unita` di ricerca di napoli

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UNITA’ DI RICERCA DI NAPOLI
Direttore Scientifico: Prof. Carlo Pedone
L’attività scientifica dell’Unità operativa di Ricerca di Napoli è stata svolta per l'anno 2006
pricipalmente nell’ambito delle seguenti tematiche:
Sonde per la diagnosi in medicina nucleare basate su peptidi
I coniugati peptidici costituiscono sonde biospecifiche per la diagnosi mediante le tecniche
della medicina nucleare e per la terapia del cancro in quanto consentono di veicolare un metallo
radioemittente verso tessuti tumorali. Essi possono riconoscere infatti con alta affinità recettori
espressi in cellule tumorali. Pertanto nell’ultimo decennio queste molecole hanno riscosso un ampio
interesse sia da parte di gruppi di ricerca accademici, che di aziende farmaceutiche. L’ U.O. di
Napoli negli ultimi anni ha sviluppato sonde per il riconoscimento di recettori della colecistochinina
veicolando gli isotopi 111In e 99mTc. Per coordinare l’isotopo del tecnezio è stato utilizzato un
approcccio multilegante stabilizzando il Tc nello stato di ossidazione cinque mediante un chelante
di tipo PNP (N,N-bis(dimethoxypropylphosphinoethyl)methoxyethylamine) e saturando le ulteriori
posizioni di coordinazione con una cisteina legata all’estremità N terminale del peptide CCK8, un
peptide endogeno in grado di riconoscere i recettori 1 e 2 della colecistochinina. Il complesso è
stabile in solutzone acquosa ed in tampone fosfato. In vitro gli esperimenti di scambio con un
eccesso di cisteina e glutatione indicano che non si verificano reazioni di transchelazione,
confermando l’alta stabilità termodinamica ed inerzia cinetica di questi composti. Studi di stabilità
condotti in siero umano e di topo, come in omogenato di fegato di topo, mostra che il composto
radiomarcato resta intatto per prolungata incubazione a 37°C. Le prove biologiche hanno dimostrato
selettività verso il target e specificità che non risulta alterata dalla presenza sull’estremità Nterminale del chelante. La costante di binding (Kd) infatti risulta (19.0 ± 4.6 nmol/l) valutata su
A431 cellule sovraesprimenti il recettore 2. Prove di spiazzamento con la sonda “fredda”
confermano l’internalizzazione nella membrana cellulare dell’addotto. Anche in vivo i coniugati
mostrano una stabilità sufficiente a marcare le cellule e una buon metabolismo, anche se questa
sonda come analoghe precedentemente preparate necessita di ulteriori modifiche al fine di
aumentare l’idrofilicità che si è dimostrata essenziale per ottenere la migliore clearance da parte
della cavia.
Aggregati supramolecolari peptidi-chelanti come tools per la diagnosi oncologica mediante la
tecnica della risonanza magnetica imaging (MRI).
Negli ultimi anni a seguito della bassa sensibilità della tecnica della risonanza imaging
(RMI) sono stati messi a punto opportuni agenti di contrasto (MdC) per ottenere immagini definite.
Mentre in medicina nucleare (MN) è sufficiente una concentrazione molto bassa di mezzo di
contrasto nel tessuto da evidenziare dell’ordine di 10-10M, per l’RMI è necessaria una
concentrazione di 10-4M. Il mezzo di contrasto per la RMI è costituito da un metallo paramagnetico
quale il Gd(III). Pertanto per ottenere un contrasto sufficiente è necessario portare un gran umero di
ioni paramagnetici sulla cellula ed ottimizzare la relassività intrinseca per ogni singolo complesso
paramagnetico, aumentando il tempo di riorientamento molecolare. A tal fine negli ultimi anni l’UO
di Napoli in collaborazione con l’UO di Torino ha preparato sistemi supramolecolari, come micelle
miste, che espongono sulla loro superficie un vettore peptidico in grado di riconoscere un recettore
sovraespresso dalle cellule tumorali. Anche in questo caso i recettori target oggetto della ricerca
sono stati i recettori della colecistochinina. Inizialmente è stata preparata un’ampia serie di
monomeri in grado di assemblarsi costituiti da una catena o due catene alchiliche a 18 atomi di
carbonio e da una testa idrofilica rappresentata dal chelante o dal peptide CCK8, rispettivamente.
1
Per aumentare l’idrofilicità del monomero-peptide e migliorarne l’esposizione sulla
superficie esterna della micella mista, sono stati inseriti un numero variabile di spaziatori polietossilici (2 oppure 5) oppure catene di polietilenglicole tra la catena idrofobica e il peptide. Le
caratterizzazioni strutturali sugli aggregati misti contenenti il monomero (C18)2(Link)5CCK8,
(C18)2Peg2000-CCK8, (C18)2DSPE(Peg2000)-CCK8 con (C18)2DTPAGlu sono state condotte sia
con il chelante coordinato allo ione Gd3+ che come base libera. Dall’analisi degli spettri di
scattering neutronica si evince che nelle soluzioni preparate esiste una coesistenza di micelle di
diversa forma e dimensione. Nel caso del monomero (C18)2DSPE(Peg2000)-CCK8 modulando la
percentuale dei due monomeri negli aggregati si ottengono micelle o, a partire dal 70% di
monomero peptidico (C18)2DSPE(Peg2000)-CCK8, doppi strati lipidici. Il valore della cmc è dell’
ordine di grandezza di 10-6 mol Kg-1. Gli aggregati sono di tipo cilindrico, e non sferico come per le
micelle contenenti una coda idrofobica. Il valore della relassività compreso tra R1p = 18 mM-1s-1 e
21 mM-1s-1 a 20 MHz e 25°C è superiore a valore misurato per le micelle di prima generazione ed
ad aggregati riportati in letteratura. Successivamnete è stato sintetizzato un'unica molecola anfifilica
(fig 1) in cui la testa idrofilica è costituita dal peptide CCK8 e dal chelante GluDTPA. Questa
molecola autoassemblandosi forma un aggregato in cui il peptide e il chelante costituiscono la testa
idrofilica. Il valore di cmc è stato determinato da misure di fluorescenza usando l’ 8anilinonaftalene-1-sulfonato (ANS) come probe di fluorescenza (∼ 10-4 mol kg-1). I dati strutturali
ottenuti dallo scattering neutronico indicano che gli aggregati micellari hanno forma ellissoidale. Il
numero di aggregazione (Nagg), dell’aggregato supramolecolare è di ~ 35. Il valore molto basso del
numero di aggregazione, rispetto a quanto evidenziato nelle micelle di prima generazione, può
essere spiegato in base a due effetti: uno derivante dall’elevato ingombro sterico della parte polare,
dovuta alla copresenza del chelante e del peptide sul singolo monomero; l’altro derivante dalla
repulsione elettrostatica dovuta alla presenza delle cariche negative sul chelante DTPAGlu Il raggio
idrodinamico delle micelle è ~ 50 Å. La caratterizzazione rilassometrica del monomero (C18)2(Link)-Lys(DTPAGlu(Gd))-(Link)2-G-CCK8 ha evidenziato che il tempo di reorientazione
molecolare (τr) ha un valore di 4.6 ns e il tempo medio di residenza, nel centro paramagnetico, della
molecola d’acqua in rapido scambio con l’acqua di “bulk” della soluzione (τM) un valore di 1.1 µs e
quindi la relassività molare dell’aggregato per atomo di Gd(III) è 15 mM-1s-1 a 25°C e 20 MHz. Il
τr, in accordo con le premesse fatte in fase di progettazione, ha un valore molto elevato, indice di
un’alta rigidità strutturale del sistema. Attualmente sono in corso prove di spiazzamento e binding
su cellule per definire le costanti di binding.
O
N
O
N
H
O
O
H
N
O
O
O
N
H
(CH2)4
N
O
(C18)2(Link)Lys(DTPAGlu)(Link)2-G-CCK8
O2
COO -
N
-OOC
H
N
O
N
N
Gly CCK8
COO -
COO-
-OOC
Figura 1: Rappresentazione schematica del monomero anfifilico contenente il peptide CCK8 e agenet chelante DTPAGlu.
(C18)2LLys(DTPAGlu)L2-G-CCK8
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Sviluppo di nuove molecole come antagonisti dell’integrina αvβ3
L’angiogenesi è un processo fisiologico, che, implica una cascata di eventi sequenziali che
portano alla formazione di nuovi capillari da vasi sanguigni preesistenti. La formazione di capillari può
diventare patologico in risposta alla presenza di cellule tumorali. Tale processo avviene a seguito del
rilascio di fattori pro-angiogenici che si legano ai recettori delle cellule endoteliali dei vasi sanguigni
preesistenti, portando alla loro attivazione e proliferazione. L’interazione fra cellule tumorali ed
endoteliali conduce alla secrezione e all’attivazione di vari fattori proteolitici, come le MMP, in grado di
degradare la membrana basale e la matrice extracellulare (ECM); tale degradazione permette alle cellule
attivate di migrare verso il tumore formando nuovi vasi grazie al riconoscimento e all’interazione delle
Integrine (αvβ3 e αvβ5) con diversi ligandi liberati dall’ ECM. Diversi studi clinici hanno dimostrato che
l’angiogenesi è un processo essenziale per la crescita di tumori solidi e che la soppressione, anche di una
sola delle sue fasi, inibisce la formazione di nuovi vasi, influendo così sulla crescita del tumore e la
generazione di metastasi. In tale contesto si inserisce questa tematica di ricerca dell’UO di Napoli
avente come obiettivo la progettazione, lo sviluppo e la caratterizzazione di nuove molecole di
natura peptidica e peptidomimetica in grado di modulare l’attività di sistemi molecolari coinvolti
nella cascata angiogenica. A tale scopo è stato scelto come sistema modello più noto e studiato
nell’ambito della regolazione del processo di angiogenesi patologica il recettore per le proteine delle
matrice Integrina αvβ3. L’attività di ricerca è stata rivolta all’Integrina αVβ3, glicoproteina
transmembrana, costituita da due subunità α e β non covalentemente associate. Tale Integrina
appartiene ad un’ampia famiglia di recettori di adesione cellulare costituiti da differenti subunità α e
β. Le subunità possono dar luogo a più di 20 diverse combinazioni di eterodimeri, la maggior parte
dei quali interagisce con specifici ligandi dell’ECM che contengono la sequenza amminoacidica di
riconoscimento RGD. In particolare è stato dimostrato che l’Integrina αVβ3, normalmente espressa
sulla superficie cellulare in bassa concentrazione, risulta sovraespressa in presenza di patologie
neoplastiche. In seguito all’interazione con opportuni ligandi dell’ECM, le Integrine αVβ3 formano dei
cluster molecolari e attivano pathway di segnali intracellulari necessari alla sopravvivenza, proliferazione
e migrazione cellulare. Diversi studi indicano che antagonisti in grado di bloccare tale legame inducono
l’apoptosi bloccando il processo angiogenico. L’Echistatina, una proteina da 49 residui, può svolgere
questo ruolo. Come tutti i ligandi dell’Integrina αVβ3, anche l’Echistatina possiede la sequenza di
riconoscimento RGD e studi strutturali e di mutagenenesi su tale proteina hanno indicato che la struttura
del loop RGD, i residui adiacenti e il dominio C-terminale sono critici per l’affinità e il riconoscimento
selettivo del recettore. Sono attualmente note le strutture ai raggi X dell’Integrina αVβ3 e del complesso
che questa forma con il ciclo(RGDf-NMeV) (f= D-Phe), la più piccola molecola sintetica capace di inibire
il binding dei ligandi naturali all’Integrina αVβ3.
Pertanto sono state progettate molecole peptidiche e peptidomimetiche basate sul modello
del ciclo(RGDf-NMeV), per assicurare l’affinità di binding, e su quello dell’Echistatina in modo da
aumentarne la selettività nei confronti dell’Integrina αVβ3 mediante studi di docking sovrapponendo
il tratto RGD della struttura dell’Echistatina depositata nel Protein Data Bank con quello del
ciclo(RGDf-NMeV) nel complesso Integrina-ciclo(RGDf-NMeV). Si è quindi valutato il
comportamento e l’orientazione degli altri residui della sequenza dell’Echistatina rispetto
all’Integrina. Dalla sovrapposizione realizzata si è osservato, in particolare, che la porzione Cterminale (Arg41-Thr49) e la sequenza Met28-Asp30 dell’Echistatina interagiscono principalmente
con la subunità β3 dell’Integrina. Alla luce di tale risultato si è stato progettato e sintetizzato un
peptide ciclico con sequenza RGDeK (e= D-Glu) e di legarlo alla sequenza Met28-Asp30 e agli
ultimi 9 residui della porzione C-terminale dell’Echistatina mediante il dipeptide Pro-Gly allo scopo
di stabilizzare ulteriormente l’orientazione relativa delle due sequenze peptidiche nel modello. Questo è
stato realizzato impiegando tecniche di Drug Design con l’ausilio di programmi di grafica molecolare e di
minimizzazione dell’energia.
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La sequenza amminoacidica del peptide progettato, denominato RGDechi, risulta quindi:
Met-Asp-Asp-Pro-Gly-Arg-Asn-Pro-His-Lys-Gly-Pro-Ala-Thr19
Lys1-Arg-Gly-Asp-DGlu
A partire dalla molecola progettata sono stati sintetizzati con la stessa metodologia due
analoghi, Echi 14 ed Echi 9, costituiti rispettivamente dagli ultimi 14 e 9 residui del peptide
RGDechi, ciò allo scopo di evidenziarne le differenze nel binding all’Integrina αVβ3 rispetto alla
sequenza ciclica completa.
Allo scopo di valutare l’attività biologica e la selettività del peptide RGDechi nei confronti
dell’Integrina αVβ3, sono stati realizzati esperimenti di binding su linee cellulari iperesprimenti le integrine
αVβ3 e αVβ5. Gli esperimenti realizzati hanno indicato sia per il ciclo(RGDfV) che per quello progettato
RGDechi un valore di IC50 nel range µM. Comparando i valori di IC50 dei due ligandi, si è potuta
osservare per il peptide ciclo(RGDfV) una affinità solo leggermente superiore (IC50= 0.64 µM) rispetto a
quella del peptide RGDechi (IC50=0.88 µM). Per quanto riguarda gli esperimenti di adesione cellulare
condotti sui peptidi Echi 9 e Echi 14, non contenenti la sequenza RGD, i risultati ottenuti hanno indicato
che i due peptidi non sono in grado di legare l’Integrina αVβ3 se non è presente la sequenza RGD nella
molecola RGDechi.
Parallelamente sono stati eseguiti esperimenti di marcatura sul ciclo(RGDfV) che è stato
modificato mediante introduzione di una Tyr al posto della Phe per permetterne la marcatura con 125I.
Tali esperimenti hanno mostrato che il ciclo(RGDyV) presenta un valore di IC50 paragonabile a quello
ottenuto nel saggio di adesione. La nuova molecola di natura peptidica progettata e sintetizzata è in grado
di legare con alta affinità e specificità l’Integrina αVβ3 e quindi, opportunamente funzionalizzata, potrebbe
essere utilizzata come sonda biospecifica nella diagnosi e nella terapia delle malattie neoplastiche.
Inoltre nell’ultimo periodo e’ stata affrontata la problematica di ottenere il peptide ciclico
contenente la sequenza RGD funzionalizzato con sistemi chelanti per coordinare radionuclidi, come
lo 111In and 90Y, per effettuare esperimenti in vivo con tecnica SPECT. Il ligando è stato legato alla catena
laterale della lisina nel peptide ciclico, residuo che in sede di progetto era stato scelto proprio per svolgere
questa funzione. La sintesi del composto è stata eseguita ed è in corso l'allestimento un modello animale
basato sull’inoculo nell’animale delle cellule iperesprimenti αvβ3 o le integrine correlate da
utilizzare in vivo per saggiare tutti i peptidi radiomarcati ottenuti nell’ambito del progetto.
Studi Strutturali su Anidrasi Carboniche.
L'anidrasi carbonica (CA) è un enzima ubiquitario, presente negli Archaea, nei procarioti
e negli eucarioti, codificato da tre differenti famiglie di geni (alfa, beta e gamma) i cui membri
hanno in comune molto poco della loro sequenza e della loro struttura, anche se svolgono tutti la
stessa funzione e richiedono uno ione zinco nel loro sito attivo. L'anidrasi carbonica catalizza la
rapida interconversione di anidride carbonica e acqua in acido carbonico, protoni e ioni
bicarbonato, svolgendo, quindi, un ruolo chiave nella regolazione del pH e nell'equilibrio dei
fluidi in diverse parti del nostro corpo. Nello stomaco contribuisce alla secrezione di acido,
mentre lo stesso enzima aiuta a rendere il succo pancreatico alcalino e la nostra saliva neutra. Il
trasporto dei protoni e degli ioni bicarbonato prodotti nei reni e negli occhi influenza il
contenuto di acqua nelle cellule di questi organi. Gli isoenzimi di anidrasi carbonica, quindi,
compiono funzioni diverse nei vari organi, e la loro assenza o il loro cattivo funzionamento
possono condurre a stati di malattia, che vanno dalla mancanza di produzione di acido nello
stomaco, al blocco renale, al glaucoma. La progettazione di inibitori specifici per i vari
isoenzimi di questa famiglia di proteine costituisce, quindi, uno step fondamentale nello
sviluppo di farmaci selettivi per le differenti patologie correlate alle diverse isoforme.
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L’attività catalitica delle anidrasi carboniche può essere modulata mediante l’utilizzo di
molecole contenenti un gruppo solfonamidico che, coordinandosi allo ione zinco del sito catalitico,
impedisce la formazione della specie attiva dell’enzima.
Studi recenti hanno dimostrato che l’isoforma IX dell’anidrasi carbonica umana (CA IX) è
coinvolta nel processo di acidificazione dei tessuti tumorali ipossici. L'ipossia tumorale rappresenta
una condizione unica, che può essere sfruttata per trattamenti selettivi basati sull'uso di farmaci
bioriducibili. Tali pro-farmaci necessitano di attivazione metabolica per generare specie tossiche
dotate di attività antitumorale; tale attivazione avviene preferenzialmente nella cellula tumorale
ipossica in cui è prodotto il set appropriato di reduttasi. In tale contesto la UO di Napoli si e’
occupata della caratterizzazione di una serie di composti disolfurici, contenenti il gruppo
sulfonamidico, che sono stati progettati, sintetizzati e testati per le loro capacità inibitorie
sull’isoforma IX. Tra i composti studiati, la molecola 4-(2-ditiodifenilcarbossiamido)dibenzensolfonamide è risultata particolarmente interessante per la sua elevata affinità per la CAIX.
La caratterizzazione strutturale del complesso della forma ridotta di questa molecola con l’isoforma
II, insieme al confronto con il complesso con l’isoforma IX, ha consentito di identificare le basi
molecolari della specificità di quest’inibitore nei confronti della CAIX. Le informazioni ottenute
costituiscono un importante punto di partenza per la progettazione di inibitori più specifici con
importanti applicazioni farmacologiche.
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