La scuola atomistica: Leucippo e Democrito - Digilander

La scuola atomistica: Leucippo e Democrito
Del supposto fondatore della scuola atomistica, Leucippo, sappiamo
pochissimo, addirittura qualcuno dubita che sia mai esistito.
Probabilmente fu il maestro di Democrito. Anche su Democrito abbiamo
poche notizie biografiche. Importante è la sua concezione dell’esistenza
degli atomi, realtà indivisibili perché oppongono resistenza ad ogni
tentativo di divisione. Gli atomi sono immutabili, eterni, inalterabili e in
continuo movimento; essi compongono la realtà, e sono privi di
determinazioni qualitative: non esistono atomi di ferro, di acqua ecc, ma
sono diversi tra loro solo per quantità. Su questa base Democrito
costruisce la sua cosmologia: nascita, alterazione e morte sono prodotti
dall’unione e dalla separazione degli atomi. La tradizione vuole Democrito
come il fondatore del materialismo: ciò che è reale non è riducibile a ciò
che è pensabile.
Ma se gli atomi non hanno qualità, allora come si spiega la qualità del
mondo visibile? Per Democrito ciò che è visibile è così solo per
convenzione, esistono solo soggettivamente. Gli interessi di Democrito
furono vastissimi, ma quello più particolare fu l’analisi sull’origine
convenzionale del linguaggio e sull’origine della società e dello stato: gli
uomini vivevano in origine come bestie, ma poi sentirono il bisogno di
riunirsi in società, stabilirono espressioni convenzionali per identificare le
cose. La diversità dei luoghi in cui accade ciò spiega la diversità delle
lingue e delle legislazioni. Dell’etica Democrito ha una visione ottimistica:
la felicità è tranquilla disposizione dell’animo, giustizia e dominio delle
passioni. Fondamentale è la cura dell’anima più di quella del corpo, perché
la perfezione interiore corregge la deformità esteriore.
Capitolo VI
L’ETA’ DEI SOFISTI: PROTAGORA
Il movimento sofistico e le condizioni storico- culturali nel V sec.
L’attività dei sofisti comincia nel V sec. In origine i sofisti erano coloro
che possedevano una conoscenza o competenza, ma col tempo il termine
passò ad indicare quei pensatori che si presentavano, in Grecia, come
maestri di discorsi e di virtù, facendosi pagare per le loro orazioni. Per
questo motivo furono considerati dai grandi filosofi dei maestri che
credono di sapere, ma in realtà non sanno. Considerando il contesto
storico, la critica moderna tende a rivalutare la categoria dei sofisti.
Infatti le città greche stavano subendo grandi trasformazioni: la
sconfitta nelle guerre persiane, l’ostracismo di Cimone, l’ascesa al potere
di Pericle e la conseguente nascita di istituzioni democratiche come
l’Assemblea, il Consiglio ed il tribunale popolare. La stessa libertà di
parola divenne il simbolo della democrazia ateniese e poneva quindi
l’esigenza di diventare esperti nei discorsi per far valere le proprie tesi in
tribunale. Perciò la borghesia ateniese assunse i sofisti come propri
maestri per una formazione culturale in tutti i campi, soprattutto
nell’oratoria. Contemporaneamente alla nascita dei sofisti, si ha ad Atene
una profonda crisi di valori tradizionali e si cerca perciò di approfondire il
concetto di “ciò che è per natura” e “ciò che è per convenzione”. Poesia
lirica e tragica cercano di trovare una risposta alla crisi, e la commedia
invece interpreta la situazione politica di Atene.
Protagora
La caratteristica che distingue i sofisti è il loro disinteresse x le cose
fisiche (quindi x tutto ciò che riguarda il divenire delle cose ecc…), e il
loro interesse x le cose umane. Ma i sofisti non costituiscono una scuola,
anzi tra loro sono molto diversi, pur avendo alcuni principi fondamentali
simili. Uno dei più famosi sofisti è Protagora, nacque ad Abdera intorno al
484 a. C., fu amico di Pericle e morì mentre fuggiva, poiché fu coinvolto in
un accusa di empietà nel moto di insurrezione antidemocratica.
I testi a lui attribuiti ci confermano la sta gamma dei suoi interessi (i
titoli più importanti sono “Discorsi demolitori” e “Sugli dei”. La virtù di
Protagora non è la sapienza o la conoscenza specifica, ma è l’arte di
parlare e di far politica.
L’affermazione di Protagora più celebre dice che l’uomo è la misura di
tutte le cose, che sono o che non sono, perché è lui che se ne serve. Per
questo tutte le opinioni sono vere. E inoltre ciò che sembra utile o giusto
all’uomo, tale è per lui, e ciò che sembra giusto alla città tale è per essa.
Questo pensiero ispira a Protagora il suo agnosticismo religioso, che
consiste nell’impossibilità di sapere se gli dei esistono o meno.
Se però le opinioni sono indistinguibili sul piano della verità, possono
essere distinte sul piano dell’utilità. Ad esempio, se un uomo sano dice che
il miele è dolce e uno malato dice che invece è amaro, entrambi dicono la
verità, ma la prima affermazione è migliore perché essere sani è più utile
e più conveniente. Il compito del sofista è proprio questo: convincere gli
altri che la propria orazione è la migliore, perciò bisogna essere
persuasivi, abili nel discutere, nel ribattere e nel comporre lunghi
discorsi.
Capitolo VII
GORGIA E GLI ALTRI SOFISTI
Gorgia
Gorgia nacque a Leontini, in Sicilia, intorno al 484 a.C. nei suoi numerosi
viaggi pronunciò molte orazioni, tra cui anche l’Orazione funebre per i
caduti ateniesi nella guerra del Peloponneso. È tra gli inventori della
retorica, e considerava l’oratoria capace di persuadere,muovere e
ammaliare gli animi. Secondo lui un buon oratore si vede nella scelta del
momento opportuno in cui rivolgere il discorso opportuno alla persona
opportuna. Infatti la poesia è produttrice di inganno, cioè riesce a far
credere reali cose irreali. Importante teso di Gorgia è il Della natura o
del non-essere, nel quale sosteneva tre tesi paradossali: nulla esiste, e se
qualcosa esistesse non sarebbe conoscibile, e se fosse conoscibile non
sarebbe esprimibile e comunicabile agli altri. Questo documento è visto
da qualcuno come testimonianza del nichilismo filosofico, ma più
probabilmente è una polemica ironica contro la filosofia eleatica, quella
che esprime l’unica verità.
Crizia
Appartenente ad una famiglia molto nobile, combatté fino alla morte
contro i democratici. Non si sa se considerarlo un vero e proprio sofista,
ma fu sicuramente un poeta elegiaco e tragico, e scrisse una serie di
Costituzioni in cui metteva a confronto Atene e le altre città della Grecia.
La sua principale caratteristica fu però l’ateismo e la concezione della
religione come instrumentum regni: essa è stata inventata da un uomo
ingegnoso, affinché il timore per gli dei impedisse agli uomini di fare del
male, visto che le leggi da sole non erano sufficienti.
La seconda generazione dei sofisti
Con questo nome si indicano gli ultimi esponenti del sofismo, che diedero
soluzioni paradossali a problemi etico-politici, per questo si guadagnarono
la derisione dei grandi sofisti. Il tema dominante è il contrasto tra natura
e legge, proclamando la superiorità della prima sulla legge, e la supremazia
di chi è più forte per natura. Questa teoria fu applicata da Trasimaco ai
rapporti tra partiti politici: determina infatti l’identità tra giustizia e
utile del più forte.
Capitolo VIII
SOCRATE
Vita e personalità
Socrate fu una delle personalità più affascinanti della filosofia. Figlio di
uno scultore e di una levatrice, nacque ad Atene intorno al 470 a. C.
Secondo la tradizione, apparteneva alla borghesia cittadina, ma non si
curava affatto dei suoi interessi economici, inoltre combatté come oplita
(quindi poteva procurarsi la costosa armatura) nelle battaglie del
Peloponneso. Questa fu l’unica occasione in cui abbandonò la sua città,
infatti passò il resto della sua vita a discutere con i suoi concittadini e ad
esercitare l’arte maieutica appresa dalla madre, con la quale rendeva
coscienti gli allievi delle loro stesse conoscenze. Gli ascoltatori dei
discorsi di Socrate sono del più diverso tipo e classe sociale: amici devoti
e fedeli, altri filosofi, seguaci di altre scuole, artigiani, aristocratici e
borghesi, ma soprattutto giovani. La particolarità di Socrate è la bellezza
dell’ anima ma il brutto aspetto esteriore. Ma questo per lui non era
importante, anzi, il denaro, la bellezza, la potenza sono oggetti della sua
ironia. Notevole è il suo controllo, la sua pazienza, l’amore per la gente e
la capacità di isolarsi dal mondo intero, come accadde quella volta che
rimase in piedi per un giorno e una notte meditando.
Il processo
Ritornati al potere i democratici, ripresero anche gli scontri tra Socrate
ed il nuovo regime, scontro che terminò con il processo e la condanna a
morte del filosofo. Il testo dell’accusa formale diceva che Socrate violava
la legge corrompendo i giovani e non credendo a ciò in cui credeva la città,
ma a divinità diverse. La figura di Socrate era un ostacolo per la completa
restaurazione del regime democratico, perché lui ragionava, discuteva su
ciò che fosse bene, era amico dei traditori della patria, accusava il nuovo
regime di ignoranza, quindi poteva rappresentare un punto di riferimento
per gli antidemocratici. Questi sono i motivi politici che spiegano la
condanna a morte, che Socrate non volle evitare, pur avendo la possibilità
di fuggire. Attese la morte tranquillamente, insieme ai suoi discepoli; morì
tra le loro braccia dopo aver bevuto la letale cicuta.
Il problema delle fonti
Non abbiamo nessun documento diretto del pensiero di Socrate, egli
infatti non scrisse nulla e tutto ciò che sappiamo lo dobbiamo a fonti
indirette, spesso divergenti, inconciliabili. La fonte più attendibile è il
Platone dei dialoghi giovanili o socratici. Sicuramente quella di Platone è
un’interpretazione personale, ma è cmq attendibile. Infatti i discorsi
riportati da Platone furono uditi da molte persone e non ebbero mai
smentite.