ESPERIMENTO SULL’OTTICA Introduzione L’ottica geometrica può essere considerata un metodo per la costruzione di immagini date da sistemi ottici quali lenti e specchi. Essa costituisce una teoria approssimata, quindi con definiti limiti di validità, per la trattazione dei fenomeni luminosi. Le assunzioni che stanno alla base dell’ottica geometrica sono: In un mezzo omogeneo la luce si propaga lungo linee rette (raggi luminosi). Si suppone quindi che la presenza di fenomeni diffrattivi sia trascurabile I raggi luminosi sono tra loro indipendenti. Si suppone quindi che i fenomeni di interferenza siano trascurabili. Al passaggio tra due mezzi trasparenti diversi, i raggi luminosi che vengono trasmessi dal primo al secondo mezzo subiscono un fenomeno di rifrazione secondo la legge di Snell. I raggi luminosi che vengono riflessi dalla superficie di separazione tra due mezzi diversi (Fig. 1) hanno una direzione di propagazione data dalla legge i = r In altri termini, l’angolo di riflessione e’ uguale in modulo all’angolo di incidenza. Inoltre, raggio incidente, raggio riflesso e normale alla superficie di separazione tra i due mezzi stanno sullo stesso piano. Nella trattazione dei sistemi ottici si assumerà generalmente che gli angoli di incidenza e di rifrazione siano piccoli, in modo da soddisfare l’approssimazione tanα∼senα∼α. Approssimazione che prende il nome di “approssimazione di Gauss”. i r i=r Fig.1 Prima di procedere con l’esperimento si consideri una lente convergente (Fig. 2) e si assuma che in P ci sia una sorgente di luce puntiforme (candela) e che la retta tratteggiata sia l’asse ottico della lente. Le linee disegnate in rosso rappresentano due raggi di luce, scelti arbitrariamente, che partono da P e incidono sulla lente nel suo centro ottico. A causa del fenomeno della riflessione, i raggi di luce uscenti da P, passando per il centro della lente proseguono nella stessa direzione, in quanto nella zona centrale la lente si comporta come una lastra a facce piane parallele, subendo al massimo una diffrazione trascurabile, fino a creare un’ immagine nel nostro schermo. Le immagini che potremo vedere sul nostro schermo con una lente convergente variano a seconda della posizione dell’ oggetto : Se l’oggetto è posto oltre il doppio della distanza focale, l’immagine sarà: reale capovolta e rimpicciolita. Se l’oggetto è posto sul doppio della distanza focale, l’immagine sarà: reale, capovolta e della stessa dimensione. Se l’oggetto è posto tra il fuoco e il doppio della distanza focale, l’immagine sarà: reale, capovolta e ingrandita. Se l’oggetto è posto nel fuoco, non ci sarà nessuna immagine. Se l’oggetto è posto tra la lente e il fuoco, l’immagine sarà: virtuale, diritta, ingrandita e allontanata. immagine oggetto schermo P p q Fig.2 La distanza tra l’oggetto e la lente (p) e la distanza tra la lente e lo schermo (q) rappresenta la distanza focale. Si definisce focale la distanza dalla lente alla quale un raggio, in origine parallelo all'asse ottico, interseca l'asse dopo essere stato deviato dalla lente. Per determinare la focale di una lente convergente abbiamo disposto il nostro oggetto illuminato (candela) e la lente in modo da ottenere un'immagine nitida sullo schermo. Successivamente abbiamo misurato con il metro le distanze p e q. La focale della lente è data dalla Formula della distanza focale o punti congiunti: 1 1 1 --- = --- + --F p q 1 q + p −−− = −−−−−− F p × q Che in forma esplicita diventa: q × p F = −−−−−− p + q Obiettivo dell’esperimento: Misurare la distanza focale e la sua media su cinque misurazioni e infine misurare l’errore della distanza focale con la formula : Fmax - Fmin ΔF = −−−−−−-−-−2 Strumenti utilizzati: - Una lente convergente focale compresa fra 100 e 300 mm Una candela Uno schermo bianco Un metro binario metrato sul quale far scorrere la candela e lo schermo lasciando la lente ferma Svolgimento: Come prima cosa abbiamo posizionato una candela, una lente convergente, e uno schermo bianco nel nostro binario metrato (Fig.3) Fig.3 Successivamente abbiamo proceduto con le misurazione delle cinque distanze p e q con l’obiettivo di verificare come, lasciando la lente ferma sullo stesso punto, alla variazione di p e q, la distanza focale non sarebbe dovuta variare eccessivamente. Fig J Misurazioni: (secondo le formule sopra citate) 1. p = 17 22 × 17 F = −−−−−−-− 22 + 17 q = 22 374 -−39 = 2. p =22,5 q = 17,5 22,5 × 17,5 F = −−−−−−−−−-− 393,75 -−-−-− 40 = 22,5 + 17,5 3. p = 56,5 678 −-−68,5 = 4. p = 38 = = 9,69 q =31.5 14 × 31,5 14 + 31,5 = 9,90 q = 13 494 -−51 5. p = 14 F = −−−−−−−−-− = 9,84 q = 12 56,5 × 12 F = −−−−−−−−-− 56,5 + 12 38 × 13 F = −−−−−−-− 38 + 13 = 9,59 = 441 −-−45,5 = 9,69 Il successivo passo ha previsto il calcolo della media aritmetica delle cinque distanze focali calcolate, proceduto con la somma delle distanze focali diviso 5 ossia il numero delle misurazioni effettuate, ottenendo il risultato di 9,74 . Infine l’esperimento si è concluso con il calcolo dell’errore : Fmax - Fmin ΔF = −−−−−−-−-−2 9,90 – 9,59 ΔF = −−−−−−-−-−2 = 0,15 F = 9,74cm ± 0,15 Conclusioni: l’esperimento si può considerare concluso correttamente, in quanto abbiamo ottenuto il riscontro desiderato nel calcolo dell’errore della distanza focale, in quanto avrebbe dovuto dare un risultato pari a zero o molto vicino allo zero. Gruppo A composto da: Giorgia Tegas, Giulia Murgia, Alice Pisanu, Ida Piroddi, Pamela Depau, JessicaDeidda, Caudia Soro, Eleonora Ibba