riferimento a un’intervista sistematica ad hoc,
che segue le linee di un normale colloquio di valutazione o di una presa in carico
clinica: l’Intervista Clinico-Diagnostica, pensata per favorire l’elaborazione di
valutazioni SWAP affidabili (Westen & Weinberger, 2005).
Numerose ricerche hanno dimostrato l’attendibilità e la validità della SWAP (per
una rassegna, vedi Shedler & Westen, 2006) di cui è stata elaborata e validata anche
una versione per adolescenti, la Shedler-Westen Assessment Procedure 200 for
Adolescents (SWAP-200-A; Westen et al., 2003). La SWAP è stata utilizzata in
ambito psicopatologico per identificare i sottotipi di personalità associati a varie
sindromi di Asse I, dai disturbi del comportamento alimentare al disturbo di panico
(Thompson-Brenner et al., 2008; Powers & Westen, 2010), e per identificare i
correlati anamnestici e prognostici connessi alla presenza di questi sottotipi. Altre
ricerche condotte con la SWAP hanno permesso di elaborare una sottotipizzazione più
precisa di alcuni disturbi di personalità complessi come quello istrionico e narcisistico
(Blagov & Westen, 2008; Russ et al., 2008). La SWAP è stata infine adottata nel
vasto campo della ricerca in psicoterapia come strumento utile per valutare gli esiti
delle terapie dinamiche (Lingiardi, Shedler & Gazzillo, 2006; Cogan & Porcerelli,
2005; Lingiardi, Gazzillo & Waldron, 2010; Gazzillo et al., 2012). Non può essere
infine dimenticata l’utilità della SWAP nella formazione, discussione e supervisione
in ambito clinico.
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Nel ultimi anni, Westen e Shedler hanno avviato un processo di perfezionamento
della SWAP-200: hanno modificato o sostituito 21 item poco chiari o non adeguatamente discriminanti e, basandosi sulle descrizioni SWAP di pazienti reali fornite da
un pool casuale di 1.201 clinici statunitensi, hanno elaborato una tassonomia della
personalità ancora più precisa e articolata, quella della SWAP-II presentata nell’articolo qui pubblicato. In un editoriale nel numero dell’American Journal of Psychiatry
in cui esce questo articolo, Bob Michels (2012), con l’acume che lo contraddistingue,
pur sottolineando l’esemplarità di questo studio nel campo della diagnostica di
personalità, suggerisce che “nomenclatura” sarebbe stato un termine più appropriato
del linneiano “tassonomia”.
In questo articolo, Westen, Shedler, Bradley e DeFife segnalano come punto di
forza l’aver considerato, per ovviare a uno dei limiti dei fattori Q della SWAP-200
(cioè il fatto di basarsi su descrizioni di pazienti che potevano essere diagnosticati con
i criteri dell’Asse II del DSM-IV), anche pazienti che non soddisfano i criteri di una
diagnosi di Asse II. In questo modo, la nosologia della SWAP-II presentata in questo
lavoro può essere applicata anche a pazienti con problematiche di personalità solitamente considerate “subcliniche” o “non altrimenti specificate”.
Un altro elemento di novità della SWAP-II è nella procedura di identificazione
empirica dei pattern di personalità: in primo luogo, infatti, sono state clusterizzate le
descrizioni SWAP dei pazienti con un disturbo sufficientemente grave da poter
ricevere una diagnosi del DSM-IV, e solo in un secondo momento sono state clusterizzate quelle dei pazienti con condizioni di personalità meno gravi. La prima
procedura ha identificato tre grandi spettri di personalità: internalizzante, esternalizzante, borderline. Una Q-analysis di secondo ordine ha messo in evidenza che il
primo spettro, quello internalizzante, comprende i disturbi depressivo, ansiosoevitante, dipendente vittimizzato e schizoide-schizotipico. Il secondo spettro, quello
esternalizzante, comprende invece gli stili di personalità antisociale-psicopatico,
paranoide e narcisistico, mentre nello spettro borderline troviamo i pazienti con
personalità emotivamente disregolate o istrioniche.
La Q-analysis dei pazienti che non presentavano una patologia sufficientemente
grave da ricevere una diagnosi DSM ha infine identificato due “stili nevrotici”:
isterico e ossessivo, che solo se molto pronunciati implicano problemi significativi
per l’adattamento dell’individuo. I primi dati sulla test-retest reliability, la validità
concorrente e discriminante e i tassi di comorbilità tra questi stili/disturbi sono
decisamente buoni (vedi anche Blagov et al., 2012).
Un ultimo elemento di novità della SWAP-II è un viraggio piuttosto deciso verso
l’adozione della procedura di valutazione prototype matching, che richiede al clinico
di valutare in modo globale, su una scala da 1 a 5, il grado di sovrapposizione tra
come si presenta il proprio paziente e i prototipi dei vari disturbi. Questa scelta, che
peraltro presenta elementi compatibili con uno degli approcci del DSM-5, sembra
sufficientemente solida dal punto di vista metodologico e potrebbe rivelarsi più vicina
alle esigenze del clinico che non a quelle del ricercatore (Westen, Shedler & Bradley,
2006). In un articolo con Spitzer et al. (2008) mettono a confronto vari sistemi
diagnostici e giungono alla conclusione che i sistemi prototype matching catturano in
modo più fedele le sindromi di personalità che vediamo nella pratica clinica, e
consentono descrizioni più ricche dei costrutti diagnostici senza costringere il clinico
a un eccessivo dispendio di tempo.
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In sintesi, la SWAP-II si presenta come uno strumento di valutazione e diagnosi
della personalità pensato per la clinica ma con solide basi empiriche; assicura la
possibilità di elaborare diagnosi categoriali senza sacrificare la dimensionalità della
valutazione; propone una nosografia degli stili/disturbi della personalità empiricamente derivata a partire da un ampio campione di pazienti reali e si propone come
raccordo di elezione tra le conoscenze accademiche e l’esperienza di clinici esperti,
cioè tra etichetta diagnostica (label) e formulazione del caso (Dazzi, Lingiardi &
Colli, 2006; Dazzi, Lingiardi & Gazzillo, 2009). Le sue origini nel pensiero psicodinamico non ne impediscono un impiego proficuo anche da parte di professionisti di
orientamento teorico diverso, e il suo formato clinician-report, che valorizza le
competenze cliniche, si associa a una metodologia sufficientemente solida in grado di
prevenire i rischi di soggettività idiosincratiche nella valutazione.
Come la SWAP-200 ha influenzato in modo deciso la nosografia dei disturbi di
personalità dell’Asse P e PCA del Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM Task
Force, 2006; per una presentazione, vedi Migone, 2006), rispettivamente dedicati alla
diagnosi di personalità di adulti e di adolescenti e bambini, così la SWAP-II sarà uno
degli assi portanti della diagnostica di personalità del PDM-2, un nuovo progetto in
via di definizione coordinato da Vittorio Lingiardi e Nancy McWilliams.
Un software che permetta di utilizzare la SWAP-II per scopi di ricerca non è al
momento ancora disponibile, e per questo l’unica possibilità di applicazione dello
strumento è il matching prototype clinico. In attesa di mettere a punto un software e
un sito Internet che consentano l’applicazione della SWAP-II, è in cantiere, a cura di
Jonathan Shedler, Drew Westen, Vittorio Lingiardi e Francesco Gazzillo, una nuova
edizione del volume La valutazione della personalità con la SWAP (Westen, Shedler
& Lingiardi, 2003) che offrirà al lettore italiano un aggiornamento sulle principali
applicazioni cliniche e di ricerca di questa procedura di assessment ormai indispensabile alla clinica e alla ricerca contemporanee.
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332
Una tassonomia delle diagnosi di personalità derivata empiricamente:
colmare il divario tra scienza e clinica
nella concettualizzazione della personalità
Drew Westen, Jonathan Shedler, Bekh Bradley, Jared A. DeFife
Nel 1999, utilizzando la Q-factor analysis (Block, 1978), avevamo elaborato una tassonomia dei disturbi di personalità derivata empiricamente
(Westen & Shedler, 1999a, 1999b) identificando 11 raggruppamenti diagnostici, molti dei quali simili ai disturbi di personalità del DSM-IV (American
Psychiatric Association, 1994). Quella tassonomia aveva risolto alcuni
problemi delle diagnosi dei disturbi di personalità: la comorbilità risultava
notevolmente ridotta, i clinici trovavano queste diagnosi più utili di quelle
dell’Asse II del DSM-IV e dei modelli dimensionali basati sui tratti (Spitzer et
al., 2008; Rottman et al., 2009), e il nostro metodo identificava empiricamente alcune sindromi di personalità assenti nel DSM-IV (come quella depressiva) e perfezionava la descrizione di altre.
Il campione che avevamo usato però era limitato a pazienti che avevano
già ricevuto una diagnosi di disturbo di personalità del DSM-IV e che inoltre
non erano stati selezionati in modo randomizzato. Non si trattava dunque di
un campione rappresentativo della popolazione clinica ed escludeva un
numero imprecisato di pazienti con una patologia di personalità potenzialmente significativa che però non rientrava nelle categorie diagnostiche del DSMIV. Lo studio che ora presentiamo rimedia a questi limiti, derivando ex-novo
una tassonomia dei disturbi di personalità da un campione indipendente di
pazienti scelti in modo randomizzato nel territorio degli Stati Uniti.
Descrizioni delle sindromi di personalità
Per mettere a punto descrizioni di sindromi di personalità su solide basi
empiriche e clinicamente rilevanti occorre testare criteri diagnostici prospettici che coprono l’intero spettro dei processi di personalità potenzialmente
rilevanti. Abbiamo creato la Shedler-Westen Assessment Procedure (SWAP)
(Westen & Shedler, 1999a, 1999b, 2007; Westen, Shedler & Lingiardi, 2003;
Shedler & Westen, 2004a, 2004b, 2007) per dotare i professionisti della salute
mentale di una serie di item clinicamente esaustivi con cui registrare e quantificare le loro osservazioni sulla personalità dei pazienti e per fornire loro un
insieme di possibili criteri diagnostici da verificare empiricamente. Lo
strumento è composto da 200 item, ciascuno dei quali descrive un aspetto
della personalità, che rappresentano anche potenziali criteri diagnostici.
Psicoterapia e Scienze Umane, 2012, XLVI, 2: 333-358
http://www.psicoterapiaescienzeumane.it
333
La SWAP-II utilizzata in questo studio è la terza generazione degli strumenti SWAP [esisteva infatti una prima versione, precedente alla SWAP-200
(N.d.R.)]. Uno dei princìpi guida per la sua elaborazione è stato quello di
impiegare per gli item un linguaggio preciso in termini descrittivi e privo di
tecnicismi, in modo da rendere lo strumento utilizzabile da tutti i clinici,
indipendentemente dal loro orientamento teorico. Un altro principio utilizzato
nella stesura degli item è stato quello di considerare i processi di personalità
che sono stati ripetutamente descritti nella letteratura clinica, in quanto ipotesi
significative da verificare come potenziali criteri diagnostici.
Per quasi un secolo, ad esempio, la letteratura clinica ha individuato la
proiezione (cioè l’errata attribuzione di intenzioni proprie a un’altra persona)
come una caratteristica centrale della personalità paranoide; questo costrutto,
però, non è mai stato testato empiricamente come possibile criterio diagnostico. Nella SWAP il concetto di proiezione è stato formulato con un linguaggio
neutrale (“Tende a vedere i suoi sentimenti e impulsi inaccettabili negli altri e
non in se stesso/a”), e si è visto empiricamente che questa caratteristica
centrale nel disturbo paranoide di personalità emerge indipendentemente
dall’orientamento teorico di chi compie la valutazione (Westen & Shedler,
1999b).
Per la compilazione iniziale degli item della SWAP (Shedler & Westen,
1998) ci eravamo basati su un’ampia serie di fonti, tra cui la letteratura clinica
sulla personalità degli ultimi cinquant’anni (ad esempio Kernberg, 1975,
1984; Kohut, 1971; Linehan, 1993), i criteri diagnostici dell’Asse II dal DSMIII al DSM-IV, singoli item dell’Asse I del DSM-IV che potevano riflettere
aspetti della personalità (ad esempio depressione e ansia), ricerche empiriche
sui meccanismi di difesa, di coping e di regolazione affettiva (ad esempio
Perry & Cooper, 1987; Shedler, Mayman & Manis, 1993; Vaillant, 1992;
Westen et al., 1997), ricerche sui problemi interpersonali dei pazienti con
patologia di personalità (ad esempio Westen et al., 1990; Westen, 1991),
ricerche su tratti di personalità in popolazioni non cliniche (ad esempio Block,
1971; John, 1990; McCrae & Costa, 1990), ricerche sui disturbi di personalità
condotte dopo la formulazione dell’Asse II (Livesley, 1995), e interviste
pilota in cui degli osservatori guardavano interviste videoregistrate di pazienti
con disturbi di personalità (Shedler & Westen, 2007).
Gli item della SWAP sono stati poi rivisti con una procedura iterativa che
ha incluso il feedback di oltre 2.000 clinici di tutti gli orientamenti teorici.
Rispetto alla SWAP-200, nella SWAP-II è stato modificato in modo sostanziale il contenuto di 21 dei 200 item. Le modifiche sono state basate su
considerazioni empiriche e avevano l’obiettivo di migliorare le proprietà
psicometriche degli item. In breve, abbiamo eliminato gli item che non
discriminavano tra i pazienti (cioè gli item che avevano varianza minima o
nulla) – e che pertanto non contribuivano, o contribuivano poco, a fornire informazioni aggiuntive – e abbiamo aggregato gli item empiricamente ridondanti (con correlazione >0.70). Abbiamo inoltre raccolto sistematicamente il
334
feedback scritto di chi aveva utilizzato la SWAP-200 e rivisto i testi per
aumentarne la chiarezza quando era stata segnalata la difficoltà a valutare un
item perché il suo significato sembrava ambiguo o poco chiaro. Tra i clinici
che hanno usato la SWAP-II per descrivere un loro paziente, l’84% si è
dichiarato “d’accordo” o “assolutamente d’accordo” con l’affermazione “Ho
potuto esprimere gli aspetti che considero importanti della personalità del mio
paziente”, e meno del 5% si è dichiarato in disaccordo (Shedler & Westen,
2007).
Fare diagnosi nella pratica quotidiana
Abbiamo proposto un approccio alla diagnosi di personalità basato sulla
comparazione con dei prototipi (prototype matching) (Westen & Shedler,
2000; Shedler & Westen, 2004b; Westen, Shedler & Bradley, 2006; Ortigo,
Bradley & Westen, 2010; Westen et al., 2010; Westen, 2012). Questo tipo di
procedura diagnostica verrà descritta in Appendice. Una premessa per
l’adozione di questo approccio è stata la considerazione che un elenco di otto
o nove criteri – come avviene nei DSM-III e DSM-IV – è spesso insufficiente
per definire una sindrome sfaccettata di personalità in modo tale da distinguerla chiaramente da altre sindromi (e questo aggrava il problema della
comorbilità). È piuttosto la configurazione o il pattern formato dalle caratteristiche della personalità che identifica le diverse sindromi. Da questo punto di
vista, individuare una sindrome di personalità è fondamentalmente un processo di riconoscimento di un pattern allo stesso modo in cui riconoscere un
volto implica cogliere un pattern e non quantificarne le singole caratteristiche.
Gli item della SWAP che si riferiscono a una diagnosi sono quindi strutturati
sotto forma di brani coerenti a livello narrativo e non – come nei DSM-III e
DSM-IV – sotto forma di un elenco di criteri diagnostici da quantificare
all’interno di un sistema politetico1. I clinici valutano la somiglianza generale
o la “corrispondenza” tra il paziente e il prototipo, considerando il prototipo
come un tutto. Questo approccio è studiato per essere in sintonia, e non
contrapporsi, ai processi cognitivi decisionali spontanei dei clinici (Kim &
Ahn, 2002; Cantor & Genero, 1986; Rosch & Mervis, 1975; Ahn, 1999).
Il metodo della comparazione con dei prototipi conserva un approccio configurazionale o sindromico alla diagnosi di personalità (Horowitz et al., 1981;
Pilkonis, 1988; Blashfield, 1985) coerente con tutte le versioni finora pubblicate del DSM, e al tempo stesso consente una valutazione dimensionale su
una scala che va da 1 (nessuna corrispondenza) a 5 (massima corrispondenza).
1
Per una descrizione dettagliata dell’alternativa tra sistema politetico e monotetico, e di
altri aspetti metodologici del DSM-III e del DSM-IV (validità e attendibilità, approccio
categoriale e dimensionale, “ateoreticità” dei criteri diagnostici, ecc.), vedi l’articolo “Il DSMIV e i problemi della diagnosi in psichiatria”, pubblicato nel n. 1/1995 di Psicoterapia e Scienze
Umane (dove vi è anche una intervista a Robert Spitzer), in particolare le pp. 49-61. [N.d.R.]
335
Quando si desidera avere una diagnosi categoriale (ad esempio per facilitare
la comunicazione tra clinici), si prende in considerazione il punteggio numerico: un punteggio ≥4 indica “presenza del disturbo” e un punteggio 3 indica
presenza di “caratteristiche” del disturbo o patologia sottosoglia. Questo
metodo trova un parallelismo in molte diagnosi mediche, dove le variabili, per
esempio la pressione sanguigna, vengono misurate lungo un continuum, ma i
medici ne considerano alcune come valori “elevati” o di “soglia”.
L’attendibilità (reliability) delle diagnosi dei prototipi della SWAP valutata da osservatori indipendenti è alta. L’attendibilità media intergiudici tra i
disturbi di personalità è di 0.72 (Westen et al., 2010), ed è dunque paragonabile ai coefficienti di attendibilità intergiudici comunemente osservati per le
interviste diagnostiche strutturate (valore medio kappa tra 0.69 e 0.84)
(Zimmerman, 1994; Lobbestael, Leurgans & Arntz, 2011).
In questo articolo presentiamo i risultati di una ricerca svolta per ottenere
una nuova derivazione dei prototipi diagnostici per i disturbi di personalità, in
cui abbiamo utilizzato le descrizioni di personalità della SWAP-II in un ampio
campione clinicamente significativo della popolazione degli Stati Uniti. In
aggiunta presentiamo i risultati di un secondo studio indipendente che esamina la validità delle diagnosi di personalità ottenute impiegando le nuove
diagnosi ricavate dal primo studio.
Metodo
Abbiamo contattato un campione di 1.201 psichiatri e psicologi con almeno 5 anni
di esperienza clinica dopo la specializzazione, scegliendoli in modo randomizzato dai
roster dell’American Psychiatric Association e dell’American Psychological Association (Westen, Shedler & Bradley, 2006; Westen & Shedler, 2007; Russ et al., 2008).
Poiché tutti i dati sono stati forniti dai clinici, e ai ricercatori non è stata rivelata
alcuna informazione che potesse identificare i pazienti, il consenso informato è stato
fornito dai clinici e non dai pazienti, come richiesto dalla Emory University Institutional Review Board. Gli specialisti che hanno partecipato allo studio hanno ricevuto per
il consulto un compenso di $ 200. Abbiamo chiesto loro di descrivere “un paziente
adulto attualmente in trattamento o in valutazione che presenta schemi stabili di
pensiero, emozioni, motivazioni o comportamento – cioè pattern di personalità – che
gli provocano sofferenza o disfunzione”. Per poter ottenere uno spettro di patologie
della personalità possibilmente ampio, abbiamo precisato che i pazienti non dovevano
necessariamente avere una diagnosi di disturbo di personalità secondo il DSM-IV.
I pazienti dovevano soddisfare i seguenti ulteriori criteri di inclusione: ≥18 anni di
età, attualmente non psicotici, conosciuti abbastanza bene dallo specialista (in base al
criterio di ≥6 ore di contatto clinico ma meno di 2 anni per minimizzare le influenze
dovute al trattamento). Per garantire una selezione casuale dei pazienti, agli specialisti
è stato chiesto di consultare la loro agenda e di scegliere l’ultimo paziente visto
durante la settimana precedente che soddisfaceva i criteri dello studio.
336
Misurazioni
La Shedler-Westen Assessment Procedure-II (SWAP-II)
La SWAP-II è stata illustrata dettagliatamente altrove (Westen & Shedler, 1999b,
2007; Westen, Shedler & Lingiardi, 2003; Shedler & Westen, 2007). Lo strumento
consiste in 200 affermazioni descrittive della personalità, ciascuna delle quali può
essere considerata una descrizione adeguata, parzialmente adeguata o non adeguata di
un determinato paziente. I clinici distribuiscono le affermazioni in otto categorie che
vanno da “per nulla descrittivo del paziente” (valore 0) a “molto descrittivo del
paziente” (valore 7). L’attendibilità e la validità sono elevate (Westen & Muderrisoglu, 2003; Westen & Weinberger, 2004; Westen & Shedler, 2007).
Scheda dei dati clinici
La scheda dei dati clinici è un modulo compilato dal clinico (clinician-report) che
raccoglie i dati relativi alle variabili demografiche, diagnostiche ed eziologiche e al
funzionamento adattivo. I dati raccolti con la scheda sulla storia dello sviluppo e gli
eventi di vita hanno mostrato una forte validità concordante (cross-method validity)
con i dati raccolti dai pazienti (DeFife et al., 2010). Anche le variabili relative al
funzionamento adattivo, valutate con la scheda dei dati clinici (per esempio il
punteggio della scala per la Valutazione Globale del Funzionamento [VGF] dell’Asse
V del DSM-IV) hanno ottenuto elevati coefficienti di attendibilità e validità in
confronto con le valutazioni di esaminatori indipendenti (Westen et al., 1997; Dutra,
Campbell & Westen, 2004; DeFife et al., 2010).
Check-list dei criteri dell’Asse II
I clinici hanno compilato una check-list dei criteri di tutti i disturbi di Asse II del
DSM-IV, in ordine casuale, indicando quali criteri erano soddisfatti dal paziente.
Sono state applicate le regole decisionali del DSM-IV per arrivare a una diagnosi in
base al DSM-IV. Questo metodo fornisce risultati paragonabili a quelli delle interviste
diagnostiche strutturate (Morey, 1988; Blais & Norman, 1997; Westen et al., 2003).
Analisi dei dati
È stata applicata la Q-factor analysis per identificare empiricamente raggruppamenti diagnostici che emergono in modo spontaneo – cioè gruppi di pazienti con
caratteristiche di personalità simili tra loro e diverse da quelle dei pazienti di altri
gruppi. Gli algoritmi computazionali sono gli stessi dell’analisi fattoriale convenzionale, ma qui vengono applicati a casi clinici e non a singole variabili: l’analisi
fattoriale identifica gruppi di variabili simili che misurano un fattore sottostante
comune, mentre la Q-factor analysis identifica gruppi di persone simili che condividono una sindrome comune. I risultati qui riportati sono basati sull’estrazione dei
fattori con il metodo dei minimi quadrati non ponderati e la rotazione promax.
Abbiamo testato altre soluzioni fattoriali possibili, ottenendo risultati analoghi.
Dopo l’identificazione empirica dei raggruppamenti, sono state create delle scale
psicometriche per la valutazione di ciascun disturbo selezionando gli item della
SWAP-II coi punteggi fattoriali più elevati (cioè gli item che meglio descrivevano
ciascun raggruppamento diagnostico). Ciò ha condotto a scale diagnostiche per
ciascuna diagnosi comprendenti da 15 a 24 item, dove il numero di item riflette la
complessità della relativa sindrome di personalità. Per creare prototipi diagnostici
337
sotto forma di brani descrittivi utili per la diagnosi nella pratica quotidiana e passibili
di essere inclusi in un manuale diagnostico, abbiamo organizzato gli item per tematiche e revisionato le descrizioni risultanti con riferimento a leggibilità, ridondanza e
coerenza narrativa. Abbiamo anche elaborato una descrizione sintetica formata da una
sola frase (simile alle affermazioni anteposte alla descrizione dei disturbi del DSM-IV
che non sono incluse nella diagnosi stessa) per descrivere in modo conciso ed efficace
le caratteristiche fondamentali di ciascuna diagnosi (vedi l’Appendice).
La validità convergente e discriminante delle scale diagnostiche e dei relativi prototipi è stata stimata utilizzando un campione indipendente di una ricerca in corso
volta a confrontare la validità di approcci alternativi alla diagnosi dei disturbi di
personalità (che comprendeva i prototipi della SWAP-II, i modelli dimensionali basati
sui tratti e il sistema diagnostico del DSM-IV). I pazienti compilavano questionari di
personalità self-report e venivano valutati da tre ricercatori indipendenti e anche dai
terapeuti. I ricercatori somministravano loro l’Intervista Clinica Strutturata per i
Disturbi di Asse II del DSM-IV (SCID-II) di First et al. (1997), l’Intervista Clinica
Diagnostica (CDI) di Westen & Muderrisoglu (2006) – una versione sistematizzata
del tipo di colloquio che la maggior parte dei clinici esperti conduce durante i primi
incontri col paziente – e la Longitudinal Interval Follow-Up Evaluation – Baseline
Version (per valutare il funzionamento adattivo) di Keller, Lavori & Friedman (1987).
Le valutazioni sono state eseguite in doppio cieco.
La validità delle nuove diagnosi derivate della SWAP-II è stata esaminata confrontando le valutazioni diagnostiche fornite dai ricercatori che hanno somministrato
la CDI con le valutazioni fornite dai terapeuti che seguivano i pazienti. In questo
secondo studio i risultati sono stati basati sui dati dei primi 145 pazienti consecutivi
arruolati (in pubblicazioni future abbiamo in progetto di trattare la validità dei sistemi
diagnostici alternativi in riferimento a una serie di variabili di criterio, incluso il
funzionamento adattivo valutato da più osservatori indipendenti, le misure dei
processi di personalità impliciti derivate da misurazioni indirette come il tempo di
reazione agli stimoli sperimentali, e variabili eziologiche quali il DNA salivare,
l’anamnesi familiare per la patologia psichiatrica e la storia dello sviluppo).
Risultati
Il campione utilizzato per individuare i prototipi di personalità della
SWAP-II era formato da 1.201 pazienti, il 73,1% dei quali è stato valutato da
professionisti che lavoravano privatamente e il resto in contesti che andavano
da servizi ambulatoriali a setting di psichiatria forense; il 53,2% erano donne,
il 82.7% era di razza caucasica e l’età media era di 42,3 anni (Standard
Deviation [SD]=12,3). I pazienti si distribuivano equamente in tutte le classi
sociali. I punteggi VGF abbracciavano un’ampia gamma, andando da 10 a 93
(media=57,9, SD=10,8). Un terzo del campione aveva avuto almeno un
ricovero psichiatrico, un quarto aveva una storia di tentati suicidi, e uno su
dieci era stato arrestato nei 5 anni precedenti. Gli specialisti che hanno
partecipato allo studio avevano un notevole esperienza (con una media di 19,8
anni di pratica clinica [SD=9.2]). I loro orientamenti teorici erano diversi
(biologico, cognitivo-comportamentale, integrato-eclettico, ecc.), e nessun
singolo orientamento teorico era rappresentato in più del 25% del campione.
338
L’estrazione dei prototipi diagnostici
Prima di tutto abbiamo selezionato i pazienti che mostravano un livello di
patologia corrispondente a ciò che la maggioranza degli osservatori considererebbe un “disturbo”: in termini operazionali, dovevano soddisfare i criteri di
almeno uno dei disturbi di personalità del DSM-IV e il punteggio VGF
doveva essere <70. Circa il 70% del campione rientrava in questi criteri. In
questo sottogruppo abbiamo ottenuto una struttura fattoriale gerarchica di 3
fattori sovraordinati, o ampi spettri di personalità (che sono stati ottenuti
anche nel campione complessivo): 1) patologia internalizzante, 2) patologia
esternalizzante, e 3) patologia borderline-disregolata (vedi Figura 1). Questi
tre fattori erano responsabili del 33% della varianza del sottogruppo.
Abbiamo poi condotto un’analisi fattoriale di secondo livello, considerando come fattori i pazienti di ognuno di questi spettri (quelli con elevata
saturazione fattoriale in uno dei tre fattori sovraordinati) al fine di identificare
specifiche diagnosi in ciascun spettro. Ciò ha portato a identificare 4 diagnosi
di personalità nello spettro internalizzante (depressivo, ansioso-evitante,
dipendente-vittimizzato [Nella SWAP-200 al posto del termine “dipendentevittimizzato” viene usato il termine “dipendente-masochista” (N.d.R.)] e
schizoide-schizotipico) e 3 nello spettro esternalizzante (antisocialepsicopatico, narcisista e paranoide). Il fattore sovraordinato borderlinedisregolato è rimasto senza ulteriore suddivisione.
Figura 1: Struttura gerarchica delle diagnosi di personalità
Spettro
internalizzante
Depressivo
Ansiosoevitante
Dipendentevittimizzato
Spettro
borderlinedisregolato
Spettro
esternalizzante
Antisocialepsicopatico
Schizoideschizotipico
Borderlinedisregolato
Stili nevrotici
Istericoistrionico
Paranoide
Narcisistico
339
Ossessivo
Tabella 1: Numero di item e relativi coefficienti di attendibilità (N=1.201)
Spettro della personalità e diagnosi
Internalizzante
Depressivo
Ansioso-evitante
Dipendente-vittimizzato
Schizoide-schizotipico
Esternalizzante
Antisociale-psicopatico
Narcisistico
Paranoide
Borderline-disregolato
Stili nevrotici
Ossessivo
Isterico-istrionico
Personalità sana
N. di item
Alpha di
Cronbach
20
17
15
16
19
21
18
21
15
24
0.85
0.82
0.78
0.78
0.77
0.87
0.89
0.72
0.79
0.81
21
20
23
0.73
0.72
0.94
Validità cross-method e cross-observer (trasversale ai metodi e trasversale
agli osservatori)
Come test iniziale di validità riportiamo i dati del secondo studio indipendente compiuto su 145 pazienti, relativo al confronto tra diversi approcci alla
diagnosi dei disturbi di personalità tra loro comparabili. I pazienti inclusi
nello studio avevano un’età compresa tra 18 e 65 anni ed erano in psicoterapia; sono stati reclutati in cliniche universitarie o in centri di salute mentale di
due aree metropolitane. I criteri di esclusione erano una psicosi in atto o una
precedente diagnosi di disturbo schizofrenico o schizoaffettivo, un deficit
organico riconosciuto e l’incapacità di parlare correntemente l’inglese.
Per stabilire se due valutatori indipendenti fossero in grado di fare diagnosi
simili di un stesso paziente nonostante le fonti indipendenti e non sovrapponibili di informazione, abbiamo confrontato i punteggi diagnostici ottenuti da un
valutatore indipendente dopo la somministrazione dell’intervista CDI (Westen
& Muderrisoglu, 2003; DeFife & Westen, 2012) con i punteggi elaborati dal
terapeuta sulla base di osservazioni compiute nel corso del trattamento.
Entrambi i valutatori hanno compilato la SWAP-II ed erano reciprocamente
ignari dei dati forniti. Le diagnosi sono state stilate in contesti di consultazione diversi e sulla base di fonti di informazione indipendenti.
La Tabella 3 illustra le correlazioni cross-method e cross-observer dei
punteggi diagnostici della SWAP-II forniti dai ricercatori e dai terapeuti. I
coefficienti di validità andavano da “buono” a “molto buono”, con una
correlazione media cross-observer di 0.51. Come auspicato, i coefficienti di
validità discriminante erano bassi, con una correlazione media di -0.01.
340
Ancora una volta, anche le correlazioni entro lo stesso spettro diagnostico
sovraordinato si sono dimostrate relativamente basse, con una correlazione
media tra diagnosi di 0.18 e 0.22 rispettivamente entro lo spettro internalizzante ed esternalizzante. Le correlazioni tra i disturbi di spettri diversi erano
trascurabili, con una media di -0.06. Questi risultati mostrano una convergenza tra valutatori indipendenti e una comorbilità minima.
Discussione
Da questo studio sono emersi 10 prototipi diagnostici di patologia della
personalità. I prototipi sono ampiamente coerenti con le concezioni delle
sindromi di personalità descritte nella letteratura clinica.
Tutte le 10 diagnosi riproducono i raggruppamenti diagnostici che abbiamo identificato nella tassonomia emersa dalla nostra ricerca del 1999 (Westen
& Shedler, 1999b). Tale riscontro è degno di nota, dato che abbiamo usato un
campione indipendente con criteri di inclusione ed esclusione notevolmente
diversi, un insieme di item revisionati (la SWAP-II al posto della SWAP-200)
e una diversa procedura di analisi fattoriale. Un elemento nuovo che è emerso
è la struttura fattoriale gerarchica composta dai fattori sovraordinati internalizzante, esternalizzante e borderline-disregolato (che vengono descritti più
dettagliatamente in Appendice). Questi raggruppamenti derivati empiricamente rappresentano un’alternativa al DSM-IV, dove i disturbi di personalità sono
raggruppati nei tre cluster A, B e C che erano stati derivati a posteriori e
mostravano un’elevata comorbilità inter e intra-cluster [i tre cluster dell’Asse
II del DSM-IV sono i seguenti: cluster A, “strani o eccentrici” (Antisociale,
Borderline, Istrionico e Narcisistico); cluster B, “amplificativi, emotivi o
imprevedibili” (Paranoide, Schizoide e Schizotipico); cluster C, “ansiosi o
paurosi” (Evitante, Dipendente e Ossessivo-Compulsivo) (N.d.R.)] La struttura fattoriale è quindi più “pulita” rispetto alla struttura identificata nel 1999,
che presentava un ampio fattore internalizzante (chiamato “disforico”) che
comprendeva 5 sottofattori [evitante, depressivo-nevrotico ad alto funzionamento, emotivamente disregolato, dipendente-masochistico, ostile (N.d.R.)]
Continuità e discontinuità rispetto al DSM-IV
Benché le 10 diagnosi conservino una certa continuità coi disturbi di personalità del DSM-IV, i prototipi differiscono per alcuni aspetti chiave. Sono
clinicamente più sofisticati e comprendono un numero maggiore di item
riferiti a processi psicologici interni. Tutti descrivono sindromi plurisfaccettate che abbracciano molteplici aree del funzionamento (per esempio la cognitività, l’affettività, le relazioni interpersonali, la regolazione degli impulsi e
degli affetti). Se è vero che i criteri generali dell’Asse II del DSM-IV definiscono i disturbi di personalità in base a diverse aree di funzionamento, di fatto
la maggior parte dei criteri stabiliti per i singoli disturbi non rispetta questa
complessità. Ad esempio i criteri per il disturbo paranoide di personalità sono
341
fondamentalmente descrizioni ridondanti di un unico tratto, la sospettosità
cronica, e non colgono la complessità della sindrome di personalità riconosciuta dalla maggior parte dei clinici (che include, ad esempio, ostilità e
aggressività, errata attribuzione agli altri di intenzioni ostili, esternalizzazione
della colpa e distorsioni del pensiero e del ragionamento). Analogamente, i
criteri del DSM-IV per il disturbo di personalità antisociale enfatizzano atti
delinquenziali e comportamenti che possono facilmente essere indagati con
interviste strutturate. Invece il nostro prototipo antisociale-psicopatico,
derivato empiricamente, si avvicina maggiormente al concetto di psicopatia di
Cleckley (1941) e ai risultati delle successive ricerche empiriche sul costrutto
di psicopatia (Hare, 1991; Hare & Neumann, 2010).
Le nostre descrizioni ampliate delle sindromi di personalità risolvono un
problema intrinseco del DSM-IV: sul piano psicometrico è impossibile con
criteri di soli 8 o 9 item delineare disturbi distinti e al tempo stesso restare
fedeli alle sindromi cliniche che dovrebbero descrivere (Westen & Shedler,
1999a). Vi sono caratteristiche della personalità che sono centrali in più di un
disturbo di personalità (per esempio la mancanza di empatia è tipica sia del
disturbo narcisistico sia di quello antisociale; l’ostilità è tipica dei disturbi
paranoide, antisociale e narcisistico). Nella struttura del DSM-IV, il fatto che
uno stesso item sia incluso nei criteri diagnostici di più disturbi crea una
comorbilità così elevata da risultare inaccettabile; d’altra parte escludere
arbitrariamente alcuni item produrrebbe descrizioni clinicamente inaccurate.
Il criterio della corrispondenza con dei prototipi (prototype matching) risolve questo problema in quanto gli item possono essere inclusi in diversi
prototipi diagnostici senza che ciò produca una comorbilità artefatta. Per
esempio, i pazienti narcisistici, antisociali-psicopatici e borderline-disregolati
sono sì caratterizzati dalla mancanza di empatia, ma non lo sono allo stesso
modo. Mentre i pazienti narcisistici sono spesso inconsapevoli dei bisogni
degli altri, i pazienti antisociali-psicopatici possono essere in grado di riconoscere i bisogni degli altri e sfruttarli a proprio vantaggio, e i borderlinedisregolati possono avere invece difficoltà a riconoscere gli stati interni altrui
quando sono sopraffatti dalle emozioni oppure perché tendono a vedere gli
altri in termini dicotomici estremi tipo “tutto bianco o tutto nero”. I clinici di
solito hanno ben chiare queste differenze. Il problema della “comorbilità” non
è un problema intrinseco alle diagnosi di personalità, ma è un artefatto della
semplificazione dei criteri diagnostici del DSM-III e del DSM-IV che non
colgono la complessità delle sindromi di personalità nella vita reale.
Organizzazione gerarchica delle sindromi di personalità
Tra i pazienti con patologia più grave di personalità sono emersi tre raggruppamenti sovraordinati, o ampi spettri di personalità: patologia internalizzante, esternalizzante e borderline-disregolata. I pazienti dello spetto internalizzante incolpano se stessi e sono cronicamente inclini alla depressione e
all’ansia. I pazienti dello spettro esternalizzante incolpano gli altri e sono
cronicamente inclini alla rabbia e all’aggressività. I pazienti dello spettro
342
borderline-disregolato sono qualitativamente diversi dagli internalizzanti e
dagli esternalizzanti: la loro percezione di sé e degli altri è spesso instabile e
fluttuante e presentano una disregolazione delle emozioni (spesso oscillano tra
i poli emotivi caratteristici della patologia internalizzante ed esternalizzante,
per esempio depressione, ansia, rabbia); questi soggetti possono essere meglio
definiti come “stabilmente instabili” (Schmideberg, 1959).
Oltre a queste dimensioni, abbiamo identificato una sindrome di personalità ossessiva e isterico-istrionica che abbiamo etichettato come “stili nevrotici”
(Shapiro, 1965), in quanto i pazienti che rientrano in questi prototipi non
sempre hanno un livello di disfunzione che giustifichi l’uso del termine
“disturbo” (queste sindromi erano emerse anche in ricerche precedenti)
(Achenbach & Edelbrock, 1978). Come per tutte le altre sindromi di personalità, anche qui i pazienti si distribuiscono lungo un continuum di gravità.
Alcuni presentano una disfunzione grave e hanno un disturbo di personalità
conclamato, ma la maggioranza tende a collocarsi verso il polo meno grave
del continuum di patologia della personalità.
L’identificazione di queste due sindromi risolve due problemi che si erano
presentati a partire dal DSM-III (American Psychiatric Association, 1980). Il
primo si riferisce al fatto che il Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità
è l’unico disturbo di personalità che si correla positivamente con le misurazioni del funzionamento adattivo sano. Il secondo si riferisce al fatto che il
DSM-III ha dovuto “ritoccare verso l’alto” il livello di patologia di entrambi
questi stili di personalità (prima chiamati “ossessivo” e “isterico” sia nella
letteratura clinica sia nelle versioni precedenti al DSM-III) per farli rientrare
nella tassonomia di “disturbi”. Il risultato è stato una diagnosi di Disturbo
ossessivo-compulsivo di personalità che spesso manca di coerenza con la
realtà clinica ed empirica, e una diagnosi di Disturbo istrionico di personalità
che è empiricamente indistinguibile dal Disturbo borderline di personalità. Gli
spettri internalizzante ed esternalizzante sono coerenti con gran parte della
letteratura sui disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza (Achenbach & Edelbrock, 1978) e con i risultati di studi recenti sulla psicopatologia adulta svolti
con metodi di ricerca, serie di item e approcci di analisi dei dati tra loro molto
diversi (Krueger, 1999; Kendler et al., 2003). Questa convergenza tra molteplici approcci metodologici suggerisce che internalizzazione ed esternalizzazione siano costrutti centrali della personalità. Questi spettri presentano
l’ulteriore vantaggio di facilitare la comprensione della relazione tra i disturbi
di Asse I e il substrato di personalità (per esempio gli individui con patologia
di personalità internalizzante sono vulnerabili ai disturbi d’ansia e ai disturbi
dell’umore; gli individui con patologia della personalità esternalizzante sono
inclini ai disturbi da uso di sostanze e del controllo degli impulsi). L’identificazione dello spettro borderline-disregolato è un risultato precipuo di questa
ricerca: con tutta probabilità la sua scoperta indica che è stato utilizzato un
insieme di item clinicamente ricco in grado di discriminare tra pazienti con
emozioni patologiche stabilmente intense e pazienti con disregolazione di
emozioni, impulsi e percezione di sé e degli altri.
343
Tabella 2: Intercorrelazioni tra diagnosi di personalità (N=1.201)a
Depressivo
Depressivo
Ansioso-evitante
Dipendente-vittimizzato
Schizoide-schizotipico
Antisociale-psicopatico
Narcisista
Paranoide
Borderline-disregolato
Ossessivo
Isterico-istrionico
Personalità sana
–
0.51
0.53
0.10
-0.56
-0.36
-0.39
0.01
-0.04
-0.24
0.01
AnsiosoEvitante
Dipendente
vittimizzato
Schizoideschizotipico
Antisocialepsicopatico
–
0.40
0.28
-0.53
-0.39
-0.24
-0.18
0.15
-0.35
-0.02
–
-0.08
-0.46
-.055
-.052
-0.04
-0.13
0.20
0.11
–
0.14
-0.06
0.29
0.00
0.12
-0.32
-.053
–
0.31
0.51
0.28
-0.22
0.10
-0.49
a
Le aree ombreggiate rappresentano le correlazioni tra i disturbi dello stesso spettro sovraordinato
(internalizzante o esternalizzante), tra cui in genere si prevedono sovrapposizioni.
a
Tabella 3: Correlazioni tra ricercatori e terapeuti (N=145)
Valutazioni
degli specialisti
Valutazioni dei ricercatori
Depressivo
Depressivo
Ansioso-evitante
Dipendentevittimizzato
Schizoide-schizotipico
Antisociale-psicopatico
Narcisista
Paranoide
Borderline-disregolato
Ossessivo
Isterico-istrionico
Personalità sana
0.56**
0.46**
0.40**
AnsiosoEvitante
0.19
0.55**
0.06
Dipendente
vittimizzato
0.37**
0.36**
0.56**
SchizoideSchizotipico
0.08
0.22
-0.07
Antisocialepsicopatico
-0.19
-0.30**
-0.27*
-0.02
-0.33**
-0.16
-0.26*
0.01
-0.08
-0.16
0.06
0.22
-0.23
-0.14
-0.06
-0.12
0.20
-0.28*
-0.11
-0.13
-0.36**
-0.35**
-0.32**
-0.09
-0.17
0.04
0.17
0.48**
-0.04
0.07
0.24*
0.07
-0.05
-0.16
-0.28*
-0.09
0.47**
0.15
0.21
0.22
-0.16
0.08
-0.11
a
Le correlazioni in grassetto (sulla diagonale) rappresentarono i coefficienti di validità convergente. Le correlazioni esterne alla diagonale rappresentano i coefficienti di validità discriminante. Valore
medio sulla diagonale r=0.51; valore medio esterno alla diagonale r=-0.01. Le aree ombreggiate
rappresentano le correlazioni tra i disturbi dello stesso spettro sovraordinato (internalizzante o
esternalizzante), tra cui in genere si prevedono sovrapposizioni.
* p<0.01.
** p<0.001.
344
[continuazione della Tabella 2 nella pagina di fronte a sinistra]
Narcisistico
–
0.45
-0.02
0.30
-0.06
-0.19
Paranoide
–
0.39
-0.01
-0.23
-0.58
Borderlinedisregolato
Ossessivo
–
-0.60
0.25
-0.55
–
-044
0.21
Istericoistrionico
Personalità
sana
–
-0.02
–
[continuazione della Tabella 3 nella pagina di fronte a sinistra]
Valutazioni dei ricercatori
Narcisistico
Paranoide
Ossessivo
-0.11
-0.13
-0.34**
Borderlinedisregolato
0.12
0.04
-0.05
-0.08
-0.16
-0.19
0.14
0.12
0.48**
0.30**
-0.09
0.31**
-0.02
-0.23*
-0.01
0.03
0.00
Istericoistrionico
-0.13
-0.14
0.14
Personalità
sana
-0.10
-0.9
0.12
0.26*
0.27*
0.28*
0.59**
0.22
-0.08
-0.09
-035**
0.01
0.13
-0.04
0.14
0.45**
-0.35**
0.02
-0.15
0.19
-0.16
0.15
-0.01
-0.34**
0.50**
-0.09
0.04
-0.20
-0.01
-0.09
-0.14
0.04
-0.23*
0.45**
0.11
-0.16
-0.14
-0.11
-0.27*
-0.27*
0.21
0.02
0.29**
Prototipo della personalità sana
L’analisi fattoriale dell’intero campione ha evidenziato un prototipo che si
riferisce alla personalità sana ottimale o ai punti di forza adattivi della persona, una dimensione che era emersa anche nello studio del 1999 (Westen &
Shedler, 1999b). Questo prototipo fornisce una misura del continuum salutemalattia della personalità che è trasversale a tutti i disturbi. Un paziente con
un disturbo narcisistico, per esempio, può mostrare diversi gradi di corrispondenza col prototipo della personalità sana, con importanti implicazioni per il
345
funzionamento adattivo e la prognosi. Il grado di corrispondenza col prototipo
sano può contribuire a chiarire dove si colloca un dato paziente lungo il
continuum del funzionamento che va dallo stile nevrotico al disturbo di
personalità (per esempio nel caso della personalità ossessiva e istericoistrionica). Questo fattore è emerso ripetutamente nelle ricerche precedenti
(Westen & Shedler, 1999a), e gli item che comprende raccolgono un ampio
consenso tra clinici di diversi orientamenti teorici riguardo alla definizione di
“personalità sana” [si vedano a questo proposito gli item della SWAP elencati
nella Tabella 2 a p. 25 dell’articolo di Shedler pubblicato nel n. 1/2010 di
Psicoterapia e Scienze Umane (N.d.R.)]. Precedenti studi hanno mostrato che
l’inclusione di un prototipo di personalità sana aumenta in modo sostanziale la
validità predittiva delle diagnosi di personalità (Westen, Shedler & Bradley,
2006).
Conclusioni
I 10 prototipi per le diagnosi di personalità, da noi descritti e derivati empiricamente, sono scientificamente fondati e clinicamente rilevanti. In particolare, è molto incoraggiante il fatto che clinici e ricercatori indipendenti siano in
grado di riconoscere in un determinato paziente la medesima configurazione
di personalità: ciò indica che nella pratica quotidiana i clinici sono in grado di
compiere valutazioni accurate e quantificabili di sindromi di personalità
complesse.
APPENDICE
Prototipi dei disturbi di personalità derivati empiricamente tramite la
SWAP (tutte le diagnosi si collocano lungo un continuum di funzionamento:
varianti più gravi possono essere considerate disturbi di personalità, varianti
meno gravi stili di personalità)
«Per ciascuna diagnosi, prima si formi un’impressione globale della persona descritta,
poi valuti in che misura il suo paziente corrisponde o assomiglia al prototipo»:
Corrispondenza molto forte (il paziente è un
5
esempio di questo disturbo: caso prototipico)
Diagnosi
Corrispondenza forte (il paziente ha questo
4
disturbo: si può applicare la diagnosi)
Corrispondenza moderata (il paziente ha
3
caratteristiche significative di questo disturbo)
Caratteristiche
Corrispondenza lieve (il paziente ha caratteri2
stiche minori di questo disturbo)
Nessuna corrispondenza (la descrizione non
1
corrisponde al prototipo)
346
Spettro internalizzante
Lo spettro internalizzante comprende quattro disturbi di personalità: depressivo, ansioso-evitante, dipendente-vittimizzato e schizoide-schizotipico. Gli
individui con disturbi dello spettro internalizzante vivono emozioni dolorose
croniche, in particolar modo depressione e ansia, tendono a essere emotivamente inibiti e socialmente evitanti e a incolpare se stessi delle proprie
difficoltà.
Gli individui con disturbi nello spettro internalizzante sono cronicamente
soggetti a emozioni dolorose come depressione, ansia, senso di colpa, vergogna e imbarazzo. Tendono a criticare se stessi e a sentirsi inadeguati. Sono
tendenzialmente inibiti e coartati e hanno difficoltà a concedersi di esprimere i
propri impulsi e desideri. Sono in genere passivi e poco assertivi, e spesso si
sentono inermi, impotenti e in balia di forze al di fuori del loro controllo.
Ruminano spesso sui propri problemi. Hanno difficoltà a riconoscere o
esprimere la rabbia e invece di farlo diventano depressi, autocritici o autopunitivi (rivolgono la rabbia verso se stessi invece di arrabbiarsi con gli altri).
Spesso temono il rifiuto o l’abbandono e talvolta soffrono di dolorosi sentimenti di vuoto. Tendono a essere timidi o inibiti e a evitare le situazioni
sociali per paura di provare imbarazzo. Tendono a sentirsi degli outsider o
degli emarginati e spesso non hanno relazioni o amicizie strette.
Personalità depressiva
Descrizione sintetica: gli individui con personalità depressiva sono inclini
a sentimenti di depressione e inadeguatezza, tendono a essere eccessivamente
autocritici o autopunitivi e possono essere assorbiti da preoccupazioni di
abbandono o di perdita.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo tendono a essere depressi o scoraggiati e a sentirsi inadeguati, inferiori o falliti. Generalmente
trovano poco piacere o soddisfazione nelle attività quotidiane e sentono che la
loro vita è priva di significato. Non si preoccupano abbastanza di soddisfare i
propri bisogni e disconoscono e soffocano le proprie speranze e i propri
desideri per proteggersi dalle delusioni. Sembrano in conflitto rispetto al
provare piacere e inibiscono le sensazioni di piacere, gioia o orgoglio. In
modo analogo, possono essere in conflitto o inibiti rispetto al raggiungimento
di obiettivi o al successo (per esempio, non riescono a concretizzare le proprie
potenzialità oppure si autosabotano quando stanno per ottenere un risultato
importante). Gli individui che rientrano in questo profilo sono generalmente
molto autocritici, si attengono a standard irrealistici e si sentono in colpa e
accusano se stessi per le cose negative che accadono. Sembra che vogliano
“punirsi” creando situazioni che comportano infelicità o evitando occasioni di
piacere e gratificazione. Hanno problemi a riconoscere o esprimere la rabbia e
347
invece di farlo diventano depressi, autocritici o autopunitivi. Gli individui che
corrispondono a questo prototipo temono spesso di essere rifiutati o abbandonati, sono inclini a provare dolorosi sentimenti di vuoto e possono sentirsi
deprivati o penosamente soli anche in presenza degli altri. Talvolta hanno la
pervasiva sensazione che qualcuno o qualcosa di necessario per la loro felicità
sia andato perduto per sempre (per esempio una relazione, la gioventù, la
bellezza, il successo).
Personalità ansiosa-evitante
Descrizione sintetica: gli individui con una personalità ansiosa-evitante
sono cronicamente soggetti all’ansia, sono impacciati ed evitanti sul piano
sociale e cercano di gestire l’ansia in modi che limitano e restringono la loro
esistenza.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono cronicamente ansiosi. Tendono a ruminare, a indugiare sui problemi e a ripetersi mentalmente
le conversazioni. Sono più concentrati a evitare i danni che a perseguire i
propri desideri, e le loro scelte e azioni sono indebitamente influenzate da
sforzi tesi a evitare pericoli percepiti. Sono inclini a provare sentimenti di
vergogna e imbarazzo. Spesso sono impacciati nelle situazioni sociali e
tendono a evitarle per paura dell’imbarazzo o dell’umiliazione. Tendono a
essere inibiti e coartati e hanno difficoltà a riconoscere ed esprimere i propri
desideri. Alcuni aderiscono rigidamente alla routine quotidiana, hanno
difficoltà a prendere decisioni o tentennano quando devono fare una scelta. La
loro ansia può incanalarsi in una varietà di modalità espressive, inclusi
attacchi di panico, preoccupazioni ipocondriache (per esempio un’eccessiva
preoccupazione per normali acciacchi o dolori) o sintomi somatici in risposta
allo stress (per esempio mal di testa, mal di schiena, dolori addominali, asma).
Personalità dipendente-vittimizzata
Descrizione sintetica: gli individui con una personalità dipendentevittimizzata sono estremamente dipendenti e timorosi di restare soli, tendono
a preoccuparsi troppo poco del proprio benessere al punto da mettere a
repentaglio la propria integrità o sicurezza e hanno difficoltà a esprimere la
rabbia in modo diretto.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono generalmente bisognosi e dipendenti e temono di restare soli e di essere rifiutati o abbandonati. Tendono a essere compiacenti o remissivi e spesso accondiscendono a fare
cose che non vogliono nel tentativo di conservare il sostegno o l’approvazione
altrui. Sono in genere passivi e poco assertivi e si sentono inermi e impotenti.
Sono per lo più indecisi, suggestionabili o facilmente influenzabili, naïf o
innocenti, e sembra che sappiano meno delle cose del mondo di quanto ci si
aspetterebbe da loro. Tendono a legarsi a persone emotivamente non disponi348
bili e ad allacciare relazioni in cui svolgono il ruolo di chi si prende cura o
salva l’altra persona. Gli individui che rientrano in questo prototipo tendono a
coinvolgersi o a restare invischiati in relazioni in cui subiscono abusi fisici o
psicologici o si mettono inopportunamente in situazioni rischiose (per esempio camminare da soli in luoghi insicuri o farsi avvicinare da estranei). Non si
preoccupano a sufficienza di soddisfare i propri bisogni e tendono a sentirsi
indegni e privi di valore. Gli individui che rientrano in questo prototipo hanno
difficoltà a riconoscere o esprimere la rabbia e invece di farlo diventano
depressi, autocritici o autopunitivi. Tendono a esprimere la rabbia in modi
passivi e indiretti (per esempio con errori, temporeggiamenti o dimenticanze)
che possono suscitare irritazione o indurre gli altri a maltrattarli.
Personalità schizoide-schizotipica
Descrizione sintetica: gli individui con personalità schizoide-schizotipica
sono caratterizzati da un pervasivo impoverimento delle relazioni interpersonali, dell’esperienza emotiva e dei processi di pensiero, che talvolta presentano aspetti peculiari.
Gli individui che corrispondono a questo profilo non hanno relazioni interpersonali strette e sembrano aver poco bisogno della compagnia o del contatto
umano. Appaiono spesso distaccati o indifferenti, hanno scarse competenze
sociali e tendono ad avere un comportamento sociale goffo o inadeguato. Il
loro aspetto o i loro modi possono essere bizzarri o singolari (per esempio la
cura della persona, la postura, il contatto oculare o il ritmo dell’eloquio
possono apparire strani o “sopra le righe”), e le loro affermazioni verbali
possono risultare incoerenti rispetto all’emozione che le accompagna o al
comportamento non verbale. Hanno difficoltà a interpretare il comportamento
altrui e sembrano incapaci di descrivere le persone per loro importanti in
modo da trasmettere un’idea di che tipo di persone siano. Analogamente
hanno scarsa comprensione delle proprie motivazioni e dei propri comportamenti e fanno fatica a fornire un racconto coerente della propria vita. Gli
individui che rientrano in questo prototipo sembrano avere una gamma di
emozioni limitata o ristretta e tendono a pensare in termini concreti, mostrando una scarsa capacità di cogliere le metafore, le analogie o le sfumature. Di
conseguenza suscitano spesso negli altri sensazioni di noia. Nonostante
l’apparente distacco emotivo, essi soffrono interiormente: trovano poca
soddisfazione o divertimento nelle attività quotidiane, tendono a sentire che la
vita non ha senso e si percepiscono come degli outsider o degli emarginati.
Un sottogruppo degli individui che rientrano in questo prototipo presenta
peculiarità del pensiero e della percezione. Il loro eloquio e i loro processi di
pensiero possono essere circostanziali, sconnessi o digressivi, e i processi di
ragionamento o le esperienze percettive possono apparire bizzarri o idiosincratici; queste persone possono inoltre essere sospettose e vedere intenzioni
malevole nelle parole e nelle azioni altrui.
349
Spettro esternalizzante
Lo spettro esternalizzante comprende i tre disturbi di personalità antisocialepsicopatico, paranoide e narcisista. Gli individui con un disturbo nello
spettro esternalizzante sono arrabbiati od ostili, concentrati su se stessi,
hanno poca empatia e incolpano gli altri per le proprie difficoltà.
Gli individui con un disturbo dello spettro esternalizzante tendono ad
essere arrabbiati o ostili, cosa che possono esprimere con un’aggressività
aperta, con scoppi d’ira o con un comportamento critico, controllante o
polemico. Tendono a essere sospettosi nei confronti degli altri, a vivere
l’autorità in modo conflittuale e sono inclini a farsi coinvolgere in lotte di
potere. Tendono a serbare rancore e a reagire con sentimenti di rabbia e
umiliazione di fronte a un’offesa percepita. Non provano empatia nei
confronti dei bisogni e dei sentimenti altrui, sentono di essere privilegiati o
che tutto gli è dovuto, e di solito hanno un esagerato senso della propria
importanza. Tendono ad attribuire le proprie colpe agli altri o alle circostanze. Possiedono scarso insight psicologico riguardo ai propri comportamenti e
motivazioni, e tendono a sentirsi maltrattati o sfruttati invece di riconoscere
l’influenza che i loro comportamenti e atteggiamenti hanno sugli altri.
Spesso suscitano antipatia o animosità, e in genere non hanno relazioni o
amicizie strette.
Personalità antisociale-psicopatica
Descrizione sintetica: gli individui con una personalità antisocialepsicopatica sfruttano gli altri, provano poco rimorso per il male o i danni
che causano e hanno uno scarso controllo degli impulsi.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo approfittano degli altri,
tendono a mentire, ingannare o manipolare il prossimo. Mostrano una sprezzante noncuranza per i diritti, la proprietà o la sicurezza degli altri e non
provano empatia per i loro bisogni e sentimenti. Provano scarso rimorso per il
male o i danni causati alle altre persone. Sembrano impermeabili alle conseguenze delle loro azioni e incapaci o non disposti a modificare il proprio
comportamento in risposta a minacce o conseguenze negative. Sono generalmente privi di introspezione e incolpano gli altri o le circostanze per le proprie
difficoltà. Spesso sembrano trarre piacere dall’essere sadici o aggressivi con
gli altri e talvolta cercano di dominare le persone per loro importanti con
l’intimidazione o la violenza. Gli individui che rientrano in questo prototipo
sono di solito impulsivi, cercano il brivido, l’eccitazione, la novità e hanno
bisogno di livelli elevati di stimolazione. Sono tendenzialmente inaffidabili e
irresponsabili e talvolta non riescono a rispettare gli obblighi lavorativi o a
onorare gli impegni finanziari. Possono mostrare comportamenti antisociali
come attività illegali, abuso di sostanze o violenza interpersonale. Possono
riuscire a convincere a più riprese gli altri del loro impegno a cambiare,
portandoli a pensare che “questa volta è davvero diverso”, per poi riprendere
come se niente fosse col loro precedente comportamento disadattivo.
350
Personalità paranoide
Descrizione sintetica: gli individui con una personalità paranoide sono
cronicamente sospettosi, ostili o arrabbiati, e molti di loro presentano
disturbi del pensiero.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono cronicamente
sospettosi, si aspettano che gli altri facciano loro del male, li ingannino,
cospirino contro di loro o li tradiscano. Incolpano gli altri o le circostanze dei
propri problemi, e attribuiscono le proprie difficoltà a fattori esterni. Si
sentono incompresi, maltrattati o sfruttati, senza riconoscere il proprio ruolo
nei conflitti interpersonali, Gli individui che rientrano in questo prototipo
tendono a essere arrabbiati od ostili e soggetti a scoppi d’ira. Tendono a
vedere negli altri i loro impulsi inaccettabili e non in se stessi, per cui sono
inclini ad attribuire erroneamente l’ostilità alle altre persone. Sono tendenzialmente controllanti, polemici, contestatori o facili a dissentire e a serbare
rancore. Spesso suscitano antipatia o animosità e di solito non hanno relazioni o amicizie strette. Questi individui mostrano spesso disturbi del pensiero,
oltre a idee paranoidi. Le loro percezioni e i loro ragionamenti possono
essere bizzarri o idiosincratici, e quando vivono emozioni forti queste
persone possono diventare irrazionali, fino al punto da sembrare deliranti.
Personalità narcisistica
Descrizione sintetica: gli individui con personalità narcisistica sono grandiosi e pretenziosi, sprezzanti e critici verso gli altri e spesso sotto una
facciata di grandiosità mostrano segni di vulnerabilità.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo hanno un esagerato
senso della propria importanza. Sentono di essere privilegiati e che tutto gli è
dovuto, si aspettano un trattamento preferenziale e cercano di mettersi al
centro dell’attenzione. Coltivano fantasie di successo, potere, bellezza o
talento illimitati, e tendono a considerare gli altri come spettatori della
propria importanza o eccezionalità. Credono di poter essere apprezzati da – o
di dover frequentare – solo persone di stato elevato, superiori o “speciali”.
Sono poco empatici e sembrano incapaci di comprendere o rispondere ai
bisogni e ai sentimenti altrui a meno che non coincidano coi propri. Gli
individui che rientrano in questo prototipo tendono a essere sprezzanti,
boriosi e arroganti. Sono tendenzialmente critici, invidiosi, competitivi e
inclini a partecipare a lotte di potere. Cercano di evitare sentimenti di
impotenza e depressione arrabbiandosi, e tendono a reagire con sentimenti di
rabbia e umiliazione alle offese o alle critiche. La loro grandiosità manifesta
può mascherare una sottostante vulnerabilità. Gli individui che rientrano in
questo prototipo investono molto nel vedersi e mostrarsi come emotivamente
forti, privi di problemi e in grado di controllare le situazioni, spesso nonostante chiari segni di insicurezza o sofferenza di fondo. Un consistente
sottogruppo di individui narcisistici tende a sentirsi inadeguato o inferiore, a
sentire che la vita è priva di senso e a essere autocritico e intollerante rispetto
ai propri difetti umani, attenendosi a irrealistici standard di perfezione.
351
Spettro borderline-disregolato
Gli individui con una personalità borderline-disregolata presentano una
menomazione della capacità di regolare le emozioni, hanno percezioni
instabili di sé e degli altri che li portano a relazioni intense e caotiche, e sono
inclini ad agire i propri impulsi, compresi quelli autodistruttivi.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo hanno emozioni che
possono mutare rapidamente e intensificarsi in una spirale incontrollata,
arrivando a livelli estremi di tristezza, ansia e rabbia. Tendono a essere
“catastrofici”, a vedere i problemi come disastrosi o insolubili, e sono spesso
incapaci di tranquillizzarsi senza l’aiuto di un’altra persona. Quando vivono
forti emozioni diventano spesso irrazionali e mostrano un significativo
declino del loro livello di funzionamento abituale. Gli individui che rientrano
in questo prototipo non hanno un senso stabile di sé: i loro atteggiamenti,
valori, obiettivi e sentimenti di sé possono essere molto instabili o continuamente mutevoli, e sono soggetti a dolorosi sentimenti di vuoto. Analogamente, hanno difficoltà a mantenere una visione stabile ed equilibrata degli altri:
quando sono emotivamente turbati, hanno difficoltà a percepire contemporaneamente le qualità positive e negative di una stessa persona e vedono gli altri
in termini di “tutto bianco o tutto nero”. Di conseguenza, le loro relazioni
tendono a essere instabili, caotiche e a cambiare rapidamente. Temono il
rifiuto e l’abbandono, hanno paura di restare soli e si legano velocemente e
intensamente agli altri. Sono inclini a sentirsi fraintesi, maltrattati o vittimizzati. Spesso suscitano negli altri emozioni intense; possono spingere le altre
persone in ruoli o “copioni” che sono per queste ultime estranei e non familiari (per esempio, essere insolitamente crudeli o compiere sforzi “eroici” per
salvarli). In modo simile, possono suscitare conflitti o animosità tra le altre
persone. Gli individui che rientrano in questo prototipo tendono ad agire
impulsivamente. La loro vita lavorativa e quella quotidiana possono essere
caotiche e instabili. Possono mettere in atto impulsi autodistruttivi, compresi
gesti autolesivi, minacce o gesti suicidari e tentativi di suicidio, specialmente
quando una relazione di attaccamento si rompe o è in pericolo.
Stili nevrotici
Il raggruppamento degli stili nevrotici comprende due sindromi di personalità: quella ossessiva e quella isterico-istrionica. In generale, queste sindromi
non implicano lo stesso livello di menomazione o disfunzione delle altre
sindromi di personalità e possono quindi essere considerate stili caratteriali
piuttosto che disturbi. Le varianti più estreme possono tuttavia essere ritenute
veri e propri disturbi di personalità.
Personalità ossessiva
Descrizione sintetica: gli individui con una personalità ossessiva hanno un
approccio intellettualizzante e eccessivamente “razionale” alla vita, sono
352
emotivamente coartati, rigidi e ipercritici con se stessi e gli altri, e hanno
conflitti relativi a rabbia, aggressività e autorità.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo tendono a considerarsi
logici e razionali, non influenzati dalle emozioni. Tendono a pensare in
termini astratti e intellettuali, a farsi assorbire dai dettagli (spesso al punto di
non cogliere l’essenziale) e preferiscono agire come se le emozioni fossero
irrilevanti o prive di effetti. Tendono a consacrarsi eccessivamente al lavoro e
alla produttività a scapito del divertimento e delle relazioni. Gli individui che
rientrano in questo prototipo tendono a essere inibiti e coartati e hanno
difficoltà a riconoscere o esprimere desideri, impulsi o rabbia. Investono
molto nel vedersi e mostrarsi emotivamente forti, privi di problemi e capaci di
controllare le situazioni, spesso nonostante chiari segni di insicurezza, angoscia o sofferenza di fondo. Tendono a negare o disconoscere i propri bisogni
di attenzione o conforto e considerano spesso tali bisogni come una debolezza. Tendono ad aderire rigidamente alla routine quotidiana e vanno in ansia o
si sentono a disagio quando essa viene modificata; in genere sono eccessivamente preoccupati da regole, procedure, ordine, organizzazione, scadenze,
ecc. Possono essere assorbiti da preoccupazioni circa la sporcizia, la pulizia o
la contaminazione. La loro razionalità e la loro vita inquadrata mascherano
generalmente sentimenti sottostanti di ansia e rabbia. Gli individui che
rientrano in questo prototipo hanno spesso conflitti relativi alla rabbia,
all’aggressività e all’autorità. Sono autocritici, si aspettano di essere “perfetti”
e sono ugualmente critici con gli altri, in modo sia aperto sia celato. Sono
controllanti, polemici, convinti di essere nel giusto o moralisti. Sono tendenzialmente avari e poco generosi (per esempio in termini di tempo, affetto o
denaro). Dato che sono spesso in conflitto con l’autorità, lottano contro
impulsi contradditori che li spingono a sottomettersi o a ribellarsi a essa.
Personalità isterico-istrionica
Descrizione sintetica: gli individui con una personalità isterico-istrionica
sono emotivamente teatrali e cognitivamente impressionistici, sessualmente
provocatori e suggestionabili sul piano interpersonale, idealizzano le persone
che ammirano e si attaccano agli altri al tempo stesso in un modo intenso e,
paradossalmente, superficiale.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono emotivamente
teatrali e inclini a esprimere le emozioni con modalità esagerate e melodrammatiche. Le loro reazioni tendono a basarsi più sulle emozioni che sulla
riflessione, e il loro stile cognitivo tende a essere superficiale, globale e
impressionistico (per esempio tralasciano i dettagli, sorvolano sulle incoerenze, pronunciano male i nomi). Le loro convinzioni e aspettative sembrano
cliché o stereotipi, come fossero tratte da libri di fiabe o film, loro stessi
appaiono naïf o innocenti, e sembra che sappiano meno delle cose del mondo
di quanto ci si potrebbe aspettare. Gli individui che rientrano in questo
prototipo tendono a essere sessualmente seduttivi o provocanti. Sfruttano in
modo esagerato il proprio aspetto fisico per essere notati e ottenere attenzione,
353
con modalità che paiono riassumere tutti gli stereotipi di genere. Possono
flirtare eccessivamente con gli altri, essere completamente assorbiti della
conquista sessuale, tenere gli altri “sulla corda”, oppure essere promiscui.
Possono farsi coinvolgere in “triangoli” amorosi o sessuali, e possono essere
attratti da persone che sono già impegnate o corteggiate da altri. Sembra che
abbiano difficoltà a rivolgere verso la stessa persona sia sentimenti di tenerezza sia desideri sessuali, e tendono a vedere gli altri come alternativamente
virtuosi o sexy, ma mai entrambe le cose contemporaneamente. Gli individui
che rientrano in questo prototipo sono suggestionabili o facilmente influenzabili, e idealizzano le persone ammirate al punto da assorbirne gli atteggiamenti e i modi. Fantasticano l’amore ideale e perfetto, ma tendono a scegliere
partner sessuali o amorosi che sono emotivamente non disponibili o che
sembrano inadeguati (ad esempio per età, status sociale o economico).
Possono legarsi alle altre persone in modo rapido e intenso. Sotto la superficie, spesso temono di essere lasciati soli, rifiutati o abbandonati.
Personalità sana
Questo prototipo rappresenta la personalità sana ottimale. Il livello di
corrispondenza con questo prototipo fornisce una misura dei punti di forza
psicologici adattivi. Quanto più un individuo si avvicina a questo prototipo,
tanto più è in grado di avere relazioni mature e appaganti, di trovare significato e soddisfazione nelle attività della vita e di usare in modo efficace i
propri talenti e abilità.
Gli individui che corrispondono a questo prototipo sanno mantenere relazioni significative caratterizzate da un’intimità autentica e dalla capacità di
prendersi cura dell’altro. Sono empatici e responsivi verso i bisogni e i
sentimenti altrui e sono in grado di riconoscere punti di vista alternativi anche
quando sono in gioco forti emozioni. Possiedono standard etici e morali e li
rispettano, e sono in genere coscienziosi e responsabili. Sono a proprio agio
nelle situazioni sociali, sanno farsi valere efficacemente quando necessario,
tendono a essere energici ed espansivi e di solito suscitano simpatia. In genere
hanno una vita sessuale soddisfacente. Sono capaci di introspezione e comprendono se stessi e gli altri in modo sfaccettato. Sono in grado di ascoltare e
fare un uso efficace di comunicazioni emotivamente minacciose, e generalmente sono venuti a patti con le esperienze dolorose del proprio passato,
trovandovi un senso e un’occasione di crescita. Gli individui che rientrano in
questo prototipo di solito esprimono emozioni adeguate, per qualità e intensità, alla situazione. In genere provano piacere e soddisfazione nelle attività
della vita, nel guidare o sostenere gli altri, nell’appartenere a una comunità più
ampia e nel perseguire obiettivi a lungo termine. Gli individui che corrispondono a questo prototipo sono in grado di utilizzare i propri talenti, abilità ed
energie in modo efficace e produttivo. Amano le sfide e hanno piacere nel
realizzare le cose. Hanno una buona capacità di espressione verbale, hanno
senso dell’umorismo e tendono e ad affrontare i problemi in modo creativo.
354
Riassunto. Viene presentato un sistema diagnostico della patologia di personalità derivato
empiricamente, clinicamente rilevante e di agevole uso quotidiano. Un campione randomizzato
di psichiatri e psicologi clinici statunitensi (N=1.201) ha descritto un proprio paziente,
selezionato in modo casuale e affetto da un disturbo della personalità, utilizzando la ShedlerWesten Assessment Procedure-II (SWAP-II). L’analisi fattoriale ha prodotto 10 diagnosi di
personalità, clinicamente coerenti, organizzate in tre cluster sovraordinati: internalizzante,
esternalizzante e borderline-disregolato. Le descrizioni col punteggio più elevato sono state
selezionate per costruire un prototipo di ogni sindrome di personalità. In un secondo campione
indipendente, i ricercatori e i clinici sono stati in grado di diagnosticare le sindromi di personalità con un elevato accordo e un livello minimo di comorbilità. Questi 10 prototipi diagnostici
sono empiricamente fondati e clinicamente rilevanti. [PAROLE CHIAVE: disturbi di personalità, diagnosi e classificazione, SWAP-II, diagnosi prototipiche, personalità sana]
Abstract. AN EMPIRICALLY DERIVED TAXONOMY FOR PERSONALITY DIAGNOSIS:
BRIDGING SCIENCE AND PRACTICE IN CONCEPTUALIZING PERSONALITY. A
system for diagnosing personality pathology that is empirically derived, clinically relevant, and
practical for day-to-day use is described. A random US sample of psychiatrists and clinical
psychologists (N=1,201) described a randomly selected patient with any degree of personality
dysfunction using the Shedler-Westen Assessment Procedure-II (SWAP-II). Factor analysis to
identify naturally occurring diagnostic groupings yielded 10 clinically coherent personality
diagnoses organized into three higher-order clusters: internalizing, externalizing, and borderline-dysregulated. The most highly rated descriptors to construct a diagnostic prototype for
each personality syndrome were selected. In a second, independent sample, researchers and
clinicians were able to diagnose the personality syndromes with high agreement and minimal
comorbidity. These 10 prototypes provide a framework for personality diagnosis that is both
empirically based and clinically relevant. [KEY WORDS: personality disorders, diagnosis and
classification, SWAP-II, prototype diagnosis, personality styles and health]
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