IL TRASFORMATORE TRIFASE Centrale-Cardano Trasformatore-220-kV 1 IL TRASFORMATORE Trasformatore - 132KV 2 IL TRASFORMATORE A cosa serve? Nelle applicazioni industriali è necessario eseguire la trasformazione da bassa ad alta tensione e viceversa, con l'impiego di una macchina statica, di costruzione semplice e di rendimento assai elevato brevemente denominata trasformatore. Le ragioni tecniche per le quali queste trasformazioni si rendono necessarie sono: 1. Motivi di sicurezza ed anche per ragioni costruttive, la tensione di alimentazione degli apparecchi utilizzatori della energia elettrica deve essere contenuta in generale entro il limite di alcune centinaia di volt. 2. Altre esigenze tecniche ed economiche riguardante la generazione e il trasporto dell'energia elettrica portano alla costruzione di centrali generatrici di grande potenza che risultano in generale assai lontane sia dai centri di utilizzazione, per la necessità di sfruttare l'energia idraulica dei bacini montani, sia dalle altre centrali con le quali devono funzionare in parallelo. 3. É necessario quindi prevedere linee di trasporto dell'energia verso i grandi centri di consumo, e linee di interconnessione fra centrali o fra reti diverse, tutte di notevole lunghezza, sulle quali devono viaggiare potenze ingentissime. 4. Ragioni economiche e costruttive impongono che le sezioni dei conduttori di queste linee siano molto contenute. Ciò limita l'intensità di corrente che può viaggiare senza eccessivo riscaldamento dei fili. Ne consegue allora che esse dovranno essere costruite per funzionare con una tensione di esercizio tanto più elevata, quanto maggiore è la potenza massima che si vuol trasmettere 5. Per trasmettere potenze dell'ordine di molte migliaia di kilowatt a distanze di alcune centinaia di chilometri è stato necessario così adottare tensioni sempre più elevate al 3 crescere delle potenze fino a superare i 500 000 volt. IL TRASFORMATORE A cosa serve? Gli impianti di generazione, trasporto e distribuzione dell'energia vengono pertanto organizzati nel modo seguente : • I generatori installati nelle centrali generano l'energia elettrica a quella tensione che è più conveniente nei riguardi costruttivi degli alternatori; • per eseguire il trasporto, questa tensione viene elevata sino al valore più opportuno, mediante uno o più trasformatori elevatori ; • all'arrivo della linea altri trasformatori compiono la funzione inversa e cioè riducono la tensione al valore richiesto per la rete di distribuzione. Si possono scegliere e adottare cosi le tre tensioni di • « generazione » • « trasporto » • « distribuzione » dell'energia, con piena libertà assegnando a ciascuna quel valore che si presenta più conveniente in relazione all'entità delle potenze da trasmettere e delle distanze da superare. 4 IL TRASFORMATORE 5 IL TRASFORMATORE Il trasformatore monofase si compone di un nucleo magnetico di piccola riluttanza, costruito con materiale di elevata permeabilità, senza alcun traferro; essendo destinato a convogliare un flusso alternato, tale nucleo deve essere in ogni caso realizzato mediante un pacco di lamierini di ferro opportunamente serrati. Attorno a questo nucleo si hanno due avvolgimenti, isolati e distinti, a spire serrate di piccola resistenza elettrica. 6 IL TRASFORMATORE Applicando ai capi di uno di questi avvolgimenti la tensione alternata da trasformare U1 si rende disponibile ai morsetti dell'altro avvolgimento la tensione trasformata U2. Il rapporto fra queste due tensioni viene detto rapporto di trasformazione del trasformatore e differisce assai poco dal rapporto fra i numeri delle spire N1 ed N2 dei due avvolgimenti. Di questi, quello che viene alimentato alla tensione da trasformare U1 è detto avvolgimento primario, e l'altro avvolgimento, che fornisce ai morsetti la tensione trasformata U2 è il secondario ; analogamente le due tensioni U1 e U2 vengono denominate brevemente tensione primaria e secondaria e cosi pure le due correnti I1 ed I2, che verranno a percorrere i due avvolgimenti costituiscono le correnti primaria e secondaria del trasformatore. Occorre ricordare che il funzionamento del trasformatore è perfettamente reversibile: pertanto la distinzione fra avvolgimento primario e secondario non corrisponde ad alcun fatto costruttivo in quanto entrambi gli avvolgimenti possono funzionare indifferentemente come primario o come secondario a seconda che si alimenta l'uno o l'altro. Costruttivamente si distinguono invece l'avvolgimento ad alta tensione (A.T.) quello con maggior numero di spire, e l'avvolgimento a bassa tensione (B.T.) quello formato con meno spire. II trasformatore viene a funzionare conseguentemente come elevatore di tensione quando si alimenta come primario l'avvolgimento B.T., funziona invece come riduttore di tensione, quando si 7 alimenta come primario l'avvolgimento A.T. IL TRASFORMATORE Principio di funzionamento Per capire il principio di funzionamento si immagini un trasformatore ideale: • siano nulle le resistenze elettriche dei due avvolgimenti • siano nulle le perdite nel ferro, • sia privo di dispersioni magnetiche, in modo che l'intero flusso che interessa il funzionamento della macchina resti completamente incanalato nel nucleo magnetico. Di un simile trasformatore si consideri prima il funzionamento a vuoto e poi il funzionamento sotto carico. Il primo caso si verifica quando si applica all'avvolgimento primario una determinata tensione U1 lasciando l'avvolgimento secondario a circuito aperto. l secondo caso si ha invece quando l'avvolgimento secondario viene realmente impiegato per alimentare un determinato circuito utilizzatore allacciato ai suoi morsetti. 8 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a vuoto Sia U1 la tensione alternata alla frequenza f che viene applicata ai morsetti dell'avvolgimento primario e sia N1 il numero delle spire di questo avvolgimento. Poiché l'avvolgimento secondario è aperto, esso non può essere percorso da alcuna corrente e perciò rimane del tutto inattivo. L'avvolgimento, primario, avendo supposto nulla la resistenza ohmica, si comporta in tali condizioni come un ordinario circuito puramente induttivo. Esso assorbirà: perciò una determinata corrente Iµ sfasata di 90°in ritardo rispetto alla tensione applicat a U1 ; questa corrente produrrà nel nucleo un flusso alternato Φ avente la stessa fase della corrente Iµ che lo produce e perciò in quadratura con la tensione applicata come è indicato nel diagramma seguente. U1 -E1 Iµ Φ E2 E1 9 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a vuoto Chiamiamo ΦM valore massimo del flusso e ω = 2 • π • f la pulsazione. Il flusso induce in ciascuna spira che lo circonda una f.e.m. che ha il valore massimo ω • ΦM ed è sfasata di 90° in ritardo rispetto al flusso stesso che la induce. Nell' avvolgimento primario, composto di N1 spire collegate in serie, si genera perciò in totale una f.e.m. denominata f.e.m. primaria, che assume il valore massimo : E1M = ω • ΦM • N1 Questa viene rappresentata sul diagramma dal vettore E1 a 90°in ritardo rispetto al vettore Φ che rappresenta il flusso. Analogamente lo stesso flusso induce nell'altro avvolgimento composto di N2 spire la f.e.m. secondaria, il cui valore massimo sarà: E2M = ω • ΦM • N2 il cui vettore rappresentativo E2 sarà anch'esso a 90°in ritardo rispetto a Φ e perciò in fase con E1. Quanto esposto trova una spiegazione matematica con le considerazioni fatte in una lezione precedente riguardante la legge di Faraday- Neumann – Lenz (alternata seconda parte pag. 42 e seguenti) 10 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a vuoto ∆Φ ∆i = L⋅ VL = ∆t ∆t V L = ( jω ⋅ L ) ⋅ I Queste erano le formule trovate. Esse valgono sia se utilizziamo i valori efficaci che i valori massimi. Siccome stiamo utilizzando i valori massimi e soltanto i moduli (la fase dei vettori si ricava dal diagramma vettoriale già disegnato), possiamo trascurare l’unità immaginaria “j” e otteniamo le formule del trasformatore. Ricordiamo che ΦM = L • IM e quindi V L = ω • ΦM sono valide per una sola spira. Quindi per avere E1M ed E2M occorre moltiplicarle per N1 ed N2.. E1M = ω • ΦM • N1 E2M = ω • ΦM • N2 Nell’uso normale, tuttavia, si utilizzano i valori efficaci delle tensioni, per cui le due formule si riscrivono come indicato nella prossima diapositiva. 11 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a vuoto E 1EFF E 2EFF = E 1M = ω ⋅ ΦM ⋅ N 1 = 2 ⋅ π ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 1 = 2 ⋅ π ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 1 = 4,44 ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 1 2 2 2 2 ω ⋅ ΦM ⋅ N 2 2 ⋅ π ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 2 2 ⋅ π E = 2M = = = ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 2 = 4,44 ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 2 2 2 2 2 E 1EFF = 4,44 ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 1 E 2EFF = 4,44 ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 2 Da queste due ultime formule si ricava una relazione fondamentale per il trasformatore. E 1EFF = 4,44 ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 1 = N 1 E 2EFF 4,44 ⋅ f ⋅ ΦM ⋅ N 2 N 2 E 1EFF = N 1 E 2EFF N 2 Le due f.e.m. primaria e secondaria stanno fra loro nel rapporto diretto dei numeri di spire dei rispettivi avvolgimenti. 12 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a vuoto Il diagramma vettoriale pone in rilievo che le f.e.m. indotte nei due avvolgimenti risultano in opposizione di fase alla tensione primaria. Ne segue che la f.e.m. primaria E1 reagisce rispetto alla tensione applicata U1, come una f.c.e.m. : :avendo supposto nulla la resistenza ohmica, e perciò nulla la caduta di tensione corrispondente, dovrà risultare infatti U1 + E1 =0 e quindi U1 = – E1. Il principio di kirchoff alle tensioni infatti vincola che la f.e.m. E1 che si genera nell'avvolgimento primario risulti eguale ed opposta alla tensione applicata U1. U1 -E1 Iµ Φ Questa condizione determina l'entità del flusso che deve prodursi nel nucleo: dovendo risultare in valore efficace |E1eff| =| U1eff|, vuol dire che il flusso nel nucleo deve assumere il valore massimo ΦM che resta determinato dalla relazione E U 1eff 1eff = ΦM = 4,44 ⋅ f ⋅ N 1 4,44 ⋅ f ⋅ N 1 E2 E1 13 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a vuoto ΦM = E 1eff U 1eff = 4,44 ⋅ f ⋅ N 1 4,44 ⋅ f ⋅ N 1 Fissata dunque la tensione primaria U1, il flusso nel nucleo è del tutto indipendente dalla configurazione e dalla riluttanza del nucleo stesso, la quale interviene solo a determinare l'entità della corrente Iµ necessaria a produrlo. Se R è la riluttanza del nucleo riferita al valore massimo ΦM del flusso, vuol dire che la corrente Iµ µ deve assumere il valore massimo determinato dalla relazione (Hopkinson): N1• Iµ M = ΦM • R Si può dire quindi che nel funzionamento a vuoto del trasformatore, la tensione U1 che viene applicata all'avvolgimento primario vi produce e mantiene una corrente Iµ a 90° in ritardo, di tale entità da produrre nel nucleo tutto il flusso che occorre per indurre nell'avvolgimento stesso una f.e.m. E1 eguale e contraria alla tensione applicata. Questa corrente costituisce la corrente magnetizzante del trasformatore e la sua funzione è analoga a quella della corrente di eccitazione delle altre macchine elettriche (genera il flusso). Per limitare questa corrente al minor valore possibile, sarà necessario ridurre al 14 minimo la riluttanza del nucleo. IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a vuoto Poiché la f.e.rn. primaria E1 è eguale in valore alla tensione applicata U1 e d'altra parte la f.e.m. secondaria E2 viene a essere uguale alla tensione secondaria U2, si può scrivere anche: U1 = E 1 = N1 U2 E2 N2 Ciò vuol dire che applicando ai morsetti primari la tensione U1, ai morsetti secondari si rende disponibile la tensione: N 2 = ⋅U 1 U2 N1 Costruendo l’avvolgimento secondario con un gran numero di spire in rapporto al primario, si può ottenere ai morsetti secondari una tensione comunque elevata, anche partendo da una tensione primaria molto bassa. Inversamente se si alimenta l'avvolgimento di molte spire con una tensione elevata, si rende disponibile ai morsetti dell'altro avvolgimento una tensione ridotta. 15 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a vuoto Si ha quindi la possibilità di realizzare qualunque rapporto di trasformazione semplicemente fissando convenientemente il rapporto-spire N1 / N2. Nei trasformatori della pratica questo rapporto coincide ancora col rapporto fra le f.e.m. E1 / E2 mentre il rapporto fra le tensioni U1 / U2 risulta abbastanza diverso, in conseguenza delle cadute di tensione che si verificano nei due avvolgimenti. 16 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a carico -E1 ϕ1 U1 N1I’1 = - N2I 2 I’1 I1 ϕ2 Φ I2 ϕ2 N2I 2 Iµ E2 U2 Nel funzionamento sotto carico lo schema si modifica come in figura, dove appare, allacciata ai morsetti secondari, l’impedenza di carico ZC = R C + j X C. La f.e.m. secondaria E2 fa circolare allora in questa impedenza una determinata corrente I2, che risulterà sfasata rispetto alla f.e.m. stessa di un certo angolo ϕ2 come è indicato nel diagramma vettoriale della figura a lato. 17 E1 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a carico Questa corrente secondaria, circolando nelle spire dell'avvolgimento corrispondente fa agire sul nucleo una nuova forza magnetomotrice espressa da N2• I2 e in fase con I2, la quale tende evidentemente ad alterare il flusso che era prodotto prima dalla sola forza magnetomotrice N1• Iµ µ : conseguentemente si alterano Ie f.e.m. indotte nei due avvolgimenti, e perciò nell'avvolgimento primario viene a determinarsi un momentaneo squilibrio fra la tensione applicata U1 e la f.e.m. E1; nell'avvolgimento primario entra così una maggiore corrente, e precisamente la nuova corrente assorbita dovrà adeguarsi in modo da ristabilire ancora l'equilibrio preesistente fra la tensione applicata U1 e la corrispondente f.e.m. E1. È quindi facile comprendere che non appena ha inizio la circolazione della corrente secondaria I2 , nell'avvolgimento primario viene immediatamente richiamata, oltre alla precedente corrente magnetizzante Iµ , una nuova corrente I’1 la cui f.m.m. N1• I’1 possa equilibrare la f.m.m. secondaria N2• I2. Sul diagramma vettoriale pertanto, al vettore N2• I2 si contrappone il vettore uguale ed opposto N1• I’1 , e conseguentemente la f.m.m. risultante torna a identificarsi ancora con la precedente f.m.m. N1• Iµ µ ; il flusso nel nucleo riprende e conserva dopo di ciò il suo valore iniziale e in tal modo si costituisce di nuovo il necessario equilibrio fra la tensione applicata all'avvolgimento primario V1e la f.e.m. E1. 18 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a carico Si può dire dunque che il regime di funzionamento del trasformatore è determinato dalla necessità che la primaria E1, risulti sempre uguale ed opposta alla tensione applicata V1. Se questa è mantenuta costante, anche la E1 deve restare costante, e perciò deve restare invariato anche il flusso nel nucleo, qualunque sia la corrente I2 erogata dall'avvolgimento secondario. Questo fatto impegna l'avvolgimento primario a prelevare dalla linea che lo alimenta, oltre alla corrente magnetizzante Iµ µ che è necessaria a produrre il flusso, anche un'altra corrente I’1 la cui f.m.m. risulti costantemente eguale ed opposta alla f.m.m. dovuta alla corrente secondaria; in ogni condizione di carico deve cioè risultare : N1• I’1 = - N2• I2 La corrente I’1 che viene richiamata nell'avvolgimento primario dalla reazione magnetica dovuta alla corrente erogata dall'avvolgimento secondario costituisce la corrente primaria di reazione ; essa è rappresentata sul diagramma da un vettore direttamente opposto al vettore I2 rispetto al quale presenta N 2 ⋅ I 2 un rapporto di ampiezza definito dalle relazioni seguenti: I =− N1 ' I1 = N2 = E 2 I 2 N1 E 1 19 ' 1 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a carico ' 1 I = N2 = E I 2 N1 E Ne risulta che la corrente primaria di reazione I’1 e la 2 corrente secondaria I2, stanno fra loro nel rapporto inverso dei numeri di spire degli avvolgimenti e perciò anche nel 1 rapporto inverso delle due f.e.m. corrispondenti. Cosicchè può dirsi che nel trasformatore sotto carico la trasformazione fra le f.e.m. primaria e secondaria è sempre accompagnata dalla trasformazione inversa fra la corrente secondaria I2, e la corrente primaria di reazione I’1. Da questo fatto discende la necessaria identità che deve esistere fra la potenza elettrica erogata dall'avvolgimento secondario e la potenza che viene corrispondentemente assorbita dall'avvolgimento primario. Le considerazioni esposte portano al risultato che in un trasformatore sotto carico, quando l'avvolgimento secondario eroga una determinata corrente I2, l'avvolgimento primario assorbe in totale dalla linea che lo alimenta una corrente I1, che è Ia risultante della corrente magnetizzante Iµ e della corrente di reazione I’1: N 2 ⋅I 2 I 1 = I µ + I '1 = I µ − N1 20 IL TRASFORMATORE IDEALE Funzionamento a carico I 1 = I µ + I '1 = I µ − N2⋅ I 2 Questa corrente I1 costituisce la corrente primaria che corrisponde alla corrente secondaria considerata : essa N1 risulta sfasata rispetto alla tensione V1 = - E1 di un certo angolo ϕ1 il quale dipende insieme sia dal valore che dallo sfasamento ϕ2 della corrente secondaria. Variando il carico del trasformatore e cioè variando la corrente erogata dall'avvolgimento secondario, sul diagramma del trasformatore rimane invariata la corrente magnetizzante Iµ mentre varia insieme a I2 la corrente primaria di reazione I’1. Quando il trasformatore lavora a carico ridotto e cioè con una piccola corrente secondaria, anche la corrente di reazione è piccola e perciò la corrente totale primaria I1, tende ad approssimarsi alla corrente magnetizzante Iµ e l'angolo ϕ1 si avvicina a 90°; quando invece il trasformatore lavora a pieno carico, accade in generale che la corrente magnetizzante Iµ risulta assai piccola rispetto alla corrente di reazione I’1 e perciò la corrente totale primaria I1 differisce assai poco dalla corrente I’1. Si può in tal caso trascurare l'influenza della corrente magnetizzante e valutare l'intera corrente primaria di pieno carico con la relazione . I1 ≅ I 2⋅ N2 N1 Ai carichi ridotti invece la corrente magnetizzante non è più trascurabile e il rapporto predetto va riferito alla sola corrente di reazione I’1. 21 IL TRASFORMATORE TRIFASE Per la trasformazione delle correnti trifasi si possono impiegare tre trasformatori monofasi distinti ed uguali fra loro. I tre avvolgimenti primari di questi trasformatori vengono alimentati dalla linea trifase primaria secondo una connessione a stella oppure a triangolo e corrispondentemente dai tre avvolgimenti secondari, che vengono pure collegati fra loro a stella o triangolo, si stacca la linea trifase secondaria. Si possono realizzare così i quattro schemi di collegamenti fondamentali indicati in fig. e cioè i collegamenti : « stella-stella », « stella-triangolo », « triangolostella », « triangolo-triangolo » Y = collegamento a stella ∆ oppure D = collegamento a triangolo 22 IL TRASFORMATORE TRIFASE In tutti i casi il rapporto di trasformazione dei gruppi trifasi viene considerato come il rapporto fra i valori efficaci della tensione concatenata primaria V1 e della tensione concatenata secondaria V2. A seconda dello schema di collegamento, le tensioni primaria e secondaria V1 e V2 relative ai singoli trasformatori monofasi, assumono i valori che sono indicati nella figura in corrispondenza di ogni schema. In pratica si fanno delle importanti applicazioni degli schemi ora indicati, specialmente per la trasformazione di potenze trifasi assai rilevanti con tensioni molto elevate; ma queste applicazioni vengono limitate a casi speciali. Più comunemente si impiegano i trasformatori trifasi propriamente detti, i quali risultano sostanzialmente dalla riunione in un solo nucleo trifase di tre nuclei relativi a tre trasformatori monofasi distinti. Il principio da cui discende la possibilità e la convenienza di eseguire questa riunione dei circuiti magnetici inerenti alle tre fasi in un solo complesso, è illustrato nelle fig. seguenti. 23 IL TRASFORMATORE TRIFASE In questa sono rappresentati tre nuclei monofasi accoppiati a stella: una delle colonne verticali di ciascuno nucleo è disposta cioè al vertice di un triangolo equilatero, e le altre tre colonne sono riunite invece in un'unica colonna centrale. Ciascuna delle colonne esterne porta tanto l'avvolgimento primario che l'avvolgimento secondario relativi ad una stessa fase, mentre la colonna centrale è sprovvista di avvolgimenti. Se i tre avvolgimenti primari aventi lo stesso numero di spire N1, vengono alimentati con le tre tensioni eguali in valore e sfasate di 120° di un sistema trifase, anche i flussi Φ1,Φ2, Φ3 nelle tre colonne esterne risultano fra loro eguali in valore e sfasati di 120° l'uno 24 rispetto all'altro. IL TRASFORMATORE TRIFASE La risultante di questi tre flussi è allora eguale a zero e la colonna centrale non è attraversata da alcun flusso: questa colonna può essere quindi eliminata, senza che la ripartizione del flusso nelle colonne rimanenti risulti alterata, perché ciascuna di queste colonne è attraversata da un flusso eguale ed opposto alla risultante degli altri due flussi e funziona come colonna di ritorno rispetto alle altre due. Nell'intento di semplificare la costruzione nei trasformatori trifasi normali si abbandona la condizione della simmetria, che non ha praticamente nessuna importanza, e si dà al nucleo la forma indicata in figura : le tre colonne vengono cioè disposte in uno stesso piano per collegarle fra loro con una semplice traversa inferiore e una superiore. La figura a lato mette in evidenza un problema: i flussi che scorrono sulle colonne laterali, dovendo percorrere un circuito magnetico più lungo rispetto a quanto fatto dal flusso centrale, incontrano maggiore riluttanza magnetica Quindi la corrente magnetizzante Iµ, della colonna centrale sarà minore delle analoghe correnti delle colonne laterali (uguali tra loro) . 25 IL TRASFORMATORE TRIFASE Questo squilibrio di correnti si rileva solo nel funzionamento a vuoto del trasformatore, perché nel funzionamento sotto carico le correnti magnetizzanti diventano trascurabili rispetto alle correnti primarie di reazione, e queste risultano equilibrate o meno a seconda che è equilibrato o squilibrato il carico sulle tre fasi secondarie. L'entità dello squilibrio fra le correnti magnetizzanti dipende anche dallo schema di collegamento fra le fasi primarie. Salvo questo squilibrio si può affermare che il funzionamento del trasformatore trifase in regime normale, non differisce sostanzialmente da quello di tre trasformatori monofasi distinti aventi un egual schema di connessione fra le fasi. Per ogni colonna del trasformatore trifase si può quindi impostare un diagramma vettoriale identico a quello già considerato per il trasformatore monofase. 26 IL TRASFORMATORE TRIFASE Il rapporto di trasformazione delle unità trifasi è sempre definito dal rapporto fra le due tensioni concatenate primaria e secondaria. A seconda del tipo di collegamento interno tra le fasi, questo rapporto può coincidere o meno col rapporto-spire n = N1/N2 relativo a ciascuna fase. Kt = V1 V2 Considerando i tipi di collegamento rappresentati nelle figure e tenendo conto delle diverse relazioni esistenti fra le tensioni concatenato V1, e V2 e le corrispondenti tensioni di fase V’1 e V’2, si ottengono i seguenti risultati: (ATTENZIONE: in MAIUSCOLO collegamento PRIMARIO, in minuscolo collegamento secondario) Collegamento stella-stella (Y / y): Kt = 3 ⋅ V '1 V '1 N 1 V1 = = = =n V2 3 ⋅ V '2 V '2 N 2 Collegamento stella-triangolo (Y / d): 3 ⋅V '1 V1 V '1 = = = 3 ⋅ = 3⋅n Kt 27 V2 V '2 V '2 IL TRASFORMATORE TRIFASE Collegamento triangolo-triangolo (D / d): V 1 V '1 N 1 = = =n Kt = V 2 V '2 N 2 Collegamento triangolo-stella (D / y): Kt = 1 V '1 1 V1 V '1 = = ⋅ = ⋅n 3 V '2 3 V2 3 ⋅ V '2 Naturalmente, fra le correnti di linea, primaria I1 e secondaria I2 esiste un rapporto che è l'inverso di Kt per qualsiasi tipo di collegamento interno si ha cioè: I1 = 1 I2 Kt 28 IL TRASFORMATORE tecnologia di costruzione a) b) c) d) Forme di nuclei : a) e b) nuclei a colonne c) e d) nuclei a mantello o corrazzati. Il nucleo a colonne ha le forme caratteristiche riportate nella fig. a) e b) rispettivamente per il trasformatore monofase e b) trifase. In questo tipo di nucleo gli avvolgimenti sistemati sulle colonne abbracciano il rispettivo circuito magnetico, senza esserne da questo a loro volta direttamente abbracciati. Il nucleo a mantello o corazzato, invece, assume la forma caratteristica indicata nella figura c) per il trasformatore monofase e nella fig. d) per il trifase. Come si vede, in questo tipo di nucleo gli avvolgimenti abbracciano il rispettivo circuito magnetico restando abbracciati a loro volta. Gli avvolgimenti risultano così quasi totalmente coperti dal nucleo, donde il nome di nucleo a mantello o corazzato. Si dice anche che nei nuclei a colonna è il rame che abbraccia il ferro, mentre nei corazzati è il ferro che abbraccia il rame. 29 IL TRASFORMATORE tecnologia di costruzione Trasformatore monofase a colonne Trasformatore monofase a mantello 30 IL TRASFORMATORE tecnologia di costruzione Trasformatore trifase a tre colonne Trasformatore trifase a cinque colonne 31 IL TRASFORMATORE tecnologia di costruzione dei nuclei Nella costruzione dei nuclei dei trasformatori si impiegano lamiere legate al silicio, con tenore di silicio dall'1,5 al 3%, e di spessore di circa 4/10 di mm. L’ aggiunta del silicio aumenta la resistività della lamiera, riducendone conseguentemente le perdite per correnti parassite. Così, mentre le lamiere normali, all'induzione massima di 1 Wb/m2 , e alla frequenza di 50 Hz, presentarlo una cifra di perdita dell'ordine di 3 W/kg, con le lamiere al silicio aventi uno spessore di 0,35 mm, Ia cifra di perdita può ridursi anche a 1,3 W/kg. La presenza del silicio però rende le lamiere dure al taglio e fragili. Per questo fatto le lamiere al silicio non si prestano alla costruzione degli indotti dentati delle macchine rotanti, perché nella punzonatura dei canali i bordi si incrinano e i denti si staccano. Migliore è l'impiego di lamiere speciali a cristalli orientati, le quali presentano proprietà magnetiche nettamente superiori rispetto alle ordinarie lamiere al silicio. Queste particolari proprietà sono tuttavia limitate alla sola direzione coincidente con l'orientamento dei cristalli, mentre nelle altre direzioni il materiale presenta proprietà magnetiche più scadenti. Le lamiere a cristalli orientali sono in lega di ferro-silicio aI 3÷4% di Si. Vengono ottenute mediante una serie di laminazioni a freddo, successive a quelle a caldo, che determinano un orientamento privilegiato dei cristalli nella direzione della laminazione. Lungo questa direzione preferenziale il materiale acquista una permeabilità magnetica assai più elevata ed una induzione di saturazione quasi doppia delle lamiere normali al 32 silicio con una cifra di perdita ridotta a valori dell'ordine di 0,5 W/kg. IL TRASFORMATORE tecnologia di costruzione dei nuclei La laminazione La laminazione consiste nel realizzare il circuito magnetico sede di flussi variabili, anziché in un blocco unico di materiale, in sottili strati paralleli alla direzione del flusso. Ogni strato è isolato dall'altro per mezzo di vernici o di ossido metallico. Cosi facendo, il flusso si ripartisce tra le varie lamine determinando una riduzione della f.e.m.i. in ogni singola lamina e le correnti parassite sono costrette a scorrere in circuiti di sezione piccola e, quindi, di resistenza elevata. Le perdite complessive 33 delle correnti parassite sono quindi ridotte. Gli spessori delle lamiere utilizzate sono, in genere, di 0,65, 0,5 o 0,35 mm. IL TRASFORMATORE tecnologia di costruzione dei nuclei Per la costruzione del pacco lamellare le singole lamiere vengono preventivamente isolate su una faccia con un leggero foglio di carta incollato, oppure con adatte vernici. Nell'intento di rendere minima la corrente magnetizzante, sarebbe consigliabile costruire i nuclei con lamiere tagliate in un sol pezzo, onde evitare i giunti che aumentano in misura sensibile la riluttanza dei circuiti magnetici: ma sarebbe necessario in tal caso costruire gli avvolgimenti direttamente sul nucleo stesso, mentre per ragioni di semplicità costruttiva ed anche per le esigenze connesse al problema dell'isolamento si impone invece, ed è universalmente impiegato, il criterio costruttivo di eseguire gli avvolgimenti a parte su apposite sagome, per metterli in sede dopo ultimati. È allora indispensabile costruire il nucleo opportunamente diviso, per riunire le parti componenti dopo aver sistemato gli avvolgimenti sulle colonne. La divisione del nucleo può essere realizzata in diversi modi, ma nei nuclei a colonna dei trasformatori industriali la divisione viene sempre effettuata fra le colonne e le traverse, così da ottenere la massima semplicità del taglio e il minor sfrido di lamiere. Nella costruzione dei nuclei normali l'unione fra le colonne e le traverse può essere fatta con due sistemi distinti e cioè a giunti piallati e a giunti intersecati. Nel sistema a giunti piallati si costruiscono indipendentemente uno dall'altro i pacchi di lamiere che devono costituire rispettivamente le colonne e le traverse, e questi pacchi vengono poi serrati insieme con opportuni tiranti. 34 IL TRASFORMATORE tecnologia di costruzione dei nuclei Per ottenere un buon contatto le superfici di appoggio devono essere piallate e nel giunto deve essere interposto un sottile cartoncino isolante come è indicato in fig. a). Ciò per evitare che le lamiere delle traverse possano stabilire dei ponti conduttori fra le lamiere delle colonne, nel qual caso verrebbe a crearsi una superficie metallica continua, che permetterebbe la libera circolazione di correnti parassite assai intense. La presenza di questo cartoncino, dello spessore da 0,1 a 0,25 mm, costituisce un intraferro che aumenta la riluttanza del giunto e conseguentemente anche la corrente magnetizzante richiesta dal trasformatore. a) 35 IL TRASFORMATORE tecnologia di costruzione Nuclei a giunti piallati : unione fra traverse e colonne 36 IL TRASFORMATORE Costruzione degli avvolgimenti Qualunque sia il tipo costruttivo dell'avvolgimento, i due avvolgimenti ad alta tensione (A.T.) e a bassa tensione (B.T.) di una stessa fase, vengono sempre disposti su una stessa colonna. Nei trasformatori monofasi a colonne sarebbe anche possibile disporre l'avvolgimento A.T. su una colonna e l'avvolgimento B.T. sull'altra. Tuttavia questo criterio non viene mai applicato, perché darebbe luogo a dispersioni magnetiche eccessive, per il fatto che una parte notevole del flusso generato dall'avvolgimento primario, si richiuderebbe nell'aria senza arrivare a concatenarsi col secondario; così anche nei trasformatori monofasi, si dispone su ciascuna colonna metà dell'avvolgimento A.T. e metà dell'avvolgimento B.T. A seconda della posizione relativa in cui possono disporsi gli avvolgimenti A.T. e B.T. si distinguono i due tipi di avvolgimenti concentrici e a bobine alternate. 37 IL TRASFORMATORE Costruzione degli avvolgimenti AVVOLGIMENTI CONCENTRICI Questa costruzione si realizza disponendo su ciascuna colonna i due avvolgimenti ad alta e bassa tensione concentrici l'uno all'altro, separati fra loro da un tubo di materiale isolante. Per ragioni inerenti all'isolamento, vicino alla colonna si dispone quasi sempre l'avvolgimento B.T. separato a sua volta dalla colonna stessa da un altro tubo di materiale isolante. L'avvolgimento A.T. (fig. a) viene in genere suddiviso in tante bobine sovrapposte e opportunamente distanziate, mentre l'avvolgimento B.T. viene per lo più costruito in forma di un solenoide continuo. Qualche volta però l'avvolgimento B.T. viene diviso invece in due solenoidi coassiali, disponendone uno vicino alla colonna e l'altro esternamente all'avvolgimento A.T. come è indicato nella figura b): si ottiene in tal modo il risultato di diminuire la reattanza di dispersione del 38 trasformatore. IL TRASFORMATORE Costruzione degli avvolgimenti Avvolgimenti a bobine alternate. AVVOLGIMENTI ALTERNATI Questa costruzione viene realizzala componendo entrambi gli avvolgimenti A.T. e B.T. con tante bobine aventi lunghezza assiale molto ridotta (dischi) e sovrapponendo le bobine A. T. e B.T. alternativamente l'una all'altra com'è indicato nella figura. Per rendere più facile l’isolamento contro le traverse del nucleo, le bobine vengono ripartite in modo che le due estreme appartengano alla avvolgimento B.T. Per rendere minore la reattanza di dispersione inoltre, queste due bobine estreme devono avere meta spire e perciò metà spessore delle altre bobine B.T. L'isolamento fra le bobine sovrapposte è ottenuto con l'interposizione di corone isolanti. L'avvolgimento a bobine alternate viene usato specialmente nei trasformatori a mantello. 39 IL TRASFORMATORE Costruzione degli avvolgimenti In ogni caso l'avvolgimento A.T. e l'avvolgimento B.T. richiedono una tecnica costruttiva diversa: nel primo, il problema fondamentale è quello dell'isolamento, nel secondo invece possono sorgere difficoltà costruttive per la necessità di impiegare conduttori di sezione spesso assai rilevante. Occorre ricordare a questo riguardo che nel funzionamento a pieno carico del trasformatore le correnti primaria e secondaria stanno fra loro, con grande approssimazione (essendo la corrente magnetizzante di entità trascurabile rispetto alla corrispondente corrente di pieno carico) nel rapporto inverso dei numeri di spire. Volendo ottenere la stessa densità di corrente nei due avvolgimenti, anche le sezioni dei conduttori dovranno stare fra loro nel rapporto inverso dei numeri di spire. L'avvolgimento A.T. avrà quindi un maggior numero di spire con sezione relativamente piccola, mentre l'avvolgimento B.T. avrà al contrario meno spire di sezione maggiore. Per sezioni minori di una decina di mm2 si impiega il filo tondo; per sezioni maggiori, invece, si impiegano conduttori di piattina, o treccia compressa o nastro di rame. Questi conduttori devono presentare un isolamento proprio proporzionato alla tensione indotta in una spira. 40 IL TRASFORMATORE Raffreddamento Trasformatori in olio a raffreddamento naturale e artificiale Nei trasformatori, l'immobilità delle parti rende la dispersione del calore, derivante dalle perdite nel rame e nel ferro, meno efficace che nelle macchine rotanti. Questa stessa immobilità consente d'impiegare però un mezzo refrigerante liquido più efficace immergendo l'intero trasformatore in un cassone ripieno del liquido prescelto. Il liquido più adatto e quasi universalmente impiegato, è l'olio minerale, il quale oltre a presentare una elevata capacità termica ed un elevato coefficiente di trasmissione del calore con le superfici a contatto, è anche un ottimo isolante, che presenta una rigidità dielettrica più di cinque volte maggiore dell'aria. Un trasformatore immerso in olio richiede perciò una superficie di raffreddamento minore di quella che sarebbe richiesta se il mezzo refrigerante fosse costituito dall'aria ambiente, e inoltre l'isolamento reciproco fra gli avvolgimenti e l'isolamento di questi rispetto alla massa può essere per una parte notevole affidato all'olio interposto, il quale consente di ridurre notevolmente le distanze e perciò di ridurre in definitiva le dimensioni del trasformatore. L'isolamento proprio degli avvolgimenti può essere in tal caso assai ridotto, ma si richiede invece un olio dotato di un potere isolante molto elevato e perciò assolutamente esente da umidità. L'olio deve penetrare fra gli avvolgimenti per impregnare tutte le coperture isolanti, che devono essere tali da resistere all'azione dell'olio stesso, come sono precisamente iI cotone, la carta, il presspan e simili, ed esclusa invece ad esempio Ia gomma e 41 derivati (poiché sono impermeabili). IL TRASFORMATORE Raffreddamento Le qualità che si richiedono all'olio per trasformatori, inteso come mezzo refrigerante e isolante insieme, sono dettagliatamente esposte nelle Norme CEI, le quali precisano anche i controlli da compiere sull'olio stesso prima di impiegarlo. Oltre agli oli minerali di origine naturale vengono impiegati anche liquidi dielettrici sintetici costituiti da miscele di idrocarburi clorurati della serie aromatica (pentaclorodifenile, triclorobenzene ed altri), noti col nome generico commerciale di apirolio. La caratteristica più saliente di questi liquidi, oltre a quelle proprie dell'olio minerale, è quella della assoluta non infiammabilità (da cui il loro nome) ; tale proprietà evita il pericolo di incendi ed esplosioni che talvolta si presenta nei trasformatori in olio. L'apirolio presenta inoltre una rigidità dielettrica del 30 ± 40% superiore, ed una costante dielettrica circa doppia di quella dell'olio minerale. Quest'ultima proprietà fa sì che nei trasformatori in apirolio le sollecitazioni dovute ad azioni elettrostatiche risultino più ridotte. L'entità delle perdite che si devono dissipare sotto forma di calore, è percentualmente assai limitata, dato l'elevato rendimento dei trasformatori che può raggiungere e superare il 99%. Tuttavia il valore assoluto di queste perdite diventa assai ingente nei trasformatori di grande potenza: cosi ad esempio in un trasformatore della potenza di 10000 kVA bisogna provvedere a dissipare sotto forma di calore, e senza che la temperatura degli avvolgimenti abbia a superare i 75°, una potenza dell'ordine di 100 kW. S'intuisce quindi che le difficoltà del raffreddamento vanno aumentando al crescere della potenza. 42 IL TRASFORMATORE Raffreddamento Nei trasformatori normali s'impiega in genere il raffreddamento ad aria (trasformatori a secco) per potenze fino ad un centinaio di kVA e per tensioni fino a 5 Kv; si costruiscono invece trasformatori in olio per le potenze e Ie tensioni maggiori dei valori indicati. In casi speciali tuttavia, si realizzano trasformatori a secco anche per potenze molto ingenti e tensioni anche elevate, applicando in tal caso la ventilazione artificiale. Affidando all'olio l'azione di raffreddamento del trasformatore è necessario evidentemente fare in modo che l'olio stesso possa raffreddarsi dissipando il calore che esso sottrae al trasformatore. Trasformatore trifase in olio a raffreddamento naturale 43 IL TRASFORMATORE Raffreddamento Trasformatori trifase per distribuzione a raffreddamento naturale in olio, con tensione massima non superiore a 36 kV I trasformatori sono progettati e realizzati conformi alle seguenti norme: CEI EN 60076-1 identica a IEC 60076-1; CEI 14-13 identica a HD 428.1 S1 44 IL TRASFORMATORE Raffreddamento Un trasformatore raffreddato ad olio con primario a 10 kV e secondario a 220 V, risalente agli anni sessanta 45 IL TRASFORMATORE Raffreddamento Si distinguono i trasformatori in olio a raffreddamento naturale e quelli a raffreddamento artificiale RAFFREDDAMENTO NATURALE DELL'OLIO. Si ottiene costruendo il cassone che contiene il trasformatore con una superficie di estensione sufficiente a trasmettere all'aria ambiente la potenza corrispondente alle perdite del trasformatore senza che l'olio interno debba superare la temperatura di 75°. La supe rficie necessaria viene raggiunta costruendo il cassone in lamiera di ferro con ampie ondulazioni oppure costruendo il cassone liscio per munirlo invece di opportuni radiatori riportati, in lamiera ondulata o in fasci tubolari. Attorno e sopra il trasformatore appoggiato sul fondo si forma una colonna ascendente di olio caldo che ricade lungo Ie pareti o attraverso i radiatori, raffreddandosi RAFFREDDAMENTO ARTIFICIALE DELL'OLIO. Può essere realizzato mediante refrigeranti ad acqua oppure ad aria. REFRIGERANTI AD ACQUA : il cassone del trasformatore è a pareti lisce, e mediante una pompa si preleva l'olio dalla sommità del cassone, dove esso è più caldo, per farlo passare attraverso un refrigeratore esterno dal quale ritorna poi nella parte inferiore del cassone stesso. Il refrigeratore è costituito da un recipiente in ferro a tenuta stagna entro il quale sono opportunamente flangiati dei fasci tubieri in rame che si fanno attraversare internamente dalla acqua di raffreddamento : l'olio attraversa il recipiente 46 lambendo il fascio tubiero in controcorrente rispetto all'acqua. IL TRASFORMATORE Raffreddamento IL RAFFREDDAMENTO ARTIFICIALE AD ARIA si realizza invece mediante un sistema di ventilatori elicoidali che inviano delle ingenti masse d'aria contro opportuni radiatori applicati al cassone, i quali sono internamente attraversati dall'olio caldo che si muove in essi per circolazione naturale o forzata. Il raffreddamento artificiale ad aria è generalmente più costoso ma offre maggior garanzia di sicurezza di quello ad acqua, il quale può dar luogo a gravi inconvenienti in conseguenza di accidentali infiltrazioni d'acqua nell'olio nonché per le incrostazioni che si formano col tempo nei fasci tubieri attraversati dall'acqua di raffreddamento. Tipo di refrigerante O Olio L Liquido isolante non infiammabile G Gas W Acqua A Aria Tipo di circolazione N Naturale F Forzata o artificiale D Forzata e guidata Esempi •ONAN: trasformatore in olio a circolazione naturale, con circolazione naturale dell'aria •ONAF:trasformatore in olio a circolazione naturale, con circolazione forzata dell'aria •AN: trasformatore a secco con circolazione naturale dell'aria. 47 IL TRASFORMATORE Raffreddamento I cassoni che contengono i trasformatori in olio, sia a raffreddamento naturale che artificiale, vengono costruiti di due tipi e cioè per interno e per esterno : i primi devono essere installati in luogo coperto dalle intemperie, i secondi invece possono essere liberamente installati all'aperto. Nei trasformatori per interno il livello dell'olio viene tenuto in genere di alcuni centimetri sotto il bordo del cassone ; sotto il coperchio rimane un cuscino d'aria il quale deve avere l'altezza sufficiente a permettere la dilatazione dell'olio che viene a raggiungere una temperatura di circa 75°. Avendosi il livello dell'olio più basso dal bordo del cassone, non si ha evidentemente la necessità di provvedere di guarnizioni a tenuta stagna né il coperchio né le flange di attacco degli isolatori passanti. Nei trasformatori per esterno invece, onde impedire infiltrazioni d'acqua, il coperchio e le flange dei passanti vengono guarnite a tenuta perfettamente stagna e il cassone viene completamente riempito d'olio sotto leggera pressione ; questa viene ottenuta raccordando al cassone un serbatoio sopraelevato, denominato conservatore d'olio, in modo da costituire sopra il bordo del cassone un carico idrostatico d'olio di circa 30 cm. 48 IL TRASFORMATORE Raffreddamento Trasformatore a circolazione forzata dell'olio in controcorrente con l'acqua Trasformatore con conservatore d'olio per esterno 49 IL TRASFORMATORE REALE a vuoto e a carico Nello studio del principio di funzionamento del trasformatore ideale sono state ritenute trascurabili le resistenze ohmiche degli avvolgimenti (perdite nel rame) e le perdite per isteresi e per correnti parassite nel nucleo (perdite nel ferro). FUNZIONAMENTO A VUOTO (perdite nel ferro) In questa ipotesi, nel funzionamento a vuoto il trasformatore non assorbe alcuna potenza, ma semplicemente una determinata corrente magnetizzante totalmente swattata (potenza reattiva), per produrre il flusso nel nucleo. In realtà, il flusso alternato nel nucleo determina inevitabilmente una dissipazione di energia in calore, per i due fenomeni dell'isteresi e delle correnti parassite ; inoltre per il fenomeno della saturazione magnetica del ferro, la corrente magnetizzante che si richiede per produrre nel nucleo un flusso alternato sinusoidale, non può risultare essa stessa sinusoidale, ma risulta invece deformata. Per tener conto di questi fatti occorre precisare innanzi tutto la forma della tensione di alimentazione dell'avvolgimento primario del trasformatore. I trasformatori industriali sono destinati in genere ad essere alimentati al primario con una tensione alternata di valore efficace costante e di forma praticamente sinusoidale. In tal caso la f.e.m. che viene indotta nell'avvolgimento primario, per fare equilibrio alla tensione applicata deve risultare essa pure sinusoidale, e perciò deve risultare di forma sinusoidale 50 anche il flusso che la induce. IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel ferro Saturazione magnetica del ferro A causa della non linearità della caratteristica di magnetizzazione del nucleo, l'avvolgimento primario assorbe quindi una corrente magnetizzante che risulta deformata Dato che il flusso ha un andamento sinusoidale ( curva b)) , la corrente magnetizzante necessaria a produrlo è impegnata a variare seguendo la curva iµ Si tratta di una curva che è ancora in fase con il flusso ma che è fortemente appuntita in alto e depressa ai fianchi. Essa è formata una onda fondamentale (che ha la stessa frequenza della corrente deformata) e una terza armonica (che ha una frequenza tripla della corrente deformata).Esse sommate fra loro, come è indicato nella figura a), ricostruiscono l’onda originaria. Si noti che flusso Φ e corrente Iµ sono in fase (come già 51 conosciuto). IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel ferro Le perdite nel ferro PFe dipendono dal quadrato della tensione e sono dovute alle perdite per isteresi (Pis) e alle perdite per correnti parassite (Pcp) nei circuiti magnetici sottoposti a flussi magnetici variabili nel tempo. Si possono esprimere con la seguente relazione: PFe = Pis + Pcp ≅ k • U2 Perdite per isteresi Domini di Weiss. Ogni materiale è suddiviso in tante parti, i domini di Weiss, ognuna delle quali é magnetizzato ed orientato a caso, e la magnetizzazione complessivo sarà statisticamente nullo (il materiale non presenta polarità Nord e Sud) . Quando si magnetizza esternamente il materiale, i domini di Weiss saranno forzati dal campo magnetico esterno a orientarsi secondo una direzione specifica (quella del campo esterno). 52 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel ferro Perdite per isteresi Tuttavia si manifesta una specie di attrito interno che contrasta questi movimenti dei domini e che fa scaldare il materiale. Al variare (aumento e diminuzione) del campo magnetizzante esterno i domini non possono, per via degli attriti interni, ritornare nelle posizioni iniziali e mantengono una parziale magnetizzazione interna (cioè una parte dei domini magnetici interni permane orientata nella direzione della magnetizzazione esterna e quindi esso non è più statisticamente nullo). Il materiale cioè ha una specie di inerzia (ritardo) che ha nel seguire le variazioni imposte dall'azione del campo esterno. La parola isteresi infatti significa ritardo. 53 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel ferro Perdite per isteresi Gli attriti interni sono proprio la causa della trasformazione di energia in calore; le perdite corrispondenti si chiamano perdite per isteresi e sono presenti in tutti i circuiti ferromagnetici sottoposti a magnetizzazioni alternative. Ovviamente, l'effetto dissipativo si manifesterà in ogni ciclo di magnetizzazione e dipenderà dal valore dell'induzione massima e dal tipo di materiale. L'energia persa per isteresi magnetica per ogni ciclo e nell'unità di volume del materiale e proporzionale all'area del ciclo di isteresi. 54 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel ferro Sono dovute alla circolazione di correnti indotte nel materiale ferromagnetico causate dai flussi magnetici variabili nel tempo. Per capire l'origine e gli effetti di queste correnti si faccia riferimento alla figura. Essa mostra un nucleo di materiale ferromagnetico massiccio (cioè in un unico pezzo) sottoposto a un flusso variabile. Per la legge di Faraday-Neumann-Lenz un flusso variabile genera una f.e.m. e quindi una corrente che circonda il flusso in un piano perpendicolare alla sua linea di forza. Queste correnti si chiamano correnti parassite o Nucleo ferromagnetico correnti di Foucault e causano una massiccio, con correnti dissipazione di energia per effetto parassite Joule. Il loro effetto termico è essere cosi vistoso da portare il materiale a temperature molto elevate. Questo principio di riscaldamento e quello sfruttato nei forni a 55 induzione magnetica. Perdite per correnti parassite IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel ferro Quindi le perdite nel nucleo dovute all'isteresi e alle correnti parassite (brevemente, le perdite nel ferro del trasformatore) producono un consumo di potenza attiva che l'avvolgimento primario dovrà assorbire dalla linea che lo alimenta una certa corrente attiva Ia in fase con la tensione. U1 ϕ0 I0 Ia Iµ A VUOTO !!! Φ Si può dire che l'avvolgimento primario del trasformatore assorbe nel funzionamento a vuoto una corrente I0, che è la risultante della corrente magnetizzante Iµ necessaria a produrre il flusso e della corrente attiva la necessaria a compensare le perdite nel ferro : I0 =I µ +Ia A VUOTO !!! 56 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel ferro U1 Ia ϕ0 I0 Iµ Φ Ottenute le due componenti attiva Ia e magnetizzante Iµ resta anche definita la corrente a vuoto I0 del trasformatore, in base al diagramma della figura. Dalla relazione vettoriale già scritta si può ricavare la relazione tra i moduli. Dal diagramma vettoriale si può anche ricavare l’angolo tra tensione U1 del generatore e corrente I0 assorbita dal trasformatore. Il cos(ϕ0) è denominato fattore di potenza a vuoto. Iµ ϕ 0 = arctg ( ) Ia P0 cos(ϕ 0) = U1⋅I 0 Fattore di potenza: formula utile in laboratorio I0 =I µ +Ia I0 = Iµ 2 + Ia 2 Si può infine definire la potenza attiva assorbita a vuoto P0. P 0 =U1⋅I a I a = I 0 ⋅ cos(ϕ 0) P 0 = U 1 ⋅ I 0 ⋅ cos(ϕ 0) 57 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel ferro La corrente a vuoto Io e la potenza a vuoto Po dei trasformatori vengono talvolta espresse in percento della corrente nominale primaria In e della potenza apparente nominale Sn mediante le relazioni : I 0 ⋅ 100 % = I0 I 1n P 0 ⋅ 100 % = P0 Sn La potenza apparente nominale si può calcolare indifferentemente con le due formule (prodotto tra i valori nominali di tensione e corrente, al primario o al secondario), poiché la potenza apparente in ingresso è uguale a quella in uscita. S n = U 1 ⋅ I 1n S n = U 02 ⋅ I 2n Il valore percentuale della corrente a vuoto è compreso normalmente fra il 6 e il 12%; quello della potenza a vuoto varia fra 0,5 e 1,5% dai grandi ai piccoli trasformatori; il fattore di potenza cos ϕ0 risulta corrispondentemente sempre molto basso, dell'ordine da 0,08 a 0,13 ; in generale esso è alquanto minore per i trasformatori di grande potenza e alquanto maggiore invece per i piccoli trasformatori. 58 Le correnti a vuoto nei trasformatori trifasi Per estendere i risultati precedenti ai trasformatori trifasi occorre fare una importante osservazione circa lo schema di connessione delle fasi primarie. Se queste sono collegale a stella con filo neutro come in fig. a) ciascuna fase è forma un proprio circuito elettrico indipendente dalle altre fasi e conseguentemente le correnti nelle tre fasi non sono soggette fra loro ad alcun vincolo: la risultante di queste correnti costituisce la corrente nel filo neutro, che può assumere qualunque forma e valore. Siccome le tensioni applicate alle singole fasi formano un sistema simmetrico e sono di forma sinusoidale, anche le f.e.m. che devono equilibrarle devono soddisfare alle stesse condizioni, e perciò anche i flussi nelle tre colonne dovranno essere eguali in valore, sfasati fra loro di 1200 e di forma sinusoidale. Se il circuito magnetico non è simmetrico rispetto alle tre fasi, dovendo essere eguali i flussi, risulteranno diverse fra loro le correnti magnetizzanti necessarie a produrli. 59 Le correnti a vuoto nei trasformatori trifasi Con riferimento alla fig. a) si osserva ad esempio che le due fasi esterne hanno un circuito magnetico di lunghezza ( lC + 2•lt + 4• δtr) mentre la fase centrale ha il circuito magnetico lungo ( lC + 2• δtr) . La corrente magnetizzante nelle fasi esterne risulterà perciò maggiore di quella relativa alla fase centrale, e precisamente si avrà: Per le due fasi esterne : H C ⋅ l C + 2 ⋅ H t ⋅ l t + 4 ⋅ H tr ⋅ δ tr I 'µM N1 Per la fasi di mezzo : = I ' ' 'µM = lC = altezza colonna lt = lunghezza traversa δtr= spessore traferro I ' 'µM = H C ⋅ l C + 2 ⋅ H tr ⋅ δ tr N1 60 Le correnti a vuoto nei trasformatori trifasi Tenendo conto della nota deformazione delle correnti magnetizzanti prodotta dalla saturazione del ferro, risulta che i tre flussi cioè hanno lo stesso valore massimo e seguono l'andamento sinusoidale con uno sfasamento reciproco di un terzo di periodo (cioè 120°), mentre le correnti magnetizzanti corrisponde nti sono maggiori per le due fasi esterne che per la fase centrale e presentano inoltre la nota deformazione in sommità e depressa ai fianchi. Appare chiaro da quanto esposto che l'esatta determinazione delle correnti magnetizzanti nei trasformatori trifasi costituisce un problema di grande complessità. Per i calcoli pratici tuttavia si possono applicare semplicemente le formule indicate per il caso del collegamento a stella con neutro, tralasciando di valutare le differenze derivanti dai diversi tipi di collegamento fra le fasi. Per la valutazione delle componenti attive Ia necessarie a compensare le perdite nel ferro si segue il criterio approssimato di valutare la perdita nel ferro P0 nell'intero nucleo (colonne e traverse) ponendo: P 0 = 3 ⋅U 1 ⋅ I a P0 = Ia 3 ⋅U 1 U1 = valore efficace tensione concatenata primaria 61 Le correnti a vuoto nei trasformatori trifasi Del resto la valutazione più o meno approssimata delle correnti a vuoto non ha praticamente una grande importanza, perché nel funzionamento sotto carico del trasformatore le correnti magnetizzanti diventano trascurabili, rispetto alle correnti utili che partecipano alla trasformazione. Nella prova a vuoto dei trasformatori trifasi la potenza P0 viene misurata generalmente col metodo dei due wattmetri (Aron), e le correnti a vuoto, dato il loro squilibrio, con tre amperometri. Si assumono poi convenzionalmente, per la corrente a vuoto I0 e per il fattore di potenza a vuoto del trasformatore, le espressioni: I ' 0 + I ''0 + I '''0 I0= 3 cos(ϕ 0) = I’0, I’’0, I’’0 sono le correnti indicate dai tre amperometri. P0 3 ⋅U 1 I ' 0 + I ''0 + I '''0 ⋅( ) 3 La corrente I0 è quindi una media delle tre correnti assorbite a vuoto nelle tre fasi ed anche il fattore di potenza cos(ϕ0) dipende da questo valore medio. 62 Resistenze ohmiche e reattanze di dispersione degli avvolgimenti. Gli avvolgimenti primari e secondari del trasformatore presentano inevitabilmente una certa resistenza elettrica. Queste resistenze vengono dette brevemente resistenza primaria e secondaria del trasformatore. Esse esercitano sul funzionamento del trasformatore un duplice effetto. 1. Determinano una certa caduta di tensione denominata caduta ohmica primaria e secondaria ; 2. Producono una dissipazione di energia per effetto Joule e la potenza dissipata costituisce la perdita nel rame primario e secondario del trasformatore. Per contenere questa perdita in limiti convenienti è necessario rendere sufficientemente piccole le due resistenze scegliendo opportunamente la sezione dei conduttori di avvolgimento. L'avvolgimento A.T. che ha un maggior numero di spire di minor sezione presenta sempre una resistenza maggiore dell'avvolgimento B.T.; le due resistenze primaria e secondaria R1 ed R2 vengono proporzionate in modo che, nel funzionamento a pieno carico, le perdite nei due avvolgimenti risultino quasi eguali fra loro. Per ottenere ciò deve risultare: R1•I21 ≅ R2•I22 e quindi: 2 2 R1 ≅ I 2 ≅ N 1 R2 I1 N 2 Questa condizione corrisponde approssimativamente a fissare per i due avvolgimenti A.T. e B.T. la stessa densità di corrente, costruendo gli avvolgimenti stessi con conduttori di sezione proporzionale alle rispettive correnti. 63 Dimostrazione: per chi vuole approfondire!!! Densità di corrente " δ ": I (dove " S" e la sezione del conduttore) S δ1 =δ1 δ = I1 = I 2 S1 S 2 I 1 = S1 I 2 S2 S1 N 2 ≅ S2 N1 dato che I 1 ≅ N 2 allora si ha anche : I 2 N1 consideriamo le lunghezze dei due avvolgimenti, ed usiamo per essi i simboli l1 ed l. 2 Si curamente le lunghezze sono proporzion ali al numero di spire (maggiore è la lunghezza del filo maggiore è il numero di spire) e quindi possiamo anche scrivere : l 1 ≅ N 1 e quindi l2 N2 l1 2 N S 1 = l 1 ⋅ S 2 = l 1 ⋅ S 2 ≅ N 1 ⋅ N 1 = 1 ricordando che R = ρ ⋅ l si ha : l 2 S1 l 2 l 2 S1 N 2 N 2 S N 2 S2 2 R1 N 1 ≅ R2 N 2 64 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel rame REATTANZE DI DISPERSIONE PRIMARIA E SECONDARIA Quando si è discusso il trasformatore ideale si è supposto che l'intero flusso che interessa il funzionamento della macchina resti incanalato nel nucleo concatenandosi perciò totalmente con entrambi gli avvolgimenti. In realtà invece esiste un certo flusso che si richiude nell'aria attorno all'avvolgimento che lo produce, senza interessare l'altro avvolgimento. Considerando ad esempio un trasformatore monofase con il primario avvolto su una colonna e il secondario sull'altra, si può distinguere la ripartizione dei flussi indicati in fig. Si ha in primo luogo il flusso principale Φ, che rimane effettivamente incanalato nel nucleo e che perciò si concatena con entrambi gli avvolgimenti primario e secondario. Questo è il vero flusso utile del trasformatore e cioè quello che determina il trasferimento di energia dal primario al secondario. 65 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel rame Ma oltre a concatenarsi con Φ, il primario si contorna per proprio conto di un certo flusso Φd1, rappresentato da quelle linee di forza che sfuggono lateralmente al nucleo per richiudersi nell'aria senza arrivare a concatenarsi con l'avvolgimento secondario ; questo flusso costituisce flusso disperso primario. Per il fatto che esso si sviluppa prevalentemente nell'aria, il flusso disperso non risente fenomeni di saturazione ma si mantiene proporzionale alla corrente I1, che lo produce: indicando perciò con Φd1, il flusso disperso concatenalo col primario, e con L1 un coefficiente opportuno si può porre : Φd1 = L1 • I1 Il coefficiente L1 così definito costituisce la induttanza di dispersione primaria, misurata in henry, alla quale corrisponde la reattanza di dispersione primaria, misurata in ohm, data da: 66 X1 = ω • L1 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel rame Nell'avvolgimento secondario si osservano i fatti seguenti: finché il trasformatore funziona a vuoto, l'avvolgimento secondario non è percorso da nessuna corrente e perciò non genera alcun flusso: in tali condizioni questo avvolgimento è soggetto unicamente all'azione del flusso principale Φ prodotto dalla corrente magnetizzante assorbita dall'avvolgimento primario. Quando invece l'avvolgimento secondario viene chiuso su un circuito utilizzatore ( funzionamento a carico), esso viene attraversato da una determinata corrente I2; questa fa agire sul nucleo la f.m.m, N2 • I2 la quale viene equilibrata da una f.m.m. eguale ed opposta N1 • I’1 dovuta alla corrente primaria di reazione: in tal modo il flusso principale nel nucleo rimane invariato. Ma oltre a ciò la corrente secondaria produce anche un certo flusso Φd2, che si chiude direttamente nell'aria attorno al solo avvolgimento secondario, senza arrivare a interessare l'avvolgimento primario. Questo flusso costituisce il flusso disperso secondario, il quale si mantiene proporzionale ed in fase con la corrente I2 che Io produce: indicando perciò con L2 un coefficiente opportuno si può scrivere: Φd2 = L2 • I2 Il coefficiente L2, cosi definito costituisce l'induttanza di dispersione secondaria, alla quale corrisponde la reattanza di dispersione secondaria X2 = ω • L2 I valori delle due reattanze di dispersione X1, e X2, dipendono, per una data frequenza, dall'entità dei flussi dispersi e perciò dipendono dal tipo e dalla 67 configurazione degli avvolgimenti IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel rame Evidentemente i flussi dispersi risulteranno tanto maggiori a parità di altre condizioni quanto più lontani fra loro sono i due avvolgimenti del trasformatore. La disposizione dei due avvolgimenti A.T. e B.T. su due colonne distinte, come in fig. è perciò quella che dà luogo alla massima dispersione e per tale fatto appunto non viene mai applicata. Non va bene!!! 68 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel rame a) Con gli avvolgimenti del tipo concentrico i flussi dispersi assumono l'andamento indicato nella fig a).; in tal caso cioè il flusso disperso si sviluppa prevalentemente nello spazio anulare compreso fra i due avvolgimenti esso risulterà perciò tanto maggiore quanto più grande sarà l'intervallo fra gli avvolgimenti stessi, e quanto minore sarà invece la lunghezza assiale della colonna d'avvolgimento perché diminuendo questa lunghezza diminuisce la riluttanza del circuito magnetico corrispondente al flusso disperso Φd. La dispersione risulta minore quando l'avvolgimento B.T. viene diviso in due spirali concentriche una interna e una esterna all'avvolgimento A.T. fig. b) 69 IL TRASFORMATORE REALE Perdite nel rame Negli avvolgimenti a bobine alternate i flussi dispersi assumono l'andamento schematizzato in fig. La dispersione è tanto minore in tal caso quanto più appiattite e ravvicinate fra loro sono le bobine A.T. e B.T. a parità di altre condizioni inoltre la dispersione viene diminuita facendo le due bobine estreme dell'avvolgimento B.T. con metà spire delle bobine B.T. intermedie. Le « croci + » e i « punti • » e indicano il verso reciproco delle correnti nei due avvolgimenti ; si ricordi che le correnti I2, e I’1 sono sempre opposte tra loro. 70 IL TRASFORMATORE REALE Schema equivalente Da quanto esposto risulta che lo schema dei circuiti elettrici e magnetici del trasformatore presenta una configurazione del tipo indicato in fig. Il trasformatore industriale viene paragonato in tale schema, ad un trasformatore ideale senza resistenze e senza dispersioni magnetiche, concatenato con flusso principale Φ, avente però in serie ai due avvolgimenti le due reattanze di dispersione X1 (in figura è riportata l’induttanza L1d ) e X2 (in figura è riportata l’induttanza L2d ) corrispondenti ai flussi dispersi del primario e del secondario, ed in serie inoltre le due resistenze primaria e secondaria R1e R2 degli avvolgimenti stessi. 71 IL TRASFORMATORE REALE Schema equivalente Oltre a questi elementi disposti in serie, lo schema elettrico del trasformatore presenta una resistenza trasversale R0 in parallelo ad una reattanza X0. Sia la resistenza R0 che la reattanza X0 ( è riportato L0)hanno carattere fittizio e servono a rendere conto dell'assorbimento, da parte del trasformatore, della corrente attiva Ia e della corrente magnetizzante Iµ: si suppone con ciò di equiparare la potenza dissipata nel ferro ad una corrispondente perdita che avviene nella resistenza fittizia R0 , il cui valore rimane pertanto definito dalla relazione: 2 2 2 E U U U 1 1 1 1 ≅ ≅ ≅ = R0 P 0 P 0 I a ⋅U 1 I a 72 IL TRASFORMATORE REALE Schema equivalente Si suppone inoltre che la corrente magnetizzante Iµ necessaria a produrre il flusso, corrisponda invece alla corrente assorbita dalla reattanza fittizia X0 che è pari, in valore, al rapporto: X0= E 01 ≅ U 1 Iµ Iµ Questo schema consente di impostare facilmente lo studio del trasformatore industriale nel funzionamento a vuoto e sotto carico. Se il trasformatore è trifase, il medesimo schema può essere riferito ad ogni singola fase. 73 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a vuoto E 01 = 4,44 ⋅ f ⋅ Φ 0M ⋅ N 1 ; E 01 = N 1 = n E 02 N 2 E 02 = 4,44 ⋅ f ⋅ Φ 0M ⋅ N 2 Nel funzionamento a vuoto i morsetti secondari del trasformatore sono aperti, mentre ai morsetti primari si applica una certa tensione U1di frequenza f. Il primario assorbe così una certa corrente I0, che costituisce la corrente a vuoto del trasformatore; questa produce nel nucleo il flusso Φ0, che rappresenta il flusso a vuoto del trasformatore. Il flusso Φ0 induce nei due avvolgimenti primario e secondario le due f.e.m. primaria e secondaria E01 ed E02, le quali costituiscono le f.e.m. a vuoto del trasformatore, sfasate di 90°in ritardo rispetto al flusso. Il valore efficace di queste f.e.m. è dato dalle note formule 74 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a vuoto Nel circuito secondario, che è aperto, non circola nessuna corrente e perciò non si verifica in esso alcuna caduta di tensione, ne ohmica ne induttiva. L'equazione vettoriale del secondario a vuoto, derivante dalla legge di Ohm applicata a questo circuito, si riduce così all'eguaglianza: U02 = E02 Questa esprime il fatto che, nel funzionamento a vuoto, ai morsetti secondari si manifesta una tensione esattamente uguale alla f.e.m. corrispondente. 75 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a vuoto Nel primario invece, che è percorso dalla corrente I0 si genera la f.e.m. primaria E01 e si ha inoltre una caduta ohmica di tensione per effetto della resistenza R1 ed una caduta induttiva per la presenza della reattanza di dispersione primaria X1 L'equazione vettoriale del primario a vuoto si ottiene applicando la legge di Kirchoff a questo circuito si dovrà scrivere che la risultante vettoriale della tensione applicata U1, e della f.e.m. primaria E01 deve eguagliare la risultante della caduta ohmica R1 •I0 e della caduta induttiva jX1 •I0: U 1 + E 01 = R 1 ⋅ I 0 + j X 1 ⋅ I 0 che si può anche scrivere : U 1 = −E 01 + R 1 ⋅ I 0 + j X 1 ⋅ I 0 76 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a vuoto U1 jX1 •I0 R1 •I0 -E01 ϕ0 ψ0 I0 Ia Iµ Φ0 Il diagramma vettoriale a vuoto della fig. risulta dalla traduzione grafica delle equazioni vettoriali primaria e secondaria e della equazione che lega la corrente I0 al flusso. Per la costruzione del diagramma si può partire ad esempio dal vettore rappresentativo del flusso Φ0, per tracciare poi la corrente a vuoto I0 tramite le sue componenti Ia ed Iµ; le due f.e.m. E01 ed E02 vanno disegnate a 90° in ritardo rispetto al flusso; il vettore U 02 coincide col vettore E02 ed il vettore U1, risulta come lato di chiusa della poligonale che ha per lati successivi il vettore –E01, .il vettore R1• I0 in fase con I0, e il vettore j X1 • I0 , in anticipo di 90°rispetto a I 0. Si osserva così che la f.e.m. primaria non risulta più uguale alla tensione applicata, ma risulta invece minore, perché una parte della tensione stessa deve vincere le cadute di tensione provocate dalla corrente a vuoto I0, sulla resistenza ohmica e sulla reattanza di dispersione dell'avvolgimento primario. E01 E02 = U02 77 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a vuoto U1 jX1 •I0 R1 •I0 -E01 ϕ0 ψ0 I0 Ia Iµ E01 Φ0 È chiaro poi che insieme alla f.e.m. primaria E01 viene a diminuire anche il flusso Φ0 che la induce e nella stessa proporzione diminuisce quindi la f.e.m. secondaria E02: si afferma con ciò il principio generale che tutte le cadute di tensione che si verificano nell'avvolgimento primario di un trasformatore hanno per effetto di provocare una diminuzione proporzionale della f.e.m. che si rende disponibile nell'avvolgimento secondario. Nel funzionamento a vuoto tuttavia, data la piccolezza della corrente I0 le cadute primarie sono così piccole da risultare praticamente trascurabili; si può quindi ritenere che il funzionamento a vuoto del trasformatore sia caratterizzato con sufficiente approssimazione delle semplici relazioni : U 1 ≅ − E 01 ; E02 = U02 U 02 = E 02 ≅ −U 1 ⋅ N2 N1 78 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a vuoto Si definisce rapporto di trasformazione a vuoto del trasformatore il rapporto fra i valori efficaci della tensione primaria e della tensione secondaria a vuoto : U1 K0= U2 Per quanto detto in precedenza questo rapporto è sensibilmente uguale al rapporto-spire n = N1 / N2 e viene assunto a definire il rapporto nominale della macchina. La potenza assorbita a vuoto dal trasformatore è espressa da: P0 = U1• I0 • cos( ϕ0 ) 79 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a vuoto U1 -E01 jX1 •I0 Osservando il diagramma vettoriale si può rilevare la seguente identità: R1 •I0 U 1 ⋅ I 0 ⋅ cos(ϕ 0) = E 01 ⋅ I 0 ⋅ cos(ψ 0) + R 1 ⋅ I 02 ϕ0 ψ0 I0 Ia Iµ Φ0 R1 •I0 Risulta pertanto che la perdita a vuoto P0, è comprensiva delle perdite nel ferro Pf = E01• I0 •cos( ψ0 ) e delle perdite per effetto Joule Pj = R1• I20 Questa ultima perdita è però trascurabile rispetto alle prime e in pratica si ritiene che l'intera potenza a vuoto P0 = U1• I0 • cos( ϕ0 ) corrisponda alle sole perdite nel ferro E01 • cos(ψ0) U1 • cos(ϕ0) 80 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico Al trasformatore funzionante sotto carico corrisponde lo schema della figura. Il primario è alimentato cioè da una certa tensione U1 mentre il secondario è chiuso su una impedenza di carico ZC (ohmica, induttiva o capacitiva) che determina tra la tensione secondaria ai morsetti e la corrente erogata il legame espresso dalla relazione vettoriale: U 2 = Z C ⋅I 2 = RC ⋅I 2 + j ⋅X C ⋅I 2 81 IL TRASFORMATORE REALE --- Funzionamento a carico Dalla natura della impedenza di carico ZC dipende la relazione di fase che passa fra la corrente erogata I2 e la tensione U2 ai morsetti secondari del trasformatore. Nella figura del diagramma vettoriale della prossima diapositiva si è ipotizzata una impedenza ZC di tipo induttiva e perciò la corrente I2, sarà sfasata in ritardo di un certo angolo ϕ2 rispetto alla tensione U2. La corrente I2 circolando nell'avvolgimento secondario vi determina una caduta ohmica di tensione per effetto della resistenza R2, ed una caduta induttiva per effetto della reattanza di dispersione X2 . Ne segue che la tensione U2 che rimane disponibile ai morsetti secondari del trasformatore sotto carico è diversa dalla f.e.m. secondaria E2, perché una parte di quest'ultima rimane impegnata a vincere le due cadute interne sopradette. Applicando la legge di kirchoff al circuito secondario si ottiene infatti l'equazione vettoriale seguente. E 2 =U 2 + R 2 ⋅I 2 + j ⋅X 2 ⋅I 2 82 IL TRASFORMATORE REALE --- Funzionamento a carico Impedenza totale del secondario: ZT2 Ricordando la relazione già trovata: U 2 = Z C ⋅I 2 = RC ⋅I 2 + j ⋅ X C ⋅I 2 Possiamo scrivere: E 2 =U 2 + R2 ⋅I 2 + j ⋅X 2 ⋅I 2 U 2 = Z C ⋅I 2 = RC ⋅I 2 + j ⋅X C ⋅I 2 E 2 = Z C ⋅I 2 + R2 ⋅I 2 + j ⋅X 2 ⋅I 2 E 2 = I 2 ⋅ ( Z C + R 2 + j ⋅ X 2) E 2 = I 2 ⋅ (R C + j ⋅ X C + R 2 + j ⋅ X 2) E2 =( +j ⋅ X C + R 2 + j ⋅ X 2) ZT 2 RC I2 Z T 2 = (R 2 + R C ) + j (X 2 + X C ) (X 2 + X C ) tg (ψ 2) = (R 2 + R C ) = 83 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico Z1 •I0 jX1 •I0 R1 •I1 -E1 N1I1 N1I’1= -N2I2 U1 I’1 ϕ1 I1 ψ1 I0 ϕ2 N1I0 Φ0 ψ2 I2 N2I2 tg (ϕ 2) = U2 XC RC XC +X2 tg (ψ 2) = RC + R 2 E1 R2 •I2 E2 jX2 •I2 Z2 •I2 84 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico – descrizione del secondario Questa equazione si traduce direttamente nel diagramma vettoriale della figura nel quale la f.e.m. secondaria E2 costituisce precisamente il lato che chiude la poligonale che ha per lati successivi la tensione ai morsetti U2, la caduta ohmica R2I2 in fase con I2 e la caduta induttiva j X2 I2, a 90° in anticipo. La risultante delle due cadute R2 I2 e j X2 I2 costituisce la caduta totale secondaria espressa da Z2I2. L'angolo di sfasamento ϕ2 fra la tensione U2 e la corrente I2, dipende solo dalla natura del circuito esterno ed è definito precisamente da tg ( ϕ2) = XC/RC essendo XC ed RC rispettivamente la reattanza e la resistenza del circuito utilizzatore alimentato dall'avvolgimento secondario. Il coseno di quest'angolo, cos (ϕ2), costituisce il fattore di potenza del circuito utilizzatore. Rispetto alla f.e.m. E2, la corrente I2 è sfasata invece dell'angolo ψ2 il quale costituisce lo sfasamento totale del secondario, che dipende tanto dal circuito esterno quanto dalla resistenza e reattanza proprie dell'avvolgimento secondario. Si ha quindi: X C +X 2 tg (ψ 2 ) = RC + R 2 85 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico Il diagramma del circuito secondario è cosi completato, e in base alla f.e.m. secondaria E2 rimane definito il valore del flusso, relativo al carico considerato, dalla relazione : E 2 ΦM = 4,44 ⋅ f ⋅ N 2 Poiché la f.e.m. è sfasata sempre di 90°in ritardo rispetto al flusso che l a induce, il flusso così definito verrà rappresentato con un vettore Φ a 90°in anticipo rispetto alla f.e.m. E2. D'altra parte, in fase con E2 si avrà anche la f.e.m. primaria E1, definita in valore dalla relazione: E1 = E 2 ⋅ N1 = E2 ⋅ n N2 Descrizione del primario Per produrre il flusso Φ, se la corrente secondaria fosse zero, l'avvolgimento primario dovrebbe assorbire una certa corrente I0, sfasata in anticipo rispetto al flusso di un certo angolo α. (corrente a vuoto relativa al flusso Φ; data invece la presenza della corrente secondaria I2, la quale fa agire sul nucleo la f.m.m. N2I2, per avere ancora lo stesso flusso è necessario che l'avvolgimento primario prelevi in più, dalla linea che lo alimenta, una corrente I’1 che eserciti sul nucleo una f.m.m. N1I’1 86 uguale ed opposta alla f.m.m. N2I2. IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico Si avrà quindi: N1• I’1 = - N2 • I2 queste f.m.m. si equilibrano e il flusso rimane prodotto ancora dalla f.m.m. N1• I0 corrispondente alla sola corrente I0. La corrente I’1 costituisce la corrente primaria di reazione. La corrente totale primaria I1, rimane definita dalla risultante : I1 = I’1 + I0 Da questa, moltiplicando ambo i membri per il numero di spire N1 , si ottiene anche la relazione: N1 • I1 = N1 • I’1 + N1 • I0 la quale, tenendo conto che: N1• I’1 = - N2 • I2 diventa: N1 • I1 = - N2 • I2+ N1 • I0 cioè N1 • I1 + N2 • I2= N1 • I0 Quest'ultima costituisce l'equazione del circuito magnetica del trasformatore sotto 87 carico. IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico Determinata la corrente primaria l1, si può risalire al vettore rappresentativo della tensione primaria. La legge di Kirchoff applicata al circuito primario ci conduce alla relazione vettoriale: U 1 = −E 1 + R 1 ⋅ I 1 + j ⋅ X 1 ⋅ I 1 la quale esprime il fatto che la tensione primaria U1, deve equilibrare la f.c.e.m. E1 e le due cadute, ohmica e induttiva, determinate nell'avvolgimento primario dalla corrente I1 . Nel diagramma vettoriale il vettore U1 si ottiene cosi portando di seguito al vettore - E1 la caduta ohmica R1• I1, in fase con I1 e la caduta induttiva j X1 • l1a 90°in anticipo. La risultante delle due cadute R1• I1 e j X1 •l1costituisce la caduta totale primaria espressa da Z1 • l1 La corrente primaria I1, risulta sfasata dell'angolo ϕ1, rispetto alla tensione U1, e il coseno di quest'angolo costituisce il fattore di potenza primario cos(ϕ1); esso dipende dall'intensità e dallo sfasamento della corrente secondaria, perché variando questa corrente varia anche la corrispondente corrente primaria di reazione I’1 e perciò varia in ampiezza e fase anche la corrente totale primaria I1. 88 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico I fenomeni che si manifestano nel funzionamento a carico, visivamente rappresentati nel diagramma vettoriale, sono caratterizzati, a paragone con il funzionamento a vuoto, da un generale cambiamento di tutte le grandezze elettriche e magnetiche interessate. I fatti più importanti, che si ripercuotono direttamente sul funzionamento dei sistemi elettrici esterni connessi al trasformatore, sono peraltro rappresentati dall'aumento della corrente assorbita al primario e dalla variazione della tensione secondaria. Il primo fatto è determinato dal noto fenomeno di reazione che la corrente erogata al secondario esercita sul primario; la variazione della tensione secondaria è invece una diretta conseguenza dell'aumento delle correnti negli avvolgimenti: da un lato la corrente primaria I1 determina le cadute R1I1 e jX1I1 (maggiori delle corrispondenti cadute a vuoto) che portano ad una variazione della f.e.m. primaria E1, e conseguentemente alla variazione proporzionale del flusso e della f.e.m. secondaria E2 ; d'altro lato la f.e.m. secondaria cosi ridotta viene ulteriormente diminuita delle due cadute secondarie R2I2 e jX2I2: in definitiva, la tensione U2 che rimane disponibile ai morsetti secondari risente l'effetto sia delle cadute di tensione che si verificano direttamente nell'avvolgimento secondario, sia anche delle cadute primarie. 89 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico Ne risulta che mentre il rapporto fra Ie f.e.m. E1 / E2 coincide sempre col rapporto spire n = N1 / N2 il rapporto di trasformazione effettivo fra la tensione U1 applicata al primario e la tensione U2 che si rende disponibile ai morsetti secondari risulta alquanto diverso, e inoltre varia al variare del carico perché variano le cadute di tensione primarie e secondarie. Nel funzionamento a vuoto del trasformatore le cadute di tensione primarie sono trascurabili e quelle secondarie sono nulle. In tali condizioni si può ritenere, come si è già osservato, U1 ≅ E01 ; ed essendo inoltre E02 = V02 si ha: K0 = U 1 E 01 N 1 ≅ = =n U 02 E 02 N 2 Il rapporto a vuoto K0 tende cioè a coincidere con il rapporto spire n. Nel funzionamento sotto carico invece il rapporto di trasformazione effettivo è K = U1 U2 il quale viene detto brevemente rapporto a carico. Essendo in genere U2 < U02 (per effetto delle cadute di tensione) il rapporto a carico risulta maggiore del rapporto a vuoto. 90 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico La differenza aritmetica fra la tensione secondaria a vuoto U02 e la tensione secondaria sotto carico U2 , corrispondenti ad una tensione primaria U1 mantenuta costante, definisce la « variazione di tensione » del trasformatore, nel passaggio da vuoto a carico: ∆U = U 02 − U 2 Il valore di questa variazione dipende dalle resistenze e reattanze interne del trasformatore ed anche dal valore e dalla fase della corrente erogata sul circuito esterno. Essa si può calcolare ricavando il « circuito equivalente secondario » del trasformatore. In questo circuito si immagina il primario del trasformatore privo di resistenze e reattanze nel quale non possa quindi verificarsi alcuna caduta e il secondario, avente una resistenza R’e ed una reattanza X’e fittizie, nel quale debbano invece verificarsi, oltre alle cadute secondarie vere e proprie R2 ed X2, anche le cadute primarie ridotte al secondario. In definitiva il circuito equivalente del trasformatore sarà del tipo in figura seguente. 91 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico I1 X2 R2 I’1 ∆U2 R0 X’e I2 I0 U1 R’e X0 E1 E2 ∆U’’1 U2 Zc Le perdite nel primario hanno ai loro capi una tensione ∆U1 = Z1 · I’1 (si può ritenere che I1 ≅ I’1 dato che I0 è molto più piccola). Quindi questa caduta si può trasferire al secondario ricordando che I’1 = I2 / n e che E2 = E1 / n. E2 = Z 2T I2 E1 1 E1 1 n = 2 ⋅ ' = 2 ⋅ Z 1T Z 2T = ' n ⋅ I1 n I1 n ∆ U 1 = Z 1 ⋅ I 1' = Z 1 ⋅ I 2 n I2 Z 1⋅ ∆U 1 n = Z1 ⋅ ∆ U 1' ' = = 2 I2 n n n R1 X1 Re' = 2 ; X e' = 2 n n 92 IL TRASFORMATORE REALE Adattamento d’impedenza Le formule che ci consentono di “trasformare le impedenze ”( o “riportare impedenze ” : sono terminologie equivalenti) si usano anche in elettronica per realizzare un importante circuito chiamato “adattamento d’impedenza”. R X 1 1 ' ' Re = 2 ; Xe = 2 n n 2 2 R1 = Re' ⋅ n ; X 1 = X e' ⋅ n 93 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento a carico I1 X2 R2 I’1 R’e I2 I0 ∆U2 U1 R0 X0 E1 ∆U’’1 E2 = U20 U2 E 2 = U 20 = U 2 + ∆U 2 + ∆U '1' ∆U = U 20 − U 2 = ∆U 2 + ∆U '1' ( ) ( ) ( ) ⋅ (R '') + I ⋅ j ⋅ (X ''); ∆U = I ⋅ [(R '') + j ⋅ (X '')]; ∆U = I 2 ⋅ (R 2 + j X 2 ) + I 2 ⋅ R 'e + j X 'e ∆U = I 2 ⋅ R 2 + R 'e + I 2 ⋅ j ⋅ X 2 + X 'e ∆U = I 2 X’e e ∆U = I 2 ⋅ Z 'e' 2 e 2 e e Zc In questo circuito equivalente si nota che tutte le f.e.m. (eccetto quelle del carico) coincidono con quelle del funzionamento a vuoto. 94 IL TRASFORMATORE REALE Variazione da vuoto a carico ϕ1 U1= -E1 ϕ0 I’1 I1 ϕ2 I0 ϕ2 Φ0 I2 a R’’e •I2 d jX’’e •I2 c b U2 ∆U = U20 – U2 E1 ∆U ≅ ac = ad + dc ϕ2 ad = R’’e • I2 • cos(ϕ2) Z’’e •I2 dc = X’’e • I2 • sen(ϕ2) ∆U ≅ R’’e • I2 • cos(ϕ2) + X’’e • I2 • sen(ϕ2) E2= U20 95 IL TRASFORMATORE REALE Variazione da vuoto a carico ∆U ≅ R’’e • I2 • cos(ϕ2) + X’’e • I2 • sen(ϕ2) Questa è la formula praticamente utilizzata per il calcolo della caduta di tensione da vuoto a carico. Come già detto essa dipende dalla corrente fornita dal trasformatore al carico I2 e dallo sfasamento ϕ2 che questa corrente presenta con la tensione d’uscita U2. Si chiama caratteristica esterna di un trasformatore il diagramma cartesiano che rappresenta l'andamento della tensione secondaria U2 in funzione della corrente erogata I2 per un fissato cos φ2 e per tensione primaria U1 costante. L'andamento di questa curva può essere dedotto dalla precedente relazione approssimata. Considerando fattori di potenza compresi tra 0,5 e 0,9 la relazione approssimata fornisce l'andamento qualitativo di figura. Le curve, per valori della corrente non superiori a quella nominale, sono Caratteristiche esterne qualitative di un sufficientemente approssimate da rette trasformatore per U2 costante e diversi 96 passanti per l'ordinata U20. valori di φ2 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito Se si collegano in corto circuito i morsetti secondari di un trasformatore, inserendo, solo un amperometro per la misura della corrente secondaria, come nello, schema di fig. , la tensione secondaria risulta praticamente nulla. In tali condizioni l'intera f.e.m, secondaria E2 rimane impegnata a vincere esclusivamente l'impedenza secondaria Z2. R1 U1cc X1 R2 I1cc E1 E2 I2cc X2 U2 = 0 In questo schema le correnti I1cc e I2cc sono molto elevate, quindi è possibile, senza commettere errore grave, trascurare la corrente I0 e di conseguenza anche le perdite nel ferro rappresentate da R0 e X0. Per effettuare 97 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito È possibile semplificare il circuito del trasformatore facendo le seguenti due considerazioni: 1. riportando al primario l’impedenza Z2 = R2 +j X2 che rappresenta le perdite nel rame del secondario, che diventa: Z’2 = Z2 • n2. 2. La tensione al secondario E2 ≅ 0; infatti sul secondario occorre compensare solo le cadute di tensione sulla Z2 che è una impedenza molto piccola e quindi presenta ai suoi capi anche una tensione molto piccola. Di conseguenza anche E1 = n • E2 ≅ 0 R1 U1cc X1 I1cc R’2 X’2 E1 ≅ 0 Questo schema equivalente si può ulteriormente semplificare come nella diapositiva successiva. 98 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito R’e X’e Questo circuito equivalente si studia come un qualsiasi circuito R-L: I1cc U1cc = I1cc • (R’e + j X’e) U1cc E1 ≅ 0 Da questa equazione si ricava il diagramma vettoriale seguente. jX’e jX’e • I1cc Z1cc ϕ1cc U1cc ϕ1cc R’e R’e • I1cc I 1cc = I1cc U1 2 + R 'e X 'e 2 Z 1cc = R 'e2 + X 'e2 ϕ1cc = arctg ( X 'e ) R 'e cos(ϕ1cc ) = R 'e Z 'e 99 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito Nel funzionamento del trasformatore in cortocircuito non è possibile utilizzare una tensione U1cc uguale a quella nominale poiché le correnti che circolerebbero non potrebbero essere sopportate e in breve tempo distruggerebbero il trasformatore. Si utilizza quindi una tensione opportunamente ridotta: essa prende nome di tensione di cortocircuito U1cc e deve far circolare nel primario la corrente nominale I1N = I1cc quando il secondario è chiuso in cortocircuito e la corrente nominale nel secondario I2N. Il cos(ϕ1cc) viene denominato fattore di potenza in cortocircuito. Si usa anche definire anche la tensione U1cc in percento della tensione nominale U1. U 1cc % = U 1cc ⋅ 100 U 1N Nei trasformatori fino a 1000 kVA la U1cc% varia dal 2 al 5%, mentre nei trasformatori fino a 100.000 kVA essa arriva fino al 15%. Nel funzionamento in cortocircuito la tensione U1cc è molto ridotta e quindi anche il flusso risulta molto piccolo. Questa considerazione ci è permette di trascurare le perdite nel ferro (causate dal flusso). Siccome non viene erogata potenza poiché il carico è pari a zero, la potenza attiva assorbita è dovuta solo alle perdite nel rame. Queste perdite sono dovute alla dissipazione per effetto Joule nelle resistenze degli 100 avvolgimenti primario R1 e secondario R2, oppure in quella equivalente R’e. IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito Consideriamo le equazioni delle potenze. P cc = U 1cc ⋅ I 1N ⋅ cos(ϕ cc ) P joule = P CU = R 1 ⋅ I 12N + R 2 ⋅ I 22N = R 'e ⋅ I 12N Nella prova pratica di laboratorio si è interessati a determinare gli elementi del circuito equivalente. Dalla misura di laboratoriosi ricavano: PCC, U1CC, I1N. Successivamente si ricavano: •cos(φcc) = Pcc / (U1cc· I1N) •R’e= Pcc / (I1N)2 •Z1cc= U1cc / I1N X 'e = (Z ) − (R'e) 2 2 1cc 101 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito – trasformatore trifase Le considerazioni esposte in precedenza si riferiscono in particolare ai trasformatori monofasi. Esse però si estendono agevolmente anche ai trasformatori trifasi, considerando la resistenza e la reattanza equivalenti di ogni singola fase. La prova di corto circuito viene fatta in tal caso in base allo schema della figura e cioè chiudendo i morsetti secondari in corto circuito su tre amperometri e misurando la potenza di corto circuito P, col metodo dei due wattmetri. Un voltmetro, commutabile sulle tre fasi, misura la tensione di corto circuito Vcc. Per dedurre i valori della resistenza e dell’ impedenza equivalenti di ciascuna fase è necessario tener conto dello schema delle connessioni interne fra le fasi. 102 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito – trasformatore trifase Se il trasformatore ha la connessione stella-stella, la corrente I2 segnata dagli amperometri rappresenta sicuramente la corrente che percorre le fasi secondarie, mentre invece la tensione applicata a ciascuna fase primaria è eguale alla tensione Vcc, indicata dal voltmetro, divisa per √3. V cc = Z ' ' e L'impedenza equivalente secondaria di ciascuna fase è perciò: 3 ⋅n⋅ I2 mentre la resistenza equivalente secondaria di una fase è R ' 'e = Pcc 3 ⋅ I 22 essendo PCC la somma algebrica delle potenze segnate dai due wattmetri. Per la connessione stella-triangolo, va divisa per √3 tanto la tensione VCC indicata dal voltmetro, quanto la corrente I2 segnata dagli amperometri. Risulta perciò V cc / 3 V cc = = Z ' 'e n⋅I2/ 3 n⋅I2 R ' 'e = Pcc Pcc = 2 2 I 2 3⋅ I 2 3 103 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito – trasformatore trifase Per la connessione triangolo-triangolo, va divisa per √3 la sola corrente I2 segnata dagli amperometri e perciò risulta Infine per la connessione triangolostella rimane indivisa tanto la tensione quanto la corrente e si ha quindi: V cc V = 3 ⋅ cc n⋅I2 n⋅I2/ 3 Pcc = Pcc R ' 'e = 2 2 I2 I2 3⋅ 3 Z ' 'e = Z ' 'e = V cc ; n⋅I2 R' 'e = Pcc 2 3⋅ I 2 In queste relazioni “n” rappresenta il rapporto-spire N1/N2, di ogni fase,cioè il rapporto di trasformazione a vuoto fra la tensione di fase primaria la tensione di fase secondaria. 104 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito – trasformatore trifase Il fattore di potenza di corto circuito può essere calcolato, in ogni caso, in base al rapporto fra le indicazioni dei wattmetri, oppure con una delle formule: I2 PCC = 3 ⋅ V CC ⋅ I 1 ⋅ cos(ϕ CC ) = 3 ⋅ V CC ⋅ ⋅ cos(ϕ CC ) Kt ove Kt rappresenta il rapporto di trasformazione trifase, relativo al tipo di collegamento considerato. Quando di un trasformatore trifase non si conosce lo schema del collegamento interno delle fasi è preferibile fare riferimento ad un collegamento equivalente stella-stella. Per semplicità ciò può essere fatto in generale, indipendentemente dalle effettive connessioni interne. 105 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito – trasformatore trifase Il circuito equivalente primario stella-stella, con gli strumenti inseriti come nella precedente figura, risulta cosi definito dalle relazioni: V cc V ⋅n = cc = n2 ⋅ Z ' 'e 3 ⋅ I1 3 ⋅I2 2 P P cc cc ⋅ n 2 = = ⋅ R' 'e = Z 'e ⋅ cos(ϕ CC ) n R'e = 2 2 3⋅ I1 3⋅ I 2 Z 'e = 2 2 X 'e = Z 'e − R'e = Z 'e ⋅ sen(ϕ CC ) Durante la prova di cortocircuito il trasformatore non ha modo di raggiungere la temperatura di regime per cui i valori delle resistenze elettriche equivalenti rilevati in questa prova sono diversi da quelli che la macchina presenta nel funzionamento a carico, e diversi risultano quindi il fattore di potenza e la tensione di corto circuito. È perciò necessario riportare i risultati della prova di corto circuito alla temperatura di regime 106 IL TRASFORMATORE REALE Funzionamento in corto circuito – trasformatore trifase Occorre appena osservare che nella prova di cortocircuito i tre amperometri possono essere inseriti anche nella linea di alimentazione per misurare la corrente primaria I1, anziché, la corrente secondaria I2, in tal caso i morsetti secondari possono essere direttamente collegati fra loro in corto circuito. Infine, se nella prova di corto circuito si misurano entrambe le correnti primaria e secondaria, eseguendone il rapporto si ha il mezzo di determinare con grande approssimazione il rapporto di trasformazione Kt e quindi anche il rapporto-spire “n”. I1 = 1 I2 Kt 107 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento POTENZE ATTIVE La potenza attiva erogata da un trasformatore monofase è data dalla relazione: P2 = U2 · I2· cos(φ2) e quella erogata da un trasformatore trifase dalla relazione: P2 = √3 · U2 · I2· cos(φ2) se con U2, I2 e cos(φ2) si indicano rispettivamente il valore efficace della tensione, quello della corrente e il fattore di potenza misurati sulla linea che si stacca dai morsetti di erogazione. La potenza attiva assorbita è data invece da per un trasformatore monofase : P1= U1 · I1· cos(φ1) e da un trasformatore trifase: P1 = √3 · U1 · I1· cos(φ1) se con U1, I1 e cos(φ1) si indicano rispettivamente il valore efficace della tensione, quello della corrente e il fattore di potenza misurati sulla linea di alimentazione dei morsetti primari. Per il principio di conservazione dell'energia, fra la potenza assorbita e la potenza erogata esiste la relazione : P1= P2 + Pp = P2 + Pf + Pj la quale indica che il trasformatore deve assorbire una potenza capace di bilanciare oltre alla potenza erogata anche la potenza perduta nel ferro Pf e quella 108 perduta nel rame Pj . IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento POTENZE REATTIVE La potenza reattiva erogata da un trasformatore monofase, oppure da un trasformatore trifase, è espressa dalle relazioni: Q2 = U2 · I2· sen(φ2); Q2 = √3 · U2 · I2· sen(φ2) La potenza reattiva assorbita è analogamente espressa dalle relazioni: Q1 = U1 · I1· sen(φ1); Q1 = √3 · U1 · I1· sen(φ1) La potenza reattiva assorbita dal trasformatore risulta dalla composizione. della potenza reattiva erogata con la potenza reattiva impegnata dal flusso magnetico principale e con la potenza reattiva impegnata dai flussi dispersi. Per le potenze reattive si può cioè stabilire il seguente bilancio: Q 1 = Q 2 + Q Φ + Q Φd avendo indicato, in analogia con le potenze attive, con Q2 la potenza reattiva erogata al carico, con QΦ la potenza reattiva connessa col flusso principale che si sviluppa nel ferro, con QΦd la potenza reattiva assorbita dai flussi dispersi che si concatenano singolarmente col proprio avvolgimento. Mentre le potenze reattive QΦ e QΦd essendo connesse con flussi magnetici sono di natura induttiva e cioè sempre positive, la potenza reattiva Q2 assorbita dal carico può anche essere di natura capacitiva e quindi negativa. Può accadere perciò che la potenza reattiva assorbita Q1, risulti minore di quella erogata, o addirittura nulla o negativa nel caso in cui la potenza capacitiva del carico si presenti uguale in valore o maggiore rispetto alla somma delle potenze reattive induttive richiamate dal flusso 109 principale del trasformatore e dai flussi dispersi. IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento POTENZE REATTIVE È noto che il flusso magnetico principale di un trasformatore mantiene un'ampiezza praticamente indipendente dal carico e pari in valore a quella del flusso Φ0 che si ha nel funzionamento a vuoto. La potenza reattiva connessa a questo flusso può quindi ritenersi eguale a quella assorbita a vuoto, che viene espressa per i trasformatori monofasi e trifasi dalle relazioni seguenti: Q Φ = Q0 = U1· I0 · sen (φ0) = U1· I µ = P0 tg(φ0) Q Φ = Q0 = U1· I0 · sen (φ0) = U1· I µ = P0 tg(φ0) Le potenze reattive connesse ai flussi dispersi sono invece proporzionali: alle correnti di carico e corrispondono sostanzialmente alla potenza reattiva che il trasformatore assorbe a parità di corrente nel funzionamento in cortocircuito (a tensione ridotta); in tale condizione infatti è nulla la potenza reattiva erogata ed è praticamente nulla anche la potenza reattiva connessa col flusso principale che è piccolissimo. Per i trasformatori monofasi e trifasi queste potenze reattive vengono così espresse dalle relazioni: Q Φ d = Qcc = X’’e · (I 2) 2 = P joule tg(φcc) Q Φ d = Qcc = X’’e · (I2)2 = P joule tg(φcc) essendo X’’e la reattanza equivalente secondaria di una fase e Pjoule le perdite per effetto joule negli avvolgimenti. Le precedenti espressioni delle potenze attive e delle potenze reattive sono facilmente deducibili dal diagramma vettoriale relativo al circuito equivalente secondario del trasformatore. 110 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento POTENZE REATTIVE In base alle espressioni indicate si rende possibile determinare il fattore di potenza primario cos (φ1), per mezzo della relazione: ϕ1 = arctg ( Q1 ) P1 Q1 P 2 ⋅ tg (ϕ 2) + P0 ⋅ tg (ϕ 0) + P joule ⋅ tg (ϕ cc) = P1 P 2 + P0 + P joule Si può cosi risalire al calcolo della corrente primaria I1 = P1 ; U 1 ⋅ cos(ϕ1) I1 = tramite le relazioni : P1 3 ⋅ U 1 ⋅ cos(ϕ1) rispettivamente per i trasformatori monofasi e per i trifasi, tenendo presente che la potenza assorbita P1 è data dalla relazione P1= P2 + Pf + Pj e coincide col denominatore della prima relazione. 111 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Perdite Le perdite di potenza che si verificano nel funzionamento del trasformatore sono rappresentate, come si è osservato, dalle perdite per effetto Joule dovute alla resistenza ohmica degli avvolgimenti e denominate perdite nel rame, e dalle perdite per isteresi e correnti parassite nel nucleo, costituenti le perdite nel ferro. Per un trasformatore monofase le perdite nel rame sono date dalla relazione : Pjoule = R1 I12 + R2 I22 essendo R1 ed R2 le resistenze primaria e secondaria, e I1 ed I2 le correnti corrispondenti. Oppure, considerando la resistenza equivalente primaria R’e o la resistenza equivalente secondaria R’’e , dalle relazioni: Pjoule = R’e I12 = R’’e I22 Siccome le resistenze aumentano con la temperatura, il calcolo delle perdite nel rame va riferito al valore assunto dalle resistenze alla temperatura di regime. Per la determinazione di queste perdite si possono misurare separatamente le resistenze R1 e R2 per procedere al calcolo con le formule sopra scritte, oppure invece misurare la potenza assorbita dal trasformatore nella prova di corto circuito, per determinare in base a questa, direttamente il valore della resistenza equivalente primaria o secondaria. L'esperienza dimostra però che i due risultati non coincidono e precisamente, le perdite nel rame che vengono dedotte in base alla prova di corto circuito risultano sempre sensibilmente maggiori del valore che si ottiene eseguendo il calcolo delle perdite ohmiche mediante le due resistenze R1 e R2 misurate 112 separatamente. IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Perdite Questo fatto è dovuto alle perdite addizionali che si verificano negli avvolgimenti per effetto delle correnti parassite che vengono indotte nella massa dei conduttori dai flussi dispersi: queste correnti parassite determinano una distribuzione non uniforme delle correnti principali nella sezione dei rispettivi conduttori e il loro effetto equivale conseguentemente ad un aumento della resistenza ohmica degli avvolgimenti. Ne risulta che la determinazione della resistenza equivalente del trasformatore mediante la prova di corto circuito fornisce un risultato più rispondente alla realtà dei fenomeni che avvengono nel trasformatore, che non la misura separata alle due resistenze primaria e secondaria. Si deve rilevare che nei riguardi delle sopraelevazioni di temperatura le perdite ohmiche e quelle addizionali hanno un comportamento opposto. Infatti mentre le perdite ohmiche, a parità di corrente, sono proporzionali alla resistenza degli avvolgimenti e quindi crescono con la temperatura, quelle addizionali invece, essendo dovute essenzialmente a correnti parassite risultano inversamente proporzionali alla resistività del materiale e quindi diminuiscono con l'aumentare della temperatura. Per i trasformatori trifasi con carico equilibrato, indicando con R1 ed R2 le resistenze di ciascuna fase primaria e secondaria, e con I1, e I2 le rispettive correnti, le perdite nel rame sono date dalle relazioni: Pjoule = 3 · (R1 I12 + R2 I22) oppure Pjoule = 3 · (R’e I12) = 3 · (R’’e I22) essendo R’’e ed R’e le resistenze equivalenti secondaria e primaria di ciascuna fase. 113 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Perdite Le perdite nel rame variano dunque, al variare del carico del trasformatore, in proporzione al quadrato della corrente erogata e sono quindi rappresentate nella figura da una parabola col vertice praticamente coincidente con l'origine degli assi: nel funzionamento a vuoto, cioè per I2 = 0, esse appaiono infatti trascurabili riducendosi alle perdite prodotte dalla sola corrente a vuoto nella resistenza primaria. Le perdite nel ferro invece dipendono, come è noto, dal valore dell'induzione massima nel nucleo e dalla frequenza: nei trasformatori alimentati a tensione e frequenza costanti risultano perciò praticamente indipendenti dal carico, perché se rimane costante la tensione e la frequenza anche il flusso rimane costante 114 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Per questo fatto le perdite nel ferro misurate nella prova a vuoto del trasformatore sono sempre alquanto maggiori di quelle calcolate con le note formule in base al peso del nucleo. Perdite In realtà il flusso diminuisce alquanto con l'aumentare del carico, per il noto effetto della caduta di tensione primaria : questa diminuzione tuttavia è di effetto praticamente trascurabile sulle perdite nel ferro le quali vengono ritenute senz'altro costanti tanto a vuoto che a carico e denominate brevemente perdite a vuoto P0. L'andamento di queste perdite è quindi rappresentato in figura da una retta parallela all'asse delle correnti di carico. Le perdite a vuoto comprendono, oltre alle perdite nel pacco lamellare del nucleo, anche le perdite addizionali conseguenti ai difetti di isolamento fra le lamiere prodottisi durante la lavorazione e inoltre le perdite nei bulloni, tiranti ecc. eventualmente investiti da flussi dispersi. 115 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Rendimento Il rendimento di un trasformatore è dato dal rapporto fra la potenza elettrica P2 erogata al secondario e la potenza elettrica P1, corrispondentemente assorbita al primario. Per un trasformatore monofase, la potenza erogata al secondario è espressa da P2 = U2 · I2· cos(φ2) essendo V2 , I2, e cos(φ2), rispettivamente la tensione, la corrente e il fattore di potenza misurati sulla linea che si stacca dai morsetti secondari. La potenza assorbita dall'avvolgimento primario è data analogamente da P1= U1 · I1· cos(φ1) essendo V1, I1 e cos(φ1), la tensione, la corrente e il fattore di potenza misurati sulla linea di alimentazione dei morsetti primari. Corrispondentemente il rendimento del trasformatore viene espresso da: U 2 ⋅ I 2 ⋅ cos(ϕ 2) P 2 = η= P1 U 1 ⋅ I 1 ⋅ cos(ϕ1) All'atto pratico si preferisce generalmente valutare la potenza primaria P1, per via indiretta, sommando alla potenza secondaria P2 le perdite a vuoto, P0 e le perdite nel rame Pjoule = R’’e I22 . Ponendo quindi: P1 = U2 · I2· cos(φ2) + P0 + R’’e I22 116 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Rendimento Il rendimento del trasformatore viene espresso dalla formula seguente: η = P2 = P1 U 2 ⋅ I 2 ⋅ cos(ϕ 2) 2 U 2 ⋅ I 2 ⋅ cos(ϕ 2) + P0 + R' 'e ⋅ I 2 Questa formula permette di valutare il rendimento in tutte le condizioni di carico che si vogliono considerare quando siano state preventivamente determinate la potenza assorbita a vuoto P0, e la resistenza secondaria equivalente R’’e . Il rendimento così definito viene tecnicamente designato col nome di rendimento convenzionale perché la sua determinazione viene basata in pratica sulla misura separata dalle perdite nel ferro, mediante la prova a vuoto, (potenza assorbita P0), e delle perdite nel rame mediante la prova in corto circuito (potenza assorbita Pjoule = R’e I12 = R’’e I22). Se il trasformatore è trifase si ha invece: 3 ⋅U 2 ⋅ I 2 ⋅ cos(ϕ 2) P 2 = η= 3 ⋅ U 2 ⋅ I 2 ⋅ cos(ϕ 2) + P0 + 3 ⋅ R' 'e ⋅ I 22 P1 in cui P0, è ancora la potenza assorbita a vuoto e R’’e è la resistenza equivalente 117 secondaria di una fase. IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Rendimento L'espressione precedente può essere scritta anche nella forma 1 η= 2 P0 + 3 ⋅ R' 'e ⋅ I 2 1+ 3 ⋅ U 2 ⋅ I 2 ⋅ cos(ϕ 2) la quale mette chiaramente in rilievo che per una data tensione e corrente secondaria il rendimento risulta minore quanto più basso è il fattore di potenza. Praticamente si tracciano le curve di rendimento in funzione della corrente secondaria, per i diversi valori del fattore di potenza che si vogliono considerare. Tali curve assumono l'andamento indicato in figura. La curva più alta è quella relativa al fattore di potenza cos (φ2) = 1, (funzionamento su carico ohmico). Diminuendo il fattore di potenza le curve di rendimento si abbassano : tuttavia finché il fattore di potenza non scende a valori molto bassi la diminuzione del rendimento non è molto sentita. Su ciascuna curva, a partire dal funzionamento a vuoto, il rendimento cresce prima rapidamente al crescere del carico e poi sempre più lentamente fino a raggiungere un determinato valore massimo dopo il quale lentamente diminuisce. Il punto di massimo rendimento corrisponde, su ciascuna curva, a quella corrente per cui le perdite nel rame 3R’’e I22 eguagliano le perdile a vuoto P0. 118 Il punto di massimo rendimento corrisponde, su ciascuna curva, a quella corrente per cui le perdite nel rame 3R’’ I22 eguagliano le perdile a vuoto P0. Ciò risulta dal seguente ragionamento. Se si considera la frazione P0 + 3 ⋅ R ' 'e ⋅ I 2 2 P 0 + 3 ⋅ R ' 'e ⋅ I 2 = I2 3 ⋅ U 2 ⋅ I 2 ⋅ cos(ϕ 2) 3 ⋅ U 2 ⋅ cos(ϕ 2) si osserva che il numeratore è costituito da una somma i cui addendi dipendono da I2. Si dimostra (vedi grafico pagina successiva)che la somma diviene minima, e perciò il rendimento massimo, quando i due addendi sono eguali e cioè quando: 2 = ⋅ P0 3 ⋅ R' 'e I 2 119 8 7 6 5 4 3 I2 + 1/I2 I2 2 1 1/I2 0 0 0,5 1 1,5 2 120 2,5 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Rendimento In considerazione del fatto che i trasformatori industriali funzionano prevalentemente verso i 3/4 di carico, i costruttori proporzionano le resistenze degli avvolgimenti e le perdite nel ferro in modo da realizzare il massimo rendimento precisamente con una corrente secondaria pari a circa 3/4 della corrente secondaria di pieno carico. Per tutti i carichi inferiori sono maggiori le perdite nel ferro che le perdite nel rame, per i carichi superiori prevalgono invece queste ultime. Le perdite a vuoto possono essere dell'ordine del 3% della po tenza di targa per i piccoli trasformatori, per scendere a meno del 0,5% per i trasformatori grandissimi di molte migliaia di kVA. 121 IL TRASFORMATORE REALE Bilancio delle potenze e rendimento Rendimento Le perdite nel rame, raggiungono in genere questi stessi valori, come si è detto, verso i 3/4 di carico, per diventare poco meno che doppie a pieno carico. Corrispondentemente il massimo valore del rendimento a cos(φ2) = 1, può risultare dell'ordine del 94% per i piccoli trasformatori (fino a una decina di kVA) per crescere con l'aumentare della potenza, fino a raggiungere e superare il 99% nei trasformatori grandissimi. 122 IL TRASFORMATORE REALE Autotrasformatori Gli autotrasformatori hanno una identica struttura magnetica dei trasformatori normali, ma ne differiscono nella parte elettrica: i due avvolgimenti A.T. e B.T. non formano più due complessi di spire distinti, ma sono invece raggruppati in un unico avvolgimento in modo che l'avvolgimento B.T. è costituito da una porzione dello stesso complesso di spire che formano l'avvolgimento A. T. Lo schema elettrico dell'autotrasformatore assume perciò l'aspetto rappresentato nella figura . 123 IL TRASFORMATORE REALE Autotrasformatori Nel funzionamento a vuoto alimentando l'intero avvolgimento fra i morsetti A e B con la tensione V1, , l'autotrasformatore assorbe la corrente a vuoto I0, che è necessaria a produrre nel nucleo il flusso Φ che occorre per generare nell'avvolgimento stesso una f.e.m. E10 atta a fare equilibrio alla tensione applicata. Corrispondentemente ai due morsetti a e b si rende disponibile una f.e.m. E20= E10 (N2 / N1) 124 IL TRASFORMATORE REALE Autotrasformatori Passando al funzionamento sotto carico, quando l'avvolgimento secondario eroga una certa corrente I2, l'avvolgimento primario assorbe, oltre alla corrente a vuoto, la corrente di reazione I’1, definita dalla nota eguaglianza N1 I’1 = - N2 I2 fra le amperspire. Nel gruppo delle N2 spire secondarie che sono comuni anche all'avvolgimento primario, le due correnti I2 e I’1 si sovrappongono, e poiché i vettori rispettivi sono in opposizione fra loro, formano una corrente risultante la cui intensità è pari, in valore, alla differenza aritmetica I = I2 - I’1 È facile vedere che nell'auto trasformatore si viene a realizzare una doppia economia di rame. Facendo infatti il confronto con un trasformatore normale si osserva in primo luogo che nel comporre l'avvolgimento A.T., delle N1 spire occorrenti ne vengono integralmente risparmiate N2 perché a queste vengono sostituite le N2 spire necessarie a comporre l'avvolgimento B.T. 125 IL TRASFORMATORE REALE Autotrasformatori in secondo luogo mentre in un trasformatore normale la sezione dei conduttori dell'avvolgimento B.T. deve essere proporzionata all'intera corrente I2, nell'autotrasformatore invece le N2 spire dell'avvolgimento B.T. (se si trascura la corrente a vuoto l0) devono essere proporzionate solo per una corrente I = I2 - I’1 Si può ammettere che il peso di rame occorrente per eseguire un avvolgimento sia proporzionale, a parità delle altre condizioni, al prodotto del numero delle spire per la corrente. Ne risulta che il rapporto fra il peso Ga degli avvolgimenti di un autotrasformatore e il peso analogo Gn per il corrispondente trasformatore normale, viene espresso da (trascurando sempre la corrente a vuoto) : G a = (N 1 − N 2 ) ⋅ I '1 + N 2 ⋅ (I 2 − I '1) (N 1 ⋅ I '1 + N 2 ⋅ I 2 ) Gn Essendo I’1= I2 (N2 / N1), con semplici passaggi si ottiene: G a = (N 1 − N 2 ) ≅ (V 1 −V 20 ) Gn N1 V1 Si nota che si risparmia più rame se minore è la differenza (V1 - V20). Oltre a ciò l'autotrasformatore presenta una minore caduta di tensione ed un maggiore rendimento in virtù del parziale compenso delle correnti nell'avvolgimento B.T. Il vantaggio dell'autotrasformatore diminuisce invece e diventa trascurabile, quando il rapporto di trasformazione aumenta oltre un certo limite: praticamente l'impiego dell'autotrasformatore viene già abbandonato quando il rapporto fra l'alta e la bassa 126 tensione è maggiore di 4.