9 - Consiglio Regionale della Basilicata

Il carpe dietn oraziano:
un invito alla saggezza
Saverio Boccia
Quando si parla di Orazio non si può farc a meno di fare riferimento al famoso "carpe diem" che per
molti costituisce un invito a godere la vita senza preoccupa7,ioni ed affanni.
Insomma, per molti Orazio è un incallito gaudente pronto a spassarsela in ogni occasione.
Nulla di più falso.
Forse nessun altro poeta delI' antichi tà ha sentilo come Orazio q udI' insoddi sfazione che prende
l'uomo quando si accorge che sogni, speranze ed illusioni svaniscono rapidamente.
Alla base del "carpe diem" non c'è il cinismo di chi non ha più nulla da chiedere alla vita e intcnde
affogare nel piacere, ma piuttosto l'amarezza ed il disincanto di chi si rende conto dell'assurdità dì una
vita spesa nel rincorrere continuamente ciò che ci sfugge.
"Carpe diem" è prima di tutto un invito ad essere saggi, a rientrare in sé stessi, a cogliere nel proprio
animo le radici del bene e del male.
È un sistema di vita "rovesciato" rispetto alle abitudini di massa che implica l'impegno costante di
razionalizzare il presente cogliendo in esso occasioni di serenità.
L'ode piil emblematica della morale Oraziana è forse quella rivolta a Leuconoc, una ragazza ingenua
(ÀEuXaç vauç o::: animo ingenuo) che si affanna a tentare" calcoli babilonesi perché angosciata davanti al futuro.
Dall'alto del suo equilibrio inleriore il poeta le consiglia di non sperare grandi cose e di ricondurre
tutto nei limiti dell' attimo fuggente da afferrare al volo, senza rimpianti.
Nelle varie vicissitudini della vita ha imparato a sopportare e ad accettare la realtà, senza fare indagini,
ormai conscio che è perfettamente inutile proiettarsi verso un futuro che non ci appartiene c lasciarsi
sfuggire di mano il presente, l'unica cosa di cui possiamo veramente dirci padroni.
Nasce di qui il "carpe diem" che non è un generico invito a godere, ma piuttosto la ricerca di un sistema di vita diverso, basato sulla saggezza e sulla presa di coscienza dei limiti de]]'umano sapere legato
esclusivamente al presente.
C'è, dunque, un perfetto legame tra "metrio/es", "autàrcheia" e "carpe diem", un unico filo conduttore
che parte dalla ricerca del giusto mezzo come premessa indispensabile di un possibile equilibrio interiore e, attraverso la difesa della propria I ibcrtà da qualsiasi assalto interno ed esterno, giunge ad un
programma di vita semplice ed essenziale che non ammette sogni a lunga scadenza, ma si basa
sull'attimo fuggente.
"Carpe diem" è soprattutto l'invito ad apprendere l'arte di godere, ad avere sempre dentro di sé qual~
cosa per cui si possa gioire e si possa mantenere un animo sereno nella buona e nella cattiva sorte.
In questa prospettiva non ha senso la corsa sfrenata alla ricchezza e al potere che crea vuoto interiore e
grande inquietudine quando ci si accorge che nulla può darci quella felicità che inseguiamo viaggiando freneticamente qua e là.
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Rivolgendosi al suo amico Bullazio, il poeta chiede, con una punta di pietà e di ironia, come mai non
abbia trovato a Chio, a Lesbo e nei favolosi paesi dell'Oriente la felicità che forse avrebbe potuto trovare ad Ulubra, uno sperduto paesino a due passi da Roma se solo avesse avuto la pazienza di guarire
il suo animo.
Essere felici è soprattutto una questione di razionalità e di saggezza che è difficile da conquistare, perché richiede uno sforzo continuo per immergersi totalmente nel ìluire incessante dcI tempo che cancella il presente.
A Leuconoe che si affanna a sognare un improbabile futuro, Orazio pone davanti l'immagine del mar
Tirreno che infrange le sue onde sulle opposte scogliere.
È un' immagine indubbiamente si mbolica: sogni, pass ioni c illusioni sono destinati ad infrangersi
come quelle onde.
E allora, che fare per essere felici?
Prima di tutto occorre raggiungere l'equilibrio interiore con l'assidua ricerca del giusto mezzo.
Invitando l'amico Dellio a far portare nel giardino rose, profumi e vino per godere, finché lo permettono "le circostanze, r età e i neri fili delle tre Parche" il poeta esclama "Ricordati di conservare un
animo sereno nelle avversità come nella fortuna".
C'è in quell'avvertimento tutta la preoccupazione di chi vede davanti ai suoi occhi una società travolta
dall'ambizione, dal lusso sfrenato e dalla smania di avere sempre di più.
"Un giorno trascina con sé l'altro, le lune sorgono e tramontano e tu invece fai tagliare il marmo alla
vigilia del tuo funerale e costruisci palazzi come se fossi lontano dalla tomba oppure fai allargare
davanti a Baia la costa del mare perché non sei mai sazio".
"Est modus in rebus": c'è un limite in tutte le cose al di là del quale non può esistere la felicità.
A differenza degli Epicurei, che predi cano la rin uncia ai ben i non neces sari ali' esi stenza, Orazi o propone una filosofia di vita basata su un equilibrata fruizione di ciò che la natura ci offre.
In questo senso l'invito ad avere sempre davanti a sé il pensiero della morte non è certamente un voler
rievocare uno spauracchio, ma un tentativo di appropriarsi ancora di più della vita senza correre il
rischio di sciuparla vivendo in una inutile angoscia.
Il "taedium vitae", la nausea della vita, nasce appunto quando si vive contro natura inseguendo cose
impossibili al di là di qualsiasi limite o ragionevolezza.
Saper vivere prima di tutto in armonia con sé stessi, saper gestire il proprio tempo, senza essere condizionati dagli altri, né dall'imprevedibilità del caso, è per Orazio un ideale di vita. Amare la campagna,
gustare il dolce oblio di una vita movimentata immergendosi nella lettura dei libri e apprezzare la
genuinità di un piatto di lardo e di fave è il significato vero del "carpe dicIII".
Ma soprattutto conta il vivere in armonia con sé stesso e con gli altri per superare i limiti di un'esistenza precaria.
E qui si salda la filosofia di Epicuro con una visione della vita veramente "lucana". frutto delreducazione ricevuta dal padre.
Cogliere l'attimo fuggente significa rivalutare le piccole cose, quei momenti di serenità interiore che
danno un senso alla vita, capire sé stessi e saper sorridere dei propri difetti per essere disposti a scusare quelli degli altri.
L'attualità del messaggio di Orazio a duemila anni dalla morte sta tutta in questo invito alla saggezza,
in questa esortazione accorata a cogliere l'attimo prima che sia svanito, Altrimenti c'è il rischio che la
vita diventi un continuo rimpianto.
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