Cognitivismo clinico (2006) 3, 2, 108-127 LINTERPERSONAL COGNITIVE PROBLEM SOLVING (ICPS): UNO STRUMENTO DI PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA DEI PROBLEMI DI AGGRESSIVITÀ E DI CONDOTTA IN AMBITO SCOLASTICO Rosario Capo*, Giuseppe Romano*, Lorenza Isola** *Psicologo, Psicoterapeuta, Docente APC ed SPC. Equipe per lEtà Evolutiva SPC, Unità Operativa Disturbi dAnsia e dellUmore, APC - SPC Roma **A.S.T.I.A. Asl RM-E, Didatta APC, SPC, SITCC. Responsabile Equipe per lEtà Evolutiva SPC Roma Riassunto I disturbi di aggressività e di condotta costituiscono un problema rilevante e in crescente diffusione nel contesto scolastico italiano. Tali disturbi sono caratterizzati da particolare scopi, bias e meccanismi cognitivi che tendono a stabilizzarsi e cronicizzarsi con molta facilità se non vengono attuati efficaci interventi di prevenzione. Nel presente lavoro viene descritto un protocollo strutturato di prevenzione primaria e secondaria dei disturbi di aggressività e condotta: lICPS - Interpersonal Cognitive Problem Solving di Shure e Spivack (1979, 1981; Shure 1992; Ricci et al. 2003) Parole chiave: problemi di aggressività e di condotta, abilità sociali, problem solving interpersonale, prevenzione, scuola INTERPERSONAL COGNITIVE PROBLEM SOLVING (ICPS): A PROTOCOL OF PRIMARY AND SECONDARY PREVENTION FOR AGGRESSION AND CONDUCT PROBLEMS IN SCHOLASTIC CONTEXT Summary Aggression and conduct disorders are among the most common problems for which children are brought for treatment, and they pose a difficult challenge for everyone involved. These problems are in growing spread in the Italian scholastic context. At the basis of aggression and conduct disorders peculiar aims, bias and cognitive mechanisms can be found, which tend to become stable and chronic, unless effective prevention is done. In this work a protocol of primary and secondary prevention for aggression and conduct problems is described. The protocol is the ICPS- Interpersonal Cognitive Problem Solving by Shure and Spivack (1979; 1981; Shure, 1992; Ricci et al. 2003). Key Words: aggression and conduct problems, social skills, interpersonal problem solving, prevention, school 108 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) Introduzione Un recente documento del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (U.S. Department of Healt and Human Services, 2001) ha segnalato con urgenza laumento di problemi di condotta e di aggressività in età evolutiva. Anche se nel contesto italiano non si raggiunge la stessa gravità epidemiologica, il fenomeno dei problemi di condotta e di aggressività è in evidente aumento anche nel nostro Paese, come drammaticamente messo i luce anche dai fatti di cronaca dellultimo periodo. Tale tema è di particolare rilevanza soprattutto perché i bambini che presentano queste difficoltà sono a rischio per lo sviluppo futuro di comportamenti violenti, problemi di salute mentale, drop-out scolastico, abuso di sostanze, difficoltà occupazionali, problemi familiari e di coppia nonché di mettere in atto azioni criminose in età adolescenziale e adulta (Aguilar et al. 2000). Per diversi autori, il fenomeno dovrebbe essere considerato una problematica di salute pubblica di uguale o maggiore rilevanza rispetto al fumo, allabuso di droga, alle gravidanze precoci e agli stili di vita a rischio (Bloomquist e Schnell 2002): notevoli sono, infatti, le sue ricadute nel sociale sia dirette che indirette, considerato il costo finanziario richiesto dal trattamento e dalla riabilitazione in tale ambito, nel contesto degli interventi di salute mentale, educativi, correttivi, medici e di assistenza sociale. Nel corso del lavoro verrà presentato uno strumento di prevenzione primaria e secondaria dei problemi di aggressività e condotta: lInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) di Shure e Spivack (1979, 1981; Ricci et al. 2003). LICPS è un programma strutturati di intervento nel contesto scolastico per la promozione delle abilità sociali e prosociali e per la riduzione della frequenza e della gravità dei problemi di aggressività. Lefficacia del programma in oggetto è stata confermata in numerose ricerche (per una rassegna si veda Ricci et al. 2003) ma, nonostante questo, nel contesto italiano è scarsamente conosciuto ed utilizzato. Viene da pensare che allinterno del nostro ambito culturale ci sia la tendenza a preferire la novità e loriginalità piuttosto che gli strumenti e le conoscenze validate e sperimentate da lunga data. Problemi di condotta e di aggressività: esigenza di interventi precoci I bambini che evidenziano nella prima infanzia problemi di aggressività e condotta vengono definiti come esordienti precoci (Patterson et al. 1991), persistenti lungo tutto larco di vita (Moffitt 1993) o soggetti a esordio precoce/persistenti (Aguilar et al. 2000), dal momento che tali individui sviluppano comportamenti disadattivi che non di rado sono caratterizzati da unescalation progressiva e, soprattutto, che tendono a permanere nel tempo. Numerosi studi longitudinali hanno documentato tale persistenza cronica dei sintomi nei soggetti con problemi di aggressività e condotta e le modalità con le quali gli stessi possono peggiorare nellarco di vita (Frick e Loney 1999; Kazdin 1995; Patterson et al. 1991). La prima infanzia sembra il periodo di esordio più frequente per tali problemi (dalla nascita ai 2 anni) (Bloomquist e Schnell 2002). I bambini a questetà possono manifestare un temperamento difficile e appaiono irritabili, non collaborativi, arrabbiati e facilmente frustrati; presentano spesso precoci sintomi di oppositività e accessi dira (idem). Il periodo prescolare (3-5 anni) è una fase di accelerazione, nella quale i problemi diventano più eclatanti: la rabbia, loppositività e la provocatorietà persistono, ma spesso appaiono anche comportamenti aggressivi più palesi. I primi anni delle scuole elementari (6-8 anni) costituiscono una fase di stabilizzazione del 109 Rosario Capo et al. problema. Persistono laggressività aperta e loppositività. I bambini che manifestano comportamenti aggressivi ad esordio precoce sono a rischio di sviluppo di comportamenti antisociali covert, quali mentire, rubare, raggirare; in alcuni casi, esibiscono sintomi di aggressività sia aperta (overt) che mascherata (covert). Si mantengono le interazioni coercitive tra il bambino e i genitori e anche le relazioni con gli insegnanti possono assumere le stesse caratteristiche. È in questo periodo che i bambini con aggressività ad esordio precoce possono fare esperienza del rifiuto sociale da parte dei compagni e iniziare ad affiliarsi a gruppi antisociali e aggressivi; sono anche frequenti esperienze di fallimento scolastico e conseguente demotivazione allimpegno nelle attività di studio. Nel caso di manifestazioni di aggressività coperta, si evidenziano bias e deficit più gravi nellelaborazione delle informazioni (idem). Gli ultimi anni delle scuole elementari (9-14 anni) rappresentano un periodo nel quale i problemi di condotta e di aggressività sono in continua evoluzione. Solitamente la frequenza dellaggressività aperta diminuisce durante questa fase evolutiva, nonostante rimanga comunque alta rispetto alla norma. I comportamenti aggressivi covert tendono invece ad aumentare, esprimendosi in atti vandalici, assenze frequenti da scuola, innesco di incendi, uso e abuso di sostanze, ecc. I compagni appartenenti ai gruppi devianti tendono a rinforzarsi vicendevolmente, rispetto allutilizzo di condotte aggressive aperte e covert, specialmente durante letà adolescenziale. Possono persistere le interazioni coercitive con i genitori e con gli insegnanti. Il soggetto richiede spesso supervisione e monitoraggio durante questo periodo, mentre i loro genitori sembrano mancare in tale compito, particolarmente rilevante. Il permanere del problema esacerba spesso i conflitti nel contesto familiare. Durante la fase adolescenziale (dai 15 anni in poi) spesso i problemi di condotta e di aggressività tendono a cristallizzarsi. I bambini di solito manifestano più comportamenti antisociali coperti che espliciti, ma alcuni commettono anche atti criminosi e violenze efferate. Spesso, questi ragazzi si inseriscono o danno vita a bande devianti. I comportamenti aggressivi covert assumono spesso la forma di crimini seri e non sono infrequenti anche atti aggressivi di natura sessuale quali lo stupro. Di solito i soggetti con problemi di aggressività e condotta sono coinvolti in relazioni sessuali con notevole anticipo e molto più spesso rispetto ai loro coetanei ed è particolarmente elevato il numero delle gravidanze indesiderate. Le esperienze precoci con luso di sostanze favoriscono di solito in questo periodo abuso di droga e di alcol. È stato stimato che circa un terzo dei bambini con problemi di aggressività e condotta ad esordio precoce sviluppino un disturbo di personalità antisociale in età adulta (idem). La percentuale restante mantiene gravi problemi nel funzionamento sociale e lavorativo, quali difficoltà di coppia, violenza, psicopatologia, criminalità e disoccupazione. Data lescalation e il pesante rischio di cronicizzazione dei problemi di aggressività e condotta risulta opportuno predisporre interventi precoci e su ampia scala (non solo individuali) per contrastare la diffusione del problema. Tali interventi dovrebbero essere basati su una corretta comprensione dei meccanismi che spiegano la natura e la permanenza di questi problemi comportamentali. A tal proposito, riportiamo nel paragrafo successivo, in forma estremamente sintetica, alcune osservazioni sulle caratteristiche del funzionamento cognitivo di tali soggetti. 110 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) Caratteristiche cognitive dei bambini con problemi di condotta e aggressività Oltre alla conoscenza dei fattori di rischio che hanno a che fare con le condizioni predisponenti lesordio dei problemi di aggressività e condotta1 , evidentemente è necessario per un clinico possedere un modello schematico degli elementi che spiegano la costellazione dei sintomi propri di un dato disturbo psicologico e la permanenza nel tempo degli stessi, a dispetto dei costi che questi possono comportare per il soggetto stesso e/o per il suo ambiente sociale. In generale, due modelli hanno ricevuto particolare credito in letteratura per la comprensione e per il trattamento dei problemi di aggressività e di condotta in età evolutiva: (a) il modello socio-cognitivo dellelaborazione dellinformazione (Crick e Dodge 1994, Lochman et al. 2000), e (b) il modello del funzionamento esecutivo (Pennington e Ozonoff 1996). Entrambe le teorie esplicative si focalizzano sulla sequenza di abilità e di operazioni che sono necessarie per gestire varie situazioni interpersonali e analizzano accuratamente le difficoltà che i bambini con problemi di aggressività e condotta incontrano in ognuna delle fasi del processo. Questi modelli non sono antitetici ma, viceversa, alcuni elementi di un quadro teorico possono essere inclusi nellaltro; mentre la prima prospettiva deriva dal lavoro con bambini con Disturbo della Condotta, il secondo si applica con maggiori risultati ai bambini con problemi simili al Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività. I modelli sociali di elaborazione dellinformazione identificano i problemi che i bambini aggressivi hanno nel valutare le situazioni interpersonali, nel selezionare una strategia che risolva efficacemente i potenziali conflitti e, di conseguenza, nellimplementare tale strategia e valutarne lefficacia (Kendall 2000). Il modello di funzionamento esecutivo pone laccento, invece, sui processi cognitivi di pianificazione, organizzazione e modulazione del proprio comportamento. Una sintesi delle caratteristiche cognitive dei soggetti con problemi di aggressività e di condotta, desunte da entrambi i modelli teorici, è riportata nella Tabella 1. Come si può notare dalla tabella 1, i problemi di aggressività e di condotta sono determinati da unampia classe di meccanismi cognitivi, che tendono a stabilizzarsi e ad incrementarsi reciprocamente a cascata. A partire da tipiche esperienze di apprendimento (trascuratezza, abuso fisico e psicologico, arbitrarietà ed incoerenza nella disciplina da parte dei genitori, imposizioni e/o eccesso di direzionalità da parte delle figure di accadimento accompagnati da insufficiente considerazione dei desideri e delle avversioni del bambino, ecc.) e di attaccamento (Bloomquist e Schnell 2002; Isola 2003) vengono innescati particolari scopi/investimenti (evitamento di condizioni indesiderabili/avversive e/o ottenimento di condizioni desiderabili), regole, aspettative, bias cognitivi e strategie comportamentali (Lochman et al. 1993; Lochman et al. 2000). Generalmente esperienze di trascuratezza e/o maltrattamento da parte delle figure di riferimento, associati a disciplina debole e/o incoerente (comandi e minacce; punizione fisica episodica e spesso imprevedibile; interazioni coercitive) (Patterson et al. 1998), innescano e stabilizzano un bias attributivo ostile (aspettativa che laltro non mi rispetti, non si occupi adeguatamente di me, che applichi regole arbitrariamente e/o sia pericoloso) (Lochman 1987; Dodge 1993; Lochman e Dodge 1994) e il complementare scopo di non trovarsi nella condizione di subordinazione alle regole e al controllo da parte dellautorità, percepita come ingiusta, arbitraria, imprevedibile/ incoerente e/o inaffidabile (Mancini, 2006a): ne consegue che gli atteggiamenti e i comportamenti oppositivi, aggressivi e provocatori ricevono rinforzo negativo in quanto risultano funzionali per sottrarsi a condizioni avversive/indesiderabili, nel qual caso, il controllo di e/o la subordinazione a siffatta autorità. La condizione di affrancamento dal controllo delle imposizioni esterne può, 1 Per una rassegna si veda Capo (2003). 111 Rosario Capo et al. Tabella 1 - Caratteristiche cognitive dei bambini aggressivi Processi di valutazione degli eventi Eccessiva sensibilità/attenzione verso stimoli ostili Bias nellattribuzione di intenzioni ostili da parte degli altri Sottostima della propria aggressività Problem Solving interpersonale Repertorio limitato di soluzioni Basso repertorio di soluzioni assertive verbali e eccesso di soluzioni orientate allazione diretta Poche soluzioni cooperative Soluzioni di riserva di tipo aggressivo Funzioni cognitive Difficoltà nel sostenere lattenzione Produzione di soluzioni disfunzionali quando queste vengono rievocate dalla memoria a lungo termine (memoria selettiva frutto di esperienze precoci gravose) Bassi livelli di empatia Schemi cognitivi di base Alto valore attribuito a scopi sociali quali dominanza e rivincita piuttosto che affiliazione Basso valore attribuito a conseguenze come sofferenza delle vittime, rappresaglia della vittima o rifiuto da parte dei pari Aspettative che i comportamenti aggressivi produrranno ricompense tangibili e ridurranno le reazioni avversive altrui Bassa stima di sé nel periodo preadolescenziale TRATTO ED ADATTATO DA: Lochman J.E., Whidby J.M. e FitzGerald D.P. (2000), Cognitive-behavioral assessment and treatment with aggressive children. In P.C. Kendall (Ed.), Child and adolescent therapy: Cognitive-behavioral procedures. New York, Guilford Press. successivamente, acquisire ulteriori rinforzi (con conseguente aumento del coefficiente di valore scopistico) che ne stabilizzano il potere attrattivo, quali: senso di libertà e autonomia; ruolo sociale come individuo forte e temuto (rango elevato ottenuto attraverso la prevaricazione, la rivalsa/vendetta e le provocazioni allautorità) seppur non amato (conseguenza del rifiuto sociale a causa dei comportamenti aggressivi) (Boldizar et al. 1989; Hart et al. 1990; Lochman et al. 1993); percezione di diversità/specialità (anche se negativa) rispetto al gruppo generale dei pari (Mosticoni 2006); rifiuto e svilimento da parte degli insegnanti, dei genitori e/o dei compagni (circolo vizioso di rinforzo della rabbia e del risentimento e della necessità percepita di sottrarsi alle imposizioni); ecc. Laspettativa di ricevere dagli altri ostilità, trascuratezza, scarsa considerazione dei propri bisogni e lavversione per il controllo da parte delle figure con ruolo di autorità favoriscono una sistematica disattenzione e una scarsa considerazione (generalmente non voluta e non intesa) per la sofferenza e le emozioni altrui. Lempatia deficitaria rilevata di solito in questi soggetti può essere spiegata, quindi, non tanto come leffetto di deficit stabili nelle funzioni cognitive di base 112 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) (es. teoria della mente, attenzione, ecc.), come avviene per alcune sottocategorie caratterizzate da inabilità a base organica (es. DDAI, ecc.), ma come leffetto di meccanismi di focalizzazione e disattenzione selettive determinate dallo stato intenzionale del soggetto, attivo in un dato momento (evitamento di danni e/o ottenimento di condizioni desiderabili) e funzionali al raggiungimento/mantenimento dei suoi scopi (Mancini e Gangemi 2002; Mancini 2006a, 2006b; Capo 2006). Dato lo stato di minaccia percepita (controllo maltrattante e/o trascurante da parte delle figure di riferimento, rifiuto/svilimento da parte dei pari) e lattitudine di questi soggetti a prevenire le eventualità temute, infatti, la loro attenzione si orienta in senso iper-prudenziale (si preoccupano solo di evitare leventualità peggiore e cercano i segni che ne confermino il sopraggiungere) producendo dei tunnel mentali che possono avere leffetto involontario di trascurare informazioni rilevanti quali le emozioni e le esigenze altrui (idem). In altre parole, considerato che i soggetti con problemi di aggressività e di condotta esitano frequentemente in uno stato mentale di minaccia imminente e grave (abuso, maltrattamento, trascuratezza, svilimento, riduzione ingiustificata della loro libertà, ecc.), allora, risulta funzionalmente giustificato il ricorso ad un atteggiamento iper-reattivo e fondato su giudizi intuitivi (bias ed euristiche), che ha però il costo di trascurare stimoli rilevanti dellinterazione sociale in corso, con il conseguente rischio di procurarsi svantaggi importanti, quali il rifiuto da parte degli altri (idem). Le suddette caratteristiche cognitive dei bambini con problemi di aggressività e di condotta tendono con molta facilità a cronicizzarsi attraverso circoli viziosi di varia natura: insuccesso scolastico, rifiuto da parte dei compagni, aggregazione a gruppi di coetanei devianti, condotte delinquenziali, possibile sviluppo di personalità antisociale (Patterson et al. 1998) A tale riguardo, dal momento che laggressività risulta essere la condotta più efficace che il soggetto è stato in grado di sviluppare, date le proprie esperienze di apprendimento, per garantirsi condizioni desiderabili (scopi) e per evitare condizioni avversive (anti-goal), è stata suggerita lopportunità di operare su tali disturbi comportamentali attraverso lintervento sulle competenze di soluzione dei problemi, al fine di allargare il ventaglio delle strategie a disposizione del soggetto, funzionali ad ottenere gli stessi scopi ma con minori costi personali e sociali, e con lobiettivo di frenare leccessiva reattività ed impulsività di questi soggetti (cfr. Ricci et al. 2003). A tal proposito, si ritiene opportuna lattuazione di interventi psicopedagogici e clinici, il più precocemente possibile, al fine di bloccare lescalation e impedire la stabilizzazione di tali disturbi. Tra i protocolli di intervento in ambito scolastico, lICPS di Shure e Spivack (1979; 1981) è uno di quelli che ha meglio dimostrato la sua efficacia e la facile replicabilità. Prima però di addentrarci nella presentazione del protocollo di Shure e Spivack (idem), lInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS), esaminiamo le componenti e le caratteristiche delle abilità di soluzione dei problemi. La soluzione dei problemi: una competenza complessa Un considerevole corpo di ricerche è stato condotto negli ultimi decenni per giungere alla comprensione delle strutture e dei processi implicati nella soluzione dei problemi (DZurilla e Goldfried 1971; Newell e Simon 1972; Nezu e DZurilla 1981; Ohlsson 1992; Mayer 1992). Molte di queste ricerche hanno studiato però il comportamento di soluzione dei problemi utilizzando dilemmi neutri e astratti che richiedono soluzioni esclusivamente (o in gran parte) cognitive, o comunque soluzioni non sociali. Per questo motivo, le abilità individuate nei modelli appena citati sono soprattutto di ordine cognitivo. Osservando diversi individui nel risolvere problemi proposti in condizioni controllate, 113 Rosario Capo et al. tali autori hanno cercato di formulare un modello del funzionamento della mente umana in tali condizioni. Inizialmente tali studi si sono mossi nellambito della ricerca sullintelligenza e sulla sua natura. Le ricerche di Guilford (1977), mettendo in luce come lintelligenza non fosse solo il frutto di un fattore generale in gran parte frutto dellereditarietà, mostrano come il possesso di abilità di soluzione dei problemi correli con il comportamento creativo che costituisce una dimensione rilevante delle capacità intellettive di un individuo. Tra queste abilità ritroviamo: fluidità associativa e ideazionale, flessibilità adattiva e spontanea, originalità, sensibilità ai problemi. Partendo da queste conclusioni Guilford (idem) sviluppò un modello denominato Struttura dellintelligenza nel quale incluse le abilità per la soluzione dei problemi da lui operativizzate insieme alle capacità tradizionalmente individuate per definire il quoziente intellettivo. Tra i numerosi lavori in ambito cognitivista che hanno fatto seguito alle osservazioni di Guilford (cfr. Anderson 1983; Sternberg 1987) il modello più rappresentativo e giustamente famoso è quello di Newell e Simon (1972). Partendo da una concezione della mente umana come un elaboratore di informazioni che segue una serie di leggi fisse nellesecuzione delle sue funzioni (così come un computer esegue dei programmi), gli autori ipotizzano la possibilità di individuare un insieme finito di procedure di soluzione dei problemi applicabili a qualsiasi processo risolutivo indipendentemente dal dominio (interpersonale, cognitivo, ecc.) in cui esso si dispiega (idem). Ritenendo che i processi e le abilità richieste per giungere ad una soluzione di un problema siano sempre gli stessi, indipendentemente dalla complessità e dalla tipologia della situazione, Newell e Simon (idem) utilizzano nel loro studio problemi semplici e ben definiti e ritengono ugualmente applicabili anche a situazioni più complesse le procedure osservate nella soluzione di tali quesiti. Il processo di soluzione dei problemi evidenziato da questi autori può essere sintetizzato in tre fasi (Newell e Simon 1972): a) confronto tra lo stato attuale e lo stato meta e identificazione delle differenze; b) selezione di una serie di procedure («operatori») per ridurre la discrepanza principale; c) applicazione della procedura selezionata. Labilità centrale per lattuazione adeguata di questo processo è costituita, secondo gli autori, dalla capacità di analisi mezzi-fini attraverso la quale lindividuo seleziona da un ventaglio di strategie possibili quelle che offrono la probabilità più elevata di condurre allobiettivo desiderato. Da quanto detto si può notare come, pur evidenziando abilità e strategie cognitive generali, i modelli sviluppati nel contesto della ricerca cognitivista si sono focalizzati esclusivamente sulle procedure e sulle abilità di ordine cognitivo trascurando altri aspetti di natura emozionale e comportamentale implicati nella soluzione dei problemi reali dellesistenza. Pur essendoci molte similarità nelle procedure e nelle abilità di base, la differenza critica tra questi due tipi di soluzione dei problemi è costituita dal fatto che gli inconvenienti e le difficoltà della vita, dal momento che mettono in gioco (minaccia, opportunità, ecc.) gli obiettivi, gli scopi e gli elementi del dominio personale dellindividuo, sono accompagnati da emozioni che spesso indeboliscono la capacità del soggetto di rispondere razionalmente, creano dubbi sulle decisioni da prendere, implicano spesso conflitti tra scopi personali ed esigenze di altre persone ed elicitano intensi sentimenti di minaccia (Forgatch e Patterson 1989). I modelli esclusivamente focalizzati sulle procedure cognitive non risultano quindi sufficienti a spiegare e prevedere la qualità del processo di fronteggiamento dei problemi e delle sfide esistenziali nellambito delle situazioni reali. Di conseguenza, nel campo della psicologia clinica, della consulenza psicologica e della 114 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) promozione di abilità nei soggetti in via di sviluppo, diversi autori (Shure e Spivack 1981; DZurilla 1986) hanno cercato di integrare le conclusioni delle ricerche scientifiche con le conoscenze tratte dallosservazione e dalla pratica clinica ed educativa così da formulare dei modelli per lottimizzazione delle capacità individuali di fronteggiare i problemi, maggiormente applicabili al contesto personale e sociale. La soluzione dei problemi nellambito della vita reale ha assunto differenti denominazioni ed attualmente è nota come Problem Solving Sociale (DZurilla e Nezu 1982; DZurilla 1986), Problem Solving Cognitivo Interpersonale (Shure e Spivack 1979; Shure e Spivack 1981; Shure 1992), Problem Solving Produttivo (Carkhuff 1985) e Problem Solving Personale (Mahoney 1984; Heppner e Petersen 1982). Diversamente dal problem solving applicato a situazioni impersonali, nel contesto della vita reale, la soluzione dei problemi consiste in un processo cognitivo, emotivo e comportamentale attraverso il quale un individuo o un gruppo identifica efficaci mezzi per fronteggiare i problemi incontrati nella vita di tutti i giorni (DZurilla 1986). Tale processo include sia la produzione di soluzioni alternative che la scelta del comportamento e la sua attuazione. In questo senso, un processo di soluzione dei problemi quotidiani non implica solo ed esclusivamente il ragionare sulle diverse possibilità atte a superare la discrepanza tra la situazione attuale e quella desiderata dal soggetto, ma allo stesso tempo richiede la gestione delle proprie emozioni (ansia, minaccia, abbattimento, impazienza, ecc.), il contrasto delle eventuali distorsioni cognitive attuate nel momento valutativo, lacquisizione e lutilizzo di specifiche abilità e conoscenze procedurali per lesecuzione della soluzione prescelta. Il modello di Shure e Spivack Shure e Spivack (Shure e Spivack 1979; Shure e Spivack 1981; Shure 1992) individuano sei abilità di base che, a loro avviso, è necessario possedere per poter attuare un efficace processo di soluzione dei problemi in un contesto sociale come è quello della vita quotidiana. Gli autori focalizzano la loro attenzione non solo su abilità di ordine cognitivo per lindividuazione di soluzioni efficaci ai problemi incontrati dal soggetto ma, considerando che gli eventi problematici si verificano solitamente in un contesto interpersonale, ritengono utile mettere in luce anche le abilità sociali richieste per una adeguata gestione dei problemi dellesistenza. Le sei abilità individuate da Shure e Spivack (1979) si riferiscono a: (1) sensibilità ai problemi, (2) pensiero alternativo, (3) pensiero mezzo-fine, (4) pensiero consequenziale, (5) pensiero causale (o di confronto e valutazione di più catene consequenziali) e (6) apprezzamento e considerazione dei sentimenti altrui. 1. 2. 3. La sensibilità al problema implica la possibilità di riconoscere prontamente i segnali dellinsorgenza di un problema e di sviluppare motivazione e interesse per la sua risoluzione (in alte parole, non rinunciare precocemente). Il pensiero alternativo si riferisce alla capacità dellindividuo di fornire differenti opzioni potenzialmente utili a risolvere un problema indipendentemente dalla loro rispondenza alla morale comune, al proprio modo di fare abituale, alle aspettative altrui, ecc. Gli autori hanno verificato in alcuni loro studi che la presenza o lassenza di questa capacità è lindicatore predittivo maggiormente significativo per quanto riguarda ladattamento o il disadattamento sociale. Il pensiero mezzo-fine definisce labilità di elaborare una strategia dazione suddividendola in passaggi graduali e fissando obiettivi e standard di valutazione realistici. 115 Rosario Capo et al. 4. 5. 6. Labilità di pensiero consequenziale è definita come la capacità di considerare gli effetti delle proprie azioni su se stessi e sugli altri, valutando nel contempo, le reazioni che il comportamento scelto instaura nellambiente. In altre parole questa abilità si manifesta nella capacità di inferire le possibili conseguenze di una determinata azione sia a breve che a lungo termine. Labilità di pensiero causale costituisce la possibilità di cogliere nessi causa-effetto e distinguere la collocazione temporale di alcune cause e la loro adeguata attribuzione (a sé o agli altri, alle persone o alle situazioni). Questa è unabilità essenziale per la soluzione dei problemi di ordine sociale in quanto implica la capacità di assumere il punto di vista dellaltro e di spiegarne il comportamento alla luce delle proprie azioni. In altre parole questa abilità si riferisce anche alla capacità di tenere conto dellimpatto che le proprie azioni hanno sulle altre persone coinvolte nel problema. Labilità di assunzione della prospettiva dellinterlocutore e di apprezzamento dei sentimenti altrui si riferisce alla possibilità da parte dellindividuo di percepire che un problema interpersonale esiste e alla capacità di riconoscere e di prevedere i sentimenti delle persone con cui si interagisce così da comprendere ed essere solleciti nei confronti delle esigenze e dei bisogni dei propri interlocutori. Tale modello concettuale ha originato un programma dintervento per la promozione delle abilità di problem solving che ha ottenuto ottimi risultati nellincremento delladattamento generale degli individui (bambini) sottoposti al trattamento, nonché nella riduzione di comportamenti disfunzionali come laggressività in eccesso e liper-attività (per una rassegna si veda Ricci et al. 2003). Il programma Interpersonal Cognitive Problem Solving di Shure e Spivak LICPS si focalizza in modo particolare sullanalisi e la gestione di problemi di ordine interpersonale e sullapprendimento di una procedura utile alla loro soluzione. Il presupposto dal quale si muove questo programma promozionale è che labilità di soluzione dei problemi, insieme ad un adeguato livello di controllo delle emozioni, siano i fattori che maggiormente concorrono alladattamento sociale della persona. Si assume inoltre che le persone socialmente inabili sono caratterizzate da un elevato coinvolgimento emozionale nellinterazione sociale. Tale coinvolgimento determina strategie di comportamento non attentamente pianificazione come risultato di una carente elaborazione cognitiva delle situazioni sociali (Corao e Micheluz 1984, 55). Essendo lICPS finalizzato ad insegnare le abilità di problem solving allinterno di un contesto sociale (ossia la soluzione dei problemi quotidiani), non si focalizza esclusivamente su fattori cognitivi ma prende in esame anche quelli di natura emozionale ed interpersonale come il riconoscimento e lapprezzamento delle proprie ed altrui emozioni e lassunzione della prospettiva dellinterlocutore coinvolto nel problema. a) Destinatari I destinatari dellintervento sono bambini di età compresa tra i quattro ed i sei anni. b) Scopi LICPS si propone di raggiungere due scopi principali: - insegnare ai bambini quelle abilità utili a risolvere e a prevenire i problemi di natura interpersonale; 116 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) - far acquisire ai bambini la capacità di pensare autonomamente, di valutare la validità delle proprie idee e di ricercare soluzioni alternative ad uno stesso problema. Al termine del programma ci si aspetta che i bambini siano in grado di: - identificare la presenza di un problema; - generare soluzioni alternative; - esplorare le conseguenze di ogni alternativa; - scegliere la soluzione che anticipa i maggiori benefici e i minori costi. c) Metodologia Le lezioni vengono condotte dallinsegnante utilizzando un metodo interattivo (dialoghi di soluzione dei problemi) e ludico (gioco, narrazione di storie, gioco di ruolo, teatro). Gli autori sottolineano limportanza dei dialoghi di soluzione dei problemi, attraverso i quali linsegnante stimola lalunno ad applicare i concetti appresi alla risoluzione di problemi interpersonali. Un dialogo di soluzione dei problemi può essere esemplificato nel seguente modo (Shure 1992): Passo 1: Definire il problema. «Cosa è successo? Qual è la difficoltà?». Passo 2: Elicitare i sentimenti. «Cosa senti? Cosa hai provato?». Passo 3: Elicitare le conseguenze. «Cosa è accaduto quando hai reagito in quel modo?». Passo 4: Elicitare i sentimenti conseguenti. «Cosa hai sentito quando hai reagito in quel modo?». Passo 5: Incoraggiare a pensare a soluzioni alternative. «Potresti pensare un altro modo rispetto a quello da te usato per risolvere il problema?». Passo 6: Valutare la validità delle alternative. «Una di queste alternative ti sembra una buona idea?». Se la risposta è affermativa: «Prova a realizzare lidea che ti sembra migliore». Se la risposta è negativa: «Prova a pensare a qualcosa di diverso». Passo 7: Linsegnante valuta il processo di soluzione messo in atto dal bambino e sottolinea positivamente il suo impegno a cercare modalità più funzionali per risolvere il problema. d) Articolazione del programma Il programma consta di 83 unità suddivise in due grandi categorie. Le prime quarantasette lezioni sono finalizzate alla trasmissione delle abilità e delle conoscenze pre-requisite necessarie alla soluzione di un problema (abilità pre-problem solving). A questo riguardo, gli autori ritengono che il bambino debba padroneggiare alcune abilità e conoscenze linguistiche di base per poter comprendere le proposte inserite nel programma e poterle utilizzare adeguatamente. In particolare, questa parte del programma permette al bambino di acquisire il significato di termini e concetti che verranno ampiamente utilizzati nel corso del lavoro. Inoltre questa sezione si propone di insegnare ai bambini ad identificare i propri sentimenti, a considerare il punto di vista dellaltro e a saper attribuire adeguatamente le cause allorigine di certi eventi. Le restanti lezioni abilitano i bambini a fronteggiare i problemi formulando diverse alternative risolutive, considerando le conseguenze legate ad una certa azione e scegliendo la soluzione più efficace ed efficiente rispetto alla situazione problematica. La tabella 2 riporta una sintesi delle lezioni contenute nel programma. Lo svolgimento di 117 Rosario Capo et al. Tabella 2 - Strutturazione del programma ICPS (Shure e Spivack 1985; Ricci et al. 2003) LEZIONI DECRIZIONE Serie dalla 1 alla 14 Il bambino apprende a distinguere i seguenti termini ed i concetti ad essi connessi: essere - non essere; oppure - e; alcuni - tutti; se allora; uguale diverso; prima - dopo; ora - più tardi. Serie dalla 15 alla 19 Il bambino apprende ad identificare i propri sentimenti (felice, triste, arrabbiato) e a considerare che non tutte le persone provano la stessa cosa nella stessa situazione. Inoltre, viene aiutato a formulare ipotesi relative al comportamento e ai sentimenti dellaltra persona. Serie dalla 20 alla 21 In queste due lezioni si intende abilitare il bambino ad ascoltare e a prestare attenzione allaltro. Serie dalla 22 alla 26 Il bambino viene aiutato a individuare le preferenze delle altre persone e ad acquisire la consapevolezza che i comportamenti e i sentimenti hanno origine in rapporto agli eventi vissuti e ai pensieri fatti sugli eventi. Serie dalla 27 alla 39 In queste lezioni si insegna ad identificare e ad esprimere i sentimenti di paura, di orgoglio e di frustrazione. Inoltre si insegna a considerare la sequenza temporale di successione degli eventi per stabilire il momento più adatto allazione. Serie dalla 40 alla 42 In queste lezioni si cerca di distinguere il concetto di giusto da quello di non giusto per indirizzare lazione verso le soluzioni più adeguate sia per il soggetto agente che per le altre persone. Serie dalla 43 alla 45 Il bambino apprende il significato del termine impazienza e acquisisce la capacità di affrontare la frustrazione derivata dal posticipare la gratificazione di unazione desiderata. Serie dalla 46 alla 47 Si trasmette il concetto di mitigazione dellansia e si incoraggia ad essere sensibili nei confronti delle altre persone. Serie dalla 48 alla 60 Il bambino apprende a parcellizzare il problema (scomporlo) e a generare soluzioni alternative. Serie dalla 61 alla 74 Il bambino viene abilitato al pensiero consequenziale che costituisce il prerequisito essenziale per la comprensione della relazione esistente tra causa ed effetto. Lo scopo principale è di insegnare ai bambini che certe soluzioni sono più funzionali di altre per produrre gli effetti desiderati (sia per il soggetto agente che per le persone attorno a lui). Serie dalla 75 alla 83 Queste ultime lezioni sono finalizzate allacquisizione delle abilità di collegare unazione (soluzione) alle sue possibili conseguenze e quindi ad insegnare a scegliere la soluzione che anticipa i maggiori benefici (per sé e per gli altri) e i minori costi. 118 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) ununità al giorno permette di ultimare il programma entro quattro mesi dallinizio. Ogni lezione dovrebbe durare allincirca venti minuti. Esempio di due unità del programma ICPS Unità sul Pensiero Alternativo (Ricci et al. 2003, 84-92) La prima unità scelta riguarda una lezione sul pensiero alternativo ed ha come obiettivo fondamentale quello di promuovere lacquisizione di nuove soluzioni da aggiungere a quelle già possedute nel proprio repertorio personale. I bambini possono scoprire che se un modo di risolvere i problemi non ha successo è sempre possibile ricercarne un altro. Scopo Lo scopo perseguito attraverso le attività proposte è quello di insegnare al bambino a pensare in termini di alternative, applicando ai problemi enunciati le abilità acquisite nel corso delle lezioni svolte in precedenza (abilità di pre-problem solving). Durante la lezione si porrà lattenzione sulla domanda: Cosaltro posso fare quando mi trovo di fronte a un tipico problema interpersonale?. Tecniche Allinizio della lezione linsegnante mostra una figura stimolo e la dispone in un luogo ben visibile a tutti i bambini (ad esempio in un angolo alla lavagna). Successivamente viene descritto un problema e viene chiesto ai bambini di ripetere in cosa consiste il problema. A questo punto linsegnante presenta lo scopo della lezione, possibilmente usando frasi come questa: Lidea principale di questo gioco è pensare a molti modi differenti di risolvere [a questo punto linsegnante enuncia il problema]. Il docente comunica ai bambini che trascriverà sulla lavagna le idee che proporranno. Secondo gli autori, questa tecnica risulta molto utile anche quando i bambini sono molto piccoli. Non appena viene proposta una prima soluzione, linsegnante invita i bambini a proporne di nuove, ricordando in cosa consiste il problema. Dopo che sono state suggerite dagli alunni diverse idee, linsegnante le conta e stimola la produzione di nuove soluzioni. In alcuni casi può accadere che un bambino indichi la conseguenza di una soluzione proposta o si limiti ad enumerare classi equivalenti di soluzioni. In queste circostanze, linsegnante può limitarsi ad evidenziarne limportanza e, nel secondo caso, procedere di tanto in tanto alla classificazione delle singole numerazioni in categorie più ampie, quali ad esempio: il dare qualcosa, il dire a qualcuno qualcosa, il colpire qualcuno, ecc. È importante, inoltre, soffermarsi sulle preferenze individuali. A volte, infatti, può accadere che i bambini propongano soluzioni come sicuramente valide per tutti. Linsegnante, in tali casi, potrà stimolare una riflessione sul fatto che non tutti i bambini hanno le stesse preferenze e che è opportuno, prima di considerare come sicuramente valida unalternativa, interrogarsi sulla preferenza dellaltro. Qualora i bambini dovessero presentare risposte indesiderabili in termini sociali o morali, linsegnante dovrà limitarsi a catalogarle invitando gli altri bambini a produrre nuove soluzioni. Lo scopo dellunità, infatti, è quello di generare soluzioni e non quello di trovare i modi giusti o sbagliati di rispondere ad un problema. In alcuni casi possono essere presentate risposte irrilevanti o poco pertinenti rispetto al quesito posto. Se ciò dovesse accadere, il docente può richiedere al bambino di spiegare meglio la propria idea o spiegare come mai la ritiene una buona idea. 119 Rosario Capo et al. Unultima circostanza, abbastanza frequente, riguarda la presenza allinterno della classe, di bambini che non propongono idee o si limitano a ripetere quelle proposte dagli altri. In tali casi è preferibile che linsegnante rinforzi il comportamento (il fatto di aver parlato) e non lidea proposta (il contenuto). Materiali Disegno raffigurante una bambina che vuole comprata una scatola di biscotti da un adulto Problema: Linsegnate espone il disegno e propone il seguente problema una bambina vuole che la madre le compri una scatola di biscotti. Insegnante: Dunque, questa bambina vuole che la mamma le compri una scatola di biscotti. Cosa vuole la bambina che la madre faccia? Bambini: Che le compri i biscotti Insegnante: Cosa può fare la bambina in modo che la madre le compri i biscotti? Bambini: Producono delle risposte, ad esempio: glielo dice, li prende e li mette nel carrello piange, li prende di nascosto, gli da un calcio, la spinge Insegnante: Ripete le risposte fornite dai bambini man mano che vengono proposte e le numera. Saltuariamente ricorda ai bambini: Qual è lidea di questo gioco? Bambini: Rispondono ricordando lobiettivo, ossia, pensare a molti modi diversi di risolvere il problema proposto Insegnante: Quando sono state prodotte diverse soluzioni: Allora la bambina potrebbe dirglielo, potrebbe prenderli e metterli nel carrello, piangere [indica le diverse soluzioni scritte alla lavagna leggendo il numero con cui sono state catalogate]. Bene, cosaltro potrebbe dire? Cosaltro potrebbe fare? Continua ripetendo tutte le risposte, rinforzando e stimolando la produzione di nuove alternative: Cosaltro ancora? Se i bambini iniziano a enumerare soluzioni della stessa classe, linsegnante prosegue in questo modo: Ok, dare un calcio, spingere sono tutti colpire. Cè qualcosaltro che può fare, diverso dal colpire? 120 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) Unità sul Pensiero Consequenziale La seconda unità scelta riguarda una lezione-gioco sul pensiero consequenziale. Data la scelta metodologica degli autori di utilizzare situazioni sociali per linsegnamento delle abilità di problem solving, il problema presentato riguarderà un conflitto tra alcuni bambini. Va ricordato che lobiettivo di questo lavoro non è quello di insegnare ai partecipanti dei criteri generali tipo giusto o sbagliato ma consiste invece nellaiutarli a valutare, tra tutte le soluzioni possibili, quella che anticipa le conseguenze maggiormente desiderabili per sé e per gli altri. La possibilità che tra le opzioni possibili vengano in seguito preferite quelle che implicano maggiore rispetto per le altre persone è una conseguenza indotta dalla capacità di apprezzare i sentimenti altrui e di valutare le conseguenze indesiderabili di certi comportamenti. Scopo Lo scopo perseguito, attraverso la discussione del problema proposto allinizio della lezione, è quello di indurre i bambini a considerare le possibili conseguenze di una soluzione da loro adottata per fronteggiare un problema. A tal fine, per tutto larco del lavoro, linsegnante utilizzerà ampiamente la frase: Che cosa può succedere dopo se . Tecniche La lezione inizia con la presentazione del problema sotto forma di una storiella alla quale bisognerà trovare un seguito. La storia viene raffigurata attraverso un disegno che ne esemplifichi le condizioni. In primo luogo linsegnante chiede ai bambini di produrre soluzioni alternative alla situazione proposta. In seguito, individuata una soluzione che permetta di lavorare agevolmente sulla rilevazione delle conseguenze (nel caso specifico potrebbe essere spingere, picchiare, ecc.), introduce il lavoro inducendo i bambini a pensare ad una continuazione della storia in linea con la soluzione prescelta. È opportuno non solo individuare una prima conseguenza al comportamento proposto dai bambini, ma anche le possibili catene di conseguenze, ossia le risposte più probabili che lazione attuata può produrre in seguito sul soggetto agente o sulle altre persone coinvolte (Es: Se A fa a B, come potrebbe sentirsi B? E cosa potrebbe fare B in seguito ad A?). Materiali Utilizzare un disegno che rappresenti un bambino e una bambina che stanno giocando assieme e un altro soggetto con unautomobilina in mano che li sta osservando. Problema: Un bambino vuole che gli altri bambini lo facciano giocare insieme a loro. Insegnante: Bene, adesso vediamo un altro tipo di storia, la storia su: che cosa può succedere dopo? Facciamo finta che il bambino che sta da solo (scegliere la soluzione proposta dal gruppo) dia una spinta alla bambina per cacciarla via. Questo è quello che il bambino potrebbe fare. Adesso lo scriviamo qui sopra. Tracciare una linea verticale sulla lavagna in modo da dividerla a metà e scrivere la soluzione sulla parte sinistra. 121 Rosario Capo et al. Ora ascoltate con molta attenzione perché vi faccio una nuova domanda. SE il bambino spinge la bambina, che cosa POTREBBE succedere dopo in questa storia?. Bambini: Insegnante: Bene Luciano (a titolo esemplificativo), la bambina POTREBBE (ripete la risposta dellallievo). Adesso io scriverò sulla lavagna tutte le cose che potrebbero succedere dopo. Scrivere la risposta sulla parte destra della lavagna. Insegnante: Ora proviamo a pensare a tante cose che potrebbero succedere dopo se (es: il bambino spinge via la bambina). Bambini: Insegnante: Bene Stefania ci hai detto che cosa potrebbe succedere la bambina potrebbe piangere. Scrivere anche questa risposta sulla lavagna e tracciare delle fecce che uniscano la soluzione proposta alle due conseguenze finora ipotizzate così da mostrare come cause ed effetti possano concatenarsi. La bambina potrebbe spingere via il bambino Il bambino potrebbe spingere la bambina La bambina potrebbe piangere .. Insegnante: Se il bambino spinge via la bambina (indicare la bambina della figura), lei POTREBBE restituirgli la spinta (tracciare la freccia di unione in modo marcato ed enfatizzare con incisività lazione del disegnare la freccia) OPPURE lei potrebbe piangere, O CHE COSALTRO POTREBBE succedere dopo se il bambino (indicarlo nel disegno) spinge via la bambina (indicarla)?. Quando i bambini non sono più in grado di ipotizzare delle conseguenze, cambiare la domanda nel seguente modo: Insegnante: Che cosa potrebbe FARE questa bambina (indicarla) se questo bambino (la spinge via?). Bambini: Insegnante: Bene Marco, questo è qualcosa che la bambina potrebbe fare (es: potrebbe dirlo alla sua mamma). Aggiungere questa conseguenza allelenco. 122 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) Il bambino potrebbe spingere la bambina La bambina potrebbe spingere via il bambino La bambina potrebbe piangere La bambina potrebbe dirlo alla sua mamma Insegnante: Chi sa pensare a qualcosa di diverso che la bambina potrebbe fare? Quando il gruppo ha esaurito lelencazione delle possibili conseguenze, continuare con: FORSE QUALCUNO DI NOI pensa che (es: spingere via la bambina) è una buona idea. FORSE QUALCUNO DI NOI pensa che (spingere via la bambina) NON è una buona idea. Chi pensa che spingere via la bambina è una buona idea, alzi la mano. Bambini: Insegnante: Elisa, perché pensi che è una buona idea? Bambini: Ragioni di Elisa. Insegnante: Bene, forse è una buona idea perché (ripetere le ragioni addotte da Elisa). Chi pensa che (spingere via la bambina) non è una buona idea, alzi la mano. Bambini: Insegnante: Bene, potrebbe non essere una buona idea perché (ripetere le ragioni addotte da Enrico). Chiedere a ciascun bambino di alzare la mano se è daccordo con questa soluzione e chiedere il motivo. Il razionale dellintervento tramite lICPS Numerosi studi controllati hanno evidenziato lefficacia dellICPS di Shure e Spivack (1979; 1981) nel ridurre frequenza e intensità dei comportamenti aggressivi e nel promuovere il ricorso più sistematico a comportamenti interpersonali di natura prosociale. Questi studi mettono in luce il punto di partenza (presenza massiccia di condotte e meccanismi disfunzionali) e il punto di arrivo (riduzione di frequenza e intensità dei meccanismi disfunzionali e incremento del bagaglio comportamentale del soggetto) in seguito allapplicazione del programma, rispetto al funzionamento dei soggetti con problemi di aggressività e di condotta, tralasciando però di approfondire i meccanismi di azione dellICPS. Il programma ICPS è un intervento strutturato, finalizzato alla promozione, allesercizio e alla generalizzazione delle abilità di soluzione di problemi. Appare controfattuale luso di una 123 Rosario Capo et al. simile procedura di intervento visto che si è suggerito che solo raramente i problemi di aggressività e condotta sono spiegati dalla presenza di un deficit di abilità e funzioni cognitive. Se questo è vero, in che modo, quindi, lICPS è in grado di modificare linsieme dei bias, degli scopi e delle strategie comportamentali caratterizzanti i problemi di aggressività e di condotta? A nostro avviso, lICPS interviene sulliper-attenzione agli stimoli potenzialmente minacciosi e sullover-interpretazione di tali stimoli come ostili, meccanismi caratterizzanti tali problemi comportamentali, incoraggiando in maniera sistematica i bambini sottoposti al programma a considerare più ipotesi alternative prima di decidere di passare allazione senza una sufficiente elaborazione degli stimoli. Tale funzione viene svolta sia attraverso la sistematica ripetizione delle unità esercitative previste nel programma, sia dallinsegnante ogniqualvolta se ne presenti loccasione. Attraverso lICPS è possibile incoraggiare, inoltre, lallargamento del repertorio di strategie comportamentali a disposizione del soggetto, in grado di garantire a questultimo gli stessi scopi che otteneva con i comportamenti aggressivi (evitare il rifiuto, il maltrattamento e lesclusione da parte degli altri; ottenere rispetto e considerazione dei propri bisogni; libertà/autonomia ma con minori costi, personali e sociali. Il fatto che il programma si svolga in gruppo rende disponibile un numero maggiore di alternative di interpretazione degli stimoli e di strategie risolutive, facilita il modellamento reciproco e il rinforzo interpersonale delle attitudini non impulsive e prosociali. Lungo tutto larco del programma, inoltre, laggressività viene rappresentata esplicitamente come una delle tante strategie possibili che le persone sono state in grado di sviluppare per risolvere i problemi interpersonali (probabilmente la migliore che hanno saputo trovare) e si incoraggia i bambini a trovare ulteriori modalità sempre più raffinate ed efficaci. Tale atteggiamento evita di innescare e/o rinforzare i problemi secondari, spesso associati ai disturbi di aggressività e condotta, che rendono più probabile la cronicizzazione del disturbo (cfr. Capo 2003). I bambini che vengono etichettati come cattivi, insensibili, indesiderabili a causa della loro aggressività, infatti, tendono facilmente a rassegnarsi a tale identità e destino approdando con grande facilità a gruppi devianti e marginalizzati (idem). Allinterno delle unità didattiche dellICPS vengono sistematicamente validate e rinforzate le strategie comportamentali di natura prosociale e non aggressiva (cfr. Ricci et al. 2003), favorendone la permanenza attraverso rinforzi sociali quali: accoglienza, considerazione, affiliazione, amicalità e affetto. Diversamente dallintervento clinico in setting individuale, lICPS offre un ulteriore vantaggio, essendo attuato in un contesto naturale (la classe), ossia, previene e/o riduce la marginalizzazione e la stigmatizzazione sociale (Patterson et al. 1998; Regoliosi 1994) che spesso sopraggiunge a peggiorare e cronicizzare i problemi di aggressività e di condotta in età evolutiva. In ultimo va sottolineato che il programma viene generalmente implementato dagli insegnanti (opportunamente formati) e non da personale specialistico. Tale condizione favorisce lassunzione da parte dei docenti di atteggiamenti educativi positivi (coerenza; assenza di coercizione; interesse per i problemi dellalunno; ecc.) che costituisce un fattore specifico di riduzione dei comportamenti aggressivi ed oppositivi: il bambino, infatti, ha meno bisogno di opporsi e provocare linsegnante se percepisce che i propri bisogni vengono rispettati e si rappresenta lautorità come non arbitraria, prevedibile e coerente (Mancini, 2006a). Generalizzare le abilità di problem solving alle situazioni quotidiane Perché labilità di soluzione dei problemi interpersonali possa costituirsi come una compe124 LInterpersonal Cognitive Problem Solving (ICPS) tenza che viene utilizzata con consuetudine dai soggetti in età evolutiva, è opportuno generalizzare lapplicazione delle abilità di problem solving al maggior numero possibile di situazioni quotidiane. A tale riguardo, si può consigliare ai genitori di utilizzare sistematicamente strategie di soluzione dei problemi per negoziare le decisioni nel contesto familiare e per gestire le difficoltà interpersonali (Forgatch e Patterson 1989). Inoltre, così facendo, il bambino può facilmente percepire che le decisioni vengono prese in modo non arbitrario e senza unimposizione a priori e, di conseguenza, possono risultare meno necessari ai suoi occhi i comportamenti oppositivi e provocatori (non ha bisogno di sottrarsi al controllo). Anche linsegnante può contribuire significativamente a generalizzare le abilità di problem solving, rappresentando agli occhi degli alunni lapprendimento come una soluzione di problemi, dove il raggiungimento di una meta comporta ostacoli e richiede pianificazione adeguata di strategie per il suo conseguimento. Conclusioni I disturbi di aggressività e condotta costituiscono un problema rilevante nella scuola italiana. Se non vengono attuati efficaci interventi di prevenzione primaria e secondaria, tali problematiche comportamentali possono tendere a stabilizzarsi in forme sempre più gravi e croniche. Nel presente lavoro si è suggerita la possibilità di utilizzare lICPS di Shure e Spivack (1979; 1981) al fine di ridurre lo sviluppo e/o la stabilizzazione dei meccanismi cognitivi tipicamente implicati nei disturbi da comportamento oppositivo, provocatorio ed aggressivo. Attraverso tale strumento è possibile: indurre i bambini a considerare laggressività come soltanto una delle possibili strategie di soluzione di un problema interpersonale (e non la migliore), allargare il bagaglio dei comportamenti con funzione equivalente ma con minori costi personali e sociali, ridurre liper-reattività nel giudicare e rispondere alle situazioni problematiche e conflittuali quotidiane, promuovere una maggiore considerazione ed attenzione per le emozioni e la sofferenza altrui. 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