Estratto dal n. 3/2013

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Articolo originale tratto dalla rivista
Contraccettivi orali:
non solo principio attivo
Oral contraceptives:
not only an active principle
F. Scaglione
Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia Medica,
Università degli Studi di Milano
Contraccettivi orali: NON SOLO PRINCIPIO ATTIVO
In base all’attuale normativa i contraccettivi orali equivalenti (noti come generici) e quelli originali
devono avere la stessa composizione e dosaggio di principi attivi ma possono differire per:
Eccipienti
Possono indurre allergie e intolleranze
che non si verificavano con i contraccettivi originali di cui sono equivalenti.
Regimi
Esistono, in commercio, contraccettivi che, secondo la normativa sui generici, vengono
classificati equivalenti pur avendo regimi diversi.
La sostituzione tra un regime e l’altro, ad esempio da 21/7 a 24/4 o viceversa, deve
essere evitata e qualora opportuna, va decisa solo dal medico esperto in contraccezione
Biodisponibilità
Se il prodotto con cui si cambia, pur bioequivalente, ha una biodisponibilità
del -20% o anche del -15% si può determinare una riduzione dell’efficacia
contraccettiva e inoltre si può determinare un aumento di sanguinamento.
Il passaggio da originale a generico, o tra generico e generico, può determinare
variazioni di concentrazioni plasmatiche con possibili effetti avversi,
in particolare con i preparati a basso dosaggio.
Stabilità e validità
Solo alcuni contraccettivi originali contengono il Betadex che, combinato con
l’estrogeno, aumenta la stabilità, la solubilità e garantisce biodisponibilità
costante e poco influenzata dalle condizioni fisiologiche.
Confezione
Se la donna si vede cambiare confezione, numero e colore delle compresse,
nonostante il prodotto abbia lo stesso contenuto in principi attivi, potrebbe incorrere
in problemi di errata assunzione. Qualsiasi confusione legata alla sostituzione
tra prodotti può influenzare l’aderenza e potrebbe aumentare la probabilità
di una gravidanza non voluta.
Anche se non ci sono dati clinici sull’efficacia
dei contraccettivi generici in quanto non richiesti dalle autorità,
sia pazienti che clinici segnalano alcuni problemi
legati alla sostituibilità.
I farmacisti dovrebbero prestare attenzione quando propongono
la sostituzione di un contraccettivo, i rischi di confusione possono
essere causa di effetti avversi o di gravidanze indesiderate.
Ricordando che la responsabilità della prescrizione è solo
del medico che la esegue, se vogliono evitare
un qualsivoglia problema legato all’eventuale sostituzione in farmacia,
dovrebbero apporre la clausola di non sostituibilità.
A G G I O R N A M E N T O C O N T I N U O P E R L A P R AT I C A C L I N I C A
© 2013
• Volume 12 • N. 3 (Estratto)
Direttore Scientifico: Ercole Concia - Direttore Editoriale: Matteo Bassetti
Contraccettivi orali:
non solo principio attivo
Oral contraceptives:
not only an active principle
F. Scaglione
Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia Medica,
Università degli Studi di Milano
Contraccettivi orali: non solo principio attivo
Oral contraceptives: not only an active principle
F. Scaglione
Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia Medica, Università degli Studi di Milano
Abstract
Riassunto
This article discusses issues related to the administration of contraceptives in the placing on the market of generic drugs. The bioequivalence drug may in fact not be translated into therapeutic equivalence of the two products and therefore not always contraceptives
generic and branded original goods are interchangeable for both
reasons of adherence to pharmacological therapy. Being marketed
under fanciful names and differing for excipients, packaging, color,
shape, taste, time to maturity and labeling also create confusion for
patients and problems of incorrect assumption, increasing the likelihood of an unwanted pregnancy, the shift from "originator" in general or generic generic can thus vary the plasma concentrations
with possible adverse effects.
In questo articolo vengono illustrate le problematiche relative alla somministrazione di contraccettivi in seguito all’immissione, sul mercato,
dei farmaci generici. La bioequivalenza farmacologica può infatti non
tradursi in equivalenza terapeutica dei due prodotti e quindi non sempre i contraccettivi generici e quelli di marca sono intercambiabili sia
per ragioni farmacologiche che di aderenza alla terapia. Essendo commercializzati con nomi fantasiosi e differendo per eccipienti, imballaggi, colore, forma, sapore, tempo di scadenza ed etichettatura creano
inoltre confusione nelle pazienti e problemi di errata assunzione, aumentando la probabilità di una gravidanza indesiderata; il passaggio
da “originale” a generico o da generico a generico può infine variare le
concentrazioni plasmatiche con possibili effetti avversi.
La contraccezione orale nasce dagli studi di Gregory Goodwin
Pincus, un fisiologo statunitense che, con la collaborazione di
Min Chueh Chang e John Rock, scoprì la prima forma di contraccezione orale, che è oggi conosciuta in tutto il mondo come “pillola anticoncezionale” (1). Il primo contraccettivo orale
è stato lanciato, negli Stati Uniti, alla fine del decennio 19501960 con il nome di Enovid e conteneva 150 µg di mestranolo
(equivalente a 90 µg di etinil estradiolo) e 9,85 mg di noretinodrel, un progestinico molto potente. Per rendere accettabile la
contraccezione orale alle donne, ai medici e all’opinione pub-
blica il dottor Pincus e altri scienziati decisero che il ciclo di
somministrazione degli anticoncezionali orali dovesse imitare
il ciclo mestruale naturale, con un ciclo di 21 giorni di terapia
seguiti da una pausa di 7 giorni senza pillola. Questa decisione non ha basi biologiche ed è stata una scelta del tutto culturale (2), e questo modello di somministrazione è stato usato
per decenni senza essere messo in discussione.
Nel corso degli ultimi decenni sono state apportate molte modifiche ai contraccettivi orali per migliorare la loro efficacia, accettabilità e tollerabilità.
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Le donne oggi hanno la possibilità di utilizzare nuovi tipi di contraccettivi orali, che differiscono da quelli tradizionali in termini di
dosaggi ormonali, lunghezza del ciclo e intervalli liberi da ormoni. Esse hanno anche la possibilità di utilizzare contraccettivi con
una varietà di sistemi di rilascio ormonali, come quelli transdermici, dispositivi iniettabili, impiantabili e transvaginali.
Per quanto riguarda i contraccettivi orali, oggi si dispone di una
varietà di regimi di somministrazione adattabili a varie esigenze delle donne: accanto ai sistemi tradizionali, consistenti in un
periodo di 21 giorni di ormoni seguiti da 7 giorni di intervallo
senza ormoni, esistono nuovi contraccettivi orali che offrono
un periodo più breve senza ormoni fino ad arrivare a un utilizzo in continuo off label per obiettivi terapeutici o di convenienza per la donna.
Come si evince dalla tabella I esiste una vasta varietà di contraccettivi orali, con una combinazione estrogeno-progestinico. Bisogna dire che tutte le combinazioni ormonali contraccettive sono altamente ed egualmente efficaci nel prevenire la
gravidanza, a patto che vengano usate correttamente seguendo le istruzioni. Le modifiche che sono state apportate ai vari
regimi, dosaggi e componenti lungo il corso degli ultimi decenni, sono state intraprese per migliorare la tollerabilità e aumentare la probabilità di corretta e coerente utilizzazione per
migliorare l’efficacia contraccettiva, minimizzando gli effetti avversi e massimizzando i benefici non contraccettivi. Questa vasta offerta consente, inoltre, di adattare la “pillola” alle varie situazioni fisiologiche: ad esempio le donne con sintomi da sospensione dell’ormone o grave dismenorrea possono beneficiare di somministrazioni più prolungate, con intervalli più brevi liberi da ormoni. Da questo emerge, inoltre, che ogni donna
può avere la “sua pillola”, adatta alle sue esigenze fisiologiche
e al suo “habitus” di aderenza alla terapia. La sostituzione tra
un regime e l’altro deve essere evitata e, qualora opportuna, va
decisa solo dal medico esperto in contraccezione. Questo problema emerge soprattutto con l’immissione, nel mercato, dei
farmaci generici, definiti in Italia medicinali equivalenti.
Tabella I. Tipi di contraccettivi orali presenti nell’uso clinico.
Metodo
Principi attivi
Descrizione
Monofasica tradizionale
Etinilestradiolo + progestinico
(DSG, GSD, DRSP, LNG)
Blister da 21 compresse che si assumono consecutivamente seguiti da
7 giorni di sospensione
Monofasica a ciclo prolungato
Etinilestradiolo o estradiolo
Blister da 28 compresse (24 di ormoni + 4 di placebo) che si assumono
Progestinico (GSD, DRSP, NOMAC) consecutivamente senza intervallo
Bifasica
Etinilestradiolo e desogestrel a
diversi dosaggi
Trifasica
Etinilestradiolo + progestinico
Blister da 21 compresse. L’assunzione deve sempre iniziare dalla
(DSG o GSD) a tre diversi dosaggi compressa n. 1 contrassegnata con “inizio” e proseguire
quotidianamente seguendo l’ordine numerico indicato sulla confezione,
con un intervallo di 7 giorni libero da pillola. Le sequenze a diverso
dosaggio possono essere 6-5-10 7-7-7 a seconda
del prodotto commerciale
Quadrifasica
Estradiolo + dienogest
Blister da 22 compresse. Le compresse devono essere prese ogni
giorno per 22 giorni consecutivi, iniziando dalle compresse blu per 7
giorni e continuando con quelle bianche per altri 15 giorni. Con un
intervallo di 6 giorni libero da pillola.
Blister da 28 compresse (26 di ormoni + 2 di placebo). Le compresse devono
essere assunte ogni giorno nell’ordine in cui si presentano nella confezione
blister. È necessario assumere una compressa al giorno per 28 giorni
consecutivi. L’assunzione delle compresse è continua senza intervalli.
GSD=gestodene; DSG=desogestrel; LNG=levonorgestrel; DRSP=drospirenone; NOMAC=nomegestrolo acetato
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Farmaci equivalenti (generici)
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “i farmaci generici sono farmaci "bioequivalenti”, ossia farmaci che, rispetto alla specialità di riferimento, hanno una
biodisponibilità simile (la stessa velocità di assorbimento e percentuale assorbita)”.
A livello europeo l’immissione in commercio dei farmaci viene regolamentata dall’European Medicines Agency (EMA) secondo
criteri standardizzati rivolti alle ditte produttrici, che devono documentare l’equivalenza del loro farmaco generico rispetto a
quello registrato.
Poiché il principio attivo è lo stesso, le aziende non devono presentare tutti i documenti che certificano l’efficacia clinica, già
presentati per la registrazione della specialità medicinale, ma solo la “bioequivalenza” del generico.
li in uno studio disegnato in modo appropriato (3,4).
Da questo si evince che gli studi di bioequivalenza si limitano a
confrontare la biodisponibilità farmacologica sistemica di due
prodotti ma non utilizzano parametri clinici di efficacia.
I test di bioequivalenza sono effettuati generalmente in volontari sani e sono basati sul confronto statistico di parametri farmacocinetici caratterizzanti la biodisponibilità.
I parametri farmacocinetici utilizzati sono l’area sotto la curva
concentrazione/tempo (AUC), la concentrazione massima raggiunta nel plasma (Cmax) e il tempo in cui viene raggiunta questa
concentrazione (Tmax) (Fig. 1).
Figura 1. I due principi attivi sono bioequivalenti perché l’AUC, la Cmax e il
Tmax differiscono all’interno dei parametri di accettabilità.
Bioequivalenza
La prova della bioequivalenza è necessaria perché la legge ammette che:
• i vari sali, esteri, eteri, isomeri, miscele di isomeri, complessi o
derivati di una sostanza attiva sono considerati la stessa sostanza attiva se non presentano differenze significative delle
proprietà relative alla sicurezza e/o efficacia;
• le varie forme farmaceutiche orali a rilascio immediato sono
considerate una stessa forma farmaceutica;
• gli eccipienti possono essere differenti.
Con queste possibili differenze di formulazione farmaceutica,
per ottenere la registrazione bisogna dimostrare che l’assorbimento e l’esposizione dell’organismo al farmaco siano simili per
i due preparati. A questo scopo sono necessari studi di bioequivalenza, che consistono in valutazioni farmacocinetiche dopo
somministrazione di una dose singola del prodotto generico in
confronto a quello originale.
La bioequivalenza viene definita, dalla FDA e dall’EMA, come “l’assenza di una differenza significativa nella velocità di
assorbimento e nella percentuale di principio attivo che raggiunge la circolazione generale tra due farmaci quando sono somministrati alla stessa dose molare in condizioni simi-
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Le due formulazioni sono definite bioequivalenti se la differenza tra i suddetti parametri rientra in un intervallo predefinito
come “intervallo accettabile” di bioequivalenza, convenzionalmente ritenuto compatibile con l’equivalenza terapeutica. Tale intervallo è fissato nel range 0,80-1,25, quando si considera la media dei rapporti individuali tra i parametri farmacocinetici (AUC, Cmax) della formulazione test (generico) e quella
della formulazione di riferimento (originale); oppure è fissato
entro il range ±0,20 quando si utilizza la differenza tra parametri normalizzata per il parametro della formulazione standard; il livello di confidenza è generalmente fissato al 90%.
Pertanto, anche se la media cade nell’intervallo di accettabilità ma i limiti di confidenza cadono al di fuori, il prodotto non
viene considerato bioequivalente.
Figura 2. Bioequivalenza e bio-creep. Nella figura sono rappresentati i farmaci (media e limiti di confidenza). I farmaci generici B, C, D, E sono bioequivalenti all’originator A perché sia la media che i limiti di confidenza cadono all’interno del range di accettabilità. I farmaci generici F, G non sono
approvati perché, anche se le medie cadono all’interno del range, il limiti
fiduciali sono fuori. I farmaci D, E sono intercambiabili con l’originator e tra
di loro mentre i farmaci B, C sono intercambiabili con l’originator ma non
tra di loro perché la differenza supera il 20% (bio-creep).
Bioequivalenza e sostituibilità
Anche se la procedura di determinazione della bioequivalenza è
molto rigorosa alcuni problemi rimangono insoluti.
Una delle critiche più frequenti, agli studi di bioequivalenza, è di
estrapolare, dall’intera popolazione di pazienti, i dati ottenuti su
di un piccolo numero di volontari sani che non assumono farmaci concomitanti, non sono fumatori, hanno normale massa
corporea e ricevono una dieta standard (5).
Un’altra critica è rivolta agli eccipienti diversi. Questi, oltre a influenzare la biodisponibilità (per cui è necessario stabilire la
bioequivalenza) possono indurre allergie o intolleranze che non
si verificavano con i prodotti “originali” di cui sono equivalenti.
Un altro punto soggetto a critiche è aver stabilito un intervallo di
bioequivalenza troppo ampio, anche se necessariamente, ma
non differenziato per categoria terapeutica, e per classe farmacologica. Questo può fornire una bioequivalenza farmacologica,
che può non tradursi in equivalenza terapeutica dei due prodotti. In pratica per alcuni prodotti l’intervallo potrebbe essere troppo largo, per altri troppo stretto. Il problema si pone soprattutto
per farmaci a indice terapeutico ristretto o per farmaci le cui fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche possono avere risvolti
clinici importanti.
Un altro problema, non di minore importanza, che può pregiudicare la sostituibilità, è il fenomeno cosiddetto “bio-creep”. I
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test di bioequivalenza sono eseguiti tra il singolo prodotto generico e il suo corrispondente prodotto originale. Questa situazione non garantisce che due o più generici dello stesso
originale siano tra loro bioequivalenti. Per esempio, supponendo che un generico abbia una biodisponibilità (AUC) +15%
e un secondo generico una biodisponibilità -13%; può essere
che entrambi sono bioequivalenti rispetto allo standard che
imitano, ma non sono tra loro bioequivalenti. Questo implica
che la sostituibilità potrebbe avvenire tra originale e generico,
ma non tra generico e generico (Fig. 2).
Da quanto discusso è chiaro che il concetto di bioequivalenza
non gode della proprietà transitiva: non è possibile concludere, senza una verifica diretta, che due prodotti, ciascuno bioequivalente con lo stesso standard di riferimento, siano bioequivalenti tra di loro. Purtroppo il confronto diretto non è pos-
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Contraccettivi orali: non solo principio attivo
sibile poiché i medicinali equivalenti sono confrontati unicamente con il medicinale originale e così l’interscambiabilità fra
equivalenti è solo supposta.
Contraccettivi: originale o generico?
Secondo le autorità regolatorie i contraccettivi generici e quelli di
marca sono considerati clinicamente equivalenti e quindi sono
intercambiabili. Nonostante il fatto che ci siano pochi dati in letteratura che dimostrano il contrario, questa convinzione è stata
contestata per ragioni sia farmacologiche che di aderenza alla
terapia (6-8).
I contraccettivi sono farmaci che presentano delle peculiarità rispetto agli altri farmaci, come di seguito indicato.
1. Non hanno lo scopo di prevenire o curare malattie ma evitare le gravidanze indesiderate. Questo si ottiene con grande efficacia a patto che le “pillole” siano assunte con rigorosa regolarità.
2. I principi attivi sono ormoni che svolgono anche funzioni fisiologiche. Livelli plasmatici troppo alti o troppo bassi possono esitare in effetti avversi.
Per quanto riguarda il primo punto esiste una vasta letteratura che
riferisce i fallimenti dei contraccettivi alla scarsa compliance (9-11).
La non aderenza del paziente gioca un ruolo importante nel fallimento della contraccezione orale. Si stima che circa il 20%
dei 3,5 milioni di gravidanze indesiderate, che si verificano negli Stati Uniti annualmente, è legato alla scarsa aderenza ai
contraccettivo (12). Di queste la “dimenticanza” è il motivo per
il 30% (13). L’aderenza al trattamento può essere un elemento
importante nell’utilizzo dei farmaci generici per la confusione
che possono generare. Molti produttori di contraccettivi generici commercializzano i loro prodotti con nomi di fantasia, per
cui la donna potrebbe ritenere che non si tratta di un generico
(stessi principi attivi che prendeva prima) ma di una “pillola” diversa (14). Inoltre i farmaci equivalenti possono differire non
solo per gli eccipienti ma anche per imballaggi, colore, forma,
sapore, tempo (15) di scadenza ed etichettatura con evidenti
elementi di confusione.
Particolari problemi di confusione si possono creare con l’introduzione dei generici per i contraccettivi monofasici (Tab. I).
Esistono, in commercio, contraccettivi che, secondo normativa sui generici (16), vengono classificati equivalenti pur avendo regimi diversi. Ad esempio: le confezioni con 21 compresse, che vanno assunte consecutivamente per poi seguire la
pausa di assunzione di 7 giorni tra una confezione e l’altra e le
confezioni con 28 compresse, di cui 24 con ormoni e 4 con placebo, diversificate per colore (Fig. 3), che vanno assunte con-
Figura 3. Confezioni di contraccettivi in commercio da 21 e da 28 compresse.
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secutivamente senza sospensione tra una confezione e l’altra,
non possono essere ritenute uguali e sostituibili anche se hanno la stessa composizione quali/quantitativa perché hanno regimi di assunzione diversi.
È facile comprendere che se una donna si vede cambiare confezione, numero e colore delle compresse, nonostante il prodotto abbia lo stesso contenuto in principi attivi, potrebbe incorrere in problemi di errata assunzione. Queste differenze possono
essere particolarmente importanti, perché qualsiasi confusione
da parte della paziente, al momento della sostituzione tra prodotti o nel ritardare l’inizio di una nuova confezione, può influenzare l’aderenza e potrebbe aumentare la probabilità di una gravidanza non voluta.
Riguardo al secondo punto, il passaggio da originale a generico
o tra generico e generico può determinare variazioni delle concentrazioni plasmatiche con possibili effetti avversi. Il problema
riguarda principalmente le preparazioni a basso dosaggio di
estrogeno. Se il prodotto con cui si cambia, pur bioequivalente,
ha una biodisponibilità del -20% o anche del -15% si possono
determinare una riduzione dell’efficacia contraccettiva e un aumento di sanguinamento (6,7). Inoltre solo alcuni prodotti originali contengono l’estrogeno combinato con clatrato di beta-ciclodestrina (betadex), con lo scopo di aumentare la stabilità del
prodotto, aumentare la solubilità e garantire una biodisponibilità
costante e poco influenzata da condizioni fisiologiche. Se questa sostituzione viene fatta con un contraccettivo senza beta-ciclodestrina in una paziente dove si combinano una minore biodisponibilità di partenza del preparato e condizioni fisiologiche
che rallentano l’assorbimento, c’è il rischio di non avere una sufficiente concentrazione di estrogeno nel sangue. Il rischio è
maggiore con i contraccettivi a basso dosaggio di estrogeno.
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Conclusioni
I contraccettivi orali sono farmaci di elevata efficacia e non ci
sono prove del fatto che, con l’uso perfetto, i diversi prodotti
contraccettivi hanno diversi tassi di fallimento (16); gli unici
problemi possono essere la prescrizione inappropriata e la
scarsa aderenza alla terapia. Anche i prodotti generici hanno in
teoria le stesse caratteristiche di quelli di marca; tuttavia non ci
sono dati clinici, sia a favore sia contro l’efficacia dei farmaci
generici, anche se sia i pazienti sia i clinici segnalano problemi,
anche se aneddotici, attribuiti alla sostituibilità (14). Alcuni di
questi problemi possono essere il risultato di una confusione
dovuta alla confezione differente, come menzionato sopra. I
medici dovrebbero informare con attenzione le pazienti quando prescrivono un contraccettivo sia originale sia generico e se
vogliono evitare un qualsiasi problema legato all’eventuale sostituzione in farmacia, dovrebbero apporre la clausola di non
sostituibilità, ricordando che la responsabilità della prescrizione è solo del medico che la esegue. I farmacisti dovrebbero
prestare molta attenzione quando propongono la sostituzione
alle clienti; i rischi di confusione possono essere causa di effetti aversi o di gravidanze indesiderate.
L’American College of Obstetricians and Gynecologists conclude così un recente lavoro sul tema: “devono essere rispettate le
richieste del paziente o del medico per un contraccettivo” branded” o il proseguimento con lo stesso generico, se la richiesta è
basata su esperienza clinica o preoccupazioni in materia di imballaggi o di conformità, o se il prodotto di marca è considerate
una scelta migliore per quella singola paziente. Le donne devono essere informate quando un diverso contraccettivo orale è
sostituito con uno prescritto in precedenza.”
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Contraccettivi orali: non solo principio attivo
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FARMACI 2013;12(3)
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