I SOFISTI La filosofia nacque come ricerca dei principi primi e fu inizialmente una indagine sulla natura. Platone e Aristotele menzionano un movimento di pensiero al quale essi NEGANO LA QUALIFICA DI FILOSOFIA VERA E PROPRIA PERCHÈ NON COMPARE COME RICERCA DEI PRINCIPI: si tratta della SOFISTICA, un fenomeno culturale rappresentato dai sofisti. ASPETTI GENERALI Sofisti deriva da sophistés, "chi fa professione di sapienza". Il termine “sofisti” ha lo stesso significato di “sapienti”, ma significa anche mistificatore della sapienza ai fini di lucro → la sofistica sarà allora una sapienza apparente e il sofista uno smerciatore a pagamento di sapienza apparente - I sofisti giravano di città in città, tenendo conferenze, dibattiti e veri e propri corsi di lezioni a pagamento - Appaiono verso la metà del V sec. a.C. ed operano principalmente ad Atene - La loro fu una rivoluzione culturale: non accettavano più le sacre tradizioni e il legame tra uomo e cosmo era, così, sciolto. - Le loro tesi misero in crisi i fondamenti etici e politici della polis e possono essere raccolte in due grandi tematiche: legge e natura → il problema del rapporto tra la natura e la legge, tra la physis e il nomos linguaggio e verità (molti di loro esercitavano una professione simile a quella degli avvocati di oggi, facevano i logografi, scrivevano i discorsi per chi doveva partecipare ai processi in tribunale) → importanza di retorica e dialettica - I sofisti: Si facevano pagare dai clienti Erano “tecnici della comunicazione” Preferivano il “discorso lungo” Erano maestri di “Eristica” (Arte di battagliare con le parole) Erano relativisti ORIGINI E PRINCIPALI TEMATICHE Cosa determinò la nascita e lo sviluppo dei sofisti? Ad Atene si affermò, prima moderatamente, poi più decisamente, il regime politico noto da allora col nome di “democrazia”, cioè governo del popolo. Nel regine democratico una delle condizioni per poter intervenire negli affari politici era la capacità di parlare abilmente in pubblico e per questo motivo era molto apprezzata, da tutti coloro che desideravano far carriera politica l'arte di ben parlare, la RETORICA. Nacque cosi una nuova professione, quella dei maestri di retorica → i primi insegnanti a pagamento furono proprio i sofisti. I sofisti si soffermavano sulle varie forme di argomentazione con cui tali contenuti erano stati proposti e difesi, in particolare sulla DIALETTICA elaborata dagli eleati. I sofisti sono, quindi, i figli dei mutamenti storico-politici dell’Atene del tempo: crisi dell’aristocrazia e rafforzamento della borghesia → avvento democrazia sfiducia nella ricerca naturalistica per la contraddittorietà degli esiti necessità di una riflessione sull’uomo e sulla sua vita in società → elaborazione di nuovi valori, di nuovi modi di convivenza Le domande principali a cui i sofisti cercano di dare una risposta sono: - qual è il fondamento delle leggi su cui si reggono gli stati? - la nostra conoscenza ci permette di raggiungere la verità? come distinguere il vero dal falso, la realtà dall’apparenza? - che cos’è la virtù? è possibile insegnarla? - cosa sono il diritto e la giustizia? - il linguaggio esprime la verità? → i problemi affrontati dai sofisti riflettono l’esperienza della pluralità dei punti di vista presenti nella città democratica (RAPPORTO PHYSIS/NOMUS) → la sofistica si presenta come analisi critica del linguaggio e dei valori morali (RAPPORTO LINGUAGGIO/VERITÀ) ANALISI DELLE TEMATICHE E PIÙ IMPORTANTI FIGURE: PROTAGORA E GORGIA Vediamo prima in breve la presentazione dei due problemi e poi approfondiamo con qualche lettura. 1. LINGUAGGIO E VERITÀ La tradizione filosofica aveva molto discusso del problema: alcuni filosofi, poi, avevano dato dei criteri per distinguere vero da falso, verità da apparenza, opinione e scienza... I Sofisti misero in discussione questi criteri permettendo, così di trovare regole nuove, più adatte alla nuova e più complessa società. I protagonisti della “nuova lettura” dei criteri di verità furono: PROTAGORA Per lui tutte le opinioni sonO vere, e la verità è tale relativamente a qualcosa, le opinioni di una persona, esistono, sono vere relativamente a quella stessa persona. Di qui il famoso aforisma: "Di tutte le cose misura è l’uomo: di quelle che sono, per ciò che sono, di quelle che non sono, per ciò che non sono." GORGIA Il suo ragionamento tende a dimostrare sia la contrapposizione tra natura e legge, sia la mancanza di criteri validi di riconoscimento della verità. Gorgia sviluppa il suo ragionamento attraverso tre tesi: - nulla esiste (di quello che penso e dico) - se anche qualcosa esistesse non sarebbe conoscibile da parte dell’uomo; - se anche qualcosa fosse conoscibile non sarebbe comunicabile agli altri. 2. LEGGE E NATURA Rapporto tra la natura e la legge, (physis e nomos), nella tradizione. Nei poemi omerici la legge aveva origine divina e carattere orale; - l'autorità del re era politica e religiosa insieme - le ordinanze regali, tramandate da padre in figlio, costituiscono nel corso delle generazioni il corpo di un diritto sacro - la costituzione, la cittadinanza implicano anche la condivisione dei miti e la partecipazione ai riti e alle cerimonie A partire dal VII sec. a.C. si ha una fondamentale innovazione: le leggi vengono scritte e rese pubbliche. - grandi legislatori, come Licurgo e Solone raccolgono le vecchie leggi in codici scritti (nomos = legge scritta). - La legge si installa nella polis e ne diviene l'anima stessa. - Nel nomos si esprimono la volontà della polis e la costituzione; la cittadinanza è anche obbedienza alla legge. Il pensiero dei Sofisti - PROTAGORA Il nomos (legge) e la verità, non hanno validità universale. Essi derivano da una convenzione La polis stabilisce la seguente norma: "Quali cose a ogni città sembrino giuste e belle, queste sono tali per essa, fintanto che tali le creda". Se le leggi non sono universali il mondo non cade nel caos Solo nell'ordine della legge (convenzionale), è possibile la convivenza specificamente umana - GORGIA : contrapposizione esplicita fra natura e legge nulla esiste se anche qualcosa esistesse non sarebbe conoscibile da parte dell’uomo: (tutto) ciò che è pensato non (per questo) è: se penso ad un asino che vola…., a una mela di 15 chili…. non è detto che esistano! se anche qualcosa fosse conoscibile non sarebbe comunicabile agli altri. - la parola non coincide con le cose - noi indichiamo non le cose reali, ma la parola, che è diversa dalle cose che sono. Analizziamo adesso più a fondo il pensiero di Protagora e Gorgia attraverso le loro parole: PROTAGORA è uno dei sofisti più antichi nacque ad Abdera, in età adulta si trasferì ad Atene dove inaugurò per primo l'abitudine di insegnare a pagamento la retorica, la dialettica, la sapienza in genere, cioè tutto ciò che poteva servire per la carriera politica. Egli sostiene che “di tutte le cose ognuno è misura, di quelle che sono in relazione al fatto che sono, di quelle che non sono in relazione al fatto che non sono e intende misura nel senso di criterio, e cose nel senso di fatti; cosicché vuol dire che il singolo uomo rapporta sempre a sé tutti gli avvenimenti (naturali e umani)... E perciò egli ammette solo ciò che appare al singolo uomo, affermando così il principio della relatività...” (DK 80 B 1) La verità non è qualcosa di dato o di rivelato, ma consiste in una "misura", in un rapporto che di volta in volta ogni uomo instaura con la realtà, un rapporto che non può essere costante, poiché LA REALTÀ E L'UOMO STESSO SONO ENTI CHE CAMBIANO Il rapporto uomo-mondo avviene attraverso la SENSAZIONE che è sempre vera, anche se diversa da uomo a uomo od anche per lo stesso uomo che può fare esperienze diverse: è sempre vero, cioè reale, il rapporto particolare che ciascuno di noi instaura con i fenomeni della realtà Sulla sensazione si basa il giudizio, cioè il DISCORSO LOGICO che, conseguentemente, non può essere unico “ E per primo disse che su ogni fatto ci sono due discorsi contrapposti tra loro”. (DK 80 B 6a) Se il discorso è la traduzione logica della nostra esperienza sensibile, anch'esso sarà dunque sempre vero la teoria della relatività della conoscenza, del "tutto è vero", non esclude l’oggettività delle nostre conoscenze che sono tali perché fondate sulla nostra reale esperienza. LA CONOSCENZA SENSIBILE COSTITUISCE SEMPRE IL PRESUPPOSTO NECESSARIO DELLA CONOSCENZA RAZIONALE → ognuno considera veritiera la sua posizione. Con l’espressione:”di tutte le cose è misura l'uomo” Protagora vuol quindi dire che l'uomo decide quali cose sono e quali cose non sono ed inoltre decide cosa esse sono e cosa esse non sono; la conclusione che Protagora trae, da questa premessa, è che TUTTE LE OPINIONI SONO VERE. “ ciascuno di noi è misura delle cose che sono e di quelle che non sono, certamente c'è una differenza infinita tra l'uno e l'altro individuo, poiché per uno sono ed appaiono certe cose, per un altro, altre. E mi guardo bene dal negare che esistano la saggezza e l'uomo saggio, ma chiamo saggio proprio colui che ad uno di noi, al quale le cose appaiono e per il quale siano cattive, con una trasformazione le faccia apparire ed essere buone. Ricorda quanto dicevamo prima, e cioè che per chi è malato il cibo appare ed è amaro, mentre per chi è sano il contrario. Ma non è possibile ritenere uno dei due più sapiente dell'altro, né si può dire che il malato sia un ignorante perché sente in modo diverso da quello del sano, che sarebbe sapiente. Piuttosto bisogna cambiare le disposizioni del primo con quelle del secondo, perché queste sono migliori.” (Platone, Teeteto) Se non esiste un discorso più vero di un altro, esisterà, pero, uno più utile di un altro: se ogni individuo ha la sua verità, non tutte le verità sono ugualmente utili alla vita associata; una sul piano pratico diventa migliore perché è la più idonea alla realizzazione di una più larga e più profonda armonia tra i cittadini della polis GORGIA, nacque a Leontini in Sicilia, anche lui fu un maestro di retorica. Secondo Gorgia nel momento in cui l’uomo fa discorsi astratti sull’essere in sé, su principi e verità universali, cade in profonde contraddizioni. Come abbiamo visto egli sostiene tre tesi: 1. ”L'essere non è” cioè nulla esiste, perchè se l'essere fosse, sarebbe uno e molteplice, generato e eterno, ed avrebbe altri predicati fra loro contraddittori. 2. anche se esistesse l'essere, “non sarebbe pensabile” perchè se tutto ciò che esiste fosse pensabile non esisterebbe il falso 3. anche se l'essere fosse pensabile, “non potrebbe essere comunicato”, perchè le parole sono diverse dalle cose. “in primo luogo che nulla è, in secondo luogo che se anche qualcosa fosse non sarebbe comprensibile per l'uomo, in terzo luogo che se anche fosse comprensibile non sarebbe comunicabile e spiegabile agli altri. Che nulla è (1.) lo dimostra in questo modo: se infatti qualcosa esiste, o è essere o è non essere o è essere e non-essere insieme. Ma il non-essere non esiste. Poiché se il non-essere esistesse, esso sarebbe e insieme non sarebbe: infatti, pensato come non-essere, non esiste, ma, in quanto esistente proprio come non-essere, esiste. Ma è completamente assurdo che qualcosa sia e non sia nello stesso tempo: dunque il non-essere non esiste. Ma neppure l'essere esiste. Se infatti l'essere è eterno, non ha alcun principio. Tutto ciò che nasce infatti ha un principio, mentre l'eterno, per definizione ingenerato, non ha principio. Non avendo principio, è illimitato. Se è illimitato, non è in alcun luogo, se non è in alcun luogo, non esiste. Ma l'essere non può nemmeno essere nato. Se infatti è nato, o è nato dall'essere o dal non essere. Ma non è nato dall'essere: se infatti esiste come essere, non può esser nato ma esiste da sempre; e non è nato nemmeno dal non-essere, perché il non-essere non può generare alcuna cosa. In secondo luogo, se anche qualcosa fosse (2.), sarebbe sconosciuto per l'uomo. Se infatti ciò che viene pensato non esiste, l'essere non è pensato. Che il pensato non esiste è chiaro: se infatti il pensato esiste, allora tutte le cose pensate esistono, e in qualunque modo uno le pensi. Ma ciò è completamente contrario all'esperienza: se uno infatti pensa un uomo che vola non per questo immediatamente un uomo si mette a volare. E dunque il pensato non esiste, né l'essere si può pensare o comprendere. Ma se anche si potesse comprendere, sarebbe incomunicabile agli altri (3.). Il mezzo con cui comunichiamo infatti è la parola e la parola non è l'oggetto reale fuori di noi; dunque non comunichiamo agli altri oggetti reali, ma solo la parola, che è altro dall'oggetto. ” (DK 82 B 3) Occorrerà indagare, quindi, il singolo fatto, la singola esperienza e non più fatti o leggi generali e universali se non vogliamo rischiare di fare discorsi a vuoto: solo così è possibile mettere a nudo le ragioni più vere di un fatto e coglierne la verità. Il LINGUAGGIO deve servire a demolire le pretese di verità del discorso filosofico (dialettica) e a persuadere (retorica: arte della suggestione e persuasione), cioè a polarizzare il consenso su una delle molte interpretazioni contrastanti della realtà. Non esistendo l'essere, nella sua realtà dogmatica, ed esistendo, invece, uomini con le loro realtà esistenziali e relative, occorrono non insegnamenti astratti e dottrinali, ma discorsi convincenti frutto di concrete esperienze umane perché altri uomini se ne possano servire.