Lezione 7 (17 ottobre 2007) Il Fedro: presentazione di un dialogo

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Lezione 7 (17 ottobre 2007)
Il Fedro: presentazione di un dialogo platonico
– Platone non parla mai nei suoi dialoghi
– citato come fiancheggiatore nell’Apologia; la sua assenza notata nel Fedone (la scena della
morte di Socrate)
– sappiamo, in base agli elenchi antichi dei suoi scritti, di possedere tutti gli scritti di Platone,
già presenti nella biblioteca di Alessandria nel III° sec. a.C.
– 34 dialoghi, l’Apologia, 13 lettere
– trasmissione dei testi attraverso la copiatura a mano: i manoscritti più antichi risalgono al
XI° sec. d.C.
– sono sopravvissuti come oggetti astratti e un po’ vaghi (per corruzione testuale)
– ma non sappiamo come ordinarli
Le notizie nella dispensa (p. 19):
lingua originale: greco
edizione di riferimento: Stephanus (Henri Estienne), Ginevra 1578
tr. it. G. Reale, Platone: Tutti gli scritti, Rusconi, Milano, 1991
tema (del brano): il non-scritto in filosofia
genere letterario: dialogo ‘socratico’
Commenti a 2 delle notizie base (edizione e genere)
– Stephanus non è l’editio princeps (in senso letterale) dei dialoghi di Platone
o prima Opera omnia a stampa è la traduzione latina di Marsilio Ficino (Firenze, 1484)
– un Harry Potter dell’epoca, seguendo un ordine tutto suo (‘neoplatonizzante’)
o primo testo greco completo (seguendo l’ordine di Trasillo) è per le stampe di Aldo
Manuzio (Venezia, 1513)
o ‘Stephanus’ è la casa editrice; il curatore principale è un certo Serranus (Jean de
Serre)
o stabilisce un ordine (in 3 volumi) che vuole essere quello cronologico
o da fine Settecento (Bipont, 1781-7, 11 volumi, greco con tr. lat. di Ficino) diventa
consuetudine mettere l’impaginazione di Stephanus per orientare chi legge
o (si nota che Bipont è il primo testo greco a stampa senza abbreviature – e diventa
influente anche per questo)
o testo oggi ritenuto standard: J. Burnet (Oxford, 1900 in 5 voll.), che segue l’ordine
di Trasillo, ma dà le pagine di Stephanus
–
etichette (convenzionali) per i generi
o ‘socratico’ spesso riservato ai dialoghi sugli ultimi giorni di Socrate (Eutifrone,
[Apologia – che non è un dialogo], Critone, Fedone) + quelli ‘aporetici’ (Ippia
[Maggiore e Minore], Ione, Eutidemo, Gorgia) che hanno Socrate come figura
emblematica
o ma, con questo criterio, il Simposio dovrebbe essere ‘socratico’
o noi chiamiamo l’Eutifrone ‘aporetico’ perché la discussione esaurisce le risorse degli
interlocutori (= è sconclusionato)
o talvolta (ad es. Findlay 1) lo si assegna, insieme a Menone, Fedone, Simposio, e
Repubblica alla categoria dei dialoghi ‘ideologici’ – veicoli della ‘Teoria delle Idee’
o un dialogo ‘del Medio periodo’ probabile data di composizione: dopo la Repubblica,
per motivi stilometrici e per i rimandi mitici; quindi forse intorno al 385 a.C.
–
1
notizie supplementari:
o il titolo del dialogo è il nome del deuteragonista, che è uno dei giovani seguaci di
Socrate
o sottotitolo tradizionale (che sembra risalire almeno a Trasillo): ‘Sulla bellezza’
o tema del dialogo: l’amore (si parte dalla lettura di un discorso di un famoso retore,
Lisia, per poi distinguere quattro ‘manie’ dell’amore e descrivere il destino delle
anime; il nostro passo segue una critica al modo di fare discorsi da parte degli oratori
e fa parte della conclusione del dialogo)
o presunta data drammatica: tra il 420 e il 410 a.C. (Socrate conta come un ‘vecchio’,
di almeno 60 anni)
o i sottotitoli in grassetto nella disp. seguono la suddivisione del testo operata da G.
Reale
J.N. Findlay, Platone le dottrine scritte e non scritte, (1974) tr. it. a cura di G. Reale, Vita e pensiero, Milano, 1994,
cap. 4.
2
Lezione 8 (18 ottobre 2007)
La questione affrontata nel nostro brano: la superiorità dell’oralità rispetto alla scrittura per fare
filosofia
Socrate offre inanzittutto un mito della scoperta della scrittura (274B-5B; disp. pp. 19-20)
– la divinità egizia Theuth ha inventato molte arti (artimetica, astronomia, gioco dei dadi
[274D, disp. p. 19]) e le ha date al re Thamus come regalo insieme alla scrittura
– ‘renderà gli Egiziani più sapienti e più capaci di ricordare, perché con essa si è ritrovato il
farmaco della memoria e della sapienza’ (274E, disp. p. 20)
La scrittura non è un fenomeno ‘naturale’, ma va spiegata, anche con un ‘mito’ (un racconto
plausibile, che non dà le vere cause)
– cambiamento culturale in atto nel IV secolo a.C.: non si tramandano più i poeti per via orale
– arriva la scrittura (anche) per motivi commerciali
– cfr. lo scossone di internet
Seguono sei tesi contro la presunta utilità della scrittura per accrescere la sapienza
(1)
la scrittura accresce solo l’apparenza della saggezza e non rafforza la memoria (può
richiamare solo le cose già conosciute) (275C-D, disp. p. 20)
(2)
una scritta non è in grado di determinare a chi viene in contatto né a diffendersi da
attachi (275D-E, disp. p. 21)
(3)
una scritta è solo un’immagine di quello che può essere impresso nell’anima di un essere
vivente (276A, disp. p. 21)
(4)
usare la scrittura è come seminare nei ‘giardini di Adone’, un mero gioco, non
finalizzato a produrre frutti (276B-7A, disp. 21-3)
(5)
per comunicare, bisogna conoscere l’anima dell’interlocutore per sapere come
esprimersi, che la scrittura non può fare ([si riprende (2)], 277E-8B), disp. pp. 23-4)
(6)
il filosofo, ossia ‘l’amante di sapienza’ (278D, disp. p. 25) non permette che ‘le cose di
maggior valore’ (cioè le verità filosofiche, i fondamenti della saggezza) vengano
maltratte, prese come un gioco o disperse.
Il messaggio del brano non può essere una delle cose di maggiore valore, pena l’autoconfutazione
Se non si può filosofare (= raggiungere le cose di maggiore valore) con la scrittura, come si procede
con l’oralità?
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Due ipotesi: o (i) vi è una dottrina privilegiata da tramandare attraverso la ‘scrittura sulle anime’; o
(ii) è il processo stesso della dialettica che dà buoni frutti (non quelli dei giardini di Adone)
Ipotesi su Platone: credeva di essere in possesso di una dottrina privilegiata riguardo alla cose di
maggiore valore, che voleva trasmettere oralmente
– ci sono alcune indicazione nei dialoghi e nelle lettere della natura e del contenuto di tali
dottrine
– anche fonti esterne (ad es. Aristotele) si riferiscono alle ‘dottrine non scritte’
– ma, se le incontriamo per iscritto, il divieto/inutilità di Fedro 274-8 fa sì che non diano
buoni frutti
Una testimonianza sulle dottrine orali di Platone:
Come Aristotele soleva sempre raccontare questa era l’impressione che aveva la maggior parte di
coloro che ascoltarono la conferenza (ajkrovasi") di Platone Intorno al Bene. Infatti, ciascuno vi era
andato, pensando di poter apprendere uno di questi che sono considerati beni umani, come la
ricchezza, la salute, la forza e, in generale, una meravigliosa felicità. Ma quando risultò che i
discorsi vertevano intorno a cose matematiche, numeri, geometria e astronomia, e da ultimo, si
sosteneva che esiste un Bene, un Uno (o{ti ajgaqovn ejsin e{n), io credo che questo sia sembrato
qualcosa del tutto paradossale. Di conseguenza, alcuni disprezzarono la cosa, altri la biasimarono.
Aristosseno di Taranto
Elementi di armonia, II 39-40
La mancata comunicazione è colpa di Platone o degli astanti?
– una conferenza (come una ‘lezione frontale’?) è troppo simile alla scrittura per sottrarsi al
divieto/ammonizione di Fedro 274-8?
– non si riesce a ‘scrivere sull’anima’ se si ha monologo?
– la saggezza platonica è andata perduta per la mancanza di trasmissione orale?
– o ci sono degli adepti ancora in giro, che insegnano le ‘dottrine non scritte’?
– ma non a Davies, che ha l’anima inadatta (che vuole accrescere solo l’apparenza di sapienza
– Fedro, 275C-D)
– le dottrine sul Bene-Uno di Platone sono veramente delle sciocchezze?
– le aspettative dell’uditorio erano sbagliate?
– cfr. ‘se i filosofi sono così saggi, perché non sono ricchi?’
Se il ‘non-scritto’ non si presenta come via di uscita dal brutto della scrittura filosofica (tecnicismi,
un ‘bagaglio’ pesante), quale atteggiamento dobbiamo adottare un altro atteggiamento nei confronti
dei testi brutti?
La proposta di Christie Malakite (Wolf Solent):
“tutte quelle strane astrazioni non-umane, come la «sostanza» di Spinoza, e le «monadi» di Leibniz,
e le «idee» di Hegel, non rimangono dure e logiche per me. Sembrano sciogliersi. […] Intendo che
esse diventano ciò che io chiamo «atmosfera». […] io concepisco ciascuna filosofia, non come la
«verità», bensì solo come un particolare paese, in cui posso viaggiare”
(disp. pp. 179-80)
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Contrasti:
astratto/particolare
non-umano/la mia concezione
duro/sciolto
logico/atmosferico
vero/locale
La ragionevolezza dell’atteggiamento di Christie:
– le filosofie (sistemi) sono tante e non c’è modo ovvio di scegliere tra di loro
– non si presentano come teorie scientifiche, che possono essere messe a una prova
sperimentale
– i dettagli dei ragionamenti ad es. di Leibniz non rendono la sua visione più plausibile (anzi)
– i vocabolari della filosofia offrono immagini evocative
– non sono stabili, ma variano nel tempo come espressioni dello stato d’animo soggettivo
Due difficoltà per l’atteggiamento di Christie:
– Spinoza, Leibniz e Hegel credevano in quello che scrivevano: non si concepivano come
romanzieri o affabulatori
– può anche darsi che uno (e non di più) di loro abbia, in fin dei conti, ragione
Un sospetto più radicale: ha proprio senso parlare di ‘avere, in fin dei conti, ragione’?
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