INCERTEZZA DI MISURA
1 Misurazione come esperimento aleatorio.
I risultati di una misurazione sono, in genere, dei valori aleatori, nel senso che non si può
prevedere, prima di effettuare l’esperimento, quale di essi si verificherà, sia per la variabilità di
funzionamento propria dello strumento impiegato, sia per la variabilità della stessa grandezza che è
oggetto di misurazione.
Pertanto, si può dire che, in linea di principio, l’esecuzione di una misurazione non differisce da
altri esperimenti di natura aleatoria quali ad esempio potrebbero essere il lancio di una moneta; o di
un dado con sei facce numerate da uno a sei. In entrambi i casi, infatti, si possono stabilire a priori
quali siano i risultati possibili, ma non indicare quale sarà il risultato di un singolo esperimento, se
non in termini di probabilità.
Nel seguito si richiamano, con l’aiuto di numerosi esempi, i concetti fondamentali della teoria
della probabilità per vedere come questi si applicano ai risultati di una misurazione per ottenere, in
modo non ambiguo, la misura.
Spazio campione ed eventi
Consideriamo un esperimento aleatorio consistente nel lancio di un dado con sei facce
numerate, e annotiamo il valore riportato dalla faccia opposta a quella che si posa sul suolo.
Raccogliamo i possibili risultati di questo esperimento (che sono ovviamente i numeri 1, 2, 3, 4, 5 e
6) in un insieme S1 che definiamo spazio campione.
Si definisce “spazio campione di un esperimento aleatorio” l’insieme che contiene tutti i possibili
risultati dell’esperimento.
Si osservi che uno stesso esperimento fisico può essere rappresentato, in termini probabilistici,
da più di uno spazio campione, a seconda di ciò che si assume come suo risultato. Infatti, se si
assumesse come risultato dell’esperimento sopra descritto la parità o disparità della faccia, lo spazio
campione diventerebbe l’insieme descritto dalla (2.1):
S2 = {pari, dispari}
(2.1)
La realizzazione di un esperimento si chiama prova.
Detto S1 lo spazio campione del primo esperimento descritto, consideriamo un suo qualsiasi
sottoinsieme, ad esempio E = {1, 2, 3, 4} costituito dai risultati minori o uguali a 4. Detto s il
risultato di una prova, se esso è effettivamente minore o uguale a 4, allora si dice che in quella
prova si è verificato l’evento E, in quanto risulta s ∈ E.
In caso contrario, ovviamente, si verifica l’evento E = S1 – E = {5, 6} (complemento di E
rispetto a S1 ), costituito dagli elementi di S1 che non appartengono ad E, ovvero il risultato è un
numero maggiore di quattro.
L’evento costituito dal singolo risultato s: {s} ⊂ S1 , detto evento elementare, si verifica in tutte e
sole quelle prove il cui risultato è proprio s.
Poiché, qualunque sia il risultato s della prova, si ha sempre: s ∈ S1 e s ∉ Φ (dove Φ è l’insieme
vuoto), l’evento S1 si verifica sempre mentre Φ non si verifica mai. Per tale motivo S1 è detto
evento certo e Φ evento impossibile.
Evento unione, evento intersezione ed eventi mutuamente esclusivi
Consideriamo ora alcuni dei possibili sottoinsiemi di S1 :
E1 = {1, 3, 5} = “risultato dispari”
15
E2 = {2, 4, 6} = “risultato pari”
E3 = {1, 2, 3} = “risultato minore di quattro”
Evento unione E1 + E3 , è l’evento “risultato dispari o minore di quattro” e si verifica in tutte le
prove in cui si verificano E1 , E3 o entrambi ovvero quando il risultato dell’esperimento appartiene
all’insieme (2.2):
E1 + E3 = {1, 3, 5, 2}
(2.2)
Evento intersezione E1 * E3 , è l’evento “risultato dispari e minore di quattro” e si verifica
quando si verificano sia E1 che E3 ovvero quando il risultato dell’esperimento appartiene all’insieme
(2.3):
E1 * E3 = {1, 3}
(2.3)
Evidentemente E1 * E2 = Φ, quindi E1 ed E2 non possono verificarsi contemporaneamente e,
pertanto, si dicono mutuamente esclusivi.
Analogamente E1 + E2 = S1 , quindi, qualunque sia il risultato s della prova, si avrà : s ∈ E1 + E2 .
Tale evento è allora un evento certo.
2 Definizione di frequenza statistica; probabilità di un evento.
Abbiamo detto che, nel metodo di misurazione a lettura ripetuta, occorre ripetere un certo
numero di volte la procedura di misurazione e occorre realizzare un’analisi statistica sull’insieme
dei risultati ottenuti. Per affrontare questo argomento è importante comprendere adeguatamente il
concetto di probabilità di un evento. Riferiamoci ancora una volta, come esperimento aleatorio, al
lancio di un dado. Ripetiamo tale lancio N volte e proponiamoci di valutare quantitativamente la
occorrenza di un determinato evento. Per esempio supponiamo che tale evento sia l’occorrenza
della faccia col numero 1.
Figura. 2.1
Nel grafico di figura 2.1 riportiamo, in funzione del numero totale N di prove realizzate, il rapporto
n1 /N dove n1 è il numero di prove che hanno dato “ 1 ” come risultato. Da tale grafico si può osservare
che, al crescere del numero N di prove, il rapporto n1 /N, detto frequenza statistica dell’evento in esame,
tende al valore 1/6. E’ intuitivo osservare che, indicando con ni il numero di esperimenti che hanno
dato come risultato “i”, per qualunque valore di N sono vere le (2.4) e (2.5):
0≤
ni
≤1
N
(2.4)
e inoltre:
16
6
ni
∑N
=1
(2.5)
i =1
Ebbene, si assume probabilità dell’evento definito da: “il risultato del lancio è la faccia
i”, la frequenza statistica valutata su un “gran numero” di osservazioni. Volendo essere più rigorosi,
e generalizzando il concetto fornito prima in modo intuitivo, possiamo definire frequenza di
successo FN(E) di un generico evento E in N prove, il rapporto tra il numero n(E) delle prove in cui
si è verificato l’evento E ed il numero totale N delle prove (cfr. 2.6):
FN(E) =
n( E )
N
(2.6)
Il limite della frequenza di successo FN(E), al divergere del numero N delle prove, si definisce
probabilità dell’evento E (2.7):
P( E ) =
lim
n( E )
N →∞ N
(2.7)
Quest’ultima definizione di probabilità mette in luce il fatto che, in realtà, essendo il numero
delle realizzazioni effettuabili sempre limitato, potremo avere solo una stima della probabilità di
occorrenza di un evento.
3 Probabilità congiunta
Si consideri un esperimento aleatorio consistente nel lancio di due dadi; lo spazio campione S è
costituito dai 36 punti definiti dalla (2.8):
S = {S 11 , S12 ,...,S16 , S21 , S22 ,…, S26 ,…, S61 , S62 ,…, S66}
(2.8)
in cui il primo (secondo) pedice di Sij indica il numero presente sulla faccia mostrata dal primo
(secondo) dado.
Si definiscano, poi, gli eventi:
A = {S11 , S12 ,S13 , S14 , S15 , S16 }
B = {S13 , S23 ,S33 , S43 , S53 , S63}
(il primo dado dà un 1)
(il secondo dado dà un 3).
(2.9)
(2.10)
Si ha, allora, che l’evento intersezione è dato da:
A*B = {S 13 }
(il primo dado dà un 1 e il secondo dà un 3)
(2.11)
La probabilità di tale evento congiunto, si definisce: probabilità congiunta dei due eventi A e B,
e si indica con P(A* B). Se, come è ragionevole supporre, tutte le facce sono equiprobabili si ha:
P(A* B) = 1/36. Osserviamo che, in questo caso, la probabilità congiunta dei due eventi A e B
uguaglia il prodotto delle probabilità associate ai due singoli eventi.
Eventi statisticamente indipendenti
Quando si verifica ciò, cioè quando P(A* B) = P(A)* P(B), si dice che gli eventi A e B sono
statisticamente indipendenti.
In termini intuitivi ciò significa che la occorrenza di uno dei due eventi non influisce
sull’occorrenza dell’altro, così come accade in questo esperimento in cui il risultato di un dado non
dipende da quello dell’altro.
4 Funzione di distribuzione e di densità di probabilità.
Per quanto finora detto, ogni misurazione può essere interpretata come un esperimento aleatorio
che, quindi, deve essere studiato facendo ricorso alla teoria della probabilità. Un risultato di misura
17
non può essere espresso da un unico numero ma deve necessariamente essere espresso da una fascia
di valori dispersi intorno ad un valore centrale x0 . Questo significa che il misurando ha una certa
probabilità di assumere valori contenuti all’interno di tale fascia e che il risultato di ogni singola
prova può essere visto come il verificarsi di un particolare evento. In altri termini è possibile
considerare i risultati di N determinazioni sperimentali di una stessa grandezza come una variabile
aleatoria. Per caratterizzare, dal punto di vista statistico, i risultati degli esperimenti, si eseguono i
seguenti passi:
-
Si individuano valore massimo (MAX) e minimo (MIN) degli N risultati di misura;
-
Si suddivide l’intervallo dei risultati di misura (MAX-MIN) in m sottointervalli;
-
Si indicano con x 1 , x 2, x 3 ……x m gli estremi dei sottointervalli;
-
Si conta, per ciascun estremo x i, il numero di misure Ni che hanno restituito un risultato di
valore inferiore ad x i;
-
Si riportano i conteggi ottenuti Ni in termini relativi al numero di esperimenti N:
Ni 

 ni =
;
N 

-
(2.12)
Si costruisce il grafico ni in funzione di x i;
ni
1
0
Figura 2.2
xi
In tal modo, si ottiene una curva (continua se il numero di intervalli divergesse all’infinito) che
parte da 0, è sempre crescente e raggiunge il valore massimo uguale ad 1 per il massimo valore di x i
(Figura 2.2). Questa curva individua una funzione P(x) chiamata funzione di distribuzione o di
probabilità cumulativa della variabile aleatoria che rappresenta la frequenza con la quale si sono
presentati i valori non superiori ad x i. Si definisce funzione di densità di probabilità p(x) la
funzione:
p (x) =
∂P (x )
∂x
(2.13)
tale funzione esprime la probabilità che ha la variabile aleatoria di essere compresa tra il valore x e
il valore x+dx. A titolo di esempio, in figura 2.3 si riporta l’andamento di una funzione di densità di
probabilità nota come distribuzione gaussiana caratterizzata da un andamento tipico a campana.
Per quanto detto precedentemente, conoscendo la funzione di distribuzione di probabilità di una
variabile aleatoria, è possibile valutare la probabilità che un evento (leggi risultato di misura) rientri
in un determinato intervallo di valori.
18
p
Figura 2.3
x
5 Parametri sintetici di una variabile aleatoria.
Abbiamo visto che, attraverso le funzioni di distribuzione e di densità di probabilità, possiamo
quantificare la probabilità che i risultati di una misurazione cadano in una determinata fascia di
valori. Poiché nelle applicazioni pratiche di nostro interesse tali funzioni non sono note a priori, per
poter effettuare analisi statistiche, è necessario pervenire sperimentalmente ad una loro valutazione
empirica.
A tal fine si eseguono N misurazioni ripetute della grandezza x, facendo attenzione ad operare
sempre nelle stesse condizioni. Si indicano con x 1 , x 2 ,…,x N i valori misurati (non necessariamente
distinti) del misurando. Si interpretano le misure ottenute come una variabile aleatoria X definita
dalla (2.14):
X = {x1 , x 2 ,..., x N }
(2.14)
e, ad essa, si applica la procedura descritta nel precedente paragrafo per valutare le funzioni di
distribuzione e densità di probabilità. A tal fine, si suddivide l’intervallo dei possibili valori assunti
in sottointervalli di ampiezza ∆x e si indicano con Ni il numero dei risultati di misura che cadono
nell’i-esimo sottointervallo.
Se il numero N delle misurazioni è sufficientemente elevato, si può affermare che la probabilità
di ottenere risultati di misura in un intervallo di valori di ampiezza ∆x è data dal numero di misure
Ni che cadono nell’intervallo stesso diviso il numero totale di misure N. Tale probabilità è, infatti,
uguale alla frequenza relativa. In figura 2.4 si riporta un tipico istogramma delle frequenze relative
ottenuto operando secondo la procedura descritta.
Figura 2.4
19
Si osserva che la distribuzione ottenuta è simmetrica rispetto ad un valore centrale x 0 , intorno al
quale si addensa il maggior numero di risultati; inoltre, più ci si allontana dal valore centrale, più si
riduce la probabilità di ottenere risultati di misura, come risulta dall’area del rettangolo
corrispondente che esprime, infatti, la probabilità che il risultato di misura cada in quell’intervallo.
Valore medio
Le variabili aleatorie e, quindi i risultati di misurazioni ripetute, possono essere caratterizzate a
mezzo di parametri sintetici. Il parametro principale usato per caratterizzare i risultati di tali
misurazioni è senz’altro il valore centrale della distribuzione (valore medio della distribuzione)
definito analiticamente dalla (2.15)
x=
1 N
∑ xi
N i=1
(2.15)
Il valore centrale o valore medio è un parametro di grosso interesse misuristico in quanto esso
esprime la migliore stima del misurando nel senso che viene usato quando, per comodità operativa,
si vuole rappresentare la misura (la fascia di valori ottenuti sperimentalmente) con un solo valore
numerico.
Varianza e scarto quadratico medio (scarto tipo)
Il valore medio, però, non basta a caratterizzare la campagna di misure dal punto di vista
statistico in quanto non fornisce alcuna informazione sulla dispersione dei risultati ottenuti
sperimentalmente. Quest’ultima indicazione è invece fornita da un altro parametro statistico: lo
scarto quadratico medio o scarto tipo. Per calcolare lo scarto tipo, bisogna prima valutare la
varianza σ x2 usando l’espressione (2.16):
σx =
2
1 N
( xi − x )2
∑
N − 1 i=1
(2.16)
Lo scarto tipo σ è definito come la radice quadrata positiva della varianza. Lo scarto tipo dà,
come abbiamo detto, una importante informazione sulla distribuzione dei risultati di misura, infatti
minore è lo scarto tipo, minore è la dispersione dei risultati intorno al valore centrale x 0 .
Allora, anziché utilizzare una descrizione puntuale, completa, della distribuzione dei risultati di
misura in termini di funzione di distribuzione o di densità di probabilità, è possibile darne una
caratterizzazione sintetica attraverso due soli numeri: la media e lo scarto tipo.
6 Incertezza desiderata.
La prima fase di una misurazione, come detto precedentemente, consiste in una attività di natura
teorica tesa ad individuare il principio di misurazione che meglio risponde alle finalità proprie della
misurazione che si sta per intraprendere. Pertanto, in questa fase occorre innanzitutto definire
l’incertezza massima tollerata dalla applicazione in esame. Questa incertezza, detta incertezza
desiderata, fornisce un limite superiore al grado di indeterminazione con cui deve essere ricavato il
valore del misurando. In base a tale limite, sarà quindi possibile definire il modello metrologico più
idoneo per rappresentare il sistema misurato, scegliere il sistema di misurazione più adatto e
stabilire i metodi necessari per valutare i fattori di influenza che intervengono nella misurazione.
E’ evidente, infatti, che non è sensato né conveniente eseguire un tipo di misurazione sempre
con la massima accuratezza possibile. L’incertezza desiderata, infatti, incide sensibilmente sulla
scelta del metodo di misura, sulla scelta degli strumenti, sulla scelta dell’ambiente in cui operare,
sulla cura che si pone nell’eseguire la misurazione e quindi l’incertezza desiderata influenza in
modo significativo il costo della misurazione.
20
Per chiarire meglio questo importante concetto con un esempio, si faccia riferimento al caso
della determinazione del peso di una determinata quantità di materia. Ovviamente questa
misurazione deve essere eseguita con maggior cura nel caso in cui la materia sia costituita da oro
piuttosto che da ghiaia. Sarà, allora, opportuno determinare il peso dell’oro con un’incertezza
sufficientemente bassa (in modo che ripetendo più volte la stessa misurazione il peso dell’oggetto di
oro presenti una variabilità non significativa). La stessa accuratezza sarebbe ovviamente inutile
nella valutazione del peso della ghiaia, che ha un costo specifico di gran lunga inferiore. Ne
consegue che, poiché la finalità della misura è diversa nei due casi, i dispositivi e i metodi utilizzati
per eseguire queste due misurazioni, e quindi i corrispondenti costi, saranno diversi.
7 Valutazione delle incertezze di categoria A.
La valutazione dell’incertezza è sempre condotta in termini statistici e comporta la
determinazione di parametri sintetici (valor medio, varianza, scarto tipo). Esistono due approcci
distinti per pervenire alla stima dell’incertezza: nel primo approccio, la caratterizzazione statistica
deriva dall’analisi della dispersione dei risultati di misura evidenziata eseguendo un certo numero di
misurazioni ripetute; viceversa, nel secondo caso, la caratterizzazione statistica si fonda sulla
conoscenza, a priori, di alcune informazioni. Tali informazioni possono essere rese disponibili
consultando manuali e cataloghi a corredo degli strumenti di misura, possono essere apprese da
tabelle o da abachi, possono derivare dall’esperienza precedente maturata dall’operatore in casi
analoghi, etc.. La valutazione delle incertezze di categoria A fa riferimento al primo approccio.
Media sperimentale, varianza sperimentale e scarto tipo sperimentale
La definizione statistica di valor medio, varianza e scarto tipo fa riferimento ad un numero di
osservazioni che sia statisticamente significativo (a rigore per valutare tali parametri il numero di
osservazioni dovrebbe essere infinito). Per rigore scientifico, i parametri sintetici ottenuti sui
risultati ottenuti in misurazioni ripetute (che quindi fanno riferimento ad un numero di osservazioni
necessariamente finito), vengono chiamati media sperimentale, varianza sperimentale e scarto tipo
sperimentale, che, naturalmente, approssimano tanto meglio quelli definiti dalla statistica, quanto
maggiore è il numero di osservazioni sperimentali su cui si basano.
In particolare, per un insieme di n misure ripetute qk di una grandezza q, la stima q della media
sperimentale della popolazione è definita tramite la (2.17)
q=
1 n
∑q
n k =1
(2.17)
Analogamente, la varianza sperimentale s2 (qk) della stessa popolazione è definita dalla (2.18):
s (q k ) =
2
1 n
2
∑ (qk − q )
n − 1 k =1
(2.18)
Lo scarto quadratico medio (o scarto tipo) sperimentale s(qk) è definito come la radice quadrata
positiva della varianza sperimentale (2.19):
s(q k ) =
2
1 n
( qk − q )
∑
n − 1 k =1
(2.19)
Per concludere, in una misurazione a lettura ripetuta, si assume come risultato più probabile
della misura il valore della media sperimentale calcolata secondo la (2.17) e ad essa si associa,
come incertezza di misura, lo scarto tipo della media u( q ) (valutazione dell’incertezza di categoria
A).
Tale scarto, chiamato anche incertezza tipo, si valuta con l’espressione (2.20):
21
u (q ) =
s(q k)
(2.20)
n
Da quanto detto si evince che, eseguendo misurazioni ripetute ed assumendo come risultato di
misura la stima della media data dalla (2.17), è possibile ridurre l’incertezza della misura di un
fattore pari alla radice quadrata del numero di misurazioni eseguite come risulta dalla (2.20).
ATTENZIONE: Un aspetto al quale non sempre si presta sufficiente attenzione è che, perché
siano valide le espressioni su riportate, è necessario che le osservazioni effettuate siano
statisticamente indipendenti. Se le osservazioni non sono indipendenti, gli stimatori espressi dalle
equazioni (2.17) e (2.20) non sono validi. Si tenga presente che non è semplice garantire
l’indipendenza di un insieme di osservazioni. Pertanto, ritenere che un aumento indefinito del
numero di osservazioni comporti una corrispondente diminuzione dell’incertezza tipo, come
farebbe intendere la (2.20), è un’utopia. Inoltre, si tenga presente che, aumentando il numero di
osservazioni, aumenta anche il tempo di osservazione e, perché i risultati mediati siano significativi
è necessario che, durante il tempo di misura, sia comunque verificata la stazionarietà di tutte le
grandezze coinvolte nelle misurazioni stesse (condizione sempre più difficile da garantire mano a
mano che il tempo di osservazione cresce).
Esercizio: Valutazione dell’incertezza di categoria A.
Un operatore effettua le 20 osservazioni sotto riportate qk di un parametro fisico Q. L’unità di
misura è quella propria dello strumento utilizzato ed è qui indicata genericamente con il simbolo u.
q1 = 20.000015 u
q11 = 9.999965 u
q2 = 19.999990 u
q12 = 19.999995 u
q3 = 19.999985 u
q4 = 19.999990 u
q13 = 19.999990 u
q14 = 20.000005 u
q5 = 20.000005 u
q15 = 20.000000 u
q6 = 19.999995 u
q7 = 19.999995 u
q16 = 20.000005 u
q17 = 19.999965 u
q8 = 19.999980 u
q18
q9 = 19.999985 u
q19 = 19.999970 u
q10 = 19.999995 u
q20 = 19.999995 u
19.999965 u
Applicando i risultati cui siamo precedentemente pervenuti, risulta che la migliore stima del
parametro Q è la media delle 20 osservazioni qk, valutata usando la relazione (2.17):
q=
399 .999790
1 n
= 19.999990 u
qk =
∑
20
n k =1
(2.21)
Lo scarto tipo sperimentale si valuta usando la relazione (2.19) e fornisce:
s(q k ) =
2
1 n
( qk − q ) = 0.000014u
∑
n − 1 k =1
(2.22)
e pertanto l’incertezza tipo di q ,applicando la (2.20), fornisce:
u( q )=
s (q k )
n
= 0.000003 u
(2.23)
22
8 Valutazione dell’incertezza di categoria B.
Abbiamo visto come si valuta l’incertezza quando si ha a disposizione un insieme di risultati di
misura ottenute da prove ripetute nelle stesse condizioni sperimentali: valutazione dell’incertezza di
categoria A.
Qualora siano già disponibili informazioni relative all’incertezza del sistema di misura (o di una
sua parte), è possibile descrivere il comportamento dello stesso usando un procedimento alternativo
di valutazione dell’incertezza, noto come valutazione dell’incertezza di categoria B.
L’operatore, in questo caso, utilizza le informazioni disponibili per descrivere l’incertezza del
sistema di misura, senza ricorrere a misurazioni ripetute. Le informazioni disponibili possono essere
della natura più disparata: esse possono provenire da dati acquisiti in misurazioni precedenti, da
caratteristiche metrologiche dichiarate dal costruttore degli strumenti di misura utilizzati, da
proprietà note dei materiali, dall’esperienza pregressa dell’operatore e così via.
9 Interpretazione delle specifiche strumentali dal manuale di uno strumento di
misura.
Il problema che si pone in questo paragrafo è quello di valutare l’incertezza introdotta
nell’impiego di uno strumento di misura, facendo uso delle specifiche dello strumento riportate nel
suo manuale d’uso (valutazione dell’incertezza di categoria B). Si faccia, ad esempio, riferimento al
multimetro della Hewlett&Packard modello HP 34401A. Il manuale d’uso, fornito a corredo dello
strumento, ne riporta l’incertezza intrinseca per mezzo di apposite tabelle denominate Accuracy
Specifications.
Il multimetro, come dice il suo nome, è uno strumento che consente la misura di varie grandezze
(misure di tensione e corrente in continua, misure di tensione e corrente in alternata, misure di
resistenza, misure di periodo e frequenza di segnali periodici). Come è ovvio immaginare,
l’incertezza di misura introdotta dal multimetro varia al variare del tipo di grandezza che si intende
misurare. Pertanto, il costruttore deve dichiarare il comportamento del multimetro in tutte le
condizioni operative previste. Infatti, nel manuale di utente esistono tante tabelle di Accuracy
Specifications per quante sono le grandezze che lo strumento è in grado di misurare.
Volendo, per esempio, effettuare la misura del valore efficace di una tensione alternata
sinusoidale, si farà riferimento alla tabella riportata in figura 2.5 che, come dichiarato nella prima
colonna, riguarda funzione “Function True RMS AC Voltage”.
Figura 2.5
23
Per valutare l’incertezza di categoria B, bisogna imparare a leggere correttamente questa
tabella.
Per prima cosa, si individuano le condizioni in cui opera il multimetro: la portata (Range), la
frequenza del segnale su cui si esegue la misura (Frequency), il tempo trascorso dall’ultima
calibrazione del multimetro (24 Hour, 90 Day, 1 Year). Si verifica infine se la temperatura a cui si
esegue la misurazione sia interna o esterna alla fascia 23°C ± 5 °C.
Le condizioni operative dello strumento individuano, in tabella, una cella in cui sono contenuti
due coefficienti che definiscono l’incertezza come somma di due aliquote percentuali:
-
Percentuale della lettura (% of reading);
-
Percentuale del fondo scala (% of range).
La lettura dello strumento, il fondo scala utilizzato e i due coefficienti individuati in tabella
consentono di calcolare le due aliquote dell’incertezza che, sommate tra loro, forniscono la fascia di
incertezza del multimetro espressa nell’unità di misura del misurando (in questo caso volt).
Tale fascia di incertezza, non solo descrive la dispersione delle misure del multimetro qualora si
andassero a ripetere più misurazioni dello stesso misurando, ma tiene anche conto della dispersione
delle misure ottenibili da tutta la popolazione di multimetri HP 34401A usati nelle stesse condizioni
operative. Per chiarire meglio quanto sopra detto, segue un esempio numerico:
Si voglia valutare l’incertezza intrinseca introdotta da un multimetro nella misurazione di una
tensione alternativa di 5 VRMS , frequenza 30 kHz, alla temperatura di 25 °C, con un multimetro HP
34401A la cui calibrazione è stata eseguita da meno di 90 giorni.
Supponiamo di utilizzare la scala avente 10 V come valore di fondo scala. Si individua la cella
definita dalla colonna 90 day e dalla riga Range (1.000000 V to 750.000 V), Frequency (20 kHz 50 kHz).
I coefficienti ricavati dalla tabella sono 0.11 e 0.05; pertanto la fascia di incertezza u, risulta
essere:
u = ±(5*0.11% +10*0.05%) /4= ±(0.0055 + 0.0050) /4≅ ±0.0027 [V]
(2.24)
in cui 5V è la tensione letta sul multimetro, 10V è il valore di fondo scala dello strumento.
Se la temperatura a cui si è effettua la prova fosse stata esterna all’intervallo 23°C ± 5°C, le
aliquote di incertezza percentuali ricavate dalla tabella sarebbero state corrette con i coefficienti di
temperatura che, nell’ultima colonna, sono espressi in (coefficiente di correzione)/°C.
La correzione dei coefficienti 0.11 e 0.05 sarebbe, in tale evenienza, stata corretta moltiplicando
i coefficienti di correzione (0.011 e 0.005) per la differenza di temperatura ∆T valutata come:
- temperatura a cui si effettua la prova meno 28 (se la temperatura di prova fosse stata maggiore di
28°C);
- 18 meno temperatura a cui si effettua la prova ( se la temperatura di prova fosse stata minore di
18 °C).
Se per esempio la temperatura di prova fosse stata 15 °C, le aliquote percentuali 0.11 e 0.05
sarebbero state corrette usando i coefficienti di temperatura 0.011 e 0.005 moltiplicati per ∆T = (1815) = 3.
x1 = 0.11 + 0.011* 3 = 0.11 + 0.033 = 0.143
x2 = 0.05 + 0.005* 3 = 0.05 + 0.015 = 0.065
(2.25)
(2.25)
e quindi ne sarebbe risultata una fascia di incertezza maggiore:
u = ±(5 * 0.143% +10 * 0.065%) /4= ±(0.0072 + 0.0065)/4 ≅ ±0.0035[V]
(2.26)
24
ATTENZIONE Le incertezze ottenute dai coefficienti in tabella sono state divise per 4 poichè
il costruttore dichiara di fornire l'incertezza estesa, con fattore di copertura 4.
10 Valutazione dell’incertezza globale.
Come abbiamo visto, le cause di incertezza in un sistema di misura possono essere svariate e
possono essere valutate in modo differente a seconda che si eseguano misure ripetute (valutazione
di categoria A) o che ci si affidi a conoscenze acquisite in vario modo (valutazione di categoria B).
In una misurazione è anche possibile valutare alcuni contributi di incertezza con misure ripetute ed
altri con valutazioni di categoria B.
L’esprimere, in ogni caso, le incertezze in forma omogenea di scarto tipo, consente di poter
combinare i vari contributi indipendentemente dalle modalità impiegate per valutarli. A tal riguardo,
le norme prescrivono di combinare quadraticamente le incertezze delle varie categorie con una
relazione del tipo:
u=
(u
2
A
2
+ u12B + u 22B + .... + u nB
in cui u2 A è la varianza di categoria A ed i termini
espressione viene definita incertezza globale.
)
(2.27)
u2 iB sono le varianze di categoria B. Tale
11 L’incertezza estesa.
L’incertezza estesa si ottiene moltiplicando l’incertezza tipo u, ricavata con le modalità esposte
nelle precedenti lezioni, per un fattore di copertura k che può assumere i valori 2, 3, 4. In questo
modo allarghiamo rispettivamente di 2, 3, o 4 volte la fascia di incertezza ovvero l’intervallo di
valori in cui presumibilmente appartiene il misurando. Tale operazione viene fatta a scopo
prudenziale e il fattore di copertura k deve, in genere, essere scelto in funzione dell’uso che verrà
fatto della misura.
Infatti, il fattore di copertura, detto anche grado di fiducia, indica quale percentuale dei possibili
risultati cade all’interno della fascia di valori definita dall’incertezza estesa. Per capire meglio
questo importante concetto è utile ricordare l’interpretazione probabilistica della fascia di
incertezza. Si è detto che ogni risultato di misura, per la presenza dell’incertezza, non può essere
espresso da un unico numero ma deve essere espresso da una fascia di valori dispersi intorno ad un
valore centrale x 0 . Questo significa che, con una certa probabilità, il misurando può assumere valori
contenuti all’interno di tale fascia.
Come è stato precedentemente detto, la probabilità che la misura appartenga a fasce di valori di
ampiezza ∆x, può essere rappresentata graficamente attraverso l’istogramma delle frequenze
relative (figura 2.6).
25
Figura 2.6
In tale diagramma, la distribuzione è simmetrica rispetto ad un valore centrale x 0 ≡ x , nelle
vicinanze del quale si distribuiscono i risultati con maggiore probabilità di occorrenza: più ci si
allontana dal valore centrale x , più si riduce la probabilità di ottenere risultati di misura. Infatti, la
probabilità che il risultato di misura cada nel generico intervallo di valori, è data dall’area del
rettangolo corrispondente.
Se si riduce l’ampiezza di ∆x facendola tendere a zero, l’istogramma delle frequenze relative
degenera in una curva continua. Nel seguito faremo riferimento al caso, in pratica molto frequente,
in cui tale curva abbia un andamento a campana (nota come curva di Gauss) di espressione
analitica:
(x − x )
2
f x (x) =
−
1
⋅e
2π ⋅σ
2σ
2
(2.28)
La curva di Gauss (gaussiana) è simmetrica intorno al valore x ed è caratterizzata, oltre che da x
stesso, dallo scarto tipo σ che ne determina la maggiore o minore “larghezza” ovvero la maggiore o
minore dispersione dei valori intorno al valore medio x (vedi figura 2.7).
Figura 2.7
1
che
2π ⋅ σ
serve a rendere unitaria l’area sottoscritta dalla curva. Analiticamente questa condizione è descritta
dall’integrale (2.29):
Inoltre, nella sua definizione analitica, è presente il fattore di normalizzazione
26
+∞
∫
fX (x) dx = 1
(2.29)
−∞
Il fattore di normalizzazione viene introdotto per coerenza con la considerazione che la
probabilità che il risultato di misura appartenga all’intervallo di valori ( − ∞,+∞ ), coincide con la
probabilità di un evento certo. Si può dimostrare, per la distribuzione descritta da questa funzione,
che la probabilità che una generica misura cada nella fascia x ±σ è del 68.4%. Pertanto, assumendo
σ (o la sua valutazione sperimentale u eseguita su un numero limitato di misurazioni) come
ampiezza della fascia di incertezza (incertezza tipo), si attribuisce un grado di fiducia (probabilità)
del 68.4% al fatto che il valore del misurando cada all’interno della fascia x ±σ. Se, per la specifica
applicazione a cui è destinata la misura, tale grado di fiducia sembra inappropriato (troppo basso),
nel senso che vogliamo essere più sicuri di aver individuato l’intervallo di valori in cui cade il
valore del misurando, allora occorre aumentare l’ampiezza della fascia ricorrendo ad un fattore di
copertura maggiore di 1. In tal caso, valutando numericamente integrali del tipo:
x +k σ
∫ f (x )dx
(2.30)
x
x −kσ
Per una distribuzione gaussiana, valgono le proprietà espresse nella seguente tabella:
fattore di
copertura k
grado di
fiducia
Misurando
esterno a x0 ±σ
2
95.4%
4.6%
3
99.7%
0.3%
4
99.994%
0.006%
Quindi, all’aumentare di k, aumenta la probabilità che il valore del misurando sia compreso
nella fascia di valori x ± kσ .
L’interesse per la distribuzione gaussiana deriva dal fatto che i fenomeni aleatori (e.g. rumore)
che affliggono i segnali presentano in genere tale andamento. A conferma di tale asserzione, la
distribuzione gaussiana è anche detta distribuzione normale. La motivazione per cui la distribuzione
normale è così frequente in natura è dimostrabile con il teorema del limite centrale che asserisce
che la somma di numeri random tende ad assumere una distribuzione normale al crescere del
numero degli addendi. Il teorema del limite centrale non richiede né che i numeri random siano
caratterizzati da una particolare distribuzione né che le distribuzioni degli stessi debbano essere
uguali. Da ciò si deduce che un fenomeno casuale prodotto e/o influenzato da un numero
sufficientemente elevato di componenti aleatorie, tende ad assumere una distribuzione di tipo
normale. In applicazione del teorema del limite centrale è possibile realizzare un generatore di
numeri random con distribuzione normale semplicemente sommando i numeri generati dalla
funzione RND (disponibile nella maggior parte dei linguaggi di programmazione) che genera
numeri random con distribuzione uniforme di valore medio 0.5 e deviazione standard 1 12 . La
distribuzione normale così prodotta sommando N numeri random ha valore medio N ⋅ 0.5 e
varianza N 12 .
12 Espressione dell’incertezza in valore assoluto o relativo.
L’incertezza associata ad una misura, sia essa di categoria A, di categoria B, incertezza globale
o incertezza estesa, è una quantità che può essere espressa:
27
-
in valore assoluto: in tal caso essa corrisponde alla semiampiezza della fascia di valori in cui
riteniamo cadere il valore del misurando (con assegnata probabilità) ed ha le stesse dimensioni
del misurando;
-
in valore relativo: in tal caso essa esprime il rapporto tra l’incertezza assoluta, definita sopra, e il
valore centrale della fascia. Essa è adimensionale e può anche essere espressa in valore
percentuale o in parti per milione;
-
in valore relativo ad un valore convenzionale: in tal caso essa esprime il rapporto tra
l’incertezza assoluta e un valore convenzionale che solitamente coincide con il valore di fondo
scala dello strumento.
Per esempio, il risultato della misurazione di una tensione incognita x, può essere espresso nei
seguenti modi:
Vx = (2.000 ± 0.006) V
(incertezza in valore assoluto)
Vx = 2.000 V ± 0.3%
(incertezza in valore relativo)
Vx = 2.000 V ± 0.2% FS
(incertezza relativa al F.S. nella ipotesi di fondo
scala uguale a 3.000 V.
13 Le cifre significative
Talvolta il risultato di una misurazione è espresso soltanto mediante un numero, ossia,
apparentemente, senza fornire l’informazione dell’incertezza connessa con la misura. Ciò non è in
contraddizione con le modalità di rappresentazione della misura fin qui discusse a condizione che il
valore numerico riportato sia seguito (esplicitamente o implicitamente) dalla seguente affermazione:
l’incertezza della misura è tale da influenzare al più l’ultima cifra riportata.
In altre parole, può accadere che, invece di riportare esplicitamente il valore dell’incertezza di
misura, si adotti una notazione semplificata in cui nel risultato vengono riportate soltanto le cifre del
risultato che possono essere garantite e che quindi hanno significato; per tale motivo esse vengono
denominate cifre significative. È bene osservare che questo modo di rappresentazione delle misure
consente di specificare soltanto l’ordine di grandezza dell’incertezza di misura, ma non il suo
valore. Si consiglia, però. di riportare sempre esplicitamente il valore l’incertezza valutata e,
comunque, di usare un numero di cifre significative tale da evidenziare il numero di cifre
significative (in modo che l’incertezza influenzi soltanto la cifra meno significativa riportata nel
risultato).
Esempi numerici
1. Si considerino le seguenti misure:
Vx = 23V e Vx = 23.0 V
(2.31)
Esse non sono equivalenti, infatti la prima presenta due cifre significative e una incertezza
dell’ordine di grandezza di 1V; la seconda invece è rappresentata con tre cifre significative e
corrisponde ad una incertezza dell’ordine di 0.1V.
2. Il risultato di misura di tensione scritto come segue:
Vx = (23.106 ± 0.02) V
(2.32)
non è corretto. Esso deve essere scritto nel modo seguente:
Vx = (23.11 ± 0.02) V
(2.33)
arrotondando, cioè, il risultato ai centesimi di volt in quanto i millesimi non sono significativi in
confronto ad una incertezza di 0.02 V (la cifra meno significativa del risultato di misura deve
28
corrispondere a quella affetta da incertezza; nell’esempio l’incertezza influenza i centesimi di volt,
quindi non ha senso indicare nel risultato il valore dei millesimi di volt).
Occorre infine osservare che, così come avviene per la misura, anche l’incertezza è sempre
ottenuta con una certa indeterminazione: anch’essa dovrebbe quindi essere rappresentata mediante
un intervallo, i cui estremi, però, sarebbero a loro volta affetti da una certa indeterminazione.
14 Modello deterministico, la tolleranza.
L’incertezza estesa, definita dal prodotto tra lo scarto tipo σ e il fattore di copertura k,
caratterizza la probabilità che ha una misura di cadere all’interno di una determinata fascia di valori.
Accanto a questo approccio di natura probabilistica, esiste un approccio alternativo di
definizione dell’incertezza che mira a definire la fascia di incertezza in termini deterministici. Esso,
facendo riferimento per motivi di natura prudenziale al caso più sfavorevole worst case, vuole
identificare quale sia la fascia a cui appartiene la misura nel caso in cui tutti i fattori di influenza
giochino combinandosi tra loro nel modo più sfavorevole possibile. Tale approccio vuole, quindi,
definire la fascia di ampiezza massima a cui può appartenere la misura.
Per venire incontro a questa esigenza, spesso, i costruttori riportano i dati dell’incertezza in
termini di tolleranza. La tolleranza definisce una fascia di valori di semiampiezza a in cui, con
probabilità del 100% e distribuzione uniforme, giace la misura m. In una distribuzione uniforme, la
funzione densità di probabilità è rappresentata da un rettangolo di base 2a ed altezza 1/2a. Infatti, la
base del rettangolo è rappresentata dall’intervallo dei valori che può assumere il misurando (-a ÷ +a
= 2a). Inoltre, l’area del rettangolo rappresenta la probabilità che un evento cada al suo interno e,
quindi, essa deve essere unitaria (probabilità del 100%). Pertanto, risulta che l’altezza del rettangolo
di base 2a ed area unitaria dovrà necessariamente risultare 1/2a. Dalla tolleranza (a) è possibile
risalire allo scarto tipo (σ) usando l’espressione:
s =
a
3
(2.34)
Non ha, invece, senso parlare di fattore di copertura, secondo quanto definito precedentemente.
15 Propagazione delle incertezze nelle misure indirette
Finora ci siamo occupati di definire e di valutare l’incertezza nel caso di misurazioni di tipo
diretto. Nelle misure indirette, il misurando viene valutato in base alle indicazioni fornite da un
certo numero di strumenti di misura ed alla relazione funzionale y=f(x 1 ,x 2 ,..,x n), supposta nota, tra la
variabile dipendente y uscita e le variabili indipendenti x 1 , x 2 ,..,x n ingressi.
La legge di propagazione delle incertezze nelle misure indirette, intende determinare
l’incertezza associata ad una grandezza misurata indirettamente in funzione delle incertezze delle
singole grandezze di ingresso, e del legame funzionale tra l’uscita e gli ingressi. La valutazione
della propagazione delle incertezze nelle misure indirette dipende dal tipo di approccio
(probabilistico o deterministico) che si intende seguire.
Approccio probabilistico:
Indichiamo con ux1, ux2,.., uxn le incertezze tipo delle variabili di ingresso supposte
statisticamente indipendenti.
In tale ipotesi, l’incertezza tipo dell’uscita uy risulta:
 ∂f
u y = ∑ 
i =1  ∂xi
n
2
 2
 u xi

(2.35)
29
In questa espressione, le derivate parziali
∂f
rappresentano coefficienti di sensibilità e
∂x i
uy
l’incertezza tipo composta.
Esempio numerico
Si supponga di voler misurare la potenza elettrica P in un circuito elettrico in corrente continua
avendo effettuato un certo numero di rilievi sperimentali, tra loro statisticamente indipendenti, per
la misura di resistenza (R) e di corrente (I). La relazione funzionale che lega P a R ed I è:
2
P = R*I .
Si supponga ancora che la media sperimentale delle misure di resistenza e di corrente, risulti essere:
R = 48.4Ω;
I = 4.6 A
(2.36)
e che le incertezze di categoria A per R e I, siano rispettivamente:
uR = 0.5 Ω;
uI = 0.1 A.
(2.37)
dP
= 2 R*I
dI
(2.38)
Si valutino i coefficienti di sensibilità:
2
dP
=I ;
dR
utilizzando la relazione (2.35), l’incertezza composta risulta essere :
uP ≅ 46 W
(2.39)
P = (1024 ± 46) W
(2.40)
il risultato è quindi :
Per quanto detto precedentemente, dovendo l’incertezza essere rappresentata con una sola cifra
significativa, tale risultato deve essere espresso come segue:
P = (1.02 ± 0.05) kW
(2.40a)
Approccio deterministico:
Indichiamo ancora con x 1 , x 2 , ... x n le grandezze di ingresso, con ∆x 1 ,∆x 2 , .., ∆x n le
corrispondenti tolleranze di tipo deterministico e con y=f(x 1 , x2 , ..,x n ) il legame funzionale che lega
la grandezza di uscita y agli ingressi. Si supponga ancora che le grandezze di ingresso siano
statisticamente indipendenti. In tali ipotesi, l’incertezza massima ∆y, relativa al caso peggiore,
dell’uscita y si valuta con la (2.41):
n
∆y = ∑
i =1
∂f
⋅ ∆xi
∂xi
(2.41)
Si sommano, cioè, i prodotti dei valori assoluti dei coefficienti di sensibilità e delle incertezze
massime delle relative grandezze di ingresso. L’adozione dei valori assoluti garantisce che,
indipendentemente dai segni assunti dalle varie grandezze, i contributi all’incertezza complessiva
vadano sempre a sommarsi, in modo da mettersi sempre nella condizione più sfavorevole, worst
case.
Esempio numerico
Consideriamo lo stesso esercizio dell’esempio precedente. Valutiamo le
deterministiche ∆R e ∆I a partire dai valori degli scarti tipo uR e uI mediante la relazione 2.34:
tolleranze
30
∆R = u R ⋅ 3
(2.42)
∆I = u I ⋅ 3
(2.43)
Applicando la relazione (2.41) si ottiene allora:
∆y ≅ 95 W
(2.44)
Da questo risultato si evince che:
l’incertezza composta, valutata con l’approccio
deterministico, facendo riferimento al caso peggiore possibile, è sempre maggiore di quella
valutata con l’approccio probabilistico.
Interpretazione analitica e geometrica della propagazione delle incertezze
Funzioni di singola variabile
Se il legame fra l'incognita y ed il parametro misurato x viene espresso dalla generica funzione
f:
y=f(x)
il valore del misurando y0 si ottiene calcolando il valore della funzione in corrispondenza del valore
misurato (indicato con il pedice 0) di x:
y 0 = f ( x ) x = x0
Per individuare l'incertezza della misura indiretta si può utilizzare lo sviluppo in serie della
funzione f sostituendo all'incremento della variabile indipendente il valore della sua incertezza
assoluta in maniera da ottenere:
df ( x )
1 d 2 f (x)
∆y =
∆x +
(∆x )2 + .....
2
dx x= x0
2! dx
x= x
0
Se, come avviene usualmente,
• la incertezza assoluta ha un valore talmente basso da poter trascurare il contributo dei termini di
ordine secondo e superiore
• il valore della derivata prima della f in x0 non è nullo
allora si può approssimare l'espressione sopra riportata con la sua forma linearizzata:
∆y =
df ( x )
∆x
da x= x0
Graficamente ciò viene illustrato dalla seguente figura:
y
∆x
∆y
y0
y=f(x)
x0
x
31
Funzioni di due o più variabili
Se il legame fra l'incognita y e le grandezze x1 e x2 viene espresso dalla generica funzione f:
y=f(x 1 ,x 2 )
il valore del misurando y0 si ottiene calcolando il valore della funzione in corrispondenza dei valori
misurati (indicati con il pedice 0) delle due grandezze x1 e x2 :
y0 = f ( x1 , x2 ) x = x
1 0 , x2 = x2 0
1
Anche in questo caso, come per la funzione di singola variabile, si può individuare l'incertezza
attraverso lo sviluppo in serie della funzione. Le ipotesi restrittive sono le seguenti:
•
•
le incertezze che si riferiscono ai valori di a e b agiscono in modo indipendente;
le incertezze hanno valore talmente piccolo da poter essere trattate come infinitesimi.
L’incertezza assoluta può essere ricavata dallo sviluppo in serie della funzione f(x 1 ,x 2 )
nell'intorno del punto (x10 , x20 ) in cui gli incrementi delle variabili x 1 e x 2 vengono sostituiti dalle
rispettive incertezze assolute e tutti i termini vengono presi in valore assoluto:
 ∂f ( x , x )
∂f ( x1, x2 )
1
2
∆y = ±
∆x1 +
∆x2 +
∂x2
 ∂x1
x1 = x10 , x2 = x20
x1= x10 , x2 =x20
+
1 ∂ 2 f (x1 , x2 )
2!
∂x12
x =x
1
1 0 , x2 =x 2 0
(∆x1 )2 +
1 ∂ 2 f ( x1 , x2 )
2!
∂x22
x =x
1
1 0 , x2 = x2 0
2
(∆x2 )2 + ∂ f ( x1 , x 2 )
∂x1∂x 2

(∆x1∆x 2 )
x1 = x1 0 , x2 = x2 0

Se non si annullano le derivate parziali prime, e se l’espressione della incertezza può essere
troncata ai termini del primo ordine, la funzione si approssima con la sua forma linearizzata:
 ∂f ( x , x )

∂f ( x1, x2 )
1
2
∆y = ±
∆x1 +
∆x2 
∂x2
 ∂x1

x1 = x10 , x2 = x20
x1 = x10 , x2 = x20
16 Compatibilità delle misure.
La presenza dell’incertezza rende impossibile parlare di eguaglianza tra due misure. Questo
concetto è sostituito da quello della loro compatibilità. Con riferimento alla Figura 2.8, si verifica
compatibilità tra due o più misure quando le fasce di incertezza ad esse associate, effettuate in tempi
diversi, in luoghi diversi, da persone diverse, con metodi e strumenti diversi, ma nello stesso stato,
cioè nelle stesse condizioni, hanno intersezione non nulla.
Fig. 4.3
32
Si noti che il concetto di compatibilità non gode della proprietà transitiva: se a è compatibile con
b e b é compatibile con c, non necessariamente a è compatibile con c. Vengono definite mutuamente
compatibili le misure che hanno almeno un elemento in comune entro tutte le rispettive fasce di
incertezza.
17 Scrivere la misura come risultato di una misurazione.
Lo sperimentatore, per presentare correttamente il risultato di una misurazione, deve fornire
almeno le seguenti tre informazioni:
-
la stima migliore del valore della grandezza oggetto di misurazione (che abbiamo visto essere
data dalla media sperimentale);
-
l’intervallo all’interno del quale si stima sia compreso il predetto valore;
-
il livello di fiducia, espresso in termini statistici, che si dà alla seconda informazione.
II livello di fiducia viene solitamente riferito ad un intervallo nel quale il valore “vero” abbia
una certa probabilità di trovarsi; questa probabilità viene solitamente espressa in maniera
percentuale.
Come abbiamo visto, se la distribuzione è normale (o Gaussiana), ad una percentuale di circa il
95% corrisponde una semiampiezza della fascia pari a 2σ, cioè due volte lo scarto quadratico
medio.
L’incertezza estesa, espressa come semilarghezza della fascia, qualunque sia la sua fiducia, che
comunque deve essere espressa, può essere indicata in maniera equivalente sia in senso assoluto, sia
esprimendola, tra parentesi, dopo l’ultima cifra significativa. Viene fornito un esempio esprimendo
nei due modi il valore di una resistenza:
-1
R = (812.8 ± 2*10 ) Ω = 812.8 (2) Ω
(2.45)
18 Esempi di applicazione della teoria delle incertezze.
Esempio 1
In un circuito elettrico, sono posti in serie i resistori R1 ed R2 le cui specifiche, in termini di
valore nominale e tolleranza, sono:
R1 = 10 kΩ,
∆R1 % = l %
(2.46)
R2 = 20 kΩ,
∆R2 % = 0.5 %
(2.47)
Calcolare il valore della resistenza equivalente della serie e dell’incertezza espressa in valore
assoluto, relativo e relativo percentuale. Si assuma che le tolleranze esprimono, in valore
percentuale, i valori entro cui può essere contenuto il valore di ciascuna resistenza con distribuzione
di probabilità di tipo uniforme.
Soluzione con il metodo probabilistico:
La resistenza equivalente REQ di due resistori posti in serie è data dalla somma dei valori delle
singole resistenze:
REQ = R1 + R2 = 30 kΩ
(2.48)
Per calcolare l’incertezza composta uy bisogna innanzitutto valutare gli scarti tipo ur1 ed ur2 dei
due resistori, a partire dalle tolleranze percentuali ∆R1 % e ∆R2 %:
u R1 =
R1 ⋅ ∆R1 % 10000 ⋅1
=
= 57.73Ω
100 ⋅ 3
100 ⋅ 3
(2.49)
33
uR2 =
R2 ⋅ ∆R2 % 20000 ⋅ 0.5
=
= 57.73Ω
100 ⋅ 3
100 ⋅ 3
 ∂ (R + R2 ) 
 ∂( R1 + R2 ) 
uy =  1
⋅ u R21 + 
⋅ u 2R2 = u R21 + u 2R2 =


 ∂R1

 ∂R 2 
2
2
(57.73)2 + (57 .73)2
uy = 81.65Ω
(2.50)
(2.51)
(2.52)
L’incertezza uyr (espressa in valore relativo) è data da :
u yr =
uy
REQ
=
81.65
= 0.0027
30000
(2.53)
L’incertezza uy% (espressa in valore relativo percentuale) è data da :
u y % = u yr ⋅100 = 0.27%
(2.54)
Soluzione con il metodo deterministico:
La resistenza equivalente REQ di due resistori posti in serie è data dalla somma dei valori delle
singole resistenze:
REQ = R1 + R2 = 30 kΩ
(2.55)
L’incertezza massima, relativa al caso peggiore, dell’uscita ∆y,risulta:
∆y =
∂( R1 + R 2 )
∂( R1 + R 2 )
⋅ ∆R1 +
⋅ ∆R2 = ∆R1 + ∆R2
∂R1
∂R 2
∆y = 10000 * 0.01 + 20000 * 0.005 = 200Ω
(2.56)
(2.57)
L’incertezza ∆yr (espressa in valore relativo) è data da:
∆y r =
∆y
200
=
= 0.0067
REQ 30000
(2.58)
L’incertezza ∆yr% (espressa in valore relativo percentuale) è data da:
∆y r % = ∆y r ⋅100 = 0.67%
(2.59)
Confrontando i risultati ottenuti con i due metodi si può verificare che la fascia di incertezza
fornita dal metodo deterministico è più ampia. Ciò è in accordo con quanto affermato prima e cioè
che l’approccio deterministico prende in esame la condizione più sfavorevole.
Esempio 2
In un circuito elettrico sono posti in parallelo i resistori R1 , ed R2 le cui specifiche sono:
R1 = 10kΩ, ∆R1 % = 1%
R2 = 20kΩ, ∆R2 % = 0.5%
(2.60)
(2.61)
Calcolare il valore della resistenza equivalente e dell’incertezza espressa in valore assoluto,
relativo e relativo percentuale. Si assuma che le tolleranze esprimano, in valore percentuale, i valori
entro cui può essere contenuto il valore di ciascuna resistenza con distribuzione di probabilità di
tipo uniforme.
34
Soluzione con il metodo probabilistico:
La resistenza equivalente REQ di due resistori posti in parallelo è data dalla relazione:
REQ =
R1 ⋅ R2
10000 ⋅ 20000
=
= 6666. 6Ω
R1 + R2 10000 + 20000
Per calcolare l’incertezza uy, bisogna innanzitutto valutare gli scarti tipo uR1 ed uR2
tolleranze ∆R1 % e ∆R2 % :
(2.62)
dalle
u R1 =
R1 ⋅ ∆R1 % 10000 ⋅1
=
= 57.73Ω
100 * 3 100 * 3
(2.63)
uR2 =
R2 ⋅ ∆R2 % 20000 ⋅ 0.5
=
= 57.73Ω
100 * 3
100 * 3
(2.64)
L’incertezza uy risulta:
2
2
  R1 ⋅R2 
  R1 ⋅ R2 


∂
∂
R1 + R2  2   R1 + R2  2


uy =
⋅u +
⋅u =
 ∂R1  R1  ∂R2  R2








2
2
 R22  2  R12  2

 ⋅uR1 + 
 ⋅uR2 = 26.45Ω
R1 +R2 
R1 +R2 
(2.65)
L’incertezza uyr (espressa in valore relativo) è data da:
uy
u yr =
REQ
=
26.45
= 0.0039
6666. 6
(2.66)
L’incertezza uy% (espressa in valore relativo percentuale) è data da:
ur% = uyr*100 = 0.39%
(2.67)
Soluzione con il metodo deterministico:
La resistenza equivalente REQ di due resistori posti in parallelo è data dalla relazione:
REQ =
R1 ⋅ R2
10000 ⋅ 20000
=
= 6666. 6Ω
R1 + R2 10000 + 20000
(2.68)
L’incertezza massima, relativa al caso peggiore, dell’uscita ∆ y risulta essere:
 R ⋅R 
∂ 1 2 
R + R2 
∆y =  1
⋅ ∆R1 +
∂R1
 R ⋅R
∂  1 2
 R1 + R2
∂R2


 ⋅ ∆R =
2
R22
R12
⋅ ∆R1 +
⋅ ∆R 2
(R1 + R2 )2
(R1 + R2 )2
∆y = 55.56Ω
(2.69)
L’incertezza ∆yr (espressa in valore relativo) è data da:
∆yr =
∆y
R EQ
=
55 .56
= 0.0083
6666 .6
(2.70)
L’incertezza ∆yr% (espressa in valore relativo percentuale) è data da:
∆yr% =∆yr*100 = 0.83%.
(2.71)
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