le medicine integrate
Rivista di
medicina
Spedizione in abbonamento postale – Allegato B Tipo B – (Tassa riscossa) – Autorizzazione n. 998 del 15.04.09 della Direzione Generale PP.TT. della Repubblica di S. Marino
omeopatia
fitoterapia
omotossicologia
floriterapia
naturopatia
psicosomatica
Rivista quadrimestrale di informazione. Anno VIII - n° 1 - Gennaio 2012 - € 1.50
®
www.dimabiodiet.com
®
Nelle migliori Farmacie
le medicine integrate
Direttore responsabile
Diletta Vaselli
Capo Redazione
Maurizio Petix
Redazione
Comitato scientifico
PromoPharma
Responsabile
Elisa Gessaroli
Grafica
Studio Valenti
06014 - S.Maria di Sette
Montone (PG)
Editore
Avalon di Gloriano Amici
Redazione
Avalon Strada Nona Gualdaria, 68
47895 Domagnano
Repubblica di San Marino
Tel. 0549 907025
Fax 0549 900104
e-mail [email protected]
Autorizzazione:
Segreteria di Stato per gli Affari
Interni
Prot. n. 569/75/2009
del 27 marzo 2009.
Copia registrata presso il Tribunale
della Repubblica
di San Marino.
sommario
Editoriale
05
Aspetti clinici del progetto DIMA BioDiet
07
Dr. Alberto Fiorito
Patologie invernali
09
Sintomi influenzali? La Natura dispone dei rimedi in grado di dominarli 12
Dr. Salvatore Corrado
Dott.ssa Giovanna Perrone, Dott.ssa Barbara Ostan
Cellulite: non solo un inestetismo
15
La medicina funzionale: un nuovo metodo di diagnosi e cura
19
Dr. Mario Toller
Honeysuckle
21
Maurizio Di Leo
Rimedi floreali ed essenze cristalline
22
Che cos’è l’agopuntura
27
Alimentazione: fonte di vita e salute
29
Recensioni web
33
Notiziario corsi
34
Gli inserzionisti sono gli unici
responsabili dei contenuti negli spazi
pubblicitari.
La riproduzione intera o parziale
di articoli o immagini deve essere
autorizzata dall’editore.
PromoPharma
Via Biagio di Santolino, 156
47892 Acquaviva (RSM)
tel 0549 911030
fax 0549 956700
Pierdomenico Locatelli
Graziella Pandiani
Dott.ssa Marina Mastrantonio
Dott.ssa Mara Ramploud
AVVISO IMPORTANTE
È in corso il riordino del database degli indirizzi per la spedizione della
rivista: tutti coloro che desiderano comunicare delle variazioni all’indirizzo
di spedizione o vogliono disdire il servizio possono inviare una e-mail a
[email protected] indicando nome, cognome ed indirizzo.
Grazie.
risultati eccellenti
Una linea completa di prodotti
che abbinati in sinergia aiutano
a contrastare efficacemente gli
inestetismi della cellulite.
®
editoriale
31 dicembre ore 20.00 circa, il suono proveniente dal cellulare avvisa che è arrivato un sms:
“L’anno che verrà è come un libro di 365 pagine bianche, spetta a Te scrivere la storia e colorarla di emozioni...”
Ci risiamo: ecco che come ogni anno, inevitabilmente,
veniamo portati a snocciolare nella nostra mente i buoni
propositi per questo 2012 appena iniziato, sperando magari
che i Maya con la “fine della terza creazione” non intendessero quanto descritto nel recente kolossal diretto da Roland
Emmerich, ma l’inizio di un magnifico periodo di pace e
serenità, all’insegna del rispetto dei diritti dell’uomo e della
natura; in un’unica parola un magnifico periodo di felicità.
Ma cosa possiamo proporci di fare per rendere speciali questi 366 giorni (il 2012 è bisestile!)? Noi delle Medicine Integrate potremmo semplicemente proporVi i pensieri classici:
una corretta alimentazione, una buona dieta equilibrata,
smettere di fumare, fare attività fisica... Pensieri e proponimenti classici appunto, ma vediamo invece se riusciamo ad
andare un po’ più a fondo.
Innanzitutto potremmo, anzi dovremmo, provare a vivere
al meglio il presente: spesso dedichiamo buona parte della
nostra energia a preoccuparci del futuro o ad avere rimpianti per il passato. Perché sprecare così tanta energia? Non c’è
nulla che si possa fare per cambiare il passato, e preoccuparsi
per qualcosa che non c’è ancora finisce per succhiarci ancora più energie, che non possiamo dedicare all’unica cosa
che possiamo controllare per davvero: il nostro presente.
Questo non vuol dire dimenticarsi di imparare dagli errori
del passato, o prepararsi per ciò che ci porta il futuro, ma
significa evitare di alimentare preoccupazioni inutili che ci
distolgono da ciò che veramente possiamo influenzare. Vivere il presente al meglio è il modo migliore per segnare il
futuro che ci si para innanzi, e magari porre rimedio anche
a qualche errore del passato.
Ma per vivere ed apprezzare al meglio il presente è anche
necessario essere sempre grati di quello che abbiamo: a volte
capita di incontrare persone che benché guadagnino meno
della metà di noi, e vivano in condizioni disagiate, sono in
grado di sorridere alla vita molto più di quanto abbiamo
mai fatto. Indaffarati nelle nostre mille attività quotidiane
spesso ci dimentichiamo che tutto ciò che ci circonda, dalle persone che amiamo, al lavoro che ci fornisce sicurezza
economica, agli amici, a tutto ciò che possediamo, sono
doni per i quali dobbiamo ringraziare. Sempre. Facendo
attenzione alle piccole cose. Dire grazie al tassista che ci ha
accompagnato al nostro appuntamento, al cameriere che al
bar ci ha fatto il caffè, al postino che ci ha consegnato un
pacchetto e così via può apparire un piccolo gesto insignificante, ma può fare la differenza. E inoltre, sicuramente,
quel tassista, quel cameriere, quel postino potranno fare
meglio il loro lavoro.
Diventa quindi importante rispettare e non giudicare gli
altri: spendiamo tantissima della nostra energia a giudicare
gli altri. Come si veste, come cammina, come parla, come
scrive, come canta, come ragiona, come si esprime, come
lavora, come non lavora, come cucina, come beve, come
fuma etc. etc. sono tantissime le fonti del nostro giudizio.
Ma troppo spesso ci dimentichiamo che quando puntiamo
il dito su qualcuno, altre tre dita della mano sono rivolte
verso di noi. E sappiamo quanto ci infastidisca essere giudicati. Al giudizio (troppo spesso pre-giudizio) cerchiamo
di sostituire atteggiamenti di apertura, ascolto e comprensione. Faranno del bene non solo alle altre persone, ma soprattutto a noi stessi perché ci lasceranno l’energia per poter
nutrire il nostro sviluppo.
Con tutti questi presupposti potremmo quindi provare a
sentirci sempre felici: se decidi di essere felice nessuno potrà
ostacolarti. Questo significa riuscire ad avere un atteggiamento mentale aperto e positivo rispetto a tutto.
Certo, non significa che verranno a mancare momenti di
sconforto o tristezza, ma saranno momenti limitati nel tempo, e che potranno avere il positivo esito di rinforzarti ancora nella Tua voglia di felicità. La cosa positiva è che quando
una persona è felice, tende ad attirare persone con il medesimo stato mentale. E’ importante sfruttare ogni occasione
in cui poter sorridere.
Proviamo ad utilizzare il tempo libero per fare le cose che
ci piacciono: coccolare il gatto; osservare il proprio figlio
mentre dorme; dare una carezza al partner prima di uscire;
leggere un buon libro sul divano mentre fuori piove; sorprendere gli amici con una cena cucinata da te; telefonare
alla mamma quando se ne sente il bisogno...
In definitiva, cari Lettori, questi sono i nostri propositi ed
il nostro augurio per il nuovo anno: che possiate vivere le
Vostre giornate al meglio, senza arrenderVi a succedanei o
imitazioni.
5
Allergie?
Prenditi una tregua.
spray nasale
Repubblica di San Marino
www.promopharma.it
capsule
®
®
Arriva la primavera…
e anche l’allergia!
Dott.ssa Giovanna Perrone
Medico Chirurgo. Specialista in Scienze dell’alimentazione. Esperto in Medicina Naturale. Esperto in Omeopatia, Omotossicologia e Discipline Integrate
Abstract: Allergia è una risposta del sistema immunitario caratterizzata da reazioni eccessive portate da particolari anticorpi (reagine o IgE) nei confronti di sostanze abitualmente innocue come ad esempio pollini. La natura ci viene incontro con diversi
rimedi (omeopatia, oligoelementi, fitoterapia e drenaggi).
Abstract: Allergy is an immune system response characterized by overreaction due to particular antibodies (reagin or IgE) which react
against normally harmless substances such as pollen. Nature helps us with different remedies (homeopathy, trace elements, phyto therapy
and draining).
Parole chiave: allergia, graminacee, polline, allergeni
Il termine allergia deriva dal greco allos (altro/diverso) e ergos
(azione/reazione), significa letteralmente reagire in modo
diverso, infatti l’allergia è proprio una reazione di difesa eccessiva
del sistema immunitario di fronte a sostanze considerate
erroneamente nocive.
Il soggetto allergico una volta entrato in contatto con l’allergene
manifesta una risposta immunologica anomala, il suo organismo
attiva le immunoglobuline E (IgE), una classe di anticorpi in
grado di legarsi alla superficie dei mastociti e dei basofili, cellule
(globuli bianchi) ricche di istamina, sostanza utile a combattere
l’allergene, ovvero l’elemento sconosciuto all’organismo, ma che
è alla base dei processi infiammatori e dei sintomi allergici.
La pollinosi si manifesta di solito tra i 7 e i 30 anni, colpisce
coloro che hanno una predisposizione a una risposta
esagerata del sistema immunitario verso una sostanza non
apparentemente dannosa, come in questo caso il polline,
che è chiamata allergene. La sua caratteristica principale è
la periodicità dei sintomi, che ogni anno si ripresentano nello
stesso periodo con leggere differenze dovute soprattutto al clima,
o meglio all’andamento della fioritura delle piante verso cui si è
sviluppata allergia. La rinite cronica, ed in particolare la rinite
allergica, rappresenta una patologia di frequente riscontro ed è
una infiammazione della mucosa del naso. Si stima che il 1030% della popolazione generale soffra di rinite allergica, nei
bambini addirittura questa percentuale salirebbe al 40%, più
precisamente secondo quanto riportato nel memorandum
SIAIC (Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica)
sulle riniti, la percentuale di rinopatici sta aumentando nei
giovani fino ad arrivare al 24.2%, e l’Italia non fa eccezione. La
sua frequenza è in netto aumento, soprattutto nelle grandi città
e l’inquinamento è uno dei fattori che portano all’incremento di
questa patologia.
Queste percentuali probabilmente sono sottostimate poiché
a volte i sintomi vengono sottovalutati da chi ne è affetto. Il
trattamento adeguato può, invece, evitare l’insorgenza a lungo
termine di complicanze invalidanti.
Nel 25% dei casi a dare problemi sono le graminacee, tra queste
Key words: allergy, grass, pollen, allergens
ci sono piante che crescono spontaneamente nei prati come
la gramigna, ma alcune anche coltivate come frumento, orzo,
avena, riso, granoturco, hanno una fioritura più prolungata (6-8
settimane) nei mesi di maggio-giugno.
Nel 21% dei casi la colpevole è la parietaria, fa parte della famiglia
delle urticacee, diffusa soprattutto nel Sud Italia, il periodo della
fioritura va da luglio a ottobre.
A creare problemi sono anche i pollini di alcuni alberi come
olivo, frassino e platano molto diffuso nel nord Italia, fioriscono
in particolare tra marzo e aprile.
In questi ultimi anni gli allergici hanno un nuovo demone contro
cui combattere ed è l’ambrosia, un’erba di strada originaria
degli Stati Uniti e del Canada, si è diffusa rapidamente anche
nel nostro paese, cresce un po’ ovunque, ai margini dei campi,
lungo la strada, sugli argini dei fiumi e produce grandi quantità
di polline, una sola pianta può produrre più di un miliardo di
granuli di polline, appartiene alla famiglia delle Composite tra
cui ricordiamo anche la camomilla, l’artemisia, il girasole e la
margherita, periodo di fioritura da luglio a ottobre.
Per individuare esattamente il polline alla base della reazione
allergica è possibile eseguire dei semplici test come il PrickTest e il Rast Test. Il primo si attua ambulatoriamente praticando
dei piccoli graffi sull’avambraccio dove viene depositata una
goccia di liquido contenente le sostanze da testare; se si forma un
pomfo significa che si è allergici a quell’allergene. Può mettere in
evidenza solo le reazioni che dipendono dalle IgE, quindi solo le
allergie. Il secondo valuta specifiche immunoglobuline E presenti
nel sangue, un esito negativo del test non esclude però la presenza
di un’ipersensibilità agli stessi alimenti testati. Le ipersensibilità
alimentari dette anche allergie alimentari ritardate colpiscono
5-6 persone su 10, ed esprimono per lo più una reazione lenta,
determinata dall’intervento di cellule o anticorpi diversi dalle
IgE (cellule Th intestinali) che insorgono dopo ore o giorni di
assunzione ripetuta della sostanza alimentare.
I sintomi di un’allergia sono rappresentati da crisi di starnuti,
congestione nasale, arrossamento del naso ed escoriazioni, occhi
gonfi che lacrimano e bruciano, gola irritata e nei casi più gravi
7
®
broncospasmo, e vere e proprie crisi asmatiche. Quello che
comunemente è definito “raffreddore da fieno” si manifesta
quando la concentrazione dei pollini nell’atmosfera supera i
10-20 grani di polline per metro cubo d’aria, ma è comunque
variabile a seconda della specie. Per avere un riferimento può
essere utile sapere che durante il mese di Maggio si raccolgono
anche 100 - 500 grani di Graminacea per metro cubo d’aria!
Vediamo quali sono i periodi della loro comparsa nell’aria.
•Nocciolo: da gennaio a fine marzo
•Olmo: da metà febbraio ad aprile
•Pioppo e Salice: da marzo a fine maggio
•Parietaria: da maggio a settembre, meglio conosciuta con
il nome di erba muraiola, diffusa soprattutto al sud nelle
zone costiere mediterranee, dove si nota quasi ovunque,
specialmente alla base dei muri soleggiati, in luoghi incolti
vicino a ruderi, tra pietra e terra, difficilmente a contatto con
asfalto e cemento, purtroppo i cambiamenti climatici di questi
ultimi anni hanno favorito la sua diffusione anche al Nord
•Betulla: da febbraio ad aprile
•Quercia, Faggio, Platino, Pino: da metà maggio a metà agosto
•Piantaggine, Acetosa: da maggio ad agosto
•Graminacee: da metà maggio a metà settembre; si rivelano il
peggior nemico per gli allergici in primavera, con un alto rischio
di febbre da fieno, presenti ad ogni latitudine, la loro prevalenza è
maggiore nell’Italia settentrionale, la fioritura inizia generalmente
nel mese di aprile, con picchi a maggio e giugno, i loro granuli
pollinici sono piuttosto grandi, per questo provocano sintomi
a carico soprattutto della mucosa congiuntivale e nasale, come
starnuti, ostruzione nasale e rinorrea
•Tarassaco: da maggio a giugno
•Ortica: da maggio a settembre inoltrato
Cosa fare?
Come sempre prevenire è meglio che curare: la principale
prevenzione per l’allergico è la tempistica del vaccino che
andrebbe iniziato prima della stagione pollinica; spesso chi
soffre di allergia invece tende ad automedicarsi solo nel periodo
critico, ricorrendo a terapie farmacologiche sintomatiche
8
con antistaminici, antileucotrienici, cortisonici nasali ed
eventualmente cortisonici inalatori e broncodilatatori,
invece di preoccuparsi della cura della malattia si limita solo
all’eliminazione del sintomo.
La componete infiammatoria gioca un ruolo determinante
nella sintomatologia allergica: studi recenti hanno evidenziato
come l’allergia tende a richiamare nelle cavità nasali o nei
bronchi molte cellule che prolungano lo stato infiammatorio
in atto mantenendo più a lungo anche i sintomi. Qualunque sia
l’allergene i disturbi, nel tempo, tendono a peggiorare e talvolta
dalla rinite si passa all’asma, questo perché lo stato infiammatorio
persistente nelle vie respiratorie porta al peggioramento della loro
funzionalità.
Per questi motivi le terapie devono occuparsi soprattutto
della cura dello stato infiammatorio e conseguentemente
della modulazione del sistema immunitario.
Proprio in virtù del legame tra infiammazione e sintomatologia
allergica, sarebbe utile porre attenzione anche alla propria
alimentazione, cercando di riportare l’intero organismo ad
un equilibrio generale mediante l’individuazione di eventuali
intolleranze alimentari (meglio definite recentemente allergie
alimentari ritardate) che sostengono lo stato infiammatorio,
senza dimenticare che molti alimenti contengono degli antigeni
simili a quelli dei pollini, per questo si parla di allergie crociate,
curare la propria alimentazione aiuta anche a curare le allergie,
come conferma uno studio pubblicato sul Journal of Allergy and
Clinical Immunology (Brandt EB et al, J Allergy Clin Immunol
2006 Aug;118(2):420-7).
Si parla infatti anche di sindrome orale allergica, ovvero la
doppia allergia a frutta e verdura e ad alcuni pollini che regala
bruciore sulla lingua, gonfiori alle labbra, starnuti, lacrimazione.
L’allergia combinata a vegetali e pollini è dovuta a una
reazione “crociata”: alcune proteine degli allergeni presenti
negli alberi e nelle erbe allergizzanti sono infatti comuni ad
alcune specie vegetali commestibili. Il periodo peggiore è la
primavera, quando i sintomi delle pollinosi sono più accentuati
e ad essi si sommano quelli della sindrome orale allergica. È
importante conoscere quali cibi possono dar luogo ad una
®
reazione allergica crociata, di seguito evidenziamo alcuni cibi
che sarà opportuno evitare per i soggetti allergici ai vari pollini.
•Graminacee: frumento, pomodoro, kiwi, agrumi, melone,
anguria, pesca, ciliegia, albicocca, prugna, mandorla.
•Parietaria: basilico, ortica, melone, ciliegia, gelso
•Composite: cicoria, tarassaco, camomilla, banana, castagna,
sedano, prezzemolo, carota, finocchio, pepe verde, olio di
girasole, margarina, miele
•Betulacee: mela, pera, nespola, pesca, ciliegia, albicocca,
prugna, mandorla, lampone, fragola, frutta secca, kiwi, sedano,
prezzemolo, carota, finocchio
È possibile attuare una terapia preventiva, con una
immunoterapia specifica, una sorta di vaccinazione che
garantisce una desensibilizzazione abbastanza duratura, poiché
modifica la risposta immunologica di chi soffre di allergia.
È però necessario iniziare la terapia quando l’allergia
non si è ancora manifestata. È interessante osservare che
operare una immunoterapia specifica ad alto dosaggio nei
confronti degli allergeni può essere estremamente rischioso per
qualsiasi soggetto allergico, mentre la possibilità di attuare una
iposensibilizzazione attraverso una induzione di tolleranza “a
bassa dose” (low dose tolerance) rende tale meccanismo più
semplice; le basse dosi determinano una regolazione diversa delle
cellule che stanno alla base della reazione, poiché prevengono
efficacemente le manifestazioni allergiche acute favorendo il
recupero della tolleranza dell’organismo nei confronti degli
allergeni responsabili dei sintomi allergici.
Per quanto riguarda le terapie classiche ricordiamo che l’utilizzo
di antistaminici di ultima generazione, consente di impiegarli
in modo continuativo durante il periodo della pollinazione,
perché oltre a migliorare i sintomi esercitano anche un’azione
antinfiammatoria.
Infine qualche aiuto ci viene dalla stessa natura che può essere
nemica quanto amica, ecco di seguito alcuni dei rimedi che ci offre.
Omeopatia
I rimedi utilizzati nelle fasi acute di una manifestazione allergica
sono moltissimi e dipendono dal sintomo evidenziato, ricordiamo
però che il trattamento omeopatico di fondo è fondamentale per il
successo della terapia. In caso di manifestazione allergica può essere
utile l’assunzione di Histaminum 30 CH, 5 granuli 3-4 volte al
giorno secondo la gravità e l’intensità dei sintomi; viene spesso
associato sia ai rimedi acuti sia a quelli di fondo in presenza di
sintomi acuti di allergia, in particolare pollinosi o orticaria. In caso
di asma (dal greco affanno) dovranno essere ricercati mediante
test specifici gli allergeni che la provocano e successivamente
si potranno utilizzare dei rimedi sia sintomatici che di fondo,
ma data la complessità della patologia è opportuno valutare con
il proprio medico la strategia terapeutica più appropriata. Se
il sintomo è “il raffreddore da fieno” e quindi i sintomi principali
sono rappresentati da crisi di starnuti, naso che cola, congestione
nasale, occhi gonfi congesti che lacrimano e bruciano e gola irritata
sceglieremo fra i seguenti rimedi che potranno essere assunti alla 5–7
CH (3-4 granuli 2 o 3 volte al giorno, ma anche più volte in fase
acuta). È consigliabile l’associazione di oligoelementi e/o fitoterapici.
I rimedi acuti
Allium cepa: secrezione nasale irritante, abbondante e molto
liquida; occhi poco arrossati e miglioramento respirando aria
fresca.
Euphrasia: se prevale la congiuntivite con lacrimazione (occhi
molto arrossati e brucianti, che migliorano stando al buio)
secrezione nasale scarsa e poco irritante.
Naphtalinum: secrezioni nasali irritanti, occhi arrossati e molto
irritati, miglioramento respirando aria fresca.
Sabadilla: da associare agli altri rimedi quando è presente un
intenso prurito interno del velo palatino.
Apis: assenza di secrezione per edema del naso, prurito e dolori
brucianti migliorati dal freddo.
Arsenicum album: secrezione nasale irritante con senso di
bruciore locale, lacrimazione irritante con bruciore degli occhi,
miglioramento con aria tiepida.
Ammonium muriaticum: caratteristiche identiche a quelle di
Allium cepa; in più c’è il fatto che pur buttando fuori moltissime
secrezioni liquide dal naso, riempiendo molti fazzoletti al giorno,
c’è la sensazione di avere sempre il naso chiuso e non si riesce a
sentire alcun odore.
Gelsemium: secrezione acquosa con cefalea molto intensa.
Sanguinaria: secchezza intensa delle mucose, poliposi nasale.
I rimedi di fondo
Calcarea carbonica: alternanza con disturbi digestivi, facilità ad
ammalarsi di affezioni respiratorie, poliposi nasale.
Natrum muriaticum: soggetti magri, freddolosi disidratati,
perdita dell’olfatto e del gusto, desiderio di sale, i sintomi
peggiorano al mare.
Sulfur: alternanza con allergie cutanee, con prurito che si aggrava
con l’acqua.
Oligoelementi
Può essere inoltre utile, per controllare la sintomatologia allergica,
l’uso di alcuni minerali che svolgono una specifica azione di
riequilibrio del sistema immunitario. In genere il consiglio
terapeutico è quello di usare una miscela ad esempio ManganeseZinco-Rame. Il manganese è particolarmente utile nei casi di
asma e rinite da fieno, lo zinco migliora il funzionamento del
sistema immunitario, il rame svolge un’importante azione
antiossidante e antinfiammatoria.
Ribes nigrum
Fitoterapia e drenaggi
I rimedi più efficaci vengono proprio da quella stessa natura che le
provoca, tra le piante medicinali in primis troviamo il ribes nero
capace di stimolare le ghiandole surrenali a produrre molecole simil
cortisoniche, utili per combattere le reazioni allergiche; è possibile
trovarlo sottoforma di olio di Ribes nero (in capsule, 2 o 3 capsule al
giorno) o del Ribes nigrum 1D macerato glicerico, assumendone
30-40 gocce per 2-3 volte al giorno. In genere, superato il breve
periodo di accentuazione di 1-4 giorni, la situazione si normalizza
nuovamente, consentendo alla persona di proseguire serenamente
con il suo trattamento di base.
9
Metodo dimagrante
Il nuovo metodo dimagrante
per le adiposità generalizzate e localizzate
Dimagrimento mirato con azione efficace sulla silhouette
Scomparsa della fame
Nessun avvizzimento sulla pelle
Rapidità e facilità d’uso dei prodotti
www.aminbiodiet.com
®
I vantaggi del metodo dimagrante
AminBiodiet®
Dott. Giuseppe Castaldo
Medico-chirurgo. Specialista in Scienza dell’Alimentazione. Responsabile U.O. di Dietologia e Nutrizione Clinica. AORN “Moscati ”Avellino.
Abstract: Il metodo dimagrante Amin Biodiet® è un metodo che ha l’obiettivo di produrre un importante dimagrimento, di modellare la
silhouette, di evitare una ripresa del peso corporeo e di educare il paziente ad una alimentazione e stile di vita corretti. Il metodo prevede tre
fasi: dieta oloproteica, dieta dissociata integrata, dieta monopiatto di tipo mediterraneo. Il programma ha una durata limitata nel tempo.
Abstract: The Amin Biodiet® is a weight loss method that has the aim to produce a significant weight loss, shaping of the silhouette, avoid resumption
of the weight loss and to educate the patient to a correct diet and lifestyle. The approach involves three phases: holoprotein diet, dissociated supplementary diet, Mediterranean-style single-dish diet. The program has a limited duration in time.
Parole chiave: dieta oloproteica, dieta dissociata integrata, dieta monopiatto di tipo mediterraneo
Key words: holoprotein diet, dissociated supplementary diet, Mediterranean-style single-dish diet
È un metodo dimagrante, elaborato e sperimentato dal dottor
Giuseppe Castaldo, responsabile della U.O. di Dietologia e Nutrizione Clinica dell’Azienda Ospedaliera Moscati di Avellino, ideale
per combattere le adiposità generalizzate e localizzate, che ha l’obiettivo di produrre un importante dimagrimento, di modellare la
silhouette, di evitare una ripresa del peso corporeo e di educare il
paziente ad una alimentazione e stile di vita corretti.
Il metodo prevede 3 fasi:
• la dieta oloproteica
• la dieta dissociata integrata
• la dieta monopiatto di tipo mediterraneo
Il programma ha una durata limitata nel tempo dai 2 ai 6 mesi di
terapia (da 1 a 3 cicli di terapia, in relazione ai chili da perdere; una
durata più lunga è naturalmente prevista per i grandi obesi).
Le tre fasi del metodo sono caratterizzate da:
• Fase 1 - Dieta oloproteica
1.dieta a basso contenuto calorico, ipoglucidica ed ipolipidica
2.apporto di aminoacidi e sieroproteine di alto valore biologico in
quantità idonee a mantenere il bilancio azotato in equilibrio
3.supplementazione con specifici minerali, oligoelementi e vitamine, con fitoterapici drenanti, remineralizzanti, euritmici e stimolanti il metabolismo, con sostanze alcaline, antiossidanti, omega
3, prebiotici ed epatoprotettori
4.durata di 3 settimane, da ripetere eventualmente in ragione degli
obiettivi ricercati, con perdita rapida di massa grassa, senza fame
e stanchezza
• Fase 2 - Dieta dissociata integrata
1.ha una durata doppia (6 settimane), rispetto alla Fase 1
2.introduzione graduale di tutti gli alimenti, per modulare la lipogenesi da iper-insulinemia
• Fase 3 – Dieta monopiatto di tipo mediterraneo
1.prescrizione di una dieta equilibrata e personalizzata adeguata
all’attività svolta
2.prescrizione di appropriata attività fisica
FASE 1 - DIETA OLOPROTEICA
Assicura un dimagrimento rapido, effettuato a spese della massa
grassa e senza ripresa di peso ulteriore se le fasi seguenti saranno
correttamente rispettate.
Principi della Dieta Oloproteica
1.Ottenere un bilancio calorico negativo con una dieta a bassissimo contenuto calorico
2.Bilancio azotato equilibrato per proteggere la massa muscolare
ed evitare di sovraccaricare reni e fegato
3.Produrre corpi chetonici come fonte energetica, con effetto euforizzante ed anoressizzante
Con la soppressione quasi totale dei glucidi, presenti in minima
parte solo nelle verdure permesse, si ottiene un rapido calo dell’insulina con conseguente stimolo della lipolisi. La rapida distruzione
dei trigliceridi, in carenza di zuccheri, favorisce la produzione dei
corpi chetonici. I corpi chetonici che si formano nel digiuno proteico forniscono l’energia che richiede l’organismo nel corso della
Dieta Oloproteica. Da ciò si può concludere che la Dieta Oloproteica permette di utilizzare efficacemente l’energia del tessuto adiposo, riducendolo, senza intaccare la massa magra. Di particolare
interesse è stato il rilevare che con il metodo dimagrante AMIN
BIODIET® la perdita di grasso avviene principalmente nei distretti di adiposità localizzata in eccesso, quali il distretto trocanterico
nelle donne e l’adiposità addominale nei maschi e nelle donne
dopo la menopausa. In tali distretti corporei la lipolisi è in genere difficoltosa per l’azione di ormoni lipogenetici quali estrogeni
ed insulina. È stato dimostrato che agendo sullo stesso recettore
l’insulina e gli estrogeni attivano l’adipogenesi, mentre il GH inibisce l’adipogenesi ed attiva la lipolisi. Ne consegue che una dieta
capace di ridurre i tassi circolanti d’insulina e di aumentare i tassi
ematici di GH può essere utilizzata nel trattamento dietetico delle
adiposità localizzate. Una dieta di questo tipo è appunto la Dieta
Oloproteica. L’assunzione di sieroproteine, di particolari aminoacidi quali arginina, ornitina, citrullina e taurina, di vitamina B 6 e
zinco induce la massima secrezione di GH.
11
®
bilirubinemia frazionata, gamma gt, colinesterasi, albuminemia, fosfatasi alcalina), all’equilibrio elettrolitico (sodiemia,
potassiemia, calcemia e magnesiemia) restano stabili, in considerazione della supplementazione effettuata con gli integratori
specifici
12.Protezione della pelle: mantenimento dell’elasticità e tonicità
della pelle grazie alle sieroproteine, agli aminoacidi idrossiprolina, cistina ed al silicio. Nella pelle le fibre di collagene sono di
gran lunga la categoria di proteine più abbondantemente rappresentate, prodotte dai fibroblasti e costantemente rinnovate.
L’integrazione proteica con sieroproteine ed aminoacidi, oltre
l’integrazione con il silicio organico biodisponibile, permette
di rispettare questo turnover e dunque di proteggere e migliorare la pelle ed il sottocutaneo, sempre più compromesso nei
sovrappesi ed obesità ed in conseguenza di diete carenti.
Effetti positivi della Dieta Oloproteica
1. Assenza di fame e stanchezza. Nella Dieta Oloproteica la produzione di corpi chetonici produce un effetto stimolante e
anoressizzante, effetto rinforzato dall’assunzione dell’ aminoacido triptofano, precursore della serotonina, assunto tramite
gli integratori. Se la dieta viene seguita correttamente, la sensazione di fame scompare dopo 2-3 giorni. Questa ricompare
nel caso si assumano alimenti contenenti zuccheri
2. Protezione della massa muscolare: l’apporto di determinate
quantità di sieroproteine ad alto valore biologico e di aminoacidi quali arginina, ornitina, citrullina, taurina, stimolanti la
produzione di GH, permette di proteggere la massa magra, in
particolare dei muscoli e del miocardio
3. Risultati veloci con perdita di peso fino a 500 gr al giorno, con
una media di 2-3 Kg alla settimana; si verifica in particolare
dopo i 21 giorni della dieta oloproteica la riduzione di uno o
due taglie corporee
4. Riduzione mirata delle adiposità localizzate con esaltazione
della lipolisi distrettuale, grazie all’azione dell’ormone GH; ciò
determina un riequilibrio della silhouette, specialmente nelle
pazienti che presentano una distribuzione del grasso di tipo
ginoide
5. Diminuzione importante del grasso addominale
6. Miglioramento o normalizzazione dei parametri della sindrome metabolica (glicemia, trigliceridi, colesterolo, pressione
arteriosa, steatosi epatica, indici infiammatori e riduzione circonferenza vita)
7. Calo dei livelli ematici dell’insulinemia con miglioramento o
normalizzazione dell’insulinoresistenza
8. Controllo del paziente: la Dieta Oloproteica rileva eventuali
errori o inosservanze del regime dietetico; un semplice chetotest delle urine permette di verificare la presenza di corpi
chetonici. Un test negativo significa apporto glucidico non
conforme al protocollo alimentare
9. Rieducazione alimentare con l’applicazione del metodo dimagrante AMIN BIODIET®, che prevede dopo la Dieta
Oloproteica, la prescrizione della Dieta Dissociata Integrata e
della Dieta Monopiatto di tipo Mediterraneo, che sono regimi
dietetici equilibrati
10. Miglioramento del sonno con riduzione o scomparsa delle apnee notturne e delle dispnee respiratorie
11.I parametri di laboratorio relativi al funzionamento del rene
(azotemia, creatininemia, uricemia), del fegato (transaminasi,
12
FASE 2 - DIETA DISSOCIATA INTEGRATA
Questa fase deve essere sistematica dopo ogni dieta oloproteica per
ottenere il risultato previsto. In questa fase è prevista la reintroduzione dei carboidrati che saranno assunti in maniera disgiunta
rispetto alle proteine. Nella fase 2 del Metodo Dimagrante AMIN
BIODIET® è prescritta l’integrazione proteica ed aminoacidica
a colazione, oltre l’utilizzo di fitoterapici drenanti e di sostanze
stimolanti il catabolismo lipidico. Si può tuttavia iniziare il
programma da questa fase per poi concluderlo con la Dieta Oloproteica. Per alcuni pazienti che presentano lieve sovrappeso si può
peraltro prescrivere la Dieta Dissociata Integrata, senza prevedere
alcun ciclo di Dieta Oloproteica. è utile quindi personalizzare il
metodo dimagrante AMIN BIODIET® secondo le caratteristiche
e gli obiettivi dei singoli soggetti. Per perdite di peso considerevoli,
è consigliabile alternare più volte la prima e la seconda fase in attesa
di passare alla terza fase.
Principi fondamentali della Dieta Dissociata Integrata:
1.Introduzione progressiva di carboidrati a basso e medio indice
glicemico per evitare una iperinsulinemia con stimolo alla lipogenesi e ipoglicemia secondaria, che stimola la fame
2.Aumento della razione calorica giornaliera per riequilibrare il
metabolismo
3.Riduzione degli integratori e della complementazione di minerali
4. Educazione del soggetto ad una attività fisica quotidiana e regolare
5. Programmazione di un dimagrimento di circa 1 kg a settimana.
La Dieta Dissociata Integrata prevede l’integratore proteico ed
aminoacidico a colazione e vari alimenti, a copertura del fabbisogno energetico e dei micro e macronutrienti, suddivisi in 4-5 pasti
giornalieri.
®
Questa dieta combatte la sensazione di fame, tipica delle diete ipocaloriche, con l’introduzione delle sieroproteine e di determinati
aminoacidi a colazione, che hanno un effetto antiastenico ed antifame, in quanto stimolano la sintesi degli ormoni della sazietà.
Inoltre è implementato il catabolismo lipidico grazie all’acido alfa
linolenico, alla carnitina, al coenzima Q10 ed alla fucoxantina.
Interessante è infine l’attività drenante e rimineralizzante esercitata
dall’orthosiphon, dall’ortica e dall’equiseto, oltre l’azione antidistimica del biancospino.
FASE 3 - LA DIETA MONOPIATTO DI TIPO MEDITERRANEO
È un’alimentazione equilibrata utile per una rieducazione alimentare. Permette di stabilizzare il peso senza avere l’impressione di
seguire una dieta.
Una sana ed equilibrata alimentazione è essenziale per uno stato
di buona salute. Il modello di riferimento per questa fase è la dieta
mediterranea, basata sul tradizionale apporto di carboidrati complessi, proteine sia vegetali che animali, pochi grassi e ricca di frutta
e verdura.
Principi fondamentali della Dieta Monopiatto di tipo Mediterraneo
1.Apporto calorico adeguato al fabbisogno energetico giornaliero
• I lipidi rappresentano meno del 30% del consumo calorico
giornaliero, con preferenza per i grassi mono e polinsaturi di
origine vegetale e limitazione dei grassi saturi di origine animale
• I carboidrati coprono almeno il 50% del consumo calorico
giornaliero, privilegiando zuccheri a basso e medio indice glicemico e zuccheri complessi (pane, pasta, riso e cereali integrali),
con limitazione di quelli semplici (dolci, bevande zuccherate,
zucchero)
• Le proteine costituiscono meno del 20% del consumo calorico
giornaliero, privilegiando proteine di origine vegetale, pesce e
carni magre
• Frutta e verdura sono ben rappresentate in quanto apportano
minerali, vitamine e fibre per una corretta funzione metabolica
e intestinale.
2.Aumento del dispendio energetico
• Combattere la sedentarietà e praticare almeno tre giorni alla
settimana un programma di attività fisica preferita; molti studi
hanno evidenziato che i soggetti con un programma di consumo energetico prestabilito conservano meglio il proprio peso, in
quanto l’attività fisica migliora la funzionalità dell’insulina.
3.Modifica dello stile di vita
• Ridurre drasticamente o eliminare il fumo, l’alcol, i continui
fuoripasto e le abbuffate.
Il metodo dimagrante AMIN BIODIET®, che si caratterizza per
la sicurezza e la qualità del protocollo, pur essendo un metodo sicuro e semplice da utilizzare, deve essere obbligatoriamente prescritto
e monitorato da un nutrizionista esperto, che ha seguito specifici
corsi di formazione, il quale è l’unico in grado di valutare, in seguito a visita medica ed alla verifica degli esami, le indicazioni e le
controindicazioni.
© Gefaldiet Service srl
tutti i diritti riservati
13
®
®
Ansia? …
Si può intervenire anche con il
contributo delle medicine integrate!
Dr. Salvatore Corrado
Esperto in botanica, fitoterapia ed omeo-bioterapie. Dal 1979, Accademico al merito dell’Accademia internazionale di Psicobiofisica di
Bergamo, Ateneo di Scienze per lo studio dei fenomeni Fisici, biologici e psichici. Dal 1981 Accademico associato al merito dell’Accademia
Tiberina in Roma, Istituto di Cultura Universitaria per lo studio, lo sviluppo e l’esaltazione delle Scienze.
Absract: Ansia, termine molto ricorrente non solo negli ambienti medici, ma anche in quelli familiari, scolastici, di lavoro, tra coppie e
gruppi di amici d’ogni ceto sociale e fascia d’età. Dopo averne analizzato gli aspetti più importanti, vengono proposti alcuni tra i più efficaci
rimedi fitoterapici e fito-omotossicologici.
Abstract: Anxiety, very important word not only in medical environment, but even in the domestic, scholastic, working world, between couples and
in friend groups, in every social class and age. After the most important aspects have been analyzed, the most effective phyto-therapeutic and phytohomotoxicological remedies are proposed.
Parole chiave: ansia, medicine integrate
In Occidente 400.000.000 di persone accusano disturbi d’ansia
ma, per non andare molto lontano, basti pensare che solo in Italia
ben sette milioni e mezzo di persone soffrono questo stato psichico
e fanno comunemente ricorso a varie terapie. Allora cerchiamo di
conoscere meglio questa condizione e capire cosa possiamo fare per
dominarla o comunque governarla.
L’ansia è una condizione psichica (prevalentemente cosciente) caratterizzata da uno stato di inquietudine accompagnato da senso di
insicurezza, sensazione di paura più o meno intensa e duratura, che
può essere connessa o meno ad uno stimolo specifico (interno od
esterno) ovvero ad una mancata risposta di adattamento dell’organismo ad una qualunque determinata e soggettiva fonte di stress
per l’individuo stesso. Essa è una complessa combinazione di emozioni negative che includono paura, apprensione e preoccupazione
e rappresenta un meccanismo protettivo individuale che comprende sia sintomi psichici che somatici: paura, panico, angoscia, nausea, agitazione, nervosismo, tremore interno, tachicardia, dolori al
petto, iperventilazione, disturbi gastroenterici, disturbi del sonno
ed altri ancora. L’ansia può esistere come disturbo nervoso primario oppure può essere associata ad altri problemi di salute, inclusi
altri disturbi psichiatrici. I segni somatici sono il frutto di una iperattività del sistema nervoso autonomo, e in generale della classica
risposta da parte del sistema simpatico del tipo “combatti e fuggi”.
L’ansia si differenzia dalla paura vera e propria per il fatto di essere
aspecifica, vaga o derivata da un conflitto interiore.
Secondo le più recenti acquisizioni, l’ansia sembra avere varie componenti di cui una cognitiva, una somatica, una emotiva e una
comportamentale. La componente cognitiva comporta aspettative
di un pericolo diffuso e incerto. La componente somatica comporta
la preparazione dell’organismo ad affrontare la minaccia (reazione
d’emergenza). La componente emotiva è responsabile del senso di
terrore o panico, della nausea e dei brividi. Dal punto di vista comportamentale, ci si trova ai due estremi dei disturbi d’ansia, cioè si
Key words: anxiety, integrated medicine
possono presentare sia comportamenti volontari che involontari,
diretti alla fuga o all’evitare la fonte dell’ansia (non-adattivi). In
ogni caso l’ansia non sempre è patologica o non-adattiva: è un’emozione comune come la paura, la rabbia, la tristezza e la felicità,
ed è una funzione importante in relazione alla sopravvivenza.
Se l’ansia ricorre cronicamente ed ha un forte impatto sulla vita
di una persona si parla di disturbo d’ansia. I più comuni sono: il
disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo di panico, le fobie specifiche, la fobia sociale, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo
post-traumatico da stress.
Il disturbo d’ansia generalizzato è un disturbo cronico comune che
interessa prevalentemente le donne (due per ogni uomo colpito)
le quali, a causa della tensione muscolare persistente e le reazioni
autonomiche alla paura, possono sviluppare emicrania, palpitazioni, vertigini e insonnia. Nel disturbo di panico, la persona soffre di
brevi attacchi di terrore e apprensione intensi che causano tremore
e scosse, vertigini e difficoltà respiratorie; una complicazione comune del disturbo di panico è l’agorafobia, ansia riguardo l’essere
in una situazione da cui la via d’uscita è difficile o imbarazzante.
Altre fobie di larga diffusione sono la claustrofobia, ossia la paura
dei luoghi e delle situazioni chiuse, e l’ipocondria, la paura di ammalarsi e/o di morire. Le fobie specifiche riguardano la paura verso
oggetti appuntiti e/o taglienti come quella dei coltelli, oppure la
paura verso alcuni animali come ratti o ragni; gli individui con
il disturbo della fobia sociale sperimentano una paura intensa di
essere valutati negativamente dagli altri o di essere imbarazzati in
pubblico a causa di atti impulsivi e diventano così ansiosi che la
performance è fuori questione. Altra forma di fobia sociale è la
”timidezza d’amore” o “ansia da prestazione” che rende incapaci
d’intraprendere una relazione intima adulta. Il disturbo ossessivocompulsivo è caratterizzato da ossessioni e/o compulsioni: le prime
sono pensieri o immagini angoscianti e ripetitivi che l’individuo
spesso realizza essere senza senso, le seconde sono comportamenti
15
®
Melissa
Biancospino
ripetitivi che la persona si sente costretta a compiere per alleviare
l’ansia. Il disturbo post-traumatico da stress è rappresentato dall’insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento. Esso risulta definito da una
costellazione di sintomi conseguenza dell’evento traumatico che la
persona ha vissuto direttamente o a cui ha assistito e che ha implicato una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. L’evento
deve avere creato una paura intensa, orrore e un senso d’impotenza
(es. guerra, alluvioni, terremoti, incidenti).
Da quanto fin qui, se pur semplicemente e sinteticamente esposto,
si evince la complessità della materia e di conseguenza, altrettanto
complesso risulta essere il trattamento dello stato psichico. Le possibilità terapeutiche sono diverse e la scelta del metodo spetta al
professionista che prende in esame il caso clinico e che comunque
decide se applicare un protocollo piuttosto che un altro, si va dalla
classica terapia farmacologica alla psicoterapia, dalla psicoterapia
cognitivo-comportamentale alle terapie con le medicine integrate:
agopuntura, fitoterapia, omeopatia, omotossicologia, floriterapia,
ecc.
Noi, pur con il massimo rispetto per tutte le metodiche terapeutiche, qui, con la consapevolezza che l’obbiettivo da raggiungere è
”migliorare la qualità della vita” prendiamo in considerazione alcune possibilità offerte da quell’immenso mondo delle medicine
integrate. Sono sempre più numerosi i professionisti che adottano
protocolli terapeutici che prevedono l’associazione di più metodi
terapeutici, come ad esempio psicoterapia ed agopuntura, agopuntura ed omeopatia, fitoterapia ed omeopatia, fitoterapia ed omotossicologia, fitoterapia e floriterapia, ecc. Ognuno fa tesoro del
proprio bagaglio di conoscenze e dell’esperienza accumulata nel
tempo, tenendo presente che spesso è il paziente stesso a suggerire
(direttamente o indirettamente) il metodo terapeutico da adottare
quindi, per ottenere un maggiore successo è fondamentale ascoltare, comunicare, capire e concordare piuttosto che imporre un
metodo.
Per quanto concerne la fitoterapia, sono diverse le piante che possono essere prese in considerazione, ma noi ci limitiamo ad analizzar16
Tiglio
ne alcune che la letteratura annovera come quelle che sicuramente
hanno un’azione tranquillante naturale grazie ai loro fitocomplessi,
il cui meccanismo d’azione è del tutto simile a quello dei farmaci
di sintesi senza però causare gli stessi effetti indesiderati. Esse sono:
la Melissa (Melissa officinalis), il Tiglio (Tilia tomentosa), il Biancospino (Crataegus oxyacantha).
Melissa officinalis (Melissa)
Pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle labiate,
alta circa 40–50 cm, dal caratteristico profumo di limone. Originaria del mediterraneo orientale, è molto comune nei boschi e
nei luoghi ombrosi, fiorisce e si raccoglie a primavera inoltrata e
le parti usate sono foglie e sommità fiorite. Essa possiede una particolare affinità (organotropismo) per il sistema neurovegetativo e
l’apparato gastroenterico. È molto ricca di principi attivi ed il suo
principale costituente è un’olio essenziale contenente pinene, citrale, citronellale, geraniolo, linalolo, citranellolo, responsabile dell’attività sedativa e spasmodica. Altri componenti sono: amari, acido
rosmarinico, acido caffeico, acido clorogenico, acidi triterpenici,
eterosidi flavonici. La melissa esplica un’azione sedativa generale
e spasmodica. Le sue indicazioni sono: ansia, ipereccitabilità, nervosismo, spasmi dolorosi addominali, insonnia, vertigini, acufeni,
emicrania, manifestazioni psicosomatiche a livello cardiaco e intestinale.
Tilia tomentosa (Tiglio)
Albero longevo, appartenente alla famiglia delle tiliacee, alto fino a
30 metri largamente coltivato, ma nasce spontaneo in tutta Europa, soprattutto nella parte meridionale. Le parti usate sono gemme
e fiori. Possiede particolare affinità (organotropismo) per il sistema
neurovegetativo, l’apparato cardiocircolatorio e l’intestino. I componenti principali del tiglio sono: flavonoidi glucosidici, tiliacina,
amaro di natura triterpenica, polifenoli, vitamina C, olio essenziale, farnesolo, mucillagini, metipentosi, acido galatturonico e saponine. Esso possiede proprietà sedative generali, antispasmodiche,
ipnoinducenti. Le sue indicazioni sono: stati ansiosi, insonnia,
distonie neurovegetative, eretismo cardiaco, ipertensione arteriosa
(soprattutto da stress), intestino irritabile. Tra le sinergie, si eviden-
®
zia quella con il Crataegus oxyacantha nel trattamento dell’ansia e
dell’ipertensione arteriosa.
Crataegus oxyacantha (Biancospino)
Arbusto appartenente alla famiglia delle rosacee, alto anche 4 o 5
m, molto ramificato, con rametti spinosi, foglie pentalobate a margine intero, fiori bianchi raggruppati in corimbi e frutti ovoidali,
rossi e farinosi. La pianta è comune nei boschi di pianura e di montagna, è diffusa in quasi tutta Europa, bacino Mediterraneo e nord
America. Le parti usate sono fiori e frutti. Esso possiede particolari
affinità (organotropismo) per il cuore, vasi arteriosi, sistema nervoso centrale e sistema neurovegetativo. I componenti principali del
biancospino sono: glucosidi crategina e ossiacantina, amigdalina,
acido crategolico, clorogenico e caffeico, colina, tannini, pectine,
sorbitolo, flavonoidi, vitamina C, acidi triterpenici, acido crategico, crategolattone, sapogenine, glucosidi ciano genetici, quercitina,
composti antocianici, acidi citrico e tartarico, zuccheri (glucosio e
fruttosio), vitamina B1, glucosidi flavonidici, rutoside e iperoside.
Le sinergie più importanti sono con Cornus sanguinaria per il trattamento dell’angina pectoris, con Olea europea per il trattamento
dell’ipertensione arteriosa e con Tilia tomentosa per il trattamento
dell’ansia.
Da quanto brevemente esposto, si evince che la fitoterapia offre
un valido aiuto nel trattamento dell’ansia, ma come già accennato,
se essa viene coadiuvata dall’omeopatia e dall’omotossicologia si
potenzia considerevolmente l’effetto terapeutico. Allora, prendiamo brevemente in esame alcuni rimedi che meritano una possibile
collocazione in un eventuale protocollo fito-omotossicologico.
Agrimonia eupatoria 4DH: Rimedio dell’ansia non espressa e mascherata da atteggiamenti spensierati, tipica delle persone giovani
che spesso, pur di nascondere i loro problemi ricorrono all’uso di
alcolici e droghe stimolanti per aiutarsi ad affrontare meglio le difficoltà con allegria.
Avena sativa 10DH: Ha proprietà sedative e toniche, è un grande
rimedio dell’affaticamento e dell’insonnia in particolare in gravidanza. Valido regolatore del ritmo sonno-veglia. Utile nelle nevrastenie, conseguenze di stress psichici.
Centaurium umbellatum 4DH: Rimedio delle persone eccessivamente gentili e disponibili, estremamente ansiose di aiutare il prossimo (più servi che collaboratori), incapaci a far valere la propria
volontà e amano servire tanto, fino ad annullarsi per gli altri.
Chamomilla 10DH: Presenta azione sedativa sui soggetti con ipereccitabilità nervosa, iperestesie e irrequietezza notturna. È anche il
rimedio dell’abuso di caffè, dell’emicrania, ed in pediatria dell’insonnia del bambino.
Cichorium intybus 4DH: Rimedio delle preoccupazioni ossessive,
per quelli che si preoccupano molto dei bisogni altrui, di chi ha
smania di conferme affettive e richiama l’attenzione degli altri anche in modo negativo.
Coffea cruda 10DH: Usata nella sovreccitazione fisica ed eretismo
psichico che conseguono ad eccitazione e stress emotivi. Utile contro l’insonnia dovuta ad eccessiva introduzione di sostanze nervine
(caffè, tè, ecc.).
Eupatorium perfoliatum 4DH: Rimedio della cefalea da stress con
febbre non molto alta e sensazione di calore al volto.
Ficus carica 4DH: Sviluppa lucidità e chiarezza mentale. Permette
di esercitare un controllo psichico sui processi fisiologici interni.
Trova impiego nell’ansia e nella depressione, come nelle nevrosi a
impronta fobico-ossessiva.
Glauconie 8DH: Litoterapico composto da allumosilicato di ferro
ferrico e ferroso idratato, estremamente complesso. Agisce sugli
squilibri neurovegetativi, sulla spasmofilia, insonnia, asma e dismenorrea.
Humulus lupulus 4DH: Ha azione sedativa, utile anche nell’insonnia notturna, eventualmente in relazione a sonnolenza diurna.
Hyoscyamus niger 6DH: Rimedio violento, acuto, trova impiego
nell’ipereccitabilità sessuale, spasmi, delirio, fobie. Utile negli stati
di confusione.
Ignatia amara 6DH: Regolatore dell’asse cortico-diencefalico.
Rimedio psicosomatico. È il rimedio antistress sovrano, indicato
quando vi è una perturbazione a livello dell’asse cortico-diencefalico causata da un trauma psicologico che provoca nell’organismo
uno stress la cui espressione clinica è il più sovente la depressione
reattiva. È indicato nella variazione del tono dell’umore in soggetti
nevrastenici, in seguito a sollecitazioni emotive negative.
Impatiens balsamina 4DH: Usato nella tensione mentale e fisica,
e nell’ansia di finire velocemente. Persone irritabili e impazienti.
Mimulus guttatus 4DH: Rimedio di chi prova ansia nella vita quotidiana, timidezza, paura di affrontare gli eventi.
Rhodonite 8DH: Litoterapico composto da silicato di manganese,
regola il sistema neuro-vegetativo ed agisce sull’insonnia.
Salix alba 4DH: Utile contro i sentimenti di vittimismo e risentimento. Per quelli che hanno la tendenza a commiserarsi e ad incolpare gli altri della propria infelicità.
Sempervirine nitrato 7CH: Alcaloide del Gelsemium Sempervirens. Usando regolarmente il rimedio, si è vista una notevole diminuzione dell’ ”ansia di stato” transitorio causato da una situazione
di stress momentanea, nonché, un miglioramento considerevole e
prolungato dell’ ”ansia di tratto”, componente ansiosa legata alla
personalità del soggetto.
Ulmus campestris 4DH: Utile nei soggetti che hanno una forte
connotazione ansiosa nella realizzazione del proprio compito con
tendenza al perfezionismo.
Zona limbica 7-9CH: Questo organoterapico associa strutture nervose corticali molto complesse, rinencefalo e lobo dell’ippocampo.
L’azione di queste zone nervose che appartengono al cervello primario (archicervello) è nettamente ansiolitica, dunque tranquillante. Ne deriva un effetto sedativo, ma non seguito da sonnolenza,
cosa molto importante per i pazienti nella loro vita professionale.
Trova la sua principale indicazione in tutti i problemi di angoscia
e di ansia. Il Dott. Max Tétau la definiva la piccola “pillola della
felicità”.
Riferimenti bibliografici
-Borgna, E. “Le figure dell’ansia”, Feltrinelli, Milano 1997.
-Rosen, J.B. & Schlkin, J.(1998): From normal fear to pathological anxiety –
Psychological Revew. 1998
-A. Bruni. Farmacognosia generale e applicata. I farmaci naturali. Piccin 1999.
-Le Monografie Tedesche – Schede Fitoterapiche del Ministero Della Sanità Tedesco – Versione Italiana tradotta e commentata da Rocco Longo, Ed. Studio
Edizioni 1994.
-L’uomo, la fitoterapia, la gemmoterapia - seconda edizione - Bruno Brigo – Tecniche Nuove – 2003.
-Piante Officinali per infusi e tisane – Manuale per Farmacisti e Medici – Edizione Italiana del manuale Teedrogen di Max Wichtl a cura di Roberto Della Loggia
– Edizione italiana OEMF spa.
-Edward Bach, i 12 guaritori e altri rimedi. Naturalmente Medicina. La casa verde – 1991.
-Edward Bach, Heal Thyself, An Explanation of the Real Cause And Cure of
Disease, the C.W. Daniel Company Ltd.
-La materia Medica Omeopatica clinica e associazioni Bioterapiche – Max Tétau
seconda ristampa – IPSA Editore 1988.
-Manuale di Litoterapia Dechelatrice – Claude Bergeret – Max Tétau – Traduzione di Ornella Casano – IPSA Editore 1990.
-Organoterapia Nuovi studi clinici – Max Tétau – Ed.Italiana a cura di Claudio
Mazza – IPSA Editore – 1988.
17
I N T E G R AT O R I N U T R I Z I O N A L I
PromoPharma è DISTRIBUTORE
ESCLUSIVO della linea LIFEPLAN.
I prodotti LIFEPLAN sono SENZA
AGGIUNTA di lievito vivo, lattosio, glutine,
amido, zucchero, sale, coloranti,
aromi e conservanti chimici.
Sono gli unici integratori alimentari
riconosciuti dall’associazione VEGAN,
adatti quindi a tutti coloro che seguono
questa filosofia di vita.
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO
®
®
Celiachia o gluten sensitivity
Dott.ssa Barbara Ostan
Medico Chirurgo. Esperto e Consulente in Medicina ad indirizzo estetico. Esperto in Omeopatia, Omotossicologia e Discipline Integrate.
Abstract: La celiachia è un’intolleranza permanente alla gliadina, componente del glutine. L’intolleranza al glutine causa gravi lesioni alla
mucosa dell’intestino tenue, che regrediscono eliminando il glutine dalla dieta. La reversibilità della patologia è strettamente legata alla non
assunzione da parte del soggetto celiaco di alimenti contenenti glutine o comunque da esso contaminati. La malattia celiaca non guarisce: il
soggetto celiaco rimarrà tale per tutta la sua vita, l’unica cura consiste nell’adozione di una dieta rigorosamente priva di glutine.
Abstract: Celiac disease is a permanent intolerance to gliadin, a component of gluten. Gluten intolerance causes severe lesions to the mucosa of the
small intestine, which regresses by eliminating gluten from the diet. The reversibility of the disease is closely linked to the assumption of non-celiac
gluten-containing food or otherwise contaminated by it. Celiac disease does not heal: the subject will remain with celiac disease for all his life, the
only cure is to adopt a strictly gluten-free diet.
Parole chiave: celiachia, glutine, intolleranze alimentari
In Italia l’incidenza della celiachia è di circa 1 soggetto ogni 100/150
persone e questo significa che i celiaci potenziali dovrebbero essere
circa 400.000. In realtà i pazienti a cui è stata fatta diagnosi certa
si attestano intorno agli 85.000; ciò è dovuto al fatto che questa
malattia non è ancora conosciuta a fondo e la sintomatologia è
varia e complessa.
La celiachia (detta anche morbo celiaco o sprue celiaca) è
un’intolleranza alla gliadina, proteina contenuta nel glutine e
quindi nel frumento, orzo, avena, segale, farro, kamut, spelta,
triticale.
È possibile distinguere diverse forme:
• La forma tipica ha un esordio al momento dello svezzamento
e si presenta con diarrea e arresto di crescita.
• La forma atipica si presenta tardivamente con sintomi quasi
prevalentemente extraintestinali (ad esempio anemia).
• La forma silente ha come peculiarità l’assenza di sintomi
eclatanti e si evidenzia con esami sierologici positivi.
La diagnosi si effettua eseguendo il dosaggio sierologico di AGA
(anticorpi antigliadina di classe IgA e IgG), EMA (anticorpi
antiendomisio di classe IgA).
Negli ultimi anni è stato messo a punto un ulteriore test per il
dosaggio di anticorpi di classe IgA, ovvero gli Anticorpi Antitransglutaminasi.
Per la diagnosi certa di celiachia è però indispensabile eseguire
la biopsia dei villi intestinali; dove si evidenzia l’atrofia dei villi
stessi.
La celiachia si sviluppa sempre più spesso in età adulta o perfino
avanzata: lo dimostrano i risultati di uno studio epidemiologico
condotto da ricercatori italiani del Center for Celiac Research
dell’Università di Baltimora, in collaborazione con l’Università
Politecnica delle Marche di Ancona, la Johns Hopkins
Bloomberg School of Public Health di Baltimora, il Women
& Children’s Hospital di Buffalo ed il Quest Diagnostics Inc.
di San Juan Capistrano in California.
I dati pubblicati sulla rivista Annals of Medicine sono stati
ottenuti sui dati di 3500 cittadini americani di cui i ricercatori
conservavano campioni di sangue raccolti nel 1974, quando
già tutti erano entrati nell’età adulta; gli stessi soggetti
Key words: celiac disease, gluten, food intolerances
sono stati analizzati a quindici anni di distanza, nel 1989.
I dati dimostrano che all’aumentare dell’età, aumenta l’incidenza
della celiachia. Questi risultati confermano dati precedenti raccolti
in Finlandia, secondo cui la frequenza di celiachia negli anziani
è almeno due volte e mezzo superiore rispetto a quella della
popolazione generale, e ribaltano il concetto diffuso secondo cui
la perdita di tolleranza nei confronti del glutine avvenga per lo più
nell’infanzia: non si nasce necessariamente celiaci, la malattia può
manifestarsi a qualsiasi età.
I fattori ambientali che potrebbero avere un ruolo nella comparsa
dell’intolleranza al glutine sono numerosi; è probabile che sia
implicato il miglioramento delle condizioni igieniche nei paesi
sviluppati, che potrebbe alterare la capacità di risposta immunitaria
dell’organismo. In alternativa, potrebbe avere un ruolo l’aumento
del consumo di prodotti contenenti glutine; l’ipotesi più probabile,
al momento, pare però la presenza sul mercato di cereali molto
ricchi di frammenti tossici di glutine.
Un interessante studio americano della Colorado University
a Denver ha valutato la possibile correlazione tra lo sviluppo di
autoimmunità glutine-indotta e la precoce esposizione al glutine
in età infantile; sono stati monitorati 1560 bambini ad alto rischio
19
®
di celiachia o di diabete di tipo I in base alla presenza di particolari
caratteristiche genetiche (in base alla presenza degli alleli HLADR3 o HLA-DR4), o avevano un parente di primo grado affetto
da diabete di tipo I.
51 bambini hanno sviluppato autoimmunità glutine-indotta,
in particolare i bambini che erano stati esposti a cibi contenenti
frumento, orzo o segale presentavano un rischio 5 volte aumentato
di autoimmunità glutine-indotta rispetto ai bambini esposti a cibi
contenenti glutine tra i 4 ed i 6 mesi. I bambini che non sono stati esposti al glutine fino al 7° mese
o più hanno riportato un marginale incremento del rischio di
autoimmunità glutine-indotta rispetto a quelli esposti al glutine
tra i 4 e i 6 mesi. Dopo aver ristretto l’analisi ai soli 25 bambini
positivi per l’autoimmunità glutine-indotta a cui era stata
diagnosticata la malattia celiaca mediante biopsia, l’esposizione
iniziale a frumento, orzo o segale nei primi 3 mesi o al 7°
mese, o più tardi, ha aumentato in modo sensibile il rischio di
autoimmunità glutine-indotta rispetto all’esposizione a 4 e 6
mesi. Sembra quindi che la precoce esposizione al glutine possa
aumentare il rischio di sviluppare autoimmunità glutineindotta in bambini geneticamente predisposti. È necessario fare una distinzione tra celiachia e intolleranza
al Frumento integrale e/o Farina bianca; essere intolleranti
non significa essere celiaci, la celiachia implica una variazione
dei dosaggi seriologici di IgA, IgE e degli anticorpi antitransglutaminasi, e si differenzia da un’ipersensibilità alimentare
per i meccanismi di comparsa, è infatti documentabile una
lesione anatomica della mucosa, completamente assente in caso
di ipersensibilità alimentare, e per gli effetti, cioè il mancato
assorbimento di minerali e nutrienti, mentre per le intolleranze
alimentari la sintomatologia più tipica è quella della infiammazione
a distanza.
Le intolleranze o ipersensibiltà alimentari (allergie alimentari
ritardate) esprimono una reazione lenta, determinata dall’intervento
di cellule o anticorpi diversi dalle IgE (cellule Th intestinali) che
insorgono dopo ore o giorni di assunzione ripetuta della sostanza
alimentare
È un fenomeno mediato dal sistema immunitario (non IgE mediato)
che porta ad uno stato di immunoflogosi (infiammazione) e che
necessita di una ripetuta stimolazione del sistema immunitario per
evidenziare un sintomo.
Spesso la celiachia è accompagnata dalla presenza di molteplici
ipersensibilità alimentari, e questo conferma il fatto che uno stato
infiammatorio intestinale cronico condiziona la sensibilizzazione
anche ad altri antigeni. Gli studi più recenti hanno consentito
di distinguere due possibili meccanismi patogenetici alla base
della celiachia. Primo meccanismo: corrisponde ad una risposta allergica
immediata anche verso piccole quantità di glutine. È il tipico caso di
celiachia giovanile, ad esordio acuto nell’infanzia, è probabilmente
legato alla dominanza di una reattività allergica immediata e a fini
terapeutici è indispensabile ricorrere a una completa esclusione del
glutine dalla dieta per tutta la vita.
Secondo meccanismo: riveste maggiore importanza la ripetizione
sistematica dell’assunzione di glutine per più giorni consecutivi
(Sampson 2004). In questo caso sarebbe pensabile, dopo un’attenta
valutazione allergologica e sotto stretto controllo medico, impostare
una dieta di rotazione settimanale volta al recupero della tolleranza
immunologica nei confronti del glutine e più in generale del
20
frumento. A seconda della prevalenza di un meccanismo sull’altro
quindi deve essere effettuato un intervento terapeutico differente. Per il momento la dieta senza glutine, condotta con rigore, è
l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute.
È necessario escludere dalla dieta alcuni alimenti, quali ad es. pane,
pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di
frumento, orzo, segale, farro, kamut da ogni piatto, ed assumere
esclusivamente alimenti GLUTEN FREE. Questo implica un
forte impegno di educazione alimentare, infatti l’assunzione di
glutine, anche in piccole quantità, può determinare una risposta
immunitaria abnorme a livello dell’intestino, cui consegue
un’infiammazione cronica e atrofia dei villi intestinali.
Riportiamo anche alcuni dei lavori di maggior rilievo riguardanti
il trattamento della celiachia con tecniche alimentari di recupero
della tolleranza: • Patriarca G, et al. Int J Immunopathol Pharmacol 2005
Oct-Dec;18(4):709-14. In questo studio un gruppo di
ricercatori del Policlinico Gemelli di Roma ha segnalato la
possibilità di rieducare il sistema immunitario verso la tolleranza
nei confronti del glutine tramite una graduale reintroduzione
dell’antigene glutinico in assenza di qualsiasi danno. • Sampson H. Update on food allergy. J Allergy Clin Immunol
2004 May;113(5):805-19; quiz 820. Definendo per la prima
volta il concetto di allergie alimentari ritardate Sampson ha
®
aperto una nuova strada verso la comprensione dei meccanismi
allergici. La semplice reattività immediata (per intenderci
quella modulata dalle IgE) non è più sufficiente per spiegare
la complessità dei fenomeni immunitari che sono anche legati
alla ripetizione dello stimolo allergenico. Lo stesso Sampson ha
citato la celiachia tra le patologie che dipenderebbero in maggior
misura dal secondo meccanismo.
Evidenziamo anche un’altra recente ricerca, pubblicata sul Science
Translational Medicine, che si è svolta all’Hall Institute of Medical
Research di Parkville, in Australia, diretta dai Dott. Bob Anderson
e di Jason Tye-Din che sembra aver individuato tra le possibili
cause della celiachia 3 sostanze contenute nel glutine. I ricercatori
hanno trovato i tre peptidi che causano la reazione immunitaria
delle pareti dell’intestino quando si mangiano alimenti composti
da glutine, facendo assumere una certa quantità di cereali a 200
malati. Dopo sei giorni con un prelievo di sangue hanno isolato le
cellule immunitarie causa della reazione al glutine ingerito giorni
prima. Poi i ricercatori hanno messo in contatto queste cellule
(linfociti T) con 2700 peptidi sospetti ed hanno trovato i tre che si
accoppiano più saldamente alle cellule. I 3 composti sono quindi
i peptidi che piu’ di tutti scatenano la reazione immunitaria, e
adesso sono oggetto di sperimentazione in un test per accertare se,
somministrandoli in piccolissime quantità ai pazienti, questi pian
piano si desensibilizzano nei confronti del glutine. La scoperta è importante perché potrebbe fornire una cura per
il 90-95% dei celiaci e quindi assicurare il controllo precoce di
questa malattia prima ancora che arrechi danni all’organismo e
senza dover rinunciare ai cereali nella dieta.
Per concludere vogliamo far riferimento alla recente scoperta di
una nuova entità patologica con sintomi e segni molto simili
alla celiachia e per certi versi anche al colon irritabile: gonfiore
addominale, alvo alterno, emicrania, stanchezza cronica e anemia.
La patologia è denominata GS, ovvero “Gluten sensitivity”.
L’identificazione si deve a uno studio realizzato dalla Seconda
Università degli Studi di Napoli con la collaborazione della
School of Medicine dell’Università di Baltimora.
Sono stati arruolati 42 pazienti celiaci, un gruppo di 26 con
sintomi del tutto simili alla celiachia più il gruppo di controllo. Si
è evidenziato che i 26 soggetti sospettati di celiachia, in base alla
comparsa di sintomi gastroenterici dopo l’ingestione del glutine,
non mostravano anticorpi anti-transglutaminasi nel siero; questo
conferma che la differenza tra la sensibilità al glutine e la celiachia
risiederebbe a livello molecolare nella risposta immunitaria.
Anche nella GS vi sarebbe un substrato genetico che riguarda il
sistema immunitario innato, ma al contrario della celiachia, essa
provocherebbe segni d’infiammazione alla parete intestinale e non
di danno.
In Italia circa 3 milioni di persone hanno una “sensibilità al
glutine” a fronte dei circa 500mila celiaci; la diagnosi differenziale
delle patologie intestinali funzionali (caratterizzate da dolore
addominale, nausea, alvo alterno, disordini digestivi, emicrania
e talvolta malassorbimento di grado lieve), andrebbe completata
dall’accertamento della GS. Inoltre data la somiglianza
sintomatologica con la sindrome del colon irritabile (IBS) è
opportuno valutare anche lo stato di stress, spesso alto in tale
sindrome.
Finalmente dopo molti anni arrivano studi che confermano ed
avvalorano sempre più l’idea che oltre alle intolleranze “ufficiali”
al lattosio e al glutine, esistono in parallelo delle intolleranze
alimentari o meglio definite allergie alimentari ritardate,
sempre legate alla stimolazione del sistema immunitario ma che si
diversificano solo perchè non evidenziano a livello ematochimico
la comparsa di anticorpi valutabili. Per anni molti pazienti non celiaci, che presentavano disturbi non
sono stati ascoltati; attualmente in mancanza di marker specifici
si arriva alla diagnosi escludendo la celiachia e l’allergia al glutine.
21
®
La gestione nutrizionale della
P.E.F.S. con protocolli iperproteici
Dott. Gennaro Crispo
Specialista in medicina dello sport. Medico estetico.
Abstract: La cellulite è considerata il più diffuso inestetismo che affligge le donne tra i 14 e i 40 anni; si tratta di un inestetismo cutaneo
dovuto a rallentamento del flusso sanguigno e ritenzione di liquidi da parte dei tessuti. Oltre a trattamenti topici è necessario agire con
protocolli nutrizionali. I parametri da tenere in considerazione sono: una dieta iposodica, la preferenza di alimenti ricchi di fibre e una dieta
a prevalenza proteica, in grado di ridurre i livelli di insulina e aumentare i livelli di GH, con conseguente riduzione delle adiposità a livello
localizzato.
Abstract: Cellulite is considered the most common aesthetic problem that affects women between the age of 14 and 40 years. It’s a skin imperfection
which is caused by a bad circulation and fluid retention in the tissues. In addition to topical treatments it’s necessary to move according the nutritional protocols. The parameters to consider are: a low salt diet, the preference of foods rich in fiber and a predominantly protein diet, which can reduce
insulin levels and increased GH levels, with consequent reduction of localized fat.
Parole chiave: cellulite, adiponectina, dieta a prevalenza proteica
È esperienza comune di chi si occupa da molti anni di estetica e
di obesità, che una fetta consistente di coloro che ci chiedono l’intervento nutrizionale, è costituita da donne spesso giovani, a volte
solo in lieve sovrappeso o addirittura normopeso, affette da un inestetismo localizzato in zona trocanterica e glutea, comunemente
noto come cellulite o P.E.F.S. (Panniculopatia edemato-fibrosclerotica): termine scientificamente corretto che ci descrive un difetto
del pannicolo adiposo, caratterizzato da una prima fase di edema
e da una evoluzione cronica nel corso della quale il pannicolo adiposo viene sostituito, in fase avanzata, da tessuto fibro-sclerotico.
Annoverata tra le malattie del benessere è a tutt’oggi il più diffuso
inestetismo che affligge le donne tra i 14 e i 40 anni.
Numerosi sono i rimedi che estetiste e medici estetici propongono per la soluzione e dissoluzione della patologia, caratterizzata nei
suoi quattro gradi di evoluzione dal crescente danno vascolare sia a
carico del distretto capillare che di quello venoso.
La specificità femminile della P.E.F.S. è data dagli ormoni estrogeni, corresponsabili del danno ai fibroblasti e della depolimerizzazione del connettivo della tonaca interna venosa, della conseguente
aumentata idrofilia e dell’osmosi interstiziale, dell’ aumento della
compressione vasale che genera ipossia distrettuale ed aumento del
collagene.
Sicuramente insieme ai trattamenti “esterni”, locali, la gestione della cellulite si dovrà integrare con principi vasoattivi atti a migliorare
il tono venoso, incrementare la continenza valvolare e compattare
l’endotelio capillare.
A completamento di questi presidi, è indispensabile associare un
protocollo nutrizionale che garantisca un dimagrimento localizzato, difficilmente ottenibile con un qualsiasi schema ipocalorico.
La dieta da associare negli inestetismi della cosiddetta cellulite rispetta solitatamente alcuni parametri di base.
Dieta iposodica
La dieta deve essere iposodica onde non aggravare il ristagno di
liquidi e l’impastamento sottocutaneo, che sovente si accompagna
22
Key words: cellulite, adiponectin, predominantly protein diet
all’insufficienza venosa di base, spesso aggravata dal maggiore introito di liquidi che le pazienti assumono ritenendo utile alla loro
patologia una maggiore idratazione. Come sovente ripeto alle mie
pazienti, bere molto senza correggere l’insufficienza venosa e l’apporto di sodio, è come voler svuotare un recipiente senza chiudere
il rubinetto che continua a riempirlo.
Alimenti ricchi di fibre
La scelta dei nutrienti deve privilegiare alimenti ricchi in fibra atti
a tenere sgombro l’intestino che altrimenti aggraverebbe la congestione del piccolo bacino, ostacolando di fatto lo scarico venoso
utile allo svuotamento veno-linfatico. Un’ulteriore indicazione ad
una scelta di alimenti ricchi in fibra é legata al loro basso indice
glicemico, notoriamente utile a tenere basso il tasso insulinico.
Dieta a prevalenza proteica: azione dinamico-specifica
delle proteine
Nei regimi dimagranti, uno dei vantaggi di uno schema a maggiore percentuale aminoacidica è dato dall’azione dinamico-specifica degli alimenti; tale meccanismo, noto da molti anni, consiste
nell’aumento del consumo calorico, quindi nell’elevazione del metabolismo già dalla fase di digestione dell’alimento, fino all’utilizzo
cellulare dei nutrienti; questa quota è variabile, minore per glicidi
e grassi (10% e 4%) maggiore per le proteine (30%). Tale effetto
perdura per circa 12 ore dall’ingestione dell’ alimento.
Le diete a prevalenza proteica sono note da molti anni: Blackburn
ne è stato il pioniere, ma non dimentichiamo la dieta Scarsdale, la
dieta punti, regimi nutrizionali che hanno fatto epoca in tempi nei
quali non si conosceva ancora l’importanza dell’indice glicemico
degli alimenti, scoperta fondante tutti i regimi dietetici più moderni, come la dieta zona, il regime Montignac, la dieta Dukan, che
a ben guardare ricalcano tutte un modello di sbilancio proteico.
Ai nostri giorni gli aminoacidi sono balzati nuovamente agli onori
della cronaca, fino a diventare un fenomeno di costume, con il
regime NEP (nutrizione enterale proteica) che richiede l’applica-
®
zione di un sondino naso-gastrico, che veicola da una piccola sacca
una miscela proteinata, garantendo un costante apporto di integratore al paziente obeso.
È una metodica impegnativa ma efficace a garantire un apporto di
nutrienti che nel breve tempo dei periodi di trattamento prescritto
permettono non solo una rapida perdita di tessuto adiposo, ma
anche di tollerare la deprivazione calorica con l’effetto anoressizzante dei corpi chetonici (acido acetoacetico, 3-idrossibutirrico,
acetone).
Come molti sanno il regime ha una durata limitata nel tempo, dai
sette ai quindici giorni, durante i quali alla miscela del sondino si
integrano vitamine, proteine, sali minerali, alcalinizzanti, che completano la razione quotidiana.
Lo schema oloproteico, come è noto, può essere gestito più comodamente anche con l’assunzione per os di miscele proteiche,
integrando anche proteine di origine alimentare, quindi con schemi tipo: colazione con integratore proteico, pranzo con integratore
proteico più una razione vegetale, cena con proteine da alimento
più razione vegetale.
La sicurezza di questi regimi è garantita dall’esclusione di soggetti
con patologie renali o altre patologie che devono essere valutate dal
nutrizionista, nonché dall’interruzione, in media dopo 3 settimane
con la reintroduzione controllata di alimenti glucidici.
Un aspetto interessante e non sempre in evidenza è dato dalle
potenzialità modellanti relative a regioni del corpo, soprattutto
femminile, per la specifica azione ormono-regolatrice diminuendo
l’insulina circolante, aumentando i livelli di GH. Infatti la combinazione tra estrogeni ed insulina attiva nell’adipocita la proteina C/
EB, che attraverso il PPAR gamma (recettore di attivazione della
proliferazione del perossisoma) attiva la trascriptasi dell’adipogenesi, incrementando l’accumulo intracellulare di trigliceridi.
L’aumento quindi di GH verificantesi in corso di una dieta prevalentemente proteica decrementa il PPAR gamma e proporzionalmente l’accumulo di acidi grassi nella cellula, anche grazie ai bassi
livelli di insulina circolante.
Dati sperimentali, infatti, hanno confermato dopo 15 giorni di
nutrizione a prevalenza aminoacidica il suddetto aumento dei livelli di GH e la riduzione ematica di insulina.
Altrettanto incoraggianti si sono rivelati gli effetti estetici sulle donne trattate, nelle quali si è osservata una riduzione media dell’Indice di Massa Corporea (IMC) di circa 1,3 e della circonferenza
superiore della coscia un decremento di 3,5 cm e a livello della
circonferenza media una riduzione di 2,2 cm.
A tale riduzione si accompagnava un positivo effetto estetico determinato dal miglioramento del tono muscolare degli arti inferiori.
Il ruolo dell’adiponectina
Un ulteriore spunto di riflessione ci viene fornito da un recente
studio datato aprile 2011, effettuato presso l’Università di Pavia,
nel quale viene ipotizzato e dimostrato che nel tessuto adiposo
sottocutaneo delle donne affette da cellulite, esiste una ridotta
espressione di adiponectina, sostanza ad azione antinfiammatoria,
vasodilatatrice, la cui azione protettiva e trofica sulla microcircolazione locale potrebbe mancare o essere meno efficiente, innescando e perpetuando di fatto il danno dei vasi dei soggetti affetti da
P.E.F.S.. Nel valutare che il rapporto tra adiponectina e insulina è
inversamente proporzionale, cosí come per il glucosio, i trigliceridi
ed il B.M.I., è facile intuire che con regimi nutrizionali ad azione
moderatrice sul tasso insulinico e sugli altri parametri citati, possiamo indurre un’azione vasoprotettrice supplementare, in aggiunta
agli altri vantaggi dei regimi proteici nella gestione della cellulite.
La P.E.F.S. si presenta quindi alla luce delle nuove scoperte sempre
più come una patologia abbisognevole di un approccio terapeutico
interno ed integrato, cresciuto negli anni rispetto al vecchio modello cosmetico, ormai inadeguato all’importanza ed alla diffusione di
quel che era considerato solo un inestetismo.
I regimi chetogenici alla luce delle attuali conoscenze, con il perfezionarsi della qualità degli integratori che si utilizzano nella loro
gestione, si stanno affrancando dal sospetto che li circondava. Le
critiche, spesso senza fondamento, trascurano la memoria della
nascita dell’Homo sapiens sapiens: se pensiamo infatti che l’assunzione dei carboidrati, dei lieviti e dei derivati del latte risale a poche migliaia di anni, che le scimmie arboricole da cui discendiamo
consumavano vegetali, bacche, frutta e proteine da piccoli mammiferi che venivano catturati e che il totum enzimatico digestivo
è rimasto pressochè invariato in pochi millenni, battito di ciglia
rispetto all’evoluzione, ritroviamo in una nutrizione a basso tasso
glucidico, le origini dell’alimentazione della nostra stessa specie.
Bibliografia
Anderlova K, Kremen J. The influence of VLCD on serum leptin, soluble leptin
receptor, adiponectin on obese women. Physiol Res 2006; 277-28
Weigle D, Breen P, Matthys C. A high protein diet induces sustained reductions
in apetite, ad libitum caloric intake, and body weight despite compensatory changes in diurnal plasma leptin and ghrelin concentrations. Am J Clin Nutr 2005;
82-41
Arita Y, Kihara S, Ouchi N et al. Paradoxical decrease of an adipose-specific protein, adiponectin, in obesity. Biochem Biophys Res Commun. 1999; 257: 79-83.
Adiponectin expression in subcutaneous adipose tissue is reduced in women with
cellulite. Emanuele E, Minoretti P, Altabas K, Gaeta E, Altabas V. Int J Dermatol.
2011 Apr; 50 (4): 412-6.
Van Nieuwenhove Y, Dambrauskas Z, Campillo-Soto A, van Dielen F, Wiezer R,
Janssen I, Kramer M, Thorell A. Preoperative very low-calorie diet and operative
outcome after laparoscopic gastric bypass: a randomized multicenter study. Arch
Surg. 2011 Nov; 146 (11): 1300-5.
23
®
Omocisteina e demenza:
uno studio randomizzato
Ricerca e Svilippo PromoPharma
Un incremento del tasso di atrofia cerebrale si sta verificando sempre più nei soggetti anziani, in particolare in quelli che soffrono di demenza. Un fattore di rischio dell’atrofia cerebrale, del deterioramento cognitivo e della demenza è il livello di Omocisteina. La concentrazione
di Omocisteina nel plasma può essere abbassata attraverso la somministrazione di vitamine del gruppo B. Il team di Ricerca e Sviluppo
PromoPharma riporta di seguito uno studio randomizzato a testimonianza dei risultati ottenuti.
Un drammatico incremento della popolazione anziana, molto
frequente nei paesi occidentali, sta determinando un aumento dei
disturbi cognitivi, tra i quali la malattia di Alzheimer è una delle
patologie più frequenti. Oggi colpisce circa il 5% delle persone con
più di 60 anni e in Italia si stimano circa 500mila ammalati. È la
forma più comune di demenza senile, uno stato provocato da una
alterazione delle funzioni cerebrali che implica una seria difficoltà per
il paziente nel condurre le normali attività quotidiane. La malattia
colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità
di parlare e di pensare, ma può causare anche altri problemi fra cui
stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spaziotemporale. I disturbi cognitivi possono, tuttavia, essere presenti anche
anni prima che venga formulata una diagnosi di demenza di Alzheimer.
Gli studi effettuati in questo ambito hanno cercato di individuare
alcuni fattori influenti su disturbi cognitivi lievi e Alzheimer in maniera
tale da ritardare la malattia e attenuarne i sintomi. Già nel 1998 è stata
ipotizzata una relazione tra Omocisteina e demenza: in pazienti con
diagnosi istologica di morbo di Alzheimer vennero riscontrati livelli
di Omocisteina totale effettivamente più alti della norma. Anche
le evidenze radiologiche di lesioni della materia bianca, di infarto
cerebrale silente e di atrofia della corteccia cerebrale e dell’ippocampo
erano positivamente associate a elevate concentrazioni di Omocisteina
nonché a danni cognitivi. Da uno studio del 2002 è emerso inoltre
che l’iperomocisteinemia è un fattore di rischio indiscusso per lo
sviluppo della demenza e della malattia di Alzheimer. Dati clinici ed
24
Fig. 1. Omocisteina
epidemiologici attestano come nel paziente anziano con decadimento
cognitivo lieve MCI (Mild Cognitive Impairment) sia presente
frequentemente iperomocisteinemia associata a microangiopatia
cerebrale. Inoltre, il paziente anziano cerebropatico con deficit
cognitivo (turbe della memoria, della vigilanza e della dislessia) può
presentare stati carenziali delle vitamine del gruppo B responsabili
della degenerazione delle cellule nervose. Gli studi dimostrano infatti
che la supplementazione di vitamine del gruppo B (soprattutto B6,
B12 e B9) riducono la neurodegenerazione. Si riporta la traduzione di
uno studio clinico in cui sono stati presi in considerazione tutti questi
fattori (Omocisteina, Vitamina B6, B9, B12) nel rallentamento dei
disturbi cognitivi dell’anziano.
L’ Omocisteina (Fig.1) è un aminoacido solforato tossico derivato dalla
metionina, aminoacido essenziale introdotto nell’organismo con il
cibo, che nel momento in cui viene trasformata in sadenosilmetionina,
cede dei gruppi metilici ad una serie di sostanze come la creatina,
gli ormoni steroidei, le basi puriniche di DNA e di RNA, venendo
trasformata quindi in omocisteina. In condizioni normali l’omocisteina
viene rimossa dal circolo mediante due reazioni metaboliche: la prima
®
detta rimetilazione, consiste nella trasformazione dell’amminoacido in
metionina e richiede l’intervento di folati e di vit. B12. La seconda
detta transulfurazione, consiste nella trasformazione dell’omocisteina
in cisteina e richiede la presenza della Vit. B6. Elevati livelli di questo
aminoacido influenzano negativamente le funzioni di diversi apparati,
in maniera particolare il sistema nervoso. Per questo, molto importanti
risultano anche i livelli delle Vitamine B appena citate.
L’abbassamento dei livelli di Omocisteina determinato dalla
somministrazione di Vitamine del gruppo B rallenta la velocità
di atrofia cerebrale nel decadimento cognitivo lieve (MCT): uno
studio randomizzato.
A. David Smith, Stephen M. Smith, Celeste A. de Jager, Philippa
Whitbread, Carol Johnston, Gzegorz Agacinski, Abderrahim Oulhaj,
Kevin M. Bradley, Robin Jacoby, Helga Refsum.
PloS ONE, Settembre 2010 – Volume 5.
Abstract: Un incremento del tasso di atrofia cerebrale si sta verificando
sempre più nei soggetti anziani, in particolare in quelli che
soffrono di demenza. Un fattore di rischio dell’atrofia cerebrale, del
deterioramento cognitivo e della demenza è il livello di Omocisteina.
La concentrazione di Omocisteina nel plasma può essere abbassata
attraverso la somministrazione di vitamine del gruppo B.
Oggetto: Lo studio vuole determinare se l’integrazione con Vitamine
del gruppo B, abbassando i livelli plasmatici di Omocisteina, può
rallentare il processo di atrofia cerebrale in soggetti con MCI, attraverso
uno studio randomizzato.
Materiali e Metodi: Nello studio, randomizzato in doppio-cieco, sono
state somministrate alte dosi di Acido folico, Vitamina B6 e B12 a
individui (selezionati tra 646) oltre i 70 anni di età. Un sottogruppo
(187 volontari) è stato sottoposto a MRI craniale (risonanza magnetica)
all’inizio e alla fine dello studio. I partecipanti sono stati suddivisi
random nei due gruppi, uno trattato con acido folico (0,8mg/die),
vitamina B12 (0,5mg/die) e vitamina B6 (20mg/die), l’altro gruppo
con placebo. Il trattamento è durato 24 mesi.
Risultati: 168 persone (85 del gruppo in trattamento e 83 del gruppo
che riceveva il placebo) si sono sottoposte a MRI.
È stato calcolato un grado di atrofia cerebrale per anno dello 0,76%
nel gruppo in trattamento e dell’ 1,08% nel gruppo di controllo. Il
risultato è stato poi correlato al livello basale di Omocisteina: il grado
di atrofia di quanti presentavano Omocisteina > 13μmol/L è stato
il 53% in meno nel gruppo in trattamento. Non c’è stata differenza
significativa di reazioni avverse, durante il periodo di osservazione, nei
due gruppi.
Conclusioni: Il progressivo aumento dell’atrofia cerebrale negli
anziani con decadimento cognitivo può essere rallentato
attraverso il trattamento con vitamine del gruppo B che abbassano
i livelli di Omocisteina. Il 16% degli ultra 70enni ha problemi di
deterioramento cognitivo lieve e la metà di questi sviluppa problemi
di Alzheimer. Ulteriori studi sono necessari per determinare se il
trattamento può ritardare l’insorgenza dell’Alzheimer.
Introduzione
Negli anziani, il cervello mostra una progressiva atrofia. Questa
condizione insorge anche nei soggetti sani dal punto di vista cognitivo,
ma è molto più accentuato in quanti soffrano di Alzheimer. Un’atrofia
di tipo intermedio è poi riscontrabile nei soggetti che soffrono di
decadimento cognitivo lieve (MCI). Visto che l’involuzione cerebrale
è più rapida nei soggetti con MCI che poi sviluppano Alzheimer,
è importante identificare i fattori che determinano questo perché
riducendolo si è dimostrata una regressione dell’Alzheimer. Un fattore
di rischio sembra essere il valore plasmatico della Omocisteina totale
(tHcy). Valori moderatamente elevati di tHcy sono stati associati con
un aumento del rischio di demenza e con importanti sintomi legati
all’Alzheimer. Aumenti della concentrazione di tHcy sono inoltre
associati ad atrofia totale o parziale del cervello, non solo in caso di
Alzheimer ma anche nei soggetti anziani sani. La concentrazione
plasmatica e tissutale dell’Omocisteina è in gran parte determinata
dalla presenza nell’organismo di Vitamine del gruppo B (B6,
B9, B12) che sono cofattori o substrati per enzimi coinvolti nel
metabolismo dell’Omocisteina. Questo studio è stato condotto per
determinare se l’abbassamento della concentrazione di tHcy dovuta
alla somministrazione di alte dosi di Vitamine B (B6, B9, B12) in due
anni può rallentare il tasso di atrofia cerebrale in soggetti anziani con
MCI. I livelli scelti per l’integrazione di Vitamina B abbassano i livelli
di tHcy di circa il 30% nelle popolazioni in cui le farine non vengono
addizionate con acido folico.
Metodi
Lo studio è stato condotto su soggetti che hanno sottoscritto consenso
informato.
Protocollo: i partecipanti sono stati reclutati nella zona di Oxford tra
l’aprile 2004 e il novembre 2006 attraverso messaggi pubblicitari che
annunciavano la ricerca di anziani con problemi di memoria.
I criteri di arruolamento prevedevano: età ≥ 70, anamnesi di MCI. Si
sono cercati soggetti in cui i problemi di memoria non interferivano
con la vita di tutti i giorni [...].
I criteri di esclusione prevedevano: diagnosi di demenza conclamata
o trattamento farmacologico della demenza, cancro, casi di infarto in
cui non fossero trascorsi più di 3 mesi, trattamento con Methotrexate,
farmaci anticancro, anti-epilettici o assunzione di dosi di acido folico
>300mcg/die, piridossina >3mg/die o vitamina B12 >1,5 mcg/die per
os o altra dose per iniezione. L’assunzione di vitamine B sotto queste
dosi è stata altresì permessa anche durante lo studio.
I soggetti reclutati sono stati divisi in due gruppi: un gruppo ha seguito
il trattamento, all’altro è stato somministrato un placebo. I soggetti in
trattamento hanno assunto 0,8mg di vitamina B9 (acido folico),
0,5mg di vitamina B12 (cianocobalamina) e 20mg di vitamina B6
(piridossina cloridrato). Il trattamento è stato condotto per 2 anni.
25
®
MRI
A quanti avevano acconsentito all’MRI del cranio, l’indagine è stata
condotta a livello basale e dopo 2 anni. […]. Un metodo quantitativo,
completamente automatico, SIENA, è stato usato per stabilire il tasso
di atrofia dell’intero cervello per anno […].
Analisi statistiche
[…]
Partecipanti
L’andamento dei partecipanti durante lo studio è mostrato
nella Fig. 2. Da un totale di 646 persone che avevano risposto
all’annuncio pubblicitario, 292 rispondevano ai criteri di
inclusione allo studio. Solo 272 sono state reclutate, ma 5 non
hanno iniziato il trattamento. I rimanenti sono stati suddivisi in
due gruppi e indicativamente lo stesso numero per ogni gruppo
ha completato lo studio (110 nel gruppo in trattamento e 113 in
quello con placebo).
Partecipazione e risposta biologica alle vitamine
La somministrazione delle vitamine è stata controllata attraverso il
numero delle tavolette usate dai partecipanti e i riscontrati aumenti
dei livelli plasmatici delle stesse hanno dimostrato la partecipazione
dei soggetti. Nelle persone in trattamento i livelli plasmatici di
acido folico sono aumentati circa del 270% e quelli di vitamina
B12 sono duplicati. Al contrario nel gruppo di controllo si sono
avute modeste variazioni, rispettivamente del 3% e del 10%.
L’abbassamento plasmatico dei valori di tHcy è stato del 22,5% nel
gruppo in trattamento, mentre nel gruppo con placebo il livello è
aumentato del 7.7%. Il 20% dei partecipanti nel gruppo placebo
ha comunque assunto per suo uso acido folico o vitamina B12. Ad
un’analisi sanguigna del gruppo in trattamento si è potuto notare
che il 16,7% non ha preso o non ha assorbito in maniera adeguata
le vitamine.
folico, vitamina B12, dallo stato basale alla fine del trattamento. Il
livello di atrofia è risultato associato con i cambiamenti di tHcy
e inversamente proporzionale con i cambiamenti di saturazione
di OloTC e TC (olo-transcobalamina). Più alte sono le dosi di
folati e vitamina B12, più basso è il livello di atrofia. Per contro
i soggetti nei quali i livelli di folati e vitamina B12 diminuiscono
sono a rischio di atrofia (Fig. 5).
Un esempio dei cambiamenti di concentrazione di tHcy
sull’atrofia durante i due anni è visibile in Fig. 4, dove è mostrata
la scansione craniale di un partecipante nel gruppo placebo nel
quale la concentrazione di tHcy aumenta (a) e l’MRI di un
partecipante nel gruppo trattamento dove la concentrazione
di tHcy è diminuita (b). Il tasso di atrofia è stato di 5 volte più
basso nel gruppo che ha assunto le vitamine B rispetto al placebo.
Non ci sono state interazioni tra il trattamento e le variabili di:
età, sesso, MCI, ipertensione….Anche il diabete è stato associato
all’incremento del livello di atrofia ma questo apparentemente non
sembra influenzato dal trattamento.
Nei partecipanti con tHcy nella media, il trattamento ha prodotto
un rallentamento del tasso di atrofia dell’11,2%, mentre quelli
con livello basale sopra la media ha prodotto un rallentamento del
43% […].
Fattori associati al tasso di atrofia nel gruppo placebo
Sono stati monitorati diversi fattori associati al tasso di atrofia,
tHcy o lo stato delle vitamine B. L’età è strettamente connessa con
il livello di atrofia cerebrale perciò di questo è stato tenuto conto in
tutte le analisi. Al contrario sembra che nè il sesso, nè l’abitudine
al fumo, il BMI, l’abuso d’alcool […] sono associati con i livelli di
atrofia.
Risultati rilevanti: livello di atrofia
Il trattamento con vitamine del gruppo B per 24 mesi abbassa
significativamente il livello di atrofia cerebrale. A secondo dell’età,
il livello di atrofia cerebrale per anno è stato del 29,6% in meno
nel gruppo in trattamento rispetto al placebo. Se restringiamo
le analisi ai soggetti biologicamente rispondenti (136) l’effetto
del trattamento rispetto al tasso di atrofia è stato leggermente
superiore: 31,7% rispetto al gruppo placebo.
Risultati secondari
Stando ai risultati quindi i soggetti rispondono al trattamento
come ci si aspettava, nei confronti delle vitamine. In più è stata
rilevata una significativa interazione tra il livello basale di tHcy e gli
effetti del trattamento (Fig. 3).
Nel gruppo placebo, il valore basale di tHcy dimostra una stretta,
positiva relazione con il livello di atrofia, mentre questa relazione
non è presente nel gruppo in trattamento. È stato poi esaminato il
grado di atrofia in relazione al cambiamento dei livelli di tHcy, acido
26
Fig. 2
Affluenza dei partecipanti allo studio.
®
a
Fig. 3
Livelli di atrofia cerebrale a partire dai livelli basali di omocisteina. Si nota una significativa correlazione
tra il livello basale di omocisteina e l’effetto del trattamento: nel gruppo placebo il valore di tHcy mostra
una stretta relazione con il livello di atrofia, mentre questa associazione non è presente nel gruppo in
trattamento.
Discussione
Il trattamento con vitamine del gruppo B ha portato ad una
differenza di concentrazione della tHcy di 31,7% nei confronti
del placebo ed è stata accompagnata da una riduzione nel tasso
di atrofia di circa il 30%. Il trattamento ha gli effetti maggiori nei
soggetti con livelli basali elevati di tHcy, dove la riduzione del tasso
di atrofia si è dimostrata del 53% […].
Possibili applicazioni terapeutiche
In alcuni studi condotti per lunghi periodi (5 anni) si è visto che
il tasso di atrofia in MCI era correlato con un declino cognitivo.
Altri due studi randomizzati che portavano all’abbassamento
dell’Omocisteina hanno dimostrato effetti sulle capacità
cognitive: uno studio in cui i soggetti normali con tHcy basale
>13 micromoli/L sono stati trattati con acido folico (0,8 mg/
die) per tre anni ha dimostrato benefici effetti in una serie di test
cognitivi; un altro studio di 18 mesi in cui sono state utilizzate
alte dosi delle stesse 3 vitamine ha dimostrato un abbassamento
del declino cognitivo in pazienti con lievi disturbi di Alzheimer,
non così nei pazienti con un discreto livello di Alzheimer. Questo
ultimo risultato dimostra che l’abbassamento dell’Omocisteina
può essere un’indicazione precoce di Alzheimer. Siccome il tasso di
atrofia cerebrale è più rapido nei soggetti con MCI che sviluppano
Alzheimer, è possibile che alte dosi di acido folico, vitamina B6 e
B12 possano rallentare il passaggio da MCI ad Alzheimer.
Punti di forza e limiti
In primo luogo sono stati usati strumenti molto sensibili e accurati
per la determinazione dell’atrofia cerebrale. Un altro punto di
forza è stata la misurazione delle concentrazioni delle vitamine che
ha reso possibile capire come il livello basale di tHcy sia la chiave
determinante del tasso di atrofia e della risposta al trattamento. Uno
dei limiti dello studio è stato l’utilizzo di un gruppo di vitamine B
che non ha potuto rendere palese se siano tutte necessarie o se una
tra queste sia la più importante. Secondo, lo studio è stato condotto
per determinare cambiamenti nel grado di atrofia cerebrale, non su
quello cognitivo; sebbene è stata dimostrata una forte correlazione
tra il livello di atrofia e il grado cognitivo […].
Conclusioni
Abbiamo dimostrato che un trattamento, semplice e sicuro, che
controlli l’Omocisteina può rallentare il grado di atrofia cerebrale
nei pazienti con lieve decadimento cognitivo.
b
Fig. 4
Selezione di due scansioni MRI. Nell’immagine si vede il cambiamento del tessuto cerebrale nei due anni
di studio. I colori indicano l’espansione (rosso/giallo) o la contrazione (blu/ azzurro) del cervello. Con il
colore più chiaro si evidenziano i cambiamenti maggiori. L’immagine (a) si riferisce alla scansione craniale
di un partecipante del gruppo placebo con livelli basali di tHcy di 22μmol/L incrementati nei due anni
di 8μmol/L con un tasso di atrofia per anno del 2,5%. Nell’immagine si vede un allargamento dei
ventricoli. La seconda scansione craniale (b) appartiene a un partecipante del gruppo di trattamento con
livelli basali di tHcy di 24μmol/L la cui concentrazione diminuisce di 12μmol/L nei due anni. Il tasso
di atrofia in questo caso è stato di 0,46% per anno. Nell’immagine non si vedono chiari segni di atrofia.
Fig. 5
Livello di atrofia calcolato sulla base del cambiamento della concentrazione plasmatica di tHcy nei due
anni di studio. Si è dimostrato che il livello di atrofia è correlato ai cambiamenti della concentrazione
di tHcy. Restringendo i dati ai soggetti biologicamente attivi [soggetti in trattamento con incremento
della concentrazione plasmatica di folati > 10nmol/L e di vitamina B12 > 150pmol/L; soggetti nel
gruppo placebo con incremento di folati ≤ 10nmol/L e di vitamina B12 ≤ 150pmol/L] gli effetti di
questa correlazione diventano ancora più evidenti. Quanti hanno dimostrato un aumento nei livelli di
folati e vitamina B12 dimostrano un lento accrescimento del livello di atrofia; al contrario i soggetti con
concentrazioni vitaminiche ridotte evidenziano un aumentato rischio di atrofia.
27
®
Sulla base di queste evidenze è stato formulato AlzAid, integratore di
Vitamine B6, B9 e B12 nelle stesse proporzioni riportate nello studio.
Ingredienti:
Vitamina B6 (20 mg)
Vitamina B12 (500 mcg)
Vitamina B9 (800 mcg)
ne
Senza gluti
Modo d’uso:
1 tavoletta al giorno, preferibilmente
durante i pasti
Contenuto:
60 tavolette
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
• Resnick SM, Pham DL, Kraut MA, Zonderman AB, Davatzikos C (2003)
Longitudinal magnetic resonance imaging studies of older adults: a shrinking
brain. J Neurosci 23: 3295–3301.
• Fox NC, Scahill RI, Crum WR, Rossor MN (1999) Correlation between rates
of brain atrophy and cognitive decline in AD. Neurology 52: 1687–1689.
• Bradley KM, Bydder GM, Budge MM, Hajnal JV, White SJ, et al. (2002) Serial
brain MRI at 3-6 month intervals as a surrogate marker for Alzheimer’s disease.
Br J Radiol 75: 506–513.
• Smith AD (2002) Imaging the progression of Alzheimer pathology through the
brain. Proc Natl Acad Sci U S A 99: 4135–4137.
• Jack CR Jr, Shiung MM, Gunter JL, O’Brien PC, Weigand SD, et al. (2004)
Comparison of different MRI brain atrophy rate measures with clinical disease
progression in AD. Neurology 62: 591–600.
• Killiany RJ, Gomez-Isla T, Moss M, Kikinis R, Sandor T, et al. (2000) Use
of structural magnetic resonance imaging to predict who will get Alzheimer’s
disease. Ann Neurol 47: 430–439.
• Jack CR Jr, Shiung MM, Weigand SD, O’Brien PC, Gunter JL, et al. (2005)
Brain atrophy rates predict subsequent clinical conversion in normal elderly and
amnestic MCI. Neurology 65: 1227–1231.
• Sluimer JD, van der Flier WM, Karas GB, Fox NC, Scheltens P, et al. (2008)
Whole-brain atrophy rate and cognitive decline: longitudinal MR study of
memory clinic patients. Radiology 248: 590–598.
• Carlson NE, Moore MM, Dame A, Howieson D, Silbert LC, et al. (2008)
Trajectories of brain loss in aging and the development of cognitive impairment.
Neurology 70: 828–833.
• Ries ML, Carlsson CM, Rowley HA, Sager MA, Gleason CE, et al. (2008)
Magnetic resonance imaging characterization of brain structure and function in
mild cognitive impairment: a review. J Am Geriatr Soc 56: 920–934.
• Risacher SL, Saykin AJ, West JD, Shen L, Firpi HA, et al. (2009) Baseline MRI
predictors of conversion from MCI to probable AD in the ADNI cohort. Curr
Alzheimer Res 6: 347–361.
• Clarke R, Smith AD, Jobst KA, Refsum H, Sutton L, et al. (1998) Folate,
vitamin B12, and serum total homocysteine levels in confirmed Alzheimer
disease. Arch Neurol 55: 1449–1455.
• McCaddon A, Davies G, Hudson P, Tandy S, Cattell H (1998) Total serum
homocysteine in senile dementia of Alzheimer type. Int J Geriatr Psychiatry 13:
235–239.
• Seshadri S (2006) Elevated plasma homocysteine levels: Risk factor or risk
marker for the development of dementia and Alzheimer’s disease? J Alzheimers
Dis 9: 393–398.
• Smith AD (2008) The worldwide challenge of the dementias: A role for B
vitamins and homocysteine? Food Nutr Bull 29: S143–172.
• Zylberstein DE, Lissner L, Bjorkelund C, Mehlig K, Thelle DS, et al. (2009)
Midlife homocysteine and late-life dementia in women. A prospective population
study. Neurobiol Aging Epub ahead of print.
• Williams JH, Pereira EA, Budge MM, Bradley KM (2002) Minimal
hippocampal width relates to plasma homocysteine in community-dwelling
older people. Age Ageing 31: 440–444.
• Sachdev PS, Valenzuela M, Wang XL, Looi JC, Brodaty H (2002) Relationship
between plasma homocysteine levels and brain atrophy in healthy elderly
individuals. Neurology 58: 1539–1541.
• den Heijer T, Vermeer SE, Clarke R, Oudkerk M, Koudstaal PJ, et al. (2003)
28
Homocysteine and brain atrophy on MRI of non-demented elderly. Brain 126:
170–175.
• Yang LK, Wong KC, Wu MY, Liao SL, Kuo CS, et al. (2007) Correlations
between folate, B12, homocysteine levels, and radiological markers of
neuropathology in elderly post-stroke patients. J Am Coll Nutr 26: 272–278.
• Seshadri S, Wolf PA, Beiser AS, Selhub J, Au R, et al. (2008) Association of
plasma total homocysteine levels with subclinical brain injury: cerebral volumes,
white matter hyperintensity, and silent brain infarcts at volumetric magnetic
resonance imaging in the Framingham Offspring Study. Arch Neurol 65: 642–
649.
• Refsum H, Smith AD, Ueland PM, Nexo E, Clarke R, et al. (2004) Facts and
recommendations about total homocysteine determinations: an expert opinion.
Clin Chem 50: 3–32.
• Homocysteine Lowering Trialist Collaboration (2005) Dose-dependent effects
of folic acid on blood concentrations of homocysteine: a meta-analysis of the
randomized trials. Am J Clin Nutr 82: 806–812.
• Petersen RC, Roberts RO, Knopman DS, Boeve BF, Geda YE, et al. (2009)
Mild cognitive impairment: ten years later. Arch Neurol 66: 1447–1455.
• Roth M, Huppert FA, Tym E, Mountjoy CQ (1988) CAMDEX: The
Cambridge examination for mental disorders of the elderly. Cambridge:
Cambridge University Press. 72 p.
• Wedderburn C, Wear H, Brown J, Mason SJ, Barker RA, et al. (2008) The
utility of the Cambridge Behavioural Inventory in neurodegenerative disease. J
Neurol Neurosurg Psychiatry 79: 500–503.
• Brandt J, Welsh KA, Breitner JCS, Folstein MF, Helms M, et al. (1993)
Hereditary influences on cognitive functioning in older men - a study of 4000
twin pairs. Arch Neurol 50: 599–603.
• De Jager CA, Budge MM, Clarke R (2003) Utility of TICS-m for the assessment
of cognitive function in older adults. Int J Geriatr Psychiatry 18: 318–324.
• Morris JC, Heyman A, Mohs RC, Hughes JP, Vanbelle G, et al. (1989) The
Consortium to Establish a Registry for Alzheimers Disease (CERAD). Part
1.Clinical and Neuropsychological Assessment of Alzheimers Disease. Neurology
39: 1159–1165.
• Folstein MF, Folstein SE, McHugh PR (1975) Mini-mental state: a practical
method of grading the cognitive state of patients for the clinician. J Psychiatr Res
12: 189–198.
• Smith SM, Zhang Y, Jenkinson M, Chen J, Matthews PM, et al. (2002)
Accurate, robust, and automated longitudinal and cross-sectional brain change
analysis. Neuroimage 17: 479–489.
• Skoog I, Andreasson LA, Landahl S, Lernfelt B (1998) A population-based
study on blood pressure and brain atrophy in 85-year-olds. Hypertension 32:
404–409.
• Den Heijer T, Vermeer SE, Van Dijk EJ, Prins ND, Koudstaal PJ, et al. (2003)
Type 2 diabetes and atrophy of medial temporal lobe structures on brain MRI.
Diabetologia 46: 1604–1610.
• Enzinger C, Fazekas F, Matthews PM, Ropele S, Schmidt H, et al. (2005) Risk
factors for progression of brain atrophy in aging: six-year follow-up of normal
subjects. Neurology 64: 1704–1711.
• Anstey KJ, Jorm AF, Reglade-Meslin C, Maller J, Kumar R, et al. (2006)
Weekly alcohol consumption, brain atrophy, and white matter hyperintensities in
a community-based sample aged 60 to 64 years. Psychosom Med 68: 778–785.
• Vogiatzoglou A, Refsum H, Johnston C, Smith SM, Bradley KM, et al. (2008)
Vitamin B12 status and rate of brain volume loss in community-dwelling elderly.
Neurology 71: 826–832.
• Refsum H, Nurk E, Smith AD, Ueland PM, Gjesdal CG, et al. (2006) The
Hordaland Homocysteine Study: a community-based study of homocysteine, its
determinants, and associations with disease. J Nutr 136: 1731S–1740S.
• Bleie O, Refsum H, Ueland PM, Vollset SE, Guttormsen AB, et al. (2004)
Changes in basal and postmethionine load concentrations of total homocysteine
and cystathionine after B vitamin intervention. Am J Clin Nutr 80: 641–648.
• Erickson KI, Suever BL, Prakash RS, Colcombe SJ, McAuley E, et al. (2008)
Greater intake of vitamins B6 and B12 spares gray matter in healthy elderly: A
voxel-based morphometry study. Brain Res 1199: 20–26.
• Pfeiffer CM, Osterloh JD, Kennedy-Stephenson J, Picciano MF, Yetley EA, et
al. (2008) Trends in circulating concentrations of total homocysteine among US
adolescents and adults: findings from the 1991-1994 and 1999-2004 National
Health and Nutrition Examination Surveys. Clin Chem 54: 801–813.
• Plassman BL, Langa KM, Fisher GG, Heeringa SG, Weir DR, et al. (2008)
Prevalence of cognitive impairment without dementia in the United States. Ann
Intern Med 148: 427–434.
• DeCarli C (2003) Mild cognitive impairment: prevalence, prognosis, aetiology,
and treatment. Lancet Neurol 2: 15–21.
• Aisen PS (2008) Treatment for MCI: Is the evidence sufficient? Neurology 70:
2020–2021.
• Durga J, van Boxtel MP, Schouten EG, Kok FJ, Jolles J, et al. (2007) Effect of
3-year folic acid supplementation on cognitive function in older adults in the
FACIT trial: a randomised, double blind, controlled trial. Lancet 369: 208–216.
• Aisen PS, Schneider LS, Sano M, Diaz-Arrastia R, van Dyck CH, et al. (2008)
High-dose B vitamin supplementation and cognitive decline in Alzheimer
disease: a randomized controlled trial. Jama 300: 1774–1783.
®
Hornbeam (Carpino bianco)
Florit 17
Maurizio Di Leo
Erborista, ricercatore e fondatore del Laboratorio Erboristico Di Leo nel 1981, conduce vari corsi di aggiornamento per erboristi e farmacisti. Relatore a diversi congressi nazionali ed internazionali nel campo della Fitoterapia, scrive libri ed articoli su varie riviste. Ha portato per
primo i Fiori di Bach in Italia, all’inizio degli anni ’80.
Abstract: Carpinus betulus, Carpino bianco. È un albero che cresce nei prati e nei boschi simile al faggio rosso, ma più piccolo, infatti raggiunge i 10-15 metri, e diverso per le foglie dentellate. La fioritura avviene tra aprile e maggio. Al mattino i rami e le foglie pendono sotto
il peso della rugiada, ma una volta evaporata il carpino riprende la sua fisionomia che mantiene per tutto il giorno. Hornbeam è ottenuto
con il metodo della bollitura.
Abstract: Carpinus betulus, Hornbeam. This tree grows in meadows and woods and its similar to the cooper beech, but smaller. It’s maximum
height is about 10-15 meters and it’s leaves are dented. It flowers in April and May. In the morning the branches and leafs droop due to the weight
of the dew but once the dew evaporates, the Hornbeam will maintain its physiognomy that it will keep during all the day. Hornbeam is obtained
by boiling method.
Parole chiave: stanchezza mentale, mancanza di energia
Hornbeam è un fiore adatto a tutte quelle persone che avvertono
molto la stanchezza, soprattutto a livello mentale.
Viene definito il fiore della sindrome del lunedì mattina, anche se
nella realtà il soggetto Hornbeam tenderebbe sempre a non alzarsi per la noia di affrontare la routine quotidiana. Questo stato di
esaurimento mentale, però, è facilmente superabile al manifestarsi
di un evento straordinario e piacevole; per esempio la donna che
è stanca e annoiata della routine dei lavori di casa, di portare i figli
a scuola, a calcio e di preparare la cena, alla telefonata dell’amica
che le prospetta un viaggio ritrova un’energia e una vitalità che le
permettono di preparare i bagagli in un battibaleno e partire.
Il soggetto Hornbeam è stanco in maniera preventiva, proprio per
la mancanza di interesse per quello che fa.
La routine dà una particolare stanchezza che si cronicizza ed è caratterizzata da una serie di sintomi quali mal di testa, insonnia,
digestione lenta, vertigini, esaurimento psico-fisico, perdita di memoria, scarsa attenzione.
È quindi un fiore per tutti coloro che non riescono più a incanalare
le energie perché ormai hanno perso le motivazioni e l’entusiasmo
per un lavoro che non è più gratificante come un tempo.
Lo stato negativo di Hornbeam può presentarsi anche in maniera
ciclica, a inizio e fine stagione di un anno di lavoro o di studio, o
dopo una lunga vacanza quando bisogna riprendere il ritmo frenetico della vita quotidiana.
Nella vita di tutti i giorni, Hornbeam aiuta tutte quelle persone
che sono soggette a sovraccarichi di stimoli a livello uditivo e visivo
dovuti a lunghe ore passate al computer o davanti alla TV, tipici
di una società che non lascia più il tempo per il silenzio interiore.
In questi casi, Hornbeam associato a White Chestnut permette di
liberare la testa da quel senso di pesantezza e confusione che spesso
sfocia in emicrania e cefalea.
È anche da consigliare a tutti coloro che fanno abuso di eccitanti
quali la caffeina per tenersi su e affrontare il ritmo della giornata.
È un fiore adatto anche ai bambini sebbene appaia strano che
proprio i bambini con la loro vitalità ed energia possano avere dei
cali o delle stanchezze improvvise con conseguente difficoltà di
concentrazione, mal di testa, spesso sintomi legati alle troppe ore
passate davanti a TV, videogiochi e computer. In questi casi, infat-
Key words: mental tiredness, lack of energy
ti, assorbono una quantità di stimoli sensoriali che li rendono poi
agitati, nervosi, con occhi arrossati.
Anche gli adolescenti possono entrare in questo stato di “testa pesante” dopo ore di playstation o di ore passate ad ascoltare la musica al massimo volume, ancora di più se al chiuso di una discoteca.
Hornbeam agisce proprio come un ricostituente mentale che aiuta
ad allentare la tensione e fa riposare la mente.
Dal punto di vista fisico può essere utile in caso di occhi arrossati,
mal di testa, disturbi renali e intestinali; è ottimo per le riabilitazioni dopo distorsioni, in caso di fratture, lussazioni e circolazione
difettosa.
Nello stato positivo Hornbeam ci restituisce la consapevolezza di
essere in grado di affrontare la nostra giornata con l’energia necessaria.
Riequilibra i diversi livelli di energia dell’organismo.
STATO NEGATIVO
STATO POSITIVO
Affaticamento
Capacità a sostenere lo stress
Ansia
Capacità a utilizzare le riserve
Astenia
Concentrazione
Bruciore agli occhi
Equilibrio
Convalescenza
Mente libera
Depressione
Senso di pace
Difficoltà ad alzarsi al mattino
Senso di tranquillità
Indolenza
Vitalità
Mal di testa
Vivacità di spirito
Mancanza di concentrazione
Mancanza di energia
Mancanza di entusiasmo
Mancanza di forze
Noia
Ronzii alle orecchie
Sovraccarico mentale
Stanchezza mentale
Stress
29
®
L’idea di vivere bene e più a
lungo vista da un medico
Dott. Umberto Vitali
Il dott. Umberto Vitali si è laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Ferrara, è specializzato
in Clinica pediatrica e in Medicina dello sport. È stato presidente di un’associazione medico-sportiva per vent’anni, nonché assistente ospedaliero per ventotto anni circa. Ha pubblicato diversi lavori
scientifici in Italia e all’estero. Si interessa di fitoterapia, omoepatia e nutrizione.
Che cosa si deve sapere per vivere bene e più a lungo? In questi
anni di lavoro ho riscontrato quanto ancora le persone sappiano
poco riguardo alla loro salute e alla prevenzione delle malattie. Una
cultura medica naturale sta crescendo parallela alla medicina tradizionale o altrimenti detta allopatica. Sarebbe necessaria una maggiore interazione tra le due e una conoscenza più approfondita da
parte della gente per ottenere dei benefici. Prima di tutto ci si deve
convincere che il cibo è una medicina; se si sbaglia una scelta dietetica, si possono avere conseguenze devastanti, riempiendo il nostro
corpo di sostanze nocive, con riflessi sulla psiche e sulla nostra salute nonché su quella dei nostri discendenti. Un nuovo stile di vita
può indirizzarci a uscire dalla nocività del consumismo moderno.
La sfida è ritornare ad una alimentazione naturale, biologica, facendo tesoro delle conoscenze derivanti dalla fitoterapia e, quando
non è sufficiente, utilizzare l’integrazione. Chi vuole, può integrare
il nuovo stile di vita più naturale con la medicina “complementare”
(fitoterapia, oligoterapia), la quale può aiutare a ripristinare un dna
integro e originario, non influenzato da un modo di vivere errato e
inquinato dall’ambiente.
È possibile stare bene e godersi l’esistenza anche a tarda età seguendo delle sane abitudini, anche se per alcuni non è semplice praticare per tempo un cambiamento nello stile di vita e mantenerlo.
Purtroppo c’è ancora molto da fare, perché secondo recenti stati30
stiche le donne a una certa età si ammalano di più e assumono più
farmaci degli uomini: 700% in più di osteoporosi, 500% di patologie della tiroide, 138% di depressione, 123% di cefalea, 100% di
Alzheimer, 80% di cataratta, 49% di artriti, 30% di ipertensione,
ma 0% di infarto cardiaco da quando è aumentato il numero di
fumatrici.
Un interessante articolo comparso su un quotidiano riferiva che il
comportamento influenza i geni verso il bene o verso il male. La
buona o la cattiva condotta di vita influisce sulla funzione delle
cellule del nostro organismo, favorendo il benessere o arrecando la
malattia, nonché sull’espressione dei geni, che trasmettono ai discendenti qualità o difetti. Così che gli abusi o le carenze alimentari
favoriscono malattie e nello stesso tempo trasmettono un’influenza
negativa sul proprio DNA e su quello dei discendenti. L’equilibrio e la varietà nell’alimentazione portano a uno stato di salute
più duraturo. La gradualità nell’attività fisica o motoria favorisce
la salute e previene le malattie degenerative derivanti dalla sedentarietà (osteoporosi, artrosi articolare, arteriosclerosi, obesità ecc.).
Lo stress e l’eccessivo sforzo fisico portano a un’elevata acidità, alla
produzione di radicali liberi con disturbi acuti cardiaci, circolatori,
muscolari, e a un precoce invecchiamento.
Le cellule e i geni, che si ereditano, non sono entità statiche ma
sono recettive agli influssi ambientali e agli eccessi comportamen-
®
tali: fumo, droghe, alcol, alimenti, azione di farmaci, stress, fitofarmaci, inquinamento ecc. Pertanto si verificano danni immediati e
a distanza di tempo: sulle cellule, abbreviando la vita biologica e
temporale; sui geni, arrecando danni al feto e quindi ai discendenti
con disturbi più o meno importanti, che si possono protrarre fino
all’età adulta.
È stato scoperto che anche le patologie mentali sono in relazione
allo stile di vita, ma una buona condotta riporta a una positiva
espressione della qualità originaria del DNA nella generazione
successiva, perché il DNA rimane inalterato nella sua struttura di
base. Quindi la nostra mente e quella dei nostri figli dipendono
dal nostro comportamento e dall’influenza dell’ambiente. Oggi
si comprende ancora meglio l’espressione: “noi siamo quello che
mangiamo”. E possiamo aggiungere: “noi siamo come ci comportiamo” e ciò influenza anche i nostri discendenti, quindi si nasce
con un destino in parte già scritto. C’è da augurarsi che i nostri
genitori abbiano tenuto un buono stile di vita e, per ottenere la
migliore espressione del nostro DNA, dobbiamo continuare a rispettare noi stessi e l’ambiente.
Il tempo non perdona niente. Una vera prevenzione per vivere
bene e più a lungo deve iniziare fin dalla gravidanza e dalla prima
infanzia, proprio per quanto detto precedentemente. Negli ultimi
cinquant’anni, la fertilità dell’uomo e della donna è diminuita di
più del 50%; la quantità di spermatozoi per unità di sperma è scesa
da 100 a 50 milioni, tanto che il numero attualmente accettabile
è di 15 milioni. La medicina tradizionale consiglia di non usare
alcuni alimenti o sostanze, come lo zucchero, contenuto in cibi
raffinati, dolci, succhi di frutta e bibite commerciali, amidi, farinacei, devastanti per la salute poiché predispongono all’obesità e
al diabete, quest’ultimo considerato la piaga del terzo millennio;
i grassi saturi o animali, quali formaggi, latte intero, burro, che
possono portare obesità, aterosclerosi, disturbi cardiovascolari, infarto, ictus cerebrale, tumori; il sale o cloruro di sodio (da evitare
cibi eccessivamente sapidi come insaccati, formaggi stagionati ecc.)
causa pressione arteriosa elevata, maggiore usura delle strutture
delle arterie e vene, ritenzione idrica, sovraccarico del lavoro renale,
eccessiva concentrazione di sali nelle cellule e nei tessuti con sintomi infiammatori e dolorosi; sostanze nocive quali alcol, fumo, droghe, pesticidi nell’agricoltura, insetticidi nell’ambiente di casa ecc.
Questi ultimi sono ora accusati di essere particolarmente tossici per
il sistema nervoso, sia per l’adulto che per il feto. Rispetto a qualche
decennio fa, infatti, c’è stata una forte crescita di patologie mentali
nei bambini, tra i quali l’autismo e i disturbi dell’apprendimento.
Le sostanze tossiche intaccano il DNA in modo immediato e più
tardi il danno si trasmette al genoma, fino alla comparsa di malformazioni fetali (sindrome fetoalcolica ecc.) o a problemi di salute
in età adulta.
Le cause che possono determinare un’iperglicemia
sono innanzi tutto il diabete mellito di tipo 1 e 2 o, molto
frequentemente, una condizione di insulino-resistenza. La
quantità di glucosio nel sangue è infatti regolata dall’insulina,
ormone prodotto dal pancreas, e se questa non agisce in
modo corretto, nel senso di una mancata risposta da parte
delle cellule che non la riconoscono, o non è presente
nella giusta quantità, si ha un accumulo di glucosio nel
sangue. L’integrazione con Gluco YN, a base di piante
amazzoniche ad attività ipoglicemizzante, risulta utile in
tutti questi casi.
Integratore alimentare
a base di estratti vegetali
Momordica
(Charantia L.)
Cuti-cuti
(Notholaena nivea Desv.)
Shiitake
(Lentinula edodes)
31
Un Respiro
di Natura
Senza ro
Zucche
Senza osio
Saccar
cio
Gusto Aran
SCIROPPO
TISANA
CARAMELLE
®
www.promopharma.it
®
Recensioni WEB
PromoPharma: on-line il nuovo sito. Rinnovato nella grafica e nella forma per rispondere al meglio alle esigenze
dei naviganti. Una struttura semplice e diretta per rendere
ancora più facile e immediata la navigazione.
www.promopharrma.it
Il sito ufficiale dell’innovativo metodo dimagrante,
drenante e tonificante DIMA BIODIET®. Tanti consigli e suggerimenti per ritrovare il benessere e la forma
perduti.
www.dimabiodiet.com
Akesios Group srl è una Società specificamente dedicata
ai Convegni / Congressi / Workshop e Scuole di Formazione per i quali sia richiesto l’accreditamento ECM.
Il Ministero ha già accordato ad Akesios Group Srl la qualifica, a livello Nazionale, di Provider ECM, per la formazione RES (Residenziale) con il numero identificativo 403
dell’Albo Provider.
www.akesios.it
www.natural-space.com
Natural-Space nasce nel 2002 con l’obiettivo di comunicare al pubblico informazioni corrette e sicure
sull’utilizzo delle piante officinali e dei prodotti naturali. È una guida pratica attraverso la quale il navigatore può scegliere ed utilizzare in modo corretto le
piante officinali più indicate per controllare o prevenire lievi disturbi. Sono riportate modalità d’uso, avvertenze, controindicazioni ed eventuali interazioni con i
farmaci. Oltre alla fitoterapia il sito fornisce orientamenti sulle discipline complementari e l’alimentazione naturale. L’iscrizione alla newsletter offre la possibilità di essere sempre aggiornati sulle novità e le attività
di Natural-Space e Zea Centro Studi.
33
®
notiziario corsi
OLIGOELEMENTI E MERISTEMO
A cura del Dott. Wilmer Zanghirati Urbanaz
“…tutti i minerali hanno delle proprietà insostituibili ed
il ruolo di ciascuno non può essere svolto da nessun altro,
senza che un determinato deficit del bilancio metabolico
emerga ad un qualsiasi livello”.
L’attività di rimedi fitoterapici, per il drenaggio biologico,
è in perfetta sintonia con il principio universale dell’arte di
guarire: curare dal profondo verso la superficie.
DATE O ORARI DEL CORSO:
11-03-2012 ore: 9.00 - 18.00
15-04-2012 ore: 9.00 - 18.00
22-04-2012 ore: 9.00 - 18.00
SEDE DEL CORSO:
Nuova Tursport
via del Faro, 58 - 74122 - San Vito (TA)
LE VIE DELLA SALUTE
Conoscenze ed esperienze antiche e moderne per affrontare il disagio del vivere contemporaneo
A cura del Dott. Alberto Fiorito
Si tratta di una serie di incontri, il cui scopo è quello di offrire un percorso che conduca i partecipanti verso l’acquisizione di nuove conoscenze ed esperienze che possano diventare nuovi
strumenti, nuove armi per combattere il disagio, spunti per nuovi stili di vita. Consigliamola
data del 13 marzo che ha come tema L’alimentazione nella società della fretta: errori più comuni e suggerimenti per una corretta integrazione, a cura del dott. Alberto Fiorito, medico che
si occupa da oltre vent’anni di omeopatia, omotossicologia, alimentazione biologica e, più in
generale di tutte quelle discipline che prendono in considerazione l’uomo nella sua interezza.
DATA EVENTO: 13 marzo 2012
SEDE: Modena
34
Per fare ordine nell’intestino
e ritrovare il proprio equilibrio
Milk Free
Integratori alimentari
Flaconcini monodose
ità
novFlaconcini monodose
Capsule
10
miliardi di fermenti attivi
stabili al pH gastrico e alla bile
®
PARABENI, SOLFATI,
OLIO MINERALE,
PETROLATI, FRAGRANZE
SINTETICHE,
COLORANTI SINTETICI,
T.E.A, D.E.A., GLICOLI,
SILICONI, PEGS
ET AL