Lavoro di Maturità 2010 Chimica – Vini dal Mondo Sabrina

Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
Lavoro di Maturità 2010
Chimica – Vini dal Mondo
Sabrina Stefanelli
Prof.ssa Martha Stamm
Liceo Cantonale di Mendrisio
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
Proverò a sentire il profumo
e immaginarlo sciolto nel candore del vino.
Cercherò di ascoltare il suono ondulato delle foglie di vite,
sospese nell’aria per proteggere i grappoli d’uva.
In una bottiglia ritroverò una dignità
che non lascerò mai cadere,
perché il vino è l’arte del sole, di acqua,
della terra e di persone.
Cercherò in loro,
le innalzerò in un bicchiere
e regalerò parole
che non potranno mai far scordare
la saggezza del vino.
Sapendo che un giorno tornerò …
tornerò.
(tratto dalla poesia “Sapendo che un giorno” di Francesco Petruccioli)
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20 dicembre 2010
Indice
1.
Motivazione della scelta............................................................................................................. 4
2.
Obiettivi ........................................................................................................................................ 5
3.
Il racconto di un Grande Viaggio ............................................................................................. 6
3.1.
La partenza .............................................................................................................................. 6
3.2.
Il viaggio della Speranza ......................................................................................................... 7
3.3.
L’arrivo negli Stati Uniti d’America..................................................................................... 12
3.4.
Il mio nuovo lavoro................................................................................................................ 12
3.4.1.
Lezioni di chimica del vino..................................................................13
3.4.1.1.
L’uva ..................................................................................................................... 13
3.4.1.2.
Cos’è il vino? ....................................................................................................... 15
3.4.1.3.
Dalla vite al vino ................................................................................................. 15
3.4.1.4.
Storia del vino ..................................................................................................... 17
3.4.1.5.
Principali componenti del vino ........................................................................ 19
3.4.1.5.1.
Alcool ......................................................................20
3.4.1.5.2.
Acidi organici: tartarico, malico, succinico ........22
3.4.1.5.3.
Esteri ........................................................................25
3.4.1.5.4.
Polifenoli .................................................................26
3.4.1.5.5.
Zuccheri ..................................................................39
3.4.1.5.6.
Sali minerali ............................................................41
3.4.1.5.7.
Vitamine...................................................................42
3.4.1.5.8.
Gas: CO2 e SO2.........................................................42
3.4.1.6.
La fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica ............................ 45
3.4.1.7.
Tecniche usate nell’esperienza in laboratorio................................................. 53
3.4.2.
3.4.1.7.1.
Estrazione con solvente.........................................53
3.4.1.7.2.
Cromatografia.........................................................55
L’esperienza in laboratorio.................................................................59
3.5.
L’ultimo Natale .................................................................................................................... .82
3.6.
Il sapore del ritorno .............................................................................................................. .83
3.7.
Finalmente a casa ................................................................................................................. .84
4.
Conclusioni finali ..................................................................................................................... .85
5.
Bibliografia, webgrafia e lista di provenienza delle immagini ....................................... .86
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1. Motivazione della scelta
La chimica mi affascina continuamente: il suo susseguirsi di trasformazioni
invisibili che compongono la materia, il riscoprire ogni volta la meraviglia
che si cela dietro ogni evento apparentemente scontato, le mille
sfaccettature che si intersecano in questo mondo che si può solo
immaginare.
Quando ho capito che era insieme a tale scienza che avrei lavorato per i
prossimi mesi, ho avuto conforto perché intravvedevo me stessa. Sapevo
che nonostante dei dubbi iniziali, non avrei potuto svolgere un lavoro di
maturità che non fosse agganciato alla chimica.
La scelta di intrecciare in questo testo sul vino la parte sentimentale con la
parte scientifica è nata dal fatto che mi piace prendere in considerazione
l’argomento completo perché a mio avviso cuore e mente raramente
viaggiano su binari paralleli. Credo che anche nella scienza intesa nel
senso più vero del termine ci siano sempre le emozioni che accompagnano
lo scienziato: la preoccupazione prima di un esperimento, le titubanze
nell’organizzarlo, l’impazienza nel vederlo realizzato, il fugace momento
di felicità dopo aver reso l’esperimento una teoria. Così anche in una
bottiglia di vino. Dietro alle diverse interazioni tra le varie componenti del
vino, si nascondono i sentimenti di uomini che hanno affidato a questa
bevanda il compito di tenere vivo il ricordo della terra natìa, delle persone
care, della loro vita.
Ci vuole la scienza per capire ogni dettaglio del vino, la sua composizione,
il suo meccanismo nel divenire tale, ma ci vuole la poesia per riuscire a
distinguerlo dalle lacrime versate di nascosto, dal riflesso di occhi pieni di
desiderio di ritornare nel posto da dove provengono.
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2. Obiettivi
Il mio obiettivo sarà di illustrare la chimica del vino per mezzo del
racconto inventato di un uomo costretto ad emigrare dalla Puglia verso gli
Stati Uniti d’America. Saranno presi in considerazione quindi sia gli aspetti
scientifici del vino e sia quelli sentimentali ad esso legati, in modo che
questo testo faccia da guida attraverso i saperi della chimica e i sussulti di
un cuore diviso tra determinazione e nostalgia. Verrà presentato il
percorrere di questo viaggio intercalato alla scienza protagonista di questa
produzione per avere così un quadro completo di questa nobile bevanda e
per inserirsi pienamente nel progetto UNESCO che fa da sfondo a questo
lavoro di maturità.
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3. Il racconto di un Grande Viaggio
Le migrazioni sono un fenomeno antico e radicato quanto l’umanità stessa.
L’illusione di un mondo migliore di quello in cui si vive, la speranza di fare
fortuna all’estero, la voglia di dare ai propri figli un futuro meno instabile...
un ultimo tentativo per cercare di cambiare la realtà. Le persone che
affrontano numerose difficoltà nella propria patria sono continuamente
ammaliate da un mondo che dinanzi ai loro occhi appare come l’occasione
giusta per risolvere i problemi. Un mondo che si rivela, tuttavia, illusorio
perché costruito sul materialismo e l’avidità. Esso non dà l’occasione di
emergere, bensì solo quella di soccombere al duro lavoro per paura di
perdere quel po’ di denaro ricevuto in cambio.
Le genti dell’Occidente vedono male gli immigrati, forse non rendendosi
conto che sono loro stesse a favorire questi movimenti migratori, con i loro
costumi, con i loro sempre crescenti consumi che inevitabilmente
attraggono quegli animi in cerca di sicurezza. Gli stessi occidentali che,
bramosi di guadagno, in passato andarono a prendersi da soli, con la forza,
gli immigrati, ossia gli schiavi. Persino Napoleone permise la schiavitù, lo
stesso uomo che liberò l’Europa al grido “Liberté, Égalité, Fraternité”.
Inizia ora il racconto di un Grande Viaggio, un viaggio immerso in mille
dubbi, in mille speranze … a loro volta calate in un calice di vino, un vino
con un compito ben preciso: non far sbiadire mai la memoria.
3.1. La partenza
Ricordo che pioveva il giorno in cui lasciai casa mia e m’incamminai
verso la stazione. La pioggia cadeva incessante sui tetti delle abitazioni
e il mio lento incedere sembrava seguire il ritmo delle gocce d’acqua
viste dall’alto. Avevo sulla guancia ancora la sensazione dei baci lasciati
dai miei figli, sulla giacca ancora il profumo di mia moglie che con un
forte abbraccio mi disse: “mi mancherai”, ma ora tutto stava svanendo.
Più mi allontanavo da casa e più mi sembravano lontane quelle
emozioni che avevo provato solo pochi minuti prima e il temporale
sembrava fare apposta a lavare via le ultime tracce di quei sentimenti
dal mio corpo.
Una volta arrivato alla stazione ferroviaria di Manduria, presi quel
treno, quando ormai sul mio viso non rimaneva altro che rivoli di
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lacrime mischiati alla pioggia. L’unica cosa che mi permise di salire su
quel vagone fu la speranza custodita nel cuore, la speranza di andare
via per il meglio … o forse era semplicemente speranza di ritornare.
3.2. Il viaggio della Speranza
Il mio posto era vicino al finestrino, adoravo osservare il veloce
movimento di ciò che stava all’esterno: le nuvole sembravano
rincorrersi nel cielo, le gocce d’acqua voler imitare sul vetro il corso di
sottili affluenti e gli alberi parevano spianarmi la strada, con la loro
chioma che ogni volta si spostava a causa dello sfrecciare del treno.
Rimasi a lungo a fissare la natura prima di accorgermi che tra le mani
stavo stringendo la bottiglia di vino che avevo portato con me, il
Primitivo di Manduria, la mia terra. Di conseguenza un susseguirsi di
ricordi mi tornarono alla mente, facendomi ripercorrere la tradizione di
quella preziosa bevanda …
L’origine del Primitivo di Manduria risale a più di un secolo fa, quando
alla fine dell’Ottocento una contessa di Altamura sposò un signorotto
di Manduria, portando con sé, in dote, una barbatella di Primitivo. Il
nome è da associare ad un certo Francesco Filippo Indellicati che
chiamò questo vino così a causa della precocità della maturazione delle
sue uve.
Il vitigno previsto per il Primitivo è
quello ad alberello, mentre se si usa il
pergolato, il vino non sarà più DOC1,
bensì IGT2 e quindi di classe meno
pregiata. Il sistema ad alberello
protegge la vite dall’insolazione e
favorisce la maturazione delle uve
grazie al calore della terra.
Fig. 1: vitigni del Primitivo ad alberello
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Denominazione di Origine Controllata
Indicazione Geografica Tipica
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Alcune caratteristiche del vitigno Primitivo sono le seguenti:
∗ Foglie di medie dimensioni,
pentagonali, con lembo ondulato e
rugoso;
∗ Il grappolo è medio – piccolo con
acini sferoidali di colore blu intenso e
buccia abbastanza spessa;
∗ Il germogliamento è
durante la prima decade di
aprile nella regione di
Taranto e nella penisola
salentina, mentre nella
Fig. 2: foglie di Primitivo
località di Gioia del Colle è
tra la seconda metà di aprile e l’inizio di maggio;
∗ La maturazione è anch’essa precoce: fine agosto e
prime settimane di settembre;
∗ La sua produzione è abbondante, ma poco costante.
Questo tipo di vitigno è molto sensibile alla brina
primaverile e alla siccità, nonché incline ad avvizzimento
Fig. 3: grappoli di Primitivo
dato dal torrido sole estivo.
Il vitigno si estende su una superficie molto estesa
facendo da paesaggio caratteristico nella zona di Manduria, Avetrana,
S. Giorgio Jonico,
Monteparano, ecc.
Le uve vengono
raccolte nella prima
decade di settembre.
Il terreno, che offre la
massima qualità, è di
tipo argilloso, calcareo
e poco profondo. Ne
consegue un colore
tendente al rossiccio.
Fig. 4: vitigno Primitivo
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Fig. 5: cartina del Salento, considerato il tacco
d'Italia
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La regione di provenienza del Primitivo di
Manduria è quella che circonda la città di
Manduria stessa, considerata la porta del
Salento, oltre che il tarantino e alcune zone
nel brindisino. Le lunghe coste del Mar
Ionico ad est e quello Adriatico ad ovest di
un azzurro incomparabile, abbracciano
questo luogo rendendolo unico al mondo.
Di queste terre, una volta visitate, rimane il
ricordo dei caratteristici profili rettangolari
delle chiare abitazioni incastonate come
diamanti, della vegetazione tipicamente
sparsa e sovrastata da vasti spazi brulli,
come vuole la macchia mediterranea. Il
mare e le spiagge regalano spettacoli
sempre nuovi, emozioni senza fine.
L’estate infuoca i tramonti al calar della sera,
cospargendo la superficie
dell’acqua di scintille dorate
e dipingendo le nuvole con
sfumature di arancione.
L’inverno invece avvolge il
luogo con un’atmosfera
ovattata, rende pacato il
paesaggio, tanto che alcune
volte è persino difficile
determinare il confine tra il
Fig.6: tramonto di mezz'estate
piatto mare perlaceo ed i grigi cieli
invernali.
La sabbia è fine, colma di conchiglie al
suo incontrarsi col mare, alternata a
scogli frastagliati dal continuo
movimento delle onde.
Fig.7: spiaggia d'inverno
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La regione del Salento porta dietro di sé tradizioni e culture resistenti
all’inesorabile scorrere del tempo. Un esempio è dato dal ballo della
Pizzica e dal suono del tamburello che lo accompagna, riecheggiando
ad ogni felice ricorrenza e dando il giusto ritmo allo svolazzare di veli
rossi indossati dalle donne del posto.
Il clima del Salento è quello mediterraneo con il variare delle stagioni
mai brusco e repentino. L’autunno è mite con precipitazioni scarse,
mentre l’inverno è breve e non necessita mai l’uso di abbigliamento
troppo pesante poiché le temperature di rado scendono sotto i 10°C. La
neve scende raramente copiosa sul territorio salentino, solitamente si
osservano solo brevi spolverate durante gli inverni più marcati.
L’inverno più rigido registrato negli ultimi 50 anni, fu quello del 1979
dove la colonnina di mercurio scese sotto lo zero e la nevicata più
abbondante fu quella del 1987, dove la coltre bianca superò i 30cm.
La primavera è associata ad un clima gradevole e le giornate
presentano già dai primi giorni di aprile un buon soleggiamento.
L’estate è la stagione più lunga,
contraddistinta solitamente da
temperature roventi e caldo afoso.
Non è difficile infatti registrare sul
termometro un valore intorno ai
50°C durante le ore più calde del
giorno. Il cielo ceruleo risalta i
luminosi raggi del sole che non
cedono mai facilmente il posto a
nuvoloni grigi.
Fig.8: sole estivo che risplende sui vitigni del Primitivo
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L’invecchiamento del Primitivo di Manduria avviene in barriques di
rovere per almeno un anno, dopodiché è pronto per essere
imbottigliato. Ne risulta un vino dall’odore di confettura di mirtilli, con
un sapore vellutato e deciso, armonioso ed elegante. Il colore è rosso
rubino con sfumature violacee che evidenziano al massimo la passione
dedicategli.
I cibi che più si sposano con questo vino sono i piatti tipici salentini,
quali pasta fatta in casa, arrosti di carne rossa o dolci a base di
mandorle. Tuttavia il suo gusto esprime appieno la sua grazia anche
abbinandolo a dei semplici spaghetti al sugo.
Le persone che si deliziano di un sorso di Primitivo di Manduria
saranno ebbri solo d’antiche virtù e avranno la sensazione di bere una
leggenda rubata alla natura …
Il fischio del treno mi scosse d’improvviso, distogliendomi dai miei
pensieri. La bottiglia di vino era ancora stretta tra le mie mani e i
ricordi da essa evocati mi fecero trovare in quel momento la forza di
affrontare un futuro privo di certezze, un futuro che si stava spianando
lentamente davanti ai miei occhi come l’immensità dell’Oceano
Atlantico che avrei attraversato tra poco. Ero giunto infatti nel nord
della Francia e quando il mezzo si fermò completamente, scesi dal
vagone e m’incamminai verso il porto navale. La stanchezza e
l’inquietudine s’alternavano come un pendolo di cristallo, mentre
iniziai a scorgere lo stravagante naviglio nel quale mi sarei dovuto
imbarcare. L’idea di viaggiare per mare mi metteva parecchia
apprensione, ma raccolsi ugualmente gli ultimi frammenti di coraggio
che mi rimasero di quel giorno e con uno scatto veloce salii sul
traghetto. La notte calò da lì a poco e il sonno si fece silenziosamente
strada tra i miei pensieri. Prima di addormentarmi ricordo di aver
avuto bisogno di sfiorare la bottiglia del Primitivo, come se mi volessi
accertare che fosse ancora lì con me … e con lei anche la mia famiglia.
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3.3. L’arrivo negli Stati Uniti d’America
Appena sceso dalla nave, fui contento di sentire finalmente la
terraferma sotto i miei piedi e le mie gambe poterono trovare un po’ di
sollievo dal lungo persistere sempre nella medesima posizione. Uscii
dalla zona portuale un po’ barcollante e nello stesso tempo affascinato
da quella nuova città e naturalmente dovetti fare i conti con l’ansia che
provavo nel non sapere cosa la sorte mi avrebbe riservato tra quegli
enormi edifici di Riverside.
Con a disposizione solo una cartina della città e un mediocre inglese
studiato tra i banchi di scuola, mi misi a cercare l’alloggio che mi
avrebbe ospitato durante la mia permanenza. Durante la ricerca iniziai
ad avvertire un senso di fame, ma avevo speso tutto ciò che avevo per il
viaggio, così non ci pensai e continuai per la mia strada. Alla fine
arrivai a destinazione, aprii il portone d’entrata e mi addentrai
definitivamente nella mia nuova vita. Il giorno dopo avrei iniziato a
lavorare e con impazienza attendevo la mattina seguente con quel tipo
di speranza che sapevo accumonava migliaia di uomini che, come me,
avevano preso la mia stessa decisione, la decisione di lasciare tutto e
partire.
3.4. Il mio nuovo lavoro
L’università in cui mi venne assegnato il posto di lavoro godeva di
notevole prestigio a quei tempi e l’idea di poter insegnare in quella
scuola mi rese quasi grato per l’opportunità che mi era stata concessa
dal destino che fino ad allora avevo considerato ostile nei miei
confronti.
Prima di partire, organizzai le mie lezioni e cercai in tutti i modi di
adempiere perfettamente al programma che avrei dovuto seguire
scrupolosamente. Mi fu chiesto di parlare della chimica del vino.
Ricordo di essere rimasto molto sorpreso perché ero stato legato a
questa bevanda sin da ragazzo. Il vino mi aveva accompagnato
durante tutta la mia infanzia e adolescenza, alle quali avevo rubato
volentieri un po’ di tempo per fare lunghe camminate nelle vigne di
famiglia, per ascoltare il fruscio di quelle foglie così preziose e per
vedere l’espressione di semplice gioia sui visi dei miei famigliari
quando giungeva il periodo della vendemmia. Scelsi naturalmente di
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prendere come esempio il Primitivo di Manduria, il vino a me più caro,
quel vino che presi con me prima di partire, sicuro che mi avrebbe
ricondotto col cuore di nuovo a casa, ogni volta che ne avrei sentito la
mancanza.
Così mi ritrovai davanti ad una cinquantina di studenti impazienti di
sapere, con gli sguardi pieni di curiosità, e iniziai il mio nuovo lavoro
ancora ignaro di quanto sarebbe durato.
Questa fu una cosa che imparai in quel preciso istante: vivere il
presente era più importante che farsi domande.
3.4.1. Lezioni di chimica del vino
Furono lezioni colme di grinta da parte dei miei ragazzi e di grande
soddisfazione da parte mia. Riuscii a spiegare la parte teorica in modo
decisamente inaspettato perché, nonostante la mia non perfetta
padronanza della lingua e l’iniziale sensazione di smarrimento, seguii
a pieno ritmo il programma e furono gli unici momenti in cui ritrovai il
sorriso e la voglia di andare avanti. Mentre insegnavo, non importava
cosa mi ero lasciato dietro, la crescente nostalgia che rese le notti
difficili da superare o la costante incertezza che faceva da sfondo al mio
futuro.
Sentivo che in fondo c’era sempre un motivo per non smettere di
lottare e di sperare … per me si trattava della passione che avevo per la
chimica, della serenità che provavo a contatto con quel mondo che mi
ricordava il mio.
Questo fu tutto il materiale che usai per insegnare la teoria e che servì
da introduzione alla parte sperimentale che sarebbe seguita:
3.4.1.1. L’uva
L’uva è un’infruttescenza, cioè un
insieme di frutti (grappolo) della
vite (Vitis vinifera).
Il grappolo è costituito da un
raspo e da numerosi acini di
piccola grandezza che possono
essere di colore giallo – verde se si
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Fig. 9: grappolo d’uva
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tratta di “uva bianca” e di colore viola – blu se invece si tratta di
“uva rossa”.
Il raspo, chiamato anche rachide, rappresenta lo
scheletro dell’uva che partendo dall’asse centrale si ramifica in
racimoli per arrivare infine ai frutti, ossia agli acini.
L’acino, come qualsiasi
altro frutto, si può
suddividere in tre parti
distinte:
- esocarpo
- mesocarpo
- endocarpo.
Fig. 10 : sezione verticale di un acino d’uva
L’esocarpo rappresenta la parte più esterna rivestita dalla
buccia. In esso sono contenuti principalmente i tannini, i
polifenoli, il potassio e gli aromi.
Il mesocarpo è la parte intermedia più comunemente chiamata
polpa. Qui invece ci sono gli zuccheri, gli acidi (soprattutto
acido tartarico) e l’acqua.
L’endocarpo è la parte più interna del frutto ed in esso si
trovano i semi che in questo caso vengono chiamati vinaccioli.
In questa sezione c’è anche la presenza di acido malico e
zucchero.
Inoltre l’acino è sorretto al raspo da un pedicello.
L’uva viene utilizzata soprattutto per la produzione di vino
(uva da vino), ma è anche molto apprezzata come frutta sia
fresca (uva da tavola) che secca. Quest’ultima è la cosiddetta uva
passa, ideale per guarnire i dolci. Un altro impiego è
l’estrazione del succo d’uva che costituisce una bevanda dal
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sapore avvolgente e non alcolica o l’estrazione dell’olio di
vinaccioli.
3.4.1.2. Cos’è il vino?
Il vino è una soluzione
idroalcolica ottenuta grazie
alla fermentazione alcolica del
mosto dopo la pigiatura
dell’uva ad opera dei lieviti
presenti sulla buccia degli
acini. In sintesi, la
fermentazione alcolica è un
processo biochimico che
trasforma gli zuccheri in alcol e Fig. 11 : vino rosso in calice di vetro
anidride carbonica. Questa
trasformazione avviene grazie a degli enzimi prodotti dai
lieviti.
3.4.1.3. Dalla vite al vino
La parte iniziale consiste
nella pigiatura dell’uva. Più
esattamente i grappoli
vengono sottoposti a
centrifuga, estraniando così il
raspo. In passato questo
passaggio veniva fatto dalle
donne che, entrando a piedi
nudi in enormi contenitori
Fig. 12 : pigiatura così come avveniva nel passato
con all’interno innumerevoli
grappoli d’uva, spremevano gli acini. I loro movimenti erano
dettati dall’entusiasmo del momento, trasformando
quell’azione in un’occasione per gioire e divertirsi dando agli
spettatori uno scenario romantico e incantato. Seppur una
tradizione ormai quasi scomparsa, è ancora presente in alcune
zone mediterranee.
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A questo punto i frutti spremuti prendono il nome di mosto che
viene successivamente posto in vasche di legno o acciaio inox
dove può cominciare la fermentazione alcolica. Quest’ultima ha
una durata di alcuni giorni durante i quali il mosto viene fatto
“bollire” con un’intensità decrescente ed è qui che vengono
prodotti l’alcol e l’anidride carbonica.
Per i vini rossi la fermentazione può venire svolta in due modi
chiamati a cappello galleggiante e a cappello sommerso. Il
cappello rappresenta la parte solida del mosto, ovvero
l’insieme di bucce, grume, sostanze peptiche e mucillaginose,
ecc. che rimane in superficie essendo più leggero della parte
liquida. Il primo metodo consiste nella periodica immersione
delle vinacce nella massa liquida utilizzando o la forza
muscolare e una zappa o la forza meccanica e una pompa
(rimontaggio). Il secondo metodo invece prevede una rete di
legno che mantiene le vinacce immerse e il rimestamento
avviene automaticamente con la bollitura.
Se si tratta di vini bianchi, i residui solidi vengono allontanati
subito dopo la pigiatura e la fermentazione è spesso svolta a
temperature più basse per mezzo di botti refrigerate.
A termine della fermentazione alcolica, il vino viene travasato
nelle botti al fine di liberarlo dai prodotti della pigiatura.
Questo passaggio è detto svinatura e nel caso dei vini rossi si
aggiunge la torchiatura che serve a comprimere le vinacce
fermentate così da eliminarle ed ottenere esclusivamente il
succo.
Ora avviene la seconda fermentazione, quella malolattica in cui
l’acido malico viene trasformato in acido lattico, diminuendo in
questo modo l’acidità della bevanda.
Infine non resta che far riposare il vino ed eventualmente farlo
invecchiare all’interno di botti di legno o barriques per periodi
di lunghezza variabile. Le barriques sono le botti tipiche della
Francia costruite con doghe di quercia.
Per rendere ancor più puro il prodotto, lo si può chiarificare e
filtrare prima dell’imbottigliamento.
Esistono diversi tipi di vini che si distinguono tra loro per
numerosi parametri quali acidità, grado alcolico, proprietà
organolettiche (profumo, gusto, colore, ecc.), sistema di
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vinificazione o la capacità di sprigionare anidride carbonica
all’apertura della bottiglia. Da quest’ultimo criterio è possibile
classificare il vino in tranquillo, frizzante o spumante. Il
contenuto di zucchero determina un’ulteriore distinzione in
secco, semisecco, dolce, ecc. Non bisogna inoltre dimenticare
che ogni vino ha una sua temperatura adatta al consumo e degli
abbinamenti specifici con gli alimenti che accompagnano la
bevanda.
Principalmente i vini si suddividono in:
▬ Vino bianco
▬ Vino rosato
▬ Vino rosso
▬ Vino novello (ottenuto mediante macerazione carbonica e di
natura poco stabile e richiede dunque una consumazione a
breve termine)
▬ Vino passito (ottenuto da una normale vinificazione
utilizzando però uve appassite)
▬ Vin ruspo (ottenuto grazie alla miscela con un altro vino)
▬ Vino barricato (lasciato invecchiare nelle barriques dove
acquista un sapore ancora più intenso grazie a reazioni di
ossidoriduzione che avvengono tramite le fibre del legno da
cui sono costituite le botti)
▬ Vino liquoroso
▬ Vino spumante
Vini speciali
▬ Vino aromatizzato
3.4.1.4. Storia del vino
Le origini di questa bevanda sono talmente antiche che vi sono
delle leggende in cui essa compare. Alcune di queste affermano
che il frutto proibito del Paradiso terrestre non fosse la mela,
bensì la succulenta uva. Altre raccontano invece di come Noè
inventò il vino e per questo si assicurò di dare alla vite un posto
sicuro sulla sua Arca.
Lasciando da parte i testi leggendari e venendo a studi storici,
la coltura della vite e la pratica della vinificazione erano
inizialmente conosciute in Armenia (Mesopotamia), dove
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l’agricoltura fece il suo esordio dopo l’abbandono del
nomadismo.
L’Egitto fu un altro paese che diede alla lavorazione della vite
un’enorme importanza e geroglifici risalenti al 2500 a. C. ce lo
confermano, illustrando già in quell’epoca remota molte varietà
di vino. Dall’Egitto, la pratica della vinificazione si diffuse fino
ai greci, passando prima da ebrei e arabi.
Nello stesso periodo il cuore del Mediterraneo vide la vite
partire verso il suo viaggio: dalla Sicilia si diffuse presso i
Sabini e gli Etruschi, i quali la portarono in Campania, e infine
arrivò nella pianura Padana.
Con l’Impero Romano il vino assunse un notevole valore
soprattutto per le sue proprietà battericide che lo resero la
bevanda dei legionari, aiutando a debellare le non poche
malattie che rischiavano di decimare l’esercito.
Ma la nascita del Cristianesimo, e dunque il declino dell’Impero
Romano, definì un periodo buio per il vino, accusato di portare
piacere effimero ed ebbrezza. Ad aggravarne la posizione ci fu
la diffusione dell’Islamismo nel Mediterraneo tra l’800 e il 1400
d. C. che mise al bando la viticoltura in tutti i territori occupati.
Tuttavia i monaci e le comunità ebraiche di quel tempo
continuarono ugualmente la vinificazione dell’uva poiché i vini
erano richiesti per i riti religiosi.
Il Rinascimento contribuì finalmente a ridare al vino il suo
ruolo da protagonista nella coltura occidentale e ad esaltarne le
sue qualità. Nel diciassettesimo secolo le tecniche di trasporto
della bevanda migliorarono grazie al diffondersi dei tappi di
sughero e all’abbassamento del costo delle bottiglie,
favorendone così il commercio.
L’Occidente diede definitivamente valore al vino due secoli più
tardi, quando all’attività contadina si affiancarono gli studi di
illustri scienziati che cercarono di realizzare vini sempre di
miglior qualità e bontà. Ed ecco che esso divenne oggetto di
ricerca scientifica, affermando in uno scritto che “ Il vino è la
più salutare e igienica di tutte le bevande” (Pasteur, 1886).
Recenti studi medici dimostrano infatti che, consumato in
quantità moderate, il vino apporti proprietà benefiche al
sistema cardiovascolare. La ragione va ricercata probabilmente
18
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
nella presenza di sostanze ipocolesterinizzanti che si originano
dai tannini contenuti nei vini rossi. Inoltre, grazie a studi basati
sui turisti che si recano all’estero per vacanza, si può dire che
esiste una minor cadenza di infezioni batteriche in soggetti che
bevono regolarmente del vino rispetto a coloro che non ne
assumono del tutto. La causa è che molti batteri in acqua
sopravvivono facilmente, mentre nel vino muoiono a causa di
caratteristiche concomitanti come l’acidità e la presenza di alcol
e tannini.
Nonostante siano passati 150 anni dai primi studi che effettuò
Pasteur, il trascorrere del tempo non ha ancora potuto smentire
che ad oggi non è mai stato isolato un agente patogeno per
l’uomo che si origini dal vino.
3.4.1.5. Principali componenti del vino
Le componenti che caratterizzano il vino sono molteplici e
ognuna di loro contribuisce alla qualità dello stesso. Occorre
ricordare che le sostanze sono più di 600, disciolte nella
soluzione idroalcolica.
Alcune di esse sono presenti già negli acini d’uva, come
l’acqua, gli zuccheri (fruttosio e glucosio), polifenoli (tannini,
coloranti) e gli acidi (tartarico, citrico e malico). Altre ancora
vengono a formarsi durante la vendemmia o la fermentazione o
durante le fasi di maturazione e invecchiamento. In questo caso
si citano gli alcoli (alcol etilico), gli acidi (lattico, acetico,
succinico), le aldeidi e l’anidride carbonica. Infine ci sono delle
sostanze che tendono a scomparire con l’avanzare della
produzione, come ad esempio i lieviti, i batteri, l’acido malico,
gli amminoacidi, i sali di ammonio, ecc.
Va inoltre specificato che il vino è composto per l’80 – 85% da
acqua che funge da solvente per tutte le altre sostanze. Se la
quantità di acqua supera il 90%, il vino è da considerarsi
debole.
Ma procediamo ora con l’analisi più approfondita delle
componenti principali che costituiscono la bevanda.
19
Lavoro di Maturità – Chimica
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3.4.1.5.1. Alcool
Gli alcoli, nel vino, sono responsabili del gusto e più
precisamente della morbidezza. Conferiscono inoltre una
sensazione di asciutto poiché assorbono l’acqua.
L’alcol etilico non è solo l’alcol in maggior quantità nel
vino, ma, insieme all’acqua, forma la soluzione principale
di cui quest’ultimo è composto. L’etanolo deriva dalla
fermentazione del mosto, infatti la fermentazione di 1,67
kg di zucchero forma 1L di alcool. Di solito i vini da pasto
variano la loro gradazione alcolica da 9% a 12%, mentre
quelli da taglio, ovvero quelli destinati a correggere il
colore o l’estratto di altri vini, hanno una gradazione più
elevata.
L’etanolo, come tutti gli alcoli, è un composto organico
simile alla struttura degli alcani nel quale un gruppo
ossidrile –OH è sostituito ad un
atomo di idrogeno. L’alcol etilico è
a catena corta e si presenta liquido e
Fig. 13: formula di struttura
incolore a temperatura ambiente.
dell'alcol etilico
Molto volatile ed estremamente
infiammabile, esso ha un odore caratteristico che lo rende
particolarmente riconoscibile.
La sua formula è C2H6O ed è a volte chiamato
semplicemente alcol poiché rappresenta la base di tutte le
bevande alcoliche.
Nel vino, esso può subire l’attacco dei batteri acetici che lo
fanno ossidare ad aldeide e poi ad acido acetico. Questa
trasformazione avviene in due tempi diversi con la
produzione di aldeide acetica come intermedio secondo le
seguenti reazioni:
CH3CH2OH + ½ O2 CH3CHO
CH3CHO + ½ O2 CH3COOH
La prima fase della reazione, ossia la trasformazione di
etanolo in aldeide acetica, è catalizzata da un alcol
deidrogenasi, mentre la seconda fase che conduce al
20
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
prodotto finale che è l’acido acetico, avviene grazie alla
presenza di un’ aldeide deidrogenasi.
Nel vino, oltre all’alcol etilico, sono presenti altri alcoli
monovalenti, ossia alcoli che contengono un solo gruppo
ossidrile –OH; essi sono l’alcol metilico CH4O e l’alcol
propilico C3H8O . Il metilico è un alcol velenoso derivante
dall’idrolisi di sostanze pectiche del vino ed è il più
semplice degli alcoli, costituito cioè solo da un gruppo
metilico -CH3 e da un gruppo ossidrile –OH. È previsto un
limite per il metanolo che è di 0.20mL/100mL di alcol
complessivo se si tratta di vini bianchi e di 0.25mL /
100mL di alcol complessivo se invece è un vino rosso.
Gli alcoli polivalenti, ossia con più gruppi ossidrile, sono
nel vino il glicerolo C3H8O3, il mannitolo C6H14O6 ed il
sorbitolo C6H14O6. Si nota che gli ultimi due sono tra loro
isomeri costituzionali avendo la stessa formula molecolare.
Il glicerolo deriva dalla fermentazione degli zuccheri da
parte dei lieviti ed è il principale responsabile del carattere
vellutato di ciascun vino. Il mannitolo è un alcol con sei
gruppi –OH (esavalente) del mannosio, un monosaccaride
quasi mai libero, ma parte di numerosi polisaccaridi. Il
sorbitolo invece, è un alcol che può essere sintetizzato in
laboratorio dalla riduzione del glucosio.
C’è infine un ultimo gruppo di alcoli presenti nel vino che
sono gli alcoli superiori, ossia l’n-propilico C3H8O,
l’isobutilico C4H10O e l’n-butilico C4 H10O. Anche qui, con
gli ultimi due alcoli, siamo in presenza di isomeri
costituzionali. I lieviti effettuano la fermentazione alcolica
grazie all’azoto nei sali azotati, ma quando esso viene a
mancare viene preso l’azoto degli amminoacidi con cui
continuano il processo formando gli alcoli superiori. Tali
alcoli aiutano a conferire alla bevanda l’odore “vinoso”,
ossia il profumo che differenzia il mosto dal vino e oltre
che a possedere odore di per sé, essi si combinano con gli
acidi organici formando esteri che donano un profumo
ancor più intenso.
21
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3.4.1.5.2. Acidi organici: tartarico, malico, succinico
Gli acidi organici sono detti anche acidi carbossilici poiché
sono molecole in cui il carbonio del gruppo carbonile
C = O lega un gruppo ossidrile –OH a
formare un gruppo carbossile –
COOH. Questi composti organici
hanno comportamento debolmente
acido per la presenza del gruppo
carbossilico, soprattutto per lo ione
Fig. 14:: formula generale di un acido
carbossilato la cui carica negativa può
carbossilico
essere delocalizzata per risonanza3 e
sono in grado quindi di neutralizzare basi come gli ioni
ossidrile, bicarbonato e carbonato.
Nel vino, gli acidi organici concorrono all’evidente acidità
a
della bevanda, il cui pH si aggira tra 3 e 3.6. Essi derivano
dall’ossidazione degli zuccheri e possono presentarsi sia in
forma libera, sia come
me sali, dalla combinazione tra minerali
e acidi.
Gli acidi organici nel vino si possono suddividere in tre
categorie principali, quali:
▬ Acidi pre – fermentativi, ossia presenti già nell’acino
dell’uva: tartarico, malico, citrico
▬ Acidi che si formano durante
nte la fermentazione e
quindi considerati post – fermentativi: formico,
succinico, lattico, propionico, citrico
▬ Acidi volatili: acetico
Analizziamo ora più da vicino gli acidi organici di
maggior rilevanza, ossia tartarico, malico e succinico.
3
Si è di fronte a risonanza quando più formule, dette formule limite, contribuiscono a definire la reale struttura
di una molecola.
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Lavoro di Maturità – Chimica
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L’acido
acido tartarico ha formula C4H6O6 ed
è il più forte degli acidi nel vino, infatti
l’acidità totale che si calcola in
laboratorio viene espressa in g acido
tartarico / L. Data la sua forza nel
mosto, è anche quello più salificato
oltre che ad esistere in forma libera. Tra
i sali che può formare quest’acido, due
Fig. 15: formula di struttura
sono fondamentali: il tartrato acido di
dell'acido tartarico
potassio
potassio, detto anche cremore di tartaro,
ed il tartrato neutro di calcio
calcio.. Tuttavia, l’acido tartarico
rende d
difficile
ifficile la stabilità del vino poiché durante la
fermentazione, la solubilità in acqua di questi sali cala a
causa del grado alcolico che aumenta e della temperatura
che diminuisce4, la conseguenza è una precipitazione di
tartrati. Tale evento è visibile aaii bordi e sul fondo delle
botti dove viene ad accumularsi una formazione cristallina
detta crema di botte. Un’alterazione grave che può subire
il vino si verifica quando l’acido tartarico viene attaccato
da batteri lattici con la successiva produzione di acido
a
lattico, acido acetico e anidride carbonica. Se ciò dovesse
avvenire si avrebbe una diminuzione dell’acidità fissa e un
aumento di quella volatile (a causa della formazione di
CH3COOH) procurando alla bevanda una trasformazione
tale da non poter essere più ingerita. Fortunatamente però
i batteri lattici sono molto sensibili all’anidride solforosa
sia in forma libera che combinata e con l’utilizzo della
stessaa questi attacchi vengon
vengono ridotti.
i. La quantità di acido
tartarico è di 2 - 6g ogni litro di vino e conferisce
freschezza e vivacità.
4
Laa solubilità in soluzione acquosa di un sale è proporzionale alla temperatura. Inoltre l’alcol è più apolare
dell’acqua e questo rende la solubilità dei sali più difficile in soluzione idroalcolica rispetto ad una soluzione di
acqua pura.
23
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L’acido malico ha formula C4H6O5
ed è l’acido organico più presente in
natura. Prende parte addirittura al
ciclo di Krebs, tappa fondamentale
del metabolismo dell’essere umano.
Quest’acido è molto
to instabile e viene
Fig. 16:: formula di struttura dell'acido
degradato molto facilmente ad acido
malico
lattico grazie alla fermentazione
malolattica. La concentrazione di acido malico dipende dal
grado d
di maturazione dell’acino d’uva: la quantità infatti
aumenta tanto più esso è maturo. Tuttavia, con il
concludersi della maturazione, l’acido malico viene
utilizzato dai lieviti per sintetizzare gli zuccheri e questo
processo ossidativo fa diminuire il livello di acido nell’uva.
Come per la maggior parte delle trasformazioni chimiche,
quest’ultima avviene più facilmente a temperature elevate,
ragion per cui a settentrione si avrà sempre un
quantitativo maggiore di acido malico nelle uve. La
quantità d
di malico nel vino è di 0 - 5g per litro, ma cala con
l’avanzare dell’invecchiamento a causa della malolattica.
Al vino conferisce sensazioni di verde acerbo e durezza. Il
sapore aspro di un vino prodotto dopo un’annata di uva
immatura è da ricondurre propr
proprio
io a quest’acido.
L’acido
acido succinico ha
formula C4H6O4 e la sua
fonte è l’ambra, infatti
succinum in latino significa
Fig.17:: formula di struttura dell'acido
proprio ambra. È un
succinico
prodotto secondario della
fermentazione alcolica ed è un acido molto stabile. La sua
quantità nel vino è di 0,6 - 1,2g ogni litro e possiede un
gusto intenso, ma anche amaro e salato. È proprio
quest’acido che provoca la salivazione poiché è quello
dotato di più sapore, lo stesso tipico sapore che accumuna
tutte le be
bevande
vande fermentate. Il suo ruolo nel vino non è
esclusivamente quello di conferire acidità, ma piuttosto
quello di determinarne la sapidità, quella sensazione di un
24
Lavoro di Maturità – Chimica
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misto tra salato, amaro e acido. Se si volesse provare il
gusto dell’acido succinico basta svuotare un bicchiere di
vino rosso, lasciarlo seccare e aggiungere dell’acqua
3.4.1.5.3. Esteri
Gli esteri sono composti organici
derivati dagli acidi carbossilici in cui il
gruppo –OH è sostituito da un gruppo –
OR, dove R indica il resto della
Fig.18: formula di struttura
molecola. Anche il nome dell’estere
generale di un estere
deriva dall’acido organico
corrispondente. Questi composti si possono ottenere
facendo reagire un acido carbossilico con un alcol secondo
la seguente reazione:
Analizzando questa trasformazione si può dire che essa
comporta l’eliminazione di acqua e che è catalizzata da un
acido forte. Inoltre si nota anche la reversibilità di tale
processo, il che significa che si instaura un equilibrio
chimico. La reazione che produce l’estere si chiama
esterificazione5, mentre la reazione inversa è detta idrolisi
o saponificazione.
Nella struttura di un estere si può
riconoscere un gruppo funzionale
caratteristico, ossia il gruppo
alcossilico –O-R’. Il fatto che gli esteri
sono considerati degli aromi è
proprio da ricondurre al fatto che il radicale di questo
gruppo funzionale può essere di tipo aromatico. Infatti, gli
esteri a basso peso molecolare sono molto volatili e
5
Il processo che porta alla formazione di un estere, partendo da un acido organico e un alcol e riscaldando in
presenza di un catalizzatore acido, è noto come esterificazione di Fischer in ricordo di Emil Fischer (1852 –
1919), sommo chimico che ricevette il premio Nobel per la chimica nel 1902.
25
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possiedono odori caratteristici di frutti e fiori. Hanno una
scarsissima solubilità in acqua e di conseguenza sono
solubili in composti apolari.
Nel vino, gli esteri conferiscono aroma e odori
caratteristici. La loro provenienza può essere diversa, in
quanto alcuni sono presenti già nell’uva, comprendendo
quelli che richiamano fiori e frutti e grazie alla presenza
degli zuccheri, la loro scarsa affinità con l’acqua non reca
particolari problemi alla solubilità degli stessi. L’odore può
venire a formarsi anche durante la fermentazione e in
questo caso si avranno sensazioni di lieviti e ancora in
parte di frutti. È importante però che la fermentazione non
sia troppo tumultuosa e veloce poiché l’anidride carbonica
che viene a prodursi potrebbe portare via con sé gli odori,
dato che sono molto volatili. Un’ultima sorgente è
rappresentata dalla fase di invecchiamento del vino in cui
l’aroma ricorda la vaniglia, la tostatura e il legno, ossia gli
odori caratteristici della botte.
Va sottolineato che un eccesso di esteri crea sensazioni
sgradevoli che potrebbero ricordare i solventi per unghie,
la loro quantità deve rientrare quindi tra 80 e 500mg al
litro.
3.4.1.5.4. Polifenoli
I polifenoli comprendono numerosissime molecole,
largamente presenti nel regno vegetale. Come indica il
nome stesso, sono sostanze caratterizzate da molteplici
gruppi fenolici aggregati a strutture anche complesse
comunemente di alto peso molecolare. Nel gruppo
fenolico, un idrogeno dell’anello aromatico
benzene si viene a sostituire con un gruppo
ossidrile –OH.
Il loro effetto principale è quello di antiossidanti
Fig.19: gruppo
naturali. Quest’azione è dovuta al fatto che i
fenolico
gruppi ossidrilici alle estremità sono in grado si
interagire con atomi di ossigeno e stabilire con essi una
reazione di ossido-riduzione, attenuando così la capacità
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Lavoro di Maturità – Chimica
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ossidante dell’ossige
dell’ossigeno
no libero. Nell’essere umano ad
esempio, aiutano le cellule contro gli attacchi dei radicali
liberi che si sviluppano con il metabolismo cellulare e con
eventi stressanti come fumo, raggi UV, radiazioni, ecc.
I polifenoli si trovano in molti alimenti come the, cacao,
frutti di bosco, olio d’oliva, cipolle, ecc., ma anche in alcune
alghe e in moltissimi vegetali
vegetali, dove svolgono alcune
funzioni interessanti:
▬ difendono dagli animali erbivori poiché alcuni
polifenoli hanno un sapore sgradevole;
▬ agiscono come antibatterici
tibatterici e inibiscono la crescita di
parassiti;
▬ garantiscono un supporto e una barriera contro
l’aggressione microbica;
▬ conferiscono colorazioni sgargianti che attirano gli
impollinatori.
Nel vino, essi sono estremamente importanti nel
determinarne colore, gusto e fragranza. La quantità di
queste sostanze nei vini rossi è di 22-5
5 g/L, mentre per
quelli bianchi è di 100 mg/L.
Per avere un’idea più chiara è utile a questo punto
classificare la grande famiglia d
dei
ei polifenoli in diverse
sottocategorie.
Fig.20:: classificazione dei polifenoli
27
Lavoro di Maturità – Chimica
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Nell’uva il contenuto dipende dal tipo di vitigno,
vitigno dal
terreno e dal clima. I polifenoli sono presenti nelle parti
solide dell’acino come buccia e vinacciolo. Il prossimo
schema specifica la distribuzione:
Fig.21
Percorriamo ora la classificazione dei polifenoli,
individuando le caratteristiche principali di ogni gruppo.
Tra gli idrossistilbeni si
identifica il resveratrolo,
un fenolo non flavonoide
con proprietà svariate
sull’organismo umano.
È naturalmente
uralmente
contenuto nella pianta
della vite.
Fig.22:: struttura chimica del resveratrolo
Gli acidi fenolici
fenolici,, ancora fenoli non flavonoidi, sono
caratterizzati da un gr
gruppo
uppo carbossile disposto su un
fenolo. I vini rossi ne sono più ricchi rispetto ai bianchi,
bianc
anche se il contenuto nell’
nell’uva
uva in genere non è molto. Dalle
bucce passano nel mosto e infine nel vino
vino, che se è bianco,
bianco
28
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
contribuiscono a rafforzare l’aroma e a determinare
l’ossidazione e l’imbrunimento. Questi acidi sono incolori
in soluzione idroalcolica, a causa del processo ossidativo
essi possono assumere una colorazione gialla. In genere
sono inodori e insapori, ma la loro importanza è data dal
fatto che sono precursori di fenoli volatili olfattivamente
rilevanti. Gli acidi fenolici si possono ulteriormente
distinguere in acidi benzoici ed acidi cinnamici.
▬ Acidi benzoici: il gruppo carbossile è direttamente
legato all’anello benzenico. In base a che cosa viene
aggiunto alle ramificazioni dell’anello aromatico si
possono avere diverse strutture di acidi che nel caso
dell’uva sono sette e sono i seguenti:
Fig.23: schema delle strutture dei diversi acidi benzoici presenti nell'uva
▬ Acidi cinnamici: il gruppo carbossile è legato ad una
ramificazione dell’anello. Anche qui ce ne sono di
diversi tipi a seconda dei gruppi R. Nell’uva le
diverse strutture possibili sono in tutto tre:
29
Lavoro di Maturità – Chimica
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Fig. 14: schema delle strutture di diversi acidi cinnamici presenti nell'uva
I flavonoidi sono dei composti polifenolici che vengono
sintetizzati dai vegetali poiché metaboliti secondari. Nella
maggior parte delle angiosperme, alcuni flavonoidi sono
visibili sottoforma di pigmenti fiorali. È curioso sapere che
alcuni di essi non sono visibili all’occhio umano, ma
assorbendo molto fortemente nello spettro UV, sono
invece captati dagli insetti che li utilizzano spesso come
guida per l’atterraggio, in quanto si trovano al centro del
fiore.
I flavonoidi sono generalmente idrosolubili e possono
presentarsi in due differenti forme: agliconici o glucosidi.
Gli agliconici hanno solo la parte agliconica che è
comunque presente in tutti i flavonoidi ed è la parte
polifenolica effettiva.
I glucosidi invece, oltre ad avere la parte agliconica, hanno
ad essa associata una o più molecole zuccherine. Un
esempio di glucoside è la rutina, una sostanza naturale
presente in alcune piante. La parte tratteggiata indica la
30
Lavoro di Maturità – Chimica
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parte di zucchero, in questo caso il rutinosio, mentre l’altra
parte è quella agliconica.
Fig. 25: struttura chimica della rutina
I flavonoidi si distinguono in tre gruppi quali flavonoli,
flavanoli e antocianine (o antociani). La classificazione è
determinata principalmente dall’anello eterociclico
centrale:
Fig.26: Struttura agliconica dei diversi gruppi di flavonoidi. A e B rappresentano i due anelli aromatici.
Si nota infatti che i flavonoli hanno un doppio legame tra il
carbonio in posizione 3 e quello in posizione 2 e che in
posizione 4 dell’anello eterociclico c’è un gruppo
chetonico. I flavanoli invece non hanno il doppio legame tra
i due carboni all’interno dell’anello e manca loro il
chetone. Le antocianidine, ossia la parte agliconica degli
antociani, hanno infine una carica parziale positiva
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Lavoro di Maturità – Chimica
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sull’ossigeno dell’anello eterociclico. Ma vediamo ora
queste sottocategorie di flavonoidi più nello specifico.
▬ I flavonoli sono composti di origine vegetale e sono
ampiamente distribuiti soprattutto nelle
angiosperme lignificate. Questo tipo di composto
cristallizza sottoforma di aghi gialli ed è utilizzato
per colorare il cotone.
Nel vino, i flavonoli si trovano per la maggior parte
nella buccia nell’ordine di 10-50 mg/kg e
comprendono sfumature cromatiche tra il bianco ed
il giallo. Sono più presenti nei vini bianchi rispetto
che in quelli rossi, dando loro la tipica colorazione e i
differenti flavonoli che è possibile avere nell’uva
sono i seguenti:
Fig.27:schema delle strutture dei diversi flavonoli presenti nell'uva
Tuttavia tra grappolo d’uva e vino c’è una differenza
di flavonoli poiché la parte di zucchero iniziale va
sparendo con l’avanzare della produzione del vino
stesso a causa dell’idrolisi acida a cui vanno incontro
e i flavonoli in forma agliconica aumentano di
conseguenza la loro quantità. Un esempio di
flavonolo glicosidato è la quercetina:
32
Lavoro di Maturità – Chimica
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Fig.28: flavonolo glucosidato
▬ I flavanoli possono presentarsi sia in forma
monomerica e sia in forma polimerica. Hanno come
nucleo base la catechina e l’epicatechina:
Fig.29: struttura dei flavanoli presenti nell'uva
Oltre a questi due monomeri, vanno ricordate altre
due unità fondamentali quali la gallocatechina e
l’epigallocatechina. I monomeri di flavanoli sono
anche semplicemente chiamate catechine e si trovano
maggiormente nelle parti solide dell’uva insieme a
quelli di natura polimerica in quantità esigua.
La versione polimerica comprende i tannini
condensati o proantocianidine che sono composti ad
alto peso molecolare. A questo proposito, vale la
pena di approfondire il concetto di tannino.
33
Lavoro di Maturità – Chimica
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Il termine tannini viene utilizzato per indicare i
polimeri dei composti fenolici i quali devono avere
proprietà specifiche come la solubilità in acqua, il
peso molecolare compreso tra 500 e 3000g/mol e la
capacità di interagire con le proteine. Quando si
parla di tannino nativo ci si riferisce a quello dell’uva,
mentre se si sta parlando di tannino neoformato
s’intende quello del vino. I tannini si diversificano
dagli antociani poiché i primi hanno l’anello
eterociclico ossigenato saturo. I tannini sono
classificabili in due categorie, sulla base della loro
capacità di idrolizzarsi: i tannini idrolizzabili e i
tannini condensati.
• I tannini idrolizzabili sono copolimeri, ossia
polimeri composti da due o più monomeri
diversi, degli acidi gallico e/o ellagico
accostati a zuccheri che di solito sono glucosio.
Infatti vengono anche chiamati tannini gallici
e tannini ellagici.
• I tannini condensati o proantocianidine6
sono polimeri di flavonoidi condensati per
mezzo di legami tra atomi di carbonio.
6
Possono infatti dare origine alle antocianidine.
34
Lavoro di Maturità – Chimica
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E
Fig. 30: struttura generale dei tannini condensati
Essi si dividono in funzione dell’attività che
svolgono i gruppi ossidrili presenti nella
struttura di base. Quelli situati nella buccia
dell’acino d’uva vengono detti prodelfinidine,
poiché costituite da unità di gallocatechine, e
le procianidine che invece derivano dalle
catechine.
Occorre sottolineare, che entrambi i gruppi di
tannini possono essere idrolizzati e che la differenza
sta più nei diversi monomeri principali che li
formano: l’acido gallo-ellagico glucosidato nei
tannini idrolizzabili e i flavanoli nei tannini
condensati.
I tannini ad alto peso molecolare conferiscono meno
astringenza al vino rispetto a quelli a basso peso
molecolare perché il gruppo fenolico al loro interno
forma legami ponte-idrogeno con le proteine che
35
Lavoro di Maturità – Chimica
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diventano insolubili, producendo di conseguenza
quella sensazione di astringenza.
Vediamo infine, dove sono situati precisamente i
tannini nella buccia del frutto:
Fig.31: distribuzione dei tannini nella buccia
▬ L’ultima categoria di flavonoidi sono gli antociani o
antocianine. Il nome deriva dal greco “antro
kyanos” che significa fiore blu e sono dei pigmenti
colorati presenti in molti fiori e frutti ai quali donano
sfumature di colore tra il rosso ed il blu.
Gli antociani sono glicosidi, la cui parte agliconica è
chiamata antocianidina. Il loro colore, oltre che
dipendere dal numero di sostituenti, è anche
influenzato notevolmente dal pH dell’ambiente in
cui si trovano. Sono vermiglio brillante in ambiente
acido, violetti in ambiente neutro e blu profondo in
ambiente basico.
36
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N
e
l
v
i
n
o
,
g
l
i
a
n
t Fig. 32: variazioni degli antociani con il pH
Gli antociani rappresentano i classici coloranti del
vino nella dose media di 1 g/L e sono localizzati
principalmente nelle bucce degli acini. Attenuano
inoltre le radiazioni solari a cui sono costantemente
esposte le uve. A seconda dei sostituenti che si
agganciano all’antocianidina, si ottengono cinque
principali antociani riscontrabili nell’uva:
37
Lavoro di Maturità – Chimica
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Fig. 33: schema delle strutture delle diversi classi di antociani presenti nell'uva
Qualche riga sopra è stato posto l’accento
sull’influenza del pH sulla colorazione degli
antociani, ma vediamo ora di scoprire la ragione di
questo effetto. Bisogna sapere che gli antociani in
soluzione acquosa possiedono un equilibrio del tipo:
Per comodità è stata utilizzata la formula per la parte
agliconica. A sinistra abbiamo la forma ossonio
colorata e a destra la “pseudo base” incolore. Si
capisce ora come l’incidere del pH sia determinante
per la colorazione del vino. Ad avviso di alcuni
studiosi, il pK7 di quest’equilibrio si aggira intorno a
7
Il pK è –log di K, dove K indica la costante di ionizzazione.
38
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
3, ragion per cui, trovandosi il pH del vino intorno a
3 - 3.6, gli antociani si troverebbero nella bevanda
per metà in forma colorata e per metà incolore. Se il
vino venisse acidificato, l’equilibrio, per il principio
di LeChâtelier, si sposterebbe a sinistra provocando
un’intensificazione cromatica. Se invece il pH
aumenta si ha una decolorazione generale a causa
della reazione ora a favore dei prodotti.
Questi composti non sono molto solubili nel mosto
ed in acqua, ma hanno una buona solubilità
nell’alcol prodottosi con la fermentazione alcolica.
Agli antociani è data anche la capacità di combinarsi
con le proteine batteriche esistenti nel vino,
limitandone la riproduzione e attuando così
un’azione antibatterica. Questa benefica
caratteristica è maggiormente efficace durante i
primi anni di vita della bevanda, in quanto con
l’invecchiamento gli antociani tendono a formare i
polimeri dei flavanoli che decantano poiché poco
solubili. A questo proposito, nel 1892, un certo A.
Pick fece un esperimento, mettendo del vino in
acqua contenente i batteri del colera. Dopo un breve
lasso di tempo la soluzione risultò potabile.
3.4.1.5.5. Zuccheri
Gli zuccheri sono sostanzialmente carboidrati, ossia
molecole i cui principali gruppi funzionali sono il gruppo
ossidrilico O-H e quello carbonilico C=O. Essi vengono
classificati sotto tre differenti categorie: monosaccaridi,
oligosaccaridi o polisaccaridi. Il termine saccaride sta solo ad
indicare il sapore dolce di alcuni carboidrati semplici. I tre
tipi di zuccheri si distinguono a causa della reazione di
idrolisi, ossia la reazione grazie alla quale una molecola si
scinde con il conseguente rilascio di una molecola di acqua:
polisaccaride
oligosaccaride
H2O
monosaccaride
H2O
39
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
I monosaccaridi ( o zuccheri semplici) sono quei carboidrati
che non possono essere idrolizzati in composti più
semplici. I polisaccaridi sono l’insieme di numerose unità di
monosaccaride legate tra di loro, mentre gli oligosaccaridi
comprendono anch’essi le medesime unità, ma in quantità
molto minore (da 2 a 10 unità).
I monosaccaridi a loro volta si differenziano tra di loro per
il numero di atomi di carbonio presenti (triosi, tetrosi,
pentosi, esosi, ecc.) e per il fatto che il gruppo carbonile
può essere sia aldeidico (monosaccaridi aldosi) o chetonico
(chetosi).
Nel vino, non tutti gli zuccheri presenti nel
mosto vengono fermentati in
alcol. Alcuni rimangono intatti
perché non subiscono la
trasformazione in etanolo come
l’arabinosio, lo xilosio o il
ribosio,tre monosaccaridi pentosi.
Alcuni invece restano in forma di
residui come ad esempio
Fig.34: struttura lineare
del glucosio
fruttosio e glucosio che sono i
Fig.35: struttura
monosaccaridi più importanti per
lineare del fruttosio
la fermentazione alcolica. Questi ultimi due
zuccheri hanno la stessa formula chimica, ossia C6H12O6, e
sono quindi due monosaccaridi esosi. Tuttavia il gruppo
carbonile li distingue perché nel glucosio è di tipo
aldeidico (è presente un’aldeide), mentre nel fruttosio è
chetonico ( è presente un chetone). Nel succo d’uva, questi
due zuccheri semplici hanno la stessa quantità, ma con la
fermentazione alcolica il rapporto tra i due cambia poiché
la velocità di fermentazione del glucosio è maggiore e alla
fine si riscontrerà perciò un quantitativo di fruttosio più
alto. Il vino risulta avere con la loro presenza un sapore
dolce, nonché sensazioni di morbidezza sul palato. Il
40
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
contenuto zuccherino inoltre permette di classificare il
vino in:
▬
▬
▬
▬
▬
secco : < 4g/L
semisecco o abboccato: 4 - 12g/L
amabile: 12 – 45g/L
dolce: 45 – 60g/L
liquoroso: > 60g/L.
È importante precisare che durante la produzione,
l’aggiunta di saccarosio8 nella bevanda è vietata.
3.4.1.5.6. Sali minerali
I sali minerali risultano nel vino dalla combinazione tra
minerali e acidi, anche se ci sono molte altre reazioni che
portano alla loro formazione. Un esempio di reazione di
formazione di un sale partendo da un metallo e da un
acido è dato dal seguente schema:
Zn + H2SO4 ZnSO4 + H2
Il minerale in questione è lo zinco e l’acido è quello
solforico per ottenere così solfato di zinco.
I sali sono delle sostanze inorganiche che svolgono un
ruolo fondamentale nella vita dell’essere umano e anche se
non forniscono energia direttamente, la loro presenza
favorisce tutte quelle reazioni che liberano invece il
carburante necessario.
Nel vino, i sali hanno un compito simile poiché sono
indispensabili per il metabolismo dei lieviti. Essi sono
divisi a seconda dalla loro origine:
▬ sali di acidi inorganici come cloruri, solfati e fosfati
▬ sali di acidi organici come tartrati, citrati e malati
I sali minerali contribuiscono a dare sapidità alla bevanda e
sono in essa contenuti nell’ordine di 1.5-3g per litro.
8
Il saccarosio è un disaccaride formato da glucosio e fruttosio ed è il comune zucchero che si usa in cucina.
41
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
3.4.1.5.7. Vitamine
Nel vino sono presenti molte vitamine tra cui quelle del
gruppo B come la B1, detta tiamina, la B2, conosciuta con il
nome di riboflavina, la B6, ossia la piridossina, o la B9, più
famosa come acido folico. È presente anche la vitamina C
in quantità tra 3.5 e 18mg al litro e il β-carotene
riscontrabile in tracce. Dati gli scarsi quantitativi di
vitamine, il vino può essere considerato un prodotto
multivitaminico solo per l’aspetto chimico. Tuttavia va
notato che nella bevanda ci sono due vitamine che
contribuiscono direttamente alla salute dell’individuo: il
mesoinositolo (vitamina B7) che facilita lo smaltimento di
lipidi nel fegato e la vitamina PP (vitamina B3 o niacina)
che favorisce la protezione dei vasi sanguigni.
3.4.1.5.8. Gas: CO2 e SO2
L’anidride carbonica CO2 è un gas la cui molecola è
formata da un legame tra un atomo di carbonio e due di
ossigeno.
Nel vino, la CO2 è un prodotto naturale della
fermentazione malolattica e soprattutto di quella alcolica in
cui per ogni mole di zucchero fermentato se ne vengono a
formare due di gas secondo la formula di Gay-Lussac9:
C6H12O6 → 2 C2H5OH + 2CO2
L’anidride carbonica non è solo una conseguenza della
fermentazione alcolica, ma permette anche di avere un
ambiente anaerobico poiché impedisce il contatto con l’aria
e tutto ciò è vitale per i lieviti, i quali possono innescare il
processo solo in assenza di ossigeno.
Questo gas apporta alla bevanda una sensazione di
freschezza e vivacità in base alla quantità presente in essa.
Si possono distinguere dunque tra vini fermi, frizzanti o
9
Joseph Louis Gay-Lussac (1778 – 1850) fu un fisico e chimico francese famoso soprattutto per le leggi sui gas
da lui enunciate che portano in ricordo il suo nome.
42
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
spumanti. Nei vini rossi il quantitativo
di CO2 è relativamente scarso
soprattutto perché ne accentuerebbe
l’astringenza e si aggira intorno ai
400mg/L. In quelli bianchi invece è
molto apprezzata ed è visibile anche
macroscopicamente grazie alle tipiche
bollicine nel bicchiere. La soglia dei
500-600mg/L delimita la quantità per
la quale si passa da sensazione di
freschezza a pizzicore sulla lingua a
causa delle mucose che vengono a contatto con il gas. Negli
spumanti e nei vini frizzanti la presenza della CO2 è quindi
sensibilmente maggiore e permette ad attenti degustatori
di apprezzarne il perlage10, ossia il movimento lento delle
bollicine che risalgono nel bicchiere. Il gas contenuto nella
bottiglia ancora chiusa è sottoposto ad una pressione di
circa 6atm e si trova per questo nel suo stato liquido. Al
momento dell’apertura, esso subisce un brusco calo di
pressione e ritorna gassoso, procurando ad ogni evento da
festeggiare uno sprigionamento di bollicine e allegria.
Fig.36: tipiche bollicine di
anidride carbonica visibili in
vini bianchi frizzanti e
spumanti
L’anidride solforosa SO2 è l’altro gas protagonista e risulta
dal legame tra un atomo di zolfo e due di ossigeno. È una
sostanza dall’odore acre, nonché velenosa.
Tuttavia essa è di fondamentale importanza nell’ottenere
un vino di qualità ed è per questo che viene aggiunta
artificialmente durante la produzione anche se può venire
prodotta da determinati lieviti naturalmente presenti nel
mosto. La SO2 si presenta nella bevanda soprattutto in
forma libera, quella attiva, ma anche combinata e
l’equilibrio tra queste due forme è essenziale per l’attività
che la SO2 deve svolgere. Innanzitutto essa, molto
facilmente captata dai microorganismi, effettua una
selezione dei lieviti, favorendo solo quelli utili alla
fermentazione. Dopodiché essa ha straordinarie azioni
10
Il nome deriva dalle catenelle di tante piccole bollicine che si formano in uno spumante affine nel tempo e
che ricordano preziose collanine di perle.
43
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
antisettiche, conservanti e antiossidanti che permettono di
controllare la fermentazione evitando attacchi batterici
pericolosi e di fermare ossidazioni indesiderate dei tannini
o del ferro che modificherebbero gusto e aspetto del vino.
La reazione che permette l’azione antiossidante è la
seguente:
SO2 + ½ O2 SO3
Tra le altre funzioni che svolge questo gas ci sono quella di
solvente poiché favorisce il passaggio in soluzione di
sostanze coloranti e quella chiarificante perché rende la
fermentazione meno tumultuosa e aiuta la decantazione
naturale.
Ma tutto ciò, come annunciato prima, è possibile solo
grazie all’equilibrio che viene instaurandosi tra SO2 libera e
SO2 combinata che però è facilmente influenzabile da
temperatura e pH. Inoltre anche l’anidride solforosa libera
può presentarsi in diverse forme, anch’esse in equilibrio tra
loro. Infatti, ad un certo punto si arriva alla seguente
reazione, dopo aver inserito la SO2 gassosa in soluzione:
SO2(aq) + H2O ↔ H2SO3
Il prodotto di questa trasformazione chimica è l’acido
solforoso che a sua volta porta alla formazione di bisolfito
secondo lo schema:
H2SO3 ↔ H+ + HSO-3
Adesso si capisce perché il pH ha grande influenza. Infatti
se l’ambiente è particolarmente acido ci vorrà un dosaggio
minore di gas per il principio di LeChâtelier. A causa della
formulazione logaritmica del pH, con l’innalzamento di un
grado è necessario decuplicare il quantitativo di SO2 per
avere costante la quantità di quella in forma libera e cioè
attiva.
Oltre ad avere tutte queste virtù benefiche, non bisogna
dimenticare che l’anidride solforosa in dose eccessiva
provoca effetti molto spiacevoli. Tra questi il famoso
“cerchio alla testa”, ovvero una forma di cefalea primaria,
odori sgradevoli dovuti alla produzione di scarti come H2S
oppure l’inibizione della fermentazione malolattica. La
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Lavoro di Maturità – Chimica
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quantità raccomandata è di 160mg/L per i vini rossi e di
210mg/L per quelli bianchi e rosati.
3.4.1.6. La fermentazione alcolica e la fermentazione
malolattica
Le fermentazioni sono probabilmente le reazioni chimiche più
importanti durante la trasformazione delle uve in vellutato
vino, in particolare quella alcolica e quella malolattica. Per il
loro corretto funzionamento possiamo individuare tre
protagonisti fondamentali: i lieviti per l’alcolica, i batteri lattici
per la malolattica e 4 coenzimi11per entrambi i processi.
I lieviti sono microorganismi formati da una
cellula sola, appartenenti al regno dei
funghi.
Nell’uva sono persino visibili poiché
l’aspetto polveroso che si riscontra negli
acini d’uva è proprio dovuto alla presenza
Fig.37: aspetto polveroso degli acini d'uva
di cellule di lievito depositate sulla buccia.
Nel vino, i lieviti non solo permettono la produzione di alcol
etilico, ma contribuiscono alle qualità organolettiche del vino,
al suo gusto dunque e ai suoi aromi. I lieviti utilizzati in
enologia sono quelli anaerobici, ossia quelli che lavorano in
assenza di ossigeno e producono l’energia necessaria dalla
conversione degli zuccheri in etanolo e anidride carbonica.
Effettuano così una respirazione
anaerobica, quella che
comunemente viene definita
fermentazione. Tuttavia, essi si
creano automaticamente un
ambiente intorno a loro molto
p
Fig.38: cellule di Saccharomyces Cerevisiae al
e
microscopio
r
11
I coenzimi sono la parte non proteica degli enzimi. L’unione tra quest’ultima porzione e le proteine è
indispensabile per la funzione di catalizzatori che gli enzimi sono chiamati a compiere.
45
Lavoro di Maturità – Chimica
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icoloso perché aumentano il contenuto
di alcol che a lungo andare potrebbe
risultare loro fatale. In base alla
resistenza e alla sensibilità alle
concentrazioni di etanolo, i lieviti più
utilizzati in enologia sono il
Saccharomyces Cerevisiae ed il
Fig.39: cellule di Saccharomyces
Bayanus viste al microscopio
Saccharomyces Bayanus. La prima
elettronico
specie è particolarmente studiata
poiché viene usata per produrre molti alimenti ed è più
conosciuta come lievito di birra.
La scoperta del ruolo dei lieviti in enologia è stata fatta circa un
secolo e mezzo fa, quando nel 1854 Louis Pasteur, tra i suoi
innumerevoli esperimenti, annunciò che era proprio l’attività
dei lieviti sviluppatesi in assenza di ossigeno a dar luogo alla
fermentazione.
I batteri lattici sono microorganismi largamente diffusi in
natura, specialmente dove l’habitat fornisce ricchi nutrienti.
Alcune specie appartengono alla normale microflora della
bocca e dell’intestino dell’essere umano.
I batteri lattici sono naturalmente
presenti nel vino e se qualora non ve
ne fosse una quantità sufficiente ad
innescare la fermentazione
malolattica, si possono aggiungere
artificialmente. Nell’uva si trovano
soprattutto i Pediococcus, i
Fig. 40: batteri Leuconostoc oenos visti
al microscopio
Leuconostoc oenos ed i Lactobacillus.
Dopo che il vino ha attraversato la malolattica, si trovano per lo
più i Leuconostoc oenos.
I 4 coenzimi principali che intervengono nelle fermentazioni
sono NAD+, TPP, ATP e ADP. Ma procediamo con ordine,
cercando di inquadrare bene queste quattro particolari
molecole.
▬ Il NAD+ è un’abbreviazione che sta per Nicotinammide
Adenina Dinucleotide. Il suo ruolo è quello di trasferire
46
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
elettroni, consentendo le ossido
ossido-riduzioni
riduzioni ed è per questo
quest
classificato come coenzima ossidoriduttivo. Per fare ciò,
questa molecola può fissare reversibilmente due atomi di
idrogeno secondo lo schema seguente:
NAD+ + 2H ↔ NADH + H+
+
Fig.41: meccanismo di ossido-riduzione del NAD
Il coenzima è formato da due nucleotidi12 di cui il primo è
composto di ribosio e adenina, mentre il secondo di
ribosio e nicotinammide:
+
Fig.42:: formula di struttura del NAD
▬ Il TPP sta per Tiamina
Pirofosfato e appartiene
alla classe dei coenzimi
delle decarbossilasi, ossia a
quel tipo di coenzimi che
Fig.43:: formula di struttura del TPP
accelera la reazione che
porta alla sottrazione di un gruppo carbossilico con il
12
I nucleotidi sono le unità elementari degli acidi nucleici come DNA e RNA.
47
Lavoro di Maturità – Chimica
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rilascio di CO2. La TPP permette la decarbossilazione
decarbossilazion del
piruvato, un importantissimo metabolita, fornendo
energia metabolica.
▬ L’ATP
ATP, ossia l’Adenosina Trifosfato, è probabilmente
quello più conosciuto per via del suo ruolo di “moneta di
scambio ad alta energia”. In
effetti, è proprio per il fatto
di trasferire energia che è il
composto maggiormente
richiesto dalle reazioni
metaboliche e gioca anche
nelle fermentazioni un
Fig.44:: struttura chimica dell'ATP in cui sono presenti
tre gruppi fosfato, uno zucchero pentoso (ribosio) ed ruolo importante. Analoga è
una base azotata
la funzione dell’
dell’ADP,
l’Adenosina Difosfato, che si
differenzia dall’ATP per la sua
struttura.
Fig.45:: struttura chimica dell'ADP che presenta
solo due gruppi fosfato oltre che al ribosio e alla
base azotata
Avendo ora una più chiara idea dei protagonisti che
interpretano il ruolo principale in una delle due, o in entrambe
le fermentazioni, possiamo aprire il sipario e goderci lo
spettacolo di questi due processi.
La fermentazione
alcolica è un processo
che porta alla
degradazione di
molecole di zucchero per
ricavarne energia vitale
agli artefici della
48
Fig.46:: schema dei prodotti della fermentazione alcolica
Lavoro di Maturità – Chimica
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trasformazione, i lieviti anaerobici, i quali proseguiranno con la
fermentazione dalla quale risulteranno infine vari prodotti, tra
cui i più importanti che sono l’alcol etilico e la CO2.
L’alcolica si può suddividere in due momenti diversi, il primo
che è rappresentato dalla glicolisi, ovvero il trasformarsi degli
zuccheri esosi (glucosio e fruttosio) in acido piruvico, o
piruvato, ed il secondo che riguarda il passaggio da acido
piruvico ad etanolo. È importante sottolineare che la prima fase
della glicolisi è consueta sia alla via aerobica (respirazione) e sia
a quella anaerobica (fermentazione), mentre la seconda è
caratteristica unicamente dei lieviti.
La glicolisi comprende,
tra glucosio e acido
piruvico, tutti
intermedi fosforilati,
ossia composti ad alta
energia, i cui gruppi
fosforici sono in grado
di conservarla fino alla
creazione finale di ATP.
Nella prima parte, ossia
nel passare da glucosio6-fosfato a
gliceraldeide-3-fosfato
e diidrossiacetone
fosfato, si ha un
consumo di ATP. In
questo mutamento si
ha il punto di rottura
della catena carboniosa
da 6 atomi a due
molecole composte di 3
atomi di carbonio,
appunto il
diidrossiacetone fosfato
e la gliceraldeide-3Fig.47: Prima parte della glicolisi, il passaggio da glucosio-6-fosfato
fosfato. L’equilibrio che
a diidrossiacetone fosfato e gliceraldeide-3-fosfato; i nomi scritti in
verde indicano gli enzimi.
si instaura tra questi due
49
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
composti è incessantemente spostato verso il secondo poiché
sottratto costantemente per le reazioni successive.
La seconda parte della glicolisi
riguarda principalmente reazioni
di ossidoriduzione e grazie alla
formazione di ATP viene
recuperata energia. Si parte
quindi dalla gliceraldeide-3fosfato, dalla cui ossidazione si
viene a formare un intermedio
che permette la prima
conservazione di energia
sottoforma di ATP, per arrivare
alla fase finale in cui si assiste ad
un ulteriore immagazzinamento
di energia con la formazione di
piruvato.
A questo punto, dopo la
comparsa di acido piruvico come
prodotto finale, possiamo
considerare terminata la glicolisi.
Fig. 48: seconda fase della glicolisi che trasforma la
gliceraldeide-3-fosfato in acido piruvico
50
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
Inizia ora la fermentazione vera e
propria grazie ai lieviti operanti in
assenza di 02. Durante questo stadio
conclusivo, avviene la
decarbossilazione dell’acido piruvico
che è una reazione irreversibile la
quale noi sappiamo richiedere la TPP,
oltre la presenza di ioni magnesio.
Questa trasformazione porta ad
acetaldeide che grazie ad un’ossidoriduzione si trasforma in etanolo. Ed
ecco che si ottiene il tanto desiderato
Fig. 49: fase ultima della fermentazione alcolica
prodotto il quale è accompagnato
dalla CO2 formatasi già prima nel decorso della
decarbossilazione. Da 100g di zucchero è possibile, con la
fermentazione, ricavare circa 48g di alcol, pari a 6cl.
È interessante notare che se per noi il successo è dato dalla
formazione di alcol e anidride carbonica, per i lieviti il risultato
positivo è da attribuirsi alla conquista di due molecole di ATP
per ogni molecola di zucchero esoso di partenza.
La fermentazione malolattica si innesca generalmente dopo
l’alcolica. Il termine fermentazione non è tuttavia
scientificamente corretto poiché si tratta per lo più di una
degradazione dell’acido malico in acido lattico grazie all’azione
dei batteri lattici. Prima di illustrare il meccanismo di processo,
bisogna elencare vari fattori determinanti per lo svolgersi dello
stesso:
▬ L’alcol etilico formatosi durante la fermentazione alcolica
non deve superare il 15% in volume.
▬ Un pH troppo basso impedirebbe il decorso della
malolattica e un ambiente troppo basico la rallenterebbe.
Il valore ottimale si aggira quindi intorno a pH = 4.
▬ La presenza di SO2 deve essere limitata.
▬ La temperatura influenza la velocità di moltiplicazione dei
batteri e anche quella della reazione. L’intervallo ideale è
51
Lavoro di Maturità – Chimica
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quella tra i 18 - 20°C, situazione ideale che si viene a
creare solitamente in primavera.
Fig. 50: principali fattori che influiscono sull'inizio ed il decorso della malolattica
Il meccanismo di reazione che rappresenta la fermentazione
malolattica è il seguente:
S del meccanismo di reazione della malolattica
Fig. 51: schema
i
Il principio è caratterizzato dalla decarbossilazione dell’acido
malico, infatti viene liberata anidride carbonica. Questa
reazione è catalizzata dall’enzima malico che porta alla
formazione di piruvato. L’incedere della trasformazione, grazie
all’enzima lattico deidrogenasi, porta infine alla creazione di
acido lattico. L’enzima lattico deidrogenasi è noto anche come
LDH ed è presente nel cuore e nel fegato. Infatti, una variazione
dei suoi valori è indice di infarto miocardico o di anemia
emolitica.
Il risultato conclusivo principale della fermentazione è che
essendo l’acido malico trasformato in acido lattico, viene
52
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
perdendosi quel gusto acerbo che contraddistingue il malico.
L’acido lattico è più delicato e conferisce più morbidezza alla
bevanda.
Un altro aspetto risultante molto importante è quello di
disacidificazione. Infatti, per ogni molecola di acido malico che
si trasforma in acido lattico più debole, si realizza una perdita
stechiometrica di un gruppo carbossilico che rende minore
l’acidità del vino.
Il gusto infine, oltre ad acquisire un tono più vellutato, si
stabilizza su aromi che ricordano la vaniglia, le spezie, il legno
o la frutta secca. Viene ad accentuarsi quindi la corposità del
vino, lasciando scemare quei toni erbacei che lo
caratterizzavano in precedenza.
3.4.1.7. Tecniche usate nell’esperienza in laboratorio
Le tecniche che sono state adoperate al fine di fare le analisi
desiderate sono principalmente l’estrazione con solvente e la
cromatografia. Sono due strumenti analitici relativamente
semplici, ma molto efficaci. Queste due tecniche sono state
usate nella stessa esperienza, quella dei coloranti naturali che
verrà presentata nel prossimo capitolo. È stato necessario però
eseguire dapprima l’estrazione e poi la cromatografia per
motivi molto pratici, infatti la prima è servita a dare il
“materiale”, ossia i coloranti, alla seconda. Cerchiamo ora di
illustrare meglio le peculiarità di ciascuna modalità di analisi.
Non bisogna tuttavia dimenticare l’utilizzo importante di altre
due tecniche di laboratorio: la titolazione e la spettrofotometria,
le quali verranno esemplificate e approfondite durante la parte
sperimentale.
3.4.1.7.1. Estrazione con solvente
L’estrazione con solvente è una tecnica purificatrice che si
basa sulla differente solubilità di una sostanza tra due
solventi non miscibili tra di loro. L’analita si distribuisce tra
queste due fasi sino a raggiungere l’equilibrio. Il coefficiente
53
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
di ripartizione è il rapporto tra le concentrazioni della
sostanza analizzata al momento dell’equilibrio. La
solubilizzazione è un proce
processo
sso che implica delle
interazioni tra le molecole di soluto e quelle del solvente.
Queste interazioni sono determinate dalla polarità delle
molecole stesse. In genere, una molecola polare presenta un
atomo centrale che possiede almeno una coppia di
elettro
elettroni
ni non condivisa e perciò le cariche non sono divise
omogeneamente
omogeneamente, cosicché alle estremità si vengono a
creare cariche opposte tra di loro. Una molecola apolare
invece
invece, comporta un’equa distribuzione di cariche; tutti gli
idrocarburi ad esempio sono apola
apolari.
ri. Secondo la regola
simile scioglie simile
simile,, i soluti polari tendono a
dissolversi in solventi polari e quelli apolari in
solventi apolari. Questa premessa serve a spiegare il
meccanismo dell’estrazione che può essere usata sia
per estrarre soluti inorgan
inorganici,
ici, anche se più di rado, e
sia per estrarre quelli organici. Per quest’ultimo fine si
usa un imbuto separatore in cui viene messo un
miscuglio di solventi organici come ad esempio
acetone, etere etilico e alcol isopropilico e poi viene
aggiunto l’analit
l’analita.
a. Lo strumento viene agitato
vigorosamente e poi lasciato riposare un attimo. Si
Fig.52: imbuto
vede che le sostanze organiche da analizzare si sono
separatore
trasferite da un solvente all’altro, dall’analita al
solvente organico, formando uno strato insolubile che si
dispone, a seconda della sua densità, sotto o sopra la fase
acquosa13. la fase acquosa. Si ottengono quindi due fasi
distinguibili grazie ad una linea o ad una differenza di
colore. A questo punto si apre il rubinetto posto alla base
dello strumento per lasciare scorrere via la fase acquosa di
nessuna utilità all’esperimento e si chiude la valvola non
appena si arriva al confine con la fase organica.
Quest’ultima parte conterrà al suo interno la sostanza
13
La fase organica sovrasta quella acquosa
cquosa perché di solito vengono utilizzati solventi organici meno densi
dell’acqua. Tuttavia la fase organica può anche sottostare quella acquosa anche perché spesso si usa il cloruro
di metile che è più denso dell’acqua
dell’acqua.
54
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
organica che si voleva estrarre e che ora è disponibile per
ulteriori analisi.
Esistono tuttavia degli svantaggi nell’estrazione con
solvente:
▬ la possibile necessità di dovere utilizzare solventi
tossici come clorurati e benzene;
▬ tempi di analisi piuttosto lunghi;
▬ non sempre le due fasi sono ben distinguibili perché
il loro colore risulta essere pressoché uguale;
▬ è una tecnica fondata molto sulla capacità soggettiva
di individuare il confine e di saper eliminare
correttamente la fase inutile.
3.4.1.7.2. Cromatografia
Il termine cromatografia14 viene utilizzato per tutti quei
metodi che servono a separare fisicamente due o più
componenti di un miscuglio su una fase stazionaria (solido o
liquido su supporto solido) grazie ad una fase mobile (gas o
liquido) che fluisce attorno alla fase stazionaria. La
separazione è fondata sulla diversa affinità delle sostanze
della fase stazionaria con il solvente o il gas della fase
mobile. Infatti, ogni composto di una miscela, alle stesse
condizioni, interagisce con il suo ambiente circostante in
modo particolare. Questo naturale divario determina una
diseguale velocità di scorrimento per ognuno dei composti
e grazie al quale si possono infine identificare.
Esistono diversi tipi di cromatografia classificabili a
seconda di due parametri specifici:
▬ lo stato fisico della fase mobile che può essere o
gassoso o liquido;
▬ la fase stazionaria, ossia il supporto su cui viene
caricata la miscela da separare.
14
La parola cromatografia deriva dal greco “khrômatos” e “graphia” che letteralmente significa “scritto in
colore”.
55
Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
Alcuni tipi di cromatografia sono:
▬ A scambio ionico: la fase stazionaria è ricoperta di ioni
che possono essere scambiati con i componenti ionici
del soluto.
▬ Su carta: è uno tra i più vecchi meccanismi utilizzati.
Sul bordo inferiore di un foglio di carta da filtro
viene depositato il miscuglio da separare e
mettendolo a contatto con la fase mobile liquida
posta in una bacinella si attende che per capillarità il
liquido salga e trascini con sé le diverse molecole.
▬ Su strato sottile (TLC): la fase stazionaria è uno strato
sottile di materiale adsorbente15 come gel di silice o
cellulosa in polvere deposto su una lastra di vetro o
di alluminio. La fase mobile è composta da uno o più
solventi. Quest’ultima viene travasata in un
contenitore (camera cromatografica) nel quale
successivamente viene adagiata la fase stazionaria
caricata con il campione da analizzare. La camera
viene chiusa in modo da avere l’ambiente saturo di
vapori. Per capillarità il solvente, o il miscuglio di
solventi, sale lungo la lastrina portando con sé, in
maniera differente, le componenti dell’analita.
Questo processo può durare da una decina di minuti
a parecchie ore.
Questo tipo di cromatografia è quella che è stata
utilizzata in laboratorio.
▬ Gascromatografia (GC): la fase stazionaria è di solito
un liquido non volatile su supporto di polvere che
riempie una colonna (colonna impaccata) oppure esso
è posto come strato sottile all’interno di una colonna
di diametro inferiore al mm (colonna capillare). La
fase mobile è un gas, detto gas di trasporto o gas
carrier, che generalmente appartiene alla categoria
degli inerti. Il principio è il medesimo della tecnica
che utilizza una fase mobile liquida, l’unico
15
L’adsorbimento è il fenomeno grazie al quale le molecole di un soluto vengono trattenute sulla superficie di
un solido in seguito a forze elettrostatiche.
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vantaggio di avere un gas è quello di poter
analizzare campioni in tutti gli stati fisici.
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Fig. 53: esempio di scheda di analisi di una gascromatografia effettuata durante i miei studi in un laboratorio di una ditta
farmaceutica; nei due grafici sono visibili i "picchi" che permettono di identificare le varie sostanze
58
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3.4.2. L’esperienza in laboratorio
Esperienza 1): Determinazione dell’acidità totale
L’acidità totale corrisponde alla somma degli acidi titolabili
quando si porta il vino a pH 7 per aggiunta di una soluzione
alcalina a concentrazione nota. Questa acidità è costituita
prevalentemente da acidi organici (tartarico, malico, succinico,
lattico, citrico) e volatili (formico, acetico, propionico, butirrico).
L’acidità totale è quindi la somma tra acidità fissa (acidi che non
distillano in corrente vapore) e acidità volatile.
Il rapporto tra acidità fissa e volatile è importante, in quanto
consente di diagnosticare eventuali anomalie. Ad esempio,
nell’acescenza (alterazione del vino causata dal Bacterium aceti,
che operando la scissione dell'alcool etilico lo trasforma, per
ossidazione, in acido acetico), aumenta l’acidità volatile e resta
costante la fissa. Nel girato, invece, aumenta la volatile e
diminuisce la fissa (trasformazione dell’acido tartarico in acido
lattico e acido acetico).
L’acidità di un vino rappresenta un criterio molto importante per
la sua commercializzazione. Infatti i vini troppo acidi sono
sgradevoli, quelli troppo poco acidi, quindi troppo zuccherini,
possono “ammalarsi” facilmente.
Il vino dovrebbe avere un pH tra 2,8 e 4. La sua acidità favorisce
una migliore conservazione del prodotto.
I risultati normalmente vengono espressi in g acido tartarico/L.
Il vino dovrebbe avere un’acidità totale compresa fra 4,5 e 15
g/L.
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Lavoro di Maturità – Chimica
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Obiettivo dell’esperienza:
Con quest’esperienza si vuole determinare l’acidità totale del
vino in questione e confrontarne il valore con l’intervallo
consentito.
Procedimento:
1) 25mL di vino vengono posti in una beuta e agitati per scacciare
la CO2. Tale gas infatti forma H2CO3 che essendo acido potrebbe
influenzare i valori di pH.
2) Si misura il pH iniziale del vino con un pH metro, prima
accuratamente pulito con H2O e asciugato.
3) Si effettua una titolazione con NaOH 0,25M, cogliendo e
annotando, dopo ogni aggiunta di NaOH (inizialmente 1mL per
volta), la variazione del pH che aumenterà dato che ad un acido
viene aggiunta una base.
4) Costruire il grafico pH vs. mL di NaOH 0,25M e leggere il valore
dei mL a pH 7.
Calcoli:
L’acidità totale espressa in g acido tartarico/L vino = mL KOH 0,25M · 0,75
Il fattore 0,75 deriva dal ragionamento seguente :
Occorre innanzitutto tener conto del fatto che l’acido tartarico è
biprotico, ossia ha due gruppi funzionali che in questo caso
corrispondono ai gruppi acidi carbossilici:
Con la proporzione
, =
si ricava che in 1mL di NaOH
0,25M ci sono
X = 2,5 • 10-4 mol di NaOH.
60
Lavoro di Maturità – Chimica
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Per neutralizzare 1mol di acido tartarico ho bisogno di 2mol di
KOH, questo appunto perché si tratta di un acido diprotico.
La reazione di tale neutralizzazione è quindi:
C4H6O6 (acido tartarico) + 2NaOH C4H4Na2O6 (tartrato di potassio) + 2H20
1 mol
2 mol
1,25 • 10-4 mol  2,5 • 10-4 mol
1,25 mol C4H6O6 si moltiplicano per la massa molare di 150
g/mol e si ottengono 0,01875g di acido tartarico.
Ogni mL di NaOH neutralizza 0,01875g di acido tartarico, ma
questi grammi sono contenuti in 25 mL di vino. Per definizione
bisogna calcolare la massa di C4H6O6 per un’unità di volume di
vino pari a un litro:
,
=
x = 0.75 g di acido tartarico
Quindi ogni mL di NaOH 0,25M neutralizza 0,75 g di acido
tartarico in un litro di vino.
Risultati e discussione:
Il pH iniziale del vino è 3,45, rientra quindi nell’intervallo ideale
di pH anche se tende ad essere un prodotto piuttosto dolce
rispetto ad altri.
Grafico del pH in funzione dei mL aggiunti di pH:
ml NaOH
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
3.5
4.0
4.5
5.0
5.5
pH prima prova
3.56
3.68
3.80
3.92
4.07
4.20
4.36
4.53
4.73
4.96
5.27
pH seconda prova
3.59
3.71
3.85
3.97
4.11
4.26
4.44
4.62
4.75
4.97
5.30
61
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6.0
6.5
7.0
7.5
8.0
8.5
9.0
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5.63
6.40
7.33 Viraggio
8.30
8.86
9.36
9.65
20 dicembre 2010
5.73
6.40
7.43 Viraggio
8.26
8.90
9.39
9.77
10.00
6.00
4.00
1° prova
2.00
2° prova
9.00
8.50
8.00
7.50
7.00
6.50
6.00
5.50
5.00
4.50
4.00
3.00
3.50
2.50
0.00
0.00
0.50
1.00
1.50
2.00
pH vino
8.00
mL NaOH aggiunti
Si nota come le due linee quasi si
sovrappongano, come le due prove
effettuate si equivalgano, ed è per questo
che al grafico è stata aggiunta la terza
dimensione.
La curva che si viene a creare è quella
caratteristica della titolazione tra un acido
debole (analita) ed una base forte (titolante)
come l’idrossido di sodio. Aggiungendo 7
mL di NaOH, in entrambe le prove, si è
potuto notare il viraggio di colore che è
passato
assato da rosso scuro a blu notte ed è
62
Lavoro di Maturità – Chimica
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quindi quando il vino da acido, è diventato basico.
Il colore blu notte non appena si varca la soglia tra acidità e
basicità è dovuto ai coloranti naturali del vino, gli antociani, che
in ambiente acido danno una colorazione violetto-rossa, mentre
in ambiente basico conferiscono tonalità cromatiche tendenti al
blu scuro, quasi nero.
Ora non ci resta che calcolare il valore di acidità totale:
acidità totale (g C4H6O6/L vino) = mL di NaOH 0,25M a pH 7 • 0,75
/ml =
= 7 mL NaOH 0,25M • 0,75 /ml = 5,25 g C4H6O6 /L vino
Vediamo come anche il valore dell’acidità totale rientri nei
parametri stabiliti fra 4,5 e 15 g/L. Riprendendo il valore di pH
del vino misurato a inizio esperienza, si può trovare conferma
della dolcezza del Primitivo di Manduria dato che i grammi di
acido tartarico si avvicinano di più al limite inferiore
considerando che quello superiore è di tre volte maggiore
rispetto ai nostri 5,25 g.
Esperienza 2): Il saggio alla tocca
L’analisi dell’acidità totale può essere anche effettuata con il
metodo del “saggio alla tocca”, poiché non è possibile cogliere il
viraggio dell’indicatore a causa del colore del vino. Dunque,
dopo aver iniziato la titolazione, quando il liquido comincia ad
imbrunire (per neutralizzazione della maggior parte dell’acidità),
si continua con l’aggiunta a goccia a goccia del titolante, avendo
cura di toccare con una bacchetta di vetro immersa nel vino
l’estremità di una cartina tornasole. La titolazione viene arrestata
quando la cartina vira al blu.
L’acidità totale si ricava, come prima, moltiplicando per 0,75 i
mL di soluzione KOH 0,25M.
(incolliamo la cartina tornasole qui)
63
Lavoro di Maturità – Chimica
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Anche con questo esperimento, il volume che determina il
viraggio è 7mL di titolante e di conseguenza il valore di acidità
totale è ancora 5,25 g C4H6O6 / L vino.
Nel nostro caso, possiamo concludere, che le due esperienze
sono perfettamente compatibili.
Esperienza 3): Determinazione dell’acidità volatile
Si tratta di un parametro importante per stabilire lo stato di
conservazione del vino e l’insorgere di malattie quali l’acescenza
( eccesso di acido acetico) e la girata (formazione di acido
propionico per alterazione delle proteine).
L’acidità volatile è dovuta a tutte le componenti acide distillabili
in corrente vapore, ma si esprime normalmente in g acido acetico
/ L vino perché questo tipo di acidità è determinata soprattutto
da CH3COOH.
Limite fissato dalla legge:
.
Obiettivo dell’esperienza:
con quest’esperienza si vuole verificare la qualità del vino
mediante l’analisi dell’acidità volatile e confrontare il valore
sperimentale con il limite legale.
Procedimento:
1. Si pongono 50 mL di vino, previamente privati dalla CO2 e si
distilla normalmente fino a ridurlo a circa metà del volume. È
utile immettere delle pietrine nel liquido per rendere meno
tumultuosa l’ebollizione.
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Lavoro di Maturità – Chimica
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2. A questo punto, si immette la corrente di vapore (come
raffigurato nella foto sovrastante) regolando l’afflusso in modo
da mantenere il volume del liquido a 25 mL.
3. Quando nella beuta ci sono circa 200 mL di distillato (occorrono
circa 45 minuti), si arresta la distillazone;
4. Si titola con KOH 0,1M, indicatore fenolftaleina.
Risultati e discussione:
All’inizio, appena inserita la corrente a
vapore, abbiamo notato un risucchio
anomalo nel tubicino. Il fenomeno è
durato, all’incirca, una ventina di minuti;
tuttavia, con una temperatura maggiore
di 100°C, la distillazione ha ripreso a
funzionare in modo regolare.
Probabilmente, il risucchio era causato
dal tubo di collegamento non
perfettamente dritto (v. foto pag. precedente), ma tutto ciò non
ha influito comunque lo svolgersi dell’esperienza.
La prima gocciolina di
distillato è scesa ai 91°C.
Abbiamo raccolto meno di 200
mL di distillato, come richiesto
nel procedimento, sia per
motivi pratici che per motivi di
tempo. Tuttavia i 175 mL
65
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
ottenuti sono stati più che sufficienti.
La titolazione del distillato è avvenuta con NaOH
0,1M e non con KOH. Il viraggio di colore, da
trasparente a rosa, si è potuta vedere con
l’aggiunta di 6 mL di idrossido di sodio.
L’intensità del colore rosa è dovuta alla quantità
di fenolftaleina aggiunta all’inizio e non alla
basicità dell’analita.
A questo punto siamo in grado di fare il calcolo finale:
L’acidità volatile espressa in g acido acetico/ L vino = mL NaOH 0,1M x 0,12
Il fattore 0,12 è frutto dello ragionamento svolto nell’esperienza
1, con l’unica differenza nella stechiometria che qui risulta essere
1:1.
Calcolo:
6 mL NaOH 0,1M x 0,12
/ml = 0,72 g CH3COOH/L vino
Constatiamo che il valore ottenuto rientra perfettamente nei
limiti imposti dalla legge.
Esperienza 4): Determinazione della gradazione alcolica
(metodo per distillazione)
Il contenuto alcolico del vino si esprime in %vol e indica i mL di
alcool etilico contenuti in 100 mL di vino. In tutti i metodi
impiegati per la determinazione alcolica, non si ottiene mai il
vero valore, ma un valore un po’ superiore, visto che è difficile
separare l’alcool etilico dagli alcoli superiori e dalle altre
66
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
sostanze volatili. Essendo la loro quantità piccola rispetto
all’alcool etilico, non si tiene conto della loro presenza.
Obiettivo dell’esperienza:
con quest’esperienza, cercheremo di determinare la gradazione
alcolica del Primitivo di Manduria mediante la distillazione e
stabiliremo se il risultato che otterremo si avvicina al valore
sull’etichetta.
Procedimento:
1. Si pesa esattamente un matraccio tarato da 100 mL (da usare per
raccogliere il distillato);
2. Si misurano esattamente 100 mL di vino e si inseriscono in un
pallone da distillazione;
3. Si inseriscono un paio di pietrine di ebollizione, si attacca un
condensatore e si inizia la distillazione; il distillato viene raccolto
nel matraccio precedentemente pesato.
4. Si distilla finché il volume del vino si è ridotto a circa ¼ del
volume iniziale;
5. Si lascia raffreddare, si porta a volume e si misura la
temperatura;
6. Si misura la densità della miscela alcool – acqua, pesando il
matraccio;
7. Per rapportare la densità alle tabelle di Windisch (riferite a 15°C),
si corregge la densità aggiungendo il valore 0,0007 x ∆T con T1=
15°C e T2= temperatura misurata.
8. Utilizzando le tabelle di Windisch si può ora cercare la
gradazione alcolica.
Risultati e discussione:
la massa del matraccio era pari a 54,87 g. Con l’aggiunta del
distillato, si arriva a 152,60 g. A questo punto la massa reale della
miscela alcool – acqua è la differenza tra i due, ossia 97,73 g.
Ora possiamo calcolare la densità del liquido secondo la formula
d = m/V.
d = 97,73 g/ 100 mL = 0,9773 g/mL
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Lavoro di Maturità – Chimica
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È necessario adesso adattare questo valore misurato a T2= 20,5°C
per poter usufruire delle tabelle di Windisch: 0,0007 x (20,5°C 15°C) = 3,85 x 10 -3
La densità corretta risulta dunque essere: 0,9773 g/mL + 3,85 x
10 -3 = 0,98115 g/mL.
Andiamo a cercare il valore nella tabella di Windisch:
Ecco che risulta una gradazione alcolica di 14,97 %vol., un dato
superiore a quello riportato nell’etichetta (14,5%vol).
La non perfetta corrispondenza dei dati era stata preannunciata
nell’introduzione anche se possibili cause della non esattezza
sono riscontrabili con:
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Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
- una minima differenza di densità o di temperatura che provoca
uno sbalzo notevole nella gradazione alcolica;
- misurazioni sbagliate
- eccetera.
Esperienza 5) : I coloranti naturali
Il colore del vino rosso è dato dagli antociani, che possono essere
estratti dal vino per mezzo di un’estrazione con solvente e poi
separati tramite cromatografia su carta. Gli antociani sono una
sottocategoria dei polifenoli, sostanze contenute nella buccia
dell’uva rossa. Il loro colore dipende dall’ambiente in cui si
trovano; infatti essi assumono una tonalità violetto – rosso in
condizioni acide mentre in condizioni alcaline, essi diventano
blu.
Obiettivo dell’esperienza:
grazie dapprima alla separazione della parte organica da quella
acquosa e successivamente alla cromatografia, si vuole avere
un’idea del numero di antociani presenti nella bevanda da noi
analizzata. La determinazione specifica di ogni antociano
richiede un lavoro che prevede standard e tecniche che noi non
siamo in grado di disporre.
Procedimento:
A) Estrazione del colorante
1. Preparare un miscuglio di acetone – etere etilico – alcool
isopropilico in rapporto di 3:2:5 parti in volume;
2. Porlo in un imbuto separatore insieme a 13 g di NaCl e 50 g di
vino;
3. Agitare l’imbuto separatore; il colorante dovrebbe trasferirsi
nella fase organica, quella soprastante.
4. Buttare via la fase acquosa e trasferire la fase organica con il
colorante in un pallone;
5. Distillare la miscela con il “Rotavap”, in modo da concentrare il
colorante;
69
Lavoro di Maturità – Chimica
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6. Recuperare il colorante con un po’ di alcool.
B) Cromatografia
È previsto l’utilizzo di due lastre differenti, così come di miscele
di solventi ad esse associate.
B.1) Lastra di cellulosa su vetro
1. Preparare una miscela di solventi con questa composizione: 2butanolo – acido acetico – acqua in rapporto 4:1:5 in volume.
Quest’operazione va effettuata sottocappa;
2. Porre una striscia del colorante estratto sulla lastra di
cromatografia;
3. Inserire la lastra di cromatografia nella camera di sviluppo e
attendere per circa 2 – 3 h la sua evoluzione.
B.2) Lastra di gel di silice su supporto di alluminio
1. Preparare una miscela di solventi con questa composizione: 1propanolo – acido acetico – acqua in rapporto 6:2:2 in volume.
Quest’operazione va effettuata sottocappa;
2. Porre una striscia del colorante estratto sulla lastra di
cromatografia;
3. Inserire la lastra di cromatografia nella camera di sviluppo e
attendere per circa 2 – 3 h la sua evoluzione.
Risultati e discussione:
A) Riuscire a distinguere le due fasi nel nostro caso si è rivelato
abbastanza arduo, in quanto i colori dei due comparti
risultavano pressoché uguali. Ciò che tuttavia ci ha aiutate ad
eseguire il compito è stata la linea che separava la parte sopra, la
fase organica, con quella sottostante, quella acquosa.
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Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
Esperienza 6) Ricerca di coloranti artificiali16
Le sostanze coloranti naturali del vino (antociani per i vini rossi,
flavoni per i bianchi) sono presenti nella buccia dell’uva e
passano in soluzione durante la pigiatura. L’aggiunta di
coloranti artificiali è vietata per legge.
Obiettivo dell’esperienza:
con quest’esperienza si vuole mettere alla prova la qualità del
vino isolando su di un filo di lana eventuali coloranti artificiali.
Procedimento (metodo di Arata per coloranti acidi):
1. Porre 50 mL di vino in un becher di vetro, scaldare, arrivando ad
una ebollizione prolungata, fin tanto che il volume si riduce a
circa 1/3;
2. Aggiungere mediante pipetta, 3 mL di HCl ed un piccolo
filamento di lana bianca facendo bollire il tutto per 5 minuti;
3. Estrarre la lana e sottoporla a ripetuto lavaggio con acqua
fredda, dopodiché collocarla in un nuovo becher e farla bollire
con 100 mL di H2O distillata acidulata con HCl;
4. Quest’operazione viene ripetuta, rinnovando ogni volta il
contenuto del becher fino a che il liquido acido non si colora più;
5. A questo punto lavare e strizzare ancora il filamento con acqua
fredda;
6. Porre la lana in un nuovo becher contenente 100 mL di H2O
alcalinizzata con 10 gocce di NH3 e bollire per 10 minuti, allo
scopo di far passare il colorante in soluzione;
7. Estrarre la lana (che viene gettata) e continuare con l’ebollizione
per scacciare l’ammoniaca (non si deve più avvertirne l’odore);
8. Acidificare debolmente con HCl e immergervi un nuovo filo di
lana bianca;
9. Continuare l’ebollizione fino a decolorare il liquido;
Se il nuovo filo è colorato e rimane tale anche dopo ripetuti lavaggi, il
vino in esame era colorato artificialmente.
16
Tratto da:
Amandola G. e Terreni V., 1986, Analisi chimica strumentale e tecnica, quinta edizione di Masson Italia Editori
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Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
Risultati e discussione:
inserire il filo di lana incollato a forma di calice
Si può ben dire che il filo risulta essere soddisfacentemente
chiaro, indicando una scarsa, quasi nulla, presenza di coloranti
artificiali.
Cerchiamo ora di svelare i meccanismi celati nel procedimento e
che permettono di arrivare all’obiettivo prefissato all’inizio:
il filo di lana è in realtà una fibra proteica e come tale è
caratterizzata da due gruppi funzionali, ossia l’acido carbossilico
- COOH e l’ammina – NH2. Quando durante l’esecuzione noi
mettiamo la lana in ambiente acido (v. punto 2. del
procedimento), avviene la seguente reazione da parte del gruppo
alcalino:
NH2 + H+ NH3+
Dato che nei coloranti artificiale è presente l’anione – SO 3 - e il
prodotto della reazione è un catione, i due si legano.
Macroscopicamente ciò è visibile poiché il colorante artificiale si
è attaccato alla lana. Di conseguenza, in condizioni basiche, il
colorante ritorna in soluzione (v. punto 6. del procedimento).
Adesso è facilmente comprensibile perché il nuovo filo che viene
introdotto al punto 8. del procedimento risulta essere colorato in
presenza di coloranti artificiali nel vino e chiaro se la bevanda ne
è priva. Quest’ultimo punto in realtà era una doppia verifica, in
quanto già al punto 6. si poteva intuire se c’erano o no delle
sostanze artificiali. Difatti da noi la soluzione alcalina non si
colorava, facendoci capire che probabilmente il liquido in esame
conteneva solo coloranti naturali.
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Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
Nel punto 4. è stato necessario rinnovare l’operazione per tre
volte.
Personalmente, il risultato finale ci ha gratificate.
Esperienza 7): Determinazione iodiometrica dell’anidride
solforosa totale nei vini rossi
L’anidride solforosa contenuta nel vino (in qualsiasi vino, sia
esso bianco o rosso) è generalmente presente come SO2 libera,
oppure combinata in forma inorganica (HSO3-, SO32-) e organica
(generalmente addizionata ai gruppi carbonile).
L’anidride solforosa viene aggiunta al mosto soprattutto per
controllare la fermentazione, perché lo preserva da attacchi
batterici in virtù della sua azione antisettica e antiossidante.
La normativa stabilisce, come criterio generale, il valore di 160
mg/L come contenuto massimo ammissibile di SO2 per i vini
rossi, e di 210 mg/L per i vini bianchi e rosati. Il metodo di
analisi che utilizzeremo fornisce un valore leggermente più alto
di quello reale, a causa dell’inevitabile ossidazione di alcuni
composti riducenti presenti nel vino. Un valore tra 10 e 20 mg/L
può essere considerato indice di assenza di SO2 aggiunta.
Obiettivo dell’esperienza:
per mezzo di questa analisi vogliamo scoprire il contenuto di
anidride solforosa totale (libera + combinata)nel Primitivo di
Manduria e confrontarlo con il criterio stabilito dalla legge.
Procedimento:
Il dosaggio della SO2 totale viene effettuato sul vino trattato con
soluzione di NaOH per scindere i composti organici e fissare la SO2, e
successivamente acidificato.
1. Predisporre la buretta con la soluzione di I2 0.01M;
2. Versare 25 mL di NaOH 1M in una beuta da 250 mL;
3. Prelevare con la pipetta 50 mL di vino e versarli nella beuta,
tenendo la punta della pipetta immersa nella soluzione di
NaOH. Tappare subito e lasciare a riposo per 20 minuti;
73
Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
4. Versare il più rapidamente possibile 75 mL di acqua (per diluire)
e subito dopo 20 mL di soluzione di H2SO4 3,5M;
5. Aggiungere 1 mL di salda d’amido e titolare con la soluzione di
I2 mantenendo la soluzione in continua agitazione fino alla
comparsa del colore scuro creatosi dal complesso amido – iodio
(viraggio).
6. Calcolare il contenuto di SO2 del vino, esprimendola in mg/L
moltiplicando il volume della soluzione di iodio usata, espresso
in mL, per un fattore di 12,8.
Risultati e discussione:
il vino viene inizialmente trattato con NaOH allo scopo di
idrolizzare, quindi di liberare, la SO2 combinata. Di conseguenza,
ciò che risulta in quest’analisi è l’SO2 totale.
Per il punto 4. siamo state costrette ad aggiungere molto più di
75 mL di acqua (quasi 250 mL) poiché il colore del nostro vino è
piuttosto intenso e per riuscire a cogliere il punto di viraggio è
necessario che il vino sia chiaro, dunque diluito.
La titolazione è stata effettuata due volte per appurarne la
riproducibilità nel risultato; essa si basa sulla seguente reazione:
SO2 + I2 + 2H20 2I- + SO42- + 4H+
Grazie alla stechiometria di tale reazione, è possibile risalire al
fattore di moltiplicazione usato nel calcolo finale:
dato che SO2 e I2 sono in rapporto 1:1, una mole di SO2 viene
neutralizzata da una mole di I2. Avendo la soluzione di iodio ad
una concentrazione di 0.01M, in un mL vi sono 1 • 10-5 mol di I2.
Rispettando sempre la stechiometria sono necessarie anche 1 •
10-5 mol di SO2. Per mezzo di questo dato possiamo arrivare ai
grammi moltiplicando per la massa molare (64.07 g/mol):
10-5 mol di SO2 • 64.07 g/mol = 6.407 • 10-4 g SO2 .
Quindi ogni mL di I2 neutralizza 6.407 • 10-4 g di SO2 la quale è
contenuta in 50 mL di vino, ma visto che il calcolo è previsto per
ogni L di vino, basta applicare la seguente proporzione:
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
6.407 • 10-4 g SO2 : 0.050 mL vino = x g SO2 : 1000 mL vino
x = 0.0128 g = 12.8 mg di SO2
Calcolo finale:
SO2 totale espressa in mg SO2 / 1L vino = mL di I2(aq) •
.
!"
$%
#
Prima prova:
SO2 totale (mg/L) = 7.2 mL I2(aq) • 12.8 mg di SO2 = 90 mg/L
Seconda prova:
SO2 totale (mg/L) = 8 mL I2(aq) • 12.8 mg di SO2 = 100 mg/L
In entrambi i casi, seppure i valori discostino leggermente l’uno
dall’altro a causa probabilmente di qualche errore sperimentale o
della non perfetta precisione, i risultati rientrano
abbondantemente tra i parametri imposti dalla legge.
La difficoltà riscontrata in questa analisi, è stata quella di
riconoscere il complesso scuro, e quindi il viraggio, nel vino così
scuro. L’importante era trovare la giusta velocità di titolazione
che non doveva essere né troppo lenta e né troppo rapida.
Esperienza 8): Determinazione iodiometrica dell’anidride
solforosa libera nei vini rossi
L’anidride solforosa libera non include quella combinata ed è per
questo motivo che l’esperienza risulta essere uguale alla
precedente, ma senza il trattamento iniziale con l’idrossido di
sodio.
Possiamo quindi calcolare direttamente la SO2 libera con il
calcolo seguente:
SO2 libera espressa in mg SO2 / 1L vino = mL di I2(aq) • 12.8 mg di SO2
SO2 libera (mg/L) = 6.1 mL di I2(aq) • 12.8 mg di SO2 = 78.08 mg/L
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
Com’era da prevedere, la SO2 libera è inferiore a quella totale. Da
questo risultato possiamo inoltre concludere che l’anidride
solforosa combinata nel nostro vino ricopre una percentuale
relativamente piccola.
Esperienza 9): Analisi quantitativa degli zuccheri riducenti
Nel vino possono essere presenti glucosio e fruttosio (zuccheri
riducenti che sono naturali costituenti dell’uva) e saccarosio
(zucchero non riducente che è stato aggiunto ad arte per
aumentare il grado alcolico: attenzione, questa pratica è illecita).
In base al contenuto di zuccheri riducenti, i vini si suddividono
in:
▬
▬
▬
▬
▬
secco : < 4g/L
semisecco o abboccato: 4 - 12g/L
amabile: 12 – 45g/L
dolce: 45 – 60g/L
liquoroso: > 60g/L.
La presenza di zuccheri riducenti può essere dimostrata
ricorrendo alla reazione di Fehling. Per questo scopo occorre
innanzitutto preparare i due reattivi chiamata Fehling A e
Fehling B che nel nostro caso sono già pronti. Illustriamo
comunque il modo con cui essi vengono preparati:
Reattivo di Fehling A :
in 100mL di acqua distillata o deionizzata si sciolgono 7g di
CuSO4, questo è un sale di colore blu, facilmente reperibile in
quanto molto usato in agricoltura e giardinaggio. Questo sale
rameico è l’agente ossidante.
Reattivo di Fehling B:
in 80mL di acqua distillata calda si sciolgono 34g di sale di
Seignette (tartrato doppio di sodio e potassio, reperibile in
farmacia) e 12g di NaOH, si lascia raffreddare la soluzione e poi
si aggiunge acqua sino a 100mL. La funzione della base è quella
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
di creare l’ambiente alcalino necessario all’ossidazione. Il sale di
Seignette complessa il rame, impedendone la precipitazione
come idrossido.
Le due soluzioni vanno conservate separatamente e al momento
dell’uso si mescolano in parti uguali nella quantità necessaria per
l’esperienza. La miscela delle due soluzioni, che ha un colore blu
intenso, deve essere utilizzata entro non più di 10 min dalla
preparazione.
Obiettivo dell’esperienza:
con quest’analisi, si vuole determinare la quantità di zuccheri
riducenti in modo da poter classificare il nostro vino in una
categoria di quelle sopra elencate.
Procedimento:
Defecazione del vino:
Prima di effettuare l’analisi con il reattivo di Fehling si rende
necessaria la “defecazione” del vino, allo scopo di eliminare i
coloranti, gli acidi basici, le sostanze proteiche e altre sostanze
riduttrici che potrebbero sfalsare l’analisi.
1. In un matraccio tarato da 100mL si pongono 50mL di vino e si
aggiunge, goccia a goccia, una soluzione di KOH finché il pH
non è 7 (controllare con un cartina tornasole);
2. Si aggiungono 2,5mL si soluzione satura di acetato di piombo e
0,5g di carbonato di calcio;
3. Si agita e si lascia riposare per una decina di minuti;
4. Si porta a volume e si filtra con un filtro a pieghe (la filtrazione
può durare parecchio tempo);
5. Il filtrato ottenuto serve alla determinazione degli zuccheri e va
posto nella buretta.
Dopodiché si procede con la titolazione con il reattivo di Fehling:
1. Si riempie la buretta con il liquido zuccherino;
2. In una beuta si pipettano 100mL di reattivo di Fehling (5mL
soluzione A e 5mL soluzione B) e si aggiungono 40mL di acqua
distillata;
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Lavoro di Maturità – Chimica
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20 dicembre 2010
3. La soluzione blu così ottenuta si porta ad ebollizione, dopodiché
si comincia ad aggiungervi lentamente la bevanda dalla buretta;
comincia a formarsi l’ossidulo di rame Cu2O, rosso;
4. Per poter cogliere il punto finale della titolazione si aggiungono
alcune gocce di soluzione di blu di metilene all’1% come
indicatore di ossido – riduzione. Dopo questa aggiunta il liquido
contenuto nella beuta, il quale viene mantenuto all’ebollizione
durante tutta la titolazione, assume un colore verdastro come
conseguenza del miscuglio di più colori: il blu dell’indicatore e
del rame complessato non ancora ridotto ed il rosso del Cu2O che
viene via via a formarsi;
5. Quando tutto il rame è stato ridotto, cioè al punto equivalente, lo
zucchero contenuto nella prima goccia di bevanda in eccesso
riduce il blu di metilene a leucoderivato incolore e quindi il
colore vira dal verdastro al rosso vivo;
6. A questo punto, essendo terminata la titolazione, si legge sulla
buretta il volume di bevanda impiegato e si calcola il contenuto
di zucchero (ricordandosi del fattore di diluizione applicato alla
bevanda).
Risultati e discussione:
vediamo ora di chiarire meglio il meccanismo chimico della
titolazione per poter interpretare meglio anche i risultati finali:
come noto gli zuccheri possono presentare un gruppo aldeidico
o un gruppo chetonico. Il primo conferisce un potere riducente
maggiore del secondo.
Nel reattivo di Fehling è presente del Cu2+, ione dal tipico colore
blu, che può essere ridotto a Cu+, precipitando sotto forma di
Cu2O dal colore mattone, per azione di un agente riducente.
Questo metodo si basa dunque sulla seguente reazione di ossido
– riduzione:
RCOH + 2Cu2+ + 5OH- RCOO- + Cu2O(s) + 3H2O
aldeide
blu
aldeide
ossidata
rosso
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Gli ioni rameici ossidano a ione carbossilato il gruppo carbonilico delle
aldeidi e degli zuccheri riducenti e contemporaneamente si riducono a
ossido rameoso.
Per esprimere i risultati teniamo contro che 10mL di reattivo di
Fehling neutralizzano 0,0515g di zucchero. Possiamo quindi
procedere con una semplice proporzione del tipo:
0.0515g zucchero : 14mL soluzione zuccherina = x : 1000mL
x = 2g di zucchero in 1L di vino
(14mL sono il volume letto dalla buretta una volta terminata la
titolazione)
Il calcolo completo però prevede l’utilizzo della seguente
formula che aggiunge il fattore di diluizione del vino adoperato
nell’esperienza (noi abbiamo usato un fattore 1 : 2,16):
Z(g/L) =
,
• • ,
'
(
= 7.95g di zucchero per ogni litro di vino
Si evince da questo risultato che il Primitivo di Manduria può
venire classificato come vino semisecco, abboccato.
Esperienza 10): Polifenoli totali mediante spettrofotometria
nell’ultravioletto
L’analisi spettrofotometrica consiste in misurazione di radiazioni
elettromagnetiche per ottenere sia informazioni qualitative che
quantitative. Infatti ogni sostanza assorbe o emette radiazioni di
lunghezza d’onda ben determinate:
▬ L’analisi dello spettro permette allora di individuare la natura della
sostanza in esame. Difatti i polifenoli danno degli spettri elettronici
caratteristici nell’ UV poiché osservati allo spettrofotometro alle
lunghezze d’onda comprese tra 200 e 350nm, forniscono uno
spettro di assorbimento inconfondibile, con due massimi tipici,
rispettivamente a 215 e 278nm e con un minimo intorno a 245nm.
Solo il massimo a 278nm è costante in ogni tipo di vino e per
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
ciascuna classe di sostanze polifenoliche. Quindi è ad esso che ci
si riferisce nella determinazione dei polifenoli totali,
approssimandolo a 280nm.
▬ La misura dell’intensità delle radiazioni emesse o assorbite permette di
risalire alla quantità di sostanza analizzata.
Per quest’aspetto è stato necessario costruire una curva di
taratura con catechina, la sostanza polifenolica maggiormente
presente nel vino e perciò può essere usata per rappresentare i
polifenoli totali.
Procedimento:
Curva di taratura con catechina:
1. Si pesano 100mg di catechina e si portano a 100mL con alcol
etilico 95° in pallone tarato da 100mL; si ha così 1mg in 1mL di
soluzione;
2. Si prelevano 5mL e si portano a 50mL con acqua distillata in
pallone tarato da 50mL, avendo così 0,1mg in 1mL di soluzione;
3. Da quest’ultima soluzione si prelevano 2,5mL (= 0,25mg); 5mL (=
0,5mg); 7,5mL (= 0,75mg); 10mL (= 1mg);
4. Si mettono in altrettanti matracci tarati da 50mL, e si portano a
volume con acqua distillata;
5. Si effettuano le letture allo spettrofotometro a 280nm in cuvette
di quarzo da 1cm, usando come riferimento acqua distillata;
6. Dalle assorbanze ottenute si costruisce la curva di taratura.
Determinazione dei polifenoli totali nel vino:
1. Diluire il vino 100 volte;
2. Si legge direttamente a 280nm il vino diluito, in cuvette di
quarzo da 1cm, usando come riferimento l’acqua distillata;
3. Dall’ assorbanza ottenuta ed in base alla curva di taratura, si
determina il contenuto in polifenoli del vino.
80
Lavoro di Maturità – Chimica
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Risultati e discussione:
per costruire la curva abbiamo utilizzato i seguenti dati da noi
ottenuti:
concentrazione [mg/mL]
0.1
0.005
0.01
0.015
0.02
assorbanza a 280nm
1.296
0.075
0.133
0.142
0.244
Curva di taratura con catechina
1.4
1.2
assorbanza
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.02
0.04
0.06
0.08
0.1
0.12
concentrazione della soluzione di catechina [mg/mL]
Il grafico che si viene così delineando presenta una funzione
lineare che matematicamente rappresenta una legge nota come
legge di Lambert – Beer.
Legge di Lambert - Beer: A = ε • c • d
A: assorbanza del campione
ε: coefficiente di estinzione molare, specifico per ogni sostanza
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
d: cammino ottico [cm]
c: concentrazione [mol/L]
È importante dire che questa legge vale solo per soluzioni molto
diluite. Il coefficiente di estinzione molare ε non è altro che la
pendenza della retta, specifico per ogni sostanza. Ed ecco che ora
si capisce perché dalle assorbanze si può risalire alla
concentrazione: le due sono infatti come la y e la x di una retta
disegnata nel piano cartesiano, inserito un valore (A) si può
ricavare l’altro (concentrazione).
Dall’assorbanza del vino ottenuta e grazie alla curva di taratura,
abbiamo potuto concludere che in concentrazione, nel nostro
vino, ci sono
5.35 * 10-2 mg/mL, ma essendo il vino diluito 100 volte,
possiamo dire che la concentrazione effettiva di polifenoli totali
nel Primitivo di Manduria è di 5.35 g/L.
3.5. L’ultimo Natale
Passarono sette lunghi anni da quel giorno di pioggia in cui lasciai casa
mia.
Mi ambientai piuttosto bene durante quel periodo. L’università in cui
insegnavo divenne a poco a poco il mio rifugio sicuro, dove
abbandonare, almeno per un po’, malinconia e nostalgia. Ero riuscito a
recuperare abbastanza denaro per poter prendere in considerazione
l’idea di far ritorno dalla mia famiglia e così, dopo aver annunciato le
mie dimissioni, salutai i miei studenti l’ultimo giorno di lavoro prima
di Natale e mi allontanai definitivamente da quel luogo che aveva
suscitato in me ogni tipo di emozione. Mentre percorrevo la strada
verso il mio alloggio, pensai a quanto fosse bello, in quel momento,
avere la possibilità di nutrire nuovamente la speranza di rivedere i miei
figli, di riabbracciare mia moglie. La verità è che in quell’attimo mi
considerai l’uomo più fortunato del mondo.
82
Lavoro di Maturità – Chimica
Fig.54
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
Arrivò finalmente anche l’ultimo Natale. Ero
seduto dinanzi al piccolo camino,
camino con gli
occhi fissi sul fuoco, con la mente che
programmava già il rientro nella mia terra e
con il cuore immerso nel rosso
o di quel vino
che mi aveva accompagnato per tutto quel
tempo, riconoscente di non avergli mai fatto
perdere il ricordo, di averlo sempre
alimentato con la promessa di un ritorno.
Il crepitio delle fiamme mi fecero tornare alla
realtà, una realtà che per la prima volta
volt mi
sembrò serena. Il mio sguardo si spostò alla
finestra, da dove si poteva vedere la calma
danza dei fiocchi di neve. Sul vetro intravidi
il riflesso del mio viso, un viso stanco,
consumato, provato, ma anche un tenue
sorriso che adagio si stava delinea
delineando
ndo su quelle guance troppe volte
rigate da lacrime amare.
3.6. Il sapore del ritorno
Partii da Riverside in una gelida mattina di inizio gennaio. La città
dormiva ancora, assopita nel freddo invernale che permeava anche tra i
più sottili spiragli.
L’imbarcazione era già lì pronta ad affrontare l’Oceano ed io mi
apprestai ad andarle incontro, ansioso di lasciare quel continente. Il
segnalee del comandante salutò l’inizio del viaggio. Rimasi davanti alla
balaustra della prua per accertarmi che il navig
naviglio
lio si staccasse dal
pontile o forse, per meglio dire, per assicurarmi che quello che stavo
vivendo non fosse un sogno. Il dolce e quieto cullar delle onde
sembrava in contrasto con le vivaci emozioni che mi scombussolavano
l’anima. Mille affanni mi si riv
riversarono
ersarono addosso, come la paura di non
essere riconosciuto dal mio fi
figlio
glio più piccolo o la terribile idea che mi
accusasse di averlo abbandonato. Eppure non riuscii a farmi prendere
dallo sconforto, non ci riuscii perché la felicità di poter donare loro un
abbraccio risultò vincere su quei timori, sicuro che con il mio cuore di
nuovo accanto al loro, avrebbero compre
compreso
so le motivazioni che mi
avevano spinto a partire.
83
Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
L’immenso orizzonte lasciò lentamente spazio alla vista dell’Europa,
quella vista così rassicurante che parve ai miei occhi quasi come un
miracolo. Dopo quelle interminabili ore di navigazione, arrivai
finalmente nel porto di una cittadina nel nord della Francia. Mi
precipitai alla stazione per prendere il treno e le mie gambe
sembravano mosse da una forza sovrannaturale, quella che io oggi
chiamerei semplicemente amore.
Salii sul treno molto prima della sua reale partenza, ma volli solo essere
sicuro di riuscire a prendere un posto vicino al finestrino. Il progressivo
avanzare del vagone diede alla mia impazienza un profondo sollievo.
Chiusi gli occhi, misi cautamente la mano sulla bottiglia di vino e mi
concessi infine quel sapore così ardentemente desiderato … il sapore
del ritorno.
3.7. Finalmente a casa
La tiepida aria che mi accolse appena sceso dal treno fu una sensazione
che non riuscirò mai a dimenticare. Ogni singola cellula del mio corpo
sembrò rigenerarsi alla vista di quel cielo che non aveva perso
nemmeno in inverno una briciola del suo sconfinato azzurro. Mi voltai
lentamente verso l’uscita
della stazione e il tempo
prese a scorrere al
rallentatore. Scrutai ogni
minimo particolare di
quello che c’era sulla
strada: i cespugli, i vicoli
nascosti, i ciottoli del
marciapiede. Mi sentii
improvvisamente come
se non fossi mai partito,
come se stessi tornando
da una comune giornata
Fig.55: entrata della città di Manduria
di lavoro, con l’unica differenza però che la mia giornata di lavoro era
durata sette anni. Lentamente scorsi da lontano la mia abitazione e
l’attimo in cui vidi aprirsi la porta di casa, facendomi vedere la mia
famiglia, rimarrà con me per sempre. Lasciai cadere a terra le valigie
con un tonfo e iniziai a correre. Corsi più forte che potei, con gli occhi
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
che a poco a poco si riempirono di calde lacrime, con la felicità di una
madre che riabbraccia il figlio tornato dalla guerra, semplicemente corsi
con tutta quella speranza che avevo accumulato nel cuore in tutti quegli
anni. Le mie braccia avvolsero le spalle dei miei bambini con un’
esplosione di pianto di gioia, mentre con lo sguardo cercai mia moglie.
E poi la vidi. Si lasciò cadere sulle ginocchia accanto a noi e con la sua
inimitabile dolcezza posò le sue mani sulle mie. Restammo così per
molto tempo, come volessimo recuperare insieme quello che avevamo
perso. La mia anima brillò di una nuova luce e anche se non ero molto
più ricco di quando fossi partito, capii che la più grande ricchezza la
stavo stringendo a me in quell’istante. Capii che il più bel viaggio è
quello che ti riporta a casa.
Ricordo che quella sera riflettei molto e arrivai ad una conclusione:
che se anche nella vita ci fossero mille motivi per arrendersi, bisogna
sempre rimanere legati a quell’unico motivo che ci spinge ad andare
avanti. Sempre.
4. Conclusioni finali
Con la fine del viaggio, termina anche il mio lavoro di maturità. Un lavoro
che mi ha fatto rifiorire la voglia di scrivere, che mi ha coinvolta nel
meraviglioso mondo della chimica, un lavoro che ricorderò sempre con
gioia e soddisfazione.
Il mio obiettivo era quello di presentare una produzione non solo basata
sulla scienza, ma anche sui sentimenti che non dovrebbero mai essere
lasciati da parte, per il semplice fatto che ci accompagnano costantemente
in tutti i giorni della nostra vita. Presentare in questo modo il vino era la
mia intenzione principale ed è con grande felicità e commozione che, alla
fine, posso affermare di essere riuscita nel mio intento.
A questo proposito vorrei fare dei ringraziamenti speciali alla mia sorella
gemella Angela che mi ha incoraggiata sin dall’inizio a seguire questo
particolare metodo di lavoro e che ha condiviso con me questo percorso.
Un ringraziamento prezioso va anche a lei, professoressa Stamm, che mi ha
aiutata durante questo periodo e che mi ha trasmesso la voglia di andare
sempre avanti. Un grazie significativo vorrei dedicarlo anche al mio
docente di chimica L. Croci che, inconsapevolmente, con i suoi
insegnamenti, mi ha permesso di apprezzare ancora di più tutto questo.
Infine vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno contribuito alla
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
riuscita di tale testo, con i loro consigli, con la loro pazienza e con la loro
bontà.
Mentre scrivo quest’ultime frasi, sento il ticchettio della pioggia sul vetro
della mia finestra ed è buffo, perché è così che iniziò tutto il viaggio di
quell’uomo protagonista della mia storia, ed è così che tutto sta finendo. La
differenza però è che le mie lacrime sono di gioia. Ed è bello scoprire che la
storia che alla fine ci emoziona di più e di cui vale davvero la pena essere
sempre protagonisti … non è altro che la nostra vita.
5. Bibliografia, webgrafia e lista di provenienza delle immagini
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http://www.diwinetaste.com/dwt/it2007046.php
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http://www.stradadelprimitivo.it/html/b_vitigni.htm
http://www.salentonet.it/clima_salento.php
http://www.supermeteo.com/nevesalento.php
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
Lista di provenienza delle immagini:
Fig.1 – 2 – 3 – 4: foto scattate durante le vacanze in Puglia
Fig. 5: http://enosi-griko.org/maps/Salento.jpg
Fig. 6 – 7 – 8: foto scattate durante le vacanze in Puglia
Fig. 9: http://ilmorla.files.wordpress.com/2008/09/uva.jpg
Fig. 10:
http://www.diwinetaste.com/html/dwt200405/images/SezioneUvaIt.gif
Fig.11: http://italianbranding.files.wordpress.com/2009/09/vinoitaliano1.jpg
Fig. 12:
http://www.lankelot.eu/filesV2/UserFiles/Image/movi/mosto2.jpg
Fig.13:
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/3/32/Etanolo_struttura_mod
ello.PNG
Fig. 14:
http://pietrodn.netsons.org/wiki/images/thumb/COOH.png/200pxCOOH.png
Fig. 15: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Acido_L-tartarico_struttura.svg
Fig. 16: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Acido_L_malico_struttura.svg
Fig. 17: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Acido_succinico_struttura.svg
Fig. 18:
http://www.profscaglione.it/modules.php?name=News&file=article&sid
=44
Fig. 19: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Phenol_chemical_structure.png
Fig. 20:
http://podcast.federica.unina.it/mini/img.php?src=/files/_docenti/albriz
io-stefania/img/albrizio-73-15-6.jpg&w=268&h=195&far=C
Fig. 21:
http://www.darapri.it/immagini/nuove_mie/eserc_nuova/importanzafe
noli01.jpg
Fig. 22: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Resveratrol.svg
Fig. 23: http://www.federica.unina.it/farmacia/chimica-ed-analisi-dialimenti-e-nutraceutici/vino/
Fig. 24: http://www.federica.unina.it/farmacia/chimica-ed-analisi-dialimenti-e-nutraceutici/vino/
Fig. 25: http://www.my-personaltrainer.it/integratori/rutina-rutoside.gif
Fig. 26:
http://www.darapri.it/immagini/nuove_mie/esercitazioni/flavanoli.htm
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Lavoro di Maturità – Chimica
Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
Fig. 27: http://www.federica.unina.it/farmacia/chimica-ed-analisi-dialimenti-e-nutraceutici/vino/
Fig. 28:
http://lem.ch.unito.it/didattica/infochimica/2007_Polifenoli_Vino/flavo.
html
Fig. 29: http://www.federica.unina.it/farmacia/chimica-ed-analisi-dialimenti-e-nutraceutici/vino/
Fig. 30:
http://www.darapri.it/immagini/nuove_mie/esercitazioni/tannini.htm
Fig. 31:
http://www.darapri.it/immagini/nuove_mie/esercitazioni/tannini.htm
Fig. 32: http://www.federica.unina.it/agraria/processi-industriaalimentare/composizione-uva-mosto-chimismo-fermentazioni/
Fig. 33: http://www.federica.unina.it/farmacia/chimica-ed-analisi-dialimenti-e-nutraceutici/vino/
Fig. 34:
http://www.lacellula.net/media/Image/biochimica/zuccheri/glucosio_li
neare.gif
Fig. 35: http://xoomer.virgilio.it/cyrano2510/fruttosio-l.gif
Fig. 36: http://www.leiweb.it/cucina/scuola-dicucina/vino/2009/fotoracconti/img/perlage-200.jpg
Fig. 37: http://www.itisacqui.it/sitob/strevi/STREVI2_file/image014.jpg
Fig. 38: http://www.diwinetaste.com/dwt/it2007016.php
Fig. 39:
http://www.diark.org/img/species_pict/Saccharomyces_bayanus_623_6
C
Fig. 40: http://www.brsquared.org/wine/Articles/MLF/bacteria.gif
Fig. 41:
http://www.iisminuziano.it/alimentare/lezioni/Le%20fermentazioni.pdf
Fig. 42:
http://www.iisminuziano.it/alimentare/lezioni/Le%20fermentazioni.pdf
Fig. 43: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Thiamine_diphosphate.png
Fig. 44: http://it.wikipedia.org/wiki/File:ATP_structure.svg
Fig. 45: http://it.wikipedia.org/wiki/File:ADP_structure.svg
Fig. 46: http://www.federica.unina.it/farmacia/chimica-ed-analisi-dialimenti-e-nutraceutici/vino/
Fig. 47 – 48 – 49: http://www.enotecnica.it/pdf/Lafford/info24.pdf
Fig. 50: http://www.enotecnica.it/pdf/Lafford/info56.pdf
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Sabrina Stefanelli
20 dicembre 2010
Fig. 51: http://www.isii.it/ProgettiAllievi/200708/Chimici/BicerVein/molecole/Fermen3.gif
Fig. 52: http://www.bioanalitica.it/prodotti/m_230_foto1.jpg
Fig. 53: la scheda è stata recuperata durante il mio stage alla Cerbios
Pharma di Barbengo
Fig. 54:
http://www.flickr.com/photos/25485691@N05/3115092373/sizes/m/in/
photostream/
Fig. 55: foto scattata durante le vacanze in Puglia
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