il dsm - Mario Rossi Monti

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CHIARA TARANTINO
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IL DSM – V IN ANTEPRIMA
Tesi di Laurea
Università di Urbino
Relatore: Prof. Mario Rossi Monti
www.rossimonti.altervista.org
INTRODUZIONE
Il DSM,manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali,è il più diffuso e influente testo di psichiatria
nel mondo occidentale. Esso è pubblicato dall’APA (Associazione Psichiatrica Americana) e contiene
descrizioni, sintomi e criteri per la diagnosi dei disturbi mentali. Questi criteri forniscono ai clinici un
linguaggio universale e specifico con il quale approcciarsi al mondo della salute mentale. Nonostante non
contenga informazioni terapeutiche, il manuale rappresenta per i professionisti del campo il primo e
fondamentale step per la pianificazione di trattamenti rivolti a pazienti affetti da disturbi mentali, poiché è
risaputo che soltanto accurate diagnosi conducono ad appropriati e adeguati piani di trattamento. Sono
passati ben 58 anni dalla pubblicazione della prima edizione, il DSM I, che rappresentò uno dei capitoli
essenziali per lo sviluppo della medicina del ‘900 e per il percorso di emancipazione scientifica intrapreso
dalla psichiatria sin dalla sua comparsa. Successivamente il DSM è stato periodicamente e
significativamente sottoposto a modifiche e rivisitazioni. L’esito del più recente di questi processi è il DSM
IV, pubblicato nel 1994 e oggi utilizzato in ambito diagnostico dalla maggior parte di clinici e psichiatri.
Tuttavia, a causa delle discussioni e critiche avanzate nei confronti dell’attuale classificazione, già a partire
dal 1999, in collaborazione con NIMH (Istituto Nazionale della Salute Mentale) e OMS (Organizzazione
Mondiale della Sanità), ha preso avvio un ulteriore processo di revisione comprensivo delle moderne
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innovazioni scientifiche e analisi di ricerca e della nuova letteratura disponibile;reso possibile grazie alla
competenza clinica degli onorevoli membri della task force cui questo compito è affidato e dei 13 gruppi di
lavoro coordinati da David Kupfer. Tale revisione è stata guidata da quattro principi ispiratori; primo tra
tutti l’utilità clinica, ovvero l’effettiva possibilità di utilizzazione del manuale da parte di coloro che
diagnosticano e trattano pazienti con disturbi mentali. In secondo luogo le informazioni contenute al suo
interno devono essere basate sull’evidenza empirica. Inoltre,per quanto possibile, è auspicabile che il DSM
V mantenga una certa continuità con il precedente. Per ultimo, e in apparente contraddizione col terzo
principio, si è stabilito che non ci sia alcuna limitazione pre-categorizzata sulla natura e sul grado di
cambiamenti che i gruppi di lavoro potrebbero e sono chiamati ad apportare. Entrambi i due ultimi principi
sono necessari: se da un lato,infatti, si dimostra attenzione nel conservare ordine nella pratica della
psichiatria e negli studi di ricerca, dall’altra si riconoscono gli inevitabili vantaggi che un sistema di
classificazione diagnostico può trarre dalle più avanzate scoperte,tenendo comunque conto dell’impatto
che alcuni cambiamenti potrebbero avere nella pratica clinica. Il punto di partenza per la creazione del
nuovo DSM V è perciò stato quello di individuare punti di forza e di debolezza del DSM IV e da qui
sviluppare ipotesi di modifica dei presenti criteri. La pubblicazione della versione definitiva è prevista per
maggio 2013, quando il DSM V sarà finalmente acquistabile anche in Italia. L’APA ne ha già pubblicato un
draft per sottoporre a pubblici commenti e critiche le revisioni proposte,di cui sarà testata la validità nei
prossimi 3 anni. Siamo perciò già in grado di conoscere e poter analizzare le proposte di modifica avanzate
dal team,aspettandoci comunque che esse possano ancora essere suscettibili di cambiamento. L’intenzione
del mio lavoro è quella di presentarvi il DSM V, o perlomeno ciò che per ora è possibile sapere circa il nuovo
manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali.
PIANIFICAZIONE,ORGANIZZAZIONE E STAFF: DALL’IDEA AL MANUALE
Il processo di revisione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) iniziò con una
veloce discussione fra Steven Hyman, M.D. (successivamente direttore dell’Istituto Nazione della Salute
Mentale), Steven M. Mirin, M.D. (successivamente direttore medico dell’Associazione Psichiatrica
Americana, APA), David J. Kupfer, M.D. (successivamente cattedra della Commissione sulla Valutazione e
Diagnosi Psichiatrica dell’APA) e l’Istituto Nazionale di Salute Mentale (NIMH) nel 1999. Essi credevano che
per l’APA e il NIMH fosse importante collaborare ad un progetto di espansione delle basi scientifiche per
una diagnosi ed una classificazione psichiatrica.L’iniziale Conferenza di Programmazione di Ricerca nel 1999
sul DSM-V originò dal comune obiettivo di fissare priorità di ricerca. Tra i partecipanti vi erano esperti di
studi sulla famiglia e sui gemelli, di genetica molecolare, delle neuroscienze di base e neuroscienze con
orientamento clinico, della scienza cognitivo-comportamentale, dello sviluppo e del ciclo vitale e della
disabilità. Per incoraggiare il superamento della struttura dell’attuale DSM-IV, a questa conferenza non
furono invitati molti dei partecipanti strettamente coinvolti nello sviluppo del DSM-IV. Attraverso questo
processo i partecipanti riconobbero la necessità di una serie di documenti ufficiali che potessero guidare la
futura ricerca e promuovere ulteriori discussioni, andando a coprire aree trasversali che contraddicevano
l'attuale classificazione di molti disturbi psichiatrici. Furono organizzati gruppi di lavori (programmati), in cui
erano inclusi argomenti da sviluppare, lacune presenti nell’attuale sistema come la disabilità e i traumi, le
neuroscienze, la nomenclatura e le tematiche transculturali.
All’inizio del 2000, Darrel A. Regier, M.D., M.P.H., fu assunto dal NIMH e inserito come direttore di ricerca
dell’APA al fine di coordinare lo sviluppo del DSM-V. Più tardi in Luglio e Ottobre del 2000 furono
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organizzate ulteriori conferenze per fissare la ricerca per l’ordine del giorno del DSM-V e per organizzare il
primo incontro per per pianificare il lavoro dei gruppi. Questi gruppi, collegati all’Istituto Nazionale della
Salute (NIH) e alla comunità psichiatrica internazionale, svilupparono la serie di documenti ufficiali
pubblicati in “Una ricerca per l’ordine del giorno per il DSM V“ (2002, APA). Una seconda serie di documenti
ufficiali trasversali, intitolati “Considerazione su Età e Genere nella Diagnosi Psichiatrica”, fu in seguito
commissionata e pubblicata dall’APA nel 2007. Leader provenienti dall’APA, dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità (WHO) e dall’Associazione Psichiatrica Mondiale (WPA) decisero che sarebbe stato necessario
concentrare l’attenzione sulla ricerca e reperire ulteriori informazioni su specifiche aree diagnostiche, per
cui, nel 2002, l’Istituto Psichiatrico Americano per la Ricerca e l’Educazione (APIRE), assieme al Direttore
Esecutivo Darrell A. Regier, M.D., M.P.H., in qualità di Principale Esaminatore, richiese una borsa di studio al
NIMH per implementare una serie di conferenze di ricerca pianificata che si sarebbero focalizzate sulle
evidenze di ricerca per revisionare specifiche aree diagnostiche. Con il supporto fornito dal NIMH, l’Istituto
Nazionale sull’Abuso di Droghe (NIDA) e l' Istituto Nazionale sull’Alcoolismo e l’Abuso di Alcool (NIAAA), fu
approvata una borsa di studio, per un valore di 1,1 milioni di dollari, per una ricerca cooperativa.
Sotto la guida di una commissione dirigenziale costituita da rappresentanti dell’ APIRE, dai tre istituti del
NIH e dal WHO, furono tenute 13 conferenze dal 2004 al 2008, con competenze che abbracciavano tutte le
nazioni – ogni conferenza venne tenuta sia dagli Stati Uniti sia da un’altra nazione, e approssimativamente
metà dei partecipanti era costituita da cittadini non statunitensi. In ogni conferenza fu sviluppato come
ordine del giorno uno specifico argomento, sul quale i partecipanti, in base alla revisione della letteratura,
scrissero relazioni,specificando argomentazioni sulla diagnosi, da cui scaturiva poi il dibattito.
I risultati di sette di queste conferenze sono stati preventivamente pubblicati su periodici e monografie
prima della pubblicazione definitiva del 2008. Le conclusioni delle 13 conferenze furono immediatamente
disponibili con lo scopo di servire come sostanziale contributo per la base della ricerca del reparto
operativo e dei gruppi di lavoro del DSM-V e per il WHO, dato che stava sviluppando la revisione della
Classificazione Internazionale dei Disturbi (ICD).
Nel 2006, il Presidente dell’ APA, il Dott. Steven Sharfstein, nominò il Dott. Kupfer come Cattedra e il Dott.
Regier come Vice-cattedra del reparto operativo per la supervisione dello sviluppo del DSM-V.
Essi, assieme ad altri leader dell’ APA, nominarono ulteriori membri del gruppo operativo, includendo la
cattedra del gruppo di lavoro sulla diagnosi, che avrebbero revisionato la ricerca e la letteratura base per
determinare il contenuto del DSM-V. Le nomine dei componenti di questi reparti operativi vennero
effettuate tenendo conto di potenziali conflitti di interessi, furono approvate dalla Commissione Fiduciaria
dell’ APA e annunciate nel 2007. A turno, la presidenza del gruppo di lavoro, insieme al reparto operativo
del dirigente e del vice-dirigente, raccomandarono il successivo Presidente dell’APA, Drs. Pedro Ruiz e
Carolyn Robinowitz, nominati a larga maggioranza e considerati come massimi esperti nel loro campo, che
poi furono formalmente nominati come membri dei gruppi di lavoro. Tutti i membri dei gruppi di lavoro
furono anche selezionati tenendo conto di potenziali conflitti di interesse, furono approvati dalla
Commissione dell’ APA e furono nominati nel 2008. I gruppi di lavoro iniziarono ad incontrarsi nel tardo
2007. Mentre i 13 gruppi di lavoro riflettevano sulle categorie diagnostiche dei disturbi psichiatrici della
precedente edizione del DSM-IV, ci si aspettava che quelle categorie sarebbero evolute per meglio
rispecchiare una nuova consapevolezza scientifica. Ogni gruppo di lavoro si incontra regolarmente, sia di
persona sia attraverso conferenze virtuali. I gruppi di lavoro iniziano dalla revisione dei punti di forza e di
debolezza del DSM-IV, da dove si sviluppano primariamente le questioni della ricerca e le ipotesi , per poi
procedere con la revisione della letteratura e l’analisi dei dati preesistenti. Essi svilupperanno anche piani di
ricerca, che potranno essere ulteriori campi di analisi del DSM-V, coinvolgendo direttamente la totalità dei
dati. Per invitare alla discussione le comunità scientifiche dei clinici e dei ricercatori, l’ APA nel 2004 lanciò
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un sito web, Preludio al DSM-V, dove questi gruppi potevano sottoscrivere domande, commenti, e
conclusioni di ricerca da fornire ai gruppi di lavoro. Basandosi su questa rivisitazione comprensiva di
innovazioni scientifiche, analisi di ricerca focalizzate e competenza clinica, il gruppo di lavoro svilupperà
l’abbozzo dei criteri diagnostici per il DSM-V. Seguirà un periodo di osservazione, ed i gruppi di lavoro
rivedranno le domande, i commenti ed i concetti. I criteri diagnostici saranno rivisitati e la bozza finale del
DSM-V sarà sottoscritta dal Concilio di Ricerca dell’ APA, dall’Assemblea e dalla Commissione Fiduciaria per
la loro rivisitazione e approvazione. Il rilascio della versione finale del DSM-V è attesa per Maggio 2013.
SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE ASSIALE
Frequenti discussioni all’interno dei gruppi di lavoro che si occupano di ridefinire il DSM hanno riguardato il
sistema di classificazione delle variabili di maggiore importanza clinica per la diagnosi. L’attuale sistema del
DSM IV è definito multi-assiale, poiché comporta la valutazione su cinque differenti assi,ognuno dei quali si
riferisce ad un diverso campo di informazioni che possono aiutare il clinico nel lavoro diagnostico. Per il
DSM V è stata proposta la riduzione degli assi da cinque a tre. Il primo asse raggrupperebbe i primi tre
dell’attuale sistema in uso ( disturbi clinici e altre condizioni oggetto di attenzione clinica,disturbi di
personalità e ritardo mentale,condizioni mediche generali), contenendo così tutte le informazioni
psichiatriche e mediche del paziente. Questo cambiamento condurrebbe il nuovo manuale in maggiore
armonia con il sistema mono-assiale dell’ICD,utilizzato dalla comunità internazionale e dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità. Il secondo e il terzo asse corrisponderebbe invece al quarto e al quinto del DSM IV,
rispettivamente i problemi psicosociali e ambientali e la valutazione del funzionamento globale del
paziente. Riguardo quest’ultimo asse è prevista maggiore attenzione e nuovi metodi di valutazione di
disabilità e disagio,seppur con la raccomandazione che disordini e disabilità associate sono
concettualmente distinti e devono perciò essere valutate separatamente.
VALUTAZIONE DIMENSIONALE TRASVERSALE
E’ stato proposto un sistema di valutazione dimensionale trasversale con lo scopo di fornire informazioni
aggiuntive che accompagnino il clinico nel processo diagnostico e non solo. La valutazione di alcune
dimensioni può essere utile prima che la diagnosi formale sia svolta, altre possono essere adatte per
raffinare la diagnosi (individuando tratti di personalità o caratteristiche come l’ideazione suicidaria), altre
ancora possono essere delle misure specifiche utili una volta che la diagnosi è stabilita, come ad esempio
individuare il livello di gravità della condizione e quindi monitorare il suo cambiamento nel tempo. Alcune
di queste dimensioni saranno specifiche per determinati morbi ma sarà presente anche un assesment
dimensionale generale con l’obiettivo di fornire misure quantitative di importanti aree cliniche
comunemente indagate e controllate in tutti i pazienti e che sono rilevanti in ciascuna tipologia di
disturbo,al di là di ogni serie di criteri sintomatici. I fattori indagati sono perciò definiti trasversali,nel senso
che essi attraversano i confini del singolo disturbo e tracciano una linea guida di base su cui procedere per
la pianificazione del trattamento,la valutazione del risultato o il perfezionamento della diagnosi. Esempi di
questi fattori sono l’umore depresso,l’ansia,l’uso di sostanze,l’ideazione suicidaria,problemi di sonno e così
via. La valutazione si basa sui punteggi di self-report completati dal paziente o da un informatore. La scala
utilizzata è a cinque punti, con lo 0 che indica assenza del problema. Sono previsti due livelli: il livello 1, da
somministrare per primo, contenente tutti i domini e il livello 2, dominio-specifico e da somministrare
ulteriormente qualora uno dei domini al livello 1 sia classificato come clinicamente significativo. La
valutazione dimensionale trasversale non è utilizzabile come test di screening per le malattie. Le
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caratteristiche essenziali di questa valutazione sono l’utilità nella pratica clinica,la brevità,la semplicità di
somministrazione, lettura e valutazione,infine l’adattabilità alla maggior parte di pazienti e situazioni
cliniche.
UNA NUOVA DEFINIZIONE DI DISTURBO MENTALE
Una parte dei ricercatori si è occupata della revisione del concetto stesso di disturbo mentale, affermando
la necessità di riconsiderare ciò che attualmente intendiamo con esso e proponendo alcuni cambiamenti.
Basta conoscere brevemente la storia del DSM dalla sua prima edizione a quella attuale per rendersi conto
che il concetto di disturbo mentale ha subito un’evoluzione notevole. Il cambiamento più rilevante apparve
nel DSM III, in cui i precedenti termini “sindrome” o “malattia”, legati alla teoria biologica (riduzionistica)
circa l’eziologia della psicopatologia, vennero per la prima volta sostituiti dal più generale e
sufficientemente ateoretico termine “disordine mentale” . Esso venne subito largamente accettato poiché
si poneva in armonia con il riconosciuto approccio multifattoriale e multidisciplinare alla malattia. Ma è
importante chiedersi se il termine “disturbo mentale” sia realmente ottimale, questione a cui gli stessi
membri dell’APA non sono sfuggiti. Nell’ introduzione alla quarta edizione del manuale si legge: “la dizione
disturbi mentali implica sfortunatamente una distinzione tra disturbi mentali e disturbi fisici che
rappresenta un riduttivo anacronismo riguardante il dualismo mente/corpo. Un’ampia letteratura
documenta che c’è molto di fisico nei disturbi mentali e molto di mentale nei disturbi fisici. Il problema
sollevato dalla dizione disturbi mentali è più chiaro di quanto non sia stata la sua soluzione e,
sfortunatamente,la dizione permane nel manuale poiché non abbiamo trovato un sostituto appropriato.”
(DSM IV-TR-introduzione). A questo riguardo già negli scorsi anni alcuni studiosi (a cui si rimanda per
approfondimento, Wakefield,Fulford) avevano proposto termini alternativi e la medesima questione si è
riproposta anche all’interno della task-force del DSM V,ma a quanto pare senza alcun risultato. Il termine
“disturbo” continuerà così ad apparire anche nella nuova edizione,talvolta sostituito dalla dicitura “disturbo
mentale/psichiatrico”. Tuttavia esistono dei cambiamenti nei criteri di definizione. La base da cui gli
studiosi sono partiti è la medesima che si riscontra nel DSM IV, ovvero la certezza che non esista alcuna
definizione che specifichi perfettamente e delimiti precisamente i confini di un concetto così ampio e
complesso come quello di disturbo mentale. Inoltre il DSM IV sottolinea che questo concetto,come molti
altri nella medicina e nella scienza,manca di una definizione operativa coerente che copra tutte le
situazioni. Da questa premessa, l’obiettivo è stato quello di raggiungere una definizione quanto più
possibile valida scientificamente e utilizzabile clinicamente, ove possibile migliore di quella attuale. Nel
DSM IV il disturbo mentale è così definito: “sindrome o modello comportamentale o psicologico
clinicamente significativo,che si presenta in un individuo,ed è associato a disagio,a disabilità,ad un aumento
significativo del rischio di morte,di dolore o di disabilità,o a un’importante limitazione della libertà. In più
questa sindrome o quadro non deve rappresentare semplicemente una risposta attesa o culturalmente
sancita ad un particolare evento,ad esempio la morte di una persona amata. Qualunque sia la causa esso
deve essere al momento considerato la manifestazione di una disfunzione comportamentale,psicologica o
biologica dell’individuo. Non rappresentano disturbi mentali un comportamento deviante (politico religioso
o sessuale), né conflitti sorti principalmente tra l’individuo e la società, a meno che la devianza o il conflitto
siano il sintomo di una disfunzione dell’individuo,come descritto sopra.” (DSM IV-TR-introduzione). Ed ora
ecco la nuova definizione che leggeremo nel DSM V : “sindrome o modello comportamentale o psicologico
che si verifica in un individuo, le conseguenze del quale sono disagio o disabilità clinicamente significativi
(impedimenti in una o più delle importanti aree di funzionamento). Questa sindrome o quadro non deve
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rappresentare semplicemente una risposta attesa ad un comune fattore di stress o ad una mancanza né
una risposta culturalmente sancita ad un particolare evento. Questa sindrome o quadro riflette una
sottostante disfunzione psicobiologica e non deve essere primariamente il risultato di una devianza sociale
o di un conflitto con la società.” Le modifiche riguardano quasi tutte le affermazioni della precedente
definizione: la frase “clinicamente significativo” (di controversa interpretazione) non è più riferita alla
sindrome o modello comportamentale in sé,bensì alle sue conseguenze. Tra queste conseguenze sono state
eliminate le altre voci e riconfermate solo il disagio, comune a molti disordini mentali, e la disabilità,
necessaria per identificare quegli individui i quali necessitano di trattamento ma i sintomi dei quali non
causano disagio emotivo. Inoltre la nuova enunciazione distingue più chiaramente tra risposte attese a
comuni fattori di stress o mancanze e risposte culturalmente sancite ad un particolare evento. La modifica
più notevole si riscontra però nella frase successiva: a differenza del DSM IV che definiva la disfunzione
comportata dal disordine come “comportamentale biologica o psicologica”,affermazione che implica
l’esistenza di diversi tipi di disfunzione e diversi livelli,distinti e separati, in cui essa si manifesta
(biologico,comportamentale o psicologico), il DSM V definisce questa disfunzione “psicobiologica”. Tale
termine testimonia la crescente consapevolezza che cambiamenti biologici psicologici e comportamentali
sono in realtà interdipendenti e intercorrelati. Infine ulteriori considerazioni sono state aggiunte:
1. Qualsiasi disordine del DSM V deve avere validità diagnostica sulla base di un certo numero di
fattori di validità;
2. Qualsiasi disordine del DSM V deve avere utilità clinica;
3. Queste validità diagnostica e utilità clinica dovrebbero aiutare a differenziare un disordine dai
“vicini” diagnostici;
4. Quando si considera la possibilità di aggiungere o eliminare una condizione mentale/psichiatrica
dalla nomenclatura,i potenziali benefici dovrebbero superare i potenziali danni.
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DISTURBI GENERALMENTE DIAGNOSTICATI
NELL’INFANZIA,FANCIULLEZZA E ADOLESCENZA
PER
LA
PRIMA
VOLTA
Come anche per il DSM IV, questa sezione separata per i disturbi che di solito sono diagnosticati
nell’infanzia, nella fanciullezza e nell’adolescenza è stata riconfermata nel DSM V per comodità;essa non è
intesa a suggerire l’esistenza di una chiara distinzione tra i disturbi dell’infanzia e quelli dell’età adulta. I
gruppi di lavoro sui disordini della fanciullezza e dell’adolescenza,dei disturbi del comportamento e dei
disturbi dello sviluppo neurologico si sono occupati della revisione di questa sezione del DSM. Gli studiosi
hanno proposto l’inclusione di nuovi disturbi non presenti nell’attuale edizione del manuale,l’eliminazione
di alcuni e la riclassificazione di altri. Ecco i dettagli della revisione:
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Nuovi disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
Disturbo da stress post-traumatico in età prescolare;
Disturbo di disregolazione dell’umore con disforia;
Disturbo specifico di condotta con significativi tratti di insensibilità e indifferenza;
Difficoltà di apprendimento;
Autolesionismo non suicidario;
Autolesionismo non suicidario non altrimenti specificato.
Disturbi riclassificati in altre categorie diagnostiche:
Pica;
Disturbo di ruminazione;
Disturbo d’ansia da separazione;
Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione dell’infanzia e della prima fanciullezza.
Disturbi eliminati dal DSM V:
Disturbo di Rett.
Disturbi attualmente presenti nel DSM IV e divisi in nuovi disturbi del DSM V:
Disturbo reattivo dell’attaccamento dell’infanzia e della prima fanciullezza.
Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi:
Disturbo dell’espressione scritta;
Disturbo dell’apprendimento non altrimenti specificato;
Disturbo disintegrativo dell’infanzia;
Disturbo di Asperger;
Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato.
I restanti disturbi non hanno subito rilevanti modifiche rispetto al DSM IV.
NUOVI DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V
Disturbo da stress post-traumatico in età prescolare
Tale disturbo rappresenta il corrispettivo del disordine da stress post-traumatico per gli adulti. Nel DSM IV
sono presenti delle specificazioni riguardanti la diagnosi di tale disordine nei bambini,fanciulli o adolescenti
(e comunque non per ciascun criterio) e molto di frequente diagnosi di PTSD sono assegnate a individui
minori dei 15 anni di età,considerata anche la diffusa presenza del disturbo in bambini di età scolare o
prescolare. Ecco i criteri:
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A) Il bambino (minore di 6 anni) è stato esposto ai seguenti eventi: morte o minaccia di morte, reale
lesione grave o minaccia di lesione grave,reale violazione sessuale o minaccia di violazione sessuale, in
uno o più dei seguenti modi:
1. Esperienza personale diretta
2. Esperienza di questi eventi capitati ad altri,specialmente caregivers primari, e vissuti dal
bambino in qualità di testimone
3. Venire a conoscenza che tali eventi sono capitati a familiari stretti o amici stretti.
NOTA: vivere gli eventi in qualità di testimone non include il vederli semplicemente tramite mezzi
di informazione,televisione,film,o immagini.
B) Sintomi intrusivi che sono associati all’evento traumatico (che sono iniziati dopo l’evento traumatico),
come è evidenziato da uno o più dei seguenti:
1. Ricordi sgradevoli, spontanei,ricorrenti e intrusivi dell’evento traumatico
2. Sogni ricorrenti e sgradevoli relativi all’evento traumatico
3. Stati dissociativi durante i quali il bambino sente o agisce come se l’evento traumatico stesse
accadendo in quel momento
4. Intenso o prolungato disagio psicologico all’esposizione di eventi scatenanti che assomigliano o
simbolizzano un aspetto dell’evento traumatico
5. Marcata reattività fisiologica ai ricordi dell’evento traumatico
Uno tra C o D:
C) Persistente evitamento degli stimoli associati al trauma,come evidenziano gli impegni ad evitare:
1. Attività, luoghi o pensieri ricollegati all’evento traumatico
2. Persone, conversazioni o situazioni ricollegati all’evento traumatico
D) Alterazioni negative dei pensieri e dell’umore che sono associati all’evento traumatico, come è
evidenziato da uno o più dei seguenti:
1. Sostanziale aumento della frequenza di stati emozionali negativi
2. Marcata diminuzione dell’interesse o partecipazione ad attività significative, inclusa una
restrizione del gioco
3. Ritiro sociale
4. Persistente riduzione dell’espressione di emozioni positive
E) Alterazioni dell’arousal e della reattività che sono associate all’evento traumatico,come evidenziano
due o più dei seguenti:
1. Irritabilità,rabbia o comportamento aggressivo,inclusa un’estrema tendenza ai capricci
2. Comportamento impulsivo o auto-distruttivo
3. Ipervigilanza
4. Risposte di sussulto esagerate
5. Difficoltà di concentrazione
6. Disturbi del sonno
F) La durata del disturbo è superiore a un mese
G) Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o difficoltà di relazione con i genitori,fratelli,gruppo
dei pari,altri caregivers o insegnanti.
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Disturbo di disregolazione dell’umore con disforia
Questo disturbo sostituisce la diagnosi di disturbo bipolare nei bambini. Diagnosticare un disturbo bipolare
in età pediatrica è una scelta molto complessa e nel DSM IV non ne esiste una versione infantile. Non è raro
che tale diagnosi sia utilizzata in maniera non ufficiale o non adeguata,per indicare gravi scoppi d’ira e
problemi dell’umore. Alcuni studi condotti sulla questione hanno evidenziato che sebbene esistano bambini
con un umore particolarmente altalenante e con comportamenti problematici, essi non si inseriscono
appieno nella diagnosi tradizionale di disturbo bipolare. Non solo,è anche emerso che gli stessi bambini con
la crescita manifestano altri disturbi (depressione,abuso di sostanze e altri) ma non disturbo bipolare. La
nuova sarà perciò una diagnosi differenziale ed aiuterà i clinici a non cadere in sgradevoli errori diagnostici.
Ecco i criteri:
A) Il disturbo è caratterizzato da gravi e ricorrenti scoppi d’ira in risposta a comuni fattori di stress
1. Gli scoppi d’ira si manifestano verbalmente o con aggressioni verbali o fisiche a persone o oggetti
2. La reazione alla situazione o provocazione è assolutamente sproporzionata in intensità o durata
3. Le risposte sono incompatibili con il livello di sviluppo del bambino
B) Gli scoppi d’ira si verificano 3 o 4 volte la settimana
C) L’umore tra i diversi scoppi d’ira è:
1. Persistentemente negativo
2. Questo umore negativo è osservabile dagli altri
D) I criteri A e C sono presenti per almeno 12 mesi. In questo tempo, i criteri dei sintomi A e C non sono mai
assenti per più di 3 mesi
E) Gli scoppi d’ira o l’umore negativo sono presenti in almeno due ambienti e sono gravi in almeno uno dei
due
F) L’età del bambino è di almeno 6 anni
G) L’inizio del disturbo è prima dei 10 anni
H) Nell’anno passato non c’era mai stato un particolare periodo durato almeno più di un giorno durante il
quale un umore esageratamente o anormalmente elevato era stato presente per la maggior parte del
giorno per più giorni.
I) I comportamenti non si verificano esclusivamente durante il decorso di un disturbo dell’umore o di un
disturbo psicotico e non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale. I sintomi non sono dovuti agli
effetti diretti di abuso di sostanze o ad altra condizione medica generale o neurologica.
Disturbo specifico di condotta con significativi tratti di insensibilità e indifferenza
Tale disturbo rappresenta una variante(o meglio l’antecedente) del disturbo della condotta; quest’ultimo
nel DSM IV non può essere diagnosticato a individui inferiori ai 18 anni di età,e può essere a esordio nella
fanciullezza o a esordio nell’adolescenza (specificazioni che avvengono comunque post-diagnosi quindi
nell’età adulta). Questa nuova diagnosi permette ai clinici di individuare e diagnosticare un disturbo della
condotta prima dei 18 anni di età del paziente ed è basata soprattutto sulla valutazione dell’affettività e
dello stile interpersonale del bambino.
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A) Modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui i diritti fondamentali degli altri oppure le
norme o le regole della società vengono violate. Questi comportamenti si inseriscono in uno o più dei
seguenti:
1.
2.
3.
4.
condotta aggressiva che causa o minaccia danni fisici ad altre persone o ad animali
condotta non aggressiva che causa perdita o danneggiamento della proprietà
frode o furto
gravi violazioni di regole
B) L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente significativa del funzionamento
sociale o scolastico
C) Il bambino mostra una o più delle seguenti caratteristiche persistentemente per almeno 12 mesi e in più
di una relazione o ambiente:
1. mancanza di rimorso o pentimento (non si dimostra triste o dispiaciuto quando fa qualcosa di
sbagliato o scorretto)
2. mancanza di empatia (dimostra disinteresse e indifferenza nei confronti dei sentimenti altrui)
3. disinteresse circa le attività svolte o le proprie performance (non dimostra interesse per le proprie
performance problematiche a scuola o in altre importanti attività)
4. affettività bassa o carente (non esprime sentimenti né dimostra emozioni agli altri,se non in un
modo che appare superficiale).
Difficoltà di apprendimento
Le difficoltà di apprendimento interferiscono con l’acquisizione di una o più delle seguenti abilità:
linguaggio orale,lettura,linguaggio scritto,abilità matematiche. Queste difficoltà si riscontrano in individui
che altrimenti dimostrano delle abilità quantomeno nella media riguardo il pensiero e il ragionamento.
Perciò queste difficoltà di apprendimento sono distinte dalle difficoltà intellettuali. Il disturbo di
apprendimento non altrimenti specificato e il disturbo dell’espressione scritta non appariranno più nel DSM
V ma saranno codificati sotto questa categoria sovraordinata di difficoltà di apprendimento. Ecco i criteri:
A)Un gruppo di disordini caratterizzati da difficoltà di apprendimento delle abilità teoriche di base,che non
corrispondono con l’età cronologica della persona,con il livello di istruzione o con le abilità intellettuali. Le
abilità teoriche di base si riferiscono ad accurate e fluenti lettura,scrittura e capacità aritmetiche. Molte
fonti di informazioni sono utilizzate per valutare l’apprendimento,una di queste deve essere la misura
psicometrica standardizzata e culturalmente appropriata del successo scolastico dell’individuo.
B)Le difficoltà del criterio A interferiscono in maniera significativa nel successo scolastico o nelle altre
attività della vita quotidiana.
Autolesionismo non suicidario
Gli studiosi hanno proposto l’inclusione di questo nuovo disturbo in quanto esso non è adeguatamente e
appropriatamente rappresentato nel DSM IV. Nell’attuale manuale infatti non esiste un disturbo a sé
stante,bensì i comportamenti autolesionistici sono menzionati nel criterio 5 del Disturbo Borderline di
personalità (ricorrenti minacce,gesti,comportamenti suicidari o comportamento auto-mutilante).
L’autolesionismo è comunemente considerato patognomonico per il BPD. Tuttavia le ricerche sia tra adulti
sia tra adolescenti hanno dimostrato che tali comportamenti si riscontrano anche in altre diagnosi e inoltre
che molti tra gli individui (soprattutto adolescenti) che dimostrano ricorrenti atti autolesionistici,non
10
soddisfano gli altri criteri per un disturbo Borderline di personalità. L’utilità clinica di questa nuova diagnosi
è perciò differenziale rispetto al BPD. Tale disturbo è stato inserito in questa categoria dei disturbi
diagnosticati generalmente per la prima volta nell’infanzia,fanciullezza e adolescenza in quanto studi
retrospettivi (vedi Herpertz 1995) hanno dimostrato che il primo episodio spesso incorre tra i 10 e i 16 anni
di età. Ecco i criteri:
A)Nell’ultimo anno l’individuo,per 5 o più giorni, è stato impegnato in intenzionali atti auto-lesionistici
danneggiando la superficie del suo corpo e provando una sorta di piacere nel procurarsi ferite,contusioni o
dolore;tali atti non sono stati attuati per scopi socialmente sanciti (piercing,tatuaggi ecc…),ma con la
convinzione che l’atto conduca solo ad un male fisico lieve o moderato. L’assenza dell’intento suicidario è
confermata sia dalle affermazioni del paziente sia dai metodi utilizzati,che in questo caso non hanno
potenziale letale.
B)L’atto intenzionale è associato ad almeno 2 dei seguenti:
1. pensieri o sentimenti negativi,come depressione,ansia,tensione,rabbia,disagio generalizzato,
autocritica, che si verificano nel periodo immediatamente precedente l’atto autolesionistico;
2. un periodo di preoccupazione prima di commettere l’atto relativo alla difficoltà di resistere a tale
comportamento;
3. il forte desiderio di ricorrere all’autolesionismo è frequente;
4. l’atto è compiuto con uno scopo; questo potrebbe essere il sollievo da uno stato d’animo o un
pensiero negativo o una difficoltà interpersonale o l’induzione di uno stato d’animo positivo. Il
paziente afferma che ciò accade sia durante che immediatamente dopo l’atto autolesionistico.
C)Il comportamento e le sue conseguenze causano disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle
relazioni interpersonali o nelle altre importanti aree di funzionamento.
D)I comportamenti non si manifestano esclusivamente durante stati di psicosi,deliri o intossicazione. Negli
individui con un disordine dello sviluppo,il comportamento non fa parte dello schema delle stereotipie
ripetitive. Il comportamento non è meglio giustificato da un altro disordine mentale o da altra condizione
medica.
Autolesionismo non suicidario non altrimenti specificato
Tipo 1, Sottosoglia: il paziente mostra tutti i criteri per il NSSI, ma ha commesso atti o comportamenti
autolesionistici meno di 5 volte negli ultimi 12 mesi. Questa categoria può includere quei soggetti che, a
dispetto della bassa frequenza degli atti, pensano frequentemente di compierli.
Tipo 2, Intenzione dubbia: il paziente mostra tutti i criteri per il NSSI, ma oltre ai pensieri espressi in B4 si
aggiunge che lo scopo degli atti sia quello di commettere suicidio.
DISTURBI RICLASSIFICATI IN ALTRE CATEGORIE DIAGNOSTICHE
Pica
Il gruppo di lavoro ha proposto che questa diagnosi sia riclassificata dalla categoria Disturbi generalmente
diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, fanciullezza o adolescenza alla categoria Disturbi alimentari. La
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varietà e la complessità dei disturbi di alimentazione e di nutrizione nei bambini ha notevolmente
contribuito nel corso degli anni alla mancanza di un sistema di classificazione largamente accettato e usato
dai clinici. In particolare l’evidenza empirica della ricorrenza di questo disturbo in individui adulti ha spinto
gli studiosi a proporre questa revisione. (Preme sottolineare che prima di tale decisione è stata presa in
considerazione l’ipotesi di riclassificare il Pica nello spettro dei disturbi ossessivo-compulsivi. Questo
suggerimento si basa sull’osservazione delle componenti ansiose e compulsive dei disturbi di
alimentazione; tuttavia questo è rimasto insufficiente per giustificare un suo eventuale inserimento del
nella categoria dei disturbi ossessivo-compulsivi).
Disturbo di ruminazione
Il gruppo di lavoro ha proposto che questa diagnosi sia riclassificata dalla categoria Disturbi diagnosticati
generalmente per la prima volta nell’infanzia,fanciullezza o adolescenza alla categoria Disturbi alimentari.
Anche per questo disturbo è stata documentata la sua diffusione in pazienti di tutte le età, e non
esclusivamente nei bambini (sebbene esistano delle differenze di manifestazione dei sintomi nei bambini e
negli adulti). Tale disturbo è stato anche largamente documentato in pazienti che soffrono di anoressia
nervosa e bulimia nervosa.
Disturbo della nutrizione dell’infanzia e della prima fanciullezza
Il gruppo di lavoro ha proposto che questa diagnosi sia riclassificata dalla categoria Disturbi generalmente
diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, fanciullezza o adolescenza alla categoria Disturbi alimentari e
che sia rinominato Disturbo del consumo di cibo evitante/restrittivo. Il disturbo è esteso a tutte le fasce di
età di pazienti che dimostrano uno stile nel consumo del cibo evitante e/o restrittivo. Sono stati individuati
3 sottotipi: individui che non mangiano abbastanza o dimostrano disinteresse nei confronti
dell’alimentazione e del cibo; individui che accettano solo una dieta limitata in relazione alle caratteristiche
sensoriali del cibo stesso; individui il cui rifiuto del cibo è dovuto ad avverse esperienze precedenti.
Disturbo d’ansia di separazione
Il gruppo di lavoro ha proposto che questa diagnosi sia riclassificata dalla categoria Disturbi generalmente
diagnosticati per la prima volta nell’infanzia,fanciullezza o adolescenza alla categoria Disturbi d’ansia. I
criteri attualmente presenti nel DSM IV per tale disturbi sono ristretti ai bambini, ma ad un’attenta analisi si
evince che essi possono essere appropriatamente usati per indicare il disturbo di un individuo adulto che
soffre di ansia da separazione “da casa o da coloro cui il soggetto è attaccato” come si legge nel criterio A
(DSM IV- TR), e che nel caso di un adulto potrebbero essere i propri figli o il partner ecc. Inoltre anche le
eccessive preoccupazioni per la morte o eventi spiacevoli imprevisti a danno dei personaggi cui il soggetto
è attaccato sono frequenti in alcuni individui adulti (criteri A2 e A3), e così anche gli incubi o i sintomi fisici
quando avviene la separazione reale o essa è anticipata col pensiero (criteri A7 e A8). Per avere una stima
della gravità del disturbo il DSM V raccomanda l’utilizzo della sottoscala “disturbo di ansia da separazione”
della Scala di ansia infantile di Spence (Spence 1997,1998). Tale sottoscala valuta specificatamente i criteri
diagnostici del disturbo d’ansia di separazione.
DISTURBI ELIMINATI DAL DSM V
Disturbo di Rett
Il gruppo di lavoro ha eliminato questo disturbo dal DSM V poiché i pazienti con disturbo di Rett spesso
hanno sintomi autistici solo per un breve periodo nella prima fanciullezza,perciò la loro inclusione nello
spettro autistico non è appropriata. Come anche altri disordini all’interno del DSM, attualmente il Disturbo
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dello spettro autistico è definito da uno specifico set di comportamenti e non dalla sua eziologia,perciò
l’inclusione al suo interno di una specifica entità eziologica,come il Disturbo di Rett, è inappropriata.
Laddove l’eziologia sia conosciuta e voglia essere indicata per il Disturbo autistico, i clinici possono utilizzare
la dizione “associato a disturbo medico o condizione genetica”.
DISTURBI ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E DIVISI IN NUOVI DISTURBI NEL DSM V
Disturbo reattivo dell’attaccamento dell’infanzia o della prima fanciullezza
La revisione adottata per questo disturbo riguarda la divisione dei due sottotipi esistenti nell’attuale
versione del manuale in 2 disturbi separati nella nuova edizione del DSM: il Disturbo reattivo
dell’attaccamento dell’infanzia o della prima fanciullezza (corrispondente al tipo inibito) e il Disturbo di
partecipazione (impegno) sociale disinibita (corrispondente al tipo disinibito). Il primo disturbo è
caratterizzato dalla persistente incapacità di dare inizio alla maggior parte delle interazioni sociali o di
rispondere ad esse in maniera adeguata al livello di sviluppo, con risposte eccessivamente inibite, ipervigili,
o altamente ambivalenti e contraddittorie. Il secondo disturbo è caratterizzato da legami diffusi,
socievolezza indiscriminata e notevole incapacità di mostrare attaccamenti adeguatamente selettivi.
DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI
Disturbo dell’espressione scritta
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Difficoltà dell’apprendimento
Disturbo dell’apprendimento non altrimenti specificato
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Difficoltà dell’apprendimento
Disturbo disintegrativo dell’infanzia
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbo autistico (Disturbo dello spettro autistico)
Disturbo di Asperger
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbo autistico (Disturbo dello spettro autistico)
Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato
Tale disturbo sarò incluso nella diagnosi di Disturbo autistico (Disturbo dello spettro autistico)
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DELIRIUM,DEMENZA,DISTURBI AMNESTICI E ALTRI DISTURBI COGNITIVI
Il gruppo di lavoro dei disturbi neurocognitivi si è occupato della revisione di questa sezione del manuale.
La principale modifica proposta è la suddivisione della classe diagnostica in 3 grandi sindromi: delirium,
disturbi neurocognitivi maggiori, disturbi neurocognitivi minori. Le caratteristiche che definiscono questa
classe di disturbi sono essenzialmente due:
a) Si tratta di deficit che riguardano la cognizione;
b) Tali deficit rappresentano un declino rispetto al precedente livello di funzionamento cognitivo
raggiunto.
Quest’ultima caratteristica (b) differenzia tali disturbi da quelli in cui il deficit neurocognitivo è presente alla
nascita e interferisce con lo sviluppo. Si tratta di deficit dovuti a cambiamenti nella chimica,nella struttura e
nel funzionamento del cervello. La distinzione tra Disturbi neurocognitivi maggiori e Disturbi neurocognitivi
minori è dettata dalla gravità della condizione; in particolare parlando di Disturbo neurocognitivo maggiore
ci riferiamo a quei disturbi che implicano un alto grado di danneggiamento cognitivo e una mancanza di
indipendenza nelle più semplici attività quotidiane. Le eziologie di tali sindromi,laddove sono conosciute,
vengono codificate come sottotipi. (Generalmente, le eziologie più facilmente identificabili sono quelle del
Delirium e dei Disturbi neurocognitivi maggiori,rispetto a quelle dei Disturbi neurocognitivi minori). Il
Delirium si differenzia dai Disturbi neurocognitivi (maggiori e minori) in quanto la sua caratteristica
distintiva, che non viene riscontrata nei disturbi neurocognitivi, è la compromissione della consapevolezza e
dell’abilità di focalizzare,mantenere o spostare l’attenzione (sebbene occorre sottolineare che una perdita
di consapevolezza e attenzione può manifestarsi anche in alcuni casi di forme molto gravi di Disturbi
neurocognitivi maggiori).
NOTA: in alcuni disturbi a decadimento progressivo, come i disturbi neurovegetativi e alcune forme di
danneggiamento cognitivo vascolare, la specificazione “maggiore” e “minore” rappresentano i 2 differenti
stadi dello stesso disturbo.
Ecco i dettagli della revisione:


Nuovi disturbi neurocognitivi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
Disturbi neurocognitivi maggiori
Disturbi neurocognitivi minori
Sottotipo malattia di Alzheimer (di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi
minori)
Disturbi neurocognitivi che saranno inclusi in altre diagnosi:
Disturbo cognitivo non altrimenti specificato
Disturbo amnestico dovuto a condizione medica generale
Disturbo amnestico non altrimenti specificato
Demenza dovuta a condizione medica generale
Demenza non altrimenti specificata
Demenza di tipo Alzheimer
Demenza vascolare
Demenza dovuta a eziologie multiple
La categoria del Delirium è rimasta pressoché invariata.
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NUOVI DISTURBI NEUROCOGNITIVI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V
Disturbi neurocognitivi maggiori
Sono quei disturbi con un alto grado di danneggiamento cognitivo in almeno uno dei seguenti:
1. Attenzione complessa (pianificazione,presa di decisioni,memoria di lavoro,risposta correttiva a un
feedback di errore,abitudini predominanti,flessibilità mentale);
2. Abilità esecutive (pianificazione,presa di decisioni,memoria di lavoro,risposta correttiva a un
feedback di errore,abitudini predominanti,flessibilità mentale);
3. Apprendimento e memoria (memoria immediata,memoria di richiamo);
4. Linguaggio (espressione e comprensione);
5. Abilità percettive (visuali e costruttive);
6. Cognizione sociale (riconoscimento di emozioni,teoria della mente,regolazione del
comportamento)
Esistono importanti modifiche rispetto al DSM IV. Innanzitutto il termine “demenza” è stato
definitivamente eliminato e sostituito dalla dizione “disturbi neurocognitivi maggiori”, che include sia ciò
che è comunemente conosciuto come demenza sia altre voci come i disturbi amnestici. La dizione
“demenza” era largamente accettata dai pazienti anziani ma molto meno accettata da tutti quei pazienti
adulti più giovani affetti,ad esempio,da demenza dovuta a malattia da HIV o da demenza dovuta a trauma
cranico. Inoltre i precedenti criteri per la demenza utilizzavano quella di tipo Alzheimer come prototipo e
richiedevano quindi come criterio specifico per qualunque tipo di demenza la compromissione della
memoria. Tuttavia nel corso degli anni si è sviluppata la crescente consapevolezza che esistono disturbi
neurocognitivi (demenza dovuta a malattia da HIV, demenza dovuta a trauma cranico, demenza
vascolare,degenerazione frontotemporale ecc.) in cui i domini principalmente o esclusivamente
compromessi sono quelli del linguaggio e delle funzioni esecutive. Perciò si è stabilito che la
compromissione della memoria non sia più un criterio necessario per la diagnosi di questi disturbi,bensì che
ricada tra i domini di cui il paziente può(o non può) manifestare compromissione. La nuova definizione si
focalizza maggiormente sulla performance del paziente rispetto alla sua disabilità.per stabilire la presenza
di deficit cognitivi di alto grado, nel nuovo manuale,in questa sezione,sarà presente una tabella introduttiva
che fornirà per ciascun dominio di compromissione degli esempi di sintomi specifici e di osservazioni
costanti per un assesment oggettivo.
Ecco i criteri per questa diagnosi:
A)Evidenza di un significativo declino cognitivo rispetto a un precedente livello di performance, in uno o più
dei domini, basata su:
1) Report compilati dal paziente stesso o da informatori,o osservazione da parte dei clinici, o un
declino nelle abilità in domini specifici come sottolineato dalla tabella
E
2) Chiari deficit nei domini prevalenti (generalmente più di due) risultanti dall’assesment oggettivo
rispetto
ad
appropriati
riferimenti
circa
la
popolazione
di
appartenenza
(età,sesso,educazione,livello premorboso ecc)
B) Il deficit deve essere tale da interferire con l’autonomia e l’indipendenza funzionale del paziente.
C)il deficit cognitivo non si manifesta esclusivamente nel contesto di un delirium
D)il disturbo cognitivo non è principalmente dovuto ad un altro disturbo di asse I
15
Disturbi neurocognitivi minori
Questi disturbi sono stati aggiunti nel DSM V per riconoscere le necessità cliniche di quei pazienti che
hanno un lieve deterioramento cognitivo in uno o più degli stessi domini dei Disturbi neurocognitivi
maggiori,ma che hanno conservato un funzionamento autonomo e l’ indipendenza nello svolgimento delle
attività quotidiane. Queste sindromi,ampiamente diffuse e riscontrate nella pratica clinica,sono
particolarmente critiche in quanto,se riconosciute e individuate in tempo, rappresentano il terreno fertile
per l’intervento dei clinici. Esempi di questo tipo di disturbi sono le demenze dovute a condizioni mediche
generali,a traumi cranici,all’HIV,all’uso do sostanze,al diabete,ma anche i primi stadi di malattie
neurodegenerative come l’Alzheimer. Il gruppo di lavoro ha specificato che la scelta del termine “minori”
non è relativa ad un giudizio di importanza clinica di questi disturbi,ma è stato scelto per la sua opposizione
al termine “maggiori”;tuttavia si sta ancora discutendo la possibilità di variare la dizione in “disturbi
neurocognitivi lievi”. L’assesment di questa tipologia di disturbi è più complesso e delicato, poiché non
esistono o sono difficilmente disponibili report sul lieve danneggiamento cognitivo e le osservazioni cliniche
sono meno informative; inoltre una variabile di fondamentale importanza qui diviene il livello di
funzionamento premorboso.
Ecco i criteri:
A)L’evidenza di un declino cognitivo minore da un precedente livello di performance,in uno o più dei
domini prevalenti, basata su:
1) Report compilati dal paziente stesso o da informatori,o osservazione da parte dei clinici, o un
declino nelle abilità in domini specifici come sottolineato dalla tabella
E
2) Un lieve deficit nei domini prevalenti risultante dall’assesment oggettivo rispetto ad appropriati
riferimenti circa la popolazione di appartenenza (età,sesso,educazione,livello premorboso ecc)
B)Il deficit non è tale da interferire con l’autonomia e l’indipendenza funzionale del paziente,sebbene
queste vengano conservate con grande sforzo e con strategie compensatorie
C) )il deficit cognitivo non si manifesta esclusivamente nel contesto di un delirium
D)il disturbo cognitivo non è principalmente dovuto ad un altro disturbo di asse I
Sottotipo malattia di Alzheimer (di disturbi neurocognitivi maggiori o disturbineuro cognitivi minori)
La malattia di Alzheimer è un disturbo degenerativo a declino progressivo con insorgenza generalmente
tardiva(dopo i 60 anni di età) anche se esistono casi di insorgenza precoce. A causa della difficoltà di
rilevare i segni patologici diretti della presenza della malattia di Alzheimer, la diagnosi può essere fatta solo
quand,in base alla storia e ad esami accurati, le altre eziologie della demenza sono state escluse. I disturbi
neurocognitivi maggiori hanno un eccellente valore predittivo per il sottotipo Alzheimer e contengono tutti
i criteri richiesti per una diagnosi di Alzheimer; mentre per quanto riguarda i disturbi neurocognitivi minori
gli studiosi raccomandano cautela, a causa del loro modesto valore predittivo per questo disturbo (anche
laddove sia presente un lieve decadimento cognitivo con compromissione della memoria,questa sola
osservazione non è sufficiente per una diagnosi di Alzheimer). Teoricamente comunque questo sottotipo
può essere diagnosticato come specifico sottotipo sia per i disturbi neurocognitivi maggiori che per quelli
minori, a condizione che il dominio prevalentemente compromesso sia quello della memoria e che sia
evidente un declino continuo e progressivo.
DISTURBI NEUROCOGNITIVI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI
Disturbo cognitivo non altrimenti specificato
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Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori
Disturbo amnestico dovuto a condizione medica generale
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori
Disturbo amnestico non altrimenti specificato
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori
Demenza dovuta a condizione medica generale
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori
Demenza non altrimenti specificata
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori
Demenza di tipo Alzheimer
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori
Demenza vascolare
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori
Demenza dovuta ad eziologie multiple
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori
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DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE
Il gruppo di lavoro dei Disordini correlati a sostanze è stato incaricato della revisione di questa categoria.
Nel DSM IV il termine “sostanza” si riferisce ad una sostanza di abuso,a un farmaco o a una tossina. La
principale modifica proposta dal team per il DSM V riguarda l’inclusione in questa categoria diagnostica sia
dei disturbi relativi a sostanze sia delle dipendenze da non sostanze. La nuova categoria verrà quindi
ridefinita “Dipendenze e disturbi correlati”. Le dipendenze da non sostanze sono sostanzialmente disturbi
comportamentali ma i lavori per questa sezione sono tutt’ora in corso perciò non esistono ancora molte
informazioni ufficiali al riguardo. Il gruppo di lavoro sta vagliando le ipotesi di classificare come dipendenze
da non sostanze la dipendenza da internet,la dipendenza dal gioco d’azzardo (nel manuale attuale il gioco
d’azzardo patologico è classificato nel Disturbo del controllo degli impulsi non altrimenti specificato) e la
dipendenza dal sesso patologico,ma ad oggi non è stata ancora apportata alcuna modifica definitiva perciò
pochissimo ancora si può dire riguardo queste novità. Alcune sostanze sono invece state aggiunte
nell’elenco di quelle già esistenti. Vediamo i dettagli della revisione:


Nuovi disturbi correlati a sostanze non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
Astinenza da cannabis
Disturbo da uso di sostanze
Disturbo da uso di alcool
Disturbo da uso di anfetamine
Disturbo da uso di cannabis
Disturbo da uso di cocaina
Disturbo da uso di allucinogeni
Disturbo da uso di inalanti
Disturbo da uso di nicotina
Disturbo da uso di oppioidi
Disturbo da uso di sostanze diverse (o di sostanze sconosciute)
Disturbo da uso di fenciclidina
Disturbo da uso di più sostanze
Disturbo da uso di sedativi,ipnotici o ansiolitici
Disturbi correlati a sostanze che saranno inclusi in altre diagnosi:
Dipendenza da alcool
Dipendenza da anfetamine
Dipendenza da cannabis
Dipendenza da cocaina
Dipendenza da allucinogeni
Abuso di alcool
Abuso di anfetamine
Abuso di cannabis
Abuso di cocaina
Abuso di allucinogeni
Dipendenza da inalanti
Abuso di inalanti
Dipendenza da nicotina
Dipendenza da oppioidi
Abuso di oppioidi
Dipendenza da fenciclidina
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Abuso di fenciclidina
Dipendenza da più sostanze
Dipendenza da sedativi,ipnotici o ansiolitici
Abuso di sedativi,ipnotici o ansiolitici
Dipendenza da sostanze diverse (o sconosciute)
Abuso di sostanze diverse (o sconosciute)
Gli altri disturbi correlati a sostanze sono rimasti pressoché invariati.
NUOVI DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V
Astinenza da cannabis
Le numerose ricerche e gli studi condotti sin dalla pubblicazione del DSM IV riguardo l’astinenza da
cannabis (Budney & Hughes, 2006; Budney, e al., 2004, Milin, e al., 2008, Agrawal, e al., 2008; Hasin, e al.,
2008, Chung, e al., 2008) hanno chiaramente evidenziato l’esistenza di una sindrome da astinenza da
cannabis clinicamente significativa e supportato perciò la sua inclusione come disturbo nel nuovo manuale
dei disturbi mentali. Ecco i criteri:
A)Cessazione di uso di cannabis che è stato intenso e prolungato
B)sviluppo di 3 o più dei seguenti parecchi giorni dopo il criterio A:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Irritabilità,rabbia o aggressività
Nervosismo o ansia
Insonnia
Diminuzione dell’appetito o perdita di peso
Agitazione
Umore depresso
l’individuo deve riportare almeno uno dei seguenti sintomi fisici rilevanti: dolore allo
stomaco,tremore,sudorazione,febbre,raffreddore,mal di testa.
C)I sintomi del criterio B causano disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle importanti aree di
funzionamento
D)i sintomi non sono dovuti a condizione medica generale e non sono meglio giustificati da un altro
disturbo.
Disturbo da uso di… (sostanze,alcool,anfetamine,cannabis,cocaina ,allucinogeni,inalanti,nicotina,oppioidi,
sostanze diverse, fenciclidina,più sostanze,sedativi ipnotici o ansiolitici)
Per ciascuna sostanza nel DSM V non esiste più la distinzione tra abuso e dipendenza,come nel DSM IV. I
primi segnali preoccupanti circa questa distinzione giunsero ormai qualche anno fa da alcuni studi che
dimostravano come l’affidabilità test-retest per la dipendenza era molto buona,mentre quella per l’abuso
era più bassa e molto variabile (Hasin et al., 2006). Molti hanno ipotizzato che l’abuso sia in alcuni casi la
fase prodromica della dipendenza ma vari studi prospettivi hanno dimostrato che i casi esaminati non sono
solo dei “casi” (Hasin et al., 1990, 1997; Grant et al., 2001; Schuckit et al., 2001; 2008). I membri del gruppo
di lavoro hanno perciò raccomandato che l’abuso e la dipendenza da sostanze siano combinati in un unico
19
disturbo di graduale severità clinica,con entrambi i criteri di abuso e dipendenza richiesti per poter fare la
diagnosi. Ecco i criteri per il disturbo da uso di qualunque sostanza presente nel DSM V:
A)Una modalità patologica d’uso di una sostanza, che porta a menomazione o a disagio
clinicamente significativi, come manifestato da una (o più) delle condizioni seguenti, ricorrenti
entro un periodo di 12 mesi:
1. uso ricorrente della sostanza risultante in una incapacità di adempiere ai principali
compiti connessi con il ruolo sul lavoro, a scuola o a casa (per es., ripetute assenze o
scarse prestazioni lavorative correlate all’uso delle sostanze; assenze, sospensioni o
espulsioni da scuola correlate alle sostanze; trascuratezza nella cura dei bambini o della
casa)
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DISTURBI D’ANSIA
I gruppi di lavoro dei disturbi d’ansia,dissociativi, ossessivo-compulsivi e post-traumatici sono stati
impegnati per la revisione di questa classe diagnostica. Gli stessi gruppi sono anche stati responsabili di
alcune delle modifiche dei disturbi ansiosi appartenenti alla sezione Disturbi diagnosticati per la prima volta
nell’infanzia,fanciullezza e adolescenza,alla quale si rimanda. È stata proposta ma rimane ancora in
discussione la ridefinizione della classe diagnostica in “Disturbi dello spettro ansioso e ossessivocompulsivo”. Questa la revisione proposta:



Nuovi disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
disturbo da tic indotto da sostanze
disturbo da tic dovuto a condizione medica generale
disturbo da accumulo
sindrome di riferimento olfattivo
disturbo di scorticamento della pelle
Disturbi eliminati dal DSM V:
agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico
Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi:
disturbo di panico senza agorafobia
disturbo di panico con agorafobia
NUOVI DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V
Disturbo da tic indotto da sostanze
Questa nuova categoria diagnostica nasce dallo studio della più recente letteratura che evidenzia come
disturbi da tic possono essere presenti nel contesto di uso o di astinenza da sostanze. La creazione di
questa diagnosi rientra nell’obiettivo di ridurre al minimo le diagnosi di disturbi NAS. Ecco i criteri:
A. Tic motori e/o vocali sono stati presenti nello stesso tempo durante il corso della malattia (un tic è
un movimento motorio o una vocalizzazione improvviso,rapido,ricorrente e non-ritmico)
B. Risulta evidente dalla storia,dagli esami fisici e dalle ricerche di laboratorio che:
1. I sintomi del criterio A si sono sviluppati durante intossicazione o astinenza da sostanza
2. L’uso della sostanza è etiologicamente correlato al disturbo
Disturbo da tic dovuto a condizione medica generale
Tale diagnosi è riferibile a quei soggetti che presentano un tic successivamente a una condizione medica
generale conosciuta ed evidenziata. Questi i criteri:
A. Tic motori e/o vocali sono stati presenti nello stesso tempo durante il corso della malattia (un tic è
un movimento motorio o una vocalizzazione improvviso,rapido,ricorrente e non-ritmico)
B. Risulta evidente dalla storia,dagli esami fisici e dalle ricerche di laboratorio che il disturbo è la
conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale.
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Disturbo da accumulo
Nel DSM IV l’accumulo è considerato come uno dei criteri diagnostici per la diagnosi di Disturbo di
personalità ossessivo compulsivo: “ l’individuo è incapace di gettare via oggetti consumati o di nessun
valore, anche quando non hanno alcun significato affettivo” (DSM IV- TR). Sempre secondo il DSM IV
quando l’accumulo è estremo i clinici possono considerare la diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo e
applicare al paziente entrambe le diagnosi di OCPD e di OCD se gli altri criteri sono soddisfatti. Tuttavia in
frequenti casi l’accumulo patologico sembra essere indipendente da altri disturbi psichiatrici, inclusi OCPD e
OCD, ma conduce ugualmente a disagio e disabilità clinicamente significative. Questo,insieme ad altri studi
epidemiologici, ha condotto alla realizzazione di questa categoria diagnostica a sé (tuttavia si sta ancora
valutando la localizzazione definitiva e la possibilità di inserirlo in appendice); la decisione della dizione
“disturbo da accumulo” è stata dettata dal voler nettamente distinguere tale disturbo dall’accumulo
patologico come compulsione dell’OCPD. Ecco i criteri:
A. Persistente difficoltà a disfarsi o separarsi dai propri possessi, indipendentemente dal valore
attribuito dagli altri a tali possessi:
B. La difficoltà è dovuta al forte desiderio di evitare il disagio relativo alla separazione da tali possessi;
C. I sintomi si manifestano nell’accumulo di un gran numero di possessi tale da ingombrare e riempire
gli spazzi di casa o del luogo di lavoro e impedirne l’utilizzo;
D. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle importanti aree di
funzionamento;
E. I sintomi non sono dovuti a una condizione medica generale
F. I sintomi non sono riconducibili ai sintomi di un altro disturbo mentale.
Specificare se il paziente manifesta verso i suoi comportamenti e credenze relative all’accumulo:
 Buon insight (riconosce che esse sono problematiche)
 Basso insight (pochissime volte riconosce che esse sono problematiche, a dispetto
dell’evidenza)
 Insight assente (non riconosce che esse sono problematiche,a dispetto dell’evidenza).
Sindrome di riferimento olfattivo
La sindrome di riferimento olfattivo non è esplicitamente menzionata nel DSM IV, ma le sue caratteristiche
cliniche sono (erroneamente) citate in tre differenti sezioni del manuale: all’interno dei disturbi
psicotici/deliranti, all’interno dei disturbi d’ansia e all’interno dei disturbi somatoformi. Questa sindrome
caratterizza un gruppo di persone che spesso sono diagnosticate erroneamente e trattate senza successo.
La sindrome è definita dall’erronea credenza dell’individuo di emettere un cattivo e sgradevole odore
corporeo. Tale credenza spesso è accompagnata da idee o manie di riferimento, comportamenti ripetitivi e
preoccupazioni eccessive. Ecco i criteri:
A. Preoccupazione per la credenza che l’individuo emetta un cattivo odore corporeo,che non è
percepito dagli altri;
B. La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle importanti aree di
funzionamento;
C. La preoccupazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a condizione medica
generale;
22
D. La preoccupazione non è riconducibile ai sintomi di un altro disturbo mentale.
Anche per questo disturbo specificare il livello di insight (buono,basso,assente) del paziente riguardo la sua
preoccupazione e credenza.
Disturbo di scorticamento della pelle
Nel DSM IV la tricotillomania è classificata come un Disturbo del controllo degli impulsi, mentre lo
stuzzicarsi o scorticarsi la pelle non ha un proprio riconoscimento diagnostico all’interno dell’attuale
manuale, ma è classificato nel Disturbo del controllo degli impulsi NAS. Una crescente letteratura ha
documentato la presenza di questo comportamento patologico nella pratica clinica, e anche la sua
frequente comorbidità con altri disturbi soprattutto d’ansia e dell’umore. Gli studi hanno attestato la sua
diffusione soprattutto tra gli adolescenti e i giovani; i quali oltre a dimostrare disagio clinicamente
significativo, devono spesso ricorrere a cure antibiotiche per le infezioni o, nei casi più gravi, al ricovero in
ospedale. Eccone i criteri:
A. Ricorrente scorticamento della pelle come risulta dalle lesioni sulla pelle stessa;
B. Lo scorticamento della pelle causa disagio clinicamente significativo e impedimenti nelle importanti
aree di funzionamento;
C. Lo scorticamento della pelle non è dovuto a condizione medica generale o agli effetti fisiologici
diretti di una sostanza;
D. Lo scorticamento della pelle non è riconducibile ai sintomi di un altro disturbo mentale.
DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI
Disturbo di panico senza agorafobia
Questa diagnosi sarà inclusa nella diagnosi di Disturbo di panico
Disturbo di panico con agorafobia
Questa diagnosi sarà inclusa nella diagnosi di Disturbo di panico
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DISTURBI DELL’UMORE
Le revisioni di questa categoria diagnostica sono state proposte e discusse dal gruppo di lavoro dei disturbi
dell’umore. Esso ha proposto,non ancora in via ufficiale, che il Disturbo depressivo non altrimenti
specificato sia ridefinito come Condizioni depressive non altrimenti specificate. Questa modifica potrebbe
permettere ai clinici l’identificazione di quegli individui che manifestano sintomi depressivi senza soddisfare
tutti i criteri per un disturbo depressivo ma che potrebbero avere bisogno di trattamento. Inoltre per tutti i
disturbi di questa categoria sono state identificate delle dimensioni ( vedi “Valutazione dimensionale
trasversale” nella sezione introduttiva) la cui valutazione influisce negli outcome del trattamento; tra
queste la dimensione ansiosa e la valutazione del rischio suicidario. Il sottogruppo guidato dall’esperto Kim
Yonkers ha proposto l’inclusione di un nuovo disturbo: disturbo disforico premestruale. ( Si ricorda inoltre
che nella categoria dei Disturbi generalmente diagnosticati nell’infanzia,fanciullezza e adolescenza sono
stati introdotti dei nuovi disturbi che rientrano nella categoria dei disturbi dell’umore. Per chiarificazioni
vedi le revisioni proposte per tale categoria). Vediamo tutte le modifiche:

Disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
Depressione mista ad ansia
Specificazione “con caratteristiche miste”
Disturbo disforico premestruale
 Disturbi eliminati dal DSM V :
Disturbo bipolare di tipo I,più recente episodio misto
Gli altri disturbi dell’umore non hanno subito rilevanti modifiche.
DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V
Depressione mista ad ansia
Questa diagnosi è presente nell’appendice del DSM IV ed è inoltre presente nell’ICD-10; tuttavia essa non è
mai stata definita precisamente,rimanendo nell’ambiguità. Tuttavia è nota a tutti l’alta incidenza di
comorbilità per questi due disturbi nella pratica clinica.Per tale diagnosi è necessario che entrambi i disturbi
siano presenti e disagevoli. I sintomi ansiosi che possono causare disagio sono stati presi in parte dalla
scala d’ansia PROMIS (Patient-Reported Outcomes Measurement System) e in parte dalla scala d’ansia
GAD-7 (Generalized Anxiety Disorder 7-item scale). Ecco i criteri:
A. il paziente presenta 3 o 4 dei sintomi della depressione maggiore e questi sono accompagnati
anche da disagio di tipo ansioso. I sintomi sono stati presenti nelle ultime due settimane e si sono
verificati contemporaneamente. Non è presente nessun’altra diagnosi di ansia o depressione
B. il disagio di tipo ansioso è definito da 2 o più tra i seguenti: preoccupazioni irrazionali o irreali,
problemi nel rilassarsi, tensione o agitazione motoria, nervosismo,paura che possa succedere
qualcosa di spiacevole.
Tale disagio è calcolato su una scala di gravità:
0= non ansioso
1=lievemente ansioso
2=moderatamente ansioso (riferisce 2 sintomi su 5)
3=gravemente ansioso (riferisce da 3 a 5 sintomi su 5)
4=gravemente ansioso con agitazione motoria
Specificazione “con caratteristiche miste”
24
Tale specificazione può essere applicata a Mania, Ipomania ed Episodi depressivi (compresi tutti i disturbi
che manifestano tali episodi,come i disturbi bipolari) Essa è applicabile laddove i sintomi sottosoglia relativi
al polo opposto sono presenti durante un episodio. Tali sintomi possono essere relativamente simultanei a
quelli del disturbo del paziente oppure possono strettamente ed esclusivamente verificarsi nel periodo in
cui aumentano e diminuiscono i sintomi del polo opposto. Ecco i criteri:
A) Se predomina ipomania o mania, si riscontrano tutti i criteri per Episodio ipomaniacale o Episodio
maniacale, e almeno 3 dei seguenti sintomi sono presenti quasi tutti i giorni durante gli episodi:
 Prominente disforia o umore depresso some riportato dal paziente stesso o
dall’osservazione degli altri;
 Diminuito interesse e piacere in tutte o quasi tutte le attività;
 Ritardo psicomotorio quasi tutti i giorni;
 Affaticamento e mancanza di energia;
 Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati
 Pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza
un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o l’ideazione di un piano specifico per
commettere suicidio.
B) Se predomina depressione, si riscontrano tutti i criteri per Episodio depressivo maggiore, e almeno
3 dei seguenti sintomi sono presenti quasi tutti i giorni durante gli episodi:
 Umore espanso ed elevato;
 Autostima ipertrofica o grandiosità
 Maggiore loquacità del solito oppure spinta continua a parlare;
 fuga delle idee o esperienza soggettiva che i pensieri si succedano rapidamente;
 aumento dell’attività finalizzata (sociale, lavorativa, scolastica o sessuale) oppure agitazione
psicomotoria;
 eccessivo coinvolgimento in attività ludiche che hanno un alto potenziale di conseguenze
dannose (per es., eccessi nel comprare, comportamento sessuale sconveniente,
investimenti in affari avventati);
 diminuito bisogno di sonno (per es., si sente riposato dopo solo 3 ore di sonno).
C) I sintomi sono osservabili dagli altri e rappresentano un cambiamento rispetto al comportamento
usuale dell’individuo
D) I sintomi non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza.
Disturbo disforico premestruale
Anche questo criterio è presente nell’appendice del DSM IV,ma gli studiosi hanno proposto la sua nuova
collocazione nella categoria dei disturbi dell’umore. Ecco i criteri:
A) Nella maggior parte dei cicli mestruali dell’anno precedente sono stati presenti cinque (o più) dei
sintomi seguenti per la maggior parte dell’ultima settimana della fase luteinica, sintomi che iniziano
ad attenuarsi entro pochi giorni dall’inizio della fase follicolare, e scompaiono nella settimana
successiva alla mestruazione; inoltre almeno uno dei sintomi corrispondenti ai numeri 1, 2, 3 o 4:
1. umore marcatamente depresso, sentimenti di disperazione, o idee di autosvalutazione
2. marcata ansietà, tensione, sensazione di essere bloccata, o “sul filo del rasoio”
3. marcata labilità affettiva (per es., sentirsi improvvisamente triste o sul punto di piangere,
oppure aumentata sensibilità alle frustrazioni)
4. rabbia o irritabilità marcate e persistenti, oppure aumento dei conflitti interpersonali
5. diminuito interesse verso le attività usuali (per es., lavoro, studio, amicizie, passatempi)
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6. sensazione soggettiva di difficoltà a concentrarsi
7. sonnolenza, facile affaticamento, oppure rilevante mancanza di energia
8. cambiamenti marcati nell’appetito, iperalimentazione, o ricerca insistente di qualche cibo
particolare
9. ipersonnia o insonnia
10. sensazione soggettiva di essere soverchiata o di perdere il controllo
11. altri sintomi fisici, come caduta o rigonfiamento delle mammelle, cefalea, dolore articolare o
muscolare, sensazione di “gonfiore”, aumento di peso.
NOTA: Nelle femmine mestruate, la fase luteinica corrisponde al periodo tra l’ovulazione e l’inizio
della mestruazione, e la fase follicolare comincia con la mestruazione. Nelle femmine non
mestruate (per es., quelle che hanno subito una isterectomia), l’individuazione delle fasi luteinica e
follicolare può richiedere il dosaggio degli ormoni sessuali circolanti.
B) L’alterazione interferisce in maniera rilevante nel lavoro o nello studio, oppure nelle attività sociali
abituali o nei rapporti con gli altri (per es., evitamento delle attività sociali, diminuzione
dell’efficienza e del rendimento sul lavoro o nello studio).
C) L’alterazione non rappresenta semplicemente l’esacerbazione dei sintomi di un altro disturbo,
come un Disturbo Depressivo Maggiore (Episodio Singolo e Ricorrente), il Disturbo di Panico (Senza
Agorafobia e Con Agorafobia), il Disturbo Distimico, o un Disturbo di Personalità (per quanto possa
sovrapporsi a ciascuno di questi disturbi).
D) I criteri A, B e C devono risultare confermati dalle registrazioni giornaliere comparative di almeno
due cicli sintomatici consecutivi (la diagnosi può essere posta provvisoriamente in attesa di questo
tipo di conferma).
DISTURBI ELIMINATI DAL DSM V
Disturbo bipolare di tipo I,più recente episodio misto
Questa diagnosi non sarà più presente nel DSM V (leggi la Specificazione caratteristiche miste).
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DISTURBI SOMATOFORMI
Il gruppo di lavoro responsabile di queste modifiche è stato quello dei Disturbi con sintomi somatici. Tra le
proposte del team c’è appunto quella di ridenominare questa categoria come “Disturbi con sintomi
somatici”, a causa della confusione esistente circa l’attuale terminologia. Questa nuova categoria includerà
anche i Disturbi fittizi. Inoltre poiché il disturbo di somatizzazione, l’ipocondria, il disturbo somatoforme
indifferenziato e quello algico presentano delle caratteristiche comuni,ovvero sintomi somatici e distorsioni
cognitive, il gruppo di lavoro ha proposto di raggruppare tutti questi nella nuova diagnosi di Disturbo da
sintomi somatici complesso. Vediamo chiaramente la revisione:



Nuovi disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
disturbo con sintomi somatici complesso
Disturbi riclassificati in altre categorie diagnostiche:
disturbo da dimorfismo corporeo
Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi:
disturbo di somatizzazione
disturbo somatoforme indifferenziato
disturbo algico associato a fattori psicologici
ipocondria
disturbo algico associato a fattori psicologici e a una condizione medica generale
disturbo algico
Gli altri disturbi non hanno subito rilevanti modifiche.
NUOVI DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V
Disturbo con sintomi somatici complesso
Questa nuova categoria, che raggruppa disturbo di somatizzazione, ipocondria, disturbo somatoforme
indifferenziato e disturbo algico, enfatizza l’importanza sia dei sintomi fisici sia della cognizioni abnormi o
distorte del pazienti; entrambe le caratteristiche sono richieste come criteri per poter attribuire tale
diagnosi (essa è inappropriata alla presenza di una sola delle due caratteristiche). Questi i criteri:
A. Uno o più sintomi somatici che procurano disagio e/o risultano distruttivi della vita quotidiana;
B. Esagerato interesse o preoccupazione per i sintomi e le malattie, come evidenziano almeno 3 dei
seguenti:
 Alto livello di ansia relativa alla salute;
 Tendenza ad avere paura del peggio per qualunque malattia o sintomo fisico;
 Credenza della gravità medica dei sintomi;
 La preoccupazione per la salute o per i sintomi occupano il posto centrale nella vita
dell’individuo.
C. Sebbene qualcuno dei sintomi potrebbe non essere presente continuamente, lo stato sintomatico è
cronico (da almeno 6 mesi).
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DISTURBI RICLASSIFICATI IN ALTRE CATEGORIE DIAGNOSTICHE
Disturbo da dimorfismo corporeo
Questo disturbo sarà riclassificato all’interno dei Disturbi d’ansia e dello spettro ossessivo compulsivo. Ne
sono anche stati modificati i criteri:
A. Preoccupazione per un supposto difetto o un’imperfezione fisica che non è osservabile dagli altri o
appare lieve;
B. Durante il decorso del disturbo, l’individuo compie ripetuti comportamenti o atti mentali in risposta
alla preoccupazione per il supposto difetto o imperfezione;
C. La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo o impedimento nelle importanti aree di
funzionamento;
D. La preoccupazione per l’apparenza fisica non è riconducibile alla preoccupazione per il peso
corporeo e simili.
Specificare il livello di insight del paziente riguardo la sua preoccupazione.
DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI
Tutti i disturbi citati saranno inclusi nella diagnosi di Disturbo con sintomi somatici complesso.
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DISTURBI DISSOCIATIVI
Il gruppo di lavoro che si è occupato di questa sezione è quello dei Disturbi d’ansia,dello spettro ossessivocompulsivo,post-traumatici e dissociativi. Nessun nuovo disturbo dissociativo è stato inserito nel DSM V.
Ecco la revisione proposta per tale categoria:

Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi:
Fuga dissociativa
Disturbo dissociativo di trance (dissociativo NAS)
Gli altri disturbi di questa categoria non hanno subito rilevanti modifiche.
DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI:
Fuga dissociativa
Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Amnesia dissociativa.( La letteratura disponibile ha reso evidente
che l’amnesia dissociativa, generalmente riguardo l’identità, è la caratteristica primaria anche nei casi di
pazienti con diagnosi di Fuga associativa,e che invece l’allontanamento da casa sia stato realmente
riscontrato in rari casi. Da qui l’inclusione nella diagnosi di Amnesia dissociativa).
Disturbo dissociativo di trance
Il gruppo di lavoro ha proposto che una parte di questo disturbo dissociativo NAS (la componente
patologica della trance di possessione) sia incluso nella diagnosi del Disturbo dissociativo dell’identità,
mentre le altre caratteristiche di tale disturbo rimangano nella diagnosi di Disturbo dissociativo NAS.
Questo fornisce una maggiore generalizzabilità cross-culturale del Disturbo dissociativo d’identità.
29
DISTURBI SESSUALI E DELL’IDENTITA’ DI GENERE
Il gruppo di lavoro dei Disturbi sessuali e dell’identità di genere è responsabile delle modifiche di questa
categoria. Questa è stata ed è ancora una delle categorie più discusse del DSM,sia per alcuni disturbi
contenuti sia per la sua esistenza stessa come categoria all’interno del manuale. Vediamo le proposte di
questo gruppo di lavoro:



Disturbi sessuali e dell’identità di genere non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
Disturbo ipersessuale
Disturbo parafiliaco coercitivo
Disturbo di interesse/eccitazione sessuale nelle donne
Disturbo di interesse/eccitazione sessuale negli uomini
Disturbo di penetrazione genito-pelvica dolorosa
Disturbi eliminati dal DSM V:
Disturbo da avversione sessuale
Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi:
Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo
Disturbo dell’eccitazione sessuale femminile
Dispareunia
Vaginismo
Gli altri disturbi non hanno subito modifiche rispetto al DSM IV.
DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V:
Disturbo ipersessuale
L’inserimento di tale disturbo è stato suggerito dalla pratica clinica e da studi epidemiologici, grazie ai quali
è stato possibile identificare l’esistenza di individui che soffrono di disturbi di desiderio sessuale
caratterizzati da un aumento delle fantasie sessuali,del desiderio,dell’eccitazione e di comportamenti
sessuali disinibiti associati a una componente impulsiva che non rientrano però nei comportamenti
parafiliaci. Tali disturbi spesso si riscontrano in comorbidità con disturbi di asse I,in particolare con disturbi
dell’umore,d’ansia,da dipendenza e da deficit di attenzione/iperattività. Tale disturbo è associato a disagio
clinicamente significativo e gravi conseguenze sociali negative. Questi i criteri:
A. Per un periodo di almeno sei mesi, ricorrenti e intensi fantasie sessuali,desideri sessuali, e
comportamenti sessuali associati a 4 o più dei seguenti:
 L’individuo dedica un tempo eccessivo a fantasie o desideri sessuali, o al pianificare e
attuare comportamenti sessuali;
 Ripetitivo ricorso a queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali in risposta a stati
d’umore disforico;
 Ripetitivo ricorso a queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali in risposta a eventi
quotidiani stressanti;
 Ripetitivi ma inutili tentativi di controllare o ridurre queste fantasie,desideri o
comportamenti sessuali;
 Ripetitivo ricorso a queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali, trascurando i rischi
per il male fisico o emozionale per sé e per gli altri.
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B. La frequenza e l’intensità di queste fantasie,desideri e comportamenti sessuali causa disagio
clinicamente significativo e impedimenti nelle importanti aree di funzionamento;
C. Queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali non sono dovuti agli effetti diretti di una
sostanza o non ricorrono durante Episodi maniacali;
D. L’individuo ha almeno 18 anni di età.
Specificazioni: masturbazione, pornografia, comportamenti sessuali con adulti consenzienti,chat
erotiche, linee erotiche, strip-club,altro.
Disturbo parafiliaco coercitivo
Il sottogruppo di lavoro delle parafilie ha proposto per il DSM V due grandi cambiamenti, che riguardano
tutte le diagnosi di parafilie indiscriminatamente. Il primo cambiamento scaturisce dalla considerazione che
le parafilie, per se stesse, non sono disturbi psichiatrici e che dalla pubblicazione del nuovo manuale in poi
esisterà una distinzione tra Parafilie e Disturbi parafiliaci. Una parafilia non giustifica o richiede
automaticamente l’intervento psichiatrico o psicologico, mentre un Disturbo parafiliaco consiste in una
parafilia che causa disagio clinicamente significativo, o impedimenti nelle aree di funzionamento, o male
per sé e per gli altri. In questa concezione, una parafilia è una condizione necessaria ma non sufficiente per
un Disturbo parafiliaco (generalmente per ciascuna voce della categoria Parafilie si parla di Parafilia se è
soddisfatto solo il criterio A e di Disturbo parafiliaco se sono soddisfatti entrambi i criteri A e B). Il secondo
grande cambiamento riguarda il coinvolgimento nelle parafilie di persone non consenzienti. Il sottogruppo
di lavoro propone come criterio da soddisfare per la diagnosi, un numero minimo di separate vittime non
consenzienti(questo numero minimo varia da parafilia in parafilia). Il disturbo parafiliaco coercitivo è stato
proposto come sindrome distinta e separata dal sadismo sessuale. Ecco i criteri:
A. In un periodo di almeno sei mesi, ricorrenti e intensi desideri e fantasie sessuali eccitanti
focalizzati sulla coercizione sessuale;
B. Questi causano all’individuo disagio o impedimenti o l’individuo ha cercato stimolazioni sessuali
tramite sesso forzato da 3 o più persone non consenzienti in separate occasioni;
C. La diagnosi di Disturbo parafiliaco coercitivo non può essere fatta se l’individuo incontra i criteri
per il Disturbo da sadismo sessuale.
Disturbo di interesse/eccitazione sessuale nelle donne
Questa diagnosi include il Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo e il Disturbo da eccitazione sessuale
femminile del DSM IV. Ecco i criteri:
A. Mancanza si interesse/eccitazione sessuale per la durata di almeno 6 mesi come manifestato da
almeno 4 dei seguenti:
 Assente o ridotto interesse per l’attività sessuale;
 Assenti o ridotti pensieri o fantasie sessuali/erotiche;
 Nessuna iniziativa di attività sessuale e nessuna risposta ai tentativi da parte del partner;
 Assente o ridotto piacere ed eccitazione sessuale durante l’attività sessuale;
 Il desiderio non è scatenato da alcuno stimolo sessuale;
 Assenti o ridotti cambiamenti genitali e/o non-genitali durante l’attività sessuale.
B. Il problema causa disagio clinicamente significativo o impedimenti;
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C. La disfunzione sessuale non è meglio giustificata da un altro disturbo di asse I e non è dovuto
esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a una condizione medica generale.
Disturbo di interesse/eccitazione sessuale negli uomini
Tale categoria è stata proposta per due motivi principali: preservare la categoria del Disturbo da desiderio
sessuale ipoattivo (che è inclusa in questa nuova diagnosi) e creare un parallelo del disturbo
precedentemente descritto anche per gli uomini. I criteri sono i medesimi del sopradescritto Disturbo di
interesse/eccitazione sessuale nelle donne.
Disturbo di penetrazione genito-pelvica dolorosa
Questa diagnosi includerà i disturbi Vaginismo e Dispareunia del DSM IV. La proposta di riunirli in un unico
Disturbo è stata dettata dalla reale difficoltà di differenziare questi due disturbi nella pratica clinica. Ecco i
criteri:
A. Per almeno 6 mesi persistente e ricorrente difficoltà in almeno uno dei seguenti:
 Incapacità di avere una penetrazione vaginale nel 50% dei tentativi;
 Marcato dolore pelvico e vaginale nel 50% dei tentativi di penetrazione;
 Marcata paura e ansia per la penetrazione vaginale o per il dolore pelvico e vaginale nel
50% dei tentativi di penetrazione;
 Marcata tensione e indurimento dei muscoli pelvici nel 50% dei tentativi di penetrazione.
B. Il problema causa disagio clinicamente significativo o impedimenti;
C. La disfunzione sessuale non è meglio giustificata da un altro disturbo di asse I e non dovuto
esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a condizione medica generale.
DISTURBI ELIMINATI DAL DSM V
Disturbo da avversione sessuale
Tale diagnosi non sarà più presente nel DSM V. Studi clinici hanno evidenziato che gli individui a cui viene
attribuita tale diagnosi, incontrano perfettamente i criteri per il Disturbo da desiderio sessuale o il Disturbo
da desiderio sessuale ipoattivo. Piuttosto, raccomanda il gruppo di lavoro, per quegli individui che
manifestano aperta avversione agli stimoli e alle situazioni sessuali, è maggiormente indicata la diagnosi di
Fobia specifica.
DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI
Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo
Tale diagnosi sarà inclusa nel Disturbo di interesse/eccitazione sessuale
Disturbo dell’eccitazione sessuale femminile
Tale diagnosi sarà inclusa nel Disturbo di interesse/eccitazione sessuale nelle donne
Vaginismo
Tale diagnosi sarà inclusa nel Disturbo da penetrazione genito-pelvica dolorosa
Dispareunia
Tale diagnosi sarà inclusa nel Disturbo da penetrazione genito-pelvica dolorosa
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DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE
Il gruppo di lavoro dei Disturbi dell’alimentazione si è occupato di questa sezione del DSM. È stato proposto
di ridenominare la categoria in Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione; inoltre è stato definito un
nuovo disturbo. Vediamo nel dettaglio queste modifiche:

Disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
Disturbo da alimentazione incontrollata
I restanti disturbi non hanno subito cambiamenti.
DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V:
Disturbo da alimentazione incontrollata
Tale diagnosi è presente in appendice nel DSM IV, a partire dal 2013 invece essa farà regolarmente parte
della categoria dei Disturbi alimentari. Questo disturbo è stato comparato con gli altri della categoria e con
l’obesità attraverso studi di validazione (Wonderlich, Gordon, Mitchell, Crosby, & Engel, 2009) da cui è
emerso chiaramente che esso si distingue dai Disturbi alimentari già presenti nel DSM e dall’obesità per
una serie di variabili epidemiologiche (età di comparsa, composizione razziale, comorbidità psichiatrica
ecc.). Inoltre gli stessi studi hanno suggerito la probabilità di influenze genetiche per questo disturbo. Gli
studiosi stanno ancora approfondendo l’utilità clinica di questa nuova diagnosi e le possibilità di
trattamento. Vediamo i criteri:
A. Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata si
caratterizza per la presenza di entrambi i seguenti:
 Mangiare,in un periodo definito di tempo, una quantità di cibo chiaramente più
abbondante di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile
di tempo e in circostanze simili;
 Sensazione di perdita di controllo nel mangiare durante l’episodio;
B. Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con 3 o più dei seguenti sintomi:
 Mangiare molto più rapidamente del normale;
 Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni;
 Mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati;
 Mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando;
 Sentirsi disgustato verso se stesso, depresso o molto in colpa dopo le abbuffate;
C. È presente marcato disagio;
D. Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta almeno una volta alla settimana per
almeno 3 mesi;
E. L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti
compensatori inappropriati e non si verifica esclusivamente nel corso di anoressia nervosa o
bulimia nervosa.
33
DISTURBI DEL SONNO
Questa categoria è stata curata dal gruppo di lavoro dei Disturbi del sonno. Il gruppo ha proposto
l’inclusione nel DSM V di un gran numero di disturbi non attualmente presenti nell’ ICD, con l’obiettivo
principale di educare i clinici non esperti di problemi del sonno agli aspetti non solo mentali ma anche
medici e neurologici associati a questo tipo di disturbi. Sottolineiamo inoltre, che una sufficiente
conoscenza dei disturbi del sonno aiuta i clinici anche nelle diagnosi degli altri disturbi, laddove il sonno e il
riposo del paziente costituiscono una chiave di volta per inquadrare appropriatamente le condizioni del
paziente stesso (ad esempio un’assenza di riposo o particolari problemi e disturbi del sonno possono
alterare le risposte del paziente a test psicodiagnostici o anche esacerbare e intensificare alcuni suoi
scompensi,con effetti fuorvianti per i clinici). Vediamo nel dettaglio la revisione:




Disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V:
sindrome di Levin Kleine
sindrome apnoica ostruttiva del sonno
sindrome apnoica centrale del sonno
sindrome ipoventilatoria alveolare centrale del sonno
disturbo nel comportamento di movimenti rapidi degli occhi
sindrome da gambe irrequiete
disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a fase di sonno anticipata
disturbo di risveglio
disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a corsa libera
disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo da ritmo sonno-veglia irregolare
Disturbi eliminati dal DSM V:
disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo non specificato
disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale, tipo parasonnia
disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale,tipo misto
Disturbi attualmente presenti nel DSM IV e divisi in nuovi disturbi del DSM V:
disturbo del sonno correlato alla respirazione
Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi:
insonnia correlata ad un altro disturbo mentale
ipersonnia correlata ad un altro disturbo mentale
disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale,tipo insonnia
disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale,tipo ipersonnia
disturbo da terrore nel sonno
disturbo da sonnambulismo
Gli altri disturbi non hanno subito rilevanti modifiche.
DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V
Sindrome di Levin Kleine
Questo disturbo viene spesso erroneamente confuso con le diagnosi di depressione o altri disturbi
psichiatrici,con conseguenze devastanti. Ecco i criteri:
34
A. Il paziente vive spesso episodi di sonno eccessivo (>11 ore);
B. Gli episodi si verificano almeno una volta all’anno e durano da 2 giorni a 4 settimane;
C. Durante gli episodi, quando il paziente è sveglio, la cognizione è anormale con sentimenti di
confusione o irrealtà. In alcuni episodi possono verificarsi anomalie comportamentali come
megafagia e ipersessualità.
D. Il paziente presenta attenzione,funzioni cognitive e comportamento normale tra gli episodi;
E. La condizione non è meglio giustificata da un altro disturbo mentale e non è dovuto agli effetti
fisiologici diretti di una sostanza o a condizione medica generale.
Sindrome apnoica ostruttiva del sonno
E’ necessario distinguere questa sindrome dalla sindrome apnoica centrale del sonno. Le due differiscono
infatti per influenze genetiche,fattori di rischio e disturbi cardiaci associati. Ecco i criteri:
A. Sintomi di russa menti,respiri affannosi e pause nella respirazione durante il sonno;
B. Sonnolenza durante il giorno,fatica o sonno non ristoratore a dispetto delle sufficienti opportunità
di dormire e non giustificati da un’altra condizione medica o psichiatrica;
C. Evidenza,dalla polisonnografia, di 5 o più apnee o ipopnee ostruttive per ora di sonno;
D. Evidenza,dalla polisonnografia,di 15 o più apnee o ipopnee ostruttive per ora di sonno.
Sindrome apnoica centrale del sonno
È necessario distinguere questa sindrome dalla sindrome apnoica ostruttiva del sonno. Le due differiscono
infatti per influenze genetiche,fattori di rischio e disturbi cardiaci associati. Ecco i criteri:
A. Il paziente riferisce almeno uno dei seguenti:
 Eccessiva sonnolenza durante il giorno;
 Frequenti movimenti o risvegli durante il sonno o lamentele di insonnia;
 Brevi risvegli per respirare;
B. La polisonnografia evidenzia 5 o più apnee centrali per ora di sonno;
C. Il disturbo non è meglio giustificato da un altro disturbo del sonno, da un disturbo medico o
neurologico, o da un disturbo di uso di sostanze.
Sindrome ipoventilatoria alveolare centrale
Ecco i criteri per tale disturbo:
A. Il monitoraggio polisonnografico evidenzia episodi di respiri poco profondi più lunghi di 10 secondi
associati a livelli di ossigeno arterioso anormalmente bassi con disturbi della respirazione. I pazienti
spesso riferiscono eccessiva sonnolenza, frequenti movimenti o risvegli durante il sonno o
lamentano insonnia;
B. Le proprietà meccaniche dei polmoni di questi soggetti sono normali;
C. Il disturbo non è meglio giustificato da un altro disturbo del sonno, da un disturbo medico o
neurologico, o da un disturbo di uso di sostanze.
35
Disturbo nel comportamento di movimenti rapidi degli occhi
Questa diagnosi è di notevole interesse psichiatrico per almeno 2 motivi: il disturbo in questione ha un’alta
correlazione con i disturbi neurovegetativi soprattutto il Parkinson e la demenza a corpi di Lewy, e può
essere causato o esacerbato da medicinali prescritti frequentemente dagli psichiatri (SSRIs and SNRIs). Ecco
i criteri:
A. Ripetuti episodi di movimenti durante il sonno associati a vocalizzazioni o comportamenti motori
complessi che potrebbero essere tali da rappresentare un pericolo per l’individuo o per il
compagno di letto;
B. Questi comportamenti si verificano durante le fasi di sonno REM, sono più frequenti durante le
ultime fasi del periodo di sonno e raramente si verificano durante i riposini durante il giorno;
C. Una volta sveglio, l’individuo è completamente cosciente, attento, non confuso né disorientato;
D. Le vocalizzazioni osservate o i comportamenti motori correlati spesso ricorrono
contemporaneamente a sogni dell’individuo e sono classificati come “acting out”dei sogni;
E. I comportamenti causano disagio clinicamente significativo per sé e per il compagno di letto,
pericolo, o impedimenti nelle aree importanti di funzionamento;
F. È presente almeno uno dei seguenti: pericoli o potenziali pericoli correlati al sonno,comportamenti
distruttivi derivanti dal sonno, sonno REM anormale documentato dalla polisonnografia;
G. La polisonnografia evidenzia sonno REM senza atonia;
H. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a condizione medica
generale.
Sindrome da gambe irrequiete
Questo disturbo è abbastanza comune nella popolazione (7/10%) e risponde al trattamento con farmaci
dopaminergici. Vediamo i criteri:
A. Tutti i seguenti criteri devono essere riscontrati:
 Il paziente riporta un desiderio di muovere le gambe spesso accompagnato da sensazioni di
scomodità e fastidio alle gambe;
 Sensazioni di fastidio durante i periodi di inattività o quando il paziente è fermo;
 I sintomi scompaiono totalmente se il paziente è in movimento;
 I sintomi sono presenti solo durante la notte e la sera oppure sono peggiori la sera e la
notte rispetto al giorno;
B. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle importanti aree di
funzionamento come indicato da almeno uno dei seguenti:
 Fatica o mancanza di energia,
 Sonnolenza durante il giorno,
 Difficoltà cognitive,
 Disturbi dell’umore,
 Turbe comportamentali,
 Difficoltà nelle relazioni interpersonali,lavorative o sociali,
C. I sintomi non sono dovuti a un’altra condizione medica;
D. Il sonno è problematico nonostante le circostanze e opportunità adatte ad esso.
36
Disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a fase di sonno anticipata
Tale diagnosi apparteneva,nel DSM IV, al disturbo del ritmo circadiano del sonno non altrimenti specificato,
e rappresenta il corrispettivo e opposto del disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a fase del sonno
ritardata: i soggetti lamentano un’incapacità a rimanere svegli alla sera, e risvegli spontanei nelle prime ore
del mattino. Eccone i criteri:
A. Una modalità persistente o ricorrente di interruzione del sonno che porta a insonnia, eccessiva
sonnolenza o entrambe e dovuta ad un’alterazione del ritmo circadiano o ad uno squilibrio del
ritmo circadiano endogeno del paziente e il ciclo sonno-veglia richiesto dall’ambiente in cui il
paziente vive;
B. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o menomazione nelle importanti
aree di funzionamento.
NOTA: specificare se esistono condizioni di comorbidità con altri disturbi.
Disturbo di risveglio
Il gruppo di lavoro ha proposto la definizione di questo nuova parasonnia che include 3 sottotipi
(considerati come variazioni di una singola patologia sottostante e riconducibili al medesimo fenomeno
fisiologico): sonnambulismo, risvegli confusionari e terrori nel sonno. Questi i criteri:
A. Ricorrenti episodi di risveglio incompleto dal sonno che di solito si verificano durante il primo terzo
del principale episodio di sonno;
B. Sottotipi:
1. Risvegli confusionali: ricorrenti episodi di risveglio incompleto dal sonno senza terrori o
ambulazioni, che di solito si verificano durante il primo terzo del principale episodio di
sonno. C’è una relativa mancanza di risveglio autonomo e presenza di tachipnea,tachicardia
e sudorazione durante un episodio.
2. Sonnambulismo: ripetuti episodi di allontanamento dal letto durante il sonno e di
deambulazione nei dintorni, che usualmente si verificano durante il primo terzo del
principale episodio di sonno. Durante il sonnambulismo, il soggetto ha un’espressione fissa,
vuota, è relativamente non reattivo agli sforzi compiuti da altri per comunicare con lui, e
può essere risvegliato solo con grande difficoltà.
3. Terrori nel sonno: ricorrenti episodi di bruschi risvegli dal sonno che di solito si verificano
durante il primo terzo del principale episodio di sonno e insorgono con grida di paura. C’è
una paura intensa e segni di iperreattività del sistema nervoso autonomo, come
tachicardia, tachipnea e sudorazione durante un episodio.
C. Relativa mancanza di reattività agli sforzi degli altri di rassicurare la persona durante l’episodio;
D. Non viene ricordato in dettaglio alcun sogno, e c’è amnesia per l’episodio;
E. Gli episodi causano disagio clinicamente significativo o menomazione delle importanti aree di
funzionamento;
F. L’alterazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o ad una condizione medica
generale.
37
Disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a ruota libera
Anche questa diagnosi era precedentemente inclusa nel disturbo del ritmo circadiano del sonno non
altrimenti specificato, ed era denominata “ritmo sonno-veglia diverso dalle 24 ore” . il programma sonnoveglia segue un periodo di ritmo circadiano endogeno di approssimativamente 24-25 ore a dispetto della
presenza di stimoli ambientali che scandiscono le 24 ore. In contrasto con lo stabile ritmo sonno-veglia dei
Tipi con Fase di Sonno Anticipata o Ritardata, i cicli sonno-veglia di questi soggetti diventano
progressivamente ritardati rispetto alle 24 ore dell’orologio, producendo un ritmo sonno-veglia mutevole
lungo i giorni successivi (per es., diversi giorni di insonnia iniziale seguita da giorni di sonnolenza diurna
seguiti a loro volta da giorni in cui è difficile stare svegli in serata). Ecco i criteri:
A. Una modalità persistente o ricorrente di interruzione del sonno che porta a insonnia, eccessiva
sonnolenza o entrambe e dovuta ad un’alterazione del ritmo circadiano o ad uno squilibrio del
ritmo circadiano endogeno del paziente e il ciclo sonno-veglia richiesto dall’ambiente in cui il
paziente vive;
B. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o menomazione nelle importanti
aree di funzionamento.
NOTA: specificare se esistono condizioni di comorbidità con altri disturbi.
Disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo da ritmo sonno-veglia irregolare
Tale diagnosi (precedentemente disturbo del ritmo circadiano del sonno NAS) è caratterizzata dall’assenza
di uno schema sonno-veglia identificabile e definito. Il sonno notturno e diurno di questi pazienti non è
regolare ma composto da multipli riposini. I criteri sono i medesimi di questa categoria:
A. Una modalità persistente o ricorrente di interruzione del sonno che porta a insonnia, eccessiva
sonnolenza o entrambe e dovuta ad un’alterazione del ritmo circadiano o ad uno squilibrio del
ritmo circadiano endogeno del paziente e il ciclo sonno-veglia richiesto dall’ambiente in cui il
paziente vive;
B. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o menomazione nelle importanti
aree di funzionamento.
NOTA: specificare se esistono condizioni di comorbidità con altri disturbi.
DISTURBI ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E DIVISI IN NUOVI DISTURBI NEL DSM V
Disturbo del sonno correlato alla respirazione
Come già visto, tale diagnosi sarà divisa nei disturbi di Sindrome apnoica ostruttiva del sonno, Sindrome
apnoica centrale del sonno, Sindrome ipoventilatoria alveolare centrale.
DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI
Insonnia correlata ad un altro disturbo mentale
Tale diagnosi sarà inclusa in quella di Disturbo da insonnia.
38
Ipersonnia correlata ad un altro disturbo mentale
Tale condizione sarà inclusa nella diagnosi di Ipersonnia primaria.
Disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale, tipo insonnia
Tale diagnosi sarà inclusa in quella di Disturbo da insonnia.
Disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale, tipo ipersonnia
Tale condizione sarà inclusa nella diagnosi di Ipersonnia primaria.
Disturbo da terrori nel sonno
Il disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbo del risveglio.
Disturbo da sonnambulismo
Il disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbo del risveglio.
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DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI NON CLASSIFICATI ALTROVE
Il gruppo di lavoro dei disturbi d’ansia, dissociativi, dello spettro ossessivo-compulsivo e post-traumatici
hanno curato le modifiche di questa sezione. Non sono state proposte “new entry”, né sono stati modificati
i disturbi già esistenti nel DSM IV, ma sono solo state proposte due riclassificazioni; ecco la revisione nei
dettagli:

Disturbi del controllo degli impulsi riclassificati in altre categorie diagnostiche:
Disturbo del gioco d’azzardo patologico
(tale diagnosi è stata riclassificata nella categoria Dipendenze e disturbi correlati)
Tricotillomania
(tale disturbo sarà incluso nella categoria Disturbi d’ansia e dello spettro ossessivo-compulsivo)
Gli altri disturbi sono rimasti immutati.
40
DISTURBI DELL’ADATTAMENTO
Il gruppo di lavoro dei Disturbi d’ansia, dissociativi, post-traumatici e dello spettro ossessivo-compulsivo si è
occupato di revisionare questa categoria. Il Disturbo dell’adattamento nel DSM V sarà incluso nella
categoria dei Disturbi d’ansia e in una specifica sottocategoria di Disturbi correlati a stress e traumi. In
particolare questa diagnosi individua quei soggetti che manifestano disagio clinicamente significativo e
menomazioni nelle importanti aree di funzionamento a seguito dell’esposizione a eventi o fattori stressanti
( ma non traumatici). Il fattore o evento stressante può essere costituito da un singolo evento (per es., fine
di una relazione sentimentale), oppure possono esservi fattori stressanti multipli (per es., notevoli difficoltà
negli affari e problemi coniugali). I fattori stressanti possono essere ricorrenti (per es., associati con crisi
economiche legate a oscillazioni stagionali degli affari) o continui (per es., il vivere in una zona ad alta
criminalità). I fattori stressanti possono interessare un singolo individuo, un’intera famiglia, oppure un
gruppo più ampio o la comunità (per es., in un disastro naturale). Alcuni fattori stressanti possono essere
associati ad eventi specifici dello sviluppo (per es., andare a scuola, lasciare la casa dei genitori, sposarsi,
diventare genitore, mancare obiettivi professionali, andare in pensione). Ecco i criteri:
A. Lo sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più fattori stressanti
identificabili che si manifesta entro 3 mesi dell’insorgenza del fattore, o dei fattori stressanti;
B. Questi sintomi o comportamenti sono clinicamente significativi come evidenziato da uno dei
seguenti:
1. marcato disagio che va al di là di quanto prevedibile in base all’esposizione al fattore
stressante,
2. compromissione significativa del funzionamento sociale o lavorativo.
C. Il disturbo correlato allo stress non incontra i criteri per un altro specifico disturbo mentale o non è
semplicemente l’esacerbazione di un disturbo mentale preesistente;
D. Una volta che il fattore stressante (o le sue conseguenze) è superato, i sintomi non persistono per
più di altri 6 mesi.
Non è ancora certo se le specificazioni, attualmente presenti nel DSM IV per tale disturbo, saranno o meno
riportate nel DSM V. Esse non sono ancora state discusse dal gruppo di lavoro.
41
DISTURBI DI PERSONALITA’
DEFINIZIONE
Il DSM V ha mantenuto la diagnosi di Disturbi di personalità ma ne ha modificato categorie e criteri
diagnostici rispetto al DSM IV a causa della scarsa chiarezza di quest’ultimo. Si è resa necessaria la
formulazione di criteri generali per i Disturbi di personalità,che sono poi distinti tra loro a seconda di
caratteristiche dimensioni cui fanno riferimento. L’introduzione di questi criteri generali evidenzia il fatto
che la sola,anche se estrema, posizione(del paziente) in una dimensione caratteristica per un determinato
disturbo è una condizione necessaria ma non sufficiente per la diagnosi di quello stesso disturbo
(Wakefield, 1992;2008). Il compito e l’obiettivo raggiunto dalla task- force è stato perciò inizialmente quello
di individuare poche sistematiche definizioni che differenzino i disturbi di personalità dalle caratteristiche di
personalità estreme( ma non patologiche) (Livesley, 2003; Livesley & Jang, 2005). Nel DSM IV si legge:
“Un Disturbo di Personalità rappresenta un modello di esperienza interiore e di comportamento che devia
marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce
nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo, e determina disagio o menomazione.”
(DSM IV- TR)
Il DSM V indica che un disturbo di personalità implica una disorganizzazione pervasiva nella struttura di
personalità e nel funzionamento del soggetto che è manifestato da un marcato fallimento nello sviluppo di
importanti strutture di personalità e di capacità necessarie per un funzionamento adattivo del soggetto
(criterio A). Questo è manifestato da:
1. Fallimento nello sviluppo di una coerente identità o senso di sé
2. Disfunzioni interpersonali croniche
Le dimensioni principali sulle quali emerge e si sviluppa il senso di sé( e di conseguenza sulle quali è
possibile stabilire un problema nel raggiungimento dell’identità) sono tre: differenziazione tra
comprensione di sé e conoscenza di sé (integrità del concetto di sé), integrazione di queste informazioni in
un’identità coerente (integrazione dell’identità) e infine l’abilità di porsi e raggiungere obiettivi
soddisfacenti e gratificanti che diano direzione e significato alla vita (auto-direttività). Le disfunzioni
interpersonali patologiche invece sono definite dal fallimento delle capacità di empatia, di intimità o
attaccamento, di comportamento sociale e cooperativo e di una completa e integrata rappresentazione
degli altri. Inoltre, questo fallimento adattivo del soggetto è: associato ad estremi livelli di una o più
dimensioni caratteristiche di personalità (criterio B), relativamente stabile nel tempo e nelle situazioni e
con un’insorgenza che può essere fatta risalire al massimo all’adolescenza e non prima (criterio C), non
giustificato a dovuto esclusivamente alla presenza di un altro disturbo mentale (criterio D), non dovuto agli
effetti fisiologici diretti di una sostanza o ad una condizione medica generale (criterio E).
LIVELLI DI FUNZIONAMENTO DELLA PERSONALITA’ DEL PAZIENTE
Il fallimento nel funzionamento della personalità del paziente potrà essere non soltanto individuato grazie a
questi criteri generali per i Disturbi di personalità sopradescritti, ma anche valutato quantitativamente in
termini di gravità; il clinico potrà indicare il livello di funzionamento di personalità del paziente scegliendo
tra 5 livelli di questo continuum:
0 = nessuna menomazione del funzionamento
1 = lieve menomazione del funzionamento
42
2 = moderata menomazione del funzionamento
3 = grave menomazione del funzionamento
4 = estrema menomazione del funzionamento
Ecco qui di seguito le definizioni dei vari livelli:
0 = nessuna menomazione del funzionamento
Senso di sé: il paziente è consapevole di avere un’identità unica creata nella propria storia personale,
insieme alla continuità degli stati di sé e all’abilità di pensare e agire secondo stati interni dell’esperienza.
L’identità rimane intatta e integra anche nel contesto delle relazioni del paziente. Il concetto di sé è
associato ad un livello positivo di autostima e rispetto di sé relativamente stabile e auto-regolato, e la
valutazione di sé è precisa. La rappresentazione si sé è complessa e multi-sfaccettata, con un senso di
autonomia appropriato, con l’abilità di porsi e raggiungere ragionevoli obiettivi personali e standard di
comportamento, e di raggiungere un senso di realizzazione nella vita.
Dimensione interpersonale: il paziente ha la capacità di comprendere e apprezzare l’intera gamma delle
esperienze altrui e di andare oltre le proprie prospettive. Comprende facilmente l’effetto delle proprie
azioni sugli altri, e le risposte alle emozioni,idee e comportamenti degli altri sono flessibili. C’è il desiderio di
avere e l’impegno reale in relazioni reciproche e affettive. Gli altri sono considerati come individui
complessi, autonomi, multi-sfaccettati e le contraddizioni e i difetti altrui vengono adeguatamente
riconciliati. Le rappresentazioni degli altri sono utilizzate dal paziente per la propria regolazione.
1 = lieve menomazione del funzionamento
Senso di sé: il senso di un’identità unica e storica è relativamente intatto, ma possono esserci alcune
variazioni negli stati di sé e nei limiti interpersonali dovute a forti stati emotivi. Il paziente possiede l’abilità
di riflettere sulle proprie esperienze interne, ma può soffermarsi su un singolo tipo di conoscenza di sé
piuttosto che integrarli tutti. La rappresentazione di sé è generalmente multi-sfaccettata e l’autostima è
moderatamente ben regolata, sebbene l’autocritica può essere troppo severa o troppo superficiale. C’è un
appropriato senso dell’autonomia, ma l’autodirettività può essere estrema o talora mal adattiva. Il paziente
può avere una gamma di standard personali irreali o socialmente inappropriati e può scaturire inibizione
degli obiettivi da porsi e da raggiungere. Il paziente riesce a raggiungere soddisfazione in alcuni aspetti della
sua vita.
Dimensione interpersonale: l’abilità di comprendere e apprezzare le esperienze degli altri è qualche volta
compromessa, e gli altri possono riscontrare nel paziente aspettative irragionevoli o improvvise perdite di
controllo. La consapevolezza degli effetti del proprio comportamento sugli altri non è stabile. Il paziente
possiede la capacità e il desiderio di creare relazioni affettive, ma queste potrebbero essere inibite o
intaccate da intense emozioni e conflitti del paziente. L’abilità di rispondere alle emozioni,idee e
comportamenti altrui è qualche volta limitata, come anche la consapevolezza dei proprio contributi nelle
relazioni con gli altri. Gli altri sono considerati come individui autonomi e multi-sfaccettati e c’è una relativa
capacità di riconciliare le contraddizioni e i difetti altrui. Le rappresentazioni degli altri sono utilizzate per la
propria regolazione solo se non sono presenti o non sono percepite situazioni interne o esterne pressanti.
2 = moderata menomazione del funzionamento
Senso di sé: la regolazione degli stati di sé dipende spesso dal contesto in cui il paziente si trova, e c’è una
capacità problematica di pensare e agire secondo i propri stati interni. Un senso di identità personale poco
differenziato si alterna a forti identificazioni con gli altri, e la storia personale non è stabile. L’autostima
43
dipende in modo esagerato dalle valutazioni esterne, con un forte desiderio di approvazione e ammirazione
da parte degli altri. Può essere presente un senso di inferiorità o incompletezza, e l’autovalutazione è
basata sulle valutazioni degli altri piuttosto che su ciò che il paziente pensa di sé. Le reazioni del paziente
possono prendere la forma dell’identificazione con gli altri, con conseguenze negative per la propria
autostima, o della compensazione, con una esagerata e inadeguata importanza attribuita a sé. Gli standard
personali possono essere inspiegabilmente molto alti o molto bassi, e gli obiettivi personali del paziente
variano a seconda del contesto. La realizzazione personale del paziente è compromessa da un senso di
mancanza di autenticità.
Dimensione interpersonale: c’è una notevole incapacità a prendere in considerazione molteplici punti di
vista, con un estrema attenzione alle considerazioni degli altri. La capacità e il desiderio di formare relazioni
affettive è presente, ma queste possono risultare superficiali o limitate a soddisfare i propri bisogni di
autostima e autoregolazione. C’è una generale inconsapevolezza degli effetti del proprio comportamento
sugli altri. L’abilità di rispondere appropriatamente alle emozioni,idee e comportamenti degli altri è
compromessa e il paziente manca del senso di reciprocità, mentre è irrealisticamente convinto di essere
magicamente e perfettamente compreso dagli altri. La considerazione degli altri è generalmente limitata.
Le rappresentazioni degli altri sono mezzi necessari, ma spesso insufficienti, di autoregolazione per il
paziente.
3 = grave menomazione del funzionamento
Senso di sé: gli stati di sé sono mal regolati e instabili, accompagnati da confusione o mancanza di
continuità nella storia personale. La definizione dei confini interpersonali è povera o troppo rigida, può
esserci identificazione con gli altri, enfasi sulla dipendenza dagli altri o alternanza tra le due condizioni.
L’abilità di pensare ai processi mentali di un’altra persona è significativamente compromessa. Il senso di sé
è molto fragile, facilmente influenzato dagli eventi e dalle circostanze, e manca di coerenza. Sono frequenti
le esperienze di mancanza di identità o senso di vuoto. La percezione di sé è caratterizzata da disgusto, o
grandiosità, o un’illogica combinazione di entrambi. Le rappresentazioni di sé sono semplicistiche e
concrete, focalizzate principalmente su attributi positivi o negativi o sullo spostamento da un estremo
all’altro. Il paziente ha difficoltà a stabilire o raggiungere obiettivi personali. Gli standard interni di
comportamento sono confusi e contraddittori. La vita è spesso avvertita come priva di significato o
pericolosa.
Dimensione interpersonale: l’abilità di comprendere sentimenti, pensieri e comportamenti delle altre
persone è significativamente limitata, e c’è confusione o inconsapevolezza circa la causalità sociale, incluso
l’impatto che l’azione di una persona può avere su altre persone. Comunque, alcuni aspetti specifici delle
esperienze altrui possono essere ben focalizzati dal paziente, soprattutto relativi a vulnerabilità e difetti.
L’abilità di considerare molteplici punti di vista è gravemente menomata. Le relazioni sono basate sulla
forte credenza di avere un’assoluta e intima necessità degli altri, e/o sulle aspettative di abbandono o
abuso. I sentimenti associati alle relazioni con gli altri si alternano tra paura del rifiuto o dell’abbandono e
disperato desiderio e bisogno di legame. Le relazioni sono poco reciproche, gli altri sono considerati
principalmente in base all’effetto positivo o negativo che hanno sul paziente. La considerazione degli altri
vacilla tra idealizzazione e svalutazione. Rappresentazioni estreme e instabili degli altri intaccano l’
autoregolazione del paziente.
4 = estrema menomazione del funzionamento
Senso di sé: c’è una profonda incapacità di pensare alla propria esperienza. Gli stati di sé non sono regolati
né compresi e possono essere esperiti come esterni al sé. L’esperienza di un’identità unica e integra e il
44
senso di continuità della storia personale sono praticamente assenti. I confini con gli altri sono molto
confusi o assenti. Il concetto di sé è diffuso e il paziente è incline a significative distorsioni nella valutazione
di sé. Le rappresentazioni di sé sono impoverite, il senso di autonomia è praticamente assente, o
organizzato attorno a una percepita persecuzione esterna. Pensieri e azioni sono poco differenziati tra loro,
l’abilità di porsi obiettivi è gravemente compromessa perché questi sono sempre irrealistici o incoerenti. Gli
standard interni per il comportamento sono praticamente assenti. Una realizzazione genuina del soggetto è
inconcepibile e il paziente si rifugia spesso nella fantasia come compensazione.
Dimensione interpersonale: l’abilità di considerare e comprendere le esperienze e le motivazioni degli altri
è assente. Le interazioni sociali sono confuse e disorientate, prevalentemente negative. Il desiderio di
intimità è limitato dalla paura di ricevere del male. Le relazioni con gli altri sono concettualizzate come
gerarchiche e basate sul potere e gli altri sono considerati in base alle loro abilità di fare del bene o
procurare danni. Il comportamento interpersonale non è reciproco; le rappresentazioni degli altri sono
vaghe, negative e perlopiù dominate da immagini persecutorie. Le preoccupazioni di ricevere del male dagli
altri sono distruttive per l’autoregolazione del paziente.
RIFORMULAZIONE DEI DISTURBI DI PERSONALITA’
E’ chiaro a chiunque,anche solo dopo una rapida occhiata a ciò che qui di seguito illustrerò, che il nuovo
sistema proposto, a causa dei notevoli cambiamenti apportati, non solo sarà certamente soggetto a giudizi
e critiche (alcune delle quali ovviamente potranno anche essere ragionevoli e fondate), ma anche per
coloro che lo troveranno migliore di quello attuale sarà necessario del tempo per abituarsi a delle simili
innovazioni. Dopo anni di familiarità con la terminologia e la tipologia attuali non sarà facile “abbandonare
la strada vecchia” e orientarsi nella giungla della nuova classificazione. Tuttavia il sistema utilizzato nel DSM
IV ha destato negli anni non pochi dubbi e sollevato numerose critiche; possiamo brevemente riassumerli in
questi punti:






Confini patologia/salute mal definiti;
Anomala alta comorbidità tra i disturbi di personalità;
Stabilità nel tempo dubbia per molti disturbi di personalità;
Scarsa attenzione al vissuto e alle varabili soggettive di ciascun paziente;
Scarsa utilizzabilità di alcuni disturbi di personalità nella pratica clinica;
Dubbi sui confini dei disturbi di personalità con alcuni disturbi di asse I.
Partendo da questi punti di debolezza del DSM IV, cerchiamo ora di cogliere nel dettaglio le ragioni delle
modifiche proposte nel DSM V e, cosa più importante di tutte, quale utilità clinica può derivare da esse. I
membri del gruppo dei Disturbi di personalità hanno innanzitutto optato per l’adozione di un modello
dimensionale per la diagnosi,a sostituzione di quello categoriale. Un modello categoriale si basa sulla
presenza/assenza dei sintomi,rispetto ai quali il clinico si limita a giudicare si/no per ogni criterio, inoltre
esiste un gruppo limitato di sintomi previsto dai criteri descrittivi per ciascun disturbo ed esiste una soglia
minima che distingue i soggetti sani dai malati. Questo significa che se per un determinato disturbo la soglia
minima è di 4 criteri presenti, un soggetto che ne presenta 3 è ufficialmente sano e che invece un soggetto
che ne presenta 4 ed un altro che li presenta tutti sono entrambi ugualmente malati,caratterizzati dal
medesimo disturbo mentale,senza contare che la soglia che separa sanità e patologia è esclusivamente
quantitativa (basata su un numero) e assolutamente non qualitativa,a tal punto che i sintomi (criteri) sono
intercambiabili tra di loro, purchè il paziente ne presenti il numero minimo. Per superare questi limiti, il
45
DSM V offre un sistema dimensionale di diagnosi dei disturbi di personalità a sei grandi domini (o fasce).
Questi sono:
1. Emotività negativa (esperienze di un’ampia gamma di emozioni negative e comportamenti e
manifestazioni interpersonali relativi a tali emozioni negative);
2. Introversione (ritiro dalle altre persone,rifiuto di relazioni intime e rapporti col mondo, esperienze
affettive o espressioni affettive ristrette e/o coartate, capacità edonica limitata);
3. Antagonismo (manifestazioni di antipatia nei confronti degli altri e corrispondenti ed esagerati
importanza e valore attribuiti a sé stessi);
4. Disinibizione (comportamento guidato esclusivamente da stimoli interni ed esterni legati al
presente, e scarsa considerazione di ciò che è stato appreso in passato o delle conseguenze future
di tale comportamento);
5. Compulsività (tendenza a pensare e agire secondo una propria fissa e immodificabile idea, e
aspettativa che quest’idea sia valida e condivisa da tutti gli altri);
6. Schizotipia (esibizione di un gran numero di comportamenti e/o credenze insolite, inclusi entrambi i
processi e i contenuti).
Tale sistema è anche gerarchico poiché i domini costituiscono il livello più alto di classificazione; essi
rappresentano generici tratti di personalità all’interno di ognuno dei quali sono individuati degli aspetti o
sfaccettature particolari, che costituiscono invece il livello più basso di classificazione.
Emotività
Introversione
negativa
Labilità emotiva Ritiro sociale
Ansia
Distacco sociale
Insicurezza
Anedonia
Bassa
autostima
Paura/senso di
colpa
Sottomissione
pessimismo
Depressione
Sospettosità
Autolesionismo
Affettività
ristretta
Evitamento
dell’intimità
Anedonia
Antagonismo
Disinibizione
Compulsività
Schizotipia
Insensibilità
Impulsività
Perfezionismo
Tendenza alla Distraibilità
Perseverazione
manipolazione
Narcisismo
Sconsideratezza Rigidità
Istrionismo
Tendenza
all’opposizione
Aggressività
Ostilità
Falsità
Irresponsabilità
Eccentricità
Disregolazione
cognitiva
Percezioni
insolite
Sistematicità
Credenze
insolite
Avversione per Tendenza alla
il rischio
dissociazione
La combinazione (intesa come presenza contemporanea e intensa in gravità) di alcuni di questi tratti di
personalità (appartenenti ai diversi domini) dà origine a cinque “tipi” di personalità patologica:





Tipo schizotipico
Tipo antisociale/psicopatico
Tipo borderline
Tipo evitante
Tipo ossessivo – compulsivo
46
Questi cinque tipi coprono e sostituiscono tutta la gamma degli attuali 10 Disturbi di personalità presenti
nel DSM IV. La descrizione dei tipi combina i tipici deficit del paziente nel funzionamento quotidiano e
interpersonale con la specifica configurazione di tratti di personalità riscontrati nel paziente stesso. Questo
sistema fornisce la possibilità di creare un profilo specifico per ogni determinato paziente e risponde
maggiormente alla richiesta di un approccio centrato sulla persona piuttosto che sull’attribuzione di una
mera etichetta nosografica. Ancora, questo nuovo sistema riduce l’eccessiva comorbidità tra i disturbi di
personalità del DSM IV. Molti studi (vedi Oldham et al., 1992; Zimmerman et al., 2005) hanno dimostrato
che,con il sistema di diagnosi attuale, un paziente spesso riscontra i criteri per 2 o più disturbi
contemporaneamente , e ciò è anche dovuto al fatto che tutte le diagnosi di Disturbi di personalità del DSM
IV presentano soglie diagnostiche (il numero dei criteri necessari per la diagnosi) arbitrarie. Queste
condizioni non hanno fatto altro che creare confusione e disorientamento nella pratica clinica. L’uso di una
valutazione dimensionale per tipi (di numero ridotto)come quella proposta dagli autori e creatori del DSM
V riconosce che la psicopatologia della personalità è situata lungo un continuum, lungo il quale tratti di
personalità presenti anche tra i soggetti non disturbati possono, a livello estremo e combinati tra loro in
maniera sempre unica e particolare per ogni paziente, dare origine a un disturbo di personalità. Il processo
cognitivo di formulazione di una diagnosi in realtà non segue un algoritmo (instruzionista, seriale,
sequenziale) come è suggerito negli alberi decisionali del DSM IV; bensì la mente considera il paziente nel
suo insieme (status,sintomi,storia), come configurazione o gestalt, elabora con confronti paralleli e
simultanei il grado di somiglianza o “match” del paziente rispetto al prototipo che ha a disposizione per i
disturbi di personalità. Tale prototipo è caratterizzato da un ampio set di descrittori con il quale il paziente
può presentare un livello di somiglianza che va da 1 a 5 punti:





5 match molto buono (il paziente esemplifica questo PD,ne è un caso prototipo)
4 match buono (il paziente ha questo PD, si applica a lui)
3 match moderato ( il paziente ha significative caratteristiche di questo PD)
2 match leggero (il paziente ha caratteristiche minori di questo PD)
1 match assente (la descrizione del PD non si applica al paziente)
Tale sistema a matching per prototipo fu descritto per la prima volta da Shea e al. nel 1987 e poi ripreso ed
elaborato da Schedler e Westen (2004,2006) per la messa a punto della SWAP-200 (Shedler-Westen
Assessment Procedure-200). Studi condotti da Spitzer (2008), Rottman (2009) e al. hanno dimostrato che
tale modello è maggiormente valido e clinicamente utilizzabile ed è stato perciò ripreso nel DSM V. Al fine
di individuare nella maniera più giusta e appropriata possibile la somiglianza del prototipo descritto nel
manuale con il paziente con cui il clinico ha a che fare, ciascun aspetto dei 6 grandi domini di personalità
(livello più basso di classificazione) riscontrato nel paziente, sarà valutato su una scala a 4 punti:
0= molto poco o per niente descrittivo
1=lievemente descrittivo
2=moderatamente descrittivo
3=estremamente descrittivo
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TIPO ANTISOCIALE/PSICOPATICO
Gli individui che sono identificati in questo tipo di disturbo di personalità sono arroganti ed egocentrici, e si
percepiscono come privilegiati e prediletti. Si attribuiscono un’importanza grandiosa ed esagerata e sono
principalmente motivati dai propri obiettivi personali. Ricercano il potere sugli altri, li manipolano, li
sfruttano, li ingannano, cercano in ogni modo di trarre vantaggio dagli altri, procurano loro del male o
cercano di realizzare i loro obiettivi. Sono insensibili e dimostrano poca empatia per i sentimenti e le
necessità degli altri, se questi non coincidono con i propri. Manifestano disprezzo per le regole, la legge, la
sicurezza degli altri e sperimentano poco o nessun senso di colpa o rimorso se causano danni o offese agli
altri. Compiono atti aggressivi o sadici nei confronti degli altri per i propri scopi personali e sembra che il
loro piacere e la loro soddisfazione derivi dall’umiliazione e lo sfruttamento degli altri. Dimostrano o
confessano un investimento minimo nei principi morali convenzionali, tendono a non riconoscere la
responsabilità delle proprie azioni e scaricano sugli altri le colpe dei propri fallimenti. Gli individui con
questo tipo di personalità hanno un temperamento aggressivo e possiedono un’alta soglia di eccitamento
sessuale. Sono impegnati in comportamenti alla ricerca di sensazioni estreme, tendono ad agire
impulsivamente senza paura o riguardo per le conseguenze poiché si percepiscono come immuni dai
possibili esiti negativi delle loro azioni. Le emozioni che esprimono sono perlopiù limitate a
irritabilità,rabbia e ostilità; la consapevolezza o l’espressione di emozioni positive è molto rara. Hanno
scarsa capacità di insight e sono incapaci di considerare interpretazioni alternative della loro esperienza.
Gli individui con questo disturbo spesso sono coinvolti in comportanti e atti criminali e/o illegali e
probabilmente abusano di alcool o droga. I tipi estremamente patologici possono anche usare la violenza
fisica per minacciare, intimidire o dimostrare il loro dominio e controllo sugli altri. Sono irrealisti e
irresponsabili.
Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che
definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare
il grado di descrittività rispetto al proprio paziente.
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Insensibilità (dominio di appartenenza: antagonismo)
mancanza di empatia o interesse per i sentimenti e i problemi degli altri, mancanza di rimorso o
senso di colpa per gli effetti negativi o nocivi delle proprie azioni, tendenza allo sfruttamento
Aggressività (dominio di appartenenza: antagonismo)
Tendenza alla manipolazione, aggressioni fisiche o verbali, umiliazione e svalutazione degli altri, atti
di violenza contro persone o oggetti, ostilità attiva e aperta, uso delle minacce e delle intimidazioni
per controllare gli altri
Manipolatività (dominio di appartenenza: antagonismo)
Uso di sotterfugi e astuzia per controllare o influenzare gli altri, uso degli altri per i propri scopi, uso
di fascino e seduzione per il raggiungimento dei propri fini
Ostilità (dominio di appartenenza: antagonismo)
Comportamento facilmente irritabile, risposte di rabbia anche a minime provocazioni
Furbizia (dominio di appartenenza: antagonismo)
Disonesta, falsità, fraudolenza
Narcisismo (dominio di appartenenza: antagonismo)
Vanità, egocentrismo, eccessiva importanza attribuita alle proprie abilità o ai propri obiettivi,
sentimenti di privilegio, credenza di meritare il meglio dalla vita, preoccupazione di avere potere,
successo e bellezza illimitati
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Irresponsabilità (dominio di appartenenza: disinibizione)
Nessun riguardo per i doveri o gli obblighi sociali, lavorativi o finanziari, mancanza di rispetto per gli
appuntamenti presi o le promesse fatte, incapacità di portare a termine un compito assegnato,
trascuratezza per i possedimenti propri e degli altri
Sconsideratezza (dominio di appartenenza: disinibizione)
Nessun riguardo per le conseguenze delle proprie azioni, mancanza di consapevolezza dei propri
limiti, inosservanza spericolata della propria e altrui sicurezza, negazione di correre dei reali
pericoli, alta tolleranza di ciò che è sconosciuto ed estraneo
Impulsività (dominio di appartenenza: disinibizione)
Risposte immediate e non mediate a qualunque stimolo, mancanza di pianificazione o presa in
considerazione delle conseguenze di comportamenti e azioni, fallimento ad apprendere dall’esperienza
TIPO BORDERLINE
Gli individui che sono identificati in questo tipo di disturbo di personalità hanno un concetto di sé
estremamente fragile che può essere facilmente disgregato e frammentato in condizioni di stress emotivo e
conduce ad esperienze di mancanza di identità e senso cronico di vuoto. Come conseguenza, essi
presentano una struttura di personalità impoverita e/o instabile e difficoltà nell’instaurare e mantenere
relazioni interpersonali durature. L’autovalutazione è spesso associata a disgusto, rabbia e scoraggiamento
nei confronti della propria persona. Le persone con questo disturbo sperimentano rapidissimi cambiamenti
ed emozioni intense ed imprevedibili; possono diventare estremamente ansiosi o depressi. Inoltre possono
manifestare aggressività e ostilità e lamentano di sentirsi soli, incompresi, vittimizzati. Spesso sono coinvolti
in atti di aggressione verbale e/o fisica. Le reazioni emotive generalmente sono correlate a eventi
interpersonali negativi, in particolare perdite e delusioni. I rapporti sono tutti basati sulla credenza di aver
bisogno degli altri per la propria sopravvivenza, sono perciò caratterizzate da eccessiva dipendenza ed
esagerata paura del rifiuto o dell’abbandono. La dipendenza include sia l’attaccamento insicuro, espresso
dalla difficoltà di tollerare la solitudine, sia l’intensa paura di perdita,abbandono o rifiuto da parte degli altri
significativi; inoltre sperimentano un estremo desiderio di contatto, dimostrandosi spesso sottomessi e
servizievoli. Contemporaneamente, la relazione intima con un altro significativo conduce il paziente alla
perdita dell’identità come individuo. Ecco perché le relazioni di questi soggetti sono profondamente
instabili e si alternano continuamente tra dipendenza e fuga. La capacità di empatia è gravemente
compromessa. I tratti emotivi e interpersonali principali, qui descritti, sono associati a disregolazioni
cognitive. Durante i periodi di stress estremo, possono manifestarsi ideazione paranoide o sintomi
dissociativi transitori. Gli individui con questa personalità sono istintivi, impulsivi, e sono spesso impegnati
in attività potenzialmente dannose per loro stessi. Nel contesto di forte disagio o disforia o dissociazione,
possono verificarsi deliberati comportamenti automutilanti, ideazione suicidaria o comportamenti suicidari.
Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che
definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare
il grado di descrittività rispetto al proprio paziente.
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Labilità emotiva (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Esperienze emozionali instabili e rapidi cambiamenti d’umore, emozioni estremamente intense o
sproporzionate rispetto alle circostanze
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Autolesionismo (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Pensieri e comportamenti relativi ad autolesionismo e suicidio
Insicurezza (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Paura per la separazione da altri significativi, disagio emotivo quando gli altri significativi non sono
presenti o in vista di una separazione da loro
Ansia (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Frequenti, intensi e persistenti sentimenti di nervosismo e tensione, nervosismo e preoccupazione
per gli effetti negativi di qualche spiacevole esperienza passata o per le possibilità negative del
futuro, sentimenti di paura e spavento per ciò che è incerto
Bassa autostima (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Opinione povera di sé e delle proprie capacità, credenza di essere il peggiore, insoddisfazione circa
il proprio modo di essere e le proprie abilità, credenza di non saper fare nulla bene
Depressione (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Frequenti sensazioni di sentirsi giù,depressi,senza speranza, difficoltà di scacciare questo umore
negativo, credenza di essere semplicemente una persona triste
Ostilità (dominio di appartenenza: antagonismo)
Comportamento facilmente irritabile, risposte di rabbia anche a minime provocazioni
Aggressività (dominio di appartenenza: antagonismo)
Tendenza alla manipolazione, aggressioni fisiche o verbali, umiliazione e svalutazione degli altri, atti
di violenza contro persone o oggetti, ostilità attiva e aperta, uso delle minacce e delle intimidazioni
per controllare gli altri
Impulsività (dominio di appartenenza: disinibizione)
Risposte immediate e non mediate a qualunque stimolo, mancanza di pianificazione o presa in
considerazione delle conseguenze di comportamenti e azioni, fallimento ad apprendere
dall’esperienza.
Tendenza alla dissociazione (dominio di appartenenza: schizotipia)
Esperienza di interruzioni del flusso di coscienza, sensazioni di stranezza, estraneità.
TIPO EVITANTE
Gli individui che sono identificati in questo tipo di disturbo di personalità hanno un senso negativo di sé
associato a un profondo senso di inadeguatezza e inibizione nelle relazioni intime e interpersonali. Più
specificatamente, essi si percepiscono come inetti sociali, inferiori e personalmente poco attraenti. Si
vergognano o imbarazzano facilmente, sono molto auto-critici e spesso si pongono standard personali
molto elevati. Allo stesso tempo avvertono il desiderio di essere riconosciuti dagli altri come speciali e
unici. Sono timidi e riservati nelle situazioni sociali, evitano il lavoro o le attività scolastiche che
coinvolgono un contatto interpersonale significativo per timore di essere criticati, disapprovati o rifiutati e
preferiscono le attività in cui non sono coinvolte altre persone. Sono preoccupati e molto sensibili alle
critiche o al rifiuto da parte degli altri e sono riluttanti a svelare informazioni personali per paura di essere
disapprovati. Mancano delle abilità interpersonali di base e hanno pochissime amicizie o rapporti stretti.
L’intimità interpersonale e anche quella sessuale è difficoltosa e viene spesso evitata per paura. Questi
individui si considerano responsabili per le cose negative che accadono nella loro vita, e non trovano
piacere interesse o soddisfazioni nelle normali attività di divertimento. Presentano un’affettività limitata o
coartata, hanno difficoltà a comprendere ed esprimere i propri desideri, emozioni e impulsi, sia negativi che
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positivi. A dispetto degli alti standard che si pongono, il più delle volte sono passivi e anassertivi circa i
propri obiettivi o successi, e il più delle volte si accontentano di cose al di sotto delle loro potenzialità. Sono
tendenzialmente avversi al rischio e a tutto ciò che per loro costituisce una nuova situazione.
Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che
definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare
il grado di descrittività rispetto al proprio paziente.
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Ansia (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Frequenti, intensi e persistenti sentimenti di nervosismo e tensione, nervosismo e preoccupazione
per gli effetti negativi di qualche spiacevole esperienza passata o per le possibilità negative del
futuro, sentimenti di paura e spavento per ciò che è incerto
Insicurezza (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Paura per la separazione da altri significativi, disagio emotivo quando gli altri significativi non sono
presenti o in vista di una separazione da loro
Pessimismo (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Visione negativa della vita, accentuazione o focalizzazione degli aspetti peggiori del presente o del
passato, aspettativa peggiore circa il futuro
Bassa autostima (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Opinione povera di sé e delle proprie capacità, credenza di essere il peggiore, insoddisfazione circa
il proprio modo di essere e le proprie abilità, credenza di non saper fare nulla bene
Senso di colpa/vergogna (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Credenza di dover essere puniti, frequenti e persistenti sensi di colpa
Evitamento dell’intimità (dominio di appartenenza: introversione)
Disinteresse o evitamento delle relazioni interpersonali strette, compresa l’intimità sessuale
Ritiro sociale (dominio di appartenenza: introversione)
Preferenza per la solitudine, reticenza per le situazioni sociali, evitamento di contatti e attività
sociali, mancanza di iniziativa nelle interazioni
Affettività ristretta (dominio di appartenenza: introversione)
Mancanza di emotività, reazioni emotive solo brevi e transitorie, impassibilità
Anedonia (dominio di appartenenza: introversione)
Mancanza di interesse,impegno o energia, deficit nella capacità di provare o trarre piacere dalla
vita
Distacco sociale (dominio di appartenenza: introversione)
Indifferenza o disinteressa per ciò che accade nel mondo, disinteresse per i contatti e le attività
sociali, distanza interpersonale, relazioni principalmente formali con gli altri
Avversione per il rischio (dominio di appartenenza: compulsività)
Mancanza completa di assunzione di rischi, evitamento di attività che richiedono anche solo una
minima o potenziale assunzione di rischi
TIPO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Gli individui che sono identificati in questo tipo di disturbo di personalità sono governati dai loro bisogni di
ordine, precisione e perfezione. Svolgono le attività in maniera metodica ed esageratamente dettagliata.
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Hanno un particolare interesse per i dettagli, le regole e i programmi; manifestano ipercoscenziosità e
iperscrupolosità, il loro perfezionismo interferisce quasi sempre con il completamento di un compito.
Cercano di mantenere una sensazione di controllo attraverso un’attenzione minuziosa per le regole, i
dettagli futili, le procedure, le liste o la forma, al punto che va perso lo scopo dell’attività. Il loro approccio a
qualunque cosa o persona è rigido e limitato dall’incapacità di adattarsi alle circostanze e ai cambiamenti.
La maggior parte delle emozioni forti, sia negative che positive, non sono espresse né vissute
consapevolmente. Allo stesso tempo questi individui manifestano insicurezza e ansia per un reale o
percepito fallimento o abbandono. Le relazioni interpersonali sono molto difficoltose, perché basate sul
controllo, la competitività e la critica dell’altro. È presente una marcata incapacità di comprendere e
apprezzare le idee, i sentimenti e i comportamenti degli altri.
Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che
definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare
il grado di descrittività rispetto al proprio paziente.
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Perfezionismo (dominio di appartenenza: compulsività)
Convinzione che tutto debba essere impeccabile e infallibile, senza errori o difetti, incluse le
persone; credenza che la realtà debba conformarsi alla propria personale visione o idea, standard
personali alti e irrealistici, minuziosità e attenzione ai dettagli
Rigidità (dominio di appartenenza: compulsività)
Osservazione inflessibile delle regole, credenza che esista un solo modo giusto di fare le cose,
ostinazione su routines immodificabili, difficoltà di adattamento a cambiamenti, processi cognitivi
basati su idee fisse e aspettative, difficoltà a cambiare idea o punto di vista
Sistematicità (dominio di appartenenza: compulsività)
Necessità di ordine e strutture, credenza che ogni cosa abbia una corretta posizione , intolleranza
per le cose “fuori posto”, interesse per le regole, i programmi e gli appuntamenti
Perseverazione (dominio di appartenenza: compulsività)
Persistenza in un compito anche molto dopo che il comportamento messo in atto per realizzarlo ha
cessato di essere funzionale ed efficace, credenza che la mancanza di successo sia dovuta
semplicemente a mancanza di sforzo o fortuna, ripetizione dei medesimi comportamenti a dispetto
dei corrispettivi fallimenti
Ansia (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Frequenti, intensi e persistenti sentimenti di nervosismo e tensione, nervosismo e preoccupazione
per gli effetti negativi di qualche spiacevole esperienza passata o per le possibilità negative del
futuro, sentimenti di paura e spavento per ciò che è incerto
Pessimismo (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Visione negativa della vita, accentuazione o focalizzazione degli aspetti peggiori del presente o del
passato, aspettativa peggiore circa il futuro
Senso di colpa/vergogna (dominio di appartenenza: emotività negativa)
Credenza di dover essere puniti, frequenti e persistenti sensi di colpa
Affettività ristretta (dominio di appartenenza: introversione)
Mancanza di emotività, reazioni emotive solo brevi e transitorie, impassibilità
Tendenza all’opposizione (dominio di appartenenza: antagonismo)
Aperto disprezzo e rifiuto nel rispondere a richieste, scadenze o completare dei compiti, resistenza
alle aspettative circa la propria performance, risentimento e antipatia per le autorità
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TIPO SCHIZOTIPICO
Gli individui che si identificano in questo tipo di disturbo di personalità presentano deficit sociali accentuati
da disagio acuto e una ridotta capacità di instaurare relazioni interpersonali strette e inoltre eccentricità
nell’apparenza e nel comportamento e distorsioni cognitive e percettive. Questi individui hanno pochissimi
amici stretti, sono ansiosi nelle situazioni sociali e si sentono spesso “fuoriposto”, estranei; trovano
estremamente difficile rapportarsi agli altri e sono molto sospettosi anche delle persone a loro più vicine.
Questi individui sono spesso considerati strani o eccentrici a causa di insoliti manierismi, anche nell’eloquio
che è spesso allentato,digressivo,vago,iper-elaborato o al contrario impoverito, eccessivamente concreto o
stereotipato. Individui con questo tipo di personalità sperimentano una gamma di emozioni limitata e
ristretta, e sono inibiti nell’espressione della propria emotività. Appaiono spesso distaccati e indifferenti
alle reazioni degli altri. Strane credenze influenzano il loro comportamento: possono essere superstiziosi, o
preoccupati da fenomeni paranormali al di fuori delle norme della loro cultura; possono sentire di avere il
potere speciale di intuire gli eventi prima che avvengano, o di leggere i pensieri degli altri; possono credere
di avere un controllo magico sugli altri. La loro percezione della realtà è seriamente compromessa e in
alcuni casi possono essere presenti sintomi quasi-psicotici , come alterazioni percettive, pseudoallucinazioni, idee di riferimento, ideazione paranoide o veri e propri episodi psicotici transitori. Questi
individui sono comunque capaci di esame di realtà e anche i sintomi quasi-psicotici sono riconosciuti
consapevolmente come prodotti della loro mente.
Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che
definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare
il grado di descrittività rispetto al proprio paziente.
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Eccentricità (dominio di appartenenza: schizotipia)
Comportamenti insoliti, frasi strane o inappropriate, uso di neologismo, eloquio concreto o
impoverito,
Disregolazione cognitiva (dominio di appartenenza: schizotipia)
Processi di pensiero insoliti, idee e pensieri che non seguono una logica, associazioni inadeguate,
pensieri confusi e disorganizzati
percezioni insolite (dominio di appartenenza: schizotipia)
esperienze strane in varie modalità sensoriali, percezione degli eventi insolita e differente da quella
degli altri
credenze insolite (dominio di appartenenza: schizotipia)
contenuto di pensieri bizzarro, convinzioni profonde e idiosincratiche, interesse per l’occulto o i
fenomeni paranormali
ritiro sociale (dominio di appartenenza: introversione)
Preferenza per la solitudine, reticenza per le situazioni sociali, evitamento di contatti e attività
sociali, mancanza di iniziativa nelle interazioni
Affettività ristretta (dominio di appartenenza: introversione)
Mancanza di emotività, reazioni emotive solo brevi e transitorie, impassibilità
Evitamento dell’intimità (dominio di appartenenza: introversione)
Disinteresse o evitamento delle relazioni interpersonali strette, compresa l’intimità sessuale
Ansia (dominio di appartenenza: emotività negativa)
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Frequenti, intensi e persistenti sentimenti di nervosismo e tensione, nervosismo e preoccupazione
per gli effetti negativi di qualche spiacevole esperienza passata o per le possibilità negative del
futuro, sentimenti di paura e spavento per ciò che è incerto
Sospettosità (dominio di appartenenza: sospettosità)
Diffidenza, ideazione paranoide, dubbi sulla lealtà e fedeltà degli altri, sentimenti di persecuzione.
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ALCUNE CRITICHE
Per il DSM V si prevede un parto piuttosto travagliato; infatti pur non essendo ancora “venuto al mondo”, il
nuovo manuale ha già destato l’attenzione e il giudizio critico di molti clinici ed esperti. Ho selezionato e
riportato qui quei commenti che mi sono sembrati più autorevoli e importanti. Affronterò in questa sezione
le critiche avanzate dal francese Allen Frances, presidente della task-force del DSM IV e di alcuni suoi
colleghi che hanno condiviso il suo pensiero. Di seguito conosceremo i suggerimenti espressi da Jonathan
Shedler, direttore e professore di psichiatria dell’ Università del Colorado nonché co-autore della SWAP200,in collaborazione con altri illustri nomi della psichiatria internazionale (Fonagy, Gabbard, Beck,
Gunderson, Kernberg, Michels, Westen).
A.FRANCES
Il dottor Frances aveva inviato nel giugno 2009, unitamente al dottor Spitzer, una lettera ai membri dei
gruppi di lavoro del DSM V, contenente una serie di raccomandazioni che, evidentemente, non son state
prese in considerazione. Nella lettera i due esordivano in questo modo: “E’ nostra responsabilità salvare il
DSM V da se stesso prima che sia troppo tardi”. Recentemente, nel febbraio 2010, Frances ha scritto un
nuovo articolo sul Psychiatric Times dal titolo “Aprendo il vaso di Pandora: le 19 peggiori modifiche del DSM
V”. Il tono polemico ricorre in tutto l’articolo; ripropongo qui i passi salienti:
“ Ho già precedentemente criticato il DSM V (si riferisce qui alla lettera scritta con Spitzer) per la sua inutile
segretezza, le sue rischiose ambizioni, i suoi metodi disorganizzati e per le sue scadenze non più credibili.
Ora è finalmente tempo di valutare specificatamente la bozza del DSM V pubblicata nei giorni scorsi. Il
primo fondamentale problema è la scrittura povera e inconsistente; le prime bozze sono scritte in maniera
spesso imprecisa. Sono sorpresa che gli autori hanno fallito nell’obiettivo di curare il manuale con chiarezza
e consistenza. C’è un grande dispiego di soldi,risorse e tempo per la revisione di un simile manuale e questa
scrittura molto povera è un cattivo segno prognostico; c’è da aspettarsi che le versioni definitive dei vari
disturbi saranno descritte in maniera ugualmente inconsistente, qualitativamente variabile e a volte
incoerente. A livello di contenuto un secondo problema è l’alto incremento della percentuale dei disturbi
mentali, che si manifesta in due forme:
1. Le nuove diagnosi sono estremamente comuni nella popolazioni generale;
2. L’introduzione di soglie diagnostiche più basse per alcuni dei disturbi già esistenti, a causa della
rimozione della “rilevanza clinica” da ciascun disturbo come evidente confine tra patologia e
normalità.
Il DSM V produrrà decine di milioni di pazienti “falsi positivi”. Una terza debolezza pervasiva è l’insensibilità
al possibile uso improprio del manuale in ambito forense. È necessario che i gruppi di lavoro rivalutino le
importanti implicazioni forensi di alcune delle loro proposte, come ad esempio l’inclusione dell’attrazione
verso adolescenti nella pedofilia. Alcune delle nuove diagnosi sono davvero problematiche: la peggiore
novità è la Sindrome di rischio psicosi. Nella maggior parte degli studi la percentuale dei falsi positivi si
aggira tra il 70 e il 75 %. La diagnosi, così approvata, condurrà alla prescrizione di farmaci antipsicotici
atipici per centinaia di migliaia di adolescenti e giovani adulti. Non esiste alcuna prova che questi farmaci
prevengano gli episodi psicotici, ed è al contrario certo che essi provocano un rapido aumento di peso e
sono associati ad una ridotta aspettativa di vita, per non parlare dei loro costi e degli effetti indesiderati che
producono. Il Disturbo depressivo misto ad ansia presenta sintomi aspecifici che sono ampiamente
distribuiti nella popolazione generale e diventerà perciò uno dei più comuni disturbi mentali diagnosticati.
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Allo stesso modo il Disturbo neurocognitivo minore è definito da sintomi altrettanto aspecifici di ridotta
performance cognitiva che è piuttosto comune nelle persone sopra i 50 anni di età. Il Disturbo da
alimentazione incontrollata ha una percentuale del 6% nella popolazione generale, percentuale che sarà
destinata a crescere quando questa diagnosi darà utilizzata nei setting clinici; decine di milioni di “peccatori
di gola” saranno sottoposti a terapie dall’efficacia non dimostrata. Il Disturbo di disregolazione del
temperamento con disforia è una delle proposte più pericolose del DSM V. La diagnosi è così
superficialmente definita che, a dispetto dell’intenzione di ridurre le eccessive diagnosi di disturbo bipolare
nei bambini, gli autori hanno creato un nuovo mostro che sarà iperdiagnosticato e promuoverà una larga
espansione dell’uso dei farmaci antipsicotici, con gli effetti sopracitati. Il Disturbo sessuale coercitivo potrà
essere utilizzato in ambito forense a difesa dei “sex-offenders”, in quanto tale disturbo mentale include i
casi di violenza sessuale. A mio avviso. La rimozione dal manuale del sistema assiale del DSM IV non è stata
adeguatamente giustificata. Mi preme ricordare che la diagnosi multi-assiale costituiva un approccio multilivello, distinguendo tra stati (asse I) e tratti (asse II), determinava separatamente il contributo alla diagnosi
di condizioni mediche generali (asse III) e di fattori ambientali (asse IV) e forniva una stima del
funzionamento globale del paziente (asse V). La valutazione dimensionale porterà con sé non pochi
problemi: innanzitutto mi sembra piuttosto scomoda e poco familiare per l’uso nella pratica quotidiana e le
poche semplici dimensioni cui fa riferimento, credo, incontreranno la resistenza e lo scetticismo di molti
clinici. Mi sembra un sistema complesso, vago, forse prematuro. Sarebbe stato più saggio includere una tale
valutazione nelle appendici del DSM o in un volume separato di strumenti diagnostici. Anche le innovazioni
in merito ai disturbi di personalità incontrano la mia disapprovazione, principalmente per l’esclusione di
quelli che reputo 5 fondamentali disturbi (paranoide, narcisistico, istrionico, dipendente, schizoide). La mia
visione complessiva sul futuro manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali è pessimistica. Ogni
tappa del suo processo di sviluppo è stata segreta e disorganizzata; la sua pubblicazione è stata più volte
rimandata ma gli autori non sono comunque riusciti a creare un prodotto di qualità. È stata forse la voglia e
l’aspettativa di innovazione a far perdere di vista la consapevolezza del rapporto danni/benefici. Le mie
uniche speranze sono riposte nella Commissione fiduciaria, che sarà incaricata di valutare e approvare
questo manuale. Ai membri di tale commissione io rivolgo le mie raccomandazioni di:
1. Estendere di altri 3 mesi il periodo stabilito per i commenti pubblici;
2. Vagliare, in questo periodo, ogni singola parola di ciascun criterio di ogni disturbo e analizzarne
chiarezza e consistenza;
3. Nominare tre sottocommissioni responsabili, rispettivamente, del monitoraggio dell’analisi forense,
della valutazione rischi/benefici, e delle sperimentazioni su campo;
4. Rendere pubblici i metodi di tali sperimentazioni su campo;
5. Pianificare l’armonizzazione del DSM V con l’ ICD 11.
Mi auguro che ciò avvenga.”
E’ doveroso sottolineare che le critiche mosse dal dottor Frances hanno riscontrato successo e
approvazione da molti altri clinici che, partendo dalle sue considerazioni, hanno sviluppato ulteriori
riflessioni. Ne cito alcuni che hanno partecipato,con una serie di articoli, ad un simposio sulla critica al DSM
V pubblicato quest’anno sul Bollettino dell’AAP&P (Association for the Advancement of Philosophy and
Psychiatry): il dottor Cerullo, del Dipartimento di psichiatria dell’Università di Cincinnati ha biasimato
l’ambizione dei membri dei gruppi di lavoro del nuovo manuale di creare un “cambiamento paradigmatico”,
parole con cui la task-force si è espressa riprendendo il concetto di Kuhn. Il professore scrive: “il fatto di
integrare nel nuovo manuale le più recenti scoperte nei vari campi specialistici non rappresenta affatto un
cambiamento paradigmatico, bensì il naturale processo di espansione della precedente rivoluzione
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biologica in psichiatria. Persino il DSM III non rappresentò, a suo tempo, un cambiamento paradigmatico
ma il prodotto naturale dell’ascesa della psichiatria biologica. Credo che nell’uso di tale termine gli autori
del nuovo manuale abbiano dato vita a un grave malinteso”. Ancora, il dottor Gillet, del Centro di Bioetica
dell’Università di Otago, considera, condividendo il pensiero di Frances, l’eliminazione del sistema multiassiale dal DSM l’errore imperdonabile commesso dagli autori, in quanto “tale sistema non riguarda solo il
metodo di classificazione, ma abbraccia la metafisica del disturbo mentale stesso”. Il dottor Phillips, del
Dipartimento di psichiatria dell’Università di Yale, parla di una “gran confusione nel leggere ciò che per ora
è stato pubblicato riguardo il DSM V. Il problema serio del DSM V è che non solo non abbiamo il cosiddetto
(e promesso) cambiamento paradigmatico per rendere la nosologia più valida, ma non sappiamo nemmeno
come e se esso possa realmente verificarsi. Ritengo utile non apportare ulteriori cambiamenti alla
nosologia se questi non sono supportati da prove scientifiche reali, così da evitare diagnosi infondate”.
C’è chi addirittura parla di uno scontro aperto tra liberali/radicali (gli autori del nuovo manuale) e i
conservatori (gli autori delle precedenti edizioni). Si rimanda comunque alla lettura dell’intero bollettino
sopracitato.
SHEDLER, BECK, FONAGY, GABBARD, GUNDERSON, KERNBERG, MICHELS, WESTEN
Questo commento, pubblicato a settembre 2010 su “Am J Psichiatry, riflette il punto di vista di questo
gruppo di autori in merito ai Disturbi di personalità, e ciascuno di essi ha contribuito alla sua stesura.
Eccone i passi principali:
“Nella forma in cui ci è stato proposto nel draft, il DSM V presenta un cambiamento significativo
nell’approccio alla diagnosi dei disturbi di personalità. Lo schema diagnostico suggerito è un conglomerato
poco maneggevole di modelli tra loro incompatibili e che non possono felicemente coesistere. Crediamo
che la maggior parte dei clinici non abbiano la pazienza e la perseveranza di usarlo nella loro pratica
quotidiana. Ci risultano 5 livelli di funzionamento della personalità 5 tipi di personalità, 6 domini o fasce di
valutazione della personalità, 4-10 caratteristiche o tratti per ciascuno di questi domini. Un approccio che
sia clinicamente utilizzabile dovrebbe essere focalizzato sui tipi di persone, non sui tipi di scale di
valutazione. I professionisti della salute mentale sono abituati a pensare in termini di sindromi di
personalità, o patterns di comportamenti (come riconosciuto dalla precedente versione del manuale) e non
in termini di dimensioni di tratti separate da valutare, come nel DSM V. L’approccio prototipico proposto ci
sembra una buona idea, esistono supporti empirici per la sua validità. In questo caso i membri dei gruppi di
lavoro si sono dimostrati sensibili alla necessità di sviluppare un approccio che lavori con, e non contro, i
processi cognitivi dei clinici che lo devono utilizzare. Tale approccio è stato poi combinato con una seconda
valutazione multidimensionale organizzata attorno a domini di tratti e non a sindromi. Tali domini sono
stati sviluppati all’interno della psicologia accademica e hanno la loro origine in ricerche sulla popolazione
normale, non clinica. Questo sistema dimensionale non è stato empiricamente analizzato. Se anche esso
fosse validato, ci sono buone ragioni per dubitare che possa costituire un sistema clinicamente utilizzabile
in ambito diagnostico. L’idea di combinare i due modelli, prototipico e dimensionale, rende il sistema
complesso e di difficile utilizzo. Inoltre siamo fortemente convinti che i 5 tipi di personalità descritti sono
insufficienti a coprire l’intero spettro di disturbi di personalità che vediamo ogni giorno nella reale comunità
clinica. Presumiamo che alcuni disturbi di personalità siano stati eliminati per assenza di evidenza, ma
assenza di evidenza non è evidenza di assenza! Crediamo che l’approccio dimensionale-prototipico non va
nella direzione di un miglioramento del mondo della diagnosi psichiatrica della personalità. Al giorno d’oggi
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l’ingresso nell’asse II sembra sempre più evitato e rimandato; vogliamo un sistema che rovesci, e non
sostenga, questa sfortunata tendenza”.
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