Spinoza, la bibbia e la ragione
La considerazione da cui prende spunto il pensiero di Spinoza è: la lettura della Bibbia può essere
il mezzo che permetta all’uomo di raggiungere la piena conoscenza? A questo interrogativo egli
risponderà negativamente poiché, dice, essa non è in grado di dirci nulla riguardo Dio e i segreti
della natura, dunque, non può aggiungere nulla alla nostra conoscenza. Cosa può quindi aiutare
l’uomo in quest’ ardua ricerca: la ragione. Essa ci ha permesso di comprendere che tutto in natura è
regolato dalla necessità, a ogni causa corrisponde un effetto e, dunque, non esistono miracoli.
L’uomo, facendo parte della natura, è anch’esso “vittima” delle leggi del determinismo, quindi non
ha libertà di scelta. La libertà è un’illusione.
Abbiamo visto che la ragione è l’unico strumento in grado di aiutare l’uomo nel suo percorso nel
mondo, ed è un lume che ha un raggio di azione enorme, mentre invece la Bibbia ha solo a che fare
con la fede ed il messaggio di salvezza, poiché è un testo contraddittorio sia sulla natura di Dio sia
sulla natura in quanto tale. Le sacre scritture, infatti, contengono l’indicazione del comportamento
etico-morale che ogni uomo dovrebbe adottare per garantirsi la salvezza eterna. Solo sotto questo
aspetto può essere considerato un testo privo di contraddizioni e necessario. Dunque le profezie, gli
eventi miracolosi che vi sono narrati in essa sono il frutto dell’immaginazione, alla quale si
contrappone la ragione. Le sacre scritture, dunque, non contengono nessuna verità.
Stato e religione
Nel “trattato teologico-politico” Spinoza affronta il delicato rapporto tra stato e religione
affermando che quest’ultima non ha potere né autorità sullo stato: essa non dovrà intromettersi nei
suoi interessi e nelle sue indagini poiché lo stato è Sovrano di se stesso. La sovranità dello stato,
dunque, gli dà la possibilità di poter interferire nella materia religiosa (per quanto riguarda i
comportamenti esteriori).
La sovranità è legittima poiché è stato il popolo che, uscendo dallo stato di perenne guerra nello
stato di natura, ha delegato il potere, tramite il patto, allo Stato. Lo Stato quindi governa garantendo
a tutti la libertà di pensiero e la sicurezza. La costituzione che Spinoza preferisce è quella
democratica perché c’è una compartecipazione al potere dei cittadini che mantengono il loro
statuto di uomini liberi e uguali. C’e’ un limite a questa libertà concessa ai cittadini? Le azioni dei
singoli (come la modifica di una norma) sono soggette a decisione collettiva tramite dei
rappresentanti, mentre la libertà di parola e pensiero è totale e si può anche esprimere il proprio
dissenso nei confronti delle leggi a parole, non in azione,perché muoversi contro il proprio stato
porterebbe alla distruzione di esso e, dunque, alla distruzione della nostra stessa libertà. Dunque il
patto, diversamente da Hobbes, impegna anche lo Stato: c’è un rispetto reciproco inalienabile
Etica e geometria
“L’etica dimostrata con modello geometrico” è un testo con cui Spinoza vuole,applicando all’etica
il modello deduttivo, ricavare teoremi partendo da assiomi e definizioni certe. E’ un testo diviso in
cinque parti e ognuna di esse prende il via con assiomi (proposizioni evidentemente valide) da cui,
attraverso deduzioni, si ricavano teoremi,assunti ecc..
La prima parte ha come argomento principale Dio. Egli viene definito in otto modi diversi, di cui
quello più importante è sostanza. Essa, fin da Aristotele, viene definita come ciò che sussiste in
sé,che non ha bisogno di altro per esistere. L’essere autosufficiente è ciò che aveva spinto Cartesio a
identificare come sostanza non solo Dio, ma anche la res cogitans e la res extensa. Spinoza,
invece, affermerà che la sua sostanza è “ciò che è in sé ed è concepito per sé; cioè ciò il cui
concetto non ha bisogno del concetto di un’altra cosa, dal quale debba essere formato”. Qui c’è la
divisione tra i due pensatori: se la sostanza, per Spinoza, non ha bisogno di altro per esistere, allora
lo stesso concetto di sostanza non ha bisogno di un altro concetto (la res cogitans Cartesiana) per
essere pensato.
Definendo così la sostanza, Spinoza smonta l’intera idea ebraica e cristiana di Dio, poiché la sua
sostanza è:
-increata (se fosse creata, sarebbe stata creata da altro e non esisterebbe di per sé)
-eterna (ciò che è increato non può morire)
-infinita (se fosse finita, sarebbe limitata da altro)
-una (due sostanze non possono coesistere)
-causa sui (causa sui= essenza che implica esistenza, dunque essendo eterna si identifica con la
causa sui)
-Dio (causa sui e Dio sono identici, perché Dio è l’essenza che implica esistenza, dunque la
sostanza è Dio)
- l’Intero (la sostanza è infinita, dunque non c’è altro al di fuori di essa, quindi tutto ciò che esiste è
sostanza, Dio.
Da quest’ultimo punto deriva che Dio fa tutt’uno con la natura e, quindi, il Panteismo.
Deduzioni a partire dalla Sostanza
Spinoza deduce ora attributi e modi delle Sostanza:
1) essendo la Sostanza-Dio infinita, gli attributi saranno infiniti;
2) dal momento che l’attributo viene definito come “ciò che l’intelletto percepisce di una
sostanza come costituente la sua essenza” allora ogni attributo è anche eterno;
3) se ogni attributo è infinito, infiniti saranno i suoi modi di manifestarsi;
Gli attributi vengono, quindi, dedotti. Quanti e quali di essi possiamo conoscere noi uomini? Due:
pensiero ed estensione. Dunque la res cogitans e la res extensa non sono sostanze (come diceva
Cartesio) ma dei suoi attributi.
Infiniti attributi hanno la possibilità di manifestarsi ed esprimersi in infiniti modi: singole idee e
singoli corpi che derivano dal pensiero e dall’azione.
E’ grazie all’esperienza, alla realtà, che Spinoza può affermare che, tra gli infiniti attributi, questi
due (pensiero ed estensione) possono essere conosciuti dall’uomo.
Dio ha infiniti attributi, tra cui pensiero ed estensione. Se il pensiero è un attributo infinito, allora
esso coinvolge l’intera natura: non c’è nessun corpo a cui non corrisponda un modo del pensiero. La
sostanza-Dio ha come proprietà l’estensione ed il pensiero: ma la materia è divisibile? No. La
sostanza-Dio è estesa ma non è corporea, quindi non è divisibile. Solo i corpi lo sono, perché finiti,
mentre Dio, che è infinito, è uno e indivisibile( i modi, nota bene, sono delle manifestazioni di Dio,
non delle sue parti).
Dio è la sostanza e fa tutt’uno con la natura, dunque tutto è necessario. L’ordine geometrico con
cui Spinoza si sta muovendo non è altro che la struttura stessa del mondo.
Il Dio-Sostanza-Natura è geometrico, ma non statico, infatti Spinoza distingue una parte attiva e una
passiva: la Natura Naturans (/la sostanze e gli attributi) e la Natura Naturata (l’insieme dei modi,
delle manifestazioni)
Dio è sì Natura Naturans, ma le due nature prese insieme sono un duplice punto di vista
appartenente alla stessa sostanza (Dio). Dio rimane la causa sui,ma anche causa rerum immanente.
Dio non è determinato da altro che dalla sua stessa natura. Non c’è, dunque, nessun finalismo
(un’idea che, secondo Spinoza, è un’immaginazione dell’uomo). Gli uomini credono di agire per un
fine, e lo stesso credono per la natura e Dio.
Seconda parte dell’etica
Qui si discute della natura e dell’origine della nostra mente. Come possono co-esistere mente e
corpo? Secondo Spinoza è possibile solo se pensiamo pensiero e corpo non come due sostanze, ma
come due “punti di vista” della medesima sostanza: pensiero ed estensione sono due attributi che
derivano da un unico punto in comune - Dio-sostanza.. C’è un nesso parallelo tra i due, che
derivano dalla stessa sostanza ma sono tra loro incomunicabili. (parallelismo psico-fisico)--
eventi fisici e mentali, pur stando su piani diversi, sono paralleli, cioè connessi : non esiste infatti
una idea senza che le corrisponda un oggetto.
L’interazione tra corpo e mente produce anche sensazioni ed emozioni: sentiamo dolore (percezione
mentale) perché sbattiamo il ginocchio al muro (percezione fisica). C’e’ quindi un’interazione
parallela di due eventi (uno fisico e uno mentale) su piani diversi.
Questo lo porta ad affermare che l’anima non è immortale: quando il corpo muore, cioè non
reagisce più all’azione di altri, l’uomo non prova più, a livello mentale, nessuna sensazione.
L’uomo, continua Spinoza, non è neanche libero: le sue idee non sono le sue, ma derivano da una
infinita serie di idee, rientriamo dunque nell’ordine universale e siamo soggetti al determinismo che
regola tutto.
Dio è libero, perché solo chi agisce per sua natura lo è (Dio è natura di se stesso, l’uomo no).
L’uomo non ha nemmeno libero arbitrio, cioè non ha volontà. Volere è affermare o negare
qualcosa, e l’uomo non può volere perché, secondo Spinoza, non si può distinguere tra volere e idea
(non posso dire che gli angoli di un triangolo sono 3 senza avere l’idea di triangolo, ma se ho l’idea
è perché sono anch’io una manifestazione di Dio).
L’uomo e le passioni
L’uomo è soggetto al determinismo, dunque le sue passioni sono necessarie: tutto ciò che si può
fare non è giudicarle, ma comprenderle. Ciò che si può dire è che le azioni umane sono guidate
dall’istinto di conservazione di sé (è un impulso,”conatus”). Riferito alla mente si chiama volontà,
appetito se si riferisce al corpo e alla mente, desiderio, quando siamo consapevoli. L’agire
dell’uomo è dunque spinto da questo impulso.
E bene e male? Il bene viene definito come utile, il male è ciò che lo ostacola. L’uomo nel
conservarsi prova gioia e piacere, ma anche tristezza e dolore. Desiderio, gioia e tristezza sono le
tre componenti fondamentali dell’uomo e da esse deduce amore, odio, superbia, invidia,
vergogna, disperazione, crudeltà, ira, avarizia, speranza e timore.
Questi ultimi due vengono sfruttati dalla chiesa per controllare gli uomini.
Il risultato di tutto questo percorso è l’etica (è la sua metafisica),l’impulso a ricercare la serenità
interiore. La sua etica ricerca tutto ciò che aiuta la coltivazione della gioia, della vitalità, del
piacere e rinnega tutto ciò che provoca l’esatto opposto.
Bene male, giusto, ingiusto, merito, colpa sono criteri soggettivi, relativi: non ci sono valori
oggettivi.
La natura è necessaria e, dunque, perfetta quindi non ha bisogno di questi criteri che nascono da noi
uomini finiti e dalla nostra superstizione.
Se la collera, l’odio sono comportamenti naturali (e quindi necessari) come può l’uomo disfarsene?
Pur non potendo sottrarsi alla legge naturale della ricerca del proprio utile, c’è modo e modo di
ricercarlo: da ignorate e da sapiente. Quando si è sapienti, siamo noi a dominare le passioni, siamo
noi i protagonisti della nostra esistenza. Chi comprende che non siamo individui liberi, poiché ogni
azione umana rientra in una catena di cause, avrà l’intelligenza di andare oltre l’evento negativo che
ci ha procurato ira, trasformando il negativo in positivo.
Dall’uomo a Dio
L’uomo rientra nella catena di cause, ma nel singolo momento della propria esistenza non può
vedere questo suo appartenere a un principio di causalità e, dunque, rimane schiavo di se stesso e
delle sue passioni. Questo è chiamato primo genere di conoscenza, un momento che non permette
di ricollegare la molteplicità della vita all’unita di Dio. E’ una conoscenza oscura, offuscata.
Il secondo grado è quello della ragione, momento nel quale vediamo tutte le “cose fisiche” nei
loro rapporti causali concatenati in ordine necessario, caratterizzate da idee chiare e distinte, dunque
vere: qui si coglie il perché delle cose.
Il terzo grado coincide con il punto di vista di Dio e si coglie con la scienza intuitiva grazie
all’intelletto: così l’uomo va oltre il tempo e coglie ogni cosa sub specie aeternitatis. In questa fase
l’uomo coglie il corpo non come oggetto esistente nel tempo e nello spazio con altri corpi, ma nella
sua essenza immutabile: qui la mente umana coglie le cose come manifestazione eterna
dell’estensione ( che è attributo diretto della sostanza). E’ una conoscenza al di là del divenire e del
tempo che ci fa carpire l’essenza individuale (in questo senso è scienza intuitiva).
In questo modo l’uomo conosce l’unità che lega finito ed infinito. Questo sapere è quello che
Spinoza definisce l’amore intellettuale di Dio, la beatitudine. L’uomo vede tutto dal punto di
vista dell’eternità (sub specie aeternitatis) e raggiunge il livello massimo di virtù, liberandosi dalla
speranza e dalle paure. Ricordiamo che è pur sempre una conoscenza umana che non può far
conoscere le infinite realtà che derivano da Dio. E’ limitata, ma ci fa cogliere le cose, lo ripetiamo,
da punto di vista dell’eternità.