Il carpe dietn oraziano: un invito alla saggezza Saverio Boccia Quando si parla di Orazio non si può farc a meno di fare riferimento al famoso "carpe diem" che per molti costituisce un invito a godere la vita senza preoccupa7,ioni ed affanni. Insomma, per molti Orazio è un incallito gaudente pronto a spassarsela in ogni occasione. Nulla di più falso. Forse nessun altro poeta delI' antichi tà ha sentilo come Orazio q udI' insoddi sfazione che prende l'uomo quando si accorge che sogni, speranze ed illusioni svaniscono rapidamente. Alla base del "carpe diem" non c'è il cinismo di chi non ha più nulla da chiedere alla vita e intcnde affogare nel piacere, ma piuttosto l'amarezza ed il disincanto di chi si rende conto dell'assurdità dì una vita spesa nel rincorrere continuamente ciò che ci sfugge. "Carpe diem" è prima di tutto un invito ad essere saggi, a rientrare in sé stessi, a cogliere nel proprio animo le radici del bene e del male. È un sistema di vita "rovesciato" rispetto alle abitudini di massa che implica l'impegno costante di razionalizzare il presente cogliendo in esso occasioni di serenità. L'ode piil emblematica della morale Oraziana è forse quella rivolta a Leuconoc, una ragazza ingenua (ÀEuXaç vauç o::: animo ingenuo) che si affanna a tentare" calcoli babilonesi perché angosciata davanti al futuro. Dall'alto del suo equilibrio inleriore il poeta le consiglia di non sperare grandi cose e di ricondurre tutto nei limiti dell' attimo fuggente da afferrare al volo, senza rimpianti. Nelle varie vicissitudini della vita ha imparato a sopportare e ad accettare la realtà, senza fare indagini, ormai conscio che è perfettamente inutile proiettarsi verso un futuro che non ci appartiene c lasciarsi sfuggire di mano il presente, l'unica cosa di cui possiamo veramente dirci padroni. Nasce di qui il "carpe diem" che non è un generico invito a godere, ma piuttosto la ricerca di un sistema di vita diverso, basato sulla saggezza e sulla presa di coscienza dei limiti de]]'umano sapere legato esclusivamente al presente. C'è, dunque, un perfetto legame tra "metrio/es", "autàrcheia" e "carpe diem", un unico filo conduttore che parte dalla ricerca del giusto mezzo come premessa indispensabile di un possibile equilibrio interiore e, attraverso la difesa della propria I ibcrtà da qualsiasi assalto interno ed esterno, giunge ad un programma di vita semplice ed essenziale che non ammette sogni a lunga scadenza, ma si basa sull'attimo fuggente. "Carpe diem" è soprattutto l'invito ad apprendere l'arte di godere, ad avere sempre dentro di sé qual~ cosa per cui si possa gioire e si possa mantenere un animo sereno nella buona e nella cattiva sorte. In questa prospettiva non ha senso la corsa sfrenata alla ricchezza e al potere che crea vuoto interiore e grande inquietudine quando ci si accorge che nulla può darci quella felicità che inseguiamo viaggiando freneticamente qua e là. J;J,') Rivolgendosi al suo amico Bullazio, il poeta chiede, con una punta di pietà e di ironia, come mai non abbia trovato a Chio, a Lesbo e nei favolosi paesi dell'Oriente la felicità che forse avrebbe potuto trovare ad Ulubra, uno sperduto paesino a due passi da Roma se solo avesse avuto la pazienza di guarire il suo animo. Essere felici è soprattutto una questione di razionalità e di saggezza che è difficile da conquistare, perché richiede uno sforzo continuo per immergersi totalmente nel ìluire incessante dcI tempo che cancella il presente. A Leuconoe che si affanna a sognare un improbabile futuro, Orazio pone davanti l'immagine del mar Tirreno che infrange le sue onde sulle opposte scogliere. È un' immagine indubbiamente si mbolica: sogni, pass ioni c illusioni sono destinati ad infrangersi come quelle onde. E allora, che fare per essere felici? Prima di tutto occorre raggiungere l'equilibrio interiore con l'assidua ricerca del giusto mezzo. Invitando l'amico Dellio a far portare nel giardino rose, profumi e vino per godere, finché lo permettono "le circostanze, r età e i neri fili delle tre Parche" il poeta esclama "Ricordati di conservare un animo sereno nelle avversità come nella fortuna". C'è in quell'avvertimento tutta la preoccupazione di chi vede davanti ai suoi occhi una società travolta dall'ambizione, dal lusso sfrenato e dalla smania di avere sempre di più. "Un giorno trascina con sé l'altro, le lune sorgono e tramontano e tu invece fai tagliare il marmo alla vigilia del tuo funerale e costruisci palazzi come se fossi lontano dalla tomba oppure fai allargare davanti a Baia la costa del mare perché non sei mai sazio". "Est modus in rebus": c'è un limite in tutte le cose al di là del quale non può esistere la felicità. A differenza degli Epicurei, che predi cano la rin uncia ai ben i non neces sari ali' esi stenza, Orazi o propone una filosofia di vita basata su un equilibrata fruizione di ciò che la natura ci offre. In questo senso l'invito ad avere sempre davanti a sé il pensiero della morte non è certamente un voler rievocare uno spauracchio, ma un tentativo di appropriarsi ancora di più della vita senza correre il rischio di sciuparla vivendo in una inutile angoscia. Il "taedium vitae", la nausea della vita, nasce appunto quando si vive contro natura inseguendo cose impossibili al di là di qualsiasi limite o ragionevolezza. Saper vivere prima di tutto in armonia con sé stessi, saper gestire il proprio tempo, senza essere condizionati dagli altri, né dall'imprevedibilità del caso, è per Orazio un ideale di vita. Amare la campagna, gustare il dolce oblio di una vita movimentata immergendosi nella lettura dei libri e apprezzare la genuinità di un piatto di lardo e di fave è il significato vero del "carpe dicIII". Ma soprattutto conta il vivere in armonia con sé stesso e con gli altri per superare i limiti di un'esistenza precaria. E qui si salda la filosofia di Epicuro con una visione della vita veramente "lucana". frutto delreducazione ricevuta dal padre. Cogliere l'attimo fuggente significa rivalutare le piccole cose, quei momenti di serenità interiore che danno un senso alla vita, capire sé stessi e saper sorridere dei propri difetti per essere disposti a scusare quelli degli altri. L'attualità del messaggio di Orazio a duemila anni dalla morte sta tutta in questo invito alla saggezza, in questa esortazione accorata a cogliere l'attimo prima che sia svanito, Altrimenti c'è il rischio che la vita diventi un continuo rimpianto. "1' . 4/(J .