CAPITOLO 20 Le epistole e l’epoca di Orazio Il primo libro delle epistole contiene 20 epistole in esametri, il secondo contiene 2 epistole. Nel primo libro la prima epistola, dedicata a Mecenate, giustifica la nuova forma poetica: il poeta intende staccarsi dal lusus letterario per dedicarsi alla ricerca del bene e della verità. La quarta dedicata a Tibullo condensa i principi della sapienza epicurea, invitando l'amico a godere le gioie della vita. Questi sono i temi che si trovano nel libro. Nel secondo libro si trovano epistole di argomento letterario. Tra di esse spicca l'ars poetica dedicata ai figli del console Lucio Pisone. Si tratta di un manuale in versi nel quale Orazio espone la propria teoria letteraria, che concepisce la poesia come frutto di paziente elaborazione attraverso la quale si esprime il vero talento poetico. Orazio viene considerato il poeta augusteo poiché le sue opere vedono la luce durante il principato di augusto. La vita del poeta fu segnata dalle guerre civili e dalla disfatta di Filippi che sancì il crollo dell'età repubblicana. L’instabilità politica e la precarietà delle condizioni economiche, alimentarono in lui il senso dell’irrazionalità della storia e dell’imprevedibilità degli eventi che si trovano nei suoi inviti a vivere alla giornata senza fare conto del futuro che è sfuggente. Il periodo precedente all’affermazione del principato fu pervaso da grandi paure: paura di guerre civili, di espropri, di confische, di esili. Questi timori indussero il senato a legittimare il potere di Augusto. Orazio non negò il proprio consenso al regime augusteo, pur facendo ogni sforzo per salvaguardare la libertà delle sue scelte di vita e di poesia. Il poeta dichiara la propria indipendenza di pensiero, per questo non possiamo trovare nelle sue opere piena adesione ad un sistema filosofico; tuttavia emerge che la morale del poeta è modellata sulla filosofia di Epicuro. Stupisce però che ci siano dei riferimenti ad Aristippo un pirenaico che identificava nel sommo bene il piacere e quest’ultimo era il fine della vita dell’uomo. L’influsso del filosofo greco si trova soprattutto nella volontà di indipendenza del poeta rispetto alle richieste dei suoi potenti protettori, Mecenate e Augusto. Orazio riprende da Epicuro il concetto di atarassia, ovvero la felicità come assenza di turbamento e di paure, quindi un desiderio di piacere stabile che porta alla serenità. Egli riprende anche la concezione degli dei, anche se non segue Lucrezio nella lotto contro la superstizione, il culto dell’amicizia e l’amore per la campagna e le cose semplici. Grazie alla diatriba, che era un movimento di opinione ricorrente nella morale dei predicatori, Orazio riesce a intrecciare le varie influenze filosofiche e morali che avevano influenzato l’autore. La diatriba esaltava il vivere secondo natura disprezzando i condizionamenti della civiltà. A questo patrimonio comune appartengono le due idee cardine della morale oraziana: L’autarkeia, ossia l’indipendenza interiore del saggio da tutto ciò che è esterno e si collegava con l’idea epicurea che la felicità si consegue soddisfacendo i bisogni necessari che si identificano con i piaceri stabili. La metriotes, ovvero la morale del giusto mezzo, che è sempre collegata alla concezione epicurea della felicità. In Orazio possiamo trovare tracce di filosofia stoica per quanto riguarda l’impegno civile, l’imperturbabilità del saggio e il bisogno di virtù e di coerenza. Orazio avverte fortemente il bisogno di una saggezza certa, ma questo bisogno lo spinge a cercare risposte in varie direzioni, adottando una morale provvisoria che gli consenta di servirsi di ogni filosofia senza esserne servo, ancora secondo il principio dell’autarkeia. © Federico Ferranti S.T.A. www.quartof.com