MATRICE PROGETTUALE Tolleranza e società multietnica La vita e le sue domande Viviamo ormai in una società interculturale. Se ciò può favorire l’unificazione del genere umano, comporta però un complesso processo di anti – omologazione da parte del potere politico – economico ed il superamento culturale di una presunta superiorità della civiltà occidentale. Sembra inoltre che questo passaggio non sia indolore, come testimonia, ad esempio, il risorgere di certo fondamentalismo. Riferimenti culturali Contenuti specifici La problematica delle minoranze etniche costituisce un autentico banco di prova per la civiltà di una nazione. Non è inconsueto infatti che intorno a questa realtà sussistano atteggiamenti di pregiudizio. La frantumazione individuale e dei gruppi e la massificazione della società globalizzata portano alla ribalta il problema di una difficile armonizzazione all’interno delle comunità nazionali, ormai divenute multietniche e multireligiose. La difficoltà di dare riconoscimento all’altrui cultura è soltanto un retaggio storico tipico dei colonizzatori, ma anche, e oggi soprattutto, paradossale per una società formalmente pluralista e uno dei peggiori frutti dell’imperante relativismo: l’assolutizzazione della propria cultura di fatto emargina le altre, anche perché l’Occidente continua a godere di una certa superiorità economica e tecnologica. C’è necessità di una nuova antropologia capace di comporre la reciprocità culturale dei popoli operando un’integrazione globale. Non solo i conflitti etnici e religiosi, ma anche la presenza in Europa di molti extracomunitari esigono una rivalutazione teorica ed operativa del principio della tolleranza. In sostanza dalle istituzioni civili è lecito attendersi un maggiore impegno nel dare idonee risposte alle istanze delle minoranze culturali. Il principio della tolleranza ha percorso storicamente un lungo cammino sino a giungere, nel XX secolo, al suo pieno riconoscimento formale anche nella sua dimensione di diritto alla libertà religiosa. Nell’età contemporanea il dialogo ebraico – cristiano si è intensificato, assurgendo a modello di tolleranza culturale e religiosa. Mediante esso si evidenzia come, non solo è superato un presunto antisemitismo cattolico, ma anche che la Chiesa, in tale dialogo, non può che rafforzare la propria identità facendo memoria delle proprie radici. Il messaggio della Rivelazione circa le etnie è alquanto illuminante. Il popolo eletto, nell’Antico Testamento, non risulta tale per motivi etnici, ma per la libera e gratuita iniziativa di Dio. Nella Nuova Alleanza l’elezione è estesa universalmente per costituire un unico e solo popolo grazie al dono dello Spirito. La ricomposizione in unità non presuppone e non comporta però un livellamento delle diversità linguistiche ed etniche, in quanto il codice dello Spirito rende possibile l’inculturazione del Vangelo in ogni luogo, dimostrando come il perseguimento di una “civiltà superiore” è idolatria e offesa al progetto divino sul mondo. Il Concilio Vaticano II, oltre a dichiarare la legittimità della libertà religiosa, ha dato una particolare applicazione al principio della tolleranza mediante la riforma liturgica. La possibilità di celebrare la liturgia nelle lingue locali infatti rappresenta un primo passo verso l’attuazione del pluralismo culturale e dell’adattamento linguistico. Tuttavia l’indagine teologica e il Magistero ecclesiale, pur nella ricerca di ulteriori possibili prospettive nella linea di un superamento del distacco fra popolo e presidenza celebrante, non potranno fare a meno di custodire l’integrità sostanziale del rito latino, pena il rischio di debordare in un pericoloso settarismo. L’attualità della problematica ha trovato il Magistero attento nella riflessione. Ne sono testimonianza la “Evangelii nuntiandi” di Paolo VI e la “Slavorum Apostoli” di Giovanni Paolo II. Lo stesso Messaggio per la Giornata Mondiale della pace del 1989 ha rivendicato il rispetto e la custodia di tutte le identità culturali. Nelle Chiese particolari è viva una diffusa solidarietà con le minoranze etnico – religiose. Un modello etico per una società interculturale deve superare prima di tutto il pregiudizio della superiorità culturale dell’Occidente, operando la valorizzazione delle diversità come ricchezza. Lo sviluppo di un tale modello, finalizzato ad una convivenza sociale pacifica, si alimenta di solidarietà vissuta, superando la mera tolleranza per realizzare un effettivo dialogo sulla base del riconoscimento della comune dignità. Sintesi fondamentale Tornare a risignificare il principio della tolleranza è la via maestra per attuare pacificamente una serena convivenza nella società multietnica ed interculturale. L’atteggiamento richiesto è quello tipico del missionario: accettare di accogliere e conoscere l’altro, il diverso.