1. I MODELLI PER LA POLITICA ECONOMICA. Finora abbiamo affrontato lo studio dell'Economia Politica, ossia della Macroeconomia e della Microeconomia. L'Economia Politica si propone di cogliere, comprendere e descrivere (a livello micro e macro) i meccanismi che regolano il funzionamento del sistema economico e, pertanto, rappresenta il ramo positivo (descrive ciò che è) della scienza economica. Che cosa è invece la Politica Economica? La Politica Economica costituisce il ramo normativo (indica ciò che dovrebbe essere e come ottenerlo) della scienza economica perché, alla luce di quanto definito dall'Economia Politica, si occupa di stabilire come intervenire nel sistema economico per modificarne o condizionarne l'evoluzione, ogni volta che siano presenti1 situazioni strutturali o contingenti che ne alterino il corretto funzionamento e, di conseguenza, impediscano il raggiungimento di determinati obiettivi. Noi, in particolare, ci occuperemo di Politica Macroeconomica e cercheremo di comprendere come le Autorità che gestiscono la politica di Bilancio (il Governo) e la politica monetaria (la Banca Centrale), ossia i principali strumenti di politica economica a loro disposizione, possano o debbano intervenire nel sistema economico nazionale per raggiungere determinati obiettivi (riduzione della disoccupazione, dell'inflazione, del deficit e del debito pubblico, ecc.). 1.1 MODELLI DI ECONOMIA POLITICA E MODELLI DI POLITICA ECONOMICA. Sia chi studia i meccanismi che regolano un sistema economico, sia chi è chiamato a decidere come intervenire per correggerne eventuali non corretti funzionamenti deve confrontarsi con una realtà assai complessa che deve essere in qualche modo semplificata. Per riuscire a rappresentare in modo semplice la complessità della realtà economica, senza perdere informazioni nè fornire una descrizione irrealistica dei meccanismi economici, gli economisti sono soliti ragionare mediante modelli. Un modello economico è che una struttura logica (rappresentabile anche in forma analitica, mediante equazioni) che illustra le relazioni esistenti tra diverse variabili economiche per offrire una descrizione semplificata, ma coerente, del sistema economico. Alla luce della distinzione operata tra Economia Politica e Politica Economica, esistono due tipologie di modelli macroeconomici: 1 o si prevede che potranno presentarsi 1 1) modelli di economia politica (o modelli di analisi), che dicono come funziona un sistema macroeconomico; 2) modelli di politica economica (o modelli di strategia), che indicano come intervenire per farlo funzionare meglio, ossia come le Autorità devono utilizzare in modo adeguato gli strumenti disponibili per raggiungere i loro obiettivi di politica economica Ovviamente ogni modello di politica economica si “fonda”, in qualche misura, su un modello di economia politica, perché per intervenire e correggere la realtà economica è necessario prima conoscere come funziona. 1.2. LE VARIABILI ECONOMICHE Un modello economico è espresso come un insieme di relazioni fra variabili economiche. Queste ultime possono essere endogene o esogene. Una variabile è endogena quando il suo valore è spiegato dal modello; è esogena quando si può assumere che il suo valore è noto in anticipo (è un dato) o è controllabile dalle autorità di politica economica (ad esempio dalla Banca centrale o dal governo). Come è ricordato nello schema riassuntivo finale, in un modello di politica economica le variabili endogene si distinguono in variabili obiettivo e variabili irrilevanti, mentre le variabili esogene si distinguono in variabili strumentali e variabili date. Le variabili strumentali sono quelle controllabili dagli agenti della politica economica e rappresentano i mezzi di cui essi dispongono per raggiungere i fini prefissati, ossia certi livelli delle variabili - obiettivo. Variabili - obiettivo della politica macroeconomica a breve sono, ad esempio, il livello dell'occupazione o del reddito, la stabilità dei prezzi, un più o meno ridotto tasso d'inflazione, l'equilibrio nella bilancia dei pagamenti, ecc. Variabili strumentali possono essere la spesa pubblica, la base monetaria o l'offerta di moneta, ecc. Non sempre, tuttavia, le autorità di politica economica hanno il pieno controllo di tali strumenti. Solo una parte della spesa pubblica è effettivamente controllabile nel breve periodo dal governo; una certa parte di essa invece varia sulla base di leggi precedenti o dei contratti del pubblico impiego. Allo stesso modo, le autorità di politica monetaria non hanno un pieno controllo dell'offerta di moneta (o meglio della base monetaria), e il loro comportamento può essere influenzato da eventi solo in parte controllabili, come l'andamento dei conti con l'estero, della finanza pubblica e dell'intera economia. Si parla in questi casi di endogenizzazione della politica monetaria. 2 1.3. I DIVERSI TIPI DI EQUAZIONI. Quando un modello economico è espresso come un sistema di equazioni, queste possono essere (si veda lo schema finale riassuntivo): a) equazioni di definizione (o identità contabili); b) equazioni di comportamento; c) equazioni tecniche; d) equazioni di equilibrio. Un esempio dei primo tipo di equazioni è dato dall'equazione (o identità) della domanda aggregata per cui Z ≡ C + I + G + (X - Q), dove Z è la domanda aggregata, I gli investimenti, C il consumo, G la spesa pubblica, X le esportazioni e Q le importazioni. Un esempio di equazione di comportamento è la funzione keynesiana del consumo, che nella sua forma più semplice fa dipendere il consumo (corrente) dal reddito disponibile (corrente): C = c × Yd dove c è la propensione marginale al consumo ed Yd è il reddito disponibile. Le funzioni di produzione, ossia Y = F(K, L) sono spesso proposte come equazioni tecniche. In realtà, qualora si ragioni a livello aggregato di intera economia, esse sono piuttosto equazioni spurie di comportamento perché sottendono il comportamento di diversi operatori (Stato, lavoratori, imprenditori, ecc.). Un esempio di equazione d'equilibrio è dato, infine, dall'eguaglianza fra la domanda aggregata ed l'offerta aggregata, ossia Y = Z. 1.4. MODELLI IN FORMA STRUTTURALE E IN FORMA RIDOTTA Quando un modello economico è rappresentabile in forma analitica mediante un sistema di equazioni che esprimono le relazioni esistenti tra le variabili economiche, esso può essere scritto 3 a) in forma strutturale, qualora esistano delle relazioni di tipo istantaneo (non sfasate nel tempo) tra le variabili che rappresentano i possibili obiettivi della politica economica2, ossia quando il comportamento corrente delle variabili endogene è espresso in funzione del comportamento corrente e passato delle variabili esogene, e di quello corrente e passato delle altre variabili endogene; b) in forma ridotta, qualora non esistano delle relazioni di tipo istantaneo tra le variabili obiettivo (ma solo tra le variabili - obiettivo e le altre variabili), ossia quando il comportamento corrente delle variabili endogene è espresso in funzione del presente e del passato delle variabili esogene e del solo passato delle altre endogene. Un semplice esempio può chiarire questa distinzione. Si prenda un modello di ispirazione keynesiana espresso nella seguente forma: Y=Z equazione 1 Z≡C+G+I equazione 2 C=c×Y equazione 3 Y=a×N equazione 4 In queste equazioni, oltre alle variabili già note, abbiamo N, che è l'occupazione, e a, che è la produttività media del lavoro3. Le variabili endogene sono Y, C, Z e N (Y, C e Z irrilevanti, N = variabile - obiettivo); G e I sono invece le variabili esogene (I data, G strumentale). Questo è evidentemente un modello economico scritto in forma strutturale poiché presenta relazioni istantanee tra le variabili endogene. Risolviamo ora il modello rispetto alla variabile obiettivo occupazione (N), sostituendo il valore di C dell'equazione 3 nell'equazione 2 e poi l'equazione 2 così ottenuta nell'equazione 1. Avremo Y=c×Y+ G + I equazione 5 Sostituendo infine il valore di Y dell'equazione 4 nella equazione 5 e risolvendo rispetto ad N otteniamo: a×N=c×a×N+ G + I a×N- c×a×N= G + I a × (1-c)N = G + I 2 Ad esempio, la curva di Phillips esprime un legame istantaneo tra disoccupazione ed inflazione, due variabili obiettivo di politica economica. 4 da cui si ricava: N= 1 ( G + I) (1 − c)a equazione 6 L’equazione 6, ottenuta “risolvendo” il modello di partenza (equazioni 1-4) ne descrive la forma ridotta ed è caratterizzata dal fatto che in essa non compaiono relazioni istantanee tra variabili endogene: la variabile endogena N è funzione solo delle variabili esogene (I e C) e dei parametri del modello. 1.5. IL PASSAGGIO DA UN MODELLO DI ECONOMIA POLITICA A UN MODELLO DI POLITICA ECONOMICA Normalmente un modello di economia politica è scritto in forma strutturale (o estesa), mentre un modello di politica economica è scritto in forma ridotta. Pertanto, qualora si disponga di un modello di economia politica in forma strutturale e si voglia trasformarlo nel corrispondente modello di politica economica in forma ridotta, si dovrà in primo luogo risolvere il modello in forma strutturale rispetto alle variabili endogene obiettivo come funzione delle sole variabili esogene, trasformandolo così in un modello in forma ridotta. Nel modello in forma ridotta si sostituisce quindi al valore delle variabili obiettivo il valore prefissato dalle autorità di politica economica e si risolve il sistema rispetto alle variabili strumentali, ottenendo il valore che queste debbono assumere per consentire all'economia di raggiungere i valori prefissati dagli obiettivi. Un esempio può aiutare a comprendere questo processo. Prendiamo il precedente semplice modello keynesiano ad un obiettivo (N) ed uno strumento (G) nella sua forma strutturale (equazioni 1-4). Trasformiamolo nella sua forma ridotta, costituita dall'equazione 5. Attribuiamo poi alla variabile obiettivo occupazione il valore ottimale prefissato dalle autorità di politica economica (N = N*)4. L'equazione 5 può infine essere risolta per ricavarne il valore ottimale della variabile strumentale G in funzione della variabile - obiettivo N*, ossia G* = a(1-c)N* - I. Abbiamo così risolto il nostro problema di politica economica nel caso più semplice di un solo obiettivo e un solo strumento. 3 4 L’equazione 4 è quindi una funzione di produzione Circa i criteri che le autorità adottano per individuare i valori ottimali delle variabili obiettivo si veda la Dispensa 2. 5 ECONOMIA POLITICA E POLITICA ECONOMICA: MODELLI, VARIABILI ED EQUAZIONI - SCHEMA RIASSUNTIVO. Ramo positivo (ciò che è) economia politica Scienza economica Ramo normativo (ciò che deve essere) politica economica di economia politica (di analisi) Modelli economici di politica economica (di strategia) In forma strutturale (di economia politica) Modelli economici In forma ridotta (di politica economica) 6 obiettivo endogene irrilevanti Variabili economiche strumentali esogene date di definizione di comportamento Equazioni economiche tecniche di equilibrio 7 2. OBIETTIVI E STRUMENTI. Un modello economico viene usualmente espresso come un insieme di relazioni tra variabili economiche. Queste variabili possono essere esogene o endogene al modello. Una variabile è esogena quando il suo valore è noto o è controllabile dalle Autorità di politica economica; è endogena qualora il suo valore venga determinato dal modello (di cui costituisce un’incognita). In un modello di economia politica (modello in forma strutturale), ma soprattutto in un modello di politica economica (modello in forma ridotta) i possibili obiettivi della politica economica sono descritti da particolari valori di alcune (o tutte) variabili endogene, mentre le variabili esogene rappresentano i possibili strumenti a disposizione delle Autorità di politica economica per raggiungere gli obiettivi prefissati. Le variabili endogene possono essere distinte in variabili obiettivo in senso stretto e variabili irrilevanti, a seconda che costituiscano o non costituiscano l'obiettivo della manovra che si sta per compiere. Le variabili esogene possono essere distinte in variabili strumentali e variabili date, dove le variabili strumentali sono quelle effettivamente controllabili dall'Autorità di politica economica e rappresentano, pertanto, i mezzi, gli strumenti di cui essa potrà disporre per raggiungere gli obiettivi prefissati , ossia determinati valori delle variabili obiettivo. Possibili variabili obiettivo della politica macroeconomica nel breve periodo sono rappresentate da dati livelli dell'occupazione o della produzione, dalla stabilità dei prezzi o da una riduzione del tasso d'inflazione, dall'equilibrio della bilancia dei pagamenti. Possibili variabili strumento sono la spesa pubblica, i trasferimenti pubblici, la base monetaria, il tasso di sconto, l'offerta di moneta, ecc. Come vedremo in seguito, le autorità di politica economica non hanno in realtà il pieno controllo di tutti questi strumenti. A titolo esemplificativo consideriamo questo semplice modello economico Y = β(G + NX ) π = −αu u = − χY Y (reddito), u (disoccupazione) e π (inflazione) sono le variabili endogene, G (livello della spesa pubblica) e NX (esportazioni nette) quelle esogene: Y e π sono variabili irrilevanti, u è la variabile obiettivo; G è la variabile strumento, NX è quella data. E' bene sottolineare che possono verificarsi casi particolari nei quali la distinzione tra obiettivi e strumenti viene meno perché gli strumenti non sono (facilmente o per niente) 1 controllabili. Si parla in questo caso di endogenizzazione della politica economica. Ad esempio, vi è già noto che la politica monetaria è del tutto inefficace in un'economia aperta con cambi fissi. Vedremo, inoltre, che quando il Governo spende più di quanto incamera attraverso le tasse, si genera un disavanzo nei conti pubblici che può essere finanziato con la vendita dei titoli di stato o ai privati o alla Banca Centrale. Nel secondo caso, per acquistare questi titoli la Banca Centrale dovrà stampare moneta, attuando così una politica monetaria espansiva. E talvolta questa decisione d'acquisto di titoli non è né libera, né frutto di scelte autonome da parte della Banca Centrale, ma è resa per essa obbligatoria dalla legge. 2.1 COME LE AUTORITA' USANO I MODELLI ECONOMICI: CASO CON UNO STRUMENTO ED UN OBIETTIVO. Consideriamo un modello economico scritto in forma strutturale (modello di economia politica) Z ≡ C+G+I equazione di definizione C = cY equazione di comportamento Y = aN equazione tecnica Y=Z equazione di equilibrio dove C, Z ed Y sono variabili endogene irrilevanti ed N è la variabile obiettivo; G è la variabile strumento ed I è la variabile data. L'obiettivo dell'Autorità di politica economica sia quello di raggiungere un determinato livello di occupazione N (obiettivo) attraverso la spesa pubblica G (strumento). In questo modello esiste pertanto un solo strumento (G) ed un solo obiettivo (N). Come si procede? Innanzitutto dobbiamo trasformare il modello in forma ridotta e quindi Y=Z → Y=C+G+I Y = aN → N = → Y = cY +G + I → Y = 1 ( G + I) 1− c Y a Risolvendo rispetto alla variabile obiettivo N otteniamo la forma ridotta del modello N= 1 (G + I) a (1 − c) che, come si può notare, non presenta alcuna relazione simultanea tra le variabili endogene del modello. 2 In secondo luogo, l'Autorità deve fissare il valore da assegnare alla variabile obiettivo, ossia N = N*. Per determinare questo valore (nel nostro caso N*), le autorità sono solite minimizzare una funzione di perdita sociale ( L = O1 − O1 ) + (O * 2 2 − O2 ) * 2 dove O1 ed O2 sono i valori effettivi delle due variabili obiettivo, mentre O1* e O2* sono i valori da assegnare a queste variabili. Sovente la risoluzione di questo problema di ottimo non è semplice perché si deve tenere conto delle interazioni esistenti tra le variabili obiettivo (ad esempio, considerate il caso in cui O1= u e O2 = π, ricordandovi che, in base alla curva di Phillips, esiste un legame negativo tra queste due variabili). Infine, fissato il valore della variabile obiettivo N*, si deve risolvere la forma ridotta del modello in funzione dello strumento G G* = a (1 − c) N * − I dove tutti i valori delle variabili sono noti nel momento in cui N* è prefissata. Si ottiene così G*, che sarà il livello ottimale di spesa pubblica da adottare per raggiungere il prefissato obiettivo di occupazione N*. 2.2. COME LE AUTORITA' USANO I MODELLI ECONOMICI: CASO CON N STRUMENTI ED N OBIETTIVI. Partiamo da un modello scritto in forma strutturale Z = C+G+I Y=Z C = c Yd con Yd = Y-T e T = G e quindi Yd = Y-G Y=aN I= A i M h = kY + P i L'obiettivo delle Autorità di politica economica è di raggiungere un determinato livello di occupazione N* e di investimenti I* attraverso la spesa pubblica G e l'offerta nominale di moneta M. Questo modello prevede, pertanto, due obiettivi (N, I) e due strumenti (G, M) Come nel caso precedente dobbiamo procedere trasformando, in primo luogo, il modello in forma ridotta, ossia risolvendo il modello in forma strutturale rispetto alle due variabili obiettivo N ed I. Risolvendo rispetto ad N abbiamo 3 Y=Z → Y=C+G+I → Y = c(Y − G ) + G + e poiché N = Y= Y e a → Y = c Yd +G + I 1 A A A ( )+G → (1 − c )Y = (1 − c )G + → Y= 1− c i i i 1 1 M = ( − kY) procedendo per sostituzione si ottiene i h P A 1 A 1 M ( )+G= − kY + G 1− c i 1− c h P A k A M +G 1 + Y = h (1 − c) P 1− c h Y= 1 A M (1 − c)G + Ak h P 1− c + h e quindi N= 1 A M ( 1 c ) G − + Ak h P a (1 − c + ) h In modo analogo risolvendo il modello rispetto ad I, tenendo presente che I= A , i 1 1 M = ( − kY) e Y = i h P 1 1 M I = A = A ( − kY) i h P 1 A M (1 − c)G + e quindi Ak h P 1− c + h A M k → I= − Ak h P 1. − c + h A M 1 c G ( − ) + h P A k A M k ) − (1 − c)G → I = (1 − Ak h P Ak h 1. − c + 1. − c + h h M A Ak k (1 − c)G → I = 1 − − Ak h h (1 − c) + Ak P 1. − c + h A h (1 − c) + Ak − Ak M k − → I = (1 − c )G Ak h h (1 − c) + Ak P 1. − c + h 4 A (1 − c) M k → I = (1 − c)G − Ak P Ak h 1− c + 1. − c + h h → I= A h (1 − c) M − kG Ak P 1− c + h e quindi otteniamo I= A(1 − c) M − kG . h (1 − c) + Ak P La forma ridotta del modello, ottenuta risolvendo il modello in forma strutturale rispetto alle due variabili obiettivo, è pertanto N= I= 1 A M (1 − c)G + Ak h P a (1 − c + ) h A(1 − c) M − kG h (1 − c) + Ak P che, nuovamente, non presenta alcuna relazione simultanea tra le variabili endogene del modello. Ora l'Autorità deve fissare i valori da assegnare alle due variabili obiettivo, ossia N = N* ed I = I*. Per determinare tali valori essa potrà minimizzare una funzione di perdita sociale ( L = N − N* ) + (I − I ) 2 * 2 Infine, fissati i valori delle variabili obiettivo N* ed I*, si ricavano i valori da assegnare ai due strumenti risolvendo la forma ridotta in funzione di G ed M. N* = I* = 1 A M (1 − c)G + Ak h P a (1 − c + ) h A(1 − c) M − kG h (1 − c) + Ak P Se risolviamo N* = 1 A M (1 − c)G + in funzione di G otteniamo Ak h P a (1 − c + ) h 5 G = aN * + A M (kaN * − ) h (1 − c) P e notiamo che, quando esistono più obiettivi e più strumenti, non è in generale possibile ricavare da questa unica equazione il valore ottimale da assegnare allo strumento G per raggiungere il livello desiderato di occupazione N*. In presenza di più obiettivi e più strumenti dobbiamo allora mettere a sistema le due (in questo caso) equazioni della forma ridotta G = aN * + G= A M (kaN * − ) h (1 − c) P 1 M h (1 − c) + Ak I* − k P Ak(1 − c) e risolvere questo sistema di due equazioni rispetto alle due incognite, ossia ai due strumenti G ed M. Graficamente la soluzione di questo problema di politica economica può essere rappresentata tracciando sul piano cartesiano (G, M) la retta NN, che è ricavabile dalla prima equazione e che mostra le possibili combinazioni dei valori dei due strumenti per raggiungere il livello prefissato di occupazione N*, e la retta II, che illustra l'insieme dei possibili valori di G ed M che soddisfano la seconda equazione. N I G G* I N M* M La retta NN risulta inclinata negativamente perché un aumento della spesa pubblica G deve essere controbilanciato da una riduzione dell'offerta nominale di moneta M se si vuole ottenere un dato livello di occupazione N*. Infatti, dato N = N*, se G aumenta, allora Y aumenta e, quindi, anche N aumenta, con N > N*. Questo aumento può essere compensato da una politica monetaria di 6 segno opposto, ossia da una riduzione dell'offerta nominale di moneta, che aumenta il tasso d'interesse e, pertanto, ridurrà la produzione e l'occupazione La retta II risulta, per contro, essere inclinata positivamente perché un aumento della spesa pubblica G deve essere accompagnato da un aumento dell'offerta di moneta M per mantenere il dato livello di investimenti I*. Infatti, dato I = I*, se G aumenta, allora il tasso d'interesse i aumenterà e, quindi, gli investimenti I diminuiranno, con I < I*. Questa riduzione potrà essere compensata da una politica monetaria espansiva che diminuirà il tasso d'interesse, aumentando così gli investimenti. La soluzione del problema di politica economica è pertanto rappresentata dall'intersezione tra le due rette, che individua i livelli ottimali di G ed M da adottare per raggiungere il prefissato obiettivo di occupazione N* e di investimento I*. Questo semplice esempio mostra come la gestione degli strumenti sia, in realtà, spesso complicata perché esistono molte possibili combinazioni, ma una sola coppia di valori che garantisce il raggiungimento degli obiettivi prefissati. 2.3. STRUMENTI ED OBIETTIVI DI BREVE PERIODO DELLA POLITICA ECONOMICA: LA POLITICA MONETARIA E LA POLITICA DI BILANCIO. Quali sono gli strumenti e gli obiettivi di breve periodo che vengono utilizzati con maggiore frequenza dai responsabili della politica economica? I principali obiettivi di breve periodo della politica economica sono: la piena occupazione (o un più basso livello di disoccupazione); la stabilità dei prezzi (o un più basso tasso d'inflazione); l'equilibrio della bilancia dei pagamenti; il raggiungimento di un elevato livello di investimenti oppure un elevato tasso di crescita del prodotto interno lordo. Per quanto riguarda gli strumenti, è usuale e ricorrente prenderere in considerazione essenzialmente due tipi di strumenti, ossia quelli relativi alla politica monetaria e quelli relativi alla politica di bilancio. A) LA POLITICA MONETARIA Prevede l'adozione da parte della Banca Centrale di una serie di strumenti, che hanno l'effetto di aumentare o diminuire l'offerta nominale di moneta nel sistema economico. Poiché, come ricorderete M 1 + cu H = P re + cu P 7 dove cu è il rapporto circolante - depositi, re è il rapporto riserve - depositi, 1 + cu è il re + cu moltiplicatore monetario ed H è la base monetaria, la Banca Centrale non solo non ha un controllo diretto, ma non ha neanche un controllo completo dell'offerta nominale di moneta esistente, in quanto il moltiplicatore monetario dipende in modo non prevedibile (e non controllabile da parte della Banca Centrale) dalle scelte di portafoglio del pubblico (cu) e delle banche commerciali (re). 1) Il primo fondamentale strumento della politica monetaria è la base monetaria nominale (o moneta ad alto potenziale) H. Un aumento (diminuzione) della base monetaria determina, per un dato valore del moltiplicatore monetario, un aumento (diminuzione) più che proporzionale dell'offerta nominale di moneta. La creazione (aumento) o la distruzione (diminuzione) della base monetaria da parte della Banca Centrale avviene essenzialmente mediante tre canali: a) il canale diretto della Banca Centrale, che interviene con operazioni di mercato aperto e/o finanziamenti alle banche commerciali. Le operazioni di mercato aperto consistono nell'acquisto o nella vendita di titoli, valuta straniera, oro, beni immobili, ecc da parte della Banca Centrale: se la Banca Centrale vuole creare (e quindi aumentare) la base monetaria, va sul mercato e acquista titoli che pagherà stampando e quindi emettendo moneta; se vuole distruggere (e quindi ridurre) la base monetaria, venderà titoli, ottenendo in cambio moneta che verrà ritirata dalla circolazione; b) il canale del fabbisogno di cassa da parte del Tesoro: se il Ministero del Tesoro registra un fabbisogno di cassa dovuto ad un deficit nel bilancio dello Stato, può decidere di finanziare questo fabbisogno emettendo titoli del debito pubblico e raggiungendo un accordo con la Banca Centrale affinché li acquisti. Questo determinerà la creazione di base monetaria e l'emissione di moneta; c) il canale della bilancia dei pagamenti: un deficit nella bilancia dei pagamenti comporta, di fatto, una riduzione delle riserve di valuta estera del paese detenute dalla Banca Centrale con conseguente diminuzione della base monetaria e della valuta (moneta) nazionale in circolazione. 2) Il secondo principale strumento di Politica monetaria è il tasso ufficiale di sconto, ossia il tasso che la Banca Centrale applica su i prestiti concessi alle aziende di credito. Un aumento del tasso ufficiale di sconto rende più costoso per le aziende di credito chiedere prestiti alla Banca Centrale e questo le indurrà a detenere più riserve e, di conseguenza, a concedere meno prestiti. Si avrà pertanto una riduzione del moltiplicatore monetario e, a parità di base monetaria, una riduzione della quantità complessiva di moneta M in circolazione. 8 3) Il terzo fondamentale strumento della politica monetaria è il coefficiente di riserva obbligatoria che consiste nella liquidità (riserve) che le aziende di credito devono per legge tenere depositata presso la Banca Centrale in proporzione ai propri depositi. Un aumento del coefficiente di riserva obbligatoria da parte della Banca Centrale obbliga le banche a tenere più riserve e, quindi, a concedere meno prestiti, con una conseguente riduzione del moltiplicatore monetario e dell'offerta nominale di moneta M, a parità di base monetaria H. Altri possibili strumenti della politica monetaria sono: 4) l'imposizione di vincoli di portafoglio, che consistono nell'imporre alle banche l'obbligo di investire in specifiche attività finanziarie una quota dei depositi dei propri clienti. In sostanza, la Banca Centrale stabilisce per legge che esistano dei vincoli su come le banche possono utilizzare ed investire i depositi dei propri clienti. Ad esempio, la Banca Centrale può stabilire che le banche possano utilizzare i depositi dei clienti per specifici investimenti finanziari solo fino ad una certa soglia prestabilita, oppure imporre dei vincoli alla composizione dei portafogli delle banche, stabilendo, per esempio, che almeno il 30% delle attività finanziarie delle banche siano titoli del debito pubblico. Quali conseguenze ha l'adozione di questo strumento? Se si impone un vincolo su determinati investimenti finanziari, allora tutto ciò che è in eccesso dovrà essere accantonato come riserve. Si genera pertanto una riduzione del moltiplicatore monetario e dell'offerta di moneta: è una manovra di politica monetaria restrittiva; 5) l'imposizione di massimali sugli impieghi, che consistono nel fissare un tetto massimo ai crediti che le banche possono concedere. In sostanza, alle aziende di credito viene imposto di non superare una soglia massima (in percentuale ai depositi) nella concessione di prestiti ai clienti. Di nuovo, è un modo indiretto per obbligare le banche a detenere più riserve e, pertanto, riduce il moltiplicatore monetario e l'offerta di moneta; 6) operazioni pronti contro termine, mediante le quali la Banca Centrale, in accordo con il Tesoro, vende propri titoli di Stato ai privati, impegnandosi a riacquistarli ad un prezzo maggiore dopo un certo breve periodo di tempo. In questo modo la Banca Centrale attua, per un breve periodo di tempo, una politica monetaria restrittiva perché vendendo titoli ritirerà moneta dalla circolazione. B) LA POLITICA DI BILANCIO. Consiste sostanzialmente nella gestione e nella regolazione delle due voci che formano il bilancio dello Stato, ossia le entrate e le uscite, e comprende pertanto sia la politica tributaria (gestione delle entrate), sia la politica della spesa (gestione delle uscite). I principali strumenti della politica di bilancio sono a) dal lato delle uscite, la spesa pubblica ed i trasferimenti 9 b) dal lato delle entrate, le tasse, intese sia come imposte dirette sul reddito sia come imposte indirette. 2.4. IL PROBLEMA DEI RITARDI NELL'ATTUAZIONE DELLE MISURE DI POLITICA ECONOMICA. Il principale problema che i responsabili della politica economica devono fronteggiare quando vogliono intervenire per correggere un non corretto funzionamento del sistema economico è quello dei ritardi temporali della politica economica, ossia dei ritardi temporali con cui un determinato intervento di politica economica esplica i suoi effetti sul sistema economico e che possono essere tali da rendere inefficace la misura adottata. Si ricordi che i responsabili di politica economica cercano di utilizzare i vari strumenti a loro disposizione per fini anticiclici, ossia per stabilizzare l'economia e attenuarne le fluttuazioni, attuando politiche espansive quando il ciclo economico è in una fase recessiva e politiche restrittive quando è in una fase espansiva. L'effetto perverso dei ritardi temporali nell'attuazione di una politica economica può talvolta fare in modo che le misure adottate si rivelino procicliche, ossia amplifichino e accentuino le fluttuazioni economiche esistenti piuttosto che compensarle ed attenuarle, fallendo così l'obiettivo che si erano proposte di raggiungere. Supponiamo per esempio che si verifichi un improvviso ed inaspettato shock esogeno negativo (un crollo delle esportazioni dovuto alla crisi economica di una regione del mondo che è un importante mercato per i prodotti nazionali). Si può in questo caso rispondere con una politica monetaria espansiva che stimola la domanda interna, così da controbilanciare gli effetti negativi sulla produzione e sul reddito nazionale generati dallo shock esogeno. Il problema è che vi saranno dei ritardi prima che il meccanismo di trasmissione della politica monetaria si metta in moto, ritardi temporali che sono essenzialmente di tre tipi: 1) ritardo di percezione, ossia il ritardo tra il momento in cui lo shock si verifica e quello in cui le autorità di politica economica se ne accorgono e decidono di intervenire. Occorre a questo riguardo tenere presente che uno shock non richiede interventi se è temporaneo, e che, pertanto, prima di decidere se intervenire dobbiamo essere certi che lo shock sia in realtà permanente, ossia determini un cambiamento strutturale che perduri nel tempo; 2) ritardo di decisione, ossia il ritardo tra il momento in cui si decide di intervenire e quello in cui si prende concretamente la decisione e si vara la manovra; 3) ritardo di attuazione, ossia il ritardo tra il momento in cui viene deciso il provvedimento e quello in cui l'intervento esplica i suoi effetti sul sistema economico, dato che qualsiasi manovra di politica economica manifesta i suoi effetti dopo un certo lasso di tempo. 10 In sostanza, può succedere che lo shock negativo (calo delle esportazioni) si verifichi al tempo t. Entra in gioco il meccanismo dei ritardi, tale per cui la politica economica espansiva viene attuata al tempo t+1 ed esplica i suoi effetti al tempo t+2, quando il sistema economico ha già riassorbito da solo, grazie a dinamiche interne, gli effetti negativi dello shock e si trova in una fase crescente del ciclo economico: gli effetti della manovra accentueranno, amplificheranno in maniera eccessiva la fase espansiva dell'economia, finendo per generare problemi (ad esempio, una maggiore inflazione) nell'economia nazionale. Ovviamente i problemi sono maggiori quando si attua una politica economica restrittiva per "raffreddare" il sistema economico e questa politica, a causa dei ritardi, esplica i suoi effetti quando il sistema economico ha già riassorbito da sé gli effetti positivi di uno shock e si trova in una fase calante del ciclo. 11 3. LA REGOLA FONDAMENTALE DELLA POLITICA ECONOMICA (O REGOLA DI TINBERGEN) Risolvere un problema di politica economica significa, come abbiamo visto, individuare la manovra ottimale da attuare, ossia scegliere opportunamente gli strumenti giusti tra quelli disponibili e determinarne il valore ottimale per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Avrete altresì notato che tutti i modelli di politica economica presi in esame fin qui godevano di una particolare caratteristica: il numero degli strumenti era uguale al numero degli obiettivi. Questa caratteristica dei modelli di politica economica riflette il primo fondamentale requisito che deve essere soddisfatto affinché un problema di politica economica abbia una soluzione univoca: se i responsabili della politica economica vogliono raggiungere n obiettivi devono disporre di n strumenti. Questo primo fondamentale requisito deriva dalla regola fondamentale della politica economica (o regola di Tinbergen), secondo la quale: condizione necessaria (anche se non sufficiente) perché un problema di politica economica abbia soluzione univoca è che il numero delle variabili obiettivo sia uguale al numero delle variabili strumento. La ragione di questa regola nasce dal fatto che nel modello in forma ridotta (modello di politica economica) ricavabile dal modello in forma strutturale (modello di economia politica) il numero delle equazioni è uguale al numero degli obiettivi, mentre il numero delle incognite coincide con il numero degli strumenti. Se il numero degli obiettivi è uguale al numero degli strumenti, allora nel modello in forma ridotta il numero delle equazioni sarà uguale al numero delle incognite, che è condizione necessaria per la risoluzione di un sistema di equazioni lineari, come normalmente, per semplicità, si ipotizza. L'uguaglianza tra il numero delle equazioni ed il numero delle incognite è condizione non sufficiente ad assicurare che un sistema di equazioni lineari abbia soluzione univoca. Bisogna inoltre verificare che le incognite, ossia gli strumenti, siano tra di loro linearmente indipendenti, perché in caso contrario il sistema risulta sotto determinato ed ammette infinite soluzioni. Affinché un problema di politica economica ammetta soluzione univoca devono pertanto essere soddisfatti due requisiti: a) il numero degli strumenti a disposizione dei responsabili della politica economica deve essere uguale al numero degli obiettivi che si prefiggono di raggiungere (condizione necessaria); 1 b) gli n strumenti distinti strumenti a disposizione devono essere linearmente indipendenti. La risoluzione di un problema di politica economica richiede, pertanto, che si segua il seguente procedimento: 1) Individuazione degli obiettivi (es. O1 e O2). ( Considerazioni economico – politiche ) 2) Definizione del valore ottimale degli obiettivi O1* , O *2 , attraverso minimizzazione di una funzione di perdita sociale ( L = O 1 − O 1* ) + (O 2 2 − O *2 ) 2 3) Verifica del fatto che sia soddisfatta la seguente regola di Tinbergen REGOLA DI TINBERGEN: Condizione necessaria affinché un problema di Politica Economica abbia soluzioni univoche (la soluzione del modello sia unica) è che il numero delle variabili obiettivo sia eguale al numero delle variabili strumentali e queste ultime siano linearmente indipendenti. • Se il numero delle variabili strumento è maggiore del numero degli obiettivi si possono semplicemente eliminare le variabili strumentali in eccesso e ricondursi alla situazione descritta nell’enunciato. • Se il numero delle variabili strumentali è uguale al numero delle variabili obiettivo bisogna risolvere il problema di politica economica partendo dal modello economico che lega obiettivi e strumenti, e quindi verificare che gli strumenti siano linearmente indipendenti. Per vedere come procedere utilizziamo un semplice esempio in cui vi siano 2 strumenti e 2 obiettivi. 4) Forma strutturale del modello: O1 = γ1 S1 + γ2 S2 + γ3 O2 O2 = δ1 S1 + δ2 S2 + δ3 O1 2 5) Ricavare la forma ridotta (risolvere il modello rispetto agli obiettivi). O1 = 1 [(γ 1 + γ 3 ⋅ δ 1 ) ⋅ S1 + (γ 2 + γ 3 ⋅ δ 2 ) ⋅ S 2 ] = α1 ⋅ S1 + α 2 ⋅ S 2 1 − γ 3δ 3 [1] δ ⋅ (γ + γ 3 ⋅ δ 1 ) δ 3 ⋅ (γ 2 + γ 3 ⋅ δ 2 ) O2 = δ 1 + 3 1 ⋅ S1 + δ 2 + ⋅ S 2 = β 1 ⋅ S1 + β 2 ⋅ S 2 1 − γ 3δ 3 1 − γ 3δ 3 Ovvero riscrivendo il sistema in forma matriciale O 1 α 1 O = β 2 1 α 2 S1 × β 2 S 2 O = A×S 6) Se il numero delle variabili strumentali è uguale al numero delle variabili obiettivo come in questo caso, allora la Regola di Tinbergen è soddisfatta. Bisogna tuttavia ancora verificare una condizione, ossia se gli strumenti sono linearmente indipendenti. Per questo occorre stabilire se il determinante della matrice A è diverso da 0. det A = α 1 β 2 − α 2 β 1 ≠ 0 . Se così è allora la matrice A e' invertibile e il problema di politica economica ha soluzione univoca ossia S = A −1 × O 7) Imporre il valore ottimale degli obiettivi e risolvere rispetto agli strumenti: β 2 ⋅ O1* − α 2 ⋅ O 2* S1 = α1 ⋅ β 2 − α 2 ⋅ β1 * α ⋅ O * − β 1 ⋅ O1* S = 1 2 α1 ⋅ β 2 − α 2 ⋅ β1 [2] * 2 3 8) Il valore ottimale degli strumenti (S*1, S*2) è individuato dall'intersezione tra le due rette del sistema [ 1 ] (oltre che dalla sua soluzione analitica [ 2 ]). S1 O2 O1 E S*1 O2 0 . Q O1 S*2 S2 9) Se il sistema si trova fuori dall’equilibrio (Es. punto Q), allora per tornare ad esso si è soliti assegnare il raggiungimento di ciascun obiettivo ad uno specifico strumento. L’abbinamento obiettivi/strumenti segue la regola di Mundell . 3.1 La regola di Mundell Mundell, si è posto il seguente problema: come abbinare gli strumenti giusti agli obiettivi giusti, una volta stabilito che il numero degli strumenti è appropriato e che essi sono indipendenti tra di loro? Egli ha affermato che per raggiungere ciascuno degli obiettivi dovrò utilizzare quello strumento che si rivela relativamente più efficace per il raggiungimento di quel determinato obiettivo. Il problema era: come misurare l'efficacia relativa dei vari strumenti rispetto ad un determinato obiettivo? Supponiamo di volere raggiungere l'obiettivo O1 del nostro esempio, dovendo scegliere tra S1 ed S2. Mundell ha suggerito di misurare l'efficacia relativa dei due strumenti per il raggiungimento dell'obiettivo prefissato costruendo il rapporto ci dice quanto S1 ed S2 influenzano O1, e α1 β α e confrontandolo con il rapporto 1 , dove 1 α2 β2 α2 β1 ci dice quanto S1 ed S2 influenzano O2. In particolare, β2 4 se α1 > 1 allora α 1 > α 2 e quindi S1 è in assoluto più efficace di S2 nel raggiungere O1 (in modo α2 analogo si può ragionare per Tuttavia, se β1 ). β2 α 1 β1 allora S1 sarà anche relativamente più efficace di S2 nel raggiungimento di > α 2 β2 O1, e per contro S2 sarà relativamente più efficace di S1 nel raggiungimento di O2. In generale, vale, pertanto, secondo Mundell la seguente regola: se α 1 β1 > α 2 β2 S1 O1 S2 O2 se α 1 β1 < α 2 β2 S1 O2 S2 O1 5 Esempio 1 E’ dato il seguente modello di Economia Politica, con il valore dei parametri specificato nella seconda colonna della tabella: Y=C+I+G+X–Q C = c0 + c1 (Y – T) C = 500 + 0,8 (Y – 200) c0 = 500 c1 = 0,8 T = 200 I = I + aY – b i I = 100 + 0,1 Y – 1000 i I = 100 a = 0,1 b = 1000 N = Y/ u u = 0,5 N = 2Y Q = mY m = 0,2 Q = 0,2 Y KY – h i = M k = 0,2 0,2Y – 2000 i = M h = 2000 X = 300 Si considerino “N” e “i” come variabili obiettivo. In particolare si vuole N = 5000 e i = 15% in equilibrio. Gli strumenti siano G e M. Trovare i valori degli strumenti che consentono di avere la soluzione desiderata. Soluzione: C I X-Q Y = 500 + 0,8 (Y – 200) + 100 + 0,1 Y –1000 i + G + 300 – 0,2 Y i= 0,2Y − M 2000 6 quindi: Y = 500 + 0,8 (Y-200) + 100 + 0,1 Y – 1000( Y = 500 + 0,8 (Y-200) + 100 + 0,1 Y – 0,2Y − M )+ G + 300 – 0,2 Y 2000 0,2Y − M + G + 300 – 0,2 Y 2 Y = 500 + 0,8 (Y-200) + 100 + 0,1 Y – 0,1Y + M + G + 300 – 0,2 Y 2 (1 - 0,8 – 0,1 + 0,1 + 0,2) Y = 500 – 160 + 100 + 0,4 Y = 740 + Y= M + G + 300 2 M +G 2 1 M M + G = 2,5 740 + + G = 1850 + 1,25 M + 2,5 G 740 + 0,4 2 2 Da cui considerando che N = 2Y = 2(1850 + 1,25 M + 2,5 G) N = 3700 + 5 G + 2,5 M (equazione 1 del modello ridotto) Per quanto riguarda l’obiettivo sul tasso di interesse abbiamo la seguente equazione: i= 0,2Y − M 0,2(1850 + 1,25M + 2,5G ) M = − 2000 2000 2000 i= 0,1(1850 + 1,25M + 2,5G ) M − 1000 2000 i = 0,0001(1850 + 1,25M + 2,5G ) − M 2000 7 i = 0,185 + 3 G M − 4000 8000 (equazione 2 del modello ridotto) Verifico che il determinante della matrice dei coefficienti delle variabili strumento nella forma ridotta sia diverso da zero e che quindi G ed M siano linearmente indipendenti. 3 1 Det A = 5 × − ≠0 − 2,5 × 4000 8000 Ora si può sostituire il livello di disoccupazione desiderato (N = 5000) nell'equazione 1: 5000 = 3700 + 2,5 M + 5 G 1300 = 2,5 M + 5 G G = 260 – M 2 (equazione 3) L’equazione 3 indica la relazione tra G e M affinché sia raggiunto l’obiettivo di impiego desiderato. Se sostituiamo il livello di tasso d'interesse desiderato (i = 15%) nell'equazione 2: 0,15 = 0,185 + 3 G M − 4000 8000 G = (0,15 − 0,185)4000 + G = −140 + 3 M 2 3 4000M 8000 (equazione 4) 8 L’equazione 4 indica la relazione tra G e M affinché sia raggiunto l’obiettivo di tasso d'interesse desiderato. G Eq1 Eq2 M Risolvendo il sistema si ottiene G = 160 M = 200 9 Esempio 2 E’ dato il seguente modello di Economia Politica, con il valore dei parametri specificato nella seconda colonna della tabella: Y=C+I+G+X–Q C = c0 + c1 ( Y – T) c0 = 500 C = 500 + 0,8 (Y – 200) c1 = 0,8 T = 200 I = I + aY I = 100 I = 100 + 0,1 Y a = 0,1 N = Y/ u u = 0,5 N = Y / 0,5 Q = mY m = 0,2 Q = 0,2 Y h/ i = M h = 30 30 / i = M X = 300 Si considerino N e i come variabili obiettivo. In particolare si vuole N = 5000 e i = 15% in equilibrio. Gli strumenti siano G e M. Trovare i valori degli strumenti che consentono di avere la soluzione desiderata. Soluzione Questo esercizio serve a mostrare l’esempio di un sistema non integrato. Tra mondo reale e monetario non vi sono relazioni, così che le prime cinque equazioni possono essere risolte separatamente dalla 6 ( provate a costruire la matrice di partecipazione) M = 30 / i se i = 0,15 M =200 10 Per trovare G bisogna risolvere il seguente sistema Y=C+I+G+X–Q C = 500 + 0,8 (Y – 200) I = 100 + 0,1 Y N = Y/0,5 Q = 0,2 Y Y = 500 + 0,8 Y –160 + 100 + 0,1 Y + G + 300 – 0,2 Y Y ( 1 - 0,8 – 0,1 + 0,2) = 740 + G Y = 740/0,3 + G/0,3 e quindi N = (740*2)/0,3 + (2/0,3) G Se imponiamo N* = 5000 e risolviamo l'equazione rispetto a G, allora otteniamo il valore ottimale da assegnare a G per raggiungere l'obiettivo di occupazione prefissato 5000 = ( 740*2 ) / 0,3 + ( 2 / 0,3 ) G G = 750 –740 = 10 11 Esempio 3 E’ dato il seguente modello di Economia Politica, con il valore dei parametri specificato nella seconda colonna della tabella: Y=C+I+G+X–Q C = c ( Y – T) C = 0,8 (Y – 300) I=A/i C = 0,8 T = 300 A = 100 N = Y/ u u = 0,5 N = 2Y Q = mY m = 0,2 Q = 0,2 Y kY + h / i = M k = 0,2 h = 50 M = 900 (l’offerta reale viene mantenuta costante adattando l’offerta nominale alle variazioni dei prezzi) b = 0,2 d = 50 a = 400 λ = 0,001 f = 0,03 Y* = 3000 0,2Y + 50 / i = M Q=bY–dε X=aε π = λ (Y – Y*) + f ε I = 100 / i Q = 0,2 Y – 50 ε X = 400ε π = 0,001 (Y – 3000) + 0,03 ε Si considerino N e π (inflazione) come variabili obiettivo. In particolare si vuole N = 6000 (pieno impiego) e π = 5% in equilibrio. Gli strumenti siano G e ε. Trovare i valori degli strumenti che consentono di avere la soluzione desiderata. Soluzione: Per trovare l’equazione che mette in relazione il valore di G e ε che consente di raggiungere l’obiettivo di piena occupazione occorre risolvere il seguente sistema: Y = 0,8 ( Y – 300) + 100 / i + G + 400 ε - 0,2 Y + 50 ε i= 50 900 − 0,2Y 12 Y = 0,8 Y – 240 + 100 900 − 0,2Y + G + 400 ε -0,2 Y + 50 ε 50 Y = 0,8Y - 240 + 1800 - 0,4Y + G +400 ε - 0,2Y + 50 ε (1 – 0,8 + 0,2 + 0,4) Y = -240 + 1800 + G + 450 ε Y= 1 (1560 + G + 450ε ) 0,8 E quindi poiché N = 2Y = 2 1 (1560 + G + 450ε ) = 1 (1560 + G + 450ε ) 0,8 0,4 N = 2,5 (1560 + G + 450 ε) = 3900 + 2,5 G + 1125 ε (equazione 1 del modello ridotto) Per quanto riguarda l’obiettivo inflazione abbiamo invece la seguente equazione: π = 0,001 ( Y –3000) + 0,03 ε π = 0,001 ( 1560 + G + 450ε – 3000) + 0,03 ε 0,8 π = 1,95 + 0,00125 G + 0,5625 ε - 3 + 0,03 ε = -1,05 + 0,00125 G + 0,5925 ε (equazione 2 del modello ridotto) Quindi la forma ridotta del modello e' data dalle seguenti due equazioni N = 3900 + 2,5 G + 1125 ε π = -1,05 + 0,00125 G + 0,5925 ε Verifichiamo che per tale sistema di equazioni sia soddisfatta la Regola di Timbergen 1125 2,5 Det = 2,5 * 0,5925 – 0,00125 * 1125 = 1,48125 – 1,40625 = 0,075 ≠ 0 0,00125 0,5925 13 Abbiamo un sistema di due equazioni in due incognite (due strumenti per due obiettivi) ed i due strumenti sono tra loro indipendenti. Il nostro problema di politica economica ammette soluzione univoca. Equazione 1 (obiettivo piena occupazione N= 6000): 6000 = 3900 + 2,5 G + 1125 ε 2,5G = 2100 - 1125 ε G = 840 – 450 ε Equazione 2 (obiettivo inflazione π = 0,05): 0,05 = -1,05 + 0,00125 G + 0,5925 ε 0,00125 G = 1,1 - 0,05925 ε G = 880 – 474 ε Otteniamo quindi i valori da assegnare ai due strumenti risolvendo il sistema G = 840 – 450 ε G = 880 – 474 ε Ovvero 840 - 450 ε = 880 – 474 ε 474 ε - 450 ε = 40 24 ε = 40 14 ε= 40 10 = 1,66 = 24 6 G= 840 - 450× 10 = 840 - 750 = 90 6 G Eq 2 Eq 1 ε 15 Nota Bene: Cosa accade se il numero degli strumenti a disposizione dei policy – makers risulta inferiore a quello degli obiettivi prefissati? Per vedere come procedere utilizziamo il semplice esempio in cui vi siano 2 strumenti e 2 obiettivi. Il modello è già presentato nella sua forma ridotta. O 1 = aS1 + bS 2 O 2 = cS1 + dS 2 Il sistema si può riscrivere in forma matriciale: O1 a b S1 = ⋅ O 2 c d S 2 O=AS Per avere una soluzione univoca deve valere la condizione det A ≠ 0 ovvero a⋅d −b⋅c ≠ 0 Se ad = bc , allora il numero degli strumenti è inferiore al numero delle variabili obiettivo (ovvero è uguale, ma gli strumenti non sono linearmente indipendenti) si procede nel seguente modo ELIMINANDO UNO DEI DUE STRUMENTI (nel nostro caso S2). O 1 = aS1 O 2 = cS1 In generale, sarà possibile determinare una relazione tra le variabili obiettivo. Nell’esempio precedente si può vedere che O2 = c O1 a equazione 1 16 A questo punto è possibile considerare la funzione di perdita sociale: ( L = O 1 − O 1* ) + (O 2 2 − O *2 ) 2 La perdita sociale aumenta secondo il quadrato della distanza dell’economia dal punto di ottimo determinato dal raggiungimento degli obiettivi O1* e O *2 Bisognerà minimizzare L soggetti al vincolo espresso dalla eq 1 che ci dice le combinazioni dei valori degli obiettivi raggiungibili, dati gli strumenti a disposizione. ( min L = O1 − O1* O1 , O 2 ) + (O 2 2 − O *2 ) 2 sotto il vincolo che O2 = c/a O1 Graficamente: O2 O2 = (c/a) O1 O1 A B ( * * ) B O1 , O 2 Le coordinate di B rappresentano i valori ottimali per gli obiettivi. 17 I cerchi concentrici rappresentano livelli di perdita sociale costanti. Maggiore è il raggio maggiore è la perdita. La perdita stessa verrà minimizzata nel punto A di tangenza tra la retta eq1 e la funzione di perdita sociale. Una risposta più articolata richiederebbe la presentazione di alcuni esempi Riprendiamo l’esercizio precedente nel quale eravamo giunti a scrivere che: N = 3900 + 2,5 G + 1125 ε π = -1,05 + 0,00125 G + 0,5925 ε Verifichiamo che per tale sistema la regola di Tinbergen vale: 2,5 * 0,5925 – 0,00125 * 1125 = 1,48125 – 1,40625 = 0,075 ≠ 0 Le equazioni possono essere scritte anche nella seguente forma: ∆N = 2,5 ∆G + 1125 ∆ε ∆π = 0,00125 ∆G + 0,5925 ∆ε Supponiamo che il nostro paese aderisca ad un unione Monetaria e che di conseguenza abbandoni il tasso di cambio come strumento di Politica Economica. E’ possibile in questo caso raggiungere l’obiettivo di diminuzione dell’inflazione mantenendo costante l’occupazione ? In particolare è data la funzione di perdita sociale: L = (∆N - ∆N*)2 + (∆π - ∆π*)2 Trovare la soluzione di diminuzione di π e diminuzione di N che minimizzi la perdita sociale considerando che per ridurre l’inflazione del 5% le autorità sono disposte a perdere 20 posti di lavoro (∆ ∆N* = -20, ∆π* = -5) 18 Soluzione: ∆ε = 0 poiché il tasso di cambio non varia. Quindi le due equazioni precedenti diventano: ∆N = 2,5 ∆G ∆π = 0,125 ∆G Determiniamo la relazione tra le variabili obiettivo ∆N = 2,5 ∆G ∆G = 1 ∆π = 8∆π 0,125 e quindi ∆N = 2,5*8 ∆π ∆N = 20 ∆π Il problema e' min L = (∆N − (−20) ) + (∆π − (− 5)) 2 ∆N , ∆π 2 sotto il vincolo ∆N = 20 ∆π L = (∆N + 20)2 + (∆π + 5)2 e sostituendo il vincolo L = (20∆π +20)2 + (∆π + 5)2 L = 400 ∆π2 + 800 ∆π + 400 + ∆π2 + 10∆π + 25 19 L = 401 ∆π2 + 810∆π + 425 ∂L = 802 ∆π + 810 = 0 ∂∆π Da cui ∆π = − 810 = −1,01 % 802 ∆N = 20 ∆π = 20*1,01 = -20 (circa) Il governo non può raggiungere una riduzione dell’inflazione del 5% perché troppo costosa in termini di perdita di posti di lavoro. Graficamente: ∆π ∆π = 1/20 ∆N A -1,01 B ∆N -5 Nel punto A, tangente alla retta che determina le possibili combinazioni di variazione dell’inflazione e dell’occupazione viene minimizzata la perdita sociale. Il punto B ha coordinate (-20, -5) e rappresenta il punto in cui la perdita sociale è nulla. Le circonferenze concentriche rappresentano il luogo dei punti in cui la perdita sociale è costante. Maggiore è il raggio del cerchio maggiore è la perdita sociale. 20