CHIARA TARANTINO [email protected] IL DSM – V IN ANTEPRIMA Tesi di Laurea Università di Urbino Relatore: Prof. Mario Rossi Monti www.rossimonti.altervista.org INTRODUZIONE Il DSM,manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali,è il più diffuso e influente testo di psichiatria nel mondo occidentale. Esso è pubblicato dall’APA (Associazione Psichiatrica Americana) e contiene descrizioni, sintomi e criteri per la diagnosi dei disturbi mentali. Questi criteri forniscono ai clinici un linguaggio universale e specifico con il quale approcciarsi al mondo della salute mentale. Nonostante non contenga informazioni terapeutiche, il manuale rappresenta per i professionisti del campo il primo e fondamentale step per la pianificazione di trattamenti rivolti a pazienti affetti da disturbi mentali, poiché è risaputo che soltanto accurate diagnosi conducono ad appropriati e adeguati piani di trattamento. Sono passati ben 58 anni dalla pubblicazione della prima edizione, il DSM I, che rappresentò uno dei capitoli essenziali per lo sviluppo della medicina del ‘900 e per il percorso di emancipazione scientifica intrapreso dalla psichiatria sin dalla sua comparsa. Successivamente il DSM è stato periodicamente e significativamente sottoposto a modifiche e rivisitazioni. L’esito del più recente di questi processi è il DSM IV, pubblicato nel 1994 e oggi utilizzato in ambito diagnostico dalla maggior parte di clinici e psichiatri. Tuttavia, a causa delle discussioni e critiche avanzate nei confronti dell’attuale classificazione, già a partire dal 1999, in collaborazione con NIMH (Istituto Nazionale della Salute Mentale) e OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ha preso avvio un ulteriore processo di revisione comprensivo delle moderne 1 innovazioni scientifiche e analisi di ricerca e della nuova letteratura disponibile;reso possibile grazie alla competenza clinica degli onorevoli membri della task force cui questo compito è affidato e dei 13 gruppi di lavoro coordinati da David Kupfer. Tale revisione è stata guidata da quattro principi ispiratori; primo tra tutti l’utilità clinica, ovvero l’effettiva possibilità di utilizzazione del manuale da parte di coloro che diagnosticano e trattano pazienti con disturbi mentali. In secondo luogo le informazioni contenute al suo interno devono essere basate sull’evidenza empirica. Inoltre,per quanto possibile, è auspicabile che il DSM V mantenga una certa continuità con il precedente. Per ultimo, e in apparente contraddizione col terzo principio, si è stabilito che non ci sia alcuna limitazione pre-categorizzata sulla natura e sul grado di cambiamenti che i gruppi di lavoro potrebbero e sono chiamati ad apportare. Entrambi i due ultimi principi sono necessari: se da un lato,infatti, si dimostra attenzione nel conservare ordine nella pratica della psichiatria e negli studi di ricerca, dall’altra si riconoscono gli inevitabili vantaggi che un sistema di classificazione diagnostico può trarre dalle più avanzate scoperte,tenendo comunque conto dell’impatto che alcuni cambiamenti potrebbero avere nella pratica clinica. Il punto di partenza per la creazione del nuovo DSM V è perciò stato quello di individuare punti di forza e di debolezza del DSM IV e da qui sviluppare ipotesi di modifica dei presenti criteri. La pubblicazione della versione definitiva è prevista per maggio 2013, quando il DSM V sarà finalmente acquistabile anche in Italia. L’APA ne ha già pubblicato un draft per sottoporre a pubblici commenti e critiche le revisioni proposte,di cui sarà testata la validità nei prossimi 3 anni. Siamo perciò già in grado di conoscere e poter analizzare le proposte di modifica avanzate dal team,aspettandoci comunque che esse possano ancora essere suscettibili di cambiamento. L’intenzione del mio lavoro è quella di presentarvi il DSM V, o perlomeno ciò che per ora è possibile sapere circa il nuovo manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali. PIANIFICAZIONE,ORGANIZZAZIONE E STAFF: DALL’IDEA AL MANUALE Il processo di revisione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) iniziò con una veloce discussione fra Steven Hyman, M.D. (successivamente direttore dell’Istituto Nazione della Salute Mentale), Steven M. Mirin, M.D. (successivamente direttore medico dell’Associazione Psichiatrica Americana, APA), David J. Kupfer, M.D. (successivamente cattedra della Commissione sulla Valutazione e Diagnosi Psichiatrica dell’APA) e l’Istituto Nazionale di Salute Mentale (NIMH) nel 1999. Essi credevano che per l’APA e il NIMH fosse importante collaborare ad un progetto di espansione delle basi scientifiche per una diagnosi ed una classificazione psichiatrica.L’iniziale Conferenza di Programmazione di Ricerca nel 1999 sul DSM-V originò dal comune obiettivo di fissare priorità di ricerca. Tra i partecipanti vi erano esperti di studi sulla famiglia e sui gemelli, di genetica molecolare, delle neuroscienze di base e neuroscienze con orientamento clinico, della scienza cognitivo-comportamentale, dello sviluppo e del ciclo vitale e della disabilità. Per incoraggiare il superamento della struttura dell’attuale DSM-IV, a questa conferenza non furono invitati molti dei partecipanti strettamente coinvolti nello sviluppo del DSM-IV. Attraverso questo processo i partecipanti riconobbero la necessità di una serie di documenti ufficiali che potessero guidare la futura ricerca e promuovere ulteriori discussioni, andando a coprire aree trasversali che contraddicevano l'attuale classificazione di molti disturbi psichiatrici. Furono organizzati gruppi di lavori (programmati), in cui erano inclusi argomenti da sviluppare, lacune presenti nell’attuale sistema come la disabilità e i traumi, le neuroscienze, la nomenclatura e le tematiche transculturali. All’inizio del 2000, Darrel A. Regier, M.D., M.P.H., fu assunto dal NIMH e inserito come direttore di ricerca dell’APA al fine di coordinare lo sviluppo del DSM-V. Più tardi in Luglio e Ottobre del 2000 furono 2 organizzate ulteriori conferenze per fissare la ricerca per l’ordine del giorno del DSM-V e per organizzare il primo incontro per per pianificare il lavoro dei gruppi. Questi gruppi, collegati all’Istituto Nazionale della Salute (NIH) e alla comunità psichiatrica internazionale, svilupparono la serie di documenti ufficiali pubblicati in “Una ricerca per l’ordine del giorno per il DSM V“ (2002, APA). Una seconda serie di documenti ufficiali trasversali, intitolati “Considerazione su Età e Genere nella Diagnosi Psichiatrica”, fu in seguito commissionata e pubblicata dall’APA nel 2007. Leader provenienti dall’APA, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) e dall’Associazione Psichiatrica Mondiale (WPA) decisero che sarebbe stato necessario concentrare l’attenzione sulla ricerca e reperire ulteriori informazioni su specifiche aree diagnostiche, per cui, nel 2002, l’Istituto Psichiatrico Americano per la Ricerca e l’Educazione (APIRE), assieme al Direttore Esecutivo Darrell A. Regier, M.D., M.P.H., in qualità di Principale Esaminatore, richiese una borsa di studio al NIMH per implementare una serie di conferenze di ricerca pianificata che si sarebbero focalizzate sulle evidenze di ricerca per revisionare specifiche aree diagnostiche. Con il supporto fornito dal NIMH, l’Istituto Nazionale sull’Abuso di Droghe (NIDA) e l' Istituto Nazionale sull’Alcoolismo e l’Abuso di Alcool (NIAAA), fu approvata una borsa di studio, per un valore di 1,1 milioni di dollari, per una ricerca cooperativa. Sotto la guida di una commissione dirigenziale costituita da rappresentanti dell’ APIRE, dai tre istituti del NIH e dal WHO, furono tenute 13 conferenze dal 2004 al 2008, con competenze che abbracciavano tutte le nazioni – ogni conferenza venne tenuta sia dagli Stati Uniti sia da un’altra nazione, e approssimativamente metà dei partecipanti era costituita da cittadini non statunitensi. In ogni conferenza fu sviluppato come ordine del giorno uno specifico argomento, sul quale i partecipanti, in base alla revisione della letteratura, scrissero relazioni,specificando argomentazioni sulla diagnosi, da cui scaturiva poi il dibattito. I risultati di sette di queste conferenze sono stati preventivamente pubblicati su periodici e monografie prima della pubblicazione definitiva del 2008. Le conclusioni delle 13 conferenze furono immediatamente disponibili con lo scopo di servire come sostanziale contributo per la base della ricerca del reparto operativo e dei gruppi di lavoro del DSM-V e per il WHO, dato che stava sviluppando la revisione della Classificazione Internazionale dei Disturbi (ICD). Nel 2006, il Presidente dell’ APA, il Dott. Steven Sharfstein, nominò il Dott. Kupfer come Cattedra e il Dott. Regier come Vice-cattedra del reparto operativo per la supervisione dello sviluppo del DSM-V. Essi, assieme ad altri leader dell’ APA, nominarono ulteriori membri del gruppo operativo, includendo la cattedra del gruppo di lavoro sulla diagnosi, che avrebbero revisionato la ricerca e la letteratura base per determinare il contenuto del DSM-V. Le nomine dei componenti di questi reparti operativi vennero effettuate tenendo conto di potenziali conflitti di interessi, furono approvate dalla Commissione Fiduciaria dell’ APA e annunciate nel 2007. A turno, la presidenza del gruppo di lavoro, insieme al reparto operativo del dirigente e del vice-dirigente, raccomandarono il successivo Presidente dell’APA, Drs. Pedro Ruiz e Carolyn Robinowitz, nominati a larga maggioranza e considerati come massimi esperti nel loro campo, che poi furono formalmente nominati come membri dei gruppi di lavoro. Tutti i membri dei gruppi di lavoro furono anche selezionati tenendo conto di potenziali conflitti di interesse, furono approvati dalla Commissione dell’ APA e furono nominati nel 2008. I gruppi di lavoro iniziarono ad incontrarsi nel tardo 2007. Mentre i 13 gruppi di lavoro riflettevano sulle categorie diagnostiche dei disturbi psichiatrici della precedente edizione del DSM-IV, ci si aspettava che quelle categorie sarebbero evolute per meglio rispecchiare una nuova consapevolezza scientifica. Ogni gruppo di lavoro si incontra regolarmente, sia di persona sia attraverso conferenze virtuali. I gruppi di lavoro iniziano dalla revisione dei punti di forza e di debolezza del DSM-IV, da dove si sviluppano primariamente le questioni della ricerca e le ipotesi , per poi procedere con la revisione della letteratura e l’analisi dei dati preesistenti. Essi svilupperanno anche piani di ricerca, che potranno essere ulteriori campi di analisi del DSM-V, coinvolgendo direttamente la totalità dei dati. Per invitare alla discussione le comunità scientifiche dei clinici e dei ricercatori, l’ APA nel 2004 lanciò 3 un sito web, Preludio al DSM-V, dove questi gruppi potevano sottoscrivere domande, commenti, e conclusioni di ricerca da fornire ai gruppi di lavoro. Basandosi su questa rivisitazione comprensiva di innovazioni scientifiche, analisi di ricerca focalizzate e competenza clinica, il gruppo di lavoro svilupperà l’abbozzo dei criteri diagnostici per il DSM-V. Seguirà un periodo di osservazione, ed i gruppi di lavoro rivedranno le domande, i commenti ed i concetti. I criteri diagnostici saranno rivisitati e la bozza finale del DSM-V sarà sottoscritta dal Concilio di Ricerca dell’ APA, dall’Assemblea e dalla Commissione Fiduciaria per la loro rivisitazione e approvazione. Il rilascio della versione finale del DSM-V è attesa per Maggio 2013. SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE ASSIALE Frequenti discussioni all’interno dei gruppi di lavoro che si occupano di ridefinire il DSM hanno riguardato il sistema di classificazione delle variabili di maggiore importanza clinica per la diagnosi. L’attuale sistema del DSM IV è definito multi-assiale, poiché comporta la valutazione su cinque differenti assi,ognuno dei quali si riferisce ad un diverso campo di informazioni che possono aiutare il clinico nel lavoro diagnostico. Per il DSM V è stata proposta la riduzione degli assi da cinque a tre. Il primo asse raggrupperebbe i primi tre dell’attuale sistema in uso ( disturbi clinici e altre condizioni oggetto di attenzione clinica,disturbi di personalità e ritardo mentale,condizioni mediche generali), contenendo così tutte le informazioni psichiatriche e mediche del paziente. Questo cambiamento condurrebbe il nuovo manuale in maggiore armonia con il sistema mono-assiale dell’ICD,utilizzato dalla comunità internazionale e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il secondo e il terzo asse corrisponderebbe invece al quarto e al quinto del DSM IV, rispettivamente i problemi psicosociali e ambientali e la valutazione del funzionamento globale del paziente. Riguardo quest’ultimo asse è prevista maggiore attenzione e nuovi metodi di valutazione di disabilità e disagio,seppur con la raccomandazione che disordini e disabilità associate sono concettualmente distinti e devono perciò essere valutate separatamente. VALUTAZIONE DIMENSIONALE TRASVERSALE E’ stato proposto un sistema di valutazione dimensionale trasversale con lo scopo di fornire informazioni aggiuntive che accompagnino il clinico nel processo diagnostico e non solo. La valutazione di alcune dimensioni può essere utile prima che la diagnosi formale sia svolta, altre possono essere adatte per raffinare la diagnosi (individuando tratti di personalità o caratteristiche come l’ideazione suicidaria), altre ancora possono essere delle misure specifiche utili una volta che la diagnosi è stabilita, come ad esempio individuare il livello di gravità della condizione e quindi monitorare il suo cambiamento nel tempo. Alcune di queste dimensioni saranno specifiche per determinati morbi ma sarà presente anche un assesment dimensionale generale con l’obiettivo di fornire misure quantitative di importanti aree cliniche comunemente indagate e controllate in tutti i pazienti e che sono rilevanti in ciascuna tipologia di disturbo,al di là di ogni serie di criteri sintomatici. I fattori indagati sono perciò definiti trasversali,nel senso che essi attraversano i confini del singolo disturbo e tracciano una linea guida di base su cui procedere per la pianificazione del trattamento,la valutazione del risultato o il perfezionamento della diagnosi. Esempi di questi fattori sono l’umore depresso,l’ansia,l’uso di sostanze,l’ideazione suicidaria,problemi di sonno e così via. La valutazione si basa sui punteggi di self-report completati dal paziente o da un informatore. La scala utilizzata è a cinque punti, con lo 0 che indica assenza del problema. Sono previsti due livelli: il livello 1, da somministrare per primo, contenente tutti i domini e il livello 2, dominio-specifico e da somministrare ulteriormente qualora uno dei domini al livello 1 sia classificato come clinicamente significativo. La valutazione dimensionale trasversale non è utilizzabile come test di screening per le malattie. Le 4 caratteristiche essenziali di questa valutazione sono l’utilità nella pratica clinica,la brevità,la semplicità di somministrazione, lettura e valutazione,infine l’adattabilità alla maggior parte di pazienti e situazioni cliniche. UNA NUOVA DEFINIZIONE DI DISTURBO MENTALE Una parte dei ricercatori si è occupata della revisione del concetto stesso di disturbo mentale, affermando la necessità di riconsiderare ciò che attualmente intendiamo con esso e proponendo alcuni cambiamenti. Basta conoscere brevemente la storia del DSM dalla sua prima edizione a quella attuale per rendersi conto che il concetto di disturbo mentale ha subito un’evoluzione notevole. Il cambiamento più rilevante apparve nel DSM III, in cui i precedenti termini “sindrome” o “malattia”, legati alla teoria biologica (riduzionistica) circa l’eziologia della psicopatologia, vennero per la prima volta sostituiti dal più generale e sufficientemente ateoretico termine “disordine mentale” . Esso venne subito largamente accettato poiché si poneva in armonia con il riconosciuto approccio multifattoriale e multidisciplinare alla malattia. Ma è importante chiedersi se il termine “disturbo mentale” sia realmente ottimale, questione a cui gli stessi membri dell’APA non sono sfuggiti. Nell’ introduzione alla quarta edizione del manuale si legge: “la dizione disturbi mentali implica sfortunatamente una distinzione tra disturbi mentali e disturbi fisici che rappresenta un riduttivo anacronismo riguardante il dualismo mente/corpo. Un’ampia letteratura documenta che c’è molto di fisico nei disturbi mentali e molto di mentale nei disturbi fisici. Il problema sollevato dalla dizione disturbi mentali è più chiaro di quanto non sia stata la sua soluzione e, sfortunatamente,la dizione permane nel manuale poiché non abbiamo trovato un sostituto appropriato.” (DSM IV-TR-introduzione). A questo riguardo già negli scorsi anni alcuni studiosi (a cui si rimanda per approfondimento, Wakefield,Fulford) avevano proposto termini alternativi e la medesima questione si è riproposta anche all’interno della task-force del DSM V,ma a quanto pare senza alcun risultato. Il termine “disturbo” continuerà così ad apparire anche nella nuova edizione,talvolta sostituito dalla dicitura “disturbo mentale/psichiatrico”. Tuttavia esistono dei cambiamenti nei criteri di definizione. La base da cui gli studiosi sono partiti è la medesima che si riscontra nel DSM IV, ovvero la certezza che non esista alcuna definizione che specifichi perfettamente e delimiti precisamente i confini di un concetto così ampio e complesso come quello di disturbo mentale. Inoltre il DSM IV sottolinea che questo concetto,come molti altri nella medicina e nella scienza,manca di una definizione operativa coerente che copra tutte le situazioni. Da questa premessa, l’obiettivo è stato quello di raggiungere una definizione quanto più possibile valida scientificamente e utilizzabile clinicamente, ove possibile migliore di quella attuale. Nel DSM IV il disturbo mentale è così definito: “sindrome o modello comportamentale o psicologico clinicamente significativo,che si presenta in un individuo,ed è associato a disagio,a disabilità,ad un aumento significativo del rischio di morte,di dolore o di disabilità,o a un’importante limitazione della libertà. In più questa sindrome o quadro non deve rappresentare semplicemente una risposta attesa o culturalmente sancita ad un particolare evento,ad esempio la morte di una persona amata. Qualunque sia la causa esso deve essere al momento considerato la manifestazione di una disfunzione comportamentale,psicologica o biologica dell’individuo. Non rappresentano disturbi mentali un comportamento deviante (politico religioso o sessuale), né conflitti sorti principalmente tra l’individuo e la società, a meno che la devianza o il conflitto siano il sintomo di una disfunzione dell’individuo,come descritto sopra.” (DSM IV-TR-introduzione). Ed ora ecco la nuova definizione che leggeremo nel DSM V : “sindrome o modello comportamentale o psicologico che si verifica in un individuo, le conseguenze del quale sono disagio o disabilità clinicamente significativi (impedimenti in una o più delle importanti aree di funzionamento). Questa sindrome o quadro non deve 5 rappresentare semplicemente una risposta attesa ad un comune fattore di stress o ad una mancanza né una risposta culturalmente sancita ad un particolare evento. Questa sindrome o quadro riflette una sottostante disfunzione psicobiologica e non deve essere primariamente il risultato di una devianza sociale o di un conflitto con la società.” Le modifiche riguardano quasi tutte le affermazioni della precedente definizione: la frase “clinicamente significativo” (di controversa interpretazione) non è più riferita alla sindrome o modello comportamentale in sé,bensì alle sue conseguenze. Tra queste conseguenze sono state eliminate le altre voci e riconfermate solo il disagio, comune a molti disordini mentali, e la disabilità, necessaria per identificare quegli individui i quali necessitano di trattamento ma i sintomi dei quali non causano disagio emotivo. Inoltre la nuova enunciazione distingue più chiaramente tra risposte attese a comuni fattori di stress o mancanze e risposte culturalmente sancite ad un particolare evento. La modifica più notevole si riscontra però nella frase successiva: a differenza del DSM IV che definiva la disfunzione comportata dal disordine come “comportamentale biologica o psicologica”,affermazione che implica l’esistenza di diversi tipi di disfunzione e diversi livelli,distinti e separati, in cui essa si manifesta (biologico,comportamentale o psicologico), il DSM V definisce questa disfunzione “psicobiologica”. Tale termine testimonia la crescente consapevolezza che cambiamenti biologici psicologici e comportamentali sono in realtà interdipendenti e intercorrelati. Infine ulteriori considerazioni sono state aggiunte: 1. Qualsiasi disordine del DSM V deve avere validità diagnostica sulla base di un certo numero di fattori di validità; 2. Qualsiasi disordine del DSM V deve avere utilità clinica; 3. Queste validità diagnostica e utilità clinica dovrebbero aiutare a differenziare un disordine dai “vicini” diagnostici; 4. Quando si considera la possibilità di aggiungere o eliminare una condizione mentale/psichiatrica dalla nomenclatura,i potenziali benefici dovrebbero superare i potenziali danni. 6 DISTURBI GENERALMENTE DIAGNOSTICATI NELL’INFANZIA,FANCIULLEZZA E ADOLESCENZA PER LA PRIMA VOLTA Come anche per il DSM IV, questa sezione separata per i disturbi che di solito sono diagnosticati nell’infanzia, nella fanciullezza e nell’adolescenza è stata riconfermata nel DSM V per comodità;essa non è intesa a suggerire l’esistenza di una chiara distinzione tra i disturbi dell’infanzia e quelli dell’età adulta. I gruppi di lavoro sui disordini della fanciullezza e dell’adolescenza,dei disturbi del comportamento e dei disturbi dello sviluppo neurologico si sono occupati della revisione di questa sezione del DSM. Gli studiosi hanno proposto l’inclusione di nuovi disturbi non presenti nell’attuale edizione del manuale,l’eliminazione di alcuni e la riclassificazione di altri. Ecco i dettagli della revisione: Nuovi disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: Disturbo da stress post-traumatico in età prescolare; Disturbo di disregolazione dell’umore con disforia; Disturbo specifico di condotta con significativi tratti di insensibilità e indifferenza; Difficoltà di apprendimento; Autolesionismo non suicidario; Autolesionismo non suicidario non altrimenti specificato. Disturbi riclassificati in altre categorie diagnostiche: Pica; Disturbo di ruminazione; Disturbo d’ansia da separazione; Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione dell’infanzia e della prima fanciullezza. Disturbi eliminati dal DSM V: Disturbo di Rett. Disturbi attualmente presenti nel DSM IV e divisi in nuovi disturbi del DSM V: Disturbo reattivo dell’attaccamento dell’infanzia e della prima fanciullezza. Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi: Disturbo dell’espressione scritta; Disturbo dell’apprendimento non altrimenti specificato; Disturbo disintegrativo dell’infanzia; Disturbo di Asperger; Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato. I restanti disturbi non hanno subito rilevanti modifiche rispetto al DSM IV. NUOVI DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V Disturbo da stress post-traumatico in età prescolare Tale disturbo rappresenta il corrispettivo del disordine da stress post-traumatico per gli adulti. Nel DSM IV sono presenti delle specificazioni riguardanti la diagnosi di tale disordine nei bambini,fanciulli o adolescenti (e comunque non per ciascun criterio) e molto di frequente diagnosi di PTSD sono assegnate a individui minori dei 15 anni di età,considerata anche la diffusa presenza del disturbo in bambini di età scolare o prescolare. Ecco i criteri: 7 A) Il bambino (minore di 6 anni) è stato esposto ai seguenti eventi: morte o minaccia di morte, reale lesione grave o minaccia di lesione grave,reale violazione sessuale o minaccia di violazione sessuale, in uno o più dei seguenti modi: 1. Esperienza personale diretta 2. Esperienza di questi eventi capitati ad altri,specialmente caregivers primari, e vissuti dal bambino in qualità di testimone 3. Venire a conoscenza che tali eventi sono capitati a familiari stretti o amici stretti. NOTA: vivere gli eventi in qualità di testimone non include il vederli semplicemente tramite mezzi di informazione,televisione,film,o immagini. B) Sintomi intrusivi che sono associati all’evento traumatico (che sono iniziati dopo l’evento traumatico), come è evidenziato da uno o più dei seguenti: 1. Ricordi sgradevoli, spontanei,ricorrenti e intrusivi dell’evento traumatico 2. Sogni ricorrenti e sgradevoli relativi all’evento traumatico 3. Stati dissociativi durante i quali il bambino sente o agisce come se l’evento traumatico stesse accadendo in quel momento 4. Intenso o prolungato disagio psicologico all’esposizione di eventi scatenanti che assomigliano o simbolizzano un aspetto dell’evento traumatico 5. Marcata reattività fisiologica ai ricordi dell’evento traumatico Uno tra C o D: C) Persistente evitamento degli stimoli associati al trauma,come evidenziano gli impegni ad evitare: 1. Attività, luoghi o pensieri ricollegati all’evento traumatico 2. Persone, conversazioni o situazioni ricollegati all’evento traumatico D) Alterazioni negative dei pensieri e dell’umore che sono associati all’evento traumatico, come è evidenziato da uno o più dei seguenti: 1. Sostanziale aumento della frequenza di stati emozionali negativi 2. Marcata diminuzione dell’interesse o partecipazione ad attività significative, inclusa una restrizione del gioco 3. Ritiro sociale 4. Persistente riduzione dell’espressione di emozioni positive E) Alterazioni dell’arousal e della reattività che sono associate all’evento traumatico,come evidenziano due o più dei seguenti: 1. Irritabilità,rabbia o comportamento aggressivo,inclusa un’estrema tendenza ai capricci 2. Comportamento impulsivo o auto-distruttivo 3. Ipervigilanza 4. Risposte di sussulto esagerate 5. Difficoltà di concentrazione 6. Disturbi del sonno F) La durata del disturbo è superiore a un mese G) Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o difficoltà di relazione con i genitori,fratelli,gruppo dei pari,altri caregivers o insegnanti. 8 Disturbo di disregolazione dell’umore con disforia Questo disturbo sostituisce la diagnosi di disturbo bipolare nei bambini. Diagnosticare un disturbo bipolare in età pediatrica è una scelta molto complessa e nel DSM IV non ne esiste una versione infantile. Non è raro che tale diagnosi sia utilizzata in maniera non ufficiale o non adeguata,per indicare gravi scoppi d’ira e problemi dell’umore. Alcuni studi condotti sulla questione hanno evidenziato che sebbene esistano bambini con un umore particolarmente altalenante e con comportamenti problematici, essi non si inseriscono appieno nella diagnosi tradizionale di disturbo bipolare. Non solo,è anche emerso che gli stessi bambini con la crescita manifestano altri disturbi (depressione,abuso di sostanze e altri) ma non disturbo bipolare. La nuova sarà perciò una diagnosi differenziale ed aiuterà i clinici a non cadere in sgradevoli errori diagnostici. Ecco i criteri: A) Il disturbo è caratterizzato da gravi e ricorrenti scoppi d’ira in risposta a comuni fattori di stress 1. Gli scoppi d’ira si manifestano verbalmente o con aggressioni verbali o fisiche a persone o oggetti 2. La reazione alla situazione o provocazione è assolutamente sproporzionata in intensità o durata 3. Le risposte sono incompatibili con il livello di sviluppo del bambino B) Gli scoppi d’ira si verificano 3 o 4 volte la settimana C) L’umore tra i diversi scoppi d’ira è: 1. Persistentemente negativo 2. Questo umore negativo è osservabile dagli altri D) I criteri A e C sono presenti per almeno 12 mesi. In questo tempo, i criteri dei sintomi A e C non sono mai assenti per più di 3 mesi E) Gli scoppi d’ira o l’umore negativo sono presenti in almeno due ambienti e sono gravi in almeno uno dei due F) L’età del bambino è di almeno 6 anni G) L’inizio del disturbo è prima dei 10 anni H) Nell’anno passato non c’era mai stato un particolare periodo durato almeno più di un giorno durante il quale un umore esageratamente o anormalmente elevato era stato presente per la maggior parte del giorno per più giorni. I) I comportamenti non si verificano esclusivamente durante il decorso di un disturbo dell’umore o di un disturbo psicotico e non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale. I sintomi non sono dovuti agli effetti diretti di abuso di sostanze o ad altra condizione medica generale o neurologica. Disturbo specifico di condotta con significativi tratti di insensibilità e indifferenza Tale disturbo rappresenta una variante(o meglio l’antecedente) del disturbo della condotta; quest’ultimo nel DSM IV non può essere diagnosticato a individui inferiori ai 18 anni di età,e può essere a esordio nella fanciullezza o a esordio nell’adolescenza (specificazioni che avvengono comunque post-diagnosi quindi nell’età adulta). Questa nuova diagnosi permette ai clinici di individuare e diagnosticare un disturbo della condotta prima dei 18 anni di età del paziente ed è basata soprattutto sulla valutazione dell’affettività e dello stile interpersonale del bambino. 9 A) Modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui i diritti fondamentali degli altri oppure le norme o le regole della società vengono violate. Questi comportamenti si inseriscono in uno o più dei seguenti: 1. 2. 3. 4. condotta aggressiva che causa o minaccia danni fisici ad altre persone o ad animali condotta non aggressiva che causa perdita o danneggiamento della proprietà frode o furto gravi violazioni di regole B) L’anomalia del comportamento causa compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale o scolastico C) Il bambino mostra una o più delle seguenti caratteristiche persistentemente per almeno 12 mesi e in più di una relazione o ambiente: 1. mancanza di rimorso o pentimento (non si dimostra triste o dispiaciuto quando fa qualcosa di sbagliato o scorretto) 2. mancanza di empatia (dimostra disinteresse e indifferenza nei confronti dei sentimenti altrui) 3. disinteresse circa le attività svolte o le proprie performance (non dimostra interesse per le proprie performance problematiche a scuola o in altre importanti attività) 4. affettività bassa o carente (non esprime sentimenti né dimostra emozioni agli altri,se non in un modo che appare superficiale). Difficoltà di apprendimento Le difficoltà di apprendimento interferiscono con l’acquisizione di una o più delle seguenti abilità: linguaggio orale,lettura,linguaggio scritto,abilità matematiche. Queste difficoltà si riscontrano in individui che altrimenti dimostrano delle abilità quantomeno nella media riguardo il pensiero e il ragionamento. Perciò queste difficoltà di apprendimento sono distinte dalle difficoltà intellettuali. Il disturbo di apprendimento non altrimenti specificato e il disturbo dell’espressione scritta non appariranno più nel DSM V ma saranno codificati sotto questa categoria sovraordinata di difficoltà di apprendimento. Ecco i criteri: A)Un gruppo di disordini caratterizzati da difficoltà di apprendimento delle abilità teoriche di base,che non corrispondono con l’età cronologica della persona,con il livello di istruzione o con le abilità intellettuali. Le abilità teoriche di base si riferiscono ad accurate e fluenti lettura,scrittura e capacità aritmetiche. Molte fonti di informazioni sono utilizzate per valutare l’apprendimento,una di queste deve essere la misura psicometrica standardizzata e culturalmente appropriata del successo scolastico dell’individuo. B)Le difficoltà del criterio A interferiscono in maniera significativa nel successo scolastico o nelle altre attività della vita quotidiana. Autolesionismo non suicidario Gli studiosi hanno proposto l’inclusione di questo nuovo disturbo in quanto esso non è adeguatamente e appropriatamente rappresentato nel DSM IV. Nell’attuale manuale infatti non esiste un disturbo a sé stante,bensì i comportamenti autolesionistici sono menzionati nel criterio 5 del Disturbo Borderline di personalità (ricorrenti minacce,gesti,comportamenti suicidari o comportamento auto-mutilante). L’autolesionismo è comunemente considerato patognomonico per il BPD. Tuttavia le ricerche sia tra adulti sia tra adolescenti hanno dimostrato che tali comportamenti si riscontrano anche in altre diagnosi e inoltre che molti tra gli individui (soprattutto adolescenti) che dimostrano ricorrenti atti autolesionistici,non 10 soddisfano gli altri criteri per un disturbo Borderline di personalità. L’utilità clinica di questa nuova diagnosi è perciò differenziale rispetto al BPD. Tale disturbo è stato inserito in questa categoria dei disturbi diagnosticati generalmente per la prima volta nell’infanzia,fanciullezza e adolescenza in quanto studi retrospettivi (vedi Herpertz 1995) hanno dimostrato che il primo episodio spesso incorre tra i 10 e i 16 anni di età. Ecco i criteri: A)Nell’ultimo anno l’individuo,per 5 o più giorni, è stato impegnato in intenzionali atti auto-lesionistici danneggiando la superficie del suo corpo e provando una sorta di piacere nel procurarsi ferite,contusioni o dolore;tali atti non sono stati attuati per scopi socialmente sanciti (piercing,tatuaggi ecc…),ma con la convinzione che l’atto conduca solo ad un male fisico lieve o moderato. L’assenza dell’intento suicidario è confermata sia dalle affermazioni del paziente sia dai metodi utilizzati,che in questo caso non hanno potenziale letale. B)L’atto intenzionale è associato ad almeno 2 dei seguenti: 1. pensieri o sentimenti negativi,come depressione,ansia,tensione,rabbia,disagio generalizzato, autocritica, che si verificano nel periodo immediatamente precedente l’atto autolesionistico; 2. un periodo di preoccupazione prima di commettere l’atto relativo alla difficoltà di resistere a tale comportamento; 3. il forte desiderio di ricorrere all’autolesionismo è frequente; 4. l’atto è compiuto con uno scopo; questo potrebbe essere il sollievo da uno stato d’animo o un pensiero negativo o una difficoltà interpersonale o l’induzione di uno stato d’animo positivo. Il paziente afferma che ciò accade sia durante che immediatamente dopo l’atto autolesionistico. C)Il comportamento e le sue conseguenze causano disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle relazioni interpersonali o nelle altre importanti aree di funzionamento. D)I comportamenti non si manifestano esclusivamente durante stati di psicosi,deliri o intossicazione. Negli individui con un disordine dello sviluppo,il comportamento non fa parte dello schema delle stereotipie ripetitive. Il comportamento non è meglio giustificato da un altro disordine mentale o da altra condizione medica. Autolesionismo non suicidario non altrimenti specificato Tipo 1, Sottosoglia: il paziente mostra tutti i criteri per il NSSI, ma ha commesso atti o comportamenti autolesionistici meno di 5 volte negli ultimi 12 mesi. Questa categoria può includere quei soggetti che, a dispetto della bassa frequenza degli atti, pensano frequentemente di compierli. Tipo 2, Intenzione dubbia: il paziente mostra tutti i criteri per il NSSI, ma oltre ai pensieri espressi in B4 si aggiunge che lo scopo degli atti sia quello di commettere suicidio. DISTURBI RICLASSIFICATI IN ALTRE CATEGORIE DIAGNOSTICHE Pica Il gruppo di lavoro ha proposto che questa diagnosi sia riclassificata dalla categoria Disturbi generalmente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, fanciullezza o adolescenza alla categoria Disturbi alimentari. La 11 varietà e la complessità dei disturbi di alimentazione e di nutrizione nei bambini ha notevolmente contribuito nel corso degli anni alla mancanza di un sistema di classificazione largamente accettato e usato dai clinici. In particolare l’evidenza empirica della ricorrenza di questo disturbo in individui adulti ha spinto gli studiosi a proporre questa revisione. (Preme sottolineare che prima di tale decisione è stata presa in considerazione l’ipotesi di riclassificare il Pica nello spettro dei disturbi ossessivo-compulsivi. Questo suggerimento si basa sull’osservazione delle componenti ansiose e compulsive dei disturbi di alimentazione; tuttavia questo è rimasto insufficiente per giustificare un suo eventuale inserimento del nella categoria dei disturbi ossessivo-compulsivi). Disturbo di ruminazione Il gruppo di lavoro ha proposto che questa diagnosi sia riclassificata dalla categoria Disturbi diagnosticati generalmente per la prima volta nell’infanzia,fanciullezza o adolescenza alla categoria Disturbi alimentari. Anche per questo disturbo è stata documentata la sua diffusione in pazienti di tutte le età, e non esclusivamente nei bambini (sebbene esistano delle differenze di manifestazione dei sintomi nei bambini e negli adulti). Tale disturbo è stato anche largamente documentato in pazienti che soffrono di anoressia nervosa e bulimia nervosa. Disturbo della nutrizione dell’infanzia e della prima fanciullezza Il gruppo di lavoro ha proposto che questa diagnosi sia riclassificata dalla categoria Disturbi generalmente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, fanciullezza o adolescenza alla categoria Disturbi alimentari e che sia rinominato Disturbo del consumo di cibo evitante/restrittivo. Il disturbo è esteso a tutte le fasce di età di pazienti che dimostrano uno stile nel consumo del cibo evitante e/o restrittivo. Sono stati individuati 3 sottotipi: individui che non mangiano abbastanza o dimostrano disinteresse nei confronti dell’alimentazione e del cibo; individui che accettano solo una dieta limitata in relazione alle caratteristiche sensoriali del cibo stesso; individui il cui rifiuto del cibo è dovuto ad avverse esperienze precedenti. Disturbo d’ansia di separazione Il gruppo di lavoro ha proposto che questa diagnosi sia riclassificata dalla categoria Disturbi generalmente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia,fanciullezza o adolescenza alla categoria Disturbi d’ansia. I criteri attualmente presenti nel DSM IV per tale disturbi sono ristretti ai bambini, ma ad un’attenta analisi si evince che essi possono essere appropriatamente usati per indicare il disturbo di un individuo adulto che soffre di ansia da separazione “da casa o da coloro cui il soggetto è attaccato” come si legge nel criterio A (DSM IV- TR), e che nel caso di un adulto potrebbero essere i propri figli o il partner ecc. Inoltre anche le eccessive preoccupazioni per la morte o eventi spiacevoli imprevisti a danno dei personaggi cui il soggetto è attaccato sono frequenti in alcuni individui adulti (criteri A2 e A3), e così anche gli incubi o i sintomi fisici quando avviene la separazione reale o essa è anticipata col pensiero (criteri A7 e A8). Per avere una stima della gravità del disturbo il DSM V raccomanda l’utilizzo della sottoscala “disturbo di ansia da separazione” della Scala di ansia infantile di Spence (Spence 1997,1998). Tale sottoscala valuta specificatamente i criteri diagnostici del disturbo d’ansia di separazione. DISTURBI ELIMINATI DAL DSM V Disturbo di Rett Il gruppo di lavoro ha eliminato questo disturbo dal DSM V poiché i pazienti con disturbo di Rett spesso hanno sintomi autistici solo per un breve periodo nella prima fanciullezza,perciò la loro inclusione nello spettro autistico non è appropriata. Come anche altri disordini all’interno del DSM, attualmente il Disturbo 12 dello spettro autistico è definito da uno specifico set di comportamenti e non dalla sua eziologia,perciò l’inclusione al suo interno di una specifica entità eziologica,come il Disturbo di Rett, è inappropriata. Laddove l’eziologia sia conosciuta e voglia essere indicata per il Disturbo autistico, i clinici possono utilizzare la dizione “associato a disturbo medico o condizione genetica”. DISTURBI ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E DIVISI IN NUOVI DISTURBI NEL DSM V Disturbo reattivo dell’attaccamento dell’infanzia o della prima fanciullezza La revisione adottata per questo disturbo riguarda la divisione dei due sottotipi esistenti nell’attuale versione del manuale in 2 disturbi separati nella nuova edizione del DSM: il Disturbo reattivo dell’attaccamento dell’infanzia o della prima fanciullezza (corrispondente al tipo inibito) e il Disturbo di partecipazione (impegno) sociale disinibita (corrispondente al tipo disinibito). Il primo disturbo è caratterizzato dalla persistente incapacità di dare inizio alla maggior parte delle interazioni sociali o di rispondere ad esse in maniera adeguata al livello di sviluppo, con risposte eccessivamente inibite, ipervigili, o altamente ambivalenti e contraddittorie. Il secondo disturbo è caratterizzato da legami diffusi, socievolezza indiscriminata e notevole incapacità di mostrare attaccamenti adeguatamente selettivi. DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI Disturbo dell’espressione scritta Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Difficoltà dell’apprendimento Disturbo dell’apprendimento non altrimenti specificato Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Difficoltà dell’apprendimento Disturbo disintegrativo dell’infanzia Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbo autistico (Disturbo dello spettro autistico) Disturbo di Asperger Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbo autistico (Disturbo dello spettro autistico) Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato Tale disturbo sarò incluso nella diagnosi di Disturbo autistico (Disturbo dello spettro autistico) 13 DELIRIUM,DEMENZA,DISTURBI AMNESTICI E ALTRI DISTURBI COGNITIVI Il gruppo di lavoro dei disturbi neurocognitivi si è occupato della revisione di questa sezione del manuale. La principale modifica proposta è la suddivisione della classe diagnostica in 3 grandi sindromi: delirium, disturbi neurocognitivi maggiori, disturbi neurocognitivi minori. Le caratteristiche che definiscono questa classe di disturbi sono essenzialmente due: a) Si tratta di deficit che riguardano la cognizione; b) Tali deficit rappresentano un declino rispetto al precedente livello di funzionamento cognitivo raggiunto. Quest’ultima caratteristica (b) differenzia tali disturbi da quelli in cui il deficit neurocognitivo è presente alla nascita e interferisce con lo sviluppo. Si tratta di deficit dovuti a cambiamenti nella chimica,nella struttura e nel funzionamento del cervello. La distinzione tra Disturbi neurocognitivi maggiori e Disturbi neurocognitivi minori è dettata dalla gravità della condizione; in particolare parlando di Disturbo neurocognitivo maggiore ci riferiamo a quei disturbi che implicano un alto grado di danneggiamento cognitivo e una mancanza di indipendenza nelle più semplici attività quotidiane. Le eziologie di tali sindromi,laddove sono conosciute, vengono codificate come sottotipi. (Generalmente, le eziologie più facilmente identificabili sono quelle del Delirium e dei Disturbi neurocognitivi maggiori,rispetto a quelle dei Disturbi neurocognitivi minori). Il Delirium si differenzia dai Disturbi neurocognitivi (maggiori e minori) in quanto la sua caratteristica distintiva, che non viene riscontrata nei disturbi neurocognitivi, è la compromissione della consapevolezza e dell’abilità di focalizzare,mantenere o spostare l’attenzione (sebbene occorre sottolineare che una perdita di consapevolezza e attenzione può manifestarsi anche in alcuni casi di forme molto gravi di Disturbi neurocognitivi maggiori). NOTA: in alcuni disturbi a decadimento progressivo, come i disturbi neurovegetativi e alcune forme di danneggiamento cognitivo vascolare, la specificazione “maggiore” e “minore” rappresentano i 2 differenti stadi dello stesso disturbo. Ecco i dettagli della revisione: Nuovi disturbi neurocognitivi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: Disturbi neurocognitivi maggiori Disturbi neurocognitivi minori Sottotipo malattia di Alzheimer (di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori) Disturbi neurocognitivi che saranno inclusi in altre diagnosi: Disturbo cognitivo non altrimenti specificato Disturbo amnestico dovuto a condizione medica generale Disturbo amnestico non altrimenti specificato Demenza dovuta a condizione medica generale Demenza non altrimenti specificata Demenza di tipo Alzheimer Demenza vascolare Demenza dovuta a eziologie multiple La categoria del Delirium è rimasta pressoché invariata. 14 NUOVI DISTURBI NEUROCOGNITIVI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V Disturbi neurocognitivi maggiori Sono quei disturbi con un alto grado di danneggiamento cognitivo in almeno uno dei seguenti: 1. Attenzione complessa (pianificazione,presa di decisioni,memoria di lavoro,risposta correttiva a un feedback di errore,abitudini predominanti,flessibilità mentale); 2. Abilità esecutive (pianificazione,presa di decisioni,memoria di lavoro,risposta correttiva a un feedback di errore,abitudini predominanti,flessibilità mentale); 3. Apprendimento e memoria (memoria immediata,memoria di richiamo); 4. Linguaggio (espressione e comprensione); 5. Abilità percettive (visuali e costruttive); 6. Cognizione sociale (riconoscimento di emozioni,teoria della mente,regolazione del comportamento) Esistono importanti modifiche rispetto al DSM IV. Innanzitutto il termine “demenza” è stato definitivamente eliminato e sostituito dalla dizione “disturbi neurocognitivi maggiori”, che include sia ciò che è comunemente conosciuto come demenza sia altre voci come i disturbi amnestici. La dizione “demenza” era largamente accettata dai pazienti anziani ma molto meno accettata da tutti quei pazienti adulti più giovani affetti,ad esempio,da demenza dovuta a malattia da HIV o da demenza dovuta a trauma cranico. Inoltre i precedenti criteri per la demenza utilizzavano quella di tipo Alzheimer come prototipo e richiedevano quindi come criterio specifico per qualunque tipo di demenza la compromissione della memoria. Tuttavia nel corso degli anni si è sviluppata la crescente consapevolezza che esistono disturbi neurocognitivi (demenza dovuta a malattia da HIV, demenza dovuta a trauma cranico, demenza vascolare,degenerazione frontotemporale ecc.) in cui i domini principalmente o esclusivamente compromessi sono quelli del linguaggio e delle funzioni esecutive. Perciò si è stabilito che la compromissione della memoria non sia più un criterio necessario per la diagnosi di questi disturbi,bensì che ricada tra i domini di cui il paziente può(o non può) manifestare compromissione. La nuova definizione si focalizza maggiormente sulla performance del paziente rispetto alla sua disabilità.per stabilire la presenza di deficit cognitivi di alto grado, nel nuovo manuale,in questa sezione,sarà presente una tabella introduttiva che fornirà per ciascun dominio di compromissione degli esempi di sintomi specifici e di osservazioni costanti per un assesment oggettivo. Ecco i criteri per questa diagnosi: A)Evidenza di un significativo declino cognitivo rispetto a un precedente livello di performance, in uno o più dei domini, basata su: 1) Report compilati dal paziente stesso o da informatori,o osservazione da parte dei clinici, o un declino nelle abilità in domini specifici come sottolineato dalla tabella E 2) Chiari deficit nei domini prevalenti (generalmente più di due) risultanti dall’assesment oggettivo rispetto ad appropriati riferimenti circa la popolazione di appartenenza (età,sesso,educazione,livello premorboso ecc) B) Il deficit deve essere tale da interferire con l’autonomia e l’indipendenza funzionale del paziente. C)il deficit cognitivo non si manifesta esclusivamente nel contesto di un delirium D)il disturbo cognitivo non è principalmente dovuto ad un altro disturbo di asse I 15 Disturbi neurocognitivi minori Questi disturbi sono stati aggiunti nel DSM V per riconoscere le necessità cliniche di quei pazienti che hanno un lieve deterioramento cognitivo in uno o più degli stessi domini dei Disturbi neurocognitivi maggiori,ma che hanno conservato un funzionamento autonomo e l’ indipendenza nello svolgimento delle attività quotidiane. Queste sindromi,ampiamente diffuse e riscontrate nella pratica clinica,sono particolarmente critiche in quanto,se riconosciute e individuate in tempo, rappresentano il terreno fertile per l’intervento dei clinici. Esempi di questo tipo di disturbi sono le demenze dovute a condizioni mediche generali,a traumi cranici,all’HIV,all’uso do sostanze,al diabete,ma anche i primi stadi di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Il gruppo di lavoro ha specificato che la scelta del termine “minori” non è relativa ad un giudizio di importanza clinica di questi disturbi,ma è stato scelto per la sua opposizione al termine “maggiori”;tuttavia si sta ancora discutendo la possibilità di variare la dizione in “disturbi neurocognitivi lievi”. L’assesment di questa tipologia di disturbi è più complesso e delicato, poiché non esistono o sono difficilmente disponibili report sul lieve danneggiamento cognitivo e le osservazioni cliniche sono meno informative; inoltre una variabile di fondamentale importanza qui diviene il livello di funzionamento premorboso. Ecco i criteri: A)L’evidenza di un declino cognitivo minore da un precedente livello di performance,in uno o più dei domini prevalenti, basata su: 1) Report compilati dal paziente stesso o da informatori,o osservazione da parte dei clinici, o un declino nelle abilità in domini specifici come sottolineato dalla tabella E 2) Un lieve deficit nei domini prevalenti risultante dall’assesment oggettivo rispetto ad appropriati riferimenti circa la popolazione di appartenenza (età,sesso,educazione,livello premorboso ecc) B)Il deficit non è tale da interferire con l’autonomia e l’indipendenza funzionale del paziente,sebbene queste vengano conservate con grande sforzo e con strategie compensatorie C) )il deficit cognitivo non si manifesta esclusivamente nel contesto di un delirium D)il disturbo cognitivo non è principalmente dovuto ad un altro disturbo di asse I Sottotipo malattia di Alzheimer (di disturbi neurocognitivi maggiori o disturbineuro cognitivi minori) La malattia di Alzheimer è un disturbo degenerativo a declino progressivo con insorgenza generalmente tardiva(dopo i 60 anni di età) anche se esistono casi di insorgenza precoce. A causa della difficoltà di rilevare i segni patologici diretti della presenza della malattia di Alzheimer, la diagnosi può essere fatta solo quand,in base alla storia e ad esami accurati, le altre eziologie della demenza sono state escluse. I disturbi neurocognitivi maggiori hanno un eccellente valore predittivo per il sottotipo Alzheimer e contengono tutti i criteri richiesti per una diagnosi di Alzheimer; mentre per quanto riguarda i disturbi neurocognitivi minori gli studiosi raccomandano cautela, a causa del loro modesto valore predittivo per questo disturbo (anche laddove sia presente un lieve decadimento cognitivo con compromissione della memoria,questa sola osservazione non è sufficiente per una diagnosi di Alzheimer). Teoricamente comunque questo sottotipo può essere diagnosticato come specifico sottotipo sia per i disturbi neurocognitivi maggiori che per quelli minori, a condizione che il dominio prevalentemente compromesso sia quello della memoria e che sia evidente un declino continuo e progressivo. DISTURBI NEUROCOGNITIVI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI Disturbo cognitivo non altrimenti specificato 16 Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori Disturbo amnestico dovuto a condizione medica generale Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori Disturbo amnestico non altrimenti specificato Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori Demenza dovuta a condizione medica generale Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori Demenza non altrimenti specificata Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori Demenza di tipo Alzheimer Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori o Disturbi neurocognitivi minori Demenza vascolare Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori Demenza dovuta ad eziologie multiple Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbi neurocognitivi maggiori 17 DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE Il gruppo di lavoro dei Disordini correlati a sostanze è stato incaricato della revisione di questa categoria. Nel DSM IV il termine “sostanza” si riferisce ad una sostanza di abuso,a un farmaco o a una tossina. La principale modifica proposta dal team per il DSM V riguarda l’inclusione in questa categoria diagnostica sia dei disturbi relativi a sostanze sia delle dipendenze da non sostanze. La nuova categoria verrà quindi ridefinita “Dipendenze e disturbi correlati”. Le dipendenze da non sostanze sono sostanzialmente disturbi comportamentali ma i lavori per questa sezione sono tutt’ora in corso perciò non esistono ancora molte informazioni ufficiali al riguardo. Il gruppo di lavoro sta vagliando le ipotesi di classificare come dipendenze da non sostanze la dipendenza da internet,la dipendenza dal gioco d’azzardo (nel manuale attuale il gioco d’azzardo patologico è classificato nel Disturbo del controllo degli impulsi non altrimenti specificato) e la dipendenza dal sesso patologico,ma ad oggi non è stata ancora apportata alcuna modifica definitiva perciò pochissimo ancora si può dire riguardo queste novità. Alcune sostanze sono invece state aggiunte nell’elenco di quelle già esistenti. Vediamo i dettagli della revisione: Nuovi disturbi correlati a sostanze non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: Astinenza da cannabis Disturbo da uso di sostanze Disturbo da uso di alcool Disturbo da uso di anfetamine Disturbo da uso di cannabis Disturbo da uso di cocaina Disturbo da uso di allucinogeni Disturbo da uso di inalanti Disturbo da uso di nicotina Disturbo da uso di oppioidi Disturbo da uso di sostanze diverse (o di sostanze sconosciute) Disturbo da uso di fenciclidina Disturbo da uso di più sostanze Disturbo da uso di sedativi,ipnotici o ansiolitici Disturbi correlati a sostanze che saranno inclusi in altre diagnosi: Dipendenza da alcool Dipendenza da anfetamine Dipendenza da cannabis Dipendenza da cocaina Dipendenza da allucinogeni Abuso di alcool Abuso di anfetamine Abuso di cannabis Abuso di cocaina Abuso di allucinogeni Dipendenza da inalanti Abuso di inalanti Dipendenza da nicotina Dipendenza da oppioidi Abuso di oppioidi Dipendenza da fenciclidina 18 Abuso di fenciclidina Dipendenza da più sostanze Dipendenza da sedativi,ipnotici o ansiolitici Abuso di sedativi,ipnotici o ansiolitici Dipendenza da sostanze diverse (o sconosciute) Abuso di sostanze diverse (o sconosciute) Gli altri disturbi correlati a sostanze sono rimasti pressoché invariati. NUOVI DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V Astinenza da cannabis Le numerose ricerche e gli studi condotti sin dalla pubblicazione del DSM IV riguardo l’astinenza da cannabis (Budney & Hughes, 2006; Budney, e al., 2004, Milin, e al., 2008, Agrawal, e al., 2008; Hasin, e al., 2008, Chung, e al., 2008) hanno chiaramente evidenziato l’esistenza di una sindrome da astinenza da cannabis clinicamente significativa e supportato perciò la sua inclusione come disturbo nel nuovo manuale dei disturbi mentali. Ecco i criteri: A)Cessazione di uso di cannabis che è stato intenso e prolungato B)sviluppo di 3 o più dei seguenti parecchi giorni dopo il criterio A: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Irritabilità,rabbia o aggressività Nervosismo o ansia Insonnia Diminuzione dell’appetito o perdita di peso Agitazione Umore depresso l’individuo deve riportare almeno uno dei seguenti sintomi fisici rilevanti: dolore allo stomaco,tremore,sudorazione,febbre,raffreddore,mal di testa. C)I sintomi del criterio B causano disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle importanti aree di funzionamento D)i sintomi non sono dovuti a condizione medica generale e non sono meglio giustificati da un altro disturbo. Disturbo da uso di… (sostanze,alcool,anfetamine,cannabis,cocaina ,allucinogeni,inalanti,nicotina,oppioidi, sostanze diverse, fenciclidina,più sostanze,sedativi ipnotici o ansiolitici) Per ciascuna sostanza nel DSM V non esiste più la distinzione tra abuso e dipendenza,come nel DSM IV. I primi segnali preoccupanti circa questa distinzione giunsero ormai qualche anno fa da alcuni studi che dimostravano come l’affidabilità test-retest per la dipendenza era molto buona,mentre quella per l’abuso era più bassa e molto variabile (Hasin et al., 2006). Molti hanno ipotizzato che l’abuso sia in alcuni casi la fase prodromica della dipendenza ma vari studi prospettivi hanno dimostrato che i casi esaminati non sono solo dei “casi” (Hasin et al., 1990, 1997; Grant et al., 2001; Schuckit et al., 2001; 2008). I membri del gruppo di lavoro hanno perciò raccomandato che l’abuso e la dipendenza da sostanze siano combinati in un unico 19 disturbo di graduale severità clinica,con entrambi i criteri di abuso e dipendenza richiesti per poter fare la diagnosi. Ecco i criteri per il disturbo da uso di qualunque sostanza presente nel DSM V: A)Una modalità patologica d’uso di una sostanza, che porta a menomazione o a disagio clinicamente significativi, come manifestato da una (o più) delle condizioni seguenti, ricorrenti entro un periodo di 12 mesi: 1. uso ricorrente della sostanza risultante in una incapacità di adempiere ai principali compiti connessi con il ruolo sul lavoro, a scuola o a casa (per es., ripetute assenze o scarse prestazioni lavorative correlate all’uso delle sostanze; assenze, sospensioni o espulsioni da scuola correlate alle sostanze; trascuratezza nella cura dei bambini o della casa) 20 DISTURBI D’ANSIA I gruppi di lavoro dei disturbi d’ansia,dissociativi, ossessivo-compulsivi e post-traumatici sono stati impegnati per la revisione di questa classe diagnostica. Gli stessi gruppi sono anche stati responsabili di alcune delle modifiche dei disturbi ansiosi appartenenti alla sezione Disturbi diagnosticati per la prima volta nell’infanzia,fanciullezza e adolescenza,alla quale si rimanda. È stata proposta ma rimane ancora in discussione la ridefinizione della classe diagnostica in “Disturbi dello spettro ansioso e ossessivocompulsivo”. Questa la revisione proposta: Nuovi disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: disturbo da tic indotto da sostanze disturbo da tic dovuto a condizione medica generale disturbo da accumulo sindrome di riferimento olfattivo disturbo di scorticamento della pelle Disturbi eliminati dal DSM V: agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi: disturbo di panico senza agorafobia disturbo di panico con agorafobia NUOVI DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V Disturbo da tic indotto da sostanze Questa nuova categoria diagnostica nasce dallo studio della più recente letteratura che evidenzia come disturbi da tic possono essere presenti nel contesto di uso o di astinenza da sostanze. La creazione di questa diagnosi rientra nell’obiettivo di ridurre al minimo le diagnosi di disturbi NAS. Ecco i criteri: A. Tic motori e/o vocali sono stati presenti nello stesso tempo durante il corso della malattia (un tic è un movimento motorio o una vocalizzazione improvviso,rapido,ricorrente e non-ritmico) B. Risulta evidente dalla storia,dagli esami fisici e dalle ricerche di laboratorio che: 1. I sintomi del criterio A si sono sviluppati durante intossicazione o astinenza da sostanza 2. L’uso della sostanza è etiologicamente correlato al disturbo Disturbo da tic dovuto a condizione medica generale Tale diagnosi è riferibile a quei soggetti che presentano un tic successivamente a una condizione medica generale conosciuta ed evidenziata. Questi i criteri: A. Tic motori e/o vocali sono stati presenti nello stesso tempo durante il corso della malattia (un tic è un movimento motorio o una vocalizzazione improvviso,rapido,ricorrente e non-ritmico) B. Risulta evidente dalla storia,dagli esami fisici e dalle ricerche di laboratorio che il disturbo è la conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale. 21 Disturbo da accumulo Nel DSM IV l’accumulo è considerato come uno dei criteri diagnostici per la diagnosi di Disturbo di personalità ossessivo compulsivo: “ l’individuo è incapace di gettare via oggetti consumati o di nessun valore, anche quando non hanno alcun significato affettivo” (DSM IV- TR). Sempre secondo il DSM IV quando l’accumulo è estremo i clinici possono considerare la diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo e applicare al paziente entrambe le diagnosi di OCPD e di OCD se gli altri criteri sono soddisfatti. Tuttavia in frequenti casi l’accumulo patologico sembra essere indipendente da altri disturbi psichiatrici, inclusi OCPD e OCD, ma conduce ugualmente a disagio e disabilità clinicamente significative. Questo,insieme ad altri studi epidemiologici, ha condotto alla realizzazione di questa categoria diagnostica a sé (tuttavia si sta ancora valutando la localizzazione definitiva e la possibilità di inserirlo in appendice); la decisione della dizione “disturbo da accumulo” è stata dettata dal voler nettamente distinguere tale disturbo dall’accumulo patologico come compulsione dell’OCPD. Ecco i criteri: A. Persistente difficoltà a disfarsi o separarsi dai propri possessi, indipendentemente dal valore attribuito dagli altri a tali possessi: B. La difficoltà è dovuta al forte desiderio di evitare il disagio relativo alla separazione da tali possessi; C. I sintomi si manifestano nell’accumulo di un gran numero di possessi tale da ingombrare e riempire gli spazzi di casa o del luogo di lavoro e impedirne l’utilizzo; D. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle importanti aree di funzionamento; E. I sintomi non sono dovuti a una condizione medica generale F. I sintomi non sono riconducibili ai sintomi di un altro disturbo mentale. Specificare se il paziente manifesta verso i suoi comportamenti e credenze relative all’accumulo: Buon insight (riconosce che esse sono problematiche) Basso insight (pochissime volte riconosce che esse sono problematiche, a dispetto dell’evidenza) Insight assente (non riconosce che esse sono problematiche,a dispetto dell’evidenza). Sindrome di riferimento olfattivo La sindrome di riferimento olfattivo non è esplicitamente menzionata nel DSM IV, ma le sue caratteristiche cliniche sono (erroneamente) citate in tre differenti sezioni del manuale: all’interno dei disturbi psicotici/deliranti, all’interno dei disturbi d’ansia e all’interno dei disturbi somatoformi. Questa sindrome caratterizza un gruppo di persone che spesso sono diagnosticate erroneamente e trattate senza successo. La sindrome è definita dall’erronea credenza dell’individuo di emettere un cattivo e sgradevole odore corporeo. Tale credenza spesso è accompagnata da idee o manie di riferimento, comportamenti ripetitivi e preoccupazioni eccessive. Ecco i criteri: A. Preoccupazione per la credenza che l’individuo emetta un cattivo odore corporeo,che non è percepito dagli altri; B. La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle importanti aree di funzionamento; C. La preoccupazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a condizione medica generale; 22 D. La preoccupazione non è riconducibile ai sintomi di un altro disturbo mentale. Anche per questo disturbo specificare il livello di insight (buono,basso,assente) del paziente riguardo la sua preoccupazione e credenza. Disturbo di scorticamento della pelle Nel DSM IV la tricotillomania è classificata come un Disturbo del controllo degli impulsi, mentre lo stuzzicarsi o scorticarsi la pelle non ha un proprio riconoscimento diagnostico all’interno dell’attuale manuale, ma è classificato nel Disturbo del controllo degli impulsi NAS. Una crescente letteratura ha documentato la presenza di questo comportamento patologico nella pratica clinica, e anche la sua frequente comorbidità con altri disturbi soprattutto d’ansia e dell’umore. Gli studi hanno attestato la sua diffusione soprattutto tra gli adolescenti e i giovani; i quali oltre a dimostrare disagio clinicamente significativo, devono spesso ricorrere a cure antibiotiche per le infezioni o, nei casi più gravi, al ricovero in ospedale. Eccone i criteri: A. Ricorrente scorticamento della pelle come risulta dalle lesioni sulla pelle stessa; B. Lo scorticamento della pelle causa disagio clinicamente significativo e impedimenti nelle importanti aree di funzionamento; C. Lo scorticamento della pelle non è dovuto a condizione medica generale o agli effetti fisiologici diretti di una sostanza; D. Lo scorticamento della pelle non è riconducibile ai sintomi di un altro disturbo mentale. DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI Disturbo di panico senza agorafobia Questa diagnosi sarà inclusa nella diagnosi di Disturbo di panico Disturbo di panico con agorafobia Questa diagnosi sarà inclusa nella diagnosi di Disturbo di panico 23 DISTURBI DELL’UMORE Le revisioni di questa categoria diagnostica sono state proposte e discusse dal gruppo di lavoro dei disturbi dell’umore. Esso ha proposto,non ancora in via ufficiale, che il Disturbo depressivo non altrimenti specificato sia ridefinito come Condizioni depressive non altrimenti specificate. Questa modifica potrebbe permettere ai clinici l’identificazione di quegli individui che manifestano sintomi depressivi senza soddisfare tutti i criteri per un disturbo depressivo ma che potrebbero avere bisogno di trattamento. Inoltre per tutti i disturbi di questa categoria sono state identificate delle dimensioni ( vedi “Valutazione dimensionale trasversale” nella sezione introduttiva) la cui valutazione influisce negli outcome del trattamento; tra queste la dimensione ansiosa e la valutazione del rischio suicidario. Il sottogruppo guidato dall’esperto Kim Yonkers ha proposto l’inclusione di un nuovo disturbo: disturbo disforico premestruale. ( Si ricorda inoltre che nella categoria dei Disturbi generalmente diagnosticati nell’infanzia,fanciullezza e adolescenza sono stati introdotti dei nuovi disturbi che rientrano nella categoria dei disturbi dell’umore. Per chiarificazioni vedi le revisioni proposte per tale categoria). Vediamo tutte le modifiche: Disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: Depressione mista ad ansia Specificazione “con caratteristiche miste” Disturbo disforico premestruale Disturbi eliminati dal DSM V : Disturbo bipolare di tipo I,più recente episodio misto Gli altri disturbi dell’umore non hanno subito rilevanti modifiche. DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V Depressione mista ad ansia Questa diagnosi è presente nell’appendice del DSM IV ed è inoltre presente nell’ICD-10; tuttavia essa non è mai stata definita precisamente,rimanendo nell’ambiguità. Tuttavia è nota a tutti l’alta incidenza di comorbilità per questi due disturbi nella pratica clinica.Per tale diagnosi è necessario che entrambi i disturbi siano presenti e disagevoli. I sintomi ansiosi che possono causare disagio sono stati presi in parte dalla scala d’ansia PROMIS (Patient-Reported Outcomes Measurement System) e in parte dalla scala d’ansia GAD-7 (Generalized Anxiety Disorder 7-item scale). Ecco i criteri: A. il paziente presenta 3 o 4 dei sintomi della depressione maggiore e questi sono accompagnati anche da disagio di tipo ansioso. I sintomi sono stati presenti nelle ultime due settimane e si sono verificati contemporaneamente. Non è presente nessun’altra diagnosi di ansia o depressione B. il disagio di tipo ansioso è definito da 2 o più tra i seguenti: preoccupazioni irrazionali o irreali, problemi nel rilassarsi, tensione o agitazione motoria, nervosismo,paura che possa succedere qualcosa di spiacevole. Tale disagio è calcolato su una scala di gravità: 0= non ansioso 1=lievemente ansioso 2=moderatamente ansioso (riferisce 2 sintomi su 5) 3=gravemente ansioso (riferisce da 3 a 5 sintomi su 5) 4=gravemente ansioso con agitazione motoria Specificazione “con caratteristiche miste” 24 Tale specificazione può essere applicata a Mania, Ipomania ed Episodi depressivi (compresi tutti i disturbi che manifestano tali episodi,come i disturbi bipolari) Essa è applicabile laddove i sintomi sottosoglia relativi al polo opposto sono presenti durante un episodio. Tali sintomi possono essere relativamente simultanei a quelli del disturbo del paziente oppure possono strettamente ed esclusivamente verificarsi nel periodo in cui aumentano e diminuiscono i sintomi del polo opposto. Ecco i criteri: A) Se predomina ipomania o mania, si riscontrano tutti i criteri per Episodio ipomaniacale o Episodio maniacale, e almeno 3 dei seguenti sintomi sono presenti quasi tutti i giorni durante gli episodi: Prominente disforia o umore depresso some riportato dal paziente stesso o dall’osservazione degli altri; Diminuito interesse e piacere in tutte o quasi tutte le attività; Ritardo psicomotorio quasi tutti i giorni; Affaticamento e mancanza di energia; Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati Pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o l’ideazione di un piano specifico per commettere suicidio. B) Se predomina depressione, si riscontrano tutti i criteri per Episodio depressivo maggiore, e almeno 3 dei seguenti sintomi sono presenti quasi tutti i giorni durante gli episodi: Umore espanso ed elevato; Autostima ipertrofica o grandiosità Maggiore loquacità del solito oppure spinta continua a parlare; fuga delle idee o esperienza soggettiva che i pensieri si succedano rapidamente; aumento dell’attività finalizzata (sociale, lavorativa, scolastica o sessuale) oppure agitazione psicomotoria; eccessivo coinvolgimento in attività ludiche che hanno un alto potenziale di conseguenze dannose (per es., eccessi nel comprare, comportamento sessuale sconveniente, investimenti in affari avventati); diminuito bisogno di sonno (per es., si sente riposato dopo solo 3 ore di sonno). C) I sintomi sono osservabili dagli altri e rappresentano un cambiamento rispetto al comportamento usuale dell’individuo D) I sintomi non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza. Disturbo disforico premestruale Anche questo criterio è presente nell’appendice del DSM IV,ma gli studiosi hanno proposto la sua nuova collocazione nella categoria dei disturbi dell’umore. Ecco i criteri: A) Nella maggior parte dei cicli mestruali dell’anno precedente sono stati presenti cinque (o più) dei sintomi seguenti per la maggior parte dell’ultima settimana della fase luteinica, sintomi che iniziano ad attenuarsi entro pochi giorni dall’inizio della fase follicolare, e scompaiono nella settimana successiva alla mestruazione; inoltre almeno uno dei sintomi corrispondenti ai numeri 1, 2, 3 o 4: 1. umore marcatamente depresso, sentimenti di disperazione, o idee di autosvalutazione 2. marcata ansietà, tensione, sensazione di essere bloccata, o “sul filo del rasoio” 3. marcata labilità affettiva (per es., sentirsi improvvisamente triste o sul punto di piangere, oppure aumentata sensibilità alle frustrazioni) 4. rabbia o irritabilità marcate e persistenti, oppure aumento dei conflitti interpersonali 5. diminuito interesse verso le attività usuali (per es., lavoro, studio, amicizie, passatempi) 25 6. sensazione soggettiva di difficoltà a concentrarsi 7. sonnolenza, facile affaticamento, oppure rilevante mancanza di energia 8. cambiamenti marcati nell’appetito, iperalimentazione, o ricerca insistente di qualche cibo particolare 9. ipersonnia o insonnia 10. sensazione soggettiva di essere soverchiata o di perdere il controllo 11. altri sintomi fisici, come caduta o rigonfiamento delle mammelle, cefalea, dolore articolare o muscolare, sensazione di “gonfiore”, aumento di peso. NOTA: Nelle femmine mestruate, la fase luteinica corrisponde al periodo tra l’ovulazione e l’inizio della mestruazione, e la fase follicolare comincia con la mestruazione. Nelle femmine non mestruate (per es., quelle che hanno subito una isterectomia), l’individuazione delle fasi luteinica e follicolare può richiedere il dosaggio degli ormoni sessuali circolanti. B) L’alterazione interferisce in maniera rilevante nel lavoro o nello studio, oppure nelle attività sociali abituali o nei rapporti con gli altri (per es., evitamento delle attività sociali, diminuzione dell’efficienza e del rendimento sul lavoro o nello studio). C) L’alterazione non rappresenta semplicemente l’esacerbazione dei sintomi di un altro disturbo, come un Disturbo Depressivo Maggiore (Episodio Singolo e Ricorrente), il Disturbo di Panico (Senza Agorafobia e Con Agorafobia), il Disturbo Distimico, o un Disturbo di Personalità (per quanto possa sovrapporsi a ciascuno di questi disturbi). D) I criteri A, B e C devono risultare confermati dalle registrazioni giornaliere comparative di almeno due cicli sintomatici consecutivi (la diagnosi può essere posta provvisoriamente in attesa di questo tipo di conferma). DISTURBI ELIMINATI DAL DSM V Disturbo bipolare di tipo I,più recente episodio misto Questa diagnosi non sarà più presente nel DSM V (leggi la Specificazione caratteristiche miste). 26 DISTURBI SOMATOFORMI Il gruppo di lavoro responsabile di queste modifiche è stato quello dei Disturbi con sintomi somatici. Tra le proposte del team c’è appunto quella di ridenominare questa categoria come “Disturbi con sintomi somatici”, a causa della confusione esistente circa l’attuale terminologia. Questa nuova categoria includerà anche i Disturbi fittizi. Inoltre poiché il disturbo di somatizzazione, l’ipocondria, il disturbo somatoforme indifferenziato e quello algico presentano delle caratteristiche comuni,ovvero sintomi somatici e distorsioni cognitive, il gruppo di lavoro ha proposto di raggruppare tutti questi nella nuova diagnosi di Disturbo da sintomi somatici complesso. Vediamo chiaramente la revisione: Nuovi disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: disturbo con sintomi somatici complesso Disturbi riclassificati in altre categorie diagnostiche: disturbo da dimorfismo corporeo Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi: disturbo di somatizzazione disturbo somatoforme indifferenziato disturbo algico associato a fattori psicologici ipocondria disturbo algico associato a fattori psicologici e a una condizione medica generale disturbo algico Gli altri disturbi non hanno subito rilevanti modifiche. NUOVI DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V Disturbo con sintomi somatici complesso Questa nuova categoria, che raggruppa disturbo di somatizzazione, ipocondria, disturbo somatoforme indifferenziato e disturbo algico, enfatizza l’importanza sia dei sintomi fisici sia della cognizioni abnormi o distorte del pazienti; entrambe le caratteristiche sono richieste come criteri per poter attribuire tale diagnosi (essa è inappropriata alla presenza di una sola delle due caratteristiche). Questi i criteri: A. Uno o più sintomi somatici che procurano disagio e/o risultano distruttivi della vita quotidiana; B. Esagerato interesse o preoccupazione per i sintomi e le malattie, come evidenziano almeno 3 dei seguenti: Alto livello di ansia relativa alla salute; Tendenza ad avere paura del peggio per qualunque malattia o sintomo fisico; Credenza della gravità medica dei sintomi; La preoccupazione per la salute o per i sintomi occupano il posto centrale nella vita dell’individuo. C. Sebbene qualcuno dei sintomi potrebbe non essere presente continuamente, lo stato sintomatico è cronico (da almeno 6 mesi). 27 DISTURBI RICLASSIFICATI IN ALTRE CATEGORIE DIAGNOSTICHE Disturbo da dimorfismo corporeo Questo disturbo sarà riclassificato all’interno dei Disturbi d’ansia e dello spettro ossessivo compulsivo. Ne sono anche stati modificati i criteri: A. Preoccupazione per un supposto difetto o un’imperfezione fisica che non è osservabile dagli altri o appare lieve; B. Durante il decorso del disturbo, l’individuo compie ripetuti comportamenti o atti mentali in risposta alla preoccupazione per il supposto difetto o imperfezione; C. La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo o impedimento nelle importanti aree di funzionamento; D. La preoccupazione per l’apparenza fisica non è riconducibile alla preoccupazione per il peso corporeo e simili. Specificare il livello di insight del paziente riguardo la sua preoccupazione. DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI Tutti i disturbi citati saranno inclusi nella diagnosi di Disturbo con sintomi somatici complesso. 28 DISTURBI DISSOCIATIVI Il gruppo di lavoro che si è occupato di questa sezione è quello dei Disturbi d’ansia,dello spettro ossessivocompulsivo,post-traumatici e dissociativi. Nessun nuovo disturbo dissociativo è stato inserito nel DSM V. Ecco la revisione proposta per tale categoria: Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi: Fuga dissociativa Disturbo dissociativo di trance (dissociativo NAS) Gli altri disturbi di questa categoria non hanno subito rilevanti modifiche. DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI: Fuga dissociativa Tale disturbo sarà incluso nella diagnosi di Amnesia dissociativa.( La letteratura disponibile ha reso evidente che l’amnesia dissociativa, generalmente riguardo l’identità, è la caratteristica primaria anche nei casi di pazienti con diagnosi di Fuga associativa,e che invece l’allontanamento da casa sia stato realmente riscontrato in rari casi. Da qui l’inclusione nella diagnosi di Amnesia dissociativa). Disturbo dissociativo di trance Il gruppo di lavoro ha proposto che una parte di questo disturbo dissociativo NAS (la componente patologica della trance di possessione) sia incluso nella diagnosi del Disturbo dissociativo dell’identità, mentre le altre caratteristiche di tale disturbo rimangano nella diagnosi di Disturbo dissociativo NAS. Questo fornisce una maggiore generalizzabilità cross-culturale del Disturbo dissociativo d’identità. 29 DISTURBI SESSUALI E DELL’IDENTITA’ DI GENERE Il gruppo di lavoro dei Disturbi sessuali e dell’identità di genere è responsabile delle modifiche di questa categoria. Questa è stata ed è ancora una delle categorie più discusse del DSM,sia per alcuni disturbi contenuti sia per la sua esistenza stessa come categoria all’interno del manuale. Vediamo le proposte di questo gruppo di lavoro: Disturbi sessuali e dell’identità di genere non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: Disturbo ipersessuale Disturbo parafiliaco coercitivo Disturbo di interesse/eccitazione sessuale nelle donne Disturbo di interesse/eccitazione sessuale negli uomini Disturbo di penetrazione genito-pelvica dolorosa Disturbi eliminati dal DSM V: Disturbo da avversione sessuale Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi: Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo Disturbo dell’eccitazione sessuale femminile Dispareunia Vaginismo Gli altri disturbi non hanno subito modifiche rispetto al DSM IV. DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V: Disturbo ipersessuale L’inserimento di tale disturbo è stato suggerito dalla pratica clinica e da studi epidemiologici, grazie ai quali è stato possibile identificare l’esistenza di individui che soffrono di disturbi di desiderio sessuale caratterizzati da un aumento delle fantasie sessuali,del desiderio,dell’eccitazione e di comportamenti sessuali disinibiti associati a una componente impulsiva che non rientrano però nei comportamenti parafiliaci. Tali disturbi spesso si riscontrano in comorbidità con disturbi di asse I,in particolare con disturbi dell’umore,d’ansia,da dipendenza e da deficit di attenzione/iperattività. Tale disturbo è associato a disagio clinicamente significativo e gravi conseguenze sociali negative. Questi i criteri: A. Per un periodo di almeno sei mesi, ricorrenti e intensi fantasie sessuali,desideri sessuali, e comportamenti sessuali associati a 4 o più dei seguenti: L’individuo dedica un tempo eccessivo a fantasie o desideri sessuali, o al pianificare e attuare comportamenti sessuali; Ripetitivo ricorso a queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali in risposta a stati d’umore disforico; Ripetitivo ricorso a queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali in risposta a eventi quotidiani stressanti; Ripetitivi ma inutili tentativi di controllare o ridurre queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali; Ripetitivo ricorso a queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali, trascurando i rischi per il male fisico o emozionale per sé e per gli altri. 30 B. La frequenza e l’intensità di queste fantasie,desideri e comportamenti sessuali causa disagio clinicamente significativo e impedimenti nelle importanti aree di funzionamento; C. Queste fantasie,desideri o comportamenti sessuali non sono dovuti agli effetti diretti di una sostanza o non ricorrono durante Episodi maniacali; D. L’individuo ha almeno 18 anni di età. Specificazioni: masturbazione, pornografia, comportamenti sessuali con adulti consenzienti,chat erotiche, linee erotiche, strip-club,altro. Disturbo parafiliaco coercitivo Il sottogruppo di lavoro delle parafilie ha proposto per il DSM V due grandi cambiamenti, che riguardano tutte le diagnosi di parafilie indiscriminatamente. Il primo cambiamento scaturisce dalla considerazione che le parafilie, per se stesse, non sono disturbi psichiatrici e che dalla pubblicazione del nuovo manuale in poi esisterà una distinzione tra Parafilie e Disturbi parafiliaci. Una parafilia non giustifica o richiede automaticamente l’intervento psichiatrico o psicologico, mentre un Disturbo parafiliaco consiste in una parafilia che causa disagio clinicamente significativo, o impedimenti nelle aree di funzionamento, o male per sé e per gli altri. In questa concezione, una parafilia è una condizione necessaria ma non sufficiente per un Disturbo parafiliaco (generalmente per ciascuna voce della categoria Parafilie si parla di Parafilia se è soddisfatto solo il criterio A e di Disturbo parafiliaco se sono soddisfatti entrambi i criteri A e B). Il secondo grande cambiamento riguarda il coinvolgimento nelle parafilie di persone non consenzienti. Il sottogruppo di lavoro propone come criterio da soddisfare per la diagnosi, un numero minimo di separate vittime non consenzienti(questo numero minimo varia da parafilia in parafilia). Il disturbo parafiliaco coercitivo è stato proposto come sindrome distinta e separata dal sadismo sessuale. Ecco i criteri: A. In un periodo di almeno sei mesi, ricorrenti e intensi desideri e fantasie sessuali eccitanti focalizzati sulla coercizione sessuale; B. Questi causano all’individuo disagio o impedimenti o l’individuo ha cercato stimolazioni sessuali tramite sesso forzato da 3 o più persone non consenzienti in separate occasioni; C. La diagnosi di Disturbo parafiliaco coercitivo non può essere fatta se l’individuo incontra i criteri per il Disturbo da sadismo sessuale. Disturbo di interesse/eccitazione sessuale nelle donne Questa diagnosi include il Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo e il Disturbo da eccitazione sessuale femminile del DSM IV. Ecco i criteri: A. Mancanza si interesse/eccitazione sessuale per la durata di almeno 6 mesi come manifestato da almeno 4 dei seguenti: Assente o ridotto interesse per l’attività sessuale; Assenti o ridotti pensieri o fantasie sessuali/erotiche; Nessuna iniziativa di attività sessuale e nessuna risposta ai tentativi da parte del partner; Assente o ridotto piacere ed eccitazione sessuale durante l’attività sessuale; Il desiderio non è scatenato da alcuno stimolo sessuale; Assenti o ridotti cambiamenti genitali e/o non-genitali durante l’attività sessuale. B. Il problema causa disagio clinicamente significativo o impedimenti; 31 C. La disfunzione sessuale non è meglio giustificata da un altro disturbo di asse I e non è dovuto esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a una condizione medica generale. Disturbo di interesse/eccitazione sessuale negli uomini Tale categoria è stata proposta per due motivi principali: preservare la categoria del Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo (che è inclusa in questa nuova diagnosi) e creare un parallelo del disturbo precedentemente descritto anche per gli uomini. I criteri sono i medesimi del sopradescritto Disturbo di interesse/eccitazione sessuale nelle donne. Disturbo di penetrazione genito-pelvica dolorosa Questa diagnosi includerà i disturbi Vaginismo e Dispareunia del DSM IV. La proposta di riunirli in un unico Disturbo è stata dettata dalla reale difficoltà di differenziare questi due disturbi nella pratica clinica. Ecco i criteri: A. Per almeno 6 mesi persistente e ricorrente difficoltà in almeno uno dei seguenti: Incapacità di avere una penetrazione vaginale nel 50% dei tentativi; Marcato dolore pelvico e vaginale nel 50% dei tentativi di penetrazione; Marcata paura e ansia per la penetrazione vaginale o per il dolore pelvico e vaginale nel 50% dei tentativi di penetrazione; Marcata tensione e indurimento dei muscoli pelvici nel 50% dei tentativi di penetrazione. B. Il problema causa disagio clinicamente significativo o impedimenti; C. La disfunzione sessuale non è meglio giustificata da un altro disturbo di asse I e non dovuto esclusivamente agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a condizione medica generale. DISTURBI ELIMINATI DAL DSM V Disturbo da avversione sessuale Tale diagnosi non sarà più presente nel DSM V. Studi clinici hanno evidenziato che gli individui a cui viene attribuita tale diagnosi, incontrano perfettamente i criteri per il Disturbo da desiderio sessuale o il Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo. Piuttosto, raccomanda il gruppo di lavoro, per quegli individui che manifestano aperta avversione agli stimoli e alle situazioni sessuali, è maggiormente indicata la diagnosi di Fobia specifica. DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo Tale diagnosi sarà inclusa nel Disturbo di interesse/eccitazione sessuale Disturbo dell’eccitazione sessuale femminile Tale diagnosi sarà inclusa nel Disturbo di interesse/eccitazione sessuale nelle donne Vaginismo Tale diagnosi sarà inclusa nel Disturbo da penetrazione genito-pelvica dolorosa Dispareunia Tale diagnosi sarà inclusa nel Disturbo da penetrazione genito-pelvica dolorosa 32 DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE Il gruppo di lavoro dei Disturbi dell’alimentazione si è occupato di questa sezione del DSM. È stato proposto di ridenominare la categoria in Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione; inoltre è stato definito un nuovo disturbo. Vediamo nel dettaglio queste modifiche: Disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: Disturbo da alimentazione incontrollata I restanti disturbi non hanno subito cambiamenti. DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V: Disturbo da alimentazione incontrollata Tale diagnosi è presente in appendice nel DSM IV, a partire dal 2013 invece essa farà regolarmente parte della categoria dei Disturbi alimentari. Questo disturbo è stato comparato con gli altri della categoria e con l’obesità attraverso studi di validazione (Wonderlich, Gordon, Mitchell, Crosby, & Engel, 2009) da cui è emerso chiaramente che esso si distingue dai Disturbi alimentari già presenti nel DSM e dall’obesità per una serie di variabili epidemiologiche (età di comparsa, composizione razziale, comorbidità psichiatrica ecc.). Inoltre gli stessi studi hanno suggerito la probabilità di influenze genetiche per questo disturbo. Gli studiosi stanno ancora approfondendo l’utilità clinica di questa nuova diagnosi e le possibilità di trattamento. Vediamo i criteri: A. Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata si caratterizza per la presenza di entrambi i seguenti: Mangiare,in un periodo definito di tempo, una quantità di cibo chiaramente più abbondante di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile di tempo e in circostanze simili; Sensazione di perdita di controllo nel mangiare durante l’episodio; B. Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con 3 o più dei seguenti sintomi: Mangiare molto più rapidamente del normale; Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni; Mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati; Mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando; Sentirsi disgustato verso se stesso, depresso o molto in colpa dopo le abbuffate; C. È presente marcato disagio; D. Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta almeno una volta alla settimana per almeno 3 mesi; E. L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati e non si verifica esclusivamente nel corso di anoressia nervosa o bulimia nervosa. 33 DISTURBI DEL SONNO Questa categoria è stata curata dal gruppo di lavoro dei Disturbi del sonno. Il gruppo ha proposto l’inclusione nel DSM V di un gran numero di disturbi non attualmente presenti nell’ ICD, con l’obiettivo principale di educare i clinici non esperti di problemi del sonno agli aspetti non solo mentali ma anche medici e neurologici associati a questo tipo di disturbi. Sottolineiamo inoltre, che una sufficiente conoscenza dei disturbi del sonno aiuta i clinici anche nelle diagnosi degli altri disturbi, laddove il sonno e il riposo del paziente costituiscono una chiave di volta per inquadrare appropriatamente le condizioni del paziente stesso (ad esempio un’assenza di riposo o particolari problemi e disturbi del sonno possono alterare le risposte del paziente a test psicodiagnostici o anche esacerbare e intensificare alcuni suoi scompensi,con effetti fuorvianti per i clinici). Vediamo nel dettaglio la revisione: Disturbi non attualmente presenti nel DSM IV e inseriti nel DSM V: sindrome di Levin Kleine sindrome apnoica ostruttiva del sonno sindrome apnoica centrale del sonno sindrome ipoventilatoria alveolare centrale del sonno disturbo nel comportamento di movimenti rapidi degli occhi sindrome da gambe irrequiete disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a fase di sonno anticipata disturbo di risveglio disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a corsa libera disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo da ritmo sonno-veglia irregolare Disturbi eliminati dal DSM V: disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo non specificato disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale, tipo parasonnia disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale,tipo misto Disturbi attualmente presenti nel DSM IV e divisi in nuovi disturbi del DSM V: disturbo del sonno correlato alla respirazione Disturbi che saranno inclusi in altre diagnosi: insonnia correlata ad un altro disturbo mentale ipersonnia correlata ad un altro disturbo mentale disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale,tipo insonnia disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale,tipo ipersonnia disturbo da terrore nel sonno disturbo da sonnambulismo Gli altri disturbi non hanno subito rilevanti modifiche. DISTURBI NON ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E INSERITI NEL DSM V Sindrome di Levin Kleine Questo disturbo viene spesso erroneamente confuso con le diagnosi di depressione o altri disturbi psichiatrici,con conseguenze devastanti. Ecco i criteri: 34 A. Il paziente vive spesso episodi di sonno eccessivo (>11 ore); B. Gli episodi si verificano almeno una volta all’anno e durano da 2 giorni a 4 settimane; C. Durante gli episodi, quando il paziente è sveglio, la cognizione è anormale con sentimenti di confusione o irrealtà. In alcuni episodi possono verificarsi anomalie comportamentali come megafagia e ipersessualità. D. Il paziente presenta attenzione,funzioni cognitive e comportamento normale tra gli episodi; E. La condizione non è meglio giustificata da un altro disturbo mentale e non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a condizione medica generale. Sindrome apnoica ostruttiva del sonno E’ necessario distinguere questa sindrome dalla sindrome apnoica centrale del sonno. Le due differiscono infatti per influenze genetiche,fattori di rischio e disturbi cardiaci associati. Ecco i criteri: A. Sintomi di russa menti,respiri affannosi e pause nella respirazione durante il sonno; B. Sonnolenza durante il giorno,fatica o sonno non ristoratore a dispetto delle sufficienti opportunità di dormire e non giustificati da un’altra condizione medica o psichiatrica; C. Evidenza,dalla polisonnografia, di 5 o più apnee o ipopnee ostruttive per ora di sonno; D. Evidenza,dalla polisonnografia,di 15 o più apnee o ipopnee ostruttive per ora di sonno. Sindrome apnoica centrale del sonno È necessario distinguere questa sindrome dalla sindrome apnoica ostruttiva del sonno. Le due differiscono infatti per influenze genetiche,fattori di rischio e disturbi cardiaci associati. Ecco i criteri: A. Il paziente riferisce almeno uno dei seguenti: Eccessiva sonnolenza durante il giorno; Frequenti movimenti o risvegli durante il sonno o lamentele di insonnia; Brevi risvegli per respirare; B. La polisonnografia evidenzia 5 o più apnee centrali per ora di sonno; C. Il disturbo non è meglio giustificato da un altro disturbo del sonno, da un disturbo medico o neurologico, o da un disturbo di uso di sostanze. Sindrome ipoventilatoria alveolare centrale Ecco i criteri per tale disturbo: A. Il monitoraggio polisonnografico evidenzia episodi di respiri poco profondi più lunghi di 10 secondi associati a livelli di ossigeno arterioso anormalmente bassi con disturbi della respirazione. I pazienti spesso riferiscono eccessiva sonnolenza, frequenti movimenti o risvegli durante il sonno o lamentano insonnia; B. Le proprietà meccaniche dei polmoni di questi soggetti sono normali; C. Il disturbo non è meglio giustificato da un altro disturbo del sonno, da un disturbo medico o neurologico, o da un disturbo di uso di sostanze. 35 Disturbo nel comportamento di movimenti rapidi degli occhi Questa diagnosi è di notevole interesse psichiatrico per almeno 2 motivi: il disturbo in questione ha un’alta correlazione con i disturbi neurovegetativi soprattutto il Parkinson e la demenza a corpi di Lewy, e può essere causato o esacerbato da medicinali prescritti frequentemente dagli psichiatri (SSRIs and SNRIs). Ecco i criteri: A. Ripetuti episodi di movimenti durante il sonno associati a vocalizzazioni o comportamenti motori complessi che potrebbero essere tali da rappresentare un pericolo per l’individuo o per il compagno di letto; B. Questi comportamenti si verificano durante le fasi di sonno REM, sono più frequenti durante le ultime fasi del periodo di sonno e raramente si verificano durante i riposini durante il giorno; C. Una volta sveglio, l’individuo è completamente cosciente, attento, non confuso né disorientato; D. Le vocalizzazioni osservate o i comportamenti motori correlati spesso ricorrono contemporaneamente a sogni dell’individuo e sono classificati come “acting out”dei sogni; E. I comportamenti causano disagio clinicamente significativo per sé e per il compagno di letto, pericolo, o impedimenti nelle aree importanti di funzionamento; F. È presente almeno uno dei seguenti: pericoli o potenziali pericoli correlati al sonno,comportamenti distruttivi derivanti dal sonno, sonno REM anormale documentato dalla polisonnografia; G. La polisonnografia evidenzia sonno REM senza atonia; H. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a condizione medica generale. Sindrome da gambe irrequiete Questo disturbo è abbastanza comune nella popolazione (7/10%) e risponde al trattamento con farmaci dopaminergici. Vediamo i criteri: A. Tutti i seguenti criteri devono essere riscontrati: Il paziente riporta un desiderio di muovere le gambe spesso accompagnato da sensazioni di scomodità e fastidio alle gambe; Sensazioni di fastidio durante i periodi di inattività o quando il paziente è fermo; I sintomi scompaiono totalmente se il paziente è in movimento; I sintomi sono presenti solo durante la notte e la sera oppure sono peggiori la sera e la notte rispetto al giorno; B. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o impedimenti nelle importanti aree di funzionamento come indicato da almeno uno dei seguenti: Fatica o mancanza di energia, Sonnolenza durante il giorno, Difficoltà cognitive, Disturbi dell’umore, Turbe comportamentali, Difficoltà nelle relazioni interpersonali,lavorative o sociali, C. I sintomi non sono dovuti a un’altra condizione medica; D. Il sonno è problematico nonostante le circostanze e opportunità adatte ad esso. 36 Disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a fase di sonno anticipata Tale diagnosi apparteneva,nel DSM IV, al disturbo del ritmo circadiano del sonno non altrimenti specificato, e rappresenta il corrispettivo e opposto del disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a fase del sonno ritardata: i soggetti lamentano un’incapacità a rimanere svegli alla sera, e risvegli spontanei nelle prime ore del mattino. Eccone i criteri: A. Una modalità persistente o ricorrente di interruzione del sonno che porta a insonnia, eccessiva sonnolenza o entrambe e dovuta ad un’alterazione del ritmo circadiano o ad uno squilibrio del ritmo circadiano endogeno del paziente e il ciclo sonno-veglia richiesto dall’ambiente in cui il paziente vive; B. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o menomazione nelle importanti aree di funzionamento. NOTA: specificare se esistono condizioni di comorbidità con altri disturbi. Disturbo di risveglio Il gruppo di lavoro ha proposto la definizione di questo nuova parasonnia che include 3 sottotipi (considerati come variazioni di una singola patologia sottostante e riconducibili al medesimo fenomeno fisiologico): sonnambulismo, risvegli confusionari e terrori nel sonno. Questi i criteri: A. Ricorrenti episodi di risveglio incompleto dal sonno che di solito si verificano durante il primo terzo del principale episodio di sonno; B. Sottotipi: 1. Risvegli confusionali: ricorrenti episodi di risveglio incompleto dal sonno senza terrori o ambulazioni, che di solito si verificano durante il primo terzo del principale episodio di sonno. C’è una relativa mancanza di risveglio autonomo e presenza di tachipnea,tachicardia e sudorazione durante un episodio. 2. Sonnambulismo: ripetuti episodi di allontanamento dal letto durante il sonno e di deambulazione nei dintorni, che usualmente si verificano durante il primo terzo del principale episodio di sonno. Durante il sonnambulismo, il soggetto ha un’espressione fissa, vuota, è relativamente non reattivo agli sforzi compiuti da altri per comunicare con lui, e può essere risvegliato solo con grande difficoltà. 3. Terrori nel sonno: ricorrenti episodi di bruschi risvegli dal sonno che di solito si verificano durante il primo terzo del principale episodio di sonno e insorgono con grida di paura. C’è una paura intensa e segni di iperreattività del sistema nervoso autonomo, come tachicardia, tachipnea e sudorazione durante un episodio. C. Relativa mancanza di reattività agli sforzi degli altri di rassicurare la persona durante l’episodio; D. Non viene ricordato in dettaglio alcun sogno, e c’è amnesia per l’episodio; E. Gli episodi causano disagio clinicamente significativo o menomazione delle importanti aree di funzionamento; F. L’alterazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o ad una condizione medica generale. 37 Disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo a ruota libera Anche questa diagnosi era precedentemente inclusa nel disturbo del ritmo circadiano del sonno non altrimenti specificato, ed era denominata “ritmo sonno-veglia diverso dalle 24 ore” . il programma sonnoveglia segue un periodo di ritmo circadiano endogeno di approssimativamente 24-25 ore a dispetto della presenza di stimoli ambientali che scandiscono le 24 ore. In contrasto con lo stabile ritmo sonno-veglia dei Tipi con Fase di Sonno Anticipata o Ritardata, i cicli sonno-veglia di questi soggetti diventano progressivamente ritardati rispetto alle 24 ore dell’orologio, producendo un ritmo sonno-veglia mutevole lungo i giorni successivi (per es., diversi giorni di insonnia iniziale seguita da giorni di sonnolenza diurna seguiti a loro volta da giorni in cui è difficile stare svegli in serata). Ecco i criteri: A. Una modalità persistente o ricorrente di interruzione del sonno che porta a insonnia, eccessiva sonnolenza o entrambe e dovuta ad un’alterazione del ritmo circadiano o ad uno squilibrio del ritmo circadiano endogeno del paziente e il ciclo sonno-veglia richiesto dall’ambiente in cui il paziente vive; B. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o menomazione nelle importanti aree di funzionamento. NOTA: specificare se esistono condizioni di comorbidità con altri disturbi. Disturbo del ritmo circadiano del sonno – tipo da ritmo sonno-veglia irregolare Tale diagnosi (precedentemente disturbo del ritmo circadiano del sonno NAS) è caratterizzata dall’assenza di uno schema sonno-veglia identificabile e definito. Il sonno notturno e diurno di questi pazienti non è regolare ma composto da multipli riposini. I criteri sono i medesimi di questa categoria: A. Una modalità persistente o ricorrente di interruzione del sonno che porta a insonnia, eccessiva sonnolenza o entrambe e dovuta ad un’alterazione del ritmo circadiano o ad uno squilibrio del ritmo circadiano endogeno del paziente e il ciclo sonno-veglia richiesto dall’ambiente in cui il paziente vive; B. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o menomazione nelle importanti aree di funzionamento. NOTA: specificare se esistono condizioni di comorbidità con altri disturbi. DISTURBI ATTUALMENTE PRESENTI NEL DSM IV E DIVISI IN NUOVI DISTURBI NEL DSM V Disturbo del sonno correlato alla respirazione Come già visto, tale diagnosi sarà divisa nei disturbi di Sindrome apnoica ostruttiva del sonno, Sindrome apnoica centrale del sonno, Sindrome ipoventilatoria alveolare centrale. DISTURBI CHE SARANNO INCLUSI IN ALTRE DIAGNOSI Insonnia correlata ad un altro disturbo mentale Tale diagnosi sarà inclusa in quella di Disturbo da insonnia. 38 Ipersonnia correlata ad un altro disturbo mentale Tale condizione sarà inclusa nella diagnosi di Ipersonnia primaria. Disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale, tipo insonnia Tale diagnosi sarà inclusa in quella di Disturbo da insonnia. Disturbo del sonno dovuto a condizione medica generale, tipo ipersonnia Tale condizione sarà inclusa nella diagnosi di Ipersonnia primaria. Disturbo da terrori nel sonno Il disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbo del risveglio. Disturbo da sonnambulismo Il disturbo sarà incluso nella diagnosi di Disturbo del risveglio. 39 DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI NON CLASSIFICATI ALTROVE Il gruppo di lavoro dei disturbi d’ansia, dissociativi, dello spettro ossessivo-compulsivo e post-traumatici hanno curato le modifiche di questa sezione. Non sono state proposte “new entry”, né sono stati modificati i disturbi già esistenti nel DSM IV, ma sono solo state proposte due riclassificazioni; ecco la revisione nei dettagli: Disturbi del controllo degli impulsi riclassificati in altre categorie diagnostiche: Disturbo del gioco d’azzardo patologico (tale diagnosi è stata riclassificata nella categoria Dipendenze e disturbi correlati) Tricotillomania (tale disturbo sarà incluso nella categoria Disturbi d’ansia e dello spettro ossessivo-compulsivo) Gli altri disturbi sono rimasti immutati. 40 DISTURBI DELL’ADATTAMENTO Il gruppo di lavoro dei Disturbi d’ansia, dissociativi, post-traumatici e dello spettro ossessivo-compulsivo si è occupato di revisionare questa categoria. Il Disturbo dell’adattamento nel DSM V sarà incluso nella categoria dei Disturbi d’ansia e in una specifica sottocategoria di Disturbi correlati a stress e traumi. In particolare questa diagnosi individua quei soggetti che manifestano disagio clinicamente significativo e menomazioni nelle importanti aree di funzionamento a seguito dell’esposizione a eventi o fattori stressanti ( ma non traumatici). Il fattore o evento stressante può essere costituito da un singolo evento (per es., fine di una relazione sentimentale), oppure possono esservi fattori stressanti multipli (per es., notevoli difficoltà negli affari e problemi coniugali). I fattori stressanti possono essere ricorrenti (per es., associati con crisi economiche legate a oscillazioni stagionali degli affari) o continui (per es., il vivere in una zona ad alta criminalità). I fattori stressanti possono interessare un singolo individuo, un’intera famiglia, oppure un gruppo più ampio o la comunità (per es., in un disastro naturale). Alcuni fattori stressanti possono essere associati ad eventi specifici dello sviluppo (per es., andare a scuola, lasciare la casa dei genitori, sposarsi, diventare genitore, mancare obiettivi professionali, andare in pensione). Ecco i criteri: A. Lo sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più fattori stressanti identificabili che si manifesta entro 3 mesi dell’insorgenza del fattore, o dei fattori stressanti; B. Questi sintomi o comportamenti sono clinicamente significativi come evidenziato da uno dei seguenti: 1. marcato disagio che va al di là di quanto prevedibile in base all’esposizione al fattore stressante, 2. compromissione significativa del funzionamento sociale o lavorativo. C. Il disturbo correlato allo stress non incontra i criteri per un altro specifico disturbo mentale o non è semplicemente l’esacerbazione di un disturbo mentale preesistente; D. Una volta che il fattore stressante (o le sue conseguenze) è superato, i sintomi non persistono per più di altri 6 mesi. Non è ancora certo se le specificazioni, attualmente presenti nel DSM IV per tale disturbo, saranno o meno riportate nel DSM V. Esse non sono ancora state discusse dal gruppo di lavoro. 41 DISTURBI DI PERSONALITA’ DEFINIZIONE Il DSM V ha mantenuto la diagnosi di Disturbi di personalità ma ne ha modificato categorie e criteri diagnostici rispetto al DSM IV a causa della scarsa chiarezza di quest’ultimo. Si è resa necessaria la formulazione di criteri generali per i Disturbi di personalità,che sono poi distinti tra loro a seconda di caratteristiche dimensioni cui fanno riferimento. L’introduzione di questi criteri generali evidenzia il fatto che la sola,anche se estrema, posizione(del paziente) in una dimensione caratteristica per un determinato disturbo è una condizione necessaria ma non sufficiente per la diagnosi di quello stesso disturbo (Wakefield, 1992;2008). Il compito e l’obiettivo raggiunto dalla task- force è stato perciò inizialmente quello di individuare poche sistematiche definizioni che differenzino i disturbi di personalità dalle caratteristiche di personalità estreme( ma non patologiche) (Livesley, 2003; Livesley & Jang, 2005). Nel DSM IV si legge: “Un Disturbo di Personalità rappresenta un modello di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo, e determina disagio o menomazione.” (DSM IV- TR) Il DSM V indica che un disturbo di personalità implica una disorganizzazione pervasiva nella struttura di personalità e nel funzionamento del soggetto che è manifestato da un marcato fallimento nello sviluppo di importanti strutture di personalità e di capacità necessarie per un funzionamento adattivo del soggetto (criterio A). Questo è manifestato da: 1. Fallimento nello sviluppo di una coerente identità o senso di sé 2. Disfunzioni interpersonali croniche Le dimensioni principali sulle quali emerge e si sviluppa il senso di sé( e di conseguenza sulle quali è possibile stabilire un problema nel raggiungimento dell’identità) sono tre: differenziazione tra comprensione di sé e conoscenza di sé (integrità del concetto di sé), integrazione di queste informazioni in un’identità coerente (integrazione dell’identità) e infine l’abilità di porsi e raggiungere obiettivi soddisfacenti e gratificanti che diano direzione e significato alla vita (auto-direttività). Le disfunzioni interpersonali patologiche invece sono definite dal fallimento delle capacità di empatia, di intimità o attaccamento, di comportamento sociale e cooperativo e di una completa e integrata rappresentazione degli altri. Inoltre, questo fallimento adattivo del soggetto è: associato ad estremi livelli di una o più dimensioni caratteristiche di personalità (criterio B), relativamente stabile nel tempo e nelle situazioni e con un’insorgenza che può essere fatta risalire al massimo all’adolescenza e non prima (criterio C), non giustificato a dovuto esclusivamente alla presenza di un altro disturbo mentale (criterio D), non dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o ad una condizione medica generale (criterio E). LIVELLI DI FUNZIONAMENTO DELLA PERSONALITA’ DEL PAZIENTE Il fallimento nel funzionamento della personalità del paziente potrà essere non soltanto individuato grazie a questi criteri generali per i Disturbi di personalità sopradescritti, ma anche valutato quantitativamente in termini di gravità; il clinico potrà indicare il livello di funzionamento di personalità del paziente scegliendo tra 5 livelli di questo continuum: 0 = nessuna menomazione del funzionamento 1 = lieve menomazione del funzionamento 42 2 = moderata menomazione del funzionamento 3 = grave menomazione del funzionamento 4 = estrema menomazione del funzionamento Ecco qui di seguito le definizioni dei vari livelli: 0 = nessuna menomazione del funzionamento Senso di sé: il paziente è consapevole di avere un’identità unica creata nella propria storia personale, insieme alla continuità degli stati di sé e all’abilità di pensare e agire secondo stati interni dell’esperienza. L’identità rimane intatta e integra anche nel contesto delle relazioni del paziente. Il concetto di sé è associato ad un livello positivo di autostima e rispetto di sé relativamente stabile e auto-regolato, e la valutazione di sé è precisa. La rappresentazione si sé è complessa e multi-sfaccettata, con un senso di autonomia appropriato, con l’abilità di porsi e raggiungere ragionevoli obiettivi personali e standard di comportamento, e di raggiungere un senso di realizzazione nella vita. Dimensione interpersonale: il paziente ha la capacità di comprendere e apprezzare l’intera gamma delle esperienze altrui e di andare oltre le proprie prospettive. Comprende facilmente l’effetto delle proprie azioni sugli altri, e le risposte alle emozioni,idee e comportamenti degli altri sono flessibili. C’è il desiderio di avere e l’impegno reale in relazioni reciproche e affettive. Gli altri sono considerati come individui complessi, autonomi, multi-sfaccettati e le contraddizioni e i difetti altrui vengono adeguatamente riconciliati. Le rappresentazioni degli altri sono utilizzate dal paziente per la propria regolazione. 1 = lieve menomazione del funzionamento Senso di sé: il senso di un’identità unica e storica è relativamente intatto, ma possono esserci alcune variazioni negli stati di sé e nei limiti interpersonali dovute a forti stati emotivi. Il paziente possiede l’abilità di riflettere sulle proprie esperienze interne, ma può soffermarsi su un singolo tipo di conoscenza di sé piuttosto che integrarli tutti. La rappresentazione di sé è generalmente multi-sfaccettata e l’autostima è moderatamente ben regolata, sebbene l’autocritica può essere troppo severa o troppo superficiale. C’è un appropriato senso dell’autonomia, ma l’autodirettività può essere estrema o talora mal adattiva. Il paziente può avere una gamma di standard personali irreali o socialmente inappropriati e può scaturire inibizione degli obiettivi da porsi e da raggiungere. Il paziente riesce a raggiungere soddisfazione in alcuni aspetti della sua vita. Dimensione interpersonale: l’abilità di comprendere e apprezzare le esperienze degli altri è qualche volta compromessa, e gli altri possono riscontrare nel paziente aspettative irragionevoli o improvvise perdite di controllo. La consapevolezza degli effetti del proprio comportamento sugli altri non è stabile. Il paziente possiede la capacità e il desiderio di creare relazioni affettive, ma queste potrebbero essere inibite o intaccate da intense emozioni e conflitti del paziente. L’abilità di rispondere alle emozioni,idee e comportamenti altrui è qualche volta limitata, come anche la consapevolezza dei proprio contributi nelle relazioni con gli altri. Gli altri sono considerati come individui autonomi e multi-sfaccettati e c’è una relativa capacità di riconciliare le contraddizioni e i difetti altrui. Le rappresentazioni degli altri sono utilizzate per la propria regolazione solo se non sono presenti o non sono percepite situazioni interne o esterne pressanti. 2 = moderata menomazione del funzionamento Senso di sé: la regolazione degli stati di sé dipende spesso dal contesto in cui il paziente si trova, e c’è una capacità problematica di pensare e agire secondo i propri stati interni. Un senso di identità personale poco differenziato si alterna a forti identificazioni con gli altri, e la storia personale non è stabile. L’autostima 43 dipende in modo esagerato dalle valutazioni esterne, con un forte desiderio di approvazione e ammirazione da parte degli altri. Può essere presente un senso di inferiorità o incompletezza, e l’autovalutazione è basata sulle valutazioni degli altri piuttosto che su ciò che il paziente pensa di sé. Le reazioni del paziente possono prendere la forma dell’identificazione con gli altri, con conseguenze negative per la propria autostima, o della compensazione, con una esagerata e inadeguata importanza attribuita a sé. Gli standard personali possono essere inspiegabilmente molto alti o molto bassi, e gli obiettivi personali del paziente variano a seconda del contesto. La realizzazione personale del paziente è compromessa da un senso di mancanza di autenticità. Dimensione interpersonale: c’è una notevole incapacità a prendere in considerazione molteplici punti di vista, con un estrema attenzione alle considerazioni degli altri. La capacità e il desiderio di formare relazioni affettive è presente, ma queste possono risultare superficiali o limitate a soddisfare i propri bisogni di autostima e autoregolazione. C’è una generale inconsapevolezza degli effetti del proprio comportamento sugli altri. L’abilità di rispondere appropriatamente alle emozioni,idee e comportamenti degli altri è compromessa e il paziente manca del senso di reciprocità, mentre è irrealisticamente convinto di essere magicamente e perfettamente compreso dagli altri. La considerazione degli altri è generalmente limitata. Le rappresentazioni degli altri sono mezzi necessari, ma spesso insufficienti, di autoregolazione per il paziente. 3 = grave menomazione del funzionamento Senso di sé: gli stati di sé sono mal regolati e instabili, accompagnati da confusione o mancanza di continuità nella storia personale. La definizione dei confini interpersonali è povera o troppo rigida, può esserci identificazione con gli altri, enfasi sulla dipendenza dagli altri o alternanza tra le due condizioni. L’abilità di pensare ai processi mentali di un’altra persona è significativamente compromessa. Il senso di sé è molto fragile, facilmente influenzato dagli eventi e dalle circostanze, e manca di coerenza. Sono frequenti le esperienze di mancanza di identità o senso di vuoto. La percezione di sé è caratterizzata da disgusto, o grandiosità, o un’illogica combinazione di entrambi. Le rappresentazioni di sé sono semplicistiche e concrete, focalizzate principalmente su attributi positivi o negativi o sullo spostamento da un estremo all’altro. Il paziente ha difficoltà a stabilire o raggiungere obiettivi personali. Gli standard interni di comportamento sono confusi e contraddittori. La vita è spesso avvertita come priva di significato o pericolosa. Dimensione interpersonale: l’abilità di comprendere sentimenti, pensieri e comportamenti delle altre persone è significativamente limitata, e c’è confusione o inconsapevolezza circa la causalità sociale, incluso l’impatto che l’azione di una persona può avere su altre persone. Comunque, alcuni aspetti specifici delle esperienze altrui possono essere ben focalizzati dal paziente, soprattutto relativi a vulnerabilità e difetti. L’abilità di considerare molteplici punti di vista è gravemente menomata. Le relazioni sono basate sulla forte credenza di avere un’assoluta e intima necessità degli altri, e/o sulle aspettative di abbandono o abuso. I sentimenti associati alle relazioni con gli altri si alternano tra paura del rifiuto o dell’abbandono e disperato desiderio e bisogno di legame. Le relazioni sono poco reciproche, gli altri sono considerati principalmente in base all’effetto positivo o negativo che hanno sul paziente. La considerazione degli altri vacilla tra idealizzazione e svalutazione. Rappresentazioni estreme e instabili degli altri intaccano l’ autoregolazione del paziente. 4 = estrema menomazione del funzionamento Senso di sé: c’è una profonda incapacità di pensare alla propria esperienza. Gli stati di sé non sono regolati né compresi e possono essere esperiti come esterni al sé. L’esperienza di un’identità unica e integra e il 44 senso di continuità della storia personale sono praticamente assenti. I confini con gli altri sono molto confusi o assenti. Il concetto di sé è diffuso e il paziente è incline a significative distorsioni nella valutazione di sé. Le rappresentazioni di sé sono impoverite, il senso di autonomia è praticamente assente, o organizzato attorno a una percepita persecuzione esterna. Pensieri e azioni sono poco differenziati tra loro, l’abilità di porsi obiettivi è gravemente compromessa perché questi sono sempre irrealistici o incoerenti. Gli standard interni per il comportamento sono praticamente assenti. Una realizzazione genuina del soggetto è inconcepibile e il paziente si rifugia spesso nella fantasia come compensazione. Dimensione interpersonale: l’abilità di considerare e comprendere le esperienze e le motivazioni degli altri è assente. Le interazioni sociali sono confuse e disorientate, prevalentemente negative. Il desiderio di intimità è limitato dalla paura di ricevere del male. Le relazioni con gli altri sono concettualizzate come gerarchiche e basate sul potere e gli altri sono considerati in base alle loro abilità di fare del bene o procurare danni. Il comportamento interpersonale non è reciproco; le rappresentazioni degli altri sono vaghe, negative e perlopiù dominate da immagini persecutorie. Le preoccupazioni di ricevere del male dagli altri sono distruttive per l’autoregolazione del paziente. RIFORMULAZIONE DEI DISTURBI DI PERSONALITA’ E’ chiaro a chiunque,anche solo dopo una rapida occhiata a ciò che qui di seguito illustrerò, che il nuovo sistema proposto, a causa dei notevoli cambiamenti apportati, non solo sarà certamente soggetto a giudizi e critiche (alcune delle quali ovviamente potranno anche essere ragionevoli e fondate), ma anche per coloro che lo troveranno migliore di quello attuale sarà necessario del tempo per abituarsi a delle simili innovazioni. Dopo anni di familiarità con la terminologia e la tipologia attuali non sarà facile “abbandonare la strada vecchia” e orientarsi nella giungla della nuova classificazione. Tuttavia il sistema utilizzato nel DSM IV ha destato negli anni non pochi dubbi e sollevato numerose critiche; possiamo brevemente riassumerli in questi punti: Confini patologia/salute mal definiti; Anomala alta comorbidità tra i disturbi di personalità; Stabilità nel tempo dubbia per molti disturbi di personalità; Scarsa attenzione al vissuto e alle varabili soggettive di ciascun paziente; Scarsa utilizzabilità di alcuni disturbi di personalità nella pratica clinica; Dubbi sui confini dei disturbi di personalità con alcuni disturbi di asse I. Partendo da questi punti di debolezza del DSM IV, cerchiamo ora di cogliere nel dettaglio le ragioni delle modifiche proposte nel DSM V e, cosa più importante di tutte, quale utilità clinica può derivare da esse. I membri del gruppo dei Disturbi di personalità hanno innanzitutto optato per l’adozione di un modello dimensionale per la diagnosi,a sostituzione di quello categoriale. Un modello categoriale si basa sulla presenza/assenza dei sintomi,rispetto ai quali il clinico si limita a giudicare si/no per ogni criterio, inoltre esiste un gruppo limitato di sintomi previsto dai criteri descrittivi per ciascun disturbo ed esiste una soglia minima che distingue i soggetti sani dai malati. Questo significa che se per un determinato disturbo la soglia minima è di 4 criteri presenti, un soggetto che ne presenta 3 è ufficialmente sano e che invece un soggetto che ne presenta 4 ed un altro che li presenta tutti sono entrambi ugualmente malati,caratterizzati dal medesimo disturbo mentale,senza contare che la soglia che separa sanità e patologia è esclusivamente quantitativa (basata su un numero) e assolutamente non qualitativa,a tal punto che i sintomi (criteri) sono intercambiabili tra di loro, purchè il paziente ne presenti il numero minimo. Per superare questi limiti, il 45 DSM V offre un sistema dimensionale di diagnosi dei disturbi di personalità a sei grandi domini (o fasce). Questi sono: 1. Emotività negativa (esperienze di un’ampia gamma di emozioni negative e comportamenti e manifestazioni interpersonali relativi a tali emozioni negative); 2. Introversione (ritiro dalle altre persone,rifiuto di relazioni intime e rapporti col mondo, esperienze affettive o espressioni affettive ristrette e/o coartate, capacità edonica limitata); 3. Antagonismo (manifestazioni di antipatia nei confronti degli altri e corrispondenti ed esagerati importanza e valore attribuiti a sé stessi); 4. Disinibizione (comportamento guidato esclusivamente da stimoli interni ed esterni legati al presente, e scarsa considerazione di ciò che è stato appreso in passato o delle conseguenze future di tale comportamento); 5. Compulsività (tendenza a pensare e agire secondo una propria fissa e immodificabile idea, e aspettativa che quest’idea sia valida e condivisa da tutti gli altri); 6. Schizotipia (esibizione di un gran numero di comportamenti e/o credenze insolite, inclusi entrambi i processi e i contenuti). Tale sistema è anche gerarchico poiché i domini costituiscono il livello più alto di classificazione; essi rappresentano generici tratti di personalità all’interno di ognuno dei quali sono individuati degli aspetti o sfaccettature particolari, che costituiscono invece il livello più basso di classificazione. Emotività Introversione negativa Labilità emotiva Ritiro sociale Ansia Distacco sociale Insicurezza Anedonia Bassa autostima Paura/senso di colpa Sottomissione pessimismo Depressione Sospettosità Autolesionismo Affettività ristretta Evitamento dell’intimità Anedonia Antagonismo Disinibizione Compulsività Schizotipia Insensibilità Impulsività Perfezionismo Tendenza alla Distraibilità Perseverazione manipolazione Narcisismo Sconsideratezza Rigidità Istrionismo Tendenza all’opposizione Aggressività Ostilità Falsità Irresponsabilità Eccentricità Disregolazione cognitiva Percezioni insolite Sistematicità Credenze insolite Avversione per Tendenza alla il rischio dissociazione La combinazione (intesa come presenza contemporanea e intensa in gravità) di alcuni di questi tratti di personalità (appartenenti ai diversi domini) dà origine a cinque “tipi” di personalità patologica: Tipo schizotipico Tipo antisociale/psicopatico Tipo borderline Tipo evitante Tipo ossessivo – compulsivo 46 Questi cinque tipi coprono e sostituiscono tutta la gamma degli attuali 10 Disturbi di personalità presenti nel DSM IV. La descrizione dei tipi combina i tipici deficit del paziente nel funzionamento quotidiano e interpersonale con la specifica configurazione di tratti di personalità riscontrati nel paziente stesso. Questo sistema fornisce la possibilità di creare un profilo specifico per ogni determinato paziente e risponde maggiormente alla richiesta di un approccio centrato sulla persona piuttosto che sull’attribuzione di una mera etichetta nosografica. Ancora, questo nuovo sistema riduce l’eccessiva comorbidità tra i disturbi di personalità del DSM IV. Molti studi (vedi Oldham et al., 1992; Zimmerman et al., 2005) hanno dimostrato che,con il sistema di diagnosi attuale, un paziente spesso riscontra i criteri per 2 o più disturbi contemporaneamente , e ciò è anche dovuto al fatto che tutte le diagnosi di Disturbi di personalità del DSM IV presentano soglie diagnostiche (il numero dei criteri necessari per la diagnosi) arbitrarie. Queste condizioni non hanno fatto altro che creare confusione e disorientamento nella pratica clinica. L’uso di una valutazione dimensionale per tipi (di numero ridotto)come quella proposta dagli autori e creatori del DSM V riconosce che la psicopatologia della personalità è situata lungo un continuum, lungo il quale tratti di personalità presenti anche tra i soggetti non disturbati possono, a livello estremo e combinati tra loro in maniera sempre unica e particolare per ogni paziente, dare origine a un disturbo di personalità. Il processo cognitivo di formulazione di una diagnosi in realtà non segue un algoritmo (instruzionista, seriale, sequenziale) come è suggerito negli alberi decisionali del DSM IV; bensì la mente considera il paziente nel suo insieme (status,sintomi,storia), come configurazione o gestalt, elabora con confronti paralleli e simultanei il grado di somiglianza o “match” del paziente rispetto al prototipo che ha a disposizione per i disturbi di personalità. Tale prototipo è caratterizzato da un ampio set di descrittori con il quale il paziente può presentare un livello di somiglianza che va da 1 a 5 punti: 5 match molto buono (il paziente esemplifica questo PD,ne è un caso prototipo) 4 match buono (il paziente ha questo PD, si applica a lui) 3 match moderato ( il paziente ha significative caratteristiche di questo PD) 2 match leggero (il paziente ha caratteristiche minori di questo PD) 1 match assente (la descrizione del PD non si applica al paziente) Tale sistema a matching per prototipo fu descritto per la prima volta da Shea e al. nel 1987 e poi ripreso ed elaborato da Schedler e Westen (2004,2006) per la messa a punto della SWAP-200 (Shedler-Westen Assessment Procedure-200). Studi condotti da Spitzer (2008), Rottman (2009) e al. hanno dimostrato che tale modello è maggiormente valido e clinicamente utilizzabile ed è stato perciò ripreso nel DSM V. Al fine di individuare nella maniera più giusta e appropriata possibile la somiglianza del prototipo descritto nel manuale con il paziente con cui il clinico ha a che fare, ciascun aspetto dei 6 grandi domini di personalità (livello più basso di classificazione) riscontrato nel paziente, sarà valutato su una scala a 4 punti: 0= molto poco o per niente descrittivo 1=lievemente descrittivo 2=moderatamente descrittivo 3=estremamente descrittivo 47 TIPO ANTISOCIALE/PSICOPATICO Gli individui che sono identificati in questo tipo di disturbo di personalità sono arroganti ed egocentrici, e si percepiscono come privilegiati e prediletti. Si attribuiscono un’importanza grandiosa ed esagerata e sono principalmente motivati dai propri obiettivi personali. Ricercano il potere sugli altri, li manipolano, li sfruttano, li ingannano, cercano in ogni modo di trarre vantaggio dagli altri, procurano loro del male o cercano di realizzare i loro obiettivi. Sono insensibili e dimostrano poca empatia per i sentimenti e le necessità degli altri, se questi non coincidono con i propri. Manifestano disprezzo per le regole, la legge, la sicurezza degli altri e sperimentano poco o nessun senso di colpa o rimorso se causano danni o offese agli altri. Compiono atti aggressivi o sadici nei confronti degli altri per i propri scopi personali e sembra che il loro piacere e la loro soddisfazione derivi dall’umiliazione e lo sfruttamento degli altri. Dimostrano o confessano un investimento minimo nei principi morali convenzionali, tendono a non riconoscere la responsabilità delle proprie azioni e scaricano sugli altri le colpe dei propri fallimenti. Gli individui con questo tipo di personalità hanno un temperamento aggressivo e possiedono un’alta soglia di eccitamento sessuale. Sono impegnati in comportamenti alla ricerca di sensazioni estreme, tendono ad agire impulsivamente senza paura o riguardo per le conseguenze poiché si percepiscono come immuni dai possibili esiti negativi delle loro azioni. Le emozioni che esprimono sono perlopiù limitate a irritabilità,rabbia e ostilità; la consapevolezza o l’espressione di emozioni positive è molto rara. Hanno scarsa capacità di insight e sono incapaci di considerare interpretazioni alternative della loro esperienza. Gli individui con questo disturbo spesso sono coinvolti in comportanti e atti criminali e/o illegali e probabilmente abusano di alcool o droga. I tipi estremamente patologici possono anche usare la violenza fisica per minacciare, intimidire o dimostrare il loro dominio e controllo sugli altri. Sono irrealisti e irresponsabili. Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare il grado di descrittività rispetto al proprio paziente. Insensibilità (dominio di appartenenza: antagonismo) mancanza di empatia o interesse per i sentimenti e i problemi degli altri, mancanza di rimorso o senso di colpa per gli effetti negativi o nocivi delle proprie azioni, tendenza allo sfruttamento Aggressività (dominio di appartenenza: antagonismo) Tendenza alla manipolazione, aggressioni fisiche o verbali, umiliazione e svalutazione degli altri, atti di violenza contro persone o oggetti, ostilità attiva e aperta, uso delle minacce e delle intimidazioni per controllare gli altri Manipolatività (dominio di appartenenza: antagonismo) Uso di sotterfugi e astuzia per controllare o influenzare gli altri, uso degli altri per i propri scopi, uso di fascino e seduzione per il raggiungimento dei propri fini Ostilità (dominio di appartenenza: antagonismo) Comportamento facilmente irritabile, risposte di rabbia anche a minime provocazioni Furbizia (dominio di appartenenza: antagonismo) Disonesta, falsità, fraudolenza Narcisismo (dominio di appartenenza: antagonismo) Vanità, egocentrismo, eccessiva importanza attribuita alle proprie abilità o ai propri obiettivi, sentimenti di privilegio, credenza di meritare il meglio dalla vita, preoccupazione di avere potere, successo e bellezza illimitati 48 Irresponsabilità (dominio di appartenenza: disinibizione) Nessun riguardo per i doveri o gli obblighi sociali, lavorativi o finanziari, mancanza di rispetto per gli appuntamenti presi o le promesse fatte, incapacità di portare a termine un compito assegnato, trascuratezza per i possedimenti propri e degli altri Sconsideratezza (dominio di appartenenza: disinibizione) Nessun riguardo per le conseguenze delle proprie azioni, mancanza di consapevolezza dei propri limiti, inosservanza spericolata della propria e altrui sicurezza, negazione di correre dei reali pericoli, alta tolleranza di ciò che è sconosciuto ed estraneo Impulsività (dominio di appartenenza: disinibizione) Risposte immediate e non mediate a qualunque stimolo, mancanza di pianificazione o presa in considerazione delle conseguenze di comportamenti e azioni, fallimento ad apprendere dall’esperienza TIPO BORDERLINE Gli individui che sono identificati in questo tipo di disturbo di personalità hanno un concetto di sé estremamente fragile che può essere facilmente disgregato e frammentato in condizioni di stress emotivo e conduce ad esperienze di mancanza di identità e senso cronico di vuoto. Come conseguenza, essi presentano una struttura di personalità impoverita e/o instabile e difficoltà nell’instaurare e mantenere relazioni interpersonali durature. L’autovalutazione è spesso associata a disgusto, rabbia e scoraggiamento nei confronti della propria persona. Le persone con questo disturbo sperimentano rapidissimi cambiamenti ed emozioni intense ed imprevedibili; possono diventare estremamente ansiosi o depressi. Inoltre possono manifestare aggressività e ostilità e lamentano di sentirsi soli, incompresi, vittimizzati. Spesso sono coinvolti in atti di aggressione verbale e/o fisica. Le reazioni emotive generalmente sono correlate a eventi interpersonali negativi, in particolare perdite e delusioni. I rapporti sono tutti basati sulla credenza di aver bisogno degli altri per la propria sopravvivenza, sono perciò caratterizzate da eccessiva dipendenza ed esagerata paura del rifiuto o dell’abbandono. La dipendenza include sia l’attaccamento insicuro, espresso dalla difficoltà di tollerare la solitudine, sia l’intensa paura di perdita,abbandono o rifiuto da parte degli altri significativi; inoltre sperimentano un estremo desiderio di contatto, dimostrandosi spesso sottomessi e servizievoli. Contemporaneamente, la relazione intima con un altro significativo conduce il paziente alla perdita dell’identità come individuo. Ecco perché le relazioni di questi soggetti sono profondamente instabili e si alternano continuamente tra dipendenza e fuga. La capacità di empatia è gravemente compromessa. I tratti emotivi e interpersonali principali, qui descritti, sono associati a disregolazioni cognitive. Durante i periodi di stress estremo, possono manifestarsi ideazione paranoide o sintomi dissociativi transitori. Gli individui con questa personalità sono istintivi, impulsivi, e sono spesso impegnati in attività potenzialmente dannose per loro stessi. Nel contesto di forte disagio o disforia o dissociazione, possono verificarsi deliberati comportamenti automutilanti, ideazione suicidaria o comportamenti suicidari. Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare il grado di descrittività rispetto al proprio paziente. Labilità emotiva (dominio di appartenenza: emotività negativa) Esperienze emozionali instabili e rapidi cambiamenti d’umore, emozioni estremamente intense o sproporzionate rispetto alle circostanze 49 Autolesionismo (dominio di appartenenza: emotività negativa) Pensieri e comportamenti relativi ad autolesionismo e suicidio Insicurezza (dominio di appartenenza: emotività negativa) Paura per la separazione da altri significativi, disagio emotivo quando gli altri significativi non sono presenti o in vista di una separazione da loro Ansia (dominio di appartenenza: emotività negativa) Frequenti, intensi e persistenti sentimenti di nervosismo e tensione, nervosismo e preoccupazione per gli effetti negativi di qualche spiacevole esperienza passata o per le possibilità negative del futuro, sentimenti di paura e spavento per ciò che è incerto Bassa autostima (dominio di appartenenza: emotività negativa) Opinione povera di sé e delle proprie capacità, credenza di essere il peggiore, insoddisfazione circa il proprio modo di essere e le proprie abilità, credenza di non saper fare nulla bene Depressione (dominio di appartenenza: emotività negativa) Frequenti sensazioni di sentirsi giù,depressi,senza speranza, difficoltà di scacciare questo umore negativo, credenza di essere semplicemente una persona triste Ostilità (dominio di appartenenza: antagonismo) Comportamento facilmente irritabile, risposte di rabbia anche a minime provocazioni Aggressività (dominio di appartenenza: antagonismo) Tendenza alla manipolazione, aggressioni fisiche o verbali, umiliazione e svalutazione degli altri, atti di violenza contro persone o oggetti, ostilità attiva e aperta, uso delle minacce e delle intimidazioni per controllare gli altri Impulsività (dominio di appartenenza: disinibizione) Risposte immediate e non mediate a qualunque stimolo, mancanza di pianificazione o presa in considerazione delle conseguenze di comportamenti e azioni, fallimento ad apprendere dall’esperienza. Tendenza alla dissociazione (dominio di appartenenza: schizotipia) Esperienza di interruzioni del flusso di coscienza, sensazioni di stranezza, estraneità. TIPO EVITANTE Gli individui che sono identificati in questo tipo di disturbo di personalità hanno un senso negativo di sé associato a un profondo senso di inadeguatezza e inibizione nelle relazioni intime e interpersonali. Più specificatamente, essi si percepiscono come inetti sociali, inferiori e personalmente poco attraenti. Si vergognano o imbarazzano facilmente, sono molto auto-critici e spesso si pongono standard personali molto elevati. Allo stesso tempo avvertono il desiderio di essere riconosciuti dagli altri come speciali e unici. Sono timidi e riservati nelle situazioni sociali, evitano il lavoro o le attività scolastiche che coinvolgono un contatto interpersonale significativo per timore di essere criticati, disapprovati o rifiutati e preferiscono le attività in cui non sono coinvolte altre persone. Sono preoccupati e molto sensibili alle critiche o al rifiuto da parte degli altri e sono riluttanti a svelare informazioni personali per paura di essere disapprovati. Mancano delle abilità interpersonali di base e hanno pochissime amicizie o rapporti stretti. L’intimità interpersonale e anche quella sessuale è difficoltosa e viene spesso evitata per paura. Questi individui si considerano responsabili per le cose negative che accadono nella loro vita, e non trovano piacere interesse o soddisfazioni nelle normali attività di divertimento. Presentano un’affettività limitata o coartata, hanno difficoltà a comprendere ed esprimere i propri desideri, emozioni e impulsi, sia negativi che 50 positivi. A dispetto degli alti standard che si pongono, il più delle volte sono passivi e anassertivi circa i propri obiettivi o successi, e il più delle volte si accontentano di cose al di sotto delle loro potenzialità. Sono tendenzialmente avversi al rischio e a tutto ciò che per loro costituisce una nuova situazione. Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare il grado di descrittività rispetto al proprio paziente. Ansia (dominio di appartenenza: emotività negativa) Frequenti, intensi e persistenti sentimenti di nervosismo e tensione, nervosismo e preoccupazione per gli effetti negativi di qualche spiacevole esperienza passata o per le possibilità negative del futuro, sentimenti di paura e spavento per ciò che è incerto Insicurezza (dominio di appartenenza: emotività negativa) Paura per la separazione da altri significativi, disagio emotivo quando gli altri significativi non sono presenti o in vista di una separazione da loro Pessimismo (dominio di appartenenza: emotività negativa) Visione negativa della vita, accentuazione o focalizzazione degli aspetti peggiori del presente o del passato, aspettativa peggiore circa il futuro Bassa autostima (dominio di appartenenza: emotività negativa) Opinione povera di sé e delle proprie capacità, credenza di essere il peggiore, insoddisfazione circa il proprio modo di essere e le proprie abilità, credenza di non saper fare nulla bene Senso di colpa/vergogna (dominio di appartenenza: emotività negativa) Credenza di dover essere puniti, frequenti e persistenti sensi di colpa Evitamento dell’intimità (dominio di appartenenza: introversione) Disinteresse o evitamento delle relazioni interpersonali strette, compresa l’intimità sessuale Ritiro sociale (dominio di appartenenza: introversione) Preferenza per la solitudine, reticenza per le situazioni sociali, evitamento di contatti e attività sociali, mancanza di iniziativa nelle interazioni Affettività ristretta (dominio di appartenenza: introversione) Mancanza di emotività, reazioni emotive solo brevi e transitorie, impassibilità Anedonia (dominio di appartenenza: introversione) Mancanza di interesse,impegno o energia, deficit nella capacità di provare o trarre piacere dalla vita Distacco sociale (dominio di appartenenza: introversione) Indifferenza o disinteressa per ciò che accade nel mondo, disinteresse per i contatti e le attività sociali, distanza interpersonale, relazioni principalmente formali con gli altri Avversione per il rischio (dominio di appartenenza: compulsività) Mancanza completa di assunzione di rischi, evitamento di attività che richiedono anche solo una minima o potenziale assunzione di rischi TIPO OSSESSIVO-COMPULSIVO Gli individui che sono identificati in questo tipo di disturbo di personalità sono governati dai loro bisogni di ordine, precisione e perfezione. Svolgono le attività in maniera metodica ed esageratamente dettagliata. 51 Hanno un particolare interesse per i dettagli, le regole e i programmi; manifestano ipercoscenziosità e iperscrupolosità, il loro perfezionismo interferisce quasi sempre con il completamento di un compito. Cercano di mantenere una sensazione di controllo attraverso un’attenzione minuziosa per le regole, i dettagli futili, le procedure, le liste o la forma, al punto che va perso lo scopo dell’attività. Il loro approccio a qualunque cosa o persona è rigido e limitato dall’incapacità di adattarsi alle circostanze e ai cambiamenti. La maggior parte delle emozioni forti, sia negative che positive, non sono espresse né vissute consapevolmente. Allo stesso tempo questi individui manifestano insicurezza e ansia per un reale o percepito fallimento o abbandono. Le relazioni interpersonali sono molto difficoltose, perché basate sul controllo, la competitività e la critica dell’altro. È presente una marcata incapacità di comprendere e apprezzare le idee, i sentimenti e i comportamenti degli altri. Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare il grado di descrittività rispetto al proprio paziente. Perfezionismo (dominio di appartenenza: compulsività) Convinzione che tutto debba essere impeccabile e infallibile, senza errori o difetti, incluse le persone; credenza che la realtà debba conformarsi alla propria personale visione o idea, standard personali alti e irrealistici, minuziosità e attenzione ai dettagli Rigidità (dominio di appartenenza: compulsività) Osservazione inflessibile delle regole, credenza che esista un solo modo giusto di fare le cose, ostinazione su routines immodificabili, difficoltà di adattamento a cambiamenti, processi cognitivi basati su idee fisse e aspettative, difficoltà a cambiare idea o punto di vista Sistematicità (dominio di appartenenza: compulsività) Necessità di ordine e strutture, credenza che ogni cosa abbia una corretta posizione , intolleranza per le cose “fuori posto”, interesse per le regole, i programmi e gli appuntamenti Perseverazione (dominio di appartenenza: compulsività) Persistenza in un compito anche molto dopo che il comportamento messo in atto per realizzarlo ha cessato di essere funzionale ed efficace, credenza che la mancanza di successo sia dovuta semplicemente a mancanza di sforzo o fortuna, ripetizione dei medesimi comportamenti a dispetto dei corrispettivi fallimenti Ansia (dominio di appartenenza: emotività negativa) Frequenti, intensi e persistenti sentimenti di nervosismo e tensione, nervosismo e preoccupazione per gli effetti negativi di qualche spiacevole esperienza passata o per le possibilità negative del futuro, sentimenti di paura e spavento per ciò che è incerto Pessimismo (dominio di appartenenza: emotività negativa) Visione negativa della vita, accentuazione o focalizzazione degli aspetti peggiori del presente o del passato, aspettativa peggiore circa il futuro Senso di colpa/vergogna (dominio di appartenenza: emotività negativa) Credenza di dover essere puniti, frequenti e persistenti sensi di colpa Affettività ristretta (dominio di appartenenza: introversione) Mancanza di emotività, reazioni emotive solo brevi e transitorie, impassibilità Tendenza all’opposizione (dominio di appartenenza: antagonismo) Aperto disprezzo e rifiuto nel rispondere a richieste, scadenze o completare dei compiti, resistenza alle aspettative circa la propria performance, risentimento e antipatia per le autorità 52 TIPO SCHIZOTIPICO Gli individui che si identificano in questo tipo di disturbo di personalità presentano deficit sociali accentuati da disagio acuto e una ridotta capacità di instaurare relazioni interpersonali strette e inoltre eccentricità nell’apparenza e nel comportamento e distorsioni cognitive e percettive. Questi individui hanno pochissimi amici stretti, sono ansiosi nelle situazioni sociali e si sentono spesso “fuoriposto”, estranei; trovano estremamente difficile rapportarsi agli altri e sono molto sospettosi anche delle persone a loro più vicine. Questi individui sono spesso considerati strani o eccentrici a causa di insoliti manierismi, anche nell’eloquio che è spesso allentato,digressivo,vago,iper-elaborato o al contrario impoverito, eccessivamente concreto o stereotipato. Individui con questo tipo di personalità sperimentano una gamma di emozioni limitata e ristretta, e sono inibiti nell’espressione della propria emotività. Appaiono spesso distaccati e indifferenti alle reazioni degli altri. Strane credenze influenzano il loro comportamento: possono essere superstiziosi, o preoccupati da fenomeni paranormali al di fuori delle norme della loro cultura; possono sentire di avere il potere speciale di intuire gli eventi prima che avvengano, o di leggere i pensieri degli altri; possono credere di avere un controllo magico sugli altri. La loro percezione della realtà è seriamente compromessa e in alcuni casi possono essere presenti sintomi quasi-psicotici , come alterazioni percettive, pseudoallucinazioni, idee di riferimento, ideazione paranoide o veri e propri episodi psicotici transitori. Questi individui sono comunque capaci di esame di realtà e anche i sintomi quasi-psicotici sono riconosciuti consapevolmente come prodotti della loro mente. Ecco di seguito la configurazione di caratteristiche di personalità (riferite a determinati domini) che definiscono questo tipo di personalità patologica. Si ricorda che per ciascun tratto il clinico può determinare il grado di descrittività rispetto al proprio paziente. Eccentricità (dominio di appartenenza: schizotipia) Comportamenti insoliti, frasi strane o inappropriate, uso di neologismo, eloquio concreto o impoverito, Disregolazione cognitiva (dominio di appartenenza: schizotipia) Processi di pensiero insoliti, idee e pensieri che non seguono una logica, associazioni inadeguate, pensieri confusi e disorganizzati percezioni insolite (dominio di appartenenza: schizotipia) esperienze strane in varie modalità sensoriali, percezione degli eventi insolita e differente da quella degli altri credenze insolite (dominio di appartenenza: schizotipia) contenuto di pensieri bizzarro, convinzioni profonde e idiosincratiche, interesse per l’occulto o i fenomeni paranormali ritiro sociale (dominio di appartenenza: introversione) Preferenza per la solitudine, reticenza per le situazioni sociali, evitamento di contatti e attività sociali, mancanza di iniziativa nelle interazioni Affettività ristretta (dominio di appartenenza: introversione) Mancanza di emotività, reazioni emotive solo brevi e transitorie, impassibilità Evitamento dell’intimità (dominio di appartenenza: introversione) Disinteresse o evitamento delle relazioni interpersonali strette, compresa l’intimità sessuale Ansia (dominio di appartenenza: emotività negativa) 53 Frequenti, intensi e persistenti sentimenti di nervosismo e tensione, nervosismo e preoccupazione per gli effetti negativi di qualche spiacevole esperienza passata o per le possibilità negative del futuro, sentimenti di paura e spavento per ciò che è incerto Sospettosità (dominio di appartenenza: sospettosità) Diffidenza, ideazione paranoide, dubbi sulla lealtà e fedeltà degli altri, sentimenti di persecuzione. 54 ALCUNE CRITICHE Per il DSM V si prevede un parto piuttosto travagliato; infatti pur non essendo ancora “venuto al mondo”, il nuovo manuale ha già destato l’attenzione e il giudizio critico di molti clinici ed esperti. Ho selezionato e riportato qui quei commenti che mi sono sembrati più autorevoli e importanti. Affronterò in questa sezione le critiche avanzate dal francese Allen Frances, presidente della task-force del DSM IV e di alcuni suoi colleghi che hanno condiviso il suo pensiero. Di seguito conosceremo i suggerimenti espressi da Jonathan Shedler, direttore e professore di psichiatria dell’ Università del Colorado nonché co-autore della SWAP200,in collaborazione con altri illustri nomi della psichiatria internazionale (Fonagy, Gabbard, Beck, Gunderson, Kernberg, Michels, Westen). A.FRANCES Il dottor Frances aveva inviato nel giugno 2009, unitamente al dottor Spitzer, una lettera ai membri dei gruppi di lavoro del DSM V, contenente una serie di raccomandazioni che, evidentemente, non son state prese in considerazione. Nella lettera i due esordivano in questo modo: “E’ nostra responsabilità salvare il DSM V da se stesso prima che sia troppo tardi”. Recentemente, nel febbraio 2010, Frances ha scritto un nuovo articolo sul Psychiatric Times dal titolo “Aprendo il vaso di Pandora: le 19 peggiori modifiche del DSM V”. Il tono polemico ricorre in tutto l’articolo; ripropongo qui i passi salienti: “ Ho già precedentemente criticato il DSM V (si riferisce qui alla lettera scritta con Spitzer) per la sua inutile segretezza, le sue rischiose ambizioni, i suoi metodi disorganizzati e per le sue scadenze non più credibili. Ora è finalmente tempo di valutare specificatamente la bozza del DSM V pubblicata nei giorni scorsi. Il primo fondamentale problema è la scrittura povera e inconsistente; le prime bozze sono scritte in maniera spesso imprecisa. Sono sorpresa che gli autori hanno fallito nell’obiettivo di curare il manuale con chiarezza e consistenza. C’è un grande dispiego di soldi,risorse e tempo per la revisione di un simile manuale e questa scrittura molto povera è un cattivo segno prognostico; c’è da aspettarsi che le versioni definitive dei vari disturbi saranno descritte in maniera ugualmente inconsistente, qualitativamente variabile e a volte incoerente. A livello di contenuto un secondo problema è l’alto incremento della percentuale dei disturbi mentali, che si manifesta in due forme: 1. Le nuove diagnosi sono estremamente comuni nella popolazioni generale; 2. L’introduzione di soglie diagnostiche più basse per alcuni dei disturbi già esistenti, a causa della rimozione della “rilevanza clinica” da ciascun disturbo come evidente confine tra patologia e normalità. Il DSM V produrrà decine di milioni di pazienti “falsi positivi”. Una terza debolezza pervasiva è l’insensibilità al possibile uso improprio del manuale in ambito forense. È necessario che i gruppi di lavoro rivalutino le importanti implicazioni forensi di alcune delle loro proposte, come ad esempio l’inclusione dell’attrazione verso adolescenti nella pedofilia. Alcune delle nuove diagnosi sono davvero problematiche: la peggiore novità è la Sindrome di rischio psicosi. Nella maggior parte degli studi la percentuale dei falsi positivi si aggira tra il 70 e il 75 %. La diagnosi, così approvata, condurrà alla prescrizione di farmaci antipsicotici atipici per centinaia di migliaia di adolescenti e giovani adulti. Non esiste alcuna prova che questi farmaci prevengano gli episodi psicotici, ed è al contrario certo che essi provocano un rapido aumento di peso e sono associati ad una ridotta aspettativa di vita, per non parlare dei loro costi e degli effetti indesiderati che producono. Il Disturbo depressivo misto ad ansia presenta sintomi aspecifici che sono ampiamente distribuiti nella popolazione generale e diventerà perciò uno dei più comuni disturbi mentali diagnosticati. 55 Allo stesso modo il Disturbo neurocognitivo minore è definito da sintomi altrettanto aspecifici di ridotta performance cognitiva che è piuttosto comune nelle persone sopra i 50 anni di età. Il Disturbo da alimentazione incontrollata ha una percentuale del 6% nella popolazione generale, percentuale che sarà destinata a crescere quando questa diagnosi darà utilizzata nei setting clinici; decine di milioni di “peccatori di gola” saranno sottoposti a terapie dall’efficacia non dimostrata. Il Disturbo di disregolazione del temperamento con disforia è una delle proposte più pericolose del DSM V. La diagnosi è così superficialmente definita che, a dispetto dell’intenzione di ridurre le eccessive diagnosi di disturbo bipolare nei bambini, gli autori hanno creato un nuovo mostro che sarà iperdiagnosticato e promuoverà una larga espansione dell’uso dei farmaci antipsicotici, con gli effetti sopracitati. Il Disturbo sessuale coercitivo potrà essere utilizzato in ambito forense a difesa dei “sex-offenders”, in quanto tale disturbo mentale include i casi di violenza sessuale. A mio avviso. La rimozione dal manuale del sistema assiale del DSM IV non è stata adeguatamente giustificata. Mi preme ricordare che la diagnosi multi-assiale costituiva un approccio multilivello, distinguendo tra stati (asse I) e tratti (asse II), determinava separatamente il contributo alla diagnosi di condizioni mediche generali (asse III) e di fattori ambientali (asse IV) e forniva una stima del funzionamento globale del paziente (asse V). La valutazione dimensionale porterà con sé non pochi problemi: innanzitutto mi sembra piuttosto scomoda e poco familiare per l’uso nella pratica quotidiana e le poche semplici dimensioni cui fa riferimento, credo, incontreranno la resistenza e lo scetticismo di molti clinici. Mi sembra un sistema complesso, vago, forse prematuro. Sarebbe stato più saggio includere una tale valutazione nelle appendici del DSM o in un volume separato di strumenti diagnostici. Anche le innovazioni in merito ai disturbi di personalità incontrano la mia disapprovazione, principalmente per l’esclusione di quelli che reputo 5 fondamentali disturbi (paranoide, narcisistico, istrionico, dipendente, schizoide). La mia visione complessiva sul futuro manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali è pessimistica. Ogni tappa del suo processo di sviluppo è stata segreta e disorganizzata; la sua pubblicazione è stata più volte rimandata ma gli autori non sono comunque riusciti a creare un prodotto di qualità. È stata forse la voglia e l’aspettativa di innovazione a far perdere di vista la consapevolezza del rapporto danni/benefici. Le mie uniche speranze sono riposte nella Commissione fiduciaria, che sarà incaricata di valutare e approvare questo manuale. Ai membri di tale commissione io rivolgo le mie raccomandazioni di: 1. Estendere di altri 3 mesi il periodo stabilito per i commenti pubblici; 2. Vagliare, in questo periodo, ogni singola parola di ciascun criterio di ogni disturbo e analizzarne chiarezza e consistenza; 3. Nominare tre sottocommissioni responsabili, rispettivamente, del monitoraggio dell’analisi forense, della valutazione rischi/benefici, e delle sperimentazioni su campo; 4. Rendere pubblici i metodi di tali sperimentazioni su campo; 5. Pianificare l’armonizzazione del DSM V con l’ ICD 11. Mi auguro che ciò avvenga.” E’ doveroso sottolineare che le critiche mosse dal dottor Frances hanno riscontrato successo e approvazione da molti altri clinici che, partendo dalle sue considerazioni, hanno sviluppato ulteriori riflessioni. Ne cito alcuni che hanno partecipato,con una serie di articoli, ad un simposio sulla critica al DSM V pubblicato quest’anno sul Bollettino dell’AAP&P (Association for the Advancement of Philosophy and Psychiatry): il dottor Cerullo, del Dipartimento di psichiatria dell’Università di Cincinnati ha biasimato l’ambizione dei membri dei gruppi di lavoro del nuovo manuale di creare un “cambiamento paradigmatico”, parole con cui la task-force si è espressa riprendendo il concetto di Kuhn. Il professore scrive: “il fatto di integrare nel nuovo manuale le più recenti scoperte nei vari campi specialistici non rappresenta affatto un cambiamento paradigmatico, bensì il naturale processo di espansione della precedente rivoluzione 56 biologica in psichiatria. Persino il DSM III non rappresentò, a suo tempo, un cambiamento paradigmatico ma il prodotto naturale dell’ascesa della psichiatria biologica. Credo che nell’uso di tale termine gli autori del nuovo manuale abbiano dato vita a un grave malinteso”. Ancora, il dottor Gillet, del Centro di Bioetica dell’Università di Otago, considera, condividendo il pensiero di Frances, l’eliminazione del sistema multiassiale dal DSM l’errore imperdonabile commesso dagli autori, in quanto “tale sistema non riguarda solo il metodo di classificazione, ma abbraccia la metafisica del disturbo mentale stesso”. Il dottor Phillips, del Dipartimento di psichiatria dell’Università di Yale, parla di una “gran confusione nel leggere ciò che per ora è stato pubblicato riguardo il DSM V. Il problema serio del DSM V è che non solo non abbiamo il cosiddetto (e promesso) cambiamento paradigmatico per rendere la nosologia più valida, ma non sappiamo nemmeno come e se esso possa realmente verificarsi. Ritengo utile non apportare ulteriori cambiamenti alla nosologia se questi non sono supportati da prove scientifiche reali, così da evitare diagnosi infondate”. C’è chi addirittura parla di uno scontro aperto tra liberali/radicali (gli autori del nuovo manuale) e i conservatori (gli autori delle precedenti edizioni). Si rimanda comunque alla lettura dell’intero bollettino sopracitato. SHEDLER, BECK, FONAGY, GABBARD, GUNDERSON, KERNBERG, MICHELS, WESTEN Questo commento, pubblicato a settembre 2010 su “Am J Psichiatry, riflette il punto di vista di questo gruppo di autori in merito ai Disturbi di personalità, e ciascuno di essi ha contribuito alla sua stesura. Eccone i passi principali: “Nella forma in cui ci è stato proposto nel draft, il DSM V presenta un cambiamento significativo nell’approccio alla diagnosi dei disturbi di personalità. Lo schema diagnostico suggerito è un conglomerato poco maneggevole di modelli tra loro incompatibili e che non possono felicemente coesistere. Crediamo che la maggior parte dei clinici non abbiano la pazienza e la perseveranza di usarlo nella loro pratica quotidiana. Ci risultano 5 livelli di funzionamento della personalità 5 tipi di personalità, 6 domini o fasce di valutazione della personalità, 4-10 caratteristiche o tratti per ciascuno di questi domini. Un approccio che sia clinicamente utilizzabile dovrebbe essere focalizzato sui tipi di persone, non sui tipi di scale di valutazione. I professionisti della salute mentale sono abituati a pensare in termini di sindromi di personalità, o patterns di comportamenti (come riconosciuto dalla precedente versione del manuale) e non in termini di dimensioni di tratti separate da valutare, come nel DSM V. L’approccio prototipico proposto ci sembra una buona idea, esistono supporti empirici per la sua validità. In questo caso i membri dei gruppi di lavoro si sono dimostrati sensibili alla necessità di sviluppare un approccio che lavori con, e non contro, i processi cognitivi dei clinici che lo devono utilizzare. Tale approccio è stato poi combinato con una seconda valutazione multidimensionale organizzata attorno a domini di tratti e non a sindromi. Tali domini sono stati sviluppati all’interno della psicologia accademica e hanno la loro origine in ricerche sulla popolazione normale, non clinica. Questo sistema dimensionale non è stato empiricamente analizzato. Se anche esso fosse validato, ci sono buone ragioni per dubitare che possa costituire un sistema clinicamente utilizzabile in ambito diagnostico. L’idea di combinare i due modelli, prototipico e dimensionale, rende il sistema complesso e di difficile utilizzo. Inoltre siamo fortemente convinti che i 5 tipi di personalità descritti sono insufficienti a coprire l’intero spettro di disturbi di personalità che vediamo ogni giorno nella reale comunità clinica. Presumiamo che alcuni disturbi di personalità siano stati eliminati per assenza di evidenza, ma assenza di evidenza non è evidenza di assenza! Crediamo che l’approccio dimensionale-prototipico non va nella direzione di un miglioramento del mondo della diagnosi psichiatrica della personalità. Al giorno d’oggi 57 l’ingresso nell’asse II sembra sempre più evitato e rimandato; vogliamo un sistema che rovesci, e non sostenga, questa sfortunata tendenza”. BIBLIOGRAFIA AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION Diagnostic and statistic manual of mental disorders, ed.4. American Psychiatric Association, Washington DC, text revision ed.2000 AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION Dsm5: the future of psychiatric diagnosis. www.dsm5.org 2010 ARAGONA M. The concept of mental disorder and the DSM V. 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