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Parole sospese ed estro
partenopeo
In scena la regia contemporanea di Novicov sul palcoscenico di Ginevra, mentre
Massimo Ranieri è al Lac
/ 13.02.2017
di Giorgio Thoeni
«Mettere in scena Fosse è uno degli esercizi più pericolosi». Ad affermarlo è Andrea Novicov, regista
ticinese ma romando d’adozione da una quindicina d’anni. Dopo aver visto La voce umana di Jean
Cocteau (il 17 febbraio nuovamente al Foce) e Elektra di Hugo von Hoffmannstal, due sue recenti
regie teatrali di successo prodotte in collaborazione con LuganoInScena, abbiamo voluto andare al
Théâtre Pitoëff Ginevra per seguire una delle ultime repliche di Et jamais nous ne serons séparé,
prima commedia scritta nel 1994 dal norvegese Jon Fosse (1959), drammaturgo, poeta e romanziere
norvegese, da molti definito come genio «del non detto», con una scrittura attenta alle lezioni di
Beckett, Ionesco e Pinter. Un gioco della ripetizione spesso ossessiva nel contesto di una narrazione
perfetta, in equilibrio sulla quarta parete delle contraddizioni della vita, fra lacerazioni e sentimenti
avvolti da intensa umanità.
È un teatro della sospensione, fatto di parole che non devono svelare nessun sottotesto ma lasciare
uscire le voci. Quelle che hanno fatto innamorare Patrice Chéreau, Claude Régy, Thomas
Ostermeier, ma anche Valerio Binasco, Valter Malosti, Sandro Marbellini…, grandi regie che hanno
indugiato sul carattere spesso scuro, depressivo e algido delle situazioni descritte da Fosse. In realtà
l’autore di Bergen può essere letto anche con un respiro diverso senza snaturarne la complessità
drammaturgica. È quello che ha fatto Andrea Novicov con la sua messa in scena di Et jamais…, per
la quale ha utilizzato un registro vero, talvolta straniato, farcito di ironia. Una partitura ideale dove
la recitazione diventa oggetto descrittivo di un mondo in cui il dramma dell’abbandono – tema della
pièce – si trasforma in un gioco a tre dai molteplci piani d’ascolto. Superba la prova di Natalie
Boulin, protagonista, con l’ottimo Roberto Molo e la giovane Lara Khattabi. Belle le luci per una
scenografia asettica che ricorda Berlino Est negli anni 60. E quel tappeto sonoro subliminale…
La Napoli di Viviani con Massimo Ranieri
Potrà suonare un po’ «retrò» ma a noi quella sua sempreverde vena popolare è sempre piaciuta.
Stiamo parlando di Massimo Ranieri, un artista dalle origini umilissime che presto è volato al
successo: dalla canzone al cinema e al teatro. Anche se il trampolino di questo napoletano verace è
stata la musica leggera diffusa alla televisione. Ma la sua vera essenza artistica si è espressa
soprattutto sul palcoscenico grazie alle sue straordinarie doti comunicative in continua simbiosi con
la sua espressività teatrale (come aveva intuito Strehler). Dopo il successo ottenuto con Viviani
Varietà, passato al Teatro di Chiasso nel marzo del 2014, Ranieri ha continuato a esplorare il suo
progetto legato a Raffaele Viviani con un secondo spettacolo dedicato a Napoli e a questo importante
attore, cantante, compositore e commediografo vissuto nella prima metà del ’900. Tre anni dopo è
così tornato, questa volta al LAC per LuganoInScena con Teatro del Porto per la regia di Maurizio
Scaparro, uno spettacolo incentrato su una raffinata ricerca filologico-musicale (Pasquale Scialò) tra
rivista e Café Chantant d’inizio secolo, una solida base per lo sviluppo della drammaturgia popolare,
dai tempi del Futurismo a Scarpetta e poi a Eduardo.
Sciantose, cocottes e prostitute, guappi, gagà e mariuoli, emigranti, operai e pescatori, scugnizzi e
miseria: sono le atmosfere raccontate da macchiette, sketch e numerose canzoni che dipingono
l’amore e l’ironia della Napoli di cent’anni descritta da Viviani. È il popolo dei quartieri bassi, quelli
raccontati ne La paranza dei bambini di Roberto Saviano ma anche dal fantastico dialetto barocco di
Annibale Ruccello. Con Il Teatro del Porto la memoria storica di Viviani si sintonizza con l’attualità
dei nostri giorni grazie alla straordinaria bravura di Ranieri, sul palco con Ernesto Lama, Angela De
Matteo, Gaia Bassi, Roberto Bani, Mario Zinno, Ivano Schiavi, Antonio Speranza, Francesca
Ciardiello … e la musica dal vivo.
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