Project e-ICE dall’Incontro delle culture alla e-Cultura europea LYCEE “DAVID D’ANGERS” Angers FRANCE – FRANCIA Socrates Comenius LIECHTENSTEINISCHES GYMNASIUM Vaduz LIECHTENSTEIN Istituto Sperimentale Statale “MAFFEO VEGIO” Lodi ITALY – ITALIA Escola Secundária “GABRIEL PEREIRA” Évora PORTUGAL – PORTOGALLO I.I.S.S “LEONARDO DA VINCI” Noci ITALY – ITALIA Colegiul National “MIRCEA CEL BATRAN” Constanta ROMÂNIA – ROMANIA ISTITUTO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE “Leonardo da Vinci” Liceo Scientifico Liceo delle Scienze Sociali Liceo Socio Psico-Pedagogico Istituto Professionale per i Servizi Commerciali e Turistici Le radici della Tolleranza aforisma anonimo "c’è una sola cosa che non posso tollerare – l’intolleranza" TOLLERANZA La tolleranza è un termine sociologico, culturale e religioso relativo alla capacità collettiva ed individuale di vivere pacificamente con coloro che credono ed agiscono in maniera diversa dalla propria (e che magari, da questa prospettiva, potrebbe apparire quantomeno biasimevole). I sistemi autoritari si fondano, al contrario, sull’intolleranza. La tolleranza è un termine più ampio di “accettazione” e di “rispetto”, che conservano una connotazione passiva (“rispetto l’altro purché non ci abbia niente a che fare”), mentre la tolleranza richiama esplicitamente l’esigenza di una vita in comune, dove l’incontro è inevitabile. Sociologia e filosofia Nel suo senso sociologico più ampio, la tolleranza si basa sulla convinzione che l’intolleranza ed il tentativo di eliminare tutte le differenze, a vantaggio di un pensiero unico, conducano alla violenza e all’instabilità sociale. infatti un modo di fare intransigente e tutto sommato cieco rispetto alle conseguenze può considerarsi un residuo di una mentalità appartenente a un’epoca in cui l’incontro ed il confronto con il “diverso” era davvero quantitativamente molto limitato ma che nella società globalizzata di oggi è divenuto la regola piuttosto che l’eccezione. Mentre può essere ritenuto istintivo disapprovare un comportamento e un pensiero diversi dai propri, la tolleranza richiede che dal confronto e dalla critica anche radicale venga tenuto fuori ogni sentimento ed ogni atteggiamento ostile. Tuttavia, nel senso più genuinamente filosofico, la tolleranza non nasce dall’atteggiamento negativo basato sulla convinzione che non esistano alternative ma, al contrario, sull’accettazione di ciò che è diverso in quanto parte del tutto. L’atteggiamento della filosofia è sempre stato rivolto alle cose così come sono, e non come noi vorremmo che fossero, aprendo l’uomo alle infinite possibilità dell’essere e non, al contrario, rinchiudendo l’essere nelle anguste possibilità dell’uomo. Politica e religione Storicamente, la tolleranza politica e religiosa ha sempre costituito l’aspetto più importante della tolleranza, poiché sono state le divergenze sul piano politico e religioso ad aver ispirato le più atroci guerre e persecuzioni. I filosofi e gli scrittori dell’Illuminismo, soprattutto Voltaire Lessing, hanno fortemente promosso la tolleranza religiosa, e la loro influenza ha fortemente contribuito alla formazione delle società occidentali. Storia e filosofia Storicamente gli aspetti più importanti relativi alla tolleranza sono da ascrivere alla sfera politica ed a quella religiosa. Infatti la questione della tolleranza inizia ad essere discussa soprattutto in Francia, Inghilterra e Boemia (stati in cui si affermano diversi punti di vista religiosi) intorno al XVI secolo, periodo ricco di avvenimenti come la Riforma, la Controriforma, la costituzione degli stati assoluti e le guerre per il predominio europeo. L’omogeneità ideologica e culturale viene meno con l’indebolirsi dell’Impero e con la nascita di confessioni diverse da quella cattolica, che proprio in questo periodo conoscono la loro diffusione. Ciò dimostra come sia inizialmente l’ambito religioso quello ad essere interessato al problema della tolleranza: la teoria della tolleranza religiosa stabilisce che è meglio astenersi dal perseguire posizioni morali o religiose giudicate riprovevoli. In questo caso la scelta di tollerare è vista come il minore dei mali, perché la repressione delle idee contrastanti provocherebbe problemi ancora peggiori. Un precursore della teoria della tolleranza religiosa fu Marsilio da Padova (1275-1343), che sosteneva la validità di un metodo di insegnamento e di correzione piuttosto di uno che imponesse la fede per coercizione; la fede imposta con la forza non procura la salvezza dell’anima. Un’altra tappa principale dello sviluppo del principio della tolleranza è l’Umanesimo. Esso favorisce la dimensione interiore dell’individuo per il raggiungimento della pace con Cristo. Sempre in campo umanistico prende poi corpo un significato ideologico-politico della religione come forma di controllo sulle masse. Una delle cause del fanatismo religioso, questione particolarmente dibattuta dal protestantesimo, deriva dallo scontro fra una concezione umanistica della religione (che propone un libero esame nel rapporto uomo-Dio) e una assolutistica (che nega, considerandolo un crimine, tale libero esame). Tolleranza fra Riforma e Controriforma La riforma protestante, non immune da forme di fanatismo religioso, dà nuovo rilievo al problema della tolleranza. La confusione religiosa e politica e le persecuzioni religiose portano alla ricerca di nuove definizioni circa i concetti di fede e di eresia. Tre figure principali dominano questo scenario. La prima è Lutero (1483-1546). Egli fu il primo a sostenere che la pena prevista per gli eretici, il rogo, era contraria alla volontà dello spirito santo: si ritrova così la concezione di Marsilio da Padova secondo cui la fede non può essere imposta con la violenza. Tale posizione, che trova il suo fondamento nelle sacre scritture, non venne però seguita nel caso della cosiddetta guerra dei contadini (1525) promossa dal predicatore T. Muntzer durante la quale Lutero di fronte alle rivendicazioni dei rivoltosi reagisce con inaudita violenza, non esitando ad invocare la pena di morte per tutti i rivoltosi. Il potere politico incaricato di questo compito diviene così per il monaco tedesco la spada di Dio che interviene per fermare il male e l'ingiustizia di questo mondo. Strettamente legato all'Umanesimo cristiano è il secondo protagonista, Erasmo da Rotterdam (1469-1536) nelle cui opere è presente un forte invito alla tolleranza in nome di quegli ideali di educazione già esaltati da Erasmo. La terza figura che opera in quegli anni turbolenti è Calvino (15091564). Egli attaccò veementemente i metodi perentori con cui la chiesa romana combatteva le nuove confessioni; ciò nonostante, com'era avvenuto per Lutero, parve contraddire se stesso quando nel 1553 condannò e fece bruciare a Ginevra Miguel Servet, medico spagnolo, per eresia. Quest’ultimo, infatti, negava il dogma della trinità. Infine, l'ultimo personaggio ad alimentare il dibattito sulla tolleranza nel Cinquecento è Castellion (1515-1563) che pubblicò un’antologia di testi a favore della tolleranza non solo dei Padri della chiesa, di Erasmo, ma anche delle prime concezioni moderate di Calvino e di Lutero. In essa è evidente l'influsso della teoria di Erasmo, secondo cui il cristianesimo è innanzitutto impegno di vita morale, pratica di carità e pace. Sul piano dottrinale si afferma che non vi è nessuno in terra in grado di fungere da giudice nelle contese di fede; in particolare la difesa dell'ortodossia non potrà mai giustificare un'azione immorale quale l'omicidio. Si introduce così l'idea del rispetto della dignità dell'uomo: "Uccidere un uomo non è difendere una dottrina; è uccidere un uomo". Con un atteggiamento non dissimile da quello che, qualche anno dopo, avrebbe animato Montaigne, Castellion propugna un cristianesimo non già dogmatico e autoritario, bensì malleabile e aperto al dialogo. Seicento e Settecento I riflessi politici della teoria della tolleranza religiosa trovano piena espressione sul finire del XVI secolo, quando Jean Bodin (1530-1596) propugna la tesi che afferma l'estraneità dello stato nei conflitti religiosi e propone la tolleranza verso i riformati in cambio dell’obbedienza civile. Il principio di tolleranza religiosa ha il merito di aver anticipato quello della libertà politica: fazioni contrastanti sono legittime se rientrano in un sistema di regole da tutti convenute. In ambito politico, soprattutto in Francia, il dibattito sulla tolleranza si afferma nell'età delle guerre di religione del secondo Cinquecento. I principali fautori furono gli esponenti del "partito dei politici": essi erano ostili al cattolicesimo fanatico-filoasburgico e sostennero che il problema religioso poteva essere risolto solo all'interno di uno stato potente e accentrato. Un altro passo verso la tolleranza religiosa fu compiuto con l'Editto di Nantes (1598), grazie al quale venne riconosciuta la libertà religiosa e di culto agli ugonotti francesi. Questo periodo è infine caratterizzato da un'ultima teoria religiosa connessa alla politica: la tolleranza religiosa è "instrumentum regni", uno strumento del sovrano per ricompattare lo stato. Verso il XVII secolo si sente la necessità di conservare l'ordine politico e la pace sociale nonostante la pluralità di confessioni religiose. E' in questo contesto che si colloca l'opera di John Locke (1632-1704). Nella sua Epistola de Tolerantia (1689) sono definiti i doveri di chiesa, privati, magistratura ecclesiastica e civile verso la tolleranza: la chiesa si limiterà a scomunicare chi non segue la sua dottrina, senza arrecargli alcun danno materiale; nessun privato può danneggiare chi si professi estraneo alla sua religione; Chiesa e stato sono due istituzioni diverse e separate; la magistratura civile deve astenersi da ingerenze nella sfera religiosa degli individui. Il principio di tolleranza è sancito nella Dichiarazione di indipendenza (1776) e nella successiva Costituzione federale degli Stati Uniti d’America (1791), anche se trova la sua prima formulazione già alcuni anni addietro col Traité sur la tolérance (1763) di Voltaire. Le teorie contemporanee sulla tolleranza Rispetto al passato si assiste ad una graduale accettazione di una pluralità di opinioni in campo etico, politico e morale; la tolleranza acquisisce la connotazione di valore politico e morale e prelude alla nascita della libertà politica. In particolare, a partire dalla seconda metà dell'800, caratterizzata socialmente e politicamente dall'egemonia borghese, la tolleranza garantisce la coesistenza conflittuale, nel quadro della dialettica democratica istituzionale, di posizioni ideologiche differenti, talora anche radicalmente opposte; ancora una volta la tolleranza si propone come baluardo del diritto alla libertà d'opinione e per la prima volta essa non solo contribuisce alla ricerca di una definizione della verità, come già precedentemente faceva, ma è anche assunta essa stessa come fonte di vera e propria verità. Il fatto che la tolleranza si svincoli sempre più dalla problematica religiosa trova pieno riscontro nelle teorie contemporanee di Wolff e Marcuse. Quest’ultimo critica il modello di tolleranza delle democrazie avanzate; esse tendono a conservare le loro strutture e non seguono fino in fondo il principio di tolleranza che, applicato fino alle sue estreme conseguenze, presenterebbe invece una natura sovversiva e fortemente liberale. Sugli sviluppi moderni del principio di tolleranza si può da ultimo citare la posizione della Chiesa: fino alla prima metà del novecento, essa accetta la tolleranza, ma come un atteggiamento pratico, rivolto per opportunismo verso l'errore e il male; solo in seguito, dopo il Concilio Vaticano II (1962-65) e i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI, la Chiesa si è avvicinata ad una concezione che riconosce la piena dignità dell'individuo, presente anche nell'errare. Non si deve tuttavia credere, da quanto sin qui detto, che non esistano limiti alla tolleranza e alla libertà di opinione. Infatti, come si legge nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789), "... nessuno deve essere disturbato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non turbi l'ordine pubblico stabilito dalla legge". Nel contesto novecentesco il problema dei limiti posti alla tolleranza ha nuovamente un ruolo centrale, stimolando, con Karl Popper (1902-1994), una valorizzazione della reciprocità per quanto attiene il piano politico e la possibilità della critica e del confronto nel progresso scientifico. Psicologia Essendo la tolleranza il superamento dell’intolleranza è opportuno focalizzare l’attenzione prima su quest’ultima. L'intolleranza - a differenza dell'aggressività che svolge nei lattanti e nei bambini funzioni vitali di difesa - pare non abbia basi biologiche, anche se in pratica ad essa si accompagna spesso l'aggressività. Oggi la scienza della genetica ha fatto emergere ottime ragioni scientifiche a sostegno della tolleranza: il 26 giugno del 2000 è stata resa pubblica la notizia che la mappa del genoma umano è ormai stata decifrata. Dal punto di vista genetico, la differenza fra due uomini presi a caso è minima: meno dell’uno per mille. Da questo punto di vista, sembra che tutti gli uomini si somiglino come delle fotocopie. Peraltro, la biologia da più di un secolo afferma che tutti gli uomini appartengono alla stessa specie, l'homo sapiens sapiens, e di conseguenza hanno mediamente le stesse prestazioni, esigenze, istanze, bisogni, desideri, sogni. L'esperienza pratica dimostra che un uomo può capire la mentalità di qualsiasi altro uomo, cioè che l'umanità è Una. Inoltre, l'antropologia ha verificato che gruppi isolati di uomini, come le tribù dell'Africa o dell'Amazzonia, non sono assolutamente intolleranti quando vengono a contatto con altri uomini. Lo stesso si può dire osservando il comportamento dei bambini piccoli che normalmente sono aperti e tendono fortemente a socializzare con gli altri bambini o con le altre persone. Se ne deduce che l'uomo è un essere naturalmente tollerante e che l'intolleranza è un fattore culturale che si acquisisce con l'educazione (o meglio con la maleducazione); si può dire che si viene educati ad essere intolleranti. Alla radice dell'intolleranza c'è, però, una base psicologica in quanto se una cosa avviene deve avere la sua ragione. In genere, l'uomo è sufficientemente tollerante con gli altri gruppi di uomini finché questi ultimi non invadono in qualche modo quello che egli sente come suo spazio vitale. Quando, per le più svariate ragioni, non necessariamente causate dall'ingerenza degli altri gruppi, tale spazio diminuisce, il disagio che deriva può essere proiettato verso direzioni improprie causando intolleranza. Il meccanismo psicologico che permette che ciò avvenga è quello della semplificazione mentale mediante modelli. E' normale che un individuo conosca meglio le caratteristiche del gruppo di uomini cui appartiene rispetto ai gruppi diversi. In questo processo, man mano che gli altri si fanno più lontani, si tende ad inserirli in modelli sempre più artefatti e sbrigativi. Tutto questo è in armonia con i principi dell'interpretazione della mente secondo la teoria della Gestalt (ted. Gestalt=forma), ovvero che la mente si organizza in un modo chiamato della "legge del minimo". Di conseguenza, quando per varie ragioni interviene un contrasto fra il gruppo di cui si fa parte ed altri gruppi, i modelli semplificati che si hanno di loro non sono capaci di sviluppare quel sentimento di solidarietà che porterebbe ad opporsi a qualsiasi tentativo di generalizzazione negativa. La tolleranza è fondata sulla fiducia Lo psicologo sociale che più di altri si è occupato della personalità tollerante è stato, Gordon W. Allport. Nella sua opera “The nature of prejudice” dedica un capitolo a tale argomento. La tolleranza, consiste nel saper vivere amichevolmente. Ciò significa relazionarsi con gli altri prescindendo dalle loro appartenenze etniche, culturali, razziali, ideologiche e non operare alcuna distinzione in proposito. Inoltre occorre tener presente che la tolleranza è fondata anche sulla fiducia negli altri che presuppone un certo “basic trust”, un atteggiamento positivo di base da cui deriva la fiducia in noi stessi. Educare alla tolleranza Le ricerche effettuate indicano che i bambini tolleranti provengono generalmente da famiglie che hanno impartito loro un’educazione di tipo non punitivo. Tale condizione, però, non è di per sé sufficiente in quanto il bambino deve essere ben voluto, amato a prescindere da ciò che fa. Il rapporto amichevole che sta alla base di tale educazione educativa esclude il ricorso a metodi punitivi esagerati. Questo aspetto è importante perché il bambino non viene costretto a esercitare su se stesso un controllo ossessivo al fine di evitare la punizione o le ire dei genitori. L’allentamento dell’autocontrollo corrisponde ad un allontanamento dalla paura. L’intolleranza è causata in gran parte da sentimenti di paura. La paura appare molto di frequente nelle storie raccontate da bambini prevenuti, mentre figura raramente in quelle narrate da bambini educati in un clima di tolleranza. La dicotomia “sicurezza-minaccia”, in termini di vissuto personale, appare critica per la formazione di una personalità tollerante. Gli ostacoli alla tolleranza Allport è molto esplicito sulla natura dei meccanismi di difesa. Prima di tutto la rimozione: le esperienze spiacevoli e dolorose vengono ricacciate nell’inconscio. In un secondo luogo la proiezione: si tende ad attribuire ad altri intenzioni malevole che sono invece proprie. In terzo luogo l’evitamento: si cerca di scansare momenti che potrebbero far vivere esperienze frustranti, di disagio emotivo. Tutto ciò si colloca all’interno del continuum di processi che presiedono allo sviluppo armonico della personalità. Quest’ultimo deve prevedere un passaggio graduale tra gli stati coscienti e quelli inconsci della vita psichica. Se non vi è percezione di minaccia né sentimenti di paura ma, invece, di appartenenza sul piano affettivo, uno sviluppo armonico si rende possibile. Esiste una differenza fondamentale tra il bambino prevenuto e quello tollerante anche per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti dei genitori. Nel caso del bambino tollerante egli non desidera che essi siano diversi da quello che sono, non li vive attraverso un filtro di un complesso di inferiorità che lo porta a mitizzare la loro onnipotenza. Il bambino non prevenuto è esente dal conflitto morale che si instaura, invece, nel bambino prevenuto. Quest’ultimo reagisce al conflitto che sperimenta assumendo atteggiamenti di tipo rigido, duro nei confronti degli altri. Gli atteggiamenti discriminanti ed i sentimenti di appartenenza Chi è allevato in un clima di tolleranza non scotomizza né dicotomizza; non ci sono per lui i “buoni” ed i “cattivi”, “i forti” e i “deboli” non ha una prospettiva deterministica per cu esiste un solo modo (“giusto”) di fare le cose bene. Non stabilisce correlazioni tra ruolo sociale ed appartenenza sessuale; ad esempio anche un uomo può fare il baby sitter. Quest’ultimo punto è rilevante dal momento che, divenuto adulto, questo tipo di individuo tenderà a minimizzare la rilevanza delle appartenenze, siano esse religiose, politiche, professionali, geografiche. È dunque evidente come questo tipo di bambino sia avviato ad affrontare la vita in modo ben diverso da suo coetaneo prevenuto. Il primo mette in conto un margine di ambiguità. Il secondo è invece motivato a liberarsi dall’ambiguità negandola. Sicurezza della persona ed auto-organizzazione Un altro aspetto differenziatore riguarda la relazione tra percezione del tempo e soddisfacimento dei bisogni. L’individuo intollerante è quasi incapace di ritardare la soddisfazione di un bisogno. Il ritardo lo disunisce, lo sconvolge. Da un lato l’intenzionalità di porre termine ad una situazione nella quale l’io è implicato; dall’altro il timore e la paura di non vedere soddisfatti i propri desideri. Volendo sintetizzare è qui che in larga misura si mette alla prova la sicurezza di una persona, la progettualità nell’organizzarsi, il controllo dei conflitti interni ed esterni. Allport sottolinea come lo sviluppo di una personalità improntata all’autoriflessione e all’autocontrollo sia fortemente condizionata dall’ambito famigliare. In effetti tale sviluppo risulta in stretta connessione con il sistema dei premi e delle punizioni praticato dalle figure significative, con l’atmosfera generale, con la presenza e l’assenza di un’azione educativa caratterizzata dall’amore verso gli altri esseri umani, gli animali e la natura. Da tutto questo quadro emerge un dato certo: che le prime fasi dello sviluppo infantile rivestono un’importanza cruciale nella formazione della personalità tollerante. Le forme della tolleranza Le motivazioni alla tolleranza possono essere molto diverse tra loro. Per alcuni individui l’atteggiamento di apertura può essere naturale mentre per altri può comportare un certo sforzo. Esiste anche una tolleranza conformista condizionata dal desiderio di uniformarsi all’atteggiamento della maggioranza. Certi conformisti sono tolleranti in modo passivo, senza che si verifichi al loro interno alcuna interiorizzazione di valori civili semplicemente perché gli altri membri del gruppo si aspettano che lo siano. Di natura diversa è la tolleranza che deriva dai tratti caratterologici della persona. Ma anche in questo caso occorre operare delle distinzioni con riferimento alla sensibilità e alle motivazioni. Esiste così, in certe persone, un atteggiamento di benevolenza generalizzata e questo atteggiamento può essere veicolato dall’adesione ad una particolare ideologia di natura politica. Può trattarsi di un valore estetico, di una curiosità intellettuale, di una spinta umanitaria. Ciascuna di queste motivazioni presuppone una visione positiva del mondo e della vita. Questa disposizione aiuta a sviluppare una personalità tollerante e non violenta che comunque richiede di mettere in atto un processo di educazione e di autoeducazione che comporta un grande sforzo. Infatti grande è il lavoro da fare per eliminare i pregiudizi che continuamente insorgono da tutto ciò che ci circonda. Bisogna educarsi alla tolleranza, meglio ancora alla solidarietà, attraverso un processo di valorizzazione, identificazione e condivisione con l'altro. Grande importanza allora riveste l’impegno di conoscere meglio gli altri, informandoci sulla loro cultura, religione, folklore, apprezzandone le qualità e sviluppando in noi un sentimento d’empatia nei loro confronti. In questo processo è essenziale comunicare con gli altri senza preconcetti. Un altro aspetto fondamentale è educare ed educarsi alla tolleranza ricercando occasioni di dialogo e di confronto costruttivo. Sviluppare una superiore base etica, infine, serve a combattere quei pregiudizi che troppo spesso fanno leva sulle peggiori tendenze dell’animo umano. Fonti: Internet – WikipediA, L’enciclopedia Libera – 16.01.06 Psicologia Contemporanea – rivista bimestrale – Giunti Gruppo editoriale – Apr. ‘94