La malattia di Alzheimer
Realtà e prospettive in una conferenza pubblica
Per la giornata mondiale dedicata a questa malattia il Corriere del Ticino unitamente a Pro Senectute
Ticino e Moesano e l’Associazione Alzheimer Svizzera–Sezione Ticino organizzano una
CONFERENZA PUBBLICA
LA MALATTIA DI ALZHEIMER: REALTÀ A PROSPETTIVE
Mercoledì 21 settembre 2011
ore 18.30
Auditorio, Università della Svizzera Italiana
Via Giuseppe Buffi 13, Lugano
RELATORI
Professor Claudio Bassetti, Neurologo, Direttore del Neurocentro della Svizzera Italiana, Primario di
Neurologia dell’Ospedale Regionale di Lugano
Dottor Maurizio Molinari, Direttore del Laboratorio di ricerca "Protein folding"
dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB) di Bellinzona
Dottor Guido Ongaro
Caposervizio di Geriatria presso l’Ospedale di Bellinzona e Valli, Specialista in Medicina interna e
Geriatria
Moderatore: Sergio Sciancalepore, Redazione Corriere del Ticino
A seguire domande del pubblico, discussione e aperitivo
LE INTERVISTE
UNA MALATTIA COMPLESSA - un intervento del Professor Claudio Bassetti
Professor Bassetti quanto è diffusa la malattia di Alzheimer?
"Circa l’uno percento della popolazione generale soffre di una demenza, la metà di una malattia di
Alzheimer: in Ticino i pazienti sono circa 1750. Dato che il 5 percento degli ultrasessantenni ed il 30
percento degli ultraottantenni é affetto si prevede, con l’invecchiamento della popolazione, una
triplicazione del numero di pazienti nei prossimi 40 anni".
Ci sono nuove ipotesi circa le cause dell’Alzheimer?
"La malattia si sta rivelando in tutta la sua complessità. E’ stata dimostrata la presenza (oltre alla
neurodegenerazione) di fattori vascolari in circa un terzo dei pazienti, genetici (in circa il 5 percento dei
casi la malattia é famigliare) ed infiammatori".
Tra le ipotesi più recenti c’è anche quella del ruolo di una alterazione del metabolismo del
colesterolo.
"Sì, è un’ipotesi che collega la presenza di un fattore genetico legato al metabolismo del colesterolo
(l’apolipoproteina E) all’accumulo della beta-amiloide. Inoltre si sa che livelli alti di colesterolo nel
sangue aumentano il rischio di sviluppare non solo le malattie cardiache e cerebrovascolari ma anche
quella di Alzheimer".
Quali sono i sintomi iniziali della malattia?
"La malattia d’Alzheimer non colpisce all’inizio tutto il cervello ma solo parti di esso. La prima zona
colpita è di solito il lobo temporale e questo spiega la prima manifestazione, il disturbo della memoria:
un altro sintomo iniziale è la difficoltà nel trovare le parole giuste e un uso improprio delle parole. Ci
sono però forme di Alzheimer che iniziano con disturbi del comportamento (lobo frontale) o della
visione (lobo occipitale)".
Ci sono novità circa la diagnosi precoce della malattia, diagnosi che ha un ruolo importante
nella presa in carico dell’ammalato?
"Sì, una è aver riconosciuto che ci sono delle forme leggere che si manifestano con disturbi della
memoria che si ritenevano normali nell’anziano: è il "lieve declino cognitivo" e in un quinto dei casi può
essere il primo indizio della malattia di Alzheimer. L’altra é l’identificazione di cosiddetti biomarkers
(biomarcatori) della malattia: queste sono misure oggettive del processo cerebrale in atto - per esempio
alterazioni a livello del neuroimaging, del tasso di alcune proteine nel liquido cerebrospinale - che
permettono una diagnosi pre-clinica e un monitoraggio del decorso".
Che farmaci si usano per controllare i sintomi della malattia, in assenza per il momento) di
terapie per la cura?
"Soprattutto gli inibitori della colinesterasi che aumentano la quantità dell’acetilcolina, un
neurotrasmettitore che é ridotto nella malattia. Altri trattamenti sintomatici vengono usati contro la
depressione e contro i fenomeni allucinatori, o di agitazione: diversi medicamenti causali, che mirano
a modificare il decorso della malattia, sono attualmente oggetto di studio anche in Svizzera".
Quanto sono importanti le cosiddette terapie comportamentali?
"Le terapie eseguite nei Centri diurni terapeutici e nelle "Cliniche della memoria" sono utili per
compensare e gestire il declino cognitivo dell’ammalato, permettendogli il più a lungo possibile, una vita
dignitosa".
MINI-ANTICORPI CONTRO L’ALZHEIMER - un intervento del Dottor Maurizio Molinari
Dottor Molinari, che succede nel cervello colpito dall’Alzheimer?
"Diventa più piccolo perché le cellule nervose (neuroni) muoiono - si pensa - a causa dell’accumulo di
due sostanze, la beta-amiloide e la proteina Tau fosforilata: la prima si accumula all’esterno dei neuroni
- si formano le "placche" - l’altra al loro interno. La beta-amiloide si forma a partire da una proteina,
l’APP, che c’è nel cervello sia degli individui sani che in quello dei malati di Alzheimer. Nei sani, l’APP
viene tagliato da enzimi e si forma un frammento innocuo, chiamato P3. Nell’Alzheimer, il frammento
tagliato è leggermente più lungo, si chiama beta-amiloide e forma "oligomeri" che contengono 2-10
molecole di beta-amiloide e si depositano nel cervello sotto forma di placche. Le ragioni e i meccanismi
dell’accumulo di proteina Tau nei neuroni sono meno chiare, si pensa sia conseguenza della
formazione delle placche".
All’IRB il suo gruppo di lavoro ha recentemente conseguito un importante risultato per una
possibile terapia dell’Alzheimer: quale?
"Abbiamo sviluppato piccole molecole, dei mini anticorpi che si legano in modo molto specifico all’APP
umano, proprio dove questo dovrebbe essere tagliato per formare la beta-amiloide: il legame dei mini
anticorpi all’APP ne blocca il taglio, impedendo la formazione della sostanza tossica. Se il taglio è già
avvenuto, i mini anticorpi impediscono l’aggregazione della beta-amiloide. In entrambi i casi, i nostri
esperimenti con cellule in coltura mostrano che i mini anticorpi bloccano l’effetto tossico della betaamiloide".
I vostri esperimenti sono stati pubblicati su importanti riviste scientifiche e questo ha destato
l’interesse di altri gruppi di ricerca: quali e con che risultati?
"Siamo stati contattati dal gruppo del professor Patrick Aebischer - presidente del Politecnico federale
di Losanna - che sta sviluppando dispensatori miniaturizzati impiantabili sottopelle per l’infusione
permanente di mini anticorpi a scopo terapeutico. Il gruppo di Aebischer ha dimostrato che l’infusione
dei nostri mini anticorpi in topi con Alzheimer protegge dall’accumulo delle placche e dalla malattia".
Tra le possibili terapie dell’Alzheimer c’è quella della stimolazione del sistema immunitario dei
pazienti, attraverso due tecniche. La prima è l’immunizzazione attiva. Che risultati ha dato?
"Con questa tecnica si stimola il sistema immunitario iniettando beta-amiloide: i test clinici iniziati nel
2000 sono stati interrotti perché un certo numero di pazienti ha sviluppato encefaliti: si è anche visto
che con questo metodo c’è la riduzione delle placche, ma la progressiva perdita delle facoltà cognitive
non è stata bloccata: test clinici sono in corso con un altro tipo di vaccino".
E la seconda tecnica?
"E’ l’immunizzazione passiva, si iniettano anticorpi monoclonali purificati che "riconoscono" la betaamiloide: i risultati degli studi clinici non sono ancora disponibili. Questa tecnica ha degli svantaggi:
costa molto produrre gli anticorpi; l’immunizzazione va ripetuta a scadenze regolari; pochissimi
anticorpi riescono ad arrivare nel cervello. L’auspicio è che l’uso di dispensatori che infondono nel
paziente i mini anticorpi - frutto della collaborazione tra il nostro gruppo, quello di Paolo Paganetti della
Novartis Pharma di Basilea e quello di Aebischer - possa contribuire a risolvere quei problemi".
UNA RETE DI SERVIZI PER MALATI E FAMIGLIE - un intervento del Dottor Guido Ongaro
Dottor Ongaro, chi si occupa della salute degli anziani in Ticino?
"In primo luogo le famiglie. Ci sono i medici di famiglia, in collaborazione con i medici specialisti. Poi
tutte le organizzazioni che svolgono varie attività a favore dei pazienti e delle loro famiglie: i Servizi di
Aiuto domiciliare, Pro Senectute, l’Associazione Alzheimer e quella per la Prevenzione degli Infortuni
delle Persone Anziane (PIPA), varie Associazioni di volontariato. L’Associazione Alzheimer mette a
disposizione "un’antenna" ogni mercoledì mattina, presso la sede di Lugano in via Vanoni 8/10, in
grado di dare una serie di indicazioni utili ai malati e ai loro famigliari. Anche l’Associazione Ticinese
per la Terza Età (ATTE) svolge attività per gli anziani. Per chi non può stare a casa sua, ci sono
ospedali, cliniche e le Case per anziani medicalizzate e, in misura minore, le Residenze protette".
Oltre all’assistenza sanitaria e pratica, per la vita quotidiana, che altre forme di aiuto ci sono?
"Esistono diverse possibilità di sostegno psicologico e anche aiuti di tipo economico. L’erogazione di un
assegno per i grandi invalidi, anche in caso di demenza senile, può essere utilizzato per far fronte alle
spese supplementari derivanti dalle cure del malato. C’è poi la prestazione complementare all’AVS e
infine - una peculiarità del Ticino - l’assegno per il mantenimento a domicilio di cui possono beneficiare
persone o famiglie che hanno sia un assegno per grandi invalidi, sia una prestazione complementare
all’AVS".
Per quanto riguarda le persone affette da demenze di tipo Alzheimer o da altra causa, che cosa
andrebbe potenziato nel Cantone?
"Sarebbe molto importante offrire strutture per esigenze particolari come i Centri notturni dove i
pazienti possono trascorrere la notte per poi tornare, di giorno, presso i loro famigliari: in questo
campo, nel Cantone siamo ancora a livello di singoli progetti. Inoltre, sarebbe opportuno potenziare le
offerte di sostegno psicologico per le famiglie e ci vorrebbe qualche specialista (neurologo, geriatra) in
più in alcune zone, come quella di Bellinzona e Valli".
Quindi è importante che al malato di Alzheimer sia data una varietà di strutture di appoggio e
cura?
"Sì, nel senso di un’offerta di "aiuto all’auto-aiuto": è dimostrato che se si lasciano da soli i pazienti e le
loro famiglie, il bisogno assistenziale cresce a dismisura mentre se si aiuta il mantenimento a domicilio
per quanto è possibile, il sistema malato-famiglia si mantiene efficace più a lungo e la sofferenza dei
malati e dei famigliari è più contenuta".
Da 25 anni Pro Senectute gestisce i Centri diurni terapeutici e Centri analoghi sono presenti in
alcune Case per anziani: sono importanti per i malati di Alzheimer questi Centri?
"Sono di centrale importanza e purtroppo questo fatto è ancora poco noto alla popolazione, a volte
persino agli addetti ai lavori: spesso sono considerati come una sorta di "sistemazione" del malato
durante il giorno. È vero che hanno anche lo scopo di alleviare i famigliari dall’impegno della cura
domiciliare, ma hanno appunto una funzione terapeutica di recupero e mantenimento - il più a lungo
possibile - delle capacità cognitive e delle abitudini quotidiane: questo è dimostrato da seri studi
scientifici".
Interviste a cura di Sergio Sciancalepore
fonte: Corriere del Ticino del 16.09.2011