Modelli applicativi: il Project Financing

IL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO
Modelli applicativi: il Project Financing
INDICE
1. Le Operazioni di Partenariato Pubblico Privato. Inquadramento generale: il Libro Verde
della Commissione europea
1.1. Premessa
1.2. Definizione, forme, profili normativi delle operazioni di PPP
2. Il Partenariato Pubblico Privato in Italia
2.1. Le tipologie di PPP
2.2. Il quadro normativo e le forme di PPP nell’ordinamento giuridico nazionale
3. Applicazioni del PPP
3.1. nel settore delle opere pubbliche (infrastrutture e riqualificazione urbana)
3.2. nel settore dei servizi pubblici
3.2.1. premessa
3.2.2. i servizi pubblici locali
3.2.3. la scelta del modello di gestione
4. Il Project financing
4.1. Definizione e caratteristiche del PF
4.2. Profili normativi
4.3. Profili applicativi
2
1. Le Operazioni di Partenariato Pubblico Privato. Inquadramento generale: il
Libro Verde della Commissione europea
1.1.Premessa
Il processo di definizione e riforma degli strumenti attraverso cui realizzare e/o gestire le
opere infrastrutturali ed i servizi pubblici prende le mosse dalle mutate esigenze del mercato e
dalla modificazione del ruolo del soggetto pubblico, che sempre più spesso, valuta l’opportunità del
coinvolgimento di capitale privato nella realizzazione e/o gestione di opere e servizi.
In riferimento a ciò, si registra, da un lato, il forte interesse comunitario per le forme di Partenariato
Pubblico Privato (PPP) (manifestato con le pubblicazioni: “Guidelines for successfull PublicPrivate Partnership” (marzo 2003) e “Resource Book of PPP Case Studies” (giugno 2004),
elaborate dalla DG Politiche Regionali della Commissione UE, nonché “Green Paper on PPP’s
and Community Law on Public Contracts and Concessions” (marzo 2004), predisposta dalla DG
Mercato Interno); dall’altro, la particolare attenzione che gli Stati europei attribuiscono all’impatto
delle forme di PPP sul bilancio e sul debito pubblico.1
La necessità del coinvolgimento del capitale privato, dovuta, fra l’altro, alla continua crescita del
debito pubblico, insieme con altri fattori, ha determinato a livello nazionale ed internazionale il
diffondersi di forme di partenariato tra soggetti pubblici e soggetti privati.
In quest’ambito, il recente Libro verde della Commissione Europea relativo ai Partenariati
Pubblico-Privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni - COM
(2004) 327 del 30 aprile scorso ha inteso avviare un ampio dibattito che permetta di determinare se
sia necessario un intervento comunitario ad hoc che disciplini il fenomeno a livello comunitario, per
assicurare un migliore accesso degli operatori economici degli Stati membri alle molteplici forme di
partenariato pubblico-privato.
Nel Libro Verde, la Commissione sottolinea che il diritto comunitario non prevede un regime
specifico per i partenariati pubblico-privati: alcuni di essi possono qualificarsi come "appalti
pubblici" ai sensi delle direttive di coordinamento dei procedimenti di aggiudicazione degli appalti
pubblici ed essere disciplinati su queste basi, per contro, le "concessioni di lavori" sono disciplinate
solo da alcune disposizioni di diritto comunitario derivato, mentre le "concessioni di servizi"
sfuggono totalmente all'applicazione delle direttive sugli "appalti pubblici"; al contempo, tuttavia,
qualsiasi atto attraverso il quale un'impresa pubblica affida la prestazione di un'attività economica a
un terzo, sia esso soggetto o meno a disposizioni di diritto derivato, deve essere disciplinato alla
luce dei principi generali del diritto comunitario.
Peraltro, pur constatando che il quadro regolamentare che disciplina la scelta del partner privato è
stato oggetto di un coordinamento comunitario a molti livelli e gradi di intensità, la Commissione
rileva come persista una grande divergenza di approcci sul piano nazionale.
Prescindendo dall’eventualità che il processo avviato con l’adozione del Libro Verde determini,
infine, l’adozione di una direttiva comunitaria in materia, l’interesse del Libro verde risiede nella
individuazione delle tipologie di partenariato pubblico privato e nella puntualizzazione di alcune
regole di base (ossia, le norme comunitarie applicabili alla fase di selezione del partner privato ed
alla fase successiva), affinché le forme di PPP possano considerarsi coerenti con i principi
comunitari, in un contesto di chiarezza giuridica e di effettiva concorrenza.
Lo scopo è dunque di individuare eventuali incertezze e di valutare se il quadro normativo
comunitario sia adeguato o meno alle sfide ed alle caratteristiche specifiche dei PPP.
1
UTFP “Partenariato Pubblico – Privato per la realizzazione di opere pubbliche: impatto sulla contabilità nazionale e
sul debito pubblico”,giugno 2004, in www.utfp.it
3
1.2. Definizione, forme, profili normativi delle operazioni di PPP
In assenza di una normativa specifica, il Libro verde ha analizzato, dunque, il fenomeno dei PPP
alla luce del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, in particolare, partendo
dalla premessa, come già accennato, che a tutti gli atti attraverso i quali la PA affida una attività
ad un terzo2 debbano essere applicati i principi di trasparenza, di parità di trattamento,
proporzionalità e di mutuo riconoscimento derivanti dal Trattato (artt. 43 e 49) in materia di libertà
di stabilimento e libera prestazione di servizi.
Inoltre, disposizioni dettagliate si applicano nei casi disciplinati dalle direttive3 relative al
coordinamento delle procedure d'aggiudicazione degli appalti pubblici, la cui applicazione è tuttavia
circoscritta ad ipotesi determinate4 e riguarda soprattutto la fase d'aggiudicazione dei contratti.
Le disposizioni contrattuali che disciplinano la fase d'attuazione dei PPP rientrano quindi, in primo
luogo, nel diritto nazionale, fermo restando che anche l'elaborazione delle clausole contrattuali deve
avvenire nel rispetto delle norme comunitarie pertinenti, ed in particolare
dei principi di parità di trattamento e di trasparenza.
Il termine Partenariato Pubblico Privato (PPP) (che non è definito a livello comunitario) si
riferisce, in generale, a diverse forme di cooperazione possibile tra settore pubblico e privato,
affinché si possa determinare una integrazione delle rispettive competenze e risorse, al fine di
garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di
un’infrastruttura o la fornitura di un servizio5.
Normalmente, le operazioni di PPP sono caratterizzate dai seguenti elementi:
- la durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una cooperazione tra il
partner pubblico ed il partner privato in relazione a vari aspetti di un progetto da realizzare.
2
Il regime applicabile alla selezione di un partner privato dipende innanzitutto dal tipo di relazione contrattuale che
quest'ultimo intrattiene con un organismo aggiudicatore. In base al diritto comunitario derivato, ogni contratto stipulato
per iscritto a titolo oneroso fra un'amministrazione aggiudicatrice ed un operatore, nella misura in cui ha per oggetto
l'esecuzione di lavori, la realizzazione di un’opera o la prestazione di un servizio è definito "appalto pubblico" di
lavori o di servizi. La "concessione" può definirsi, invece, come un contratto con le stesse caratteristiche di un appalto
pubblico ad eccezione del fatto che la remunerazione dei lavori o dei servizi effettuati dall'operatore economico consiste
unicamente o nel diritto di gestire l'opera o il servizio, o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Nel 2000 la
Commissione ha pubblicato una Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario degli appalti
pubblici, nella quale precisa, sulla base delle norme e dei principi derivanti dal Trattato e dal diritto derivato applicabile,
i contorni della nozione di concessione nel diritto comunitario e gli obblighi che spettano alle autorità pubbliche in
occasione della scelta degli operatori economici ai quali vengono assegnate le concessioni.
3
Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, detta “classica”, relativa al
coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, di servizi e di lavori - GU L 134 del
30.4.2004; essa è entrata in vigore il 30 aprile 2004. L’attuazione da parte degli Stati membri deve avvenire entro il 31
gennaio 2006.
Direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai “settori speciali” che coordina le procedure di
appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali - GU L
134 del 30.4.2004.
Tra gli altri riferimenti, cfr. Comunicazione della Commissione dal titolo "Strategia per il mercato interno - Priorità
2003-2006" - COM(2003) 238.
4
Si tratta dei contratti qualificati come appalto di lavori pubblici o di servizi definiti prioritari ( elencati all'allegato IA
della direttiva 92/50/CEE e all'allegato XVIA della direttiva 93/38/CEE) e delle concessioni di lavori, soggetti
rispettivamente, i primi alle disposizioni dettagliate delle direttive comunitarie, le seconde a singole disposizioni delle
direttiva stessa (articoli 56-59 direttiva 2004/18/CE). Alcune operazioni, ed in particolare le concessioni di servizi,
sfuggono invece ad ogni inquadramento del diritto comunitario derivato, ferma restando l’applicazione degli articoli 43
e 49 del Trattato, segnatamente dei principi di trasparenza, di parità di trattamento, di proporzionalità e di mutuo
reciproco. Lo stesso vale peraltro per ogni attribuzione di incarico avvenuta attraverso un atto unilaterale. Per il
dettaglio delle disposizioni applicabili, vedi Libro Verde relativo ai partenariati pubblico privati, pagg.10 e ss.
5
Libro Verde relativo ai PPP - COM (2004) 327
4
-
-
la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte dal settore privato, talvolta
tramite relazioni complesse tra diversi soggetti, ma spesso anche da quote di finanziamento
pubblico, che si aggiungono ai finanziamenti privati.
il ruolo importante dell'operatore economico, che partecipa a varie fasi del progetto
(progettazione, realizzazione, attuazione, finanziamento), laddove il partner pubblico si
concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini
d'interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi.
la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed il partner privato, sul quale sono trasferiti,
in tutto o in parte (caso per caso) i rischi di solito a carico del settore pubblico.
Nel corso dell’ultimo decennio, il fenomeno dei PPP si è sviluppato in moltissimi settori pubblici
quali infrastrutture, trasporti, sanità, istruzione, sicurezza pubblica. Tale crescita è dovuto a varie
ragioni quali restrizioni di bilancio, volontà di beneficiare del know-how del settore privato,
modifica del ruolo dello Stato da operatore ad organizzatore, regolatore e controllore.
Le autorità pubbliche ricorrono a strutture di partenariato con il settore privato anche per garantire
l’erogazione di servizi pubblici, in particolare a livello locale. Infatti, servizi pubblici incentrati
sulla gestione dei rifiuti o sulla distribuzione idrica o elettrica vengono sempre più spesso affidati ad
imprese, sia pubbliche che private o miste. A tale proposito, il Libro Verde6 sui servizi d'interesse
generale ricorda che quando un'autorità pubblica decide di assegnare la gestione di un servizio ad
un terzo, è obbligata a rispettare il diritto degli appalti pubblici e delle concessioni, anche se questo
servizio è considerato di interesse generale.
D’altra parte, se è sicuramente vero che la cooperazione tra pubblico e privato può determinare
vantaggi microeconomici, consentendo di realizzare un progetto con il miglior rapporto qualitàprezzo, tuttavia non deve essere considerata una soluzione “miracolo”, occorre valutare se l'opzione
del partenariato comporti un plusvalore reale rispetto ad altre opzioni come la stipulazione di un
contratto d'appalto di tipo più classico7. La convenienza di tale operazione deve essere valutata
concretamente, caso per caso, attraverso la costruzione di un parametro, così detto Comparatore del
Settore Pubblico (CSP), che non è altro che il costo ipotetico in cui incorrerebbe il soggetto
pubblico nel realizzare il progetto.8
Quanto alle forme di partenariato pubblico – privato, due sono quelle individuate nel Libro
Verde della Commissione europea:
- il partenariato di tipo puramente “contrattuale”,
- il partenariato di tipo istituzionale.
A) Il partenariato contrattuale
E’ basato su legami esclusivamente convenzionali tra i soggetti pubblico e privato.
La Pubblica Amministrazione affida dunque all’operatore privato, sulla base di uno specifico
contratto, l’attuazione di un progetto per la realizzazione, manutenzione, rinnovamento di opere
pubbliche o di pubblica utilità e/o per la gestione del relativo servizio. Ciò implica la realizzazione
di una complessa operazione, con la quale la PA affida al privato, in tutto o in parte, i seguenti
elementi chiave9:
6
Libro verde della Commissione sui servizi d'interesse generale - COM(2003) 270
Cfr. la comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento “Public finances in EMU 2003”, pubblicata
su European Economy n° 3/2003 - COM(2003) 283 def.).
8
Relazione sulle Partnership Pubblico Privato - Forme virtuose e creative di PPP, soluzioni a confronto, a cura di
Riccardo Delli Santi, in www.giust.amm.it, 5 novembre 2004.
9
UTFP, “Partenariato Pubblico – Privato per la realizzazione di opere pubbliche: impatto sulla contabilità nazionale e
sul debito pubblico”, giugno 2004
7
5
-
la progettazione (Design);
il finanziamento (Finance);
la costruzione (Build);
la gestione (Operate);
la manutenzione (Maintenance).
Tale partenariato è riconducibile a due modelli concessori, ovvero al modello di concessione di
costruzione e gestione ed al così detto “modello concessorio” (es. la concessione di pubblico
servizio)
1) Il “modello di concessione di costruzione e gestione” si caratterizza in quanto il partner
privato è chiamato a realizzare e gestire l’opera per la PA (es. scuola, ospedale, autostrada,
carceri, ecc.). Viene meno, in pratica, il rapporto diretto con l’utente terzo e la retribuzione
dell’investimento del privato non avviene in forma di compensi versati dagli utenti del
lavoro o del servizio, ma dai pagamenti ricevuti dal partner pubblico.
2) Il “modello concessorio” è caratterizzato dal legame diretto tra partner privato ed utente
finale, in sostanza il privato fornisce un servizio al pubblico in luogo, ma sotto il controllo,
del partner pubblico. Il modello si caratterizza anche per il tipo di retribuzione che può
essere totalmente a carico degli utenti finali, oppure integrata da sovvenzioni versate dal
soggetto pubblico.
I modelli di partenariato di tipo puramente contrattuale più conosciuti sono dunque l’appalto e la
concessione, la cui disciplina, a livello comunitario, è contenuta nelle nuove direttive 2004/18/CE e
2004/17/CE10.
10
Con la direttiva 2004/18/CE, l'Unione europea semplifica (con la fusione delle seguenti direttive: 92/50/CEE,
93/36/CEE, 93/37/CEE, 93/38/CEE, che coordinano le procedure di aggiudicazione, rispettivamente, degli appalti
pubblici di servizi, degli appalti pubblici di forniture, degli appalti pubblici di lavori, e degli appalti degli enti erogatori
di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle
telecomunicazioni) e aggiorna la legislazione sulle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture
e servizi. L'azione dell'Unione mira a creare uno spazio europeo degli appalti pubblici nel quadro del mercato interno.
Si basa sui principi fondamentali sanciti dal Trattato che istituisce la Comunità europea (parità di trattamento,
concorrenza trasparente e non discriminatoria, riconoscimento reciproco, lotta contro la frode e la corruzione) e ha
essenzialmente uno scopo di semplificazione, armonizzazione e modernizzazione.
La direttiva "classica" si applica agli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi il cui valore stimato (al netto
dell'IVA) è pari o superiore alle seguenti soglie:
- 154 000 euro per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da autorità governative centrali (ministeri,
enti pubblici nazionali);
- 236 000 euro per gli appalti pubblici di forniture e di servizi: aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici diverse
dalle autorità governative centrali; aventi per oggetto determinati prodotti del settore della difesa e aggiudicati dalle
autorità governative centrali; aventi per oggetto servizi di ricerca e sviluppo (RST), di telecomunicazione, alberghieri
e di ristorazione, di trasporto per ferrovia e per via d'acqua, di collocamento del personale, di formazione
professionale, di investigazione e di sicurezza, servizi legali, sociali e sanitari, ricreativi, culturali e sportivi;
- 5 923 000 euro per gli appalti pubblici di lavori.
Ogni due anni la Commissione verifica le soglie. Il calcolo del loro valore è basato sulla media del valore quotidiano
dell'euro espresso in diritti speciali di prelievo (DSP), media calcolata sul periodo di 24 mesi che si conclude il 31
agosto per una revisione effettiva al 1° gennaio.
Sono esclusi dal campo d'applicazione della direttiva:
- gli appalti pubblici di cui alla direttiva "settori speciali" e quelli finalizzati a permettere la messa a disposizione o la
gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni;
- gli appalti pubblici dichiarati segreti o che toccano gli interessi essenziali di uno Stato;
- gli appalti pubblici aggiudicati in forza di norme internazionali;
- gli appalti pubblici che riguardano i seguenti servizi: l'acquisto o la locazione di beni immobili; l'acquisto, lo
sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi destinati alla trasmissione da parte di emittenti radiotelevisive;
i servizi d'arbitrato e di conciliazione; l'acquisto, la vendita, il trasferimento di strumenti finanziari, in particolare le
operazioni di approvvigionamento in denaro; i servizi forniti da banche centrali; i contratti di lavoro; i servizi di
6
L’art. 1, c. 2, lett. a), della direttiva 2004/18/CE definisce appalto pubblico (di lavori, servizi e
forniture), il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra una o più amministrazioni
aggiudicatrici (lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico (e le loro
associazioni) che hanno la facoltà di aggiudicare appalti pubblici) ed uno o più operatori economici
(un imprenditore, un fornitore o un prestatore di servizi), avente per oggetto l'esecuzione di lavori,
la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi.
Le concessioni di lavori o di servizi (non è prevista quella di forniture) sono, come gli appalti
pubblici, contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra una o più amministrazioni aggiudicatrici e
uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori o la prestazione di servizi, il
cui corrispettivo, però, consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o i servizi o in tale diritto
accompagnato da un prezzo (art. 1, c. 3 e 4, direttiva 2004/18/CE)11.
La differenza tra i due modelli della concessione e dell’appalto sta, dunque, in questo12: nella
concessione, l’impresa concessionaria eroga le proprie prestazioni al pubblico e, pertanto, assume il
rischio della gestione dell’opera o del servizio, in quanto si remunera, almeno per una parte
significativa, presso gli utenti mediante la riscossione di un prezzo; nell’appalto, invece, le
prestazioni vengono erogate non al pubblico, ma all’amministrazione, la quale è tenuta a
remunerare l’attività svolta dall’appaltatore per le prestazioni ad essa rese. L’impresa che fornisce
l’opera o il servizio non sopporta, quindi, l’alea connessa alla gestione dell’opera o del servizio,
sicchè, venendo a mancare l’elemento rischio, la fattispecie non è configurabile come concessione,
bensì come appalto di lavori o di servizi13.
La scelta del partner privato14 deve avvenire comunque rispettando quelli che sono i principi,
consolidati nel Trattato, di trasparenza, proporzionalità, mutuo riconoscimento e parità di
trattamento, più precisamente si devono rispettare le seguenti condizioni:
- fissazione preliminare dei criteri di selezione del concessionario,
ricerca e sviluppo diversi da quelli i cui risultati appartengono esclusivamente all'amministrazione aggiudicatrice, a
condizione che la prestazione del servizio sia interamente retribuita da tale amministrazione;
- gli appalti pubblici di servizi aggiudicati sulla base di un diritto esclusivo;
- le concessioni di servizi.
In particolare, l’art. 17 della direttiva 2004/18/CE prevede che, ad eccezione di quelle di cui all’art. 3, le altre
disposizioni della direttiva stessa non si applicano alle concessioni di servizi. L’art. 3 della direttiva 2004/18/CE
dispone che se un’amministrazione aggiudicatrice concede ad un soggetto che non è un’amministrazione aggiudicatrice
diritti speciali o esclusivi di esercitare un’attività di servizio pubblico, l’atto di concessione prevede che, per gli appalti
di forniture conclusi con terzi nell’ambito di tale attività, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione in
base alla nazionalità. Con tale disposizione, il legislatore comunitario si è limitato a rendere esplicito quello che
era già noto, ossia che non vi sono norme specifiche di diritto comunitario che disciplinano la concessione di
servizi.
La circostanza che le concessioni di servizi non soggiacciano alle disposizioni della direttiva 2004/18/CE, né ad altre
specifiche disposizioni di diritto comunitario non significa che a tali concessioni il diritto comunitario sia inapplicabile.
Ed, infatti, fatte salve le ipotesi di fornitura diretta nonché l’ipotesi dell’in house providing, in tutti gli altri casi in cui le
amministrazioni pubbliche affidino servizi a terzi, esse sono tenute ad “attenersi alle norme e ai principi procedurali che
regolano la successiva selezione del fornitore”. Tali norme e principi, come ha chiarito la Commissione europea,
“derivano dal Trattato e si applicano a tutti i contratti conclusi dagli Stati membri per la prestazione di attività
economiche ai sensi del Trattato, indipendentemente dalla loro classificazione da parte della legislazione nazionale” (v.
relazione Laeken)
11
La materia delle concessioni di lavori pubblici è disciplinata dagli artt. 56-65 della direttiva 2004/18/CE. Tali
disposizioni non prevedono, in effetti, le modalità di aggiudicazione, anche se l’art. 58 stabilisce che le amministrazioni
aggiudicatrici devono pubblicare un bando.
12
Cfr. in tal senso C.Tessarolo “Il paternariato pubblico-privato - La scelta del partner privato”, luglio 2004 in
www.dirittodeiservizipubblici.it
13
cfr. Cons. St., Sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294.
14
Per le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi e le modalità di aggiudicazione
delle concessioni di lavori pubblici, vedi infra, nota 18
7
- adeguata pubblicità,
- messa in concorrenza effettiva degli operatori potenzialmente interessati,
- aggiudicazione sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori.
Particolare interesse desta la possibilità che sia il privato a farsi proponente della realizzazione
dell’opera. Nelle formule di questo tipo gli operatori economici formulano una proposta dettagliata
di progetto, in generale relativa alla costruzione e gestione di un'infrastruttura, eventualmente su
invito dell'amministrazione. In questo caso, il Libro verde prende atto della correttezza del
riconoscimento di incentivi o vantaggi per il privato promotore, sottolineando tuttavia che essi
devono essere comunque compatibili con i principi di parità di trattamento dei candidati e di
trasparenza e non devono essere distorsivi del meccanismo di messa in concorrenza della proposta
privata.
Tale impostazione di fondo non deve indurre all’errore di considerare il PPP come uno strumento
statico, anzi, le forme di PPP, pur rispettando i citati principi, possono prevedere una serie di
clausole c.d. di step in (es. revisione automatica tariffe, sostituzione partner privato moroso) in
grado di far fronte alla durata dell’operazione e far evolvere ed adattare le relazioni del PPP ai
cambiamenti dell’ambiente economico, tecnologico e alle necessità di interesse generale15. Il
successo di un’operazione di PPP, infatti, dipende, fra l’altro, dalla completezza del quadro
contrattuale del progetto, e dalla messa a punto ottimale degli elementi che disciplineranno la sua
attuazione. Inoltre, appare importante prevedere meccanismi che permettano di valutare con
regolarità le prestazioni dei titolari di operazioni di PPP.
In questo contesto sono determinanti una valutazione pertinente ed una ripartizione ottimale dei
rischi tra il settore pubblico ed il settore privato, in funzione della capacità di ciascuna parte di
assumersi tali rischi16. In ogni caso, Eurostat, nella decisione “Treatment of public-private
partnerships” dell’11 febbraio 2004, nell’individuare i tre tipi di rischio, ha evidenziato a tutti i
Governi che se il privato non se ne assume almeno due nel contesto di un’operazione di PPP,
l’investimento entra a far parte automaticamente della spesa pubblica.
Tabella – Rischi delle operazioni di PPP
Tipo di rischi
Oggetto
Rischio di costruzione
Copre eventi quali:
- ritardo nei tempi di consegna;
- non rispetto degli standard di
progetto;
- aumento dei costi;
- inconvenienti di tipo tecnico
nell’opera;
- mancato completamento
dell’opera.
Rischio di disponibilità
15
16
E’ legato alla capacità, da parte
concessionario, di erogare
prestazioni contrattuali pattuite,
per volume che per standard
qualità (lack of performance).
Caratteristiche
In tutti questi casi l’assunzione del
rischio da parte del privato implica
che non sono ammessi pagamenti
pubblici che non siano correlati alle
condizioni prestabilite nel contratto di
costruzione dell’opera
del
le
sia
di
Affinché il rischio sia effettivamente
trasferito è necessario che i pagamenti
pubblici siano correlati all’effettivo
grado di disponibilità fornito dal
privato, al loro volume e secondo la
qualità
predeterminata,
in
Libro Verde sul PPP, COM (2004) - 327
Libro Verde sul PPP, COM (2004) - 327
8
Rischio di domanda
applicazione del principio del takeand-pay.17
Non è rischio di domanda quello il
rischio dipendente dalla variabilità
dalla qualità del servizio prestato dal
concessionario.
Si origina dalla variabilità della
domanda che risulta dipendente dalla
variabilità delle esigenze dei fruitori
e quindi da fattori quali la presenza
di alternative più convenienti per gli
utenti, il ciclo di business, nuove
tendenze del mercato.
Fonte: Eurostat – decisione “Treatment of public-private partnerships” dell’11 febbraio 2004
Le nuove direttive del Parlamento europeo e del Consiglio, volte a modernizzare e semplificare il
quadro legislativo comunitario introducono, peraltro, una procedura d'attribuzione innovativa,
elaborata espressamente per rispondere alle specificità dell'aggiudicazione di ‘contratti d'appalto
particolarmente complessi’ (nei casi in cui l’amministrazione ritenga che il ricorso alla procedura
aperta o ristretta non permetta l’aggiudicazione dell’appalto), e dunque di alcune forme di PPP.
La definizione di questa nuova procedura, denominata “dialogo competitivo” si rinviene nell’art.
1, par. 11, lettera c) della direttiva 2004/18/CE18 (mentre la sua disciplina specifica è dettata
17
Ad esempio, l’applicazione di un sistema di pagamenti da parte dell’Ente pubblico concedente del tipo
incentives/penalties, che preveda la riduzione dei pagamenti nel caso di prestazioni insufficienti con l’applicazione di
opportune penali, è efficace al fine del trasferimento del rischio di disponibilità. Viceversa, pagamenti regolari sotto
forma di canoni invariabili non parametrati all’effettivo volume dei servizi prestati non consentono una effettiva
assunzione di rischio da parte del partner privato.
18 Le altre procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi previste dalla normativa
comunitaria sono:
La procedura aperta, in cui ogni operatore economico interessato può presentare un'offerta.
La procedura ristretta che è una procedura a cui ogni operatore economico può chiedere di partecipare e in cui
soltanto gli operatori economici invitati dalle amministrazioni aggiudicatrici possono presentare un'offerta.
La procedura negoziata che è una procedura in cui le amministrazioni aggiudicatrici consultano gli operatori
economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto.
La procedura negoziata con pubblicazione di un bando di gara è giustificata nei seguenti casi:
- in caso di offerte irregolari presentate in esito ad un'altra procedura, purché le condizioni iniziali dell'appalto non
siano sostanzialmente modificate;
- in casi eccezionali, qualora si tratti di appalti la cui natura o i cui imprevisti non consentano una fissazione
preliminare dei prezzi;
- nel settore dei servizi, per prestazioni di natura intellettuale che non permettano l'aggiudicazione dell'appalto secondo
le norme della procedura aperta o della procedura ristretta;
- per lavori realizzati unicamente a scopo di ricerca o di sperimentazione.
La procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara è giustificata nei seguenti casi:
- per qualsiasi tipo di appalto: qualora non sia stata presentata alcuna offerta in esito all'esperimento di una procedura
aperta o ristretta; qualora l'appalto, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti
esclusivi, possa essere affidato unicamente a un operatore economico determinato; in caso di estrema urgenza
risultante da eventi imprevedibili;
- per gli appalti di forniture: qualora i prodotti in questione siano fabbricati esclusivamente a scopo di ricerca e
sviluppo; nel caso di consegne complementari, per un periodo massimo di tre anni, qualora il cambiamento del
fornitore originario obbligherebbe l'amministrazione aggiudicatrice ad acquistare materiali con caratteristiche
tecniche differenti; per le forniture quotate e acquistate in una borsa di materie prime; per l'acquisto di forniture a
condizioni particolarmente vantaggiose presso un operatore economico che cessa la sua attività o è in liquidazione
giudiziaria;
- per gli appalti di servizi, qualora l'appalto sia aggiudicato al vincitore di un concorso;
- per gli appalti di lavori e di servizi: nel limite del 50% dell'importo dell'appalto iniziale, per i lavori o i servizi
complementari non compresi nel progetto iniziale e che sono divenuti necessari a seguito di una circostanza
imprevista; per nuovi lavori o servizi consistenti nella ripetizione di lavori o servizi analoghi già affidati all'operatore
economico aggiudicatario dell'appalto iniziale, per un periodo massimo di tre anni.
La direttiva 2004/18/CE non contiene disposizioni specifiche sulle modalità di aggiudicazione dei contratti di
concessione di lavori pubblici (vedi però art.58).
9
dall’art. 2919, che delinea in modo articolato le fasi della procedura), che stabilisce che il dialogo
competitivo è “una procedura alla quale qualsiasi operatore economico può chiedere di partecipare
e nella quale l’amministrazione aggiudicatrice avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale
procedura al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della
quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare le offerte”.
La procedura di dialogo competitivo può essere lanciata nei casi in cui l'organismo aggiudicatore
non sia obiettivamente in grado di definire i mezzi tecnici che possono rispondere alle proprie
necessità ed ai propri obiettivi, nonché nei casi in cui l'organismo aggiudicatore non sia
obiettivamente in grado di stabilire le operazioni giuridiche e/o finanziarie proprie di un progetto.
Essa può dunque essere utilizzata nell’ipotesi di operazioni non standardizzabili, con lo scopo di
affinare progressivamente la soluzione del problema amministrativo/tecnico e di indurre le parti, a
più riprese, a presentare un’offerta che rispecchi l’effettivo valore che il privato attribuisce al
“bene” in palio. Questa nuova procedura permetterà agli organismi aggiudicatori di instaurare un
dialogo con i candidati incentrato sullo sviluppo di soluzioni atte a rispondere a queste necessità20.
Tale procedura valorizza la tensione tra le esigenze di flessibilità del sistema e i vincoli, soprattutto
di matrice comunitaria, scaturenti dal principio della concorrenza. La disciplina della figura mira
infatti al raggiungimento di una sorta di equilibrio tra questi due “poli”, introducendo una
regolamentazione da cui emerge la costante tensione verso la mediazione tra gli stessi.
Il “dialogo competitivo” dovrebbe permettere, inoltre, di garantire la flessibilità necessaria alle
discussioni con i candidati su tutti gli aspetti del contratto, anche in occasione della fase di
attuazione, pur facendo in modo che queste discussioni siano condotte nel rispetto dei principi di
trasparenza e di parità di trattamento, e non mettano a rischio i diritti che il Trattato conferisce agli
operatori economici.
I momenti di flessibilità introdotti dal “dialogo competitivo”, infatti, oltre che nella fase dello
svolgimento della gara (ossia, ad una fase precedente rispetto quella della individuazione della
offerta “vincente”), si collocano anche nel periodo che segue questo stadio e, addirittura, nell’arco
temporale successivo al sorgere delle obbligazioni corrispettive o, quanto meno, all’aggiudicazione.
A questo proposito, la Direttiva 2004/18/CE stabilisce che il dialogo pubblico-privato può essere
anche posteriore rispetto alla scelta della migliore offerta: si tratta ovviamente di un dialogo parziale
e circoscritto, ma comunque possibile21, che offre la possibilità di aggiustamenti successivi
all’aggiudicazione, sebbene nell’ambito di un contesto normativo molto complesso.
Premesso quanto finora esposto, è stato evidenziato da più parti che, un serio ostacolo all’impiego
della figura è costituito, oltre che dall’assenza di una tempistica certa, soprattutto dalla mancanza di
garanzie a favore dei candidati circa l’esito della gara. L’art. 29, al comma 8, si limita infatti a
stabilire che “Le amministrazioni aggiudicatrici possono prevedere premi o pagamenti ai
partecipanti al dialogo”22. Non sussiste dunque un dovere di previsione di “premi”: è questo il
delicato aspetto su cui, anche alla luce dell’esperienza di PPP nel nostro Paese, si giocherà
probabilmente gran parte delle possibilità di successo dell’istituto23. E’ fondato ritenere che senza
19La norma prevede quale unico criterio per l’aggiudicazione dell’appalto pubblico quello dell’offerta economicamente
più vantaggiosa. Si tratta di una indicazione abbastanza ovvia, che riflette la peculiarità della figura e l’esigenza per
l’amministrazione di poter utilizzare un certo margine di scelta.
20
Vedi in dettaglio, Libro Verde relativo ai PPP, COM (2004) 327, pagg.10-11, punti 25, 26, 27.
21
Art. 29 comma 7 della Direttiva 2004/18/CE
22
Vedi per tutti, “Il dialogo pubblico-privato”, agosto 2004, in rivista di diritto pubblico “Giustizia amministrativa”, a
cura di G.Saporito , www.giustamm.it
23
Ci si riferisce all’introduzione, nel nostro ordinamento, con la legge n.166/2002 del meccanismo di prelazione nella
disciplina del Project financing (e cioè, la regola secondo cui il promotore ha diritto all’aggiudicazione ove adegui la
propria offerta a quella risultante vincente dal confronto negoziale), ed al conseguente aumento esponenziale delle
10
garanzie (o con l’unica incerta prospettiva del recupero delle spese di progettazione), il privato
difficilmente produrrebbe sforzi progettuali che potrebbero poi essere “sfruttati” da altri24. In ogni
caso, il privato dovrà impostare una propria “strategia” complessiva che gli consenta sufficienti
spazi di manovra nella fase di confronto successivo alla presentazione della proposta e di questo
aspetto della proposta stessa l’amministrazione non potrà non tener conto al momento della
individuazione della “soluzione” migliore.
B) Il Partenariato Istituzionalizzato
I partenariati pubblico-privato di tipo istituzionalizzato ricorrono, secondo la Commissione25,
quando viene costituita un’entità distinta partecipata congiuntamente dal soggetto pubblico e dal
soggetto privato. Il modello di partenariato istituzionalizzato più conosciuto è dunque quello della
c.d. società mista.
Tale società mista ha la missione di fornire un servizio o di realizzare un’opera a favore del
pubblico. La cooperazione diretta tra partner privato e pubblico, consente a quest’ultimo di
mantenere un notevole controllo sullo svolgimento dell’operazione, oltre che di sviluppare una
esperienza propria sulla fornitura del servizio oggetto del partenariato.
La creazione di un PPP istituzionalizzato26 può avvenire in due modi:
1) creazione di un’entità detenuta congiuntamente dal pubblico e dal privato.
L’operazione consiste nel creare un’impresa a capitale misto (di per sé non contemplata dal
diritto degli appalti pubblici e delle concessioni). Anche in tale tipo di operazione (quando
sia accompagnata dall’attribuzione di incarichi tramite un atto che può essere definito
appalto pubblico o concessione) occorre il rispetto dei principi comunitari di cui agli artt. 43
e 49 del trattato UE che impongono: trasparenza, proporzionalità, mutuo riconoscimento e
parità di trattamento; dunque, la scelta del partner privato destinato a svolgere gli incarichi
deve avvenire nel pieno rispetto del principio di non discriminazione.
2) passaggio a controllo privato di un’impresa pubblica già esistente. Tale operazione si
verifica quando si assiste ad una modifica della partecipazione azionaria di un’impresa
pubblica. Tale scelta è una scelta esclusivamente politica e come tale è di competenza
esclusiva dello Stato27, l’operazione di cessione dei capitale di un’impresa pubblica non è
infatti regolata dal diritto comunitario delle concessioni e degli appalti pubblici. Ciò
premesso, quando un’operazione di cessione di capitale ha per effetto il conferimento
all’operatore privato di determinati incarichi rientranti nel campo materiale del diritto degli
operazioni di PF. Peraltro la prelazione, è stata oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione
europea, che in data 20 ottobre 2003, con parere motivato, ha evidenziato che la disciplina della prelazione può
determinare una discriminazione dei prestatori non nazionali quando questi presentano candidatura per l'attribuzione di
una concessione di lavori pubblici.
24
Cfr. in tal senso “Il dialogo pubblico-privato”, agosto 2004, in rivista di diritto pubblico “Giustizia amministrativa”, a
cura di G.Saporito , www.giustamm.it.; P.Buzzetti, “La domanda di nuove regole”, atti del seminario “Il Partenariato
Pubblico Privato: un’opportunità per l’Italia”, Roma 2 marzo 2005.
25
Libro Verde, COM (2004) 327
26
Dal punto di vista della scelta del socio privato, la Commissione europea tende ad assimilare il partenariato di tipo
istituzionalizzato a quello di tipo puramente contrattuale e, perciò, a considerare applicabile anche al primo, il “diritto
comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”. Ciò ha delle ovvie ricadute sulle modalità di scelta del partner
privato, essendo chiaro che anche in tal caso, pur in assenza di norme specifiche, dovranno applicarsi, come avviene per
l’affidamento a terzi di servizi mediante concessioni, le norme del Trattato sulla libera prestazione dei servizi e sulla
libertà di stabilimento, nonché i principi della trasparenza, della parità di trattamento, della proporzionalità e del
reciproco riconoscimento. Il ricorso a procedure selettive per la scelta del partner privato è, comunque, una regola ormai
acquisita anche nell’ordinamento italiano.
27
Il diritto comunitario degli appalti pubblici non ha infatti di per sé il compito di regolamentare operazioni che
rappresentano semplici versamenti di capitale da parte di un finanziatore ad un'impresa, sia appartenente al settore
pubblico sia privato.
11
appalti pubblici, incarichi che precedentemente venivano esercitati, direttamente o
indirettamente, dai poteri pubblici, si impone il rispetto del principio di trasparenza e di
parità di trattamento, allo scopo di garantire che ogni potenziale operatore abbia il medesimo
accesso alla prestazione di tali attività fino a quel momento riservate ai pubblici poteri28.
Il modello di società mista ipotizzato nel Libro verde29 sembra quello di una concessione che
assume la forma della società nella quale il partner privato realizza gli incarichi specificati nel
bando di gara e il partner pubblico controlla, dall’interno della società, il modo in cui gli incarichi
stessi vengono realizzati30. L’unica eccezione consentita dalla Commissione al modello di società
mista è quella dell’organismo in house, ipotesi che ricorre quando: a) l’amministrazione
aggiudicatrice esercita su una persona giuridica da essa distinta un controllo analogo a quello che
esercita sui propri servizi; b) la persona giuridica realizza la parte più importante della propria
attività con l’amministrazione che la controlla (Corte giust. 18 novembre 1999, c-107/98, Teckal).
Solo alle entità che soddisfano entrambe le suddette condizioni possono affidarsi dei compiti al di
fuori di una procedura concorrenziale.
E’ palese come la normativa comunitaria in materia sia di carattere generale e non determini
alcun coordinamento tra le legislazioni degli Stati membri. Si è sottolineato da più parti, come tale
mancanza di coordinamento, oltre ad altri fattori, rappresenti un potenziale ostacolo al successo e ad
un’autentica apertura comunitaria alle operazioni di partenariato31, e ciò a scapito del finanziamento
di importanti infrastrutture e dello sviluppo di servizi pubblici di qualità.
Ad analoghe conclusioni conducono le valutazioni espresse dal sistema degli Enti locali, attraverso
l’ANCI32, sulle posizioni della Commissione in materia, e in particolare, relativamente alle forme di
partenariato istituzionalizzato (tra cui rientrano le società miste). Si osserva, a tale proposito, come
la posizione della Commissione appaia restrittiva e rischi perciò di creare problemi
all’armonizzazione, appunto, della normativa nazionale sui Servizi Pubblici Locali con quella
comunitaria. Ciò in un contesto in cui lo sviluppo di forme di partenariato pubblico privato per la
28
C.Tessarolo, “Il paternariato pubblico-privato - La scelta del partner privato”, luglio 2004, in
www.dirittodeiservizipubblici.it: occorre notare che il modello di privatizzazione delle imprese pubbliche ipotizzato
dalla Commissione si pone in contrasto con quello seguito in Italia e, soprattutto, con la disposizione che, proprio allo
scopo di favorire tali privatizzazioni, ha previsto che la cessione, in tutto o in parte, delle partecipazioni degli enti locali
nelle società erogatrici di servizi “non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere” (art.
113, c. 12, t.u. 267/2000 e s.i.m.).
29
Tale modello, divergente da quello che si è tradizionalmente affermato nella prassi italiana (per cui vedi, infra
par.2.2.) , si caratterizza per i seguenti elementi:
- la società mista deve essere costituita per svolgere le prestazioni definite “in modo sufficientemente chiaro e
preciso” nel bando di gara;
- al socio privato spetta svolgere le prestazioni affidate alla società, mentre il socio pubblico deve svolgere il ruolo
esclusivamente di controllore delle operazioni “in seno agli organi decisionali dell’impresa comune”;
- assumendo il socio privato il ruolo di esecutore degli incarichi affidati alla società, la scelta dello stesso, oltre ad
avvenire mediante una procedura concorrenziale, non può basarsi “esclusivamente sulla qualità del suo contributo
in capitali o della sua esperienza”, ma deve tenere conto anche delle caratteristiche della sua offerta;
- nel caso in cui la società mista intenda, a sua volta, affidare degli incarichi non potrà avvalersi del socio privato, ma
essendo essa stessa un’amministrazione aggiudicatrice, dovrà bandire un’apposita gara;
- la durata della società mista dovrà, infine, coincidere con la durata del contratto o della concessione, giacchè,
altrimenti, le amministrazioni aggiudicatrici potrebbero essere indotte a rinnovi dell’incarico affidato a questa
impresa senza che sia posta in essere una reale nuova messa in concorrenza.
30
Così C.Tessarolo, “Il paternariato pubblico-privato - La scelta del partner privato”, luglio 2004, in
www.dirittodeiservizipubblici.it
31
Tra gli altri, cfr. Relazione sulle Partnership Pubblico Privato - Forme virtuose e creative di PPP, soluzioni a
confronto a cura di Riccardo Delli Santi, in www.giust.amm.it, 5 novembre 2004.
32
cfr. ANCI, “Libro Verde - Osservazioni, proposte e risposte a quesiti”, in www.anci.it, pubblicato in occasione
dell’adozione del Libro Verde relativo ai partenariati pubbico-privati, COM (2004) 327.
12
gestione dei servizi pubblici locali rientra tra i mezzi per favorire “percorsi efficaci di crescita e
coesione socio-economica” all’interno di ciascun Stato membro, come d’altra parte constatato dalla
Commissione stessa nel Libro Verde sui Servizi d’interesse generale33: “i servizi pubblici sono
fattore di coesione e di avvicinamento dei cittadini, condizione economica essenziale perché le
imprese possano stabilirsi in ogni territorio dell’U.E.”. Le strategie adottate in relazione ai servizi
pubblici locali risultano, infatti, strettamente connesse alle innovazioni gestionali ed organizzative
che gli Enti Locali pongono in essere per lo sviluppo e la crescita socio-economica delle pubbliche
amministrazioni (e non solo per fare cassa in “presenza di restrizioni di bilancio e assicurare
finanziamenti privati al settore pubblico”) e riguardano bisogni fondamentali della vita sociale ed
economica della collettività che vive in un determinato territorio, risultando indispensabili per
garantire condizioni favorevoli e “competitive” per l’insediamento di attività produttive e per
fornire una adeguata risposta alle esigenze delle comunità amministrate. In questo contesto, gli
obiettivi di liberalizzazione del mercato dei servizi (nel rispetto della libera concorrenza), di
valorizzazione e diffusione delle forme di partenariato pubblico privato, di incremento degli
investimenti infrastrutturali, richiedono un’autonomia gestionale e organizzativa che consenta agli
Enti locali la migliore scelta sulle forme di partenariato pubblico privato a cui dare attuazione.
33
Libro Verde sui servizi di interesse generale, COM (2004) 270
13
2. Il Partenariato Pubblico Privato in Italia
2.1. Le tipologie di PPP
I progetti realizzabili attraverso forme di PPP possono essere classificati in base a tre principali
tipologie34:
progetti dotati di una intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi da
utenza (c.d. opera calda): i ricavi commerciali prospettici di tali progetti consentono al
settore privato un integrale recupero dei costi di investimento nell’arco della vita della
concessione. In tale tipologia di progetti, il coinvolgimento del settore pubblico si limita ad
identificare le condizioni necessarie per consentire la realizzazione del progetto, facendosi
carico delle fasi iniziali di pianificazione e indizione dei bandi di gara per l’assegnazione
delle concessioni e fornendo la relativa assistenza per le procedure autorizzative (l’esempio
classico può essere quello di una tratta autostradale, il cui pedaggio garantisca al
concessionario di rientrare dalle spese sostenute per la sua costruzione e per la sua gestione
e di raggiungere un utile adeguato a remunerare l’investimento).
progetti in cui il concessionario privato fornisce direttamente servizi alla pubblica
amministrazione (c.d. opera fredda): è il caso di tutte quelle opere pubbliche -carceri,
ospedali, scuole- per le quali il soggetto privato che le realizza e gestisce trae la propria
remunerazione esclusivamente (o principalmente) da pagamenti effettuati dalla pubblica
amministrazione su base commerciale. L’aggiudicazione della concessione attraverso
procedure di evidenza pubblica dovrà garantire l’ottimizzazione dei costi per
l’Amministrazione, nel rispetto dei requisiti quantitativi/qualitativi richiesti per la
costruzione e la gestione dell’opera. Il canone annuo generalmente includerà degli elementi
di incentivazione/penalizzazione in funzione dell’effettivo raggiungimento degli standard
prestazionali concordati.
progetti che richiedono una componente di contribuzione pubblica (c.d. opera tiepida):
questa tipologia include iniziative i cui ricavi da utenza non sono sufficienti a ripagare
interamente le risorse impiegate per la loro realizzazione e in cui, per consentirne la
fattibilità finanziaria, è necessario un contributo pubblico. La giustificazione più ricorrente
dell’intervento pubblico, in tali progetti, si fonda sui benefici economici e sociali legati
all’effettiva attuazione dell’opera. Si pensi, a titolo di esempio, alle esternalità positive in
termini di riqualificazione di aree urbane legate ad interventi di edilizia abitativa, ovvero alla
riduzione della congestione del traffico con la realizzazione di tramvie o metropolitane. In
questi casi, l’intervento privato trova una giustificazione nei recuperi di efficienza indotti da
una gestione privata e nella possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice, di ridurre e
distribuire gli impegni finanziari nel tempo, permettendo quindi l’avvio di un maggior
numero di opere.
34
Unità Tecnica Finanza di Progetto , “Partenariato Pubblico – Privato per la realizzazione di opere pubbliche: impatto
sulla contabilità nazionale e sul debito pubblico”, giugno 2004
14
2.2. Il quadro normativo e le forme di PPP nell’ordinamento giuridico nazionale
Il quadro normativo di riferimento per i progetti realizzati attraverso forme di partenariato
pubblico privato, oltre alle nuove direttive comunitarie 2004/18/CE e 2004/17/CE, è rappresentato
dalle seguenti normative35:
1. L. 11 febbraio 1994, n.109 "Legge quadro in materia di lavori pubblici" e successive
modifiche ed integrazioni (nel testo aggiornato dalla L. 1 agosto 2002, n. 166 "Disposizioni
in materia di infrastrutture e trasporti").
2. D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, "Regolamento di attuazione della legge quadro in materia
di lavori pubblici"
3. D.P.R. 25 gennaio 2000, n.34, "Regolamento recante istituzione del sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell'art.8 della legge 11 febbraio
1994, n.109 e successive modificazioni".
4. D.M. 19 aprile 2000, n.145, "Regolamento recante il capitolato generale d'appalto dei lavori
pubblici, ai sensi dell'art.3, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109".
5. D.M. 21 giugno 2000, n. 5374, "Modalità e schemi tipo per la redazione del programma
triennale e dei suoi aggiornamenti annuali e dell'elenco annuale dei lavori ai sensi
dell'articolo 14, comma 11, della legge11 febbraio 1994 n. 109 e successive modificazioni".
6. D.L.vo 17 marzo 1995, n.157, "Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti
pubblici di servizi" e successive modifiche ed integrazioni.
7. D.L.vo 17 marzo 1995, n.158, "Attuazione delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative
alle procedure di appalti nei settori esclusi" e successive modifiche ed integrazioni.
8. D.L.vo 18 agosto 2000, n.267, "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali" e
successive modifiche e integrazioni - Titolo V - Servizi e interventi pubblici locali - Articoli
112 - 123.
9. L. 21 dicembre 2001, n.443, "Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti
produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive" e successive
modifiche e integrazioni (cd. Legge obiettivo)
10. D. L.vo 20 agosto 2002, n.190 "Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n.443, per la
realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse
nazionale".
35
A ciò si aggiungono le seguenti delibere dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici:
1. Atto di determinazione n.8 del 17 febbraio 2000, "Quesiti relativi alla natura dei termini indicati negli art.37 ter
e 37 quater della legge 11 febbraio 1994, n.109 e successive modificazioni".
2. Atto di determinazione n.12 del 7 marzo 2000, "Concessione di lavori pubblici e attività di progettazione.
Art.19, comma 1 della legge 11 febbraio 1994, n.109 e successive modificazioni".
3. Atto di regolazione n.34 del 18 luglio 2000, "Project financing - Piano economico finanziario".
4. Atto di regolazione n.51 del 26 ottobre 2000, "Offerte nella licitazione privata conseguente a proposta del
promotore nel project financing".
5. Atto di regolazione n.5 del 31 gennaio 2001, "Appalti di forniture e appalti di lavori".
6. Atto di determinazione n. 20 del 4 ottobre 2001, "Finanza di progetto"
7. Atto di determinazione n. 4 del 6 marzo 2002, "Finanza di progetto: quesiti posti in materia di gara per la scelta
dei partecipanti alla procedura negoziata, di variazione della composizione del promotore e di possibilità di
impiego della procedura del promotore per il"ciclo integrale delle acque"
15
A) Le Fattispecie tipiche36
Concessione di lavori pubblici (concessione di costruzione e gestione)
(art. 19 co.2 l. 109/94 e art. 7 d.lgs. 190/02)
Contratto tra un soggetto privato e una P.A. avente ad oggetto progettazione, esecuzione delle opere
unitamente alla loro gestione. Ciò che caratterizza la concessione, dunque, non è tanto il binomio
progettazione-esecuzione (che si ritrova anche nell’appalto integrato di cui all’art. 19, comma 1,
lett. b)), quanto l’aspetto gestionale.
La modalità di scelta del contraente è la licitazione privata, basata su un progetto preliminare (art.
20, comma 2). Non sono sussumibili sotto unica fattispecie la gara ordinaria per l’affidamento di
concessione prevista dal suddetto art. 20 e la gara attivata dal promotore nella procedura di Project
financing (artt.37 bis e ss.)37. Le due gare hanno in comune il sistema di realizzazione dei lavori, e
cioè sono preordinate alla stipulazione del contratto di concessione di costruzione e gestione di cui
all’art. 19, comma 2 della Legge, tuttavia costituiscono appunto due procedimenti diversi. La
diversità è genetica. In un caso l’attivazione è dell’Amministrazione, nell’altro (project financing) è
del soggetto privato.
Il corrispettivo per il privato è rappresentato dal diritto di gestione del bene. Qualora
l’Amministrazione rilevi l’opportunità politico-amministrativa che gli utenti del servizio finale
abbiano a pagare un costo equo sotto l’aspetto socio-economico – in modo che tutti i cittadini
possano effettivamente godere di quel servizio – la differenza rispetto a quello che potremmo
definire prezzo "di mercato" viene coperta dall’Amministrazione con una contribuzione.
L’eventuale contributo pubblico è diretto, infatti, a garantire al concessionario il perseguimento
dell’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione; comunque il
rischio della gestione deve essere in capo al privato. Occorre infatti evitare che, senza pareggio fra
spese di investimento e proventi di gestione, possa risentirne la "qualità del servizio" finale da
rendersi alla collettività. Tuttavia, l’Amministrazione potrebbe con atto di discrezionalità tecnica
valutare che l’equilibrio economico-finanziario fra investimento e utili di gestione sia comunque
perseguibile anche senza corresponsione di contributo pubblico.
Schemi operativi:
1) Infrastruttura che si che si autofinanzia;
2) infrastruttura che necessita di un contributo della P.A.;
3) infrastruttura che richiede il pagamento di un canone da parte della P.A.;
4) infrastruttura che richiede sia l’erogazione di un contributo pubblico che il pagamento di un
canone.
Contraente generale
(Art. 9 d.lgs n. 190/02)
Contratto tra un soggetto privato e la P.A. avente ad oggetto la progettazione, l’esecuzione con
qualsiasi mezzo e il prefinanziamento di ll.pp contro un corrispettivo pagato in tutto o in parte a
lavori ultimati. Il limite del prefinanziamento è fino al 20% dell’importo posto a base di gara.
Project Financing
(art.20, 2° comma e artt. 37 bis e ss l.109/94)
Operazione di finanziamento di una di una specifica iniziativa economica, realizzata, di norma,
tramite una società costituita ad hoc, il PF costituisce una delle modalità applicative del PPP per la
realizzazione di opere infrastrutturali pubbliche e di pubblica utilità (v. infra cap.4).
36
Per la distinzione tra fattispecie di PPP “tipiche” e “atipiche” vedi “Partenariato Pubblico – Privato per la
realizzazione di opere pubbliche: impatto sulla contabilità nazionale e sul debito pubblico”, Unità Tecnica Finanza di
Progetto-giugno 2004.
37
vedi L. Bellagamba, “Aspetti della concessione e del project financing”, in www.giustamm.it.
16
L’operazione è valutata dal soggetto privato (finanziatore), fin dallo stato iniziale, in funzione della
redditività e del flusso di cassa (cash flow) che essa è in grado di generare e che costituiscono la
garanzia primaria per il rimborso del debito ed il capitale di rischio (equity).
Quando un soggetto concedente vuole fare ricorso alla finanza di progetto, la legge 109/1994 mette
a disposizione due procedimenti amministrativi: il primo “ad iniziativa pubblica” (articolo 20,
comma 2), il secondo “ad iniziativa privata” previsto negli articoli 37-bis e seguenti.
La finalità di questi due procedimenti è quella di individuare l’affidatario di un contratto di
concessione di costruzione e gestione, disciplinato dall’articolo 19, comma 2, della legge 109/1994.
Concessione a terzi per la gestione di un servizio pubblico locale
(art.113, V comma, lett.a TUEL)
Contratto tra la PA ed una società di capitali individuata in base ad una procedura ad evidenza
pubblica per la gestione di un servizio pubblico locale (vedi infra par. 3.2.2.).
Società mista ai sensi del TUEL
(artt.113, V comma, lett.b, 116 e 120 del TUEL)
E’ una società tra la PA ed un soggetto privato per la gestione di un servizio pubblico locale a
rilevanza economica (art.113, 5°c., lett.b)), oppure per la realizzazione di opere connesse al servizio
pubblico (art.116) o ancora per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana (art.120).
Quanto alla scelta del socio privato, 38 è regola acquisita nell’ordinamento interno quella del ricorso
a procedure selettive. Il legislatore ha, infatti, previsto che il socio privato debba essere scelto
attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica nel caso in cui si tratti di
costituire, ad esempio, le società miste per la gestione di servizi pubblici locali (art. 113, c. 5, t.u.
267/2000 come modif. dall’art. 14 del d.l. 269/03 conv. dalla l. 326/03), le società per la riscossione
dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali (art. 52, c. 5, lett. b), d.l.vo 446/1997 e art. 2, c.
2, del d.m. 11 settembre 2000, n. 289), le società di trasformazione urbana (art. 120, TUEL e s.i.m.)
e le società senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria (art. 116, TUEL e s.i.m. e art. 1,
c. 4, d.p.r. 533/96).
Il modello di società mista che si è sviluppato tradizionalmente in Italia non coincide né con quello
ipotizzato dalla Commissione europea nel Libro Verde né con quello dell’organismo in house, ma,
in un certo senso, li comprende entrambi, condividendo:
- con gli organismi in house la possibilità di essere affidatarie dirette degli incarichi ad esse
attribuiti, nonché, almeno di solito, la prevalenza della loro attività a favore dell’ente o degli
enti pubblici che le costituiscono39,
- con le società miste ipotizzate dalla Commissione europea la necessità che il socio privato
venga scelto mediante una procedura concorrenziale e, quindi, nel rispetto del diritto
comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni.
Le società miste previste dall’ordinamento interno si differenziano, invece, da quelle ipotizzate
dalla Commissione europea40, soprattutto, perché il ruolo che in esse esercita il socio pubblico non è
quello di un semplice controllore, ma quello di gestore o co-gestore di tali attività affidate alla
società. Per cui, d’altra parte, in dette società non è sempre necessaria la presenza di soci privati
imprenditori, essendo possibile che alla stessa partecipino soci investitori, utenti, dipendenti, ecc.
38
C.Tessarolo, “Il paternariato pubblico-privato - La scelta del partner privato” luglio 2004, in
www.dirittodeiservizipubblici.it
39
Le società miste in questione si differenziano, invece, dagli organismi in house perché i controlli che su di esse
esercitano gli enti pubblici che le costituiscono sono quelli che vengono normalmente esercitati dai soci di una società
di capitali e non hanno, perciò, nulla a che vedere con i controlli ai quali devono essere sottoposti gli organismi in
house.
40
C.Tessarolo, “Il paternariato pubblico-privato - La scelta del partner privato”, luglio 2004, in
www.dirittodeiservizipubblici.it
17
Società mista ai sensi del codice civile
(artt.2247 e ss.)
E’ una società tra la P.A. ed il soggetto privato per la realizzazione e/o gestione dei ll.pp..
Fondazione di partecipazione
(art. 14 e ss codice civile)
Negozio tra P.A. e privato per la gestione dei servizi pubblici.
Acquisto di cosa futura
(art. 1472 cod.civ)
Contratto avente ad oggetto l’acquisto della proprietà di un bene immobile appena questo viene ad
esistenza.
B) Le fattispecie atipiche
Concessione di servizi
(art. 1, par. 4, direttiva 2004/17/CE)
Contratto tra la PA ed un privato per la gestione di un servizio41, il corrispettivo per il privato è
rappresentato unicamente dal diritto di gestire il servizio, eventualmente accompagnato da un
prezzo, purchè il rischio resti sempre in capo al soggetto privato.
La concessione di servizi42 può essere un contratto misto di lavori (per la realizzazione di un opus) e
servizi (per la gestione dell’opera stessa e per l’erogazione di eventuali servizi alla collettività), in
cui la componente di erogazione dei servizi è dunque compresente e prevalente con l’elemento di
ristrutturazione funzionale dell’immobile.
41
L’articolo 1, comma 4, della direttiva, definisce la concessione di servizi come un contratto che presenta le stesse
caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente
nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
42
Dal punto di vista normativo, la concessione di servizi, come contratto misto con prevalente la componente di
servizi, è fuori applicazione della legge 109/1994: vedi da ultimo, M.Ricchi, “Pf, anche la concessione di servizi è fuori
dal modello della Merloni”, in “Edilizia e territorio” del Sole24ore, n.10/2004. Nel nostro ordinamento nazionale la
concessione di servizi non è disciplinata, tuttavia giova percorrere l’itinerario giuridico per la ricostruzione dell’istituto
e l’identificazione delle norme a esso applicabili. La comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni
nel diritto comunitario rileva che la concessione di servizi è un contratto misto, infatti, il 16º considerando della
direttiva servizi (92/50/CEE) indica che “gli appalti pubblici di servizi... possono in certi casi includere i lavori; che tali
lavori non possono giustificare la classificazione dell’appalto come appalto pubblico di lavori nella misura in cui sono
accessori e non costituiscono l’oggetto dell’appalto”. La Comunicazione, prendendo le mosse da questa ripartizione tra
appalti di lavori e appalti di servizi e ritenendo traslabile il criterio di demarcazione nel campo delle concessioni,
precisa: “se il contratto riguarda principalmente la costruzione di un’opera per conto del concedente, si tratta di una
concessione di lavori. In tal caso, purché la soglia di applicazione della direttiva sia raggiunta (cinque milioni di euro),
va applicato il regime previsto dalla direttiva lavori, anche se esistono aspetti legati ai servizi”. E ancora: “al contrario,
un contratto di concessione che contempli la realizzazione di lavori solo a titolo accessorio o riguardi unicamente la
gestione di un’opera esistente, va trattato come una concessione di servizi”.
Il criterio della prevalenza dell’oggetto, focalizzando la scelta in base all’oggetto principale del contratto, permette di
stabilire quale sia la disciplina applicabile. La normativa nazionale risolve il criterio della prevalenza dell’oggetto in
quello della prevalenza economica. Infatti, la legge n.109 nell’articolo 1, comma 1, precisa che “nei contratti misti di
lavori, forniture e servizi e nei contratti di forniture o di servizi quando comprendano lavori accessori, si applicano le
norme della presente legge qualora i lavori assumano rilievo economico superiore al 50 per cento”. Per cui il contratto
di concessione di servizi è fuori dal campo di applicazione della Merloni.
Tuttavia, sempre in relazione al contratto di concessione di servizi, l’articolo 8, comma 8 della legge n. 415 del 1998, ha
assoggettato esplicitamente le concessioni di servizi pubblici “ove compatibili, alle disposizioni di cui all’art. 19,
comma 2-bis della legge n. 109”. Per cui, la legge 109/1994 troverà applicazione obbligatoria con riguardo al contratto
di concessione di servizi per la disciplina della durata della concessione, per le modifiche ai presupposti di base che
determinano l’equilibrio economico-finanziario della gestione e per i meccanismi del suo riequilibrio.
18
Global service
(norma UNI 10685/98)
Contratto di esternalizzazione basato sui risultati, che comprende una pluralità di servizi sostituitivi
delle normali attività di manutenzione di un immobile o di un patrimonio immobiliare con piena
responsabilità dei risultati da parte dell’assuntore (cd. global service manutentivo).
Leasing operativo
Contratto tra una società concedente che produce e/o gestisce il bene e la P.A. utilizzatrice del bene.
Può avere ad oggetto beni mobili e/o immobili anche realizzati ad hoc. La P.A. utilizzatrice
corrisponde un canone alla società concedente comprendente gli oneri relativi alla disponibilità, le
quote di ammortamento e gli oneri finanziari e le spese di funzionamento e manutenzione.
Il leasing può costituire una valida soluzione soprattutto nel caso di opere pubbliche (come
ospedali, scuole, carceri) la cui realizzazione e gestione da parte di privati è remunerata
esclusivamente, o principalmente, attraverso pagamenti effettuati dalla Pubblica Amministrazione
su base commerciale.
I vantaggi connessi all’utilizzo di tale modello contrattuale derivano dal: (a) trasferimento dei rischi
relativi all’inadeguata realizzazione dell’opera alla società di leasing; (b) possibile inserimento,
nell’ambito della complessiva operazione, di una componente operativa, in virtù della quale il
privato può anche assumere la gestione di servizi inerenti l’opera una volta realizzata.
Per quanto riguarda l’individuazione delle procedure di gara, è imprescindibile che la scelta della
società di leasing sia effettuata nel rispetto di procedure di evidenza pubblica.
Sale & Leaseback
Contratto con cui la P.A. cede la proprietà di un bene ad un privato che glielo concede in godimento
a fronte di un canone mensile. La P.A. può alla fine del periodo di godimento riscattarsi il bene
pagando la rata finale.
C) Le forme di PPP nella prassi internazionale43
Contracting out
Contratto con parte privata per la progettazione e costruzione di opere pubbliche che vengono
finanziate e rimangono in capo al soggetto pubblico. L’operazione si caratterizza per il
trasferimento del rischio di costruzione e progettazione in capo al privato ed il contenimento dei
tempi di realizzazione. Le ciriticità sono le seguenti: la separazione della costruzione dalla gestione
potrebbe aumentare il rischio di quest’ultima. E’ uno schema adatto, dunque a progetti con ridotti
requisiti gestionali; nonché a situazioni in cui il soggetto pubblico preferisce ritenere la
responsabilità operativa.
D.B.F.T. (Design Build Finance and Transfer)
S tratta di un modello in cui un’azienda privata progetta e costruisce e anticipa il finanziamento di
un nuova infrastruttura e quindi la cede alla Pubblica amministrazione. L’operazione si caratterizza
per il coinvolgimento dei capitali privati e il trasferimento del rischio di progettazione e di
costruzione. Le caratteristiche del modello sono le seguenti: i) complessità contrattuale; ii) tempi
lunghi per la fase di aggiudicazione iii) maggiore focus nella fase definitoria e di monitoraggio; iv)
43
Nel complesso, sono formule molto utilizzate, specie BOT, BOO, DBOM, per il Project Financing (per cui vedi,
infra, capitolo 4, ma anche al di fuori dello stesso, nel contesto del PPP: L.Zaninotto, “Il contesto normativo del PF”,
2004, in www.utfp.it
19
adatto alla realizzazione di infrastrutture stradali e progetti del settore idrico e del settore
smaltimento rifiuti urbani.
Service Contract
Con questi schemi il settore privato viene coinvolto esclusivamente per la prestazione di specifici
servizi, quali ad esempio la manutenzione e la contabilità. I vantaggi sono i seguenti: i) apporto
dell’esperienza settoriale dei privati relativa all’esercizio di specifici servizi; ii) facilità di controllo
da parte del settore pubblico. Le caratteristiche sono: i) riduzione dei costi non risulta efficace in
presenza di marcate inefficienze strutturali del sistema; ii) adatto a situazioni in cui il soggetto
pubblico preferisce trasferire la responsabilità operativa.
Management Contract
Tali contratti trasferiscono al settore privato la responsabilità della gestione e della manutenzione di
servizi pubblici di proprietà del settore pubblico. Il corrispettivo può essere correlato al
raggiungimento di standard di efficienza.
LEASE (BLT) (Build Lease and Transfer)
Un’azienda privata a fronte di un certo canone acquisisce i diritti dei ricavi di un servizio pubblico
in cambio della gestione commerciale del servizio. Le caratteristiche sono: trasferimento del rischio
commerciale a carico del privato; maggiore focus nella fase definitoria e di monitoraggio;
complessità contrattuale.
BTO (Build, transfer and operate)
Il modello comporta che la proprietà dell’opera sia dell’ente pubblico, e che il promotore
semplicemente progetti e realizzi l’opera. Quanto alla gestione, è svolta, per lo più, dall’Ente
Pubblico o dalla società mista tra Ente Pubblico e privati promotori.
BOT (Build Operate and Transfer)
Si tratta di un modello in cui un’azienda privata costruisce un nuova infrastruttura, la gestisce per
un numero determinato di anni, quindi la cede alla Pubblica amministrazione. Le caratteristiche
sono: coinvolgimento dei capitali privati; trasferimento del rischio di progettazione e di costruzione;
complessità contrattuale; tempi lunghi per la fase di aggiudicazione; maggiore focus nella fase
definitoria e di monitoraggio; è adatto a progetti con elevati requisiti gestionali; è adatto a progetti
del settore idrico e del settore smaltimento rifiuti urbani.
DBFO (Design Build Finance and Operate)
Si tratta di un modello in cui un’azienda privata progetta e costruisce un nuova infrastruttura, la
gestisce per un numero determinato di anni; quindi tutta l’attività di progetto, incluso il
finanziamento, è affidata ai privati. Le caratteristiche sono: coinvolgimento dei capitali privati;
trasferimento del rischio di progettazione e di costruzione; contenimento dei tempi di realizzazione;
miglioramento della gestione e della manutenzione; complessità contrattuale; tempi lunghi per la
fase di aggiudicazione; maggiore focus nella fase definitoria e di monitoraggio; è adatto a progetti
con elevati requisiti gestionali; è adatto alla realizzazione di infrastrutture stradali e progetti del
settore idrico e del settore smaltimento rifiuti urbani
CONCESSION
Affida ai privati la responsabilità della gestione, della manutenzione e della realizzazione degli
investimenti. Tale formula contrattuale prevede che gli asset siano di proprietà pubblica mentre la
gestione viene affidata a privati. Le caratteristiche sono: trasferimento dei rischi di gestione;
maggiore focus nella fase definitoria e di monitoraggio; complessità contrattuale; adatto ai progetti
20
in cui è possibile una tariffazione; adatto alla realizzazione di infrastrutture stradali e progetti del
settore dello smaltimento rifiuti urbani.
BOO (Build, own and operate)
Tale modello si differenzia dal BOT perché la società di progetto è la proprietaria dell’opera e,
dunque, non trasferisce all’ente concedente il bene al termine del periodo di concessione, ma
rinegozia gli accordi per una proroga della concessione stessa;
DBOM (Design, build, own, mantain)
Tale modello si differenzia dal BOO perché il privato, tra l’altro, progetta e manutiene il bene, ma
la gestione può essere affidata ad un terzo.
BOST (Build, operate, subsidize and transfer)
Tale modello, al pari del BOT comporta che la proprietà dell’opera sia del concessionario per tutta
la durata della concessione e venga trasferita al concedente al termine del contratto, ma il
concedente eroga contributi pubblici sia per la costruzione che per la gestione, data il livello
insufficiente delle tariffe.
ROL (Rehabilitate, operate and leaseback)
Tale modello comporta la ristrutturazione e gestione di un bene, mentre la proprietà è gestita
attraverso un contratto di leasing finanziario.
21
3. Applicazioni del PPP
3.1. nel settore delle opere pubbliche (infrastrutture e riqualificazione urbana)
Negli ultimi dieci anni, il settore delle infrastrutture pubbliche si è caratterizzato per una graduale
apertura alle operazione di PPP, tuttavia solo di recente si è acquisita la consapevolezza dei benefici
legati ad una maggiore partecipazione dei capitali privati nella costruzione e gestione delle
infrastrutture pubbliche44, sfruttando l’opportunità di ottimizzare tutte le potenziali sinergie tra il
settore pubblico e quello privato.
Tra gli effetti positivi45, certamente l’impatto sulla finanza pubblica, e oltre a ciò, bisogna anche
considerare il rilevante contributo che le capacità tecniche e l’esperienza dell’operatore privato
possono apportare, tra l’altro, in termini di acquisizione di know how e di ottimizzazione dei costi di
costruzione e gestione, in particolare:
il settore privato è posto nelle condizioni di fornire le proprie capacità manageriali,
commerciali ed innovative nella progettazione, finanziamento, costruzione e gestione di
infrastrutture di pubblica utilità, ottenendone un ritorno economico;
il settore pubblico trae beneficio, in termini economico-finanziari, attraverso una riduzione
del proprio impegno finanziario complessivo e, più in generale, un miglioramento della
qualità di servizi erogati;
di conseguenza risultano essenziali:
la partecipazione attiva del settore privato in tutte le fasi della realizzazione
dell'infrastruttura e dell'erogazione dei relativi servizi;
l'ottimizzazione dei costi per il settore pubblico (value for money), da intendersi non solo
come costo effettivo di realizzazione dell'infrastruttura, ma anche della gestione della stessa
in funzione dei servizi da prestare all'utenza;
il trasferimento di livelli di rischio al settore privato, identificando il soggetto più idoneo a
sopportarne gli effetti, in funzione dell'ottimizzazione della loro gestione.
Il risultato è lo sviluppo di numerose forme di cooperazione tra Pubblica Amministrazione e privati,
che la P.A. può favorire con modalità diverse a seconda delle caratteristiche degli interventi da
realizzare46, in particolare:
definendo un assetto regolamentare ed una programmazione degli investimenti favorevole
alla partecipazione dei privati;
predisponendo studi di fattibilità delle opere;
definendo un contesto politico-amministrativo in grado di assicurare uno scenario di
certezza per i finanziatori del progetto;
predisponendo un ambiente fiscale favorevole all’iniziativa;
concedendo i terreni sui quali l’opera deve essere costruita;
contribuendo finanziariamente, sotto forma di sovvenzioni, mutui agevolati o garanzie,
ovvero contribuendo alla copertura di specifici rischi, difficilmente allocabili sulle
controparti commerciali partecipanti all’iniziativa.
In effetti, il successo del programma di interventi infrastrutturali e lo sviluppo del settore sono stati
indicati tra i principali fattori di crescita economica del Paese47. Nel DPEF 2002-2006, vi sono, a
questo proposito, espressi riferimenti all’importanza del ricorso al PPP nel settore delle
44
L.De Pierris, “Improving the infrastructure”, in www.infopieffe.it
UTFP, “Il ricorso alla finanza di progetto nella realizzazione di opere pubbliche”, aprile 2002, in www.utfp.it;
46
UTFP, “Il ricorso alla finanza di progetto nella realizzazione di opere pubbliche”, aprile 2002, in www.utfp.it;
47
L’Italia è al 14° posto in Europa per il livello di spesa pubblica in investimenti infrastrutturali, L.De Pierris,
“Improving the infrastructure”, in www.infopieffe.it
45
22
infrastrutture pubbliche, con una stima degli investimenti previsti nel periodo considerato pari a 25
miliardi di euro, ma anche sollecitazioni alle pubbliche amministrazioni perché diminuiscano
sempre più i servizi pubblici erogati direttamente.
Tali indicazioni del DPEF 2002-2006 si rispecchiano in una serie di interventi normativi, tutti
contenenti misure per incrementare la partecipazione del capitale privato agli investimenti
infrastrutturali:
- la Legge Obiettivo, l.n.443/01;
- la delibera CIPE n.121/01 che contiene una prima elencazione di opere strategiche;
- la riforma con la legge n. 166/2002 della legge Merloni (n.109/94 - legge quadro sui lavori
pubblici);
- il d.lgs. n.190/02 introduttiva della figura del General Contractor.
Il quadro normativo di riferimento si basa, quindi, principalmente:
- sulla legge n.109/04 e successive modificazioni, che si inserisce nel contesto di una strategia
di attrazione degli investimenti privati nella costruzione e gestione di progetti infrastrutturali,
in settori tradizionalmente pubblici, con lo scopo di stimolare la crescita delle operazioni di
PPP nel mercato italiano (due le tipologie procedurali disciplinate, la concessione di lavori
pubblici (art.19) e il project financing (art.37 bis));
- sulla Legge Obiettivo, che si ispira alla stessa strategia di impulso degli investimenti
infrastrutturali, con l’individuazione da parte del governo centrale, di concerto con le
amministrazioni locali, di un complesso di infrastrutture ritenute strategiche per lo sviluppo
del Paese48.
L’obiettivo dell’ intervento legislativo di cui alla legge n.443/01 (Legge Obiettivo) è, dunque,
quello di riaffermare la credibilità dello Stato per la realizzazione delle infrastrutture di interesse
nazionale per cui, per le opere identificate dal Governo come strategiche è stata prevista
un’accelerazione procedurale, attraverso una semplificazione delle procedure. Su queste basi, è stata
poi indicata con delibera CIPE n.121/01 una prima lista di più di 200 opere strategiche; mentre il
DPEF 2002-2006 elenca 21 progetti infrastrutturali strategici da realizzare in regime di Legge
Obiettivo.
Inoltre, a seguito dell’emanazione della legge obiettivo, il d.lgs. n.190/02 ha introdotto e
disciplinato la nuova figura del General Contractor, modellandola sulla direttiva comunitaria
93/37/CE (ora sostituita dalla direttiva 2004/18/CE). La nuova disciplina si differenzia dalle
tradizionali forme di affidamento degli appalti pubblici, seguendo una schema DBFT (design, build,
finance and transfer), che trasferisce il minimo rischio sul privato e in base al quale il soggetto
pubblico si occupa di indicare le linee generali del progetto, mentre sarà a carico del general
contractor la progettazione definitiva, l’esecuzione dell’opera con qualunque mezzo, ed il
prefinanziamento (in tutto o in parte) dei lavori; il general contractor non sarà invece responsabile
della gestione dell’opera, che una volta realizzata, sarà trasferita al soggetto pubblico.
In questo contesto, la legge n.166/2002 ha, infine, parzialmente modificato le previsioni della
legge Merloni, con lo scopo di rimuovere una serie di colli di bottiglia messi in evidenza
dall’esperienza durante gli anni di applicazione della normativa sui lavori pubblici. Tra i punti della
legge quadro sui llpp che, prima della riforma, hanno reso per i soggetti privati meno attraenti
rispetto ad altri Paesi europei gli investimenti in progetti pubblici49:
- la grande enfasi posta sulla fase della costruzione, piuttosto che su quella della gestione;
48
La legge obiettivo va, peraltro, collocata nel contesto della riforma del Titolo V della Costituzione ex legge n.3/2001,
che attribuisce alle Regioni il potere legislativo in materia di appalti pubblici.
49
L.De Pierris, M.Foschi “Italian PPP’s: an update”, in wwww.infopieffe.it
23
-
la rigida regolamentazione delle procedure che a volte ha ostacolato l’effettività della
“contrattazione” con uno rapporto di forza sbilanciato a favore dell’autorità aggiudicatrice;
la previsione per cui la durata della concessione non può essere superiore a 30 anni;
la previsione per cui il prezzo (id est contribuzione pubblica) corrisposto dal soggetto pubblico
non può superare il 50 per cento dell’importo totale dei lavori.
La legge n.166/2002 abolisce appunto il limite dei 30 anni per la durata della concessione e quello
del 50% per la contribuzione pubblica. Inoltre, lo stesso legislatore, introduce una radicale
rivisitazione nella disciplina del PF, in particolare, introducendo l’istituto della “prelazione” (per cui
vedi infra cap.4) che, come si ritiene da più parti50, è stato uno dei principali fattori della grande
crescita dei bandi di Project financing, rendendo le operazioni più appetibili per gli operatori privati.
Ciò detto per quanto riguarda la c.d. legge Merloni, il mercato del partenariato pubblico privato
è costituito (v. par.2.2.) da una varietà di schemi contrattuali atipici (come ad es. il leasing
operativo), da modelli concessori e da altre figure che vanno dalla costituzione di partnership per la
gestione di piani di trasformazione urbana a sponsorizzazioni di restauri e riqualificazioni urbane.
Le amministrazioni pubbliche, soprattutto i Comuni, scelgono di utilizzare le diverse opportunità a
seconda delle opere da realizzare, ma anche in base alla loro capacità di accesso e alla disponibilità
di risorse. Tali processi si caratterizzano per l’ampia gamma di formule e schemi a disposizione a
cui le committenze ricorrono sulla base di fattori differenti (es., complessità delle operazioni
oggetto dell’appalto, inserimento delle stesse in programmi e piani a finanziamento nazionale o
regionale); infatti, le differenze tra i diversi schemi sono di “contenuto”, ovvero attengono al
diverso peso della costruzione e gestione di un’opera rispetto alla fornitura di un servizio o ad altre
opportunità connesse a specifiche procedure diverse dalla concessione, spesso legate ad interventi
di riqualificazione di parti di territorio, oltre che ad opere con specifiche caratteristiche.
In particolare, tra gli schemi di PPP più applicati nel mercato italiano delle infrastrutture51 vi
sono il BOT (Build, Operate, Transfer), e il BLT (Built, Lease and Transfer), a cui si è fatto ricorso
nei settori dell’ambiente (energia e rifiuti), delle risorse idriche, dei trasporti, della mobilità urbana,
dei servizi congressuali, della sanità. Si tratta di schemi che spesso si basano su un contributo
pubblico sotto forma di sovvenzione o incentivo, a differenza degli schemi contrattuali di cui agli
artt.19 e 37 bis della legge n.109/94 che si applicano a progetti che si caratterizzano per la capacità
di copertura delle spese di investimento attraverso i proventi di gestione dell’opera, ovvero progetti
in cui la necessità della contribuzione pubblica è determinata esclusivamente da esigenze di
carattere sociale o di garanzia di certi standards qualitativi.
All’esito delle vicende fin qui descritte, di recente, sono stati registrati una serie di segnali
positivi52 quanto al ricorso ad operazioni di partenariato pubblico privato per la costruzione e
gestione delle infrastrutture pubbliche:
- le pubbliche amministrazioni hanno cominciato a percepire il PPP non solo come una fonte per
attingere a capitali privati, ma anche come mezzo per migliorare le proprie capacità tecniche e
specialistiche;
50
vedi “Il dialogo pubblico-privato”, agosto 2004, in rivista di diritto pubblico “Giustizia amministrativa”, a cura di
G.Saporito , www.giustamm.it.; P.Buzzetti, “La domanda di nuove regole”, atti del seminario “Il Partenariato Pubblico
Privato: un’opportunità per l’Italia”, Roma 2 marzo 2005; L.Zaninotto, “Il contesto normativo del PF”, 2004, in
www.utfp.it
51
Vedi L.De Pierris, M.Foschi “Italian PPP’s: an update”, in wwww.infopieffe.it; vedi infra, schemi atipici di PPP,
par.2.2.
52
L.de Pierris, M.Foschi “Italian PPP’s: an update”, in wwww.infopieffe.it
24
- una sempre maggiore attrazione del settore pubblico verso il capitale privato determinata dalla
possibilità di acquisire tecniche di progettazione, costruzione e gestione innovative;
- l’aumento dei soggetti privati interessati ad investire in iniziative di partenariato pubblico
privato grazie all’individuazione di progetti di alto profilo;
- il mercato delle opere pubbliche è sempre più nel segno del “dialogo competitivo”, nel senso
“comunitario” del termine.
Sono, infatti, numerose le ragioni per cui il ricorso al PPP può dare oggi, in Italia, un importante
contributo al processo di modernizzazione53 del Paese, tra l’altro:
- la possibilità di incrementare la dotazione infrastrutturale del Paese a parità di risorse pubbliche
impegnate, ovvero di liberare risorse pubbliche da impiegare in quei settori in cui i servizi di
pubblica utilità sono ancora carenti;
- una più attenta fase di programmazione, l'adozione di procedure di gara trasparenti, una
migliore allocazione dei rischi, attraverso un'opportuna contrattualizzazione delle rispettive
responsabilità, quali condizioni dirette a consentire una più efficiente gestione dell'opera,
funzionale alla prestazione di servizi di pubblica utilità qualitativamente migliori;
- un'ottimizzazione dell'uso delle risorse disponibili, capaci di generare un circolo virtuoso tra
spesa pubblica e prestazioni di servizi pubblici (miglioramento dei servizi di pubblica utilità
erogati a parità di spesa pubblica) in funzione della qualità delle opere pubbliche.
E dai dati dell’Osservatorio Nazionale sul Project Financing54, emerge che il valore del mercato del
PPP è andato progressivamente aumentando nell’ultimo triennio.
I dati dell’Osservatorio indagano due fenomeni distinti: le iniziative di preselezione che
costituiscono quella che possiamo chiamare una “domanda virtuale” di PPP, trattandosi di iniziali
richieste di proposte progettuali che le amministrazioni pubbliche avanzano ai privati e dove non vi
è nessuna certezza che si possano trasformare in progetti e poi in gare e da qui in opere; il “mercato
reale” del PPP, ovvero le iniziative per cui ci sono un progetto, una gara, un bando. Anche la
domanda potenziale è evidentemente un indicatore interessante sull’andamento del mercato del
PPP, in quanto misura l’interesse delle Amministrazioni Pubbliche per le opportunità del
Partenariato Pubblico Privati (anche, ma non solo, per supplire alla carenza di risorse pubbliche) in
alternativa al mercato tradizionale degli appalti pubblici55.
L’interesse delle PA per questo fenomeno è, in effetti, in forte crescita come attestano i dati
dell’Osservatorio: si registrano 225 avvisi (come iniziative di preselezione) nel 2002 rispetto ai 533
nel 2003, e ben 703 alla fine del 2004. E’ una domanda potenziale che vale nel 2004 oltre 7 miliardi
di euro, mentre per l’intero triennio il suo valore è di oltre 11 miliardi.
Considerando complessivamente i numeri del “mercato reale” del PPP e quelli della “domanda
potenziale”, viene confermato lo spostamento di valore dal mercato tradizionale al PPP. Il valore
del mercato del PPP rispetto al totale del mercato italiano dei lavori pubblici è andato crescendo
nell’ultimo triennio dal 13,3% del 2002 al 23,4% del 2003, al 30,5% nel 200456. Queste cifre, che
tengono conto di tutte le procedure e fasi del PPP, danno un’idea indicativa del potenziale impatto
53
In questo senso, UTFP “Project finance”, in www.utfp.it
L’osservatorio è promosso dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, dall’Unità Tecnica Finanza di Progetto del
CIPE, da Unioncamere e dalla Camera di Commercio di Roma e realizzato da AeT - Ambiente e Territorio, Azienda
Speciale della CCIAA di Roma, in collaborazione con CRESME ricerche s.p.a. e Tecnocons.
55
Vedi A.Martini, “La crescita del partenariato pubblico-privato in Italia e il mercato dei lavori pubblici”, in
www.infopieffe.it
56
Osservatorio nazionale Project financing, “Rapporto annuale 2004”.
54
25
del fenomeno nel processo di realizzazione delle infrastrutture necessarie al miglioramento
della qualità della vita dei cittadini e della competitività dei sistemi locali57.
Negli ultimi 3 anni (2002-2004) la crescita del Partenariato Pubblico-Privato è stata progressiva:
l’anno decisivo è stato il 2003 con 1.094 iniziative (numero di avvisi, tra iniziative di preselezione e
bandi di gara) che prevedono forme di Partenariato Pubblico-Privato58, contro le 579 del 2002, per
un valore complessivo di oltre 8,3 miliardi, contro i 3,3 miliardi del 2002; la crescita del numero di
operazioni nel 2004 è stata dunque dell’89%, ancora più rilevante la percentuale relativa agli
importi con +154% (la dimensione media dei lavori è cresciuta del 18%)59. Dopo l’esplosione del
2003, che ha fatto registrare un raddoppio del numero degli avvisi rispetto all’anno precedente, con
un aumento del valore delle opere di oltre una volta e mezza, nel corso del 2004 si assiste ad
un’ulteriore accelerazione: 1.647 avvisi tra iniziative di preselezione e bandi di gara in Project
Financing, per concessioni di costruzione e gestione o di altro tipo, ovvero per l’individuazione di
partnership nelle forme più diverse, per un valore complessivo di oltre 12 miliardi e 700 milioni.
Rispetto al 2003 si registra un aumento del 50,5% del numero delle iniziative e del 52% del valore
delle stesse.
Se escludiamo le preselezioni, ossia la fase ancora “virtuale” del processo (la c.d. fase 1 del PF), le
gare relative a operazioni in PPP risultavano poco meno del 7% delle opere pubbliche nel 2002 e il
14% nel 2003; nel 2004 il trend risulta leggermente invertito, rappresentando il mercato reale del
PPP una quota di poco inferiore al 13,3% delle OOPP (la ragione va vista soprattutto nell’aumento
dimensionale degli appalti tradizionali: il confronto tra mercato tradizionale degli appalti e mercato
reale del PPP evidenzia dunque l’importanza di quest’ultimo in termini relativi ma anche assoluti).
Sul piano delle opportunità per le imprese, ovvero rispetto al numero delle gare, il mercato del
PPP ha registrato nel 2003, una crescita rispetto all’anno precedente del 58%, contro una perdita del
mercato delle opere pubbliche nel suo complesso dell’1,6%. Nel 2004 il diverso andamento è
ancora più evidente e consistente: aumento delle gare del PPP del 68,3% contro un calo delle
opportunità del mercato nel suo complesso del 12%60.
Sul piano del valore del mercato, va sottolineato il vero e proprio boom del PPP nel 2003 con una
crescita rispetto al 2002 di oltre il 202%, in una fase comunque di aumento complessivo del
mercato dei lavori pubblici di un 45%. Nel 2004, si è registrato un sensibile rallentamento della
crescita del valore complessivo delle opere poste in gara (15%) a cui ha fatto riscontro un trend di
crescita del mercato del PPP più contenuto rispetto al 2003, pari al 9,5%. Un andamento che trova
la sua spiegazione sulla forte crescita dimensionale media dei lavori in appalto rispetto ad una
contrazione equivalente per quanto riguarda il PPP: si assiste dunque ad uno spostamento della
domanda di opere medio piccole dal mercato tradizionale a quello del PPP, mentre resta prevalente
57
A.Martini, “La crescita del partenariato pubblico-privato in Iatlia e il mercato dei lavori pubblici”, in
www.infopieffe.it
58
Ci si riferisce alle iniziative di PPP attivate nel periodo 2003-2004 identificate per procedura (PF fase I - Selez. di
proposte; PF fase II - Licitazione privata; Concessione di costruzione e gestione; Altre concessioni; Altre procedure).
59
Osservatorio nazionale Project financing, “Rapporto annuale 2004”.
60
Nel processo di contrazione del numero delle gare e di concentrazione delle risorse, quindi, intorno a un numero
minore di appalti, ha contribuito in qualche misura la legge obiettivo sotto due profili: sia per un effetto emulativo che
ha spinto verso l’alto il segmento di mercato rappresentato dalle opere di maggiore dimensione; sia per un effetto
diretto, legato alla procedure di accelerazione previste per le opere in regime di legge obiettivo, per cui per queste
ultime si è registrata la tendenza a razionalizzare e concentrare maggiormente gli appalti: in questo senso, vedi Cresme
per AeT-Ambiente e territorio, “Le grandi opere, la legge obiettivo e il partenariato pubblico privato: prime valutazioni
per uno scenario in movimento”, atti del convegno “Il Partenariato Pubblico Privato: un’opportunità per l’Italia”, Roma
2 marzo 2005.
26
il ricorso ai meccanismi dell’appalto pubblico per quanto riguarda le opere di maggiore
dimensione61.
Nel 2004, in effetti, a fronte di un aumento delle opportunità del mercato del PPP assai più rilevante
rispetto all’intero mercato (73% contro il 50%), si è registrata una contrazione significativa del
valore (-43,6%), dovuta appunto all’assenza di opere di grandi dimensioni nel corso dell’anno, a
differenza di quanto accaduto nel 2003: tale andamento consente di sottolineare come il 2004 sia
stato un anno caratterizzato da una crescita del valore medio delle gare attivate con procedure
differenti da quelle della concessione di costruzione e gestione, quali le concessioni a forte
prevalenza di servizi (ossia dove è molto forte la componente “servizi”: a tale crescita hanno
contribuito, soprattutto, gli affidamenti di servizi idrici integrati in Sicilia) e altre procedure
riguardanti prevalentemente interventi complessi di riqualificazione urbana (dai programmi
integrati ai contratti di quartiere, alle Società di trasformazione Urbana, fino alle sponsorizzazioni
anche di piccoli interventi sul territorio). Quest’ultimo è un segmento di mercato che nel 2004
cresce dell’80% in termini di opportunità per le imprese, e del 17% per importo, senza contare che
si tratta di operazioni che spesso si comportano come moltiplicatore di risorse62.
Per quanto riguarda le opere del programma strategico in regime di Legge Obiettivo per le quali
si è fatto ricorso a procedure di PPP, nel 2002-2004 esse sono state 4, pari all’11% del totale delle
opere appaltate (le operazioni di PPP rappresentano il 19% del totale del mercato delle grandi
opere)63.
Ma il dato importante e interessante che emerge riguardo al mercato delle grandi opere in
generale, è quello relativo alla committenza64: delle 146 opere poste in gara dal 2002 al 2004
facendo ricorso a procedure di PPP, la quota percentuale più rilevante, pari a 60%, è quella
corrispondente all’attività degli Enti locali, in particolare dei Comuni; a tale ambito committenza
corrispondono però opere di dimensione più ridotta, rispetto a quelle avviate da amministrazioni e
enti centrali o da società di realizzazione di opere stradali e ferroviarie, infatti la quota degli enti
locali in valore delle gare si riduce al 48% del totale65.
Continuando l’esame del mercato del PPP, sotto il profilo del settore di attività, i dati
dell’Osservatorio nazionale PF66, evidenziano come la componente del servizio, diventi
determinante nel ricorso a modelli concessori differenti dalla concessione di costruzione e gestione
(che nel 2004 conferma il maggior numero di interventi nei parcheggi, negli impianti sportivi, ma
anche nella sanità e nei trasporti), per tipologie di interventi quali l’arredo urbano (che con 166
interventi nel 2004 risulta essere il più significativo), i cimiteri e le reti di servizi (acqua, gas,
61
A.Martini, “La crescita del partenariato pubblico-privato in Italia e il mercato dei lavori pubblici”, in
www.infopieffe.it
62
Osservatorio nazionale Project financing, “L’onda montante del partenariato pubblico privato”, atti del convegno “Il
Partenariato Pubblico Privato: un’opportunità per l’Italia”, Roma 2 marzo 2005.
63
vedi Cresme per AeT-Ambiente e territorio, “Le grandi opere, la legge obiettivo e il partenariato pubblico privato:
prime valutazioni per uno scenario in movimento”, atti del convegno “Il Partenariato Pubblico Privato: un’opportunità
per l’Italia”, Roma 2 marzo 2005.
64
Cresme per AeT-Ambiente e territorio, “Le grandi opere, la legge obiettivo e il partenariato pubblico privato: prime
valutazioni per uno scenario in movimento”, citato: le categorie di committenti prese in considerazione sono le
amministrazioni centrali, le regioni, gli Enti locali, le Asl e gli enti ospedalieri, le imprese pubbliche.
65
Dal punto di vista della concentrazione territoriale, il mercato delle grandi opere in PPP si concentra soprattutto al
Nord e al Sud, mentre resta minoritario nelle regioni del Centro. Il 44% delle iniziative si registra infatti nelle regioni
del Nord con al primo posto la Lombardia seguita dal Piemonte. La Campania, la Puglia e la Sicilia trainano il Sud dove
si concentra il 41% delle grandi opere. Nel Centro si riscontra soltanto il 15% delle iniziative: Cresme per AeTAmbiente e territorio, “Le grandi opere, la legge obiettivo e il partenariato pubblico privato: prime valutazioni per uno
scenario in movimento”, citato.
66
Osservatorio nazionale PF, Rapporto annuale 2004, citato.
27
energia). Contratti di quartiere e STU sono gli strumenti che alimentano le operazioni di PPP nel
settore della riqualificazione urbana (55 interventi, rispetto agli 11 per i quali si è ricorso a
concessione di costruzione e gestione).
Sotto il profilo dei settori di intervento, l’altro grande mercato del PPP, oltre a quello delle opere
infrastrutturali, è quindi quello della riqualificazione urbana67.
Posto che il peso degli interventi di riqualificazione urbana nel mercato complessivo delle opere
pubbliche, nel 2004, è stato del 33% come numero di iniziative e del 16% del valore delle gare
censite, rispetto a tale quota, le gare relative a operazioni di PPP rappresentano il 7% del numero e
il 20% del valore pari a 1,3 miliardi di euro (con un valore medio delle opere realizzate pari a 4,5
milioni di euro)68: da ciò emerge l’importanza della leva del capitale privato per l’innalzamento del
livello medio degli investimenti nel settore69. Spostando l’indagine sul mercato del PPP, la
riqualificazione urbana si registra come il settore più dinamico, con un numero di iniziative nel
2004 pari a 1.165 su un totale di 1.639 operazioni di PPP, rappresentando quindi le iniziative di
riqualificazione urbana il 71,1% dell’intero mercato del Partenariato Pubblico Privato (a fronte di
una percentuale pari al 62,7% nel 2003), per un valore complessivo pari a 3 miliardi e 247 milioni
di euro. In effetti, quello della riqualificazione urbana è il settore dove si registrano maggiormente
gli effetti della diffusione della cultura del partenariato tra gli operatori privati e si sviluppa la
maggiore “sperimentazione” delle P.A. in termini di modelli e schemi progettuali70. Esso si
caratterizza per un elevato numero di iniziative di dimensione medio - piccola, con interventi diffusi
per la realizzazione di infrastrutture per lo sport e il tempo libero, i parcheggi, il riassetto dell’arredo
urbano, di cui sono protagoniste le piccole e medie imprese locali. Il settore fa registrare un vero e
proprio “balzo”, con una crescita del numero delle iniziative dal 2003 al 2004 pari al 70,8%
(sebbene il valore medio delle stesse diminuisca del 22,3%, proprio a causa della dimensione medio
piccola degli interventi).
Sotto il profilo della committenza, al centro della domanda del mercato del Partenariato Pubblico
Privato ci sono i Comuni che, nel 2004, sono protagonisti dell’84% degli interventi realizzati in
PPP, concentrati però su opere medio-piccole.
67
Osservatorio Nazionale Project Financing, rapporto annuale 2004: l’accezione di riqualificazione urbana utilizzata
per l’analisi è un’accezione ampia che ricomprende tutte le tipologie di opere realizzate in PPP che non rientrano negli
interventi mirati all’erogazione di servizi essenziali (acqua, energia, illuminazione, servizi cimiteriali e smaltimento
rifiuti) e di base (trasporti, sanità e scolastico-sociale); oltre al riassetto dei comparti urbani rientrano nella
riqualificazione urbana, dunque l’arredo urbano e verde pubblico, beni culturali, commercio e artigianato, centri
polivalenti, impianti sportivi, tempo libero, turismo, approdi turistici e parcheggi.
Le tipologie di intervento incluse nel settore della riqualificazione urbana, con riferimento ai dati 2004, sono state
raggruppate dall’Osservatorio in quattro gruppi: a) contenitori urbani per le attività produttive e il tempo libero
(impianti sportivi, tempo libero, beni culturali, commercio e artigianato, direzionale, centri polivalenti e parcheggi); b)
programmi urbani complessi; c) infrastrutture per il turismo; d) arredo urbano e verde pubblico. Il primo gruppo si
caratterizza per l’estremo interesse in termini di modelli imprenditoriali e di effetti sulla qualità della vita urbana, con
un ruolo spesso di catalizzatore per ulteriori interventi di micro-riqualificazione urbana. Il secondo gruppo riguarda
interventi di riassetto di ampi settori urbani, utilizzando forme di partenariato complesse e “mirate” come i Contratti di
quartiere, i PRU, le Società di Trasformazione Urbana, i programmi di edilizia residenziale. Il terzo gruppo,
infrastrutture per il turismo (approdi turistici e contenitori ricettivi), comprende interventi realizzati soprattutto con
contratti di costruzione e gestione. Infine, l’ultimo segmento, quello dell’arredo urbano e verde pubblico, include, fra
l’altro, gli interventi per la realizzazione, riqualificazione, manutenzione e gestione di aree verdi attrezzate, ma anche
installazione, manutenzione e gestione degli impianti pubblicitari.
68
La restante quota del mercato complessivo delle opere pubbliche è composta rispettivamente a) dalle reti di servizi
(acqua, gas, energia, illuminazione e telecomunicazioni), servizi cimiteriali, smaltimento rifiuti e difesa del suolo che
rappresentano il 23% del numero di gare e il 19% del valore delle stesse; b) da trasporti, sanità, e settore scolasticosociale che rappresentano il 44% del numero di gare censite e il 65% del valore totale: data dell’Osservatorio nazionale
PF, Rapporto 2004.
69
Cresme e AeT, “Il partenariato Pubblico Privato e la riqualificazione urbana”, atti del convegno “Il Partenariato
Pubblico Privato: un’opportunità per l’Italia”, Roma 2 marzo 2005.
70
Cresme e AeT, “Il partenariato Pubblico Privato e la riqualificazione urbana”, citato.
28
Il valore complessivo delle iniziative attivate dai Comuni è di 3.740 milioni di euro, pari al 29,7%
del totale del mercato del Partenariato Pubblico Privato; infatti, le committenze nazionali e quelle
delle Regioni sono più concentrate su opere di maggiore dimensione. Guardando, però,
specificamente, al mercato della riqualificazione urbana il valore delle 1.013 iniziative attivate dai
Comuni, (su un totale di 1.377) nel 2004 si attesta su 2.603 milioni di euro, una percentuale pari al
69,6% del totale del mercato della riqualificazione urbana71.
Inoltre, proprio nel settore in discorso, si conferma il successo dello strumento del Project
Financing (vedi infra par.4.3.) presso i Comuni con una crescita progressiva nel triennio 20022004, quando gli avvisi di ricerca del promotore privato sono passati dai 351 nel 2003 ai 437 nel
2004 (+24,5%), le gare e le aggiudicazioni rispettivamente da 43 a 73 (+69,7%) e da 25 a 41
(+64%). Questi risultati evidenziano, come già detto, il grande scarto in termini assoluti tra numero
di avvisi e capacità di trasformarli in gare, per le criticità che ancora caratterizzano il ricorso al PF
per la realizzazione di opere pubbliche (per cui vedi infra, par.4.3.)72.
I dati relativi al settore della riqualificazione urbana sono la dimostrazione dello sforzo degli enti
locali di far fronte da un lato, alla domanda di opere pubbliche e di servizi qualitativamente
migliori, dall’altro alla scarsità di risorse pubbliche per cui i soli finanziamenti pubblici non sono
più sufficienti per realizzare determinate opere, sfruttando il crescente interesse degli operatori
privati verso le nuove opportunità offerte dal mercato del PPP per adeguare il proprio territorio a
nuove funzioni urbane73.
Dal punto di vista della concentrazione territoriale, il valore del mercato del PPP vede nel 2004 al
primo posto il Mezzogiorno che rappresenta il 67,7% del mercato nazionale del PPP74: a ciò
contribuiscono principalmente le concessioni idriche siciliane che rappresentano il 90% del mercato
nazionale delle concessioni di servizi. Quanto alle tipologie diverse da quelle concessorie, il 50%
del valore del mercato nazionale è concentrato al Sud, incidendo fortemente su questo dato la
seconda tornata di contratti di quartiere.
Questo lo scenario attuale del mercato del PPP, in cui, nonostante l’ “onda montante” delle
operazioni registrata nell’ultimo triennio, persistono, tuttavia, criticità da risolvere e obiettivi
ancora da realizzare per incentivare adeguatamente lo sviluppo di operazioni di PPP, in primis,
come sottolineato da più parti75, attraverso il miglioramento del quadro normativo e
“programmatorio” nazionale (vedi infra parr. 4.2. e 4.3.)
71
Osservatorio Nazionale Project Financing, rapporto annuale 2004, citato.
Osservatorio Nazionale Project Financing, rapporto annuale 2004, citato.
73
Cresme e AeT, “Il partenariato Pubblico Privato e la riqualificazione urbana”, atti del convegno “Il Partenariato
Pubblico Privato: un’opportunità per l’Italia”, Roma 2 marzo 2005.
74
Quanto a numero di interventi attivati, i dati dell’Osservatorio nazionale PF, rilevano che è il Nord a detenerne il
maggior numero parti al 48,4% del totale nazionale, “Rapporto annuale 2004”, citato.
75
Con riferimento alla Legge Obiettivo, vedi: OICE, “Risultati e criticità della Legge Obiettivo”, ottobre 2004; cfr.
inoltre, L.De Pierris, “Improving the infrastructure”, in www.infopieffe.it; P.Buzzetti, “La domanda di nuove regole”,
atti del convegno “Il Partenariato Pubblico Privato: un’opportunità per l’Italia”, Roma 2 marzo 2005; M.Ricchi,
“Project financing: le ragioni dell’exploit e le ragioni della prudenza”, Milano, 2004, in www.utfp.it
72
29
3.2. nel settore dei servizi pubblici
3.2.1. Premessa
Il ricorso allo strumento del Partenariato Pubblico Privato (e il relativo spazio di applicazione), nel
settore dei servizi pubblici e, quindi, la scelta del modello di gestione di tali servizi rappresentano
un terreno nel quale si incrociano interessi e tematiche complesse e confliggenti: gli interessi
pubblici e le istanze sociali, da un lato, le esigenze di crescita e sviluppo socio-economico dei
territori, dall’altro.
Il tema dell’incidenza dei servizi di interesse economico generale (ovvero, i servizi erogati in
regime di mercato che le Autorità pubbliche considerano appunto di rilievo generale e pertanto
assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico) sulla capacità del sistema di “crescita,
competitività e sviluppo” implica, infatti, quello della responsabilità delle Autorità pubbliche -nella
percezione diretta ed immediata del cittadino- nello svolgimento del proprio ruolo in una economia
di mercato76.
Tali problematiche, si innestano, peraltro, nel contesto di un quadro normativo in continua
evoluzione. Quanto all’azione comunitaria, essa, in tema di servizi di interesse generale, si è svolta
sulla base di due principi:
- il principio di proporzionalità (in sede di applicazione amministrativa e giurisdizionale dell’art.
86 comma 2° del Trattato), al fine di assicurare un adeguato bilanciamento tra regole di
concorrenza ed adempimento degli obblighi di servizio pubblico;
- il principio di sussidiarietà rispetto all’iniziativa degli Stati Membri che– riservata comunque la
facoltà delle istituzioni comunitarie di sottoporre a scrutinio di proporzionalità ex Art. 86 del
Trattato CE le scelte degli Stati Membri – che lascia comunque a questi ultimi le decisioni in
tema di: a) definizione ed attuazione degli obblighi di servizio pubblico e scelta del modello
organizzativo; b) finanziamento dei servizi di interesse generale; c) valutazione dei servizi di
interesse generale; d) definizione della natura economica ovvero non economica dei servizi di
interesse generale e del loro conseguente assoggettamento o meno alla disciplina di Trattato
(tenuto conto che i servizi di interesse generale non economico -tipicamente il settore del
“welfare”, ovvero sanità, istruzione, assistenza e previdenza sociale- non sono oggetto di
disciplina normativa comunitaria).
Il sistema italiano dei servizi pubblici si è caratterizzato, sotto questo aspetto, per fenomeni di
resistenza ai processi di liberalizzazione, a discapito della crescita di competitività complessiva del
sistema stesso.
Innanzitutto, si rileva una restrizione del processo competitivo su un duplice fronte, che appare
comune (sebbene con profili differenti) ai servizi di interesse generale di rilievo nazionale (energia,
trasporto ferroviario e autostradale, poste etc.) ed a quelli di livello locale (acqua, trasporti urbani ed
extra-urbani, rifiuti, etc.)77.
76
Secondo la Commissione europea i servizi di interesse generale “sono parte dei valori condivisi da tutte le società
europee e costituiscono un tratto essenziale del modello europeo di società”, atteso il loro ruolo “fondamentale per
migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini e per superare l’emarginazione e l’isolamento sociali” nonché per
“stimolare la competitività” complessiva del sistema, “considerandone l’incidenza sull’economia e l’importanza per la
produzione di altri beni e servizi”: vedi “Libro verde sui servizi di interesse generale”, COM (2003), 270; le precedenti
Comunicazioni in tema di Servizi di Interesse Generale, COM (2001), 598 e COM (1996), 281; Libro bianco sui servizi
d'interesse generale, COM(2004) 374, presentato come estensione del Libro Verde sui servizi di interesse generale;
Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni,
COM (2004), 327.
77
A.Lucchetti, “Il subentro del nuovo gestore”, in rivista giuridica on line, www.giust.amm.it
30
Infatti, due fattori come:
a) prioritarie esigenze di cassa
b) la conservazione in capo al soggetto pubblico di ampie quote di partecipazione al capitale dei
gestori parzialmente privatizzati (che inevitabilmente ha costretto la stessa parte pubblica a
favorire il mantenimento dei diritti speciali o di esclusiva, nelle forme del provvedimento di
concessione e in tendenziale assenza di procedure di evidenza pubblica, sia per sostenere il
valore della partecipazione mantenuta sia per beneficiare degli extraprofitti generati grazie a
tali diritti),
hanno concorso, in certi casi, ad orientare – almeno ad oggi –la decisione pubblica verso la scelta di
privatizzazioni di tipo “formale”, intese come sostituzione della veste giuridica di diritto pubblico
con quella di società di capitali di diritto comune, con la conseguente valorizzazione dell’operatore
parzialmente privatizzato attraverso la conservazione in capo al medesimo dei diritti speciali od
esclusivi78, a discapito della opzione di liberalizzazione.
In effetti, la recente sequenza di iniziative legislative in materia di servizi pubblici locali ha in
qualche modo rallentato il percorso del sistema verso “spinte di liberalizzazione”. L’intervento
legislativo del 2003 (art. 14 decreto legge n. 269/03), ha approvato una ulteriore riforma (dopo
quella introdotta ex art.35 della l.448/2001) della disciplina dei servizi locali (artt.112 e ss. del
TUEL), la quale, per un verso, ha ribadito la necessità di procedure di gara sia per le ipotesi di
affidamento a terzi del servizio in regime di esclusiva, sia per l’ipotesi di scelta del socio privato in
caso di esclusiva del servizio affidata a società mista pubblico-privata, ma, dall’altro, ricorrendo ad
una nozione elaborata dalla stessa giurisprudenza comunitaria in tema di appalti pubblici, ha
introdotto la facoltà per gli enti locali, di affidare direttamente il servizio a società terze, purché le
stesse siano integralmente a capitale pubblico e assoggettate ad un regime di controllo da parte degli
stessi soci pubblici “pari a quello esercitato sui propri servizi”.
3.2.2. I servizi pubblici locali
Il quadro normativo in cui si collocano i servizi pubblici locali è costituito dagli artt.112 e ss. del
D.lgs. n.267/2000 - Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti locali – così come novellato
dall’art.14 del d.l. 269/03, convertito nella l. 326/03 (finanziaria 2004) e dall’art. 4, comma 234, l.
350/03 che, in risposta alle osservazioni avanzate dalla Commissione Europea sul sistema
delineatosi con l’entrata in vigore dell’art.35 L.448/2001 (finanziaria 2002), hanno disegnato
nuovamente gli artt.113 e 113 bis del D.Lgs.267/2000.
Secondo l’art.112 del T.U.E.L., ‘gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono
alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a
realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali’.
Due i temi chiave coinvolti dalla prima riforma del settore dei servizi pubblici locali introdotta con
la finanziaria 2002 (art.35): l’apertura alla competizione per il mercato e la progressiva
liberalizzazione della gestione dei servizi pubblici, attraverso l’innovazione della disciplina dei
servizi pubblici locali che si basava sulla introduzione della fondamentale distinzione tra servizi ‘a
rilevanza industriale’ e servizi ‘privi di rilevanza industriale’ (art.113, 1°c., novellato dall’art.35
della finanziaria 2002); veniva, perciò, abbandonato il riferimento dei precedenti testi normativi
all’imprenditorialità di un servizio, quale elemento di discrimine, ormai superato dal dato per cui
78
Occorre rilevare che la titolarità (nonché il mantenimento di diritti speciali ed esclusivi in capo all’operatore
privatizzato (ovvero in corso di privatizzazione) costituisce “valore” dell’operatore medesimo, il quale incrementa le
possibilità di incasso all’esito del processo di privatizzazione.
31
tutti i servizi pubblici, anche i servizi sociali, possono svolgersi secondo criteri imprenditoriali79.
Tale riforma intendeva perciò dare una prima risposta ad una serie di ‘aspettative’ del settore:
- separazione del legame diretto tra imprese che gestiscono il servizio ed amministrazioni locali
(delegare la gestione dei servizi aventi rilevanza ‘industriale’ a strutture societarie);
- affidamento della gestione per mezzo di procedure ad evidenza pubblica;
- promozione dello sviluppo di un mercato concorrenziale, consentendo alle società che
gestiscono servizi pubblici locali c.d. a rilevanza ‘economica’ di raggiungere una scala
produttiva efficiente ed efficace;
- lo scorporo della titolarità delle reti e della dotazione infrastrutturale dalla gestione dei servizi.
La riforma del sistema è stata radicale, passandosi da un assetto legislativo in cui era prevista
l’assunzione del servizio da parte dell’ente e quindi la scelta della forma di gestione, ad un sistema
nel quale attraverso gare pubbliche viene individuato il gestore del servizio, al quale viene altresì
attribuita la titolarità (art.113, 5°comma) del servizio stesso che, in precedenza, restava prerogativa
dell’ente locale.
Con il d.l. 269/03, convertito nella l. 326/03 (art.14), il legislatore ha inteso adeguare la normativa
interna sui servizi pubblici locali alle norme dettate dal Trattato della UE in materia di servizi di
interesse generale, posto che, comunque, le disposizioni dettate dal Trattato della UE in materia
sono applicabili negli ordinamenti dei singoli Stati membri, anche se non espressamente recepite, in
base al principio del c.d. primato e a quello dei c.d. effetti diretti del diritto comunitario:
l’applicazione coordinata e congiunta di entrambi tali principi determina la regola essenziale,
secondo cui il diritto comunitario, idoneo a spiegare “efficacia diretta”, deve essere giuridicamente
trattato, nell’ordinamento giuridico dei singoli Stati membri, come “diritto nazionale prevalente” su
quello “interno” - d’ogni ordine e grado, anteriore o successivo — con esso collidente; con la
conseguenza che, in tal caso, la norma interna incompatibile con quella comunitaria deve essere,
comunque, disapplicata dal giudice nazionale (cfr. Cass. 10 dicembre 2002, n. 17564).
Nel dare applicazione alle nuove norme sui servizi pubblici locali non si potrà, perciò, non tener
conto del diritto comunitario e dei principi elaborati dalla Corte di giustizia. Questo anche al fine
dell’interpretazione della legge nazionale nelle parti in cui dovesse rivelarsi dubbia o lacunosa.
L’art. 14 del d.l. 269/03, così modificando gli artt. 113 e 113-bis del TUEL (come rispettivamente
modificato e introdotto dall’art.35 della l.448/01), ha introdotto la distinzione tra servizi pubblici
locali aventi rilevanza economica e servizi pubblici locali privi di rilevanza economica, senza
elencare né i primi, né i secondi.
Ne consegue che per individuare i SPL a rilevanza economica occorre, in effetti, rifarsi al diritto
comunitario. Gli artt. 16 e 86, p. 2, del Trattato UE si occupano, per particolari aspetti, dei servizi di
interesse economico generale, senza però fornirne una definizione; né tale definizione è
rintracciabile nel Libro Verde80 della Commissione sui servizi di interesse generale che,
richiamando il carattere dinamico ed evolutivo della distinzione tra attività economiche e non, rileva
l’impossibilità di fissare a priori un elenco di tali servizi81.
79 M. Alesio, “I servizi pubblici locali: peso della tradizione e assetto della finanziaria 2002”, in Giust.it – rivista
giuridica on line.
80
Libro Verde sui servizi di interesse generale, COM (2003), 270.
81
Le indicazioni espresse dalla Commissione Europea nel Libro Bianco sui servizi d’interesse generale – COM (2004)
374 è quella secondo cui i servizi non economici sono caratterizzati dal fatto che, per motivi di interesse generale, lo
Stato preferisce provvedervi direttamente o sui quali intende mantenere una posizione dominante.
32
Dagli artt. 16 e 86 del Trattato, si ricava dunque, semplicemente, che i servizi presi in
considerazione devono essere di interesse generale e avere carattere economico. La giurisprudenza
della Corte di giustizia, dà, tuttavia, alcune indicazioni nel senso che deve trattarsi di servizi che
riguardano la collettività, che sono cioè volti a soddisfare bisogni generali dei cittadini o,
comunque, degli utenti o consumatori finali; d’altra parte secondo la Corte ogni attività che implica
l’offerta di beni e servizi su un dato mercato e che può essere svolta da un privato a scopo di lucro è
un’attività economica.
Sulla base di queste indicazioni, pertanto, sono SPL aventi rilevanza economica, tutti quei servizi
che riguardano la collettività e che vengono offerti in un determinato mercato dietro il pagamento,
da parte degli utenti, di un prezzo (o canone), che, di regola, serve a coprire i costi, oltre a
remunerare il capitale investito; sono, di conseguenza, SPL privi di rilevanza economica quelli che
hanno principalmente carattere solidaristico e che non danno luogo alla realizzazione di profitti o
che, comunque, non vengono svolti a scopo di lucro82.
In definitiva, il carattere economico o non economico di un servizio non può essere stabilito
aprioristicamente, ma va determinato di volta in volta, dipendendo, fra l’altro, tale carattere anche
dai diversi contesti economici, geografici, sociali, etc..83
Dall’applicazione delle disposizioni dell’art. 113 TUEL sono stati esclusi i settori dell’energia
elettrica e del gas che risultano, pertanto, disciplinati dalle norme del Trattato UE sui servizi di
interesse economico generale e dalle normative di settore e cioè, rispettivamente dal d.l.vo 79/99 e
s.i.m. e d.l.vo 164/2000 e s.i.m. (in entrambi i casi normative di derivazione comunitaria).
Per il resto, l’art.113, afferma esplicitamente la vigenza della normativa settoriale: legge n.36/94
c.d. legge Galli (e leggi regionali) per il servizio idrico integrato, dlgs. n.422/97 per il trasporto
pubblico locale, dlgs. n.22/97 c.d. decreto Ronchi (e leggi regionali) per il ciclo integrato dei rifiuti
solidi urbani. Ne consegue che il quadro disciplinare relativo ai servizi a rilevanza economica (nei
settori diversi da quelli esclusi), risulta dall’integrazione del nuovo testo dell’art.113 T.U.E.L., delle
residue norme della art.35 cit., delle discipline settoriali succitate84, oltre che dalle norme del
Trattato UE sui servizi di interesse economico generale.
Quanto alla disciplina delle modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali, l’art. 113
novellato ne dispone l’inderogabilità in quanto concernenti la tutela della concorrenza85 e quindi
una delle libertà fondamentali previste dal Trattato UE; tali norme, pertanto, sono integrative delle
discipline di settore (ad eccezione dei settori esclusi) e inderogabili anche da parte di dette
discipline. Ciò limitatamente ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, posto che, in tal caso,
l’intervento legislativo dello Stato trova il suo fondamento, appunto, nella “tutela della
concorrenza”, mentre, per il resto, è da ritenere che la materia dei SPL non rientri nella potestà
legislativa, né esclusiva né concorrente, dello Stato, ma in quella delle regioni. Le regioni potranno,
quindi, emanare disposizioni in materia di SPL, ma dovranno, per quel che attiene alle “modalità di
82
In questo senso, C.Tessarolo “Il nuovo ordinamento dei servizi pubblici locali”, gennaio 2004, in rivista giuridica on
line www.dirittodeiservzipubblici.it
83
Barbiero A. “Note di analisi sull’evoluzione del sistema normativo di riferimento per i servizi locali”, in
www.dirittodeiservizipubblici.it.
84
L’art.9 della legge Galli e l’art.23 del decreto Ronchi richiamano espressamente l’applicazione delle disposizioni di
cui alla legge n.142/90, ora trasfuse negli artt.112 e ss. del T.U.E.L.). In tali settori, perciò, l’organizzazione del servizio
per ambiti territoriali ottimali sarà disciplinata dalle normative di settore mentre le modalità di affidamento del servizio
dall’art. 113 TUEL (come modif. dall’art. 14, d.l. 269/03).
85
La libera concorrenza è una delle libertà fondamentali previste dal Trattato UE. La tutela della concorrenza è tra le
materie riservate alla potestà esclusiva dello Stato [art. 117, c. 2, lett. e), Cost.].
33
gestione ed affidamento” dei servizi stessi, conformarsi alle inderogabili disposizioni dettate in
proposito dall’art. 113 TUEL86.
Quanto alle modalità di gestione ed affidamento, l’art.113, c.5, novellato, dispone che l’erogazione
dei SPL economici può essere affidata a: a) società di capitali individuate attraverso l’espletamento
di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) società a capitale misto pubblico/privato; c) società
a capitale interamente pubblico. La scelta della forma di gestione di un SPL è, di norma,
rimessa alla potestà discrezionale dell’ente locale titolare del servizio stesso87 88.
La disciplina dell’affidamento dei SPL a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di
gare con procedure ad evidenza pubblica è rimasta, anche dopo le modificazioni apportate all’art.
113 TUEL dall’art. 14 del d.l. 269/03, sostanzialmente invariata.
Quanto alle società miste, esse sono – secondo la prassi decisionale della Commissione europea e
la giurisprudenza della Corte di giustizia – una forma di partenariato pubblico/privato da
equipararsi alle concessioni. Occorre, perciò,
-che il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gara con procedure ad evidenza
pubblica che diano garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza
-che si tratti di una società effettivamente mista nella quale, cioè, il socio privato, anche se non
maggioritario, abbia comunque una partecipazione significativa, che gli consenta di esercitare una
reale influenza sulla gestione della società e, quindi, sull’erogazione del servizio.
Infine, le società a capitale interamente pubblico possono ottenere l’affidamento diretto dei SPL
economici a condizione che: a) l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale esercitino sulla società
un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (il controllo deve creare una situazione di
dipendenza della società dall’ente locale, che permetta allo stesso di influenzare le decisioni che la
società intende assumere); b) la società realizzi la parte più importante della propria attività con
l’ente o gli enti pubblici che la controllano. Gli affidamenti diretti (c.d. in house) di servizi (e di
appalti) a società aventi le caratteristiche sopra indicate sono stati riconosciuti pienamente conformi
al diritto comunitario dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (cfr. sent. 18 novembre 1999, C107/98, Teckal e sent. 8 maggio 2003, C-349/97, Spagna/Commissione).
La nuova normativa introdotta dall’art. 14 del d.l. 269/03 disciplinava, altresì, le modalità di
gestione e affidamento dei SPL privi di rilevanza economica (art.113 bis TUEL novellato), sebbene,
come già detto, senza elencare tali servizi o i SPL a rilevanza economica o indicare criteri di
distinzione tra questi ultimi89. Tuttavia, la Suprema Corte, con la sentenza n.272 del 27 luglio
86
C.Tessarolo “Il nuovo ordinamento dei servizi pubblici locali”, gennaio 2004, in rivista giuridica on line
www.dirittodeiservizipubblici.it; “fermo restando l’obbligo di cui sopra, è da ritenere che le regioni potranno emanare
disposizioni anche in materia di gestione ed affidamento dei SPL economici, purchè dette disposizioni si limitino ad
integrare e completare quelle previste dall’art. 113 TUEL.
87
cfr. Spadoni B., “Assetto gestionale e regolazione dei servizi pubblici locali in una prospettiva di responsabilità
sociale dell’impresa”, novembre 2003, in www.dirittodeiservizipubblici.it
88
Le disposizioni relative alle modalità di erogazione dei SPL economici, essendo previste dall’art. 113 TUEL, non si
applicano ai settori esclusi, ai quali, perciò, anche per tale aspetto, continuano ad applicarsi le specifiche normative di
settore, le quali prevedono che l’affidamento della gestione del servizio avviene mediante gare ad evidenza pubblica (e
non a società miste o a totale capitale pubblico).
89
L’art.14 citato disponeva che potevano essere affidati solo direttamente (infatti, la norma sopprimeva, a seguito
dell’abrogazione del c. 4 dell’art. 113-bis del TUEL, l’affidamento “ a terzi in base a procedura ad evidenza pubblica”)
e la gestione dei servizi doveva avvenire mediante società “a capitale interamente pubblico” ed avere le caratteristiche
che configurassero una gestione “in house” (modificando la lett. c) del comma 1° dell’art. 113-bis, nel senso che non
era più consentito gestire i SPL mediante “società di capitali costituite o partecipate dagli enti locali).
Potevano, invece, gestire i SPL privi di rilevanza economica le società senza il vincolo della proprietà maggioritaria ex
art. 116 TUEL.
34
200490, ha dichiarato incostituzionale il nuovo art. 113 bis del Testo Unico sull’ordinamento
degli Enti Locali che disciplina la gestione dei servizi pubblici locali “privi di rilevanza
economica”91, poiché per gli stessi non sussistono esigenze di tutela della libertà di concorrenza e
quindi, sotto questo profilo, si configura come illegittima compressione dell’autonomia regionale e
locale. Secondo la Corte costituzionale, infatti, la competenza dello Stato a legiferare in materia di
servizi pubblici locali va ricondotta alla competenza dello stesso in materia di tutela della
concorrenza ex art. 117 della Costituzione, pertanto, alle sole disposizioni che disciplinano le
modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica92; la stessa
Commissione nel Libro Verde sui servizi di interesse generale93, ha affermato che le norme sulla
concorrenza si applicano soltanto alle attività che assumono carattere economico.
La pronuncia della Corte, non risolve tuttavia, alcune problematiche sottese alla disciplina dei
SPL94, in particolare, manca una definizione dei servizi pubblici privi di rilevanza economica e/o di
quelli a rilevanza economica; la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, richiamata a tale
proposito, dalla Corte Costituzionale definisce i servizi privi di rilevanza economica come quelli in
cui vi siano “l’assenza dello scopo precipuamente lucrativo, la mancata assunzione dei rischi
connessi a tale attività ed anche l’eventuale finanziamento pubblico dell’attività in questione”
(Corte Giust. CE, sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001). Ne deriva una difficile individuazione
pratica di tali servizi: essi, infatti, sono difficilmente rintracciabili ove si consideri che anche
modeste attività (vedi il caso delle lampade votive) assumo rilevanza economica in presenza di
soggetti imprenditoriali interessati ad assumerne la gestione, nonché i relativi rischi, in cambio di un
compenso determinato.
D’altra parte, la pronuncia della Corte solleva, a sua volta, due distinte problematiche95:
- con riferimento ai servizi che assumono rilevanza economica, ci si chiede quali limiti incontri il
potere legislativo della regione e, quindi, che tipo d’intervento sia consentito ad essa nel nuovo
quadro costituzionale96;
- l’abrogazione dell’art.113 bis induce, invece, a domandarsi secondo quali forme organizzative
gli enti locali potranno ora provvedere alla gestione di tali servizi.
Il problema si pone, in particolare, per quei servizi che non sono disciplinati da leggi statali o
regionali di settore (in tal caso, continueranno a trovare applicazione le disposizioni di carattere
speciale regolanti il servizio), né la regione abbia adottato una disciplina generale in materia.
Sulla base del quadro normativo risultante dalla riforma introdotta dall’art.14 cit, dunque, era consentito gestire i detti
SPL con società a totale capitale pubblico o con società miste a prevalente partecipazione privata, ma non mediante
società miste a prevalente partecipazione pubblica.
90
Per una approfondita illustrazione della sentenza citata e dei suoi effetti, vedi A.Caroselli, “Gli effetti della sentenza
della Corte Costituzionale 27/07/2004, n. 272 sul sistema normativo in materia di gestione di servizi pubblici locali”, in
www.dirittodeiservizipubblici.it
91
Per effetto della sentenza deve ritenersi altresì abrogato l’art.116 TUEL, in virtù del richiamo espresso all’art.113 bis,
dovrebbe ritenersi abrogato, almeno per quanto concerne l’attività di gestione dei servizi pubblici locali.
92
Nel nuovo quadro costituzionale, il potere legislativo regionale, relativamente ai servizi pubblici locali di rilevanza
economica, non sembra discostarsi molto dal potere ad essa riconosciuto prima dell’ottobre del 2001. Infatti, in modo
analogo al sistema precedente, la regione è tenuta a limitare il proprio intervento ad una regolamentazione di tipo
integrativo e di dettaglio delle previsioni generali di derivazione statale, lasciando, nel contempo, un adeguato spazio al
potere organizzativo degli enti locali.
93
Libro Verde, COM (2003) 270.
94
Vedi Nota dell’ANCI sulla sentenza della Corte cost, n.272/04, in www.anci.it
95
A. Caroselli, “Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale 27/07/2004, n. 272 sul sistema normativo in
materia di gestione di servizi pubblici locali”, in www.dirittodeiservizipubblici.it
96
Sussiste il rischio del perdurare ed acuirsi dei conflitti tra Stato e Regioni in materia di servizi pubblici, essendo arduo
immaginare che il legislatore regionale dichiari che taluni servizi pubblici (salvo quelli tradizionalmente riconosciuti
come tali: gas, energia, trasporti, igiene ambientale e servizio idrico intergrato) siano a rilevanza economica,
sottraendoli così alla propria competenza esclusiva.
35
Ne consegue che, con l’abrogazione della norma statale di previsione delle forme tipiche di gestione
dei servizi pubblici non economici, in assenza di previsioni statali di settore, ovvero generali o
settoriali regionali, gli enti locali, nell’esercizio del proprio potere organizzativo, vedano ampliato il
ventaglio della scelta delle forme organizzative.
Nel nuovo quadro normativo, gli enti locali risultano quindi legittimati a ricorrere a più forme
organizzative per la gestione dei servizi privi di rilevanza economica, anche se non previste
direttamente dal TUEL.
Seguendo le indicazioni espresse dalla Commissione Europea nel Libro Verde sui servizi
d’interesse generale97 (per cui i servizi non economici sono caratterizzati dal fatto che, per motivi di
interesse generale, lo Stato preferisce provvedervi direttamente o sui quali intende mantenere una
posizione dominante), devono però ritenersi compatibili con la gestione di servizi non economici,
non tutte le forme societarie, ma i soli modelli che costituiscono espressione della gestione diretta
dei servizi pubblici locali da parte dell’ente locale. Gli enti locali potranno, quindi, legittimamente
provvedere alla costituzione di società a capitale interamente pubblico, purché sussistano le
condizioni previste per l’affidamento diretto del servizio, di cui all’art.113, comma 5, lett.c), TUEL.
Quanto alla società mista, secondo la giurisprudenza interna, tale modulo organizzativo risulta
compatibile con l’affidamento c.d. in house del servizio pubblico, in quanto tra Comune e società
viene ad istaurarsi un rapporto di delegazione interorganica che fa sì che quest’ultima divenga ente
strumentale del Comune98, esimendo l’ente locale dallo svolgimento di una selezione pubblica per
la scelta del gestore (tale affidamento va qualificato come gestione diretta del servizio assimilabile
all'affidamento c.d. in house di matrice comunitaria); il fondamento dell’attribuzione del servizio
senza gara deve essere però rinvenuto negli atti costituivi della società ed in quelli di selezione del
socio privato99.
3.2.3. La scelta del modello di gestione
Il tema della scelta del modello di gestione dei servizi pubblici -e quindi dell’opportunità del ricorso
a forme di partenariato pubblico privato- rappresenta, come sottolineato in precedenza, un terreno
nel quale si incrociano interessi pubblici, istanze sociali e da un lato, l’esigenza di salvaguardia
dell’identità istituzionale relativa alla cura pubblica per l’erogazione di servizi di interesse generale
dall’altro, le esigenze di sviluppo socio-economico e di maggiore efficienza del sistema nel suo
complesso.
Dallo scenario fin qui descritto, appare evidente come, in questa fase di innovazione dei servizi
pubblici locali, abbia assunto un peso rilevante, nella scelta delle forme di gestione,
l’esternalizzazione in senso lato, con la tendenza verso il progressivo coinvolgimento di soggetti
pubblici diversi o di soggetti e risorse private, con diverse modalità e condizioni istituzionali ed
economiche di coinvolgimento e collaborazione.
97
Libro verde sui servizi di interesse generale”, COM (2003), 270, Bruxelles, 21.05.2003
C.S., Sez. V, 19 febbraio 1998, n.192
99
In merito deve però segnalarsi una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea, secondo cui “la partecipazione,
anche minoritaria, di un'impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche l'amministrazione
aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a
quello che essa esercita sui propri servizi”.
98
36
In particolare, si è andato affermando, in base ad un trend evolutivo iniziato già prima della riforma
di cui alla finanziaria 2002, un contesto in cui l’ente locale delega all’esterno la gestione dei servizi,
a società miste o a terzi imprenditori privati, ma mantiene competenze relative a programmazione,
controllo e vigilanza/verifica dei risultati economico-finanziari della gestione e della qualità del
servizio erogato, nel ruolo di garante degli interessi pubblici in gioco.
Il dimensionamento interistituzionale del servizio, ovvero le forme di collaborazione (artt.30-31 del
t.u.) fra enti locali previste dal dlgs.n.267/2000, sono strumenti dotati di duttilità e flessibilità,
idonei all’utilizzazione sinergica delle risorse disponibili, purché costituiti con criteri
imprenditoriali (non burocratici) e con la previsione di adeguate strutture organizzative e produttive.
Posto che la cooperazione fra enti locali rappresenta una valida alternativa, d’altra parte, valide
opzioni da prendere in considerazione sono rappresentate da un lato, dall’erogazione del servizio
tramite società di capitali (società miste), d’altro lato l’affidamento al soggetto privato, essendo
ormai pacifico che anche molti servizi privi di rilevanza economica sono preferibilmente gestiti con
criteri imprenditoriali, in base ad una gestione ‘economica’.
In generale, la scelta di esternalizzare consente all’ente locale di coinvolgere partners di gestione e
finanziari che, oltre a risorse finanziarie, apportano un ingente capitale di competenze tecnicospecialistiche, permettendo eventualmente gli opportuni adeguamenti, anche tecnologici, per una
gestione efficiente ed efficace e creando ‘valore aggiunto’ per ciascuno degli attori coinvolti
(investitori, cittadini, lavoratori).
Il modello della società mista, ad es., consente il recupero dell’efficienza, dell’efficacia e
dell’economicità della gestione, il trasferimento del rischio imprenditoriale alla società, e la
riduzione degli oneri a carico del bilancio del Comune (ad es., col trasferimento degli assets
necessari all’erogazione del servizio, l’ente locale può recuperare investimenti su impianti e
macchinari, che spesso non sono neanche a regime). Si sviluppa, inoltre, la capacità di aggregazione
e gestione di ingenti capitali, migliorando la qualità del servizio, attraverso l’apporto di competenze
specialistiche e di tecniche tipicamente imprenditoriali ed implementando modelli organizzativi
funzionali agli obiettivi prefissati.
Un’opportunità interessante con riferimento alla società mista è legata alla gestione integrata di più
servizi oggetto di esternalizzazione: il modello della società ‘multiservizio’ consente, infatti, la
gestione di più attività in un unico ciclo integrato, quando risulti vantaggiosa un’unitaria e coesa
gestione imprenditoriale. Ne sono esempi, tra i servizi a rilevanza economica, tutti i servizi legati
allo smaltimento e recupero energetico dei rifiuti, il ciclo di approvvigionamento, distribuzione e
depurazione delle acque; nella categoria dei servizi privi di rilevanza economica le caratteristiche
suindicate possono riscontrarsi nei servizi di manutenzione degli immobili e delle infrastrutture di
proprietà degli enti locali, ovvero nei servizi di manutenzione urbana in genere. I servizi come
quelli relativi al ciclo dei rifiuti ed al ciclo delle acque o di manutenzione urbana rivelano, inoltre,
evidenti punti di collegamento con le politiche ambientali (es. la manutenzione del verde pubblico o
degli edifici): in tal caso, il modello gestionale in discorso consente l’organizzazione di un
efficiente sistema di servizi ambientali a rete100. Da questo punto di vista, come già evidenziato nel
precedente par. 3.1., l’area metropolitana è risultata il campo d’azione più idoneo per la gestione
integrata e sinergica di tutti i servizi ‘ambientali’(dalla manutenzione del verde pubblico al
controllo del sistema fognario)101.
Peraltro, la valutazione dell’opportunità di gestire il servizio per mezzo di un modello piuttosto che
di un altro, richiede l’analisi di diversi elementi: tra questi, occorre una riflessione sugli effetti,
100
CISPEL, La S.p.a. per la gestione dei servizi pubblici locali, ed. Maggioli, 1995, pp.116 e ss.
Franco Carinci, Come si può ridisegnare il confine tra pubblico e privato: la nuova società per l’energia e
l’ambiente di Bologna pp.137 e ss., in CISPEL, op.cit..
101
37
anche indiretti, che la modalità di gestione di certe tipologie di servizi pubblici, come quelli di
manutenzione urbana, produce sui cittadini, influenzando fattori quali i livelli di reddito, i livelli
occupazionali, la qualità della vita (es. le modalità di gestione dei servizi di manutenzione delle
strade pubbliche, influenzano evidentemente, la mobilità dei cittadini e, di riflesso, la qualità della
vita). Sotto questo aspetto, un’altra valutazione rilevante è quella sulla ‘qualità strategica’102 del
modello di gestione, ad es., nel caso dei servizi di manutenzione urbana da un lato, l’efficienza in
termini di massimizzazione del valore ottenibile dallo sfruttamento delle risorse materiali (ad es.
spazi ed edifici, infrastrutture) ed immateriali (ad es. l’immagine percepita della città); d’altro lato,
l’efficacia in termini di grado di soddisfazione degli stakeholders della città, ossia investitori,
operatori economici, turisti, parti sociali.
In questo contesto, per il coinvolgimento di partners privati nell’erogazione dei servizi pubblici,
viene evidentemente in considerazione anche lo strumento del project financing: la scelta di
esternalizzare richiede una valutazione dell’intero processo di gestione dalla progettazione
all’erogazione del servizio, e il PF si caratterizza per l’innovatività nella ripartizione dei ruoli e
delle responsabilità, ed appare uno strumento particolarmente efficace nei casi in cui, oltre
all’erogazione del servizio, l’ente locale debba realizzare opere ed infrastrutture necessarie alla
gestione del servizio stesso.
Si tratta di situazioni in cui si realizzano opere da parte della PA in finanza di progetto, mediante
contratti misti nei quali sia prevalente la componente servizi (o, comunque, dove i lavori siano
accessori rispetto alla gestione); gli esempi sono numerosi, dalle discariche per lo smaltimento
rifiuti a i casi in cui si parla di “revamping” (es. ristrutturazioni con adeguamento agli standard di
sicurezza nei più svariati campi: sanità, beni culturali, uffici pubblici, turismo, ecc.) di un immobile
(appartenente al demanio o di proprietà degli enti territoriali, ecc.) e di una sua eventuale modifica
funzionale (es. uffici pubblici da trasformare in centri polifunzionali per la collettività), con la
finalità di consegnare a un concessionario privato la gestione globale dell’immobile per un certo
numero
di
anni103.
102
Roberto Barbieri, Le possibilità per il Comune di Napoli, pp.132 e ss. in CISPEL, , op.cit..
M.Ricchi, “Pf, anche la concessione di servizi è fuori dal modello della Merloni”, in “Edilizia e territorio” del
Sole24ore, n.10/2004: La domanda da porsi è quale sia la legge da applicare per il procedimento di aggiudicazione della
concessione di servizi e per disciplinare il contratto di servizi quando si voglia coinvolgere il capitale privato e, dunque,
in finanza di progetto.
La concessione di servizi (vedi infra par.2.2.) è un contratto misto appunto di lavori (per la realizzazione di un opus) e
servizi (per la gestione dell’opera stessa e per l’erogazione di eventuali servizi alla collettività) in cui l’elemento
gestionale (sia esso manutentivo dell’opera o dei servizi erogati mediante l’opera) è dunque compresente con l’elemento
di ristrutturazione funzionale dell’immobile.
Dal punto di vista normativo, (vedi infra par.2.2.)la concessione di servizi, contratto “misto” come su definito, è fuori
campo di applicazione della Merloni (come lo è la realizzazione di opere pubbliche da parte della PA in finanza di
progetto nei settori speciali). Peraltro, perché si possa parlare di finanza di progetto (ovvero, di coinvolgimento di
risorse private) il contratto di concessione di servizi, con le componenti miste di lavori e servizi, deve avere dei
contenuti minimi:
a) la Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni in diritto comunitario, in ragione
dell’importanza economica assunta dal fenomeno della concessione di servizi, ne ha dato una definizione ritenendo che
“si ha concessione di servizi quando l’operatore si assume i rischi di gestione del servizio, rifacendosi sull’utente”.
Vengono escluse tutte le situazioni in cui il rischio gestionale sia annullato, ad esempio, attraverso la corresponsione a
pié di lista dei costi di gestione dal concedente al concessionario;
b) il bene gestito e attraverso cui viene erogato il servizio alla collettività deve rientrare in possesso
dell’amministrazione al termine della concessione.
Una volta stabilito il contenuto della concessione di servizi, che permette di realizzare in finanza di progetto opere e
servizi (qualificabile dunque come contratto misto), è necessario identificare il procedimento applicabile per
l’individuazione del contraente concessionario. Infatti, in questa circostanza si può parlare di procedimenti di
103
38
4. Il Project financing
4.1. Definizione e caratteristiche del PF
Il PF costituisce una delle modalità applicative del Partenariato Pubblico Privato per la
realizzazione di opere infrastrutturali pubbliche e di pubblica utilità.
L’utilizzo di questo strumento consente di:
sollevare le Pubbliche Amministrazioni, in tutto o in parte, dagli oneri relativi al
finanziamento di un’opera infrastrutturale, focalizzandone l’attività sugli aspetti regolatori
(qualità del servizio, modalità di erogazione, ed eventualmente livelli tariffari)104;
affidare al settore privato la gestione dell’opera, incentivandone il livello di efficienza ed
assicurandone la piena utilizzazione commerciale105.
Esso può definirsi come un’operazione di investimento – generalmente, ma non necessariamente,
realizzata attraverso la costituzione di una specifica società di progetto– che viene valutata dagli
azionisti e dai soggetti che la finanziano principalmente (se non esclusivamente) per le sue dirette
capacità di generare flussi di cassa: i flussi attesi dalla gestione imprenditoriale degli impianti o
delle opere realizzate (o dalla gestione di altre opere anche funzionalmente o giuridicamente
connesse) costituiscono la fonte e la garanzia primaria per il rimborso del debito e per la
remunerazione del capitale di rischio, attraverso un'opportuna contrattualizzazione delle
obbligazioni delle parti che intervengono nell'operazione106.
aggiudicazione “sartoriali”, cioè costruiti ad hoc dalle amministrazioni che si autovincolano mediante la pubblicazione
di un bando e la predisposizione di un contratto di concessione.
La Comunicazione interpretativa della Commissione su questo tema sottolinea come, nonostante la concessione di
servizi non sia stata esplicitamente disciplinata dalla direttiva servizi, per il suo affidamento devono essere, comunque,
rispettati i principi del Trattato UE (articoli da 28 a 30 e da 43 a 55) o sanciti dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia della Comunità europea, quali la trasparenza, la proporzionalità, la parità di trattamento e il mutuo
riconoscimento.
In sintesi, l’amministrazione concedente italiana potrà applicare, per l’individuazione del concessionario, anche i
procedimenti contemplati nella disciplina degli appalti senza esserne, però, vincolata ab initio, ma solo quando fisserà le
regole procedimentali nel bando di gara. Il bando di gara, riferendosi alla normativa comunitaria e nazionale sugli
appalti servizi e lavori, richiamerà forme competitive di aggiudicazione tra i diversi aspiranti concessionari, forme
adeguate di pubblicità delle gare e di trasparenza e non discriminazione dell’azione amministrativa, coerenti con le
indicazioni della Comunicazione. Qualora ci sia la volontà di utilizzare il procedimento ex 37-bis e seguenti della
Merloni questo potrà essere fatto, così come nel caso si volesse utilizzare il procedimento della licitazione privata
delineato nei decreti 157/1995 o 158/1995, ma sempre attraverso un’autoimposizione da inserire in bando.
Infine, bisogna, sottolineare come l’estensione della realizzazione di opere in finanza di progetto al di fuori dei campi
tradizionalmente disciplinati dalla legge Merloni, come quello delle concessioni di servizi, e la realizzazione di lavori
nei settori speciali richiedano alla PA uno sforzo di acquisizione di competenza per la predisposizione del contratto e
per la definizione del procedimento di aggiudicazione ancora più spiccato di quanto non sia per l’applicazione
obbligatoria degli strumenti offerti dalla Merloni.
104
Nelle operazioni di Project Financing, il ruolo della P.A. si articola su tre livelli:
Selezione dei progetti: la decisione sulla realizzazione di un determinato intervento e la scelta tra più interventi
spetta esclusivamente alla P.A. interessata, che decide sulla base di due criteri fondamentali a) il criterio di utilità
sociale, per cui accertato un determinato bisogno della collettività si decide di realizzare l’opera che soddisfa tale
bisogno; b) il criterio di economicità, per cui, tra diversi progetti, si dà precedenza agli interventi che producano
benefici economici per la P.A.
Definizione delle obbligazioni contrattuali: alla base del rapporto promotore-P.A. ci deve essere un atto
programmatico convenzionale che delinei lo svolgimento del rapporto e le obbligazioni reciproche.
Controllo del progetto: alla P.A. spetta il controllo sulla corretta ed integrale realizzazione del progetto; in
particolare, al termine del rapporto di gestione, l’opera torna alla P.A:, che deve ricevere un’opera fruibile dalla
collettività, ne deriva un’attività di controllo che riguarda, fra l’altro, anche il profilo della manutenzione dell’opera
da parte del gestore.
105
UTFP, “Il ricorso alla finanza di progetto nella realizzazione di opere pubbliche”, aprile 2002, in www.utfp.it;
106
UTFP, “Il Project Finance”, aprile 2002, in www.utfp.it; F.Merola, “Gli aspetti finanziari del Project Financing”, in
www.infopieffe.it
39
L’origine di questi flussi di cassa può essere totalmente pubblica, come nel caso di tariffe ombra
(tariffe, cioè, calcolate in base all’effettiva erogazione agli utenti di un determinato servizio, ma
pagate dalla PA anziché dagli utilizzatori del servizio stesso); privata a carico degli utilizzatori; o
mista, nel caso in cui alle tariffe di mercato si associ una qualche forma di intervento della PA107.
L’enfasi sui flussi di cassa attesi del progetto porta a sottolineare tre importanti aspetti impliciti
nella definizione:
i flussi di cassa derivanti dal progetto devono essere giuridicamente isolati dalle altre attività
eventualmente svolte dai promotori-azionisti dell’iniziativa (c.d. ring fence);
gli stessi flussi di cassa devono essere, nelle previsioni iniziali di andamento dei costi e dei
ricavi di gestione, più che capienti per soddisfare il servizio del debito delle banche e questa
relativa capienza viene giudicata in base a una serie di elementi riconducibili alla probabilità
che si attribuisce alle previsioni di flusso di cassa e alla ripartizione dei rischi
contrattualmente negoziata (identificazione e adeguatezza di idonei “cover ratios”);
i rischi inevitabilmente connessi all’andamento dei costi e dei ricavi attesi dal progetto
devono essere analiticamente individuati ed equamente ripartiti tra le diverse parti coinvolte
nella realizzazione dell’iniziativa, seguendo un generale principio di competenza e ponendo
in essere un sistema armonizzato di clausole o di contratti, generalmente negoziati
parallelamente al finanziamento.
Il PF è dunque una tecnica finanziaria innovativa volta a rendere possibile il finanziamento di
iniziative economiche sulla base della valenza tecnico economica del progetto stesso, piuttosto che
sulla capacità autonoma di indebitamento dei soggetti promotori108 dell'iniziativa109.
L’operazione è caratterizzata dal rapporto diretto tra il finanziamento di una infrastruttura, la sua
realizzazione e il suo sfruttamento commerciale: è questo il concetto alla base della finanza di
progetto.
La fase di gestione dell'opera, che rappresenta il necessario risultato di una corretta progettazione e
costruzione, costituisce dunque elemento di primaria importanza, in quanto soltanto una gestione
efficiente e qualitativamente elevata consente di generare i flussi di cassa necessari a rimborsare il
debito e remunerare gli azionisti.
Quanto alle sue caratteristiche, il PF è un’operazione di finanziamento di una specifica iniziativa
economica realizzata110, di norma, tramite una società costituita ad hoc in cui111:
107
F.Merola, “Gli aspetti finanziari del Project Financing”, in www.infopieffe.it
Promotore può essere una persona fisica, un’impresa, un consorzio, una Associazione temporanea di imprese, un
Gruppo europeo di interesse economico. Nell’ambito delle opere pubbliche individuate dalla P.A. nel programma
triennale degli interventi pubblici come realizzabili con il concorso di capitali privati, ovvero, indipendentemente dal
programma, per interventi conformi alle indicazioni contenute in altri strumenti di programmazione (es. il piano
regolatore generale), o ancora suggerendo interventi da inserire nel programma triennale, i promotori possono inoltrare
alle P.A. proposte relative alla realizzazione di progetti, totalmente o parzialmente a proprio carico (artt.37 bis e ss.
l.Merloni)
109
UTFP, “Il ricorso alla finanza di progetto nella realizzazione di opere pubbliche”, aprile 2002, in www.utfp.it; per
quanto concerne i soggetti finanziatori, dunque, la valutazione della capacità di rimborso del debito da parte della SPV è
basata essenzialmente sulle previsioni di redditività dello specifico progetto che si va a realizzare (o di altro progetto a
esso funzionalmente o giuridicamente collegato) e, cosa fondamentale, sulla distribuzione temporale dei suoi flussi di
cassa attesi, piuttosto che – come avverrebbe in un’ottica di finanza d’impresa – sulla solidità economico-patrimoniale
degli azionisti della SPV (ovvero del complesso circuito del reddito risultante dalla molteplicità di progetti posti in
essere da queste società): F.Merola, “Gli aspetti finanziari del Project Financing”, in www.infopieffe.it
110
Un’operazione di project financing può essere schematicamente suddivisa in 3 fasi:
1. Definizione del progetto: questa fase è caratterizzata da: a) analisi dell’idea progettuale (raccolta ed analisi dei
dati); b) determinazione della struttura tecnica, giuridica e finanziaria del progetto (individuazione delle condizioni
contrattuali sottostanti e delle soluzioni finanziarie più rispondenti alla composizione degli interessi economici coinvolti
108
40
al fine di isolare i flussi di cassa connessi alla gestione del progetto dalle altre attività degli
azionisti (c.d. “ring fence”) è costituita solitamente, ma non necessariamente una Società di
Progetto costituita ad hoc (detta anche "SPV - Special Purpose Vehicle) che ha il compito di
sviluppare l'iniziativa e di beneficiare delle risorse finanziarie necessarie alla sua
realizzazione; la società di progetto è infatti un'entità giuridicamente distinta da quella del/i
promotore/i del progetto, con la conseguente separazione dei flussi generati dal progetto da
quelli relativi alle altre attività del promotore; il duplice risultato é che, in caso di fallimento
del progetto, il finanziatore non potrà rivalersi su beni del promotore diversi da quelli di
proprietà della società di progetto e, simmetricamente, in caso di fallimento del promotore la
società di progetto continuerà ad esistere perseguendo le proprie finalità112;
sotto il profilo giuridico, il project financing è una sommatoria di contratti (fra l’altro,
fornitura, appalto, contratti di assicurazione, contratti di società, concessione di costruzione
e gestione) con finalità ultima la realizzazione di un’idea di intervento sulla quale far
convogliare una serie di risorse; è una struttura contrattuale complessa caratterizzata dal
coinvolgimento di diversi contraenti e vari finanziatori e dalla necessità di ricorrere a
competenze specialistiche (tecnica, legale, finanziaria e fiscale);
il finanziamento non è diretto ad un'impresa preesistente, bensì va a beneficio della società
di progetto la cui esclusiva finalità è la realizzazione e la gestione del progetto stesso;
i flussi di cassa (“cash flow”) generati/stimati dalla gestione costituiscono la primaria
garanzia e fonte per il rimborso del debito;
la costituzione di una SPV consente agli enti finanziatori l'applicazione di formule di
controllo molto stringenti e l'imposizione di vincoli contrattuali e societari necessari alla
strutturazione di un'operazione di PF;
nel progetto, impostazione di un’operazione economicamente conveniente e gradita al mercato finanziario); c)
elaborazione finale di 3 documenti principali:
lo Studio preliminare di fattibilità che identifica i primi elementi progettuali, indispensabili per la predisposizione
di un’analisi preliminare con notizie sintetiche (promotori, struttura societaria, descrizione del progetto, mercato,
investimento e copertura finanziaria, costi e ricavi);
il Documento informativo (Information memorandum), che riassume i principali elementi dell’operazione con lo
scopo di elaborare in modo coordinato il progetto definendone tutti gli aspetti economici, giuridici e finanziari, e di
promuoverne il finanziamento presso gli Istituti bancari;
il Piano economico finanziario di fattibilità che serve ai promotori per valutare la convenienza economica
dell’investimento ed i ritorni previsti; agli Organismi pubblici per analizzare la priorità del progetto e decidere
l’eventuale concessione di incentivi per la realizzazione; agli Istituti finanziari per verificare la fattibilità del
progetto ed il rientro dal capitale prestato.
2. Sviluppo del progetto: questa fase è caratterizzata da: a) definizione e sottoscrizione dei contratti sottostanti al
progetto (versamento del capitale sociale da parte dei promotori, stipula dei contratti di finanziamento con gli Istituti
bancari e con gli Organismi internazionale, inizio delle erogazioni dei finanziamenti); b) avvio della realizzazione del
progetto (costruzione dei fabbricati, montaggio di impianti e macchinari, approntamento delle opere e dei mezzi
necessari alla produzione); c) collaudo, prove di funzionamento ed accettazione da parte della SPV. In questa fase (che
dura, normalmente, 1 o 2 anni) sono previsti esborsi per far fronte agli investimenti ed incassi di capitale proprio o di
terzi, il progetto non genera ancora ricavi.
3. Gestione dell’iniziativa (project management): gestione operativa dell’investimento, intesa come attività di
organizzazione del processo produttivo e di gestione degli aspetti generali, tecnici e finanziari e delle risorse umane.
111
UTFP, “Il ricorso alla finanza di progetto nella realizzazione di opere pubbliche”, aprile 2002, in www.utfp.it;
“Relazione sulle Partnership Pubblico Privato - Forme virtuose e creative di PPP, soluzioni a confronto” a cura di
Riccardo Delli Santi, in www.giust.amm.it, 5 novembre 2004
112
In realtà, nelle operazioni di PF non sempre mancano diritti di rivalsa dei finanziatori sugli azionisti della SPV
oppure su altri soggetti (PA o soggetti legati agli azionisti della SPV) o, ancora, sui beni acquistati e realizzati con i
finanziamenti erogati. Al contrario, diritti di questo tipo sono spesso previsti, anche se solitamente sono delimitati
temporalmente o condizionati al verificarsi di specifici eventi. Solo che tali diritti di rivalsa assumono in un contesto
appropriato di PF un ruolo del tutto secondario e una garanzia unicamente accessoria: F.Merola, “Gli aspetti finanziari
del Project Financing”, in www.infopieffe.it.
41
la sostenibilità economico-finanziaria della singola iniziativa non dipende dal merito
creditizio dei singoli azionisti ma si basa sulla qualità del singolo progetto (qualità intesa
come capacità di generare flussi di cassa a fronte di un determinato livello di rischio)113;
l’iniziativa beneficia di autonomia patrimoniale a tutela di tutti i portatori di interesse
coinvolti (stakeholders) attraverso la costituzione della società veicolo;
le principali garanzie connesse all’operazione sono di natura contrattuale piuttosto che di
natura reale;
il “montaggio” dell’operazione è caratterizzato da un processo di negoziazione tra i diversi
soggetti coinvolti (azionisti, banche, controparti commerciali), avente una durata variabile e
volto alla ripartizione dei rischi dell’iniziativa tra i diversi partecipanti;
la realizzazione dell’iniziativa deve essere accompagnata da un adeguato livello di certezza
del quadro progettuale che deriva da una rigorosa analisi e gestione dei rischi legati alla
stessa (risk analisys); la struttura dell'operazione è perciò definita, come evidenziato nel
punto precedente, a seguito di un processo di negoziazione tra i diversi soggetti coinvolti
(azionisti, banche, controparti commerciali) in merito alla ripartizione dei rischi
dell'iniziativa tra i diversi partecipanti; la ripartizione dei rischi (risk sharing) si attua
secondo il principio di efficienza ed economicità114.
113
UTFP, “Il Project Finance”, in www.utfp.it: da un punto di vista strettamente finanziario è possibile classificare le
strutture di Project Financing in funzione della tipologia di rivalsa dei soggetti finanziatori sugli azionisti della Società
di Progetto, in particolare:
a. le operazioni "senza rivalsa" (without recourse) sono quelle in cui è esclusa la rivalsa dei finanziatori sugli
azionisti; in questo caso le banche operano secondo logiche non tradizionali accollandosi rischi vicini a quelli
imprenditoriali, alternativamente, esistono soggetti terzi che forniscono singolarmente o in modo combinato
appropriate garanzie;
b. le operazioni con "rivalsa limitata" (limited recourse) sono quelle in cui la rivalsa dei finanziatori sugli azionisti è
limitata: nel tempo, nell'ammontare, nella qualità;
c. le operazioni con "rivalsa piena" (total recourse) sono quelle in cui la rivalsa dei finanziatori sugli azionisti della
Società di Progetto è totale.
114
In relazione a quest’ultimo aspetto, occorre precisare come il PF si configuri come un processo diretto ad una
migliore allocazione degli incentivi e dei rischi tra i diversi partecipanti all’operazione, ottenuta attraverso una precisa
configurazione delle responsabilità di ciascuno di essi. Il processo di individuazione e allocazione dei rischi del progetto
è l’elemento fondamentale che determina il successo o meno di un’iniziativa, potendo determinare una non corretta
individuazione/allocazione degli stessi l’insuccesso dell’iniziativa stessa. Pertanto, non è ragionevole assumere che
l’Amministrazione, sia in qualità di soggetto concedente che di controparte commerciale, possa allocare interamente i
rischi di un’operazione al settore privato. Un’operazione ben strutturata dovrà, infatti, mirare ad una allocazione
“ottimale” dei rischi e non necessariamente ad una “massimizzazione” del trasferimento dei rischi agli altri soggetti
coinvolti. Peraltro, anche quando ciò dovesse essere contrattualmente possibile, l’Amministrazione dovrà sempre
valutare l’effettiva capacità delle singole controparti di farsi carico dei rischi loro allocati e le implicazioni che tale
allocazione di rischi avrà sul costo effettivo dell’operazione (ad esempio, costi di finanziamento), ovvero sulle
condizioni di fruibilità dell’opera (in particolar modo sul livello delle tariffe): UTFP, “Il ricorso alla finanza di progetto
nella realizzazione di opere pubbliche”, aprile 2002, in www.utfp.it.
42
4.2. Profili normativi
La disciplina del Project Financing in Italia è stata introdotta, limitatamente al settore pubblico,
dalla legge del 18 novembre 1998, n. 415 –“Realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari
per la Pubblica Amministrazione”- (Merloni – ter) che ha aggiunto gli articoli 37 bis – 37 novies
alla legge n.109/94, che solo quattro anni dopo, hanno richiesto una radicale rivisitazione ad opera
dell’art.7 della legge del 1 agosto 2002 n.166, “Modifiche alla legge 11 febbraio 1994, n. 109”115.
In base alle previsioni di cui agli articoli 37 bis-ter-quater-quinquies-sexsies-septies-octies-nonies
della legge n.109/04 e succ.mod., la fattispecie è così disciplinata:
Promotore: il percorso individuato dalle disposizioni in questione consente ad un soggetto privato, denominato il
“promotore”, di proporre la realizzazione di un’iniziativa che l’amministrazione concedente ha inserito nella propria
programmazione triennale dei lavori pubblici116, ovvero di suggerire gli interventi da inserire nella programmazione
stessa.
Proposta: entro il trenta giugno di ciascun anno117, i soggetti promotori che intendono realizzare a proprie spese
un’opera pubblica, ottenendo dalla sua gestione la remunerazione e restituzione del capitale investito, avanzano
all’Amministrazione aggiudicatrice, domanda di concessione, corredata da adeguata documentazione: il promotore è
tenuto alla elaborazione di un progetto preliminare, di una bozza di convenzione, di un piano economico-finanziario
(asseverato da un istituto di credito) e dei necessari documenti di fattibilità e di inquadramento ambientale
dell’iniziativa di cui promuove la realizzazione; deve trattarsi di proposta articolata contenente tutti gli elementi in base
ai quali la P.A. possa valutare la convenienza all’accettazione della stessa.
Procedura di aggiudicazione: l’Amministrazione esaminata la proposta e ritenutala idonea e rispondente alle proprie
aspettative dà inizio alle procedure di aggiudicazione: la proposta, una volta dichiarata di pubblico interesse da parte
dell’amministrazione, costituisce la base di riferimento per una gara118 ad evidenza pubblica, finalizzata
all’individuazione del concessionario, articolata in due momenti: a) licitazione privata e b) procedura negoziata. Per
quanto riguarda l’aggiudicazione occorre salvaguardare la procedura dell’interesse pubblico, aggiudicando la
realizzazione dell’opera al migliore offerente.
La normativa in proposito sostanzialmente si prefigge di rendere possibile119:
un utilizzo limitato di risorse pubbliche, attraverso l’apporto di risorse in tutto o in parte
promananti dal settore privato;
una migliore gestione delle attività, atteso che molte tariffe puntano proprio a premiare la
produttività e in questo contesto la qualità dei servizi offerti;
una riduzione dei tempi di investimento, dato che i contratti vengono stipulati “a prezzo
chiuso” e talora “chiavi in mano” e il concessionario ha interesse a beneficiare dei flussi
della gestione nel minor tempo possibile;
115
I procedimenti previsti dalla Merloni per l’affidamento del contratto di concessione sono a) la licitazione privata ex
art.20, comma 2 (c.d. finanza di progetto ad iniziativa pubblica) b) il procedimento con il promotore contemplato negli
artt.37-bis e ss. della legge Merloni (c.d. finanza di progetto ad iniziativa privata).
116
Nell’ambito del programma triennale degli interventi pubblici redatto dalle P.A., le amministrazioni aggiudicatrici
individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di opere finanziate con capitali
privati, in quanto suscettibili di gestione economica; infatti, l’investitore privato si vedrà remunerato il capitale investito
con i ricavi derivanti dalla gestione dell’opera per un numero n di anni. Alle opere con le caratteristiche suindicate ci si
deve riferire per avanzare proposte di project financing.
117
La legge determina le seguenti scadenze temporali: 30 giugno di ogni anno, per la presentazione di proposte da parte
dei promotori; 31 ottobre di ogni anno, per la valutazione delle proposte da parte della Amministrazione aggiudicatrice;
31 dicembre di ogni anno per l’indizione della gara e l’aggiudicazione della concessione.
118
Il bando, deve prevedere la facoltà o addirittura l’obbligo dell’aggiudicatario (quindi successivamente
all’aggiudicazione), di costituire una società di progetto che subentra allo stesso nel rapporto di concessione senza
bisogno di approvazione od autorizzazione alcuna. La ratio della norma va ricercata nella volontà dei finanziatori di
avere un soggetto, centro di imputazione di tutti gli interessi, distinta giuridicamente dalla figura giuridica
dell’aggiudicatario: in sostanza, si tratta di un modello economico, che se rispettoso di quello progettuale, non può che
portare alla restituzione, nei termini convenuti, del capitale ricevuto maggiorato degli interessi convenzionali, nonché
utili alla società di progetto; ecco perché è quest’ultima che subentra nel rapporto concessorio ed è in definitiva
controllata dall’Istituto Finanziatore attraverso una corretta gestione del pacchetto azionario che non a caso non è
intrasferibile: E.Magrì, “Considerazioni sul project financing”, in www.giustamm.it
119
L.Zaninotto, “Il contesto normativo”, 2004, in www.utfp.it
43
una riduzione dei rischi per i partecipanti, atteso che la relativa tecnica è basata su una
equilibrata redistribuzione degli oneri su tutti i soggetti coinvolti nel progetto,
Amministrazione Pubblica compresa, che dovrà pertanto impegnarsi al rispetto di tempi,
procedure e obbligazioni assunte, ma potrà anche contare maggiormente sulla possibilità di
ottenere tempestivamente beni utilizzabili dalla collettività.
D’altra parte, il ricorso al PF comporta una serie di problematiche legate alle caratteristiche
proprie dell’operazione:
una marcata rigidità dell’intera operazione essendo determinante che, una volta strutturata,
le parti rispettino le procedure prestabilite e adempiano alle clausole prefissate;
i costi di attivazione dell’operazione sono elevati, dal momento che per strutturare un
intervento complesso - a prescindere dall’entità dell’investimento - occorre coinvolgere una
pluralità di expertise in campo economico, tecnico, legale, finanziario;
i tempi di avvio dell’iniziativa superiori a un normale appalto, dal momento che occorre
identificare, attraverso una serie articolata di fasi, il punto di incontro tra esigenze
pubblicistiche e privatistiche;
la complessità delle negoziazioni per una corretta allocazione dei rischi, data la difficoltà
nell’identificare opportunità e criticità dell’iniziativa.
Nella fase di rodaggio del meccanismo previsto dalla legge n. 415/98, si è rilevato come la
procedura stessa fosse connotata da una serie di criticità:
costi rilevanti per il proponente del progetto, non accompagnati da alcuna seria garanzia di
risultare poi affidatario dello stesso;
farraginosità delle fasi e delle procedure di scelta dell’aggiudicatario;
rigidità delle previsioni incombenti sul concessionario in fase operativa;
necessità di introdurre molta maggiore flessibilità relativamente alla durata delle
concessioni;
esigenza di riservare, eventualmente, significativi contributi pubblici a favore delle differenti
iniziative.
Con la legge n. 166, il legislatore ha cercato appunto di porre rimedio a tutte le problematiche
sopraccennate, in particolare con la previsione del c.d. “diritto di prelazione” a favore del
promotore120 (e l’obbligo, ove questo non sia esercitato, di rimborsargli gli oneri sopportati per il
progetto), vale a dire la possibilità, riconosciuta fin dal momento in cui un progetto del
proponente/promotore viene prescelto per essere messo a base di gara, di vedersi attribuita la
120
Inoltre, la recente riforma introdotta dalla l. 166/2002 ha aggiunto un altro importante strumento, consentendo al
privato di suggerire gli interventi da inserire nella programmazione triennale (nella prima versione della il promotore
poteva presentare all’amministrazione un progetto preliminare relativo ad un’opera che doveva essere già inserita nella
programmazione triennale), sebbene circondando questa facoltà da una serie di precauzioni per evitare che dalla
presentazione di proposte scaturiscano in capo alle amministrazione “obblighi di esame e valutazione” o diritti del
proponente al “compenso per le prestazioni compiute” o alla “realizzazione degli interventi proposti” (art. 37 bis,
comma 1, l. 109/94 e succ. mod.); tuttavia, in tal modo, il privato può suggerire all’amministrazione l’individuazione
del tipo di esigenze da soddisfare con l’azione pubblica.
In sostanza, nell’ambito della finanza di progetto, il dialogo può anche prendere l’avvio in una fase antecedente alla
programmazione, eventualità che non è espressamente prevista dalla disciplina comunitaria, che mostra così una minor
“fantasia”, scegliendo di non valorizzare uno spazio importante in cui la collaborazione del privato potrebbe essere in
taluni casi assai utile per definire la risposta a bisogni pubblici.
L’impostazione seguita dalla direttiva comunitaria n.18/2004, rispecchia l’ovvia considerazione secondo cui la
valutazione dell’interesse pubblico non può che essere riservata all’ente; essa, però, si traduce in un indubbio vincolo
per il privato, cui è impedita la proposizione all’amministrazione di un certo intervento al di fuori di quelli già
prospettati dalla stessa.
44
concessione semplicemente offrendo il medesimo prezzo del soggetto risultato miglior offerente in
gara121.
E infatti, già a far data dal 2003, gli avvisi di gara, soprattutto per le procedure di PF, come è
emerso da tutti di dati raccolti122, sono drasticamente cresciuti rispetto all’anno precedente,
confermandosi, d’altra parte, il 2004 come un anno importante di passaggio verso un
consolidamento delle nuove procedure. Invece, sotto il profilo dimensionale, è emerso come le
proposte relative ad opere da realizzare in Project Financing abbiano riguardato le infrastrutture di
trasporto (per pochissimi grandi interventi in termini quantitativi), e per la stragrande maggioranza
abbiano privilegiato essenzialmente le realtà locali e specificatamente la realizzazione di opere
attinenti a parcheggi, impianti sportivi, cimiteri123.
Tuttavia, dati questi risultati e queste considerazioni, non si può non tenere conto delle eccezioni
sollevate dall’Unione europea riguardo al nuovo istituto della prelazione circa il rispetto del
principio della parità di trattamento tra i concorrenti, laddove il promotore gode di una posizione
particolare, potendo accedere di diritto al confronto negoziale finale (la regolamentazione del
dialogo competitivo non contempla nessun incentivo che sia paragonabile a quello disciplinato dalla
l. 109/1994). E, d’altra parte, la nuova procedura presenta due criticità124:
le attuali procedure per il promotore durano da un minimo di due anni a oltre quattro: dopo
quattro anni in scenari (come quelli del PF) soggetti a mutamenti di costi rilevanti, è
discutibile come il progetto possa essere ancora considerato economicamente compatibile
trascorso tale periodo;
la complessità procedurale del meccanismo per le pubbliche amministrazioni: quanto
previsto dall’ art. 37 bis e seguenti della Merloni obbliga l’ente locale, ad es., a ben cinque
passaggi importanti, determinando sia uno sforzo rilevante sul piano amministrativo sia
tempi lunghi per gli affidamenti; ne consegue la scelta di ricorrere alla concessione di
costruzione e gestione, che anche se impegna in fase preparatoria maggiormente l’ente,
garantisce a valle tempi molto più celeri e meno defatiganti.
C’è poi una terza problematica che riguarda, in generale, le operazioni di Partenariato Pubblico
Privato e attiene alla natura stessa del rapporto tra pubblico e privato, ovvero alla definizione dei
rischi e relativa assunzione: con decisione dell’11 febbraio 2004 125, Eurostat, nell’individuare i tre
tipi di rischio connessi a operazioni di PPP, ha sottolineato che se il privato non se ne assume
121
Secondo la vecchia disciplina, invece, il privato era chiamato ad esprimere uno sforzo progettuale senza avere
garanzia che dall’accoglimento della propria proposta sarebbero scaturite posizioni di vantaggio ai fini
dell’aggiudicazione finale; la nuova disciplina, nella seconda fase della procedura (preordinata alla scelta dei
concorrenti), ha anche la finalità di costringere i concorrenti ad effettuare uno sforzo progettuale di ulteriore
affinamento della proposta, tanto è vero che la scelta può effettuarsi anche mediante appalto concorso.
122
vedi i dati del Rapporto 2004 dell’Osservatorio nazionale sul Project Financing, infra, par.4.3.
123
Osservatorio Nazionale Project financing, Rapporto 2004: si tratta di settori caratterizzati tutti da un prodotto ben
definito, da una domanda rigida e dunque prevedibile sulla base delle statistiche disponibili, da tecnologie consolidate:
la previsione dei flussi di cassa è ben identificabile e conseguentemente è strutturabile un piano economico-finanziario
con margini di oscillazione nel tempo presumibilmente contenuti.
Va peraltro chiarito che, nel contesto appena descritto, vengono ordinariamente fatte rientrare - dalle varie rilevazioni
riportate dalla stampa specialistica e non - anche opere quali ospedali, scuole e caserme, ossia interventi per i quali il
costo del servizio è interamente finanziato con contributi pubblici (prelievo fiscale), erogati in una forma diversa da
quella rigorosamente parametrata al flusso dei servizi stessi. Per tali opere, “opere fredde” o “opere a bassa rilevanza
imprenditoriale” non sempre si può parlare propriamente di P.F., dato che l’accezione P.F., come oramai più volte
ribadito, è invocabile se ed in quanto i contributi - siano essi pubblici o privati - sono erogati con modalità
rigorosamente parametrate al flusso dei servizi; diversamente, non si può parlare propriamente di P.F. e si deve,
piuttosto, far ricorso al concetto di PPP.
124
P. Buzzetti, “La domanda di nuove regole”, atti del convegno “Il Partenariato Pubblico Privato: un’opportunità per
l’Italia”, Roma, 2 marzo 2004.
125
Vedi infra par.2.1.
45
almeno due, un investimento entra automaticamente a far parte della spesa pubblica. Alla luce di
questa notazione, è evidente come la valutazione dei rischi e della giusta ripartizione degli stessi
riguardi il bilancio pubblico e la compatibilità con gli impegni presi e la questione vada
approfondita dunque rispetto alle varie forme di Partenariato pubblico privato, non solo al Project
Financing126.
Una delle soluzioni proposte127 è quella di prendere in considerazione l’indicazione dell’Unione
Europea di giungere a definire e a regolamentare il rapporto pubblico-privato alla luce del nuovo
istituto europeo del “dialogo competitivo” (vedi, infra par.1.1.), contemplato nell’art.29 della
Direttiva europea 2004/18/CE (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi) che permetterebbe di introdurre nella Merloni un
procedimento più agile, alternativo all’attuale trifasico previsto dagli artt. 37-bis e ss. della legge.
Ciò valorizzerebbe l’ “inventiva” del partner privato per compensare la difficoltà
dell’Amministrazione di fronte a realizzazioni complesse sotto il profilo finanziario, tecnico e
organizzativo per le quali è necessaria una forte produzione di innovazione amministrativa128.
In effetti, in dottrina129, sono stati evidenziati nella disciplina del Project Financing diversi caratteri
che consentono un confronto significativo con il dialogo competitivo130, in particolare per la
presenza di un dialogo pubblico-privato intenso e non episodico.
Inoltre, come il PF è preordinato alla stipula di un contratto per la costruzione e gestione dell’opera,
così il dialogo competitivo non costituisce una nuova modalità di realizzazione dei lavori o di
esecuzione della prestazione, nel senso che “sfocia” comunque nella stipula di un contratto di
appalto131.
126
P. Buzzetti, “La domanda di nuove regole”, atti del convegno “Il Partenariato Pubblico Privato: un’opportunità per
l’Italia”, Roma, 2 marzo 2004: l’autore suggerisce, a tale proposito, di prendere in considerazione la proposta proprio
dell’Unione Europea di giungere a definire e a regolamentare il rapporto pubblico privato nell’ambito del nuovo istituto
europeo del “dialogo competitivo”. E comunque l’Unione Europea ammetta la procedura negoziata con bando, ovvero
un avviso a cui far seguire una trattativa privata, che è una soluzione semplicissima, che si contrappone a quanto
avviene nel nostro ordinamento dove con l’introduzione della la prelazione abbiamo creato “un’anomalia italiana”.
127
Utfp, “10 temi per migliorare il ricorso alla finanza di progetto” ( “L’accerchiamento” della Merloni ), febbraio
2005; P. Buzzetti, “La domanda di nuove regole”, atti del convegno “Il Partenariato Pubblico Privato: un’opportunità
per l’Italia”, Roma, 2 marzo 2004
128
Il 16° considerando della Direttiva 2004/18/CE24 rimette ai singoli Stati la facoltà di introdurre il dialogo
competitivo nel proprio ordinamento (ai sensi dell’art.80 “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 gennaio 2006”): si ritiene
perciò che tale facoltà debba essere esercitata.
129
cfr. “Il dialogo pubblico-privato”, agosto 2004, in rivista di diritto pubblico “Giustizia amministrativa”, a cura di
G.Saporito , www.giustamm.it.
130
Nel considerando n.31 della Direttiva 2004/18/CE si legge quanto segue: “Le amministrazioni aggiudicatrici che
realizzano progetti particolarmente complessi possono trovarsi nell'impossibilità oggettiva, non per carenze loro
imputabili, di definire i mezzi atti a soddisfare le loro esigenze o di valutare ciò che il mercato può offrire in termini di
soluzioni tecniche e/o di soluzioni giuridico/finanziarie. Tale situazione può in particolare verificarsi per l'esecuzione di
importanti progetti di infrastruttura di trasporti integrati, di grandi reti informatiche, di progetti che comportano un
finanziamento complesso e strutturato, di cui non è possibile stabilire in anticipo l'impostazione finanziaria e giuridica.
Nella misura in cui il ricorso a procedure aperte o ristrette non consenta di aggiudicare detti appalti, occorre prevedere
una procedura flessibile che salvaguardi sia la concorrenza tra operatori economici sia la necessità delle
amministrazioni aggiudicatrici di discutere con ciascun candidato tutti gli aspetti dell’appalto. Tuttavia tale procedura
non deve essere utilizzata in modo che limiti o distorca la concorrenza, in particolare mediante modifiche di elementi
sostanziali delle offerte o imponendo elementi nuovi sostanziali all'offerente scelto ovvero coinvolgendo qualsiasi altro
offerente che non sia quello che ha presentato l'offerta economicamente più vantaggiosa”.
131
Tuttavia, proprio in ciò risiede una profonda differenza tra dialogo competitivo e project financing: il primo,
soprattutto, è preordinato esclusivamente alla stipula di un appalto, mentre il project financing è uno strumento
alternativo per addivenire ad una concessione di costruzione e gestione (e non è utilizzabile per gli appalti), tanto è vero
che si parla, al riguardo, anche di concessione “ad iniziativa del privato” al fine di distinguerla da quella di cui all’art.
19, l. Merloni (c.d. concessione “ad iniziativa pubblica”): cfr. “Il dialogo pubblico-privato”,citato.
46
D’altra parte la regolamentazione del project financing ha un respiro più ampio di quella scaturente
dalla Direttiva europea, nel senso che si preoccupa di peculiari profili (quali la gestione dell’opera,
la società di progetto, la risoluzione, la revoca ed il subentro) che non sono presi in considerazione
dalla fonte comunitaria132.
Più in generale, uno dei meriti della disciplina nazionale è quella di valorizzare le problematiche
finanziarie, di cui invece si disinteressa la normativa comunitaria, tradizionalmente incline ad
occuparsi dei tratti dei vari istituti che direttamente riguardano la concorrenza.
Alla luce di queste considerazioni e data l’opportunità di non disperdere le esperienze e gli aspetti
positivi della riforma, si fa però notare da più parti133, come proprio la crescita che si sta registrando
nel settore delle operazioni di PPP, renda evidente la necessità di adeguare il quadro normativo
(decisivo per l’andamento del mercato, come dimostrato dai dati134), evitando che le incertezze
normative frenino l’interesse verso tali operazioni.
La prassi dà dunque ragione della necessità di una discreta dose di “prudenza” 135: le
Amministrazioni si ritrovano ad operare all’interno di un contesto normativo ancora incerto, (come
illustrato nel precedente par.4.2.), anche a seguito delle modifiche apportate dalla legge 166/02
all’istituto del PF, sul quale è opportuno che si faccia chiarezza, delineando confini più precisi su
tematiche di rilievo, quali, fra l’altro:
a) Diritto di prelazione e contratti misti: la Commissione delle Comunità europee (come già
detto) ha evidenziato con parere motivato del 15/10/03 alla Repubblica italiana come il
diritto di prelazione violi la parità di trattamento e come la disciplina nazionale dei contratti
misti violi le norme del Trattato, invitando la Repubblica italiana a conformarsi al parere
entro due mesi (artt. 2 e 37-ter legge Merloni).
b) Contenuti dello Studio di fattibilità: la legge Merloni ed il relativo regolamento di attuazione
DPR 554/99 non delineano in modo soddisfacente il contenuto minimo dello studio di
fattibilità, tanto meno qualora si debba tener conto del particolare procedimento ex artt. 37bis e ss. e della sua complessa scansione amministrativa136. I dati dell’Osservatorio
Nazionale sulla Finanza di Progetto evidenziano come sia tuttora elevata la mortalità dei
procedimenti attivati ex artt. 37-bis e ss. (vedi più approfonditamente par.4.3.), con una
notevole perdita economica per la PA e, come sia, invece, molto limitato il numero dei
procedimenti che giungono a conclusione, proprio perché non sono stati “pensati” in
132
In questo contesto è comunque evidente la complessità del ruolo che l’amministrazione è chiamata a svolgere, per
cui emerge l’assoluta necessità di poter contare su di un’amministrazione capace e attrezzata, in grado di gestire con
professionalità il processo di dialogo pubblico-privato e di definire le proprie esigenze funzionali, secondo un indirizzo
che emerge anche dalla lettura del Libro verde della Commissione sui partenariati pubblico-privati – COM (2004) 327;
più in generale, è importante che il soggetto pubblico sappia sfruttare tutti i momenti di dialogo offerti dalla normativa e
sia in grado di individuare procedure caratterizzate dalla previsione di opportuni “premi” per il privato.
133
vedi fra gli altri, L.De Pierris, M.Foschi “Italian PPP’s: an update”, in wwww.infopieffe.it; L.De Pierris, “Improving
Infrastructure”, in www.infopieffe.it; P. Buzzetti, “La domanda di nuove regole”, atti del convegno “Il Partenariato
Pubblico Privato: un’opportunità per l’Italia”, Roma, 2 marzo 2004; M.Ricchi, “Project financing: le ragioni
dell’exploit e le ragioni della prudenza”, Milano, 2004, in www.utfp.it
134
Osservatorio Nazionale PF, Rapporto 2004: vedi in questo documento par.3.1. e par.4.3..
135
M. Ricchi, “Project financing: le ragioni dell’exploit e le ragioni della prudenza”, citato; Utfp, “10 temi per
migliorare il ricorso alla finanza di progetto” (“L’accerchiamento” della Merloni), febbraio 2005.
136
Utfp, “10 temi per migliorare il ricorso alla finanza di progetto” (“L’accerchiamento” della Merloni), febbraio 2005:
nel documento l’unità tecnica finanza di progetto, indipendentemente dall’intervento del legisletore, indica i contenuti
minimi che sarebbe opportuno inserire nello SdF e le possibili modalità di recepimento dei contenuti indicati, secondo
la complessità del progetto, in caso di coinvolgimento di finanziamenti privati (applicazione autonoma da parte della
PA di best practices nel momento di compilazione dei programmi triennali; emanazione di soft law da parte di Autorità
regolamentari riguardanti i contenuti necessari dello SdF; inclusione in una delibera CIPE, per tutti i progetti di
infrastrutture strategiche rientranti nella legge obiettivo 443/2001, dei contenuti necessari dello SdF e dell’avviso
indicativo (art.37-bis, comma 2 bis della legge Merloni), che segnala la presenza di interventi realizzabili con capitali
privati nella programmazione dell’ Amministrazione.
47
funzione della loro comple complessità prima di essere inseriti nella programmazione
triennale.
c) Contributo pubblico in “natura”: occorrerebbe individuare quali sono quei beni la cui
utilizzazione sia strumentale o connessa all’opera da affidare in concessione che possono
essere ceduti in proprietà a titolo di contributo pubblico e, per tale qualità, addirittura essere
espropriati a terzi (art. 19, c. 2, legge Merloni).
d) Limite al contributo pubblico: occorrerebbe stabilire qual’è il limite al contributo pubblico
per la realizzazione di un’opera (es. 80%, 100%, 120 %, del valore dell’investimento) (art.
19, c. 2, legge Merloni).
Tuttavia, nel valutare il tipo di intervento migliorativo da parte del legislatore, bisogna tenere conte
che la finanza di progetto, come ormai è evidente, fa parte del genus più ampio del Partenariato
Pubblico-Privato per la realizzazione di opere pubbliche, che può essere attuato mediante modalità e
tecniche contrattuali che prescindono dalla tradizionale concessione di costruzione e gestione. Il
coinvolgimento di capitali privati per la realizzazione di opere pubbliche e per la gestione di servizi
pubblici (come già evidenziato nel corso della presente trattazione) si può realizzare -e di fatto così
avviene nella prassi ad opera delle Amministrazioni- anche con contratti non qualificabili come
concessioni di lavori pubblici, quali la concessione di servizi (per il contratto misto di concessione
di servizi, vedi infra par.3.2.3) quando siano compresenti lavori e servizi; il leasing; l’ urbanistica
“contrattata o consensuale” per la riqualificazione urbana; la vendita di cosa futura; tutti cintratti
che richiedono alla PA una complessa opera di prefigurazione del procedimento applicabile per
l’individuazione del contraente e della disciplina che regola il contratto. Questo quadro, unitamente
alla presenza della pluralità di attori che concorrono quali la PA, gli istituti di credito/finanziatori,
gli appaltatori, i gestori di servizi pubblici, i fornitori, i consulenti economico-finanziari, gli
operatori del diritto e il confronto con le esperienze europee ed internazionali, fanno rilevare137
come gli interventi migliorativi del Project Financing debbano essere inseriti in modo
sistemico, non solo nel contesto legislativo, ma anche nelle prassi applicative e in tutti quegli
ambiti regolamentari che incidono sull’efficacia dello strumento di finanziamento in oggetto. Su
questo presupposto, l’Unità Tecnica Finanza di Progetto138 ha individuato alcune criticità e
conseguenti spazi di miglioramento anche nelle prassi applicative della normativa in materia; tra le
indicazioni vi sono le seguenti:
•
•
Ruolo della PA: nell’attuale procedimento ex artt.37-bis e ss. della legge Merloni, la
formazione del collegio di esperti per la valutazione delle proposte è obbligatoria solo nella
seconda fase, quella della licitazione privata o dell’appalto concorso rivolto ad individuare i
due migliori competitors. Ciò comporta l’inconveniente che, all’interno di un unico
procedimento a più fasi, ci sono tre diversi collegi con differenti metri di giudizio e con la
necessità di esaminare ogni volta ex novo tutti i documenti con possibili conflitti di
responsabilità nel caso di contenziosi intervenuti a valle del procedimento. Per i progetti di
particolare complessità, sarebbe opportuno individuare un solo collegio professionale, che
abbia le necessarie competenze giuridiche, tecniche ed economico- finanziarie, in tutte le fasi
del procedimento139 e comunque sarebbe opportuno individuare un collegio di professionisti
anche in fase di valutazione della proposta.
Ruolo della PA: la prassi di applicazione dell’art.37-ter della Merloni comporta che l’attività
comparativa tra più proposte presentate per la medesima iniziativa non spinga
137
Utfp, “10 temi per migliorare il ricorso alla finanza di progetto” ( “L’accerchiamento” della Merloni ), febbraio 2005
Utfp, “10 temi per migliorare il ricorso alla finanza di progetto” ( “L’accerchiamento” della Merloni ), febbraio 2005
139
Posto che l’art. 21, comma 7 della legge Merloni stabilisce che “La nomina dei commissari e la costituzione della
commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato ai concorrenti per la presentazione delle offerte”,
l’identicità della commissione potrà riguardare solo la seconda e la terza fase con esclusione di quella di valutazione
della proposta, a meno di intervento di modifica normativa mirato per il procedimento ex artt.37-bis e ss..
138
48
•
•
•
•
l’Amministrazione ad alzare la qualità di quella prescelta sulla base delle idee innovative
presentate da altri proponenti; questo, il più delle volte, genera un appiattimento della scelta e
un’occasione persa per la PA di migliorare il progetto sul “campo”. L’Amministrazione
dovrebbe invece scorgere, nella fase comparativa delle proposte, l’opportunità di cogliere gli
aspetti innovativi e migliorativi delle offerte per arricchire solo quella che effettivamente verrà
dichiarata di pubblico interesse; ciò potrebbe avvenire attraverso una prima fase che dovrebbe
portare l’allineamento di tutte le proposte su tali aspetti migliorativi ed una fase finale in cui
l’Amministrazione metta in campo l’esercizio della propria discrezionalità amministrativa per
puntare all’opera che si avvicini maggiormente al pubblico interesse perseguito; si dovrebbe
quindi prefigurare nella fase di valutazione di più proposte, una procedura negoziata,
adempiendo così anche alle richieste della Commissione, per l’individuazione del promotore
con una proposta “arricchita” di contributi sottoposti da altri concorrenti.
Ruolo dei finanziatori: potrebbe essere opportuno subordinare la sottoscrizione del contratto
di concessione o di altro tipo, che attui forme di PPP, all’impegno degli sponsor (soci
finanziatori e/o istituti di credito) a finanziare il progetto per la parte non coperta dalla
contribuzione pubblica. L’effetto di questa previsione dovrebbe indurre gli istituti finanziatori
a seguire la proposta in ogni fase, innalzandone il livello qualitativo fin dall’inizio, o,
comunque, a spingere il promotore a dotarsi di advisor egualmente coinvolti e credibili agli
occhi dei finanziatori, che dovranno valutare la proposta a valle della sua definizione. Questa
condizione, da inserire nell’avviso di sollecitazione alla presentazione delle proposte e nel
bando successivo e nel contratto, persegue il primario interesse di garantire l’Amministrazione
a che la concessione vada a buon fine una volta individuato il concessionario e sottoscritto il
contratto.
La normativa dello step-in right (art.37-octies legge Merloni): si potrebbe prevedere la facoltà
di inserire nel contratto di concessione uno step-in right dinamico più aderente alle esigenze
dei finanziatori, prevedendo la possibilità per i finanziatori di proporre la sostituzione del
concessionario che non stia operando con efficienza, in base agli indici attesi nel contratto di
finanziamento. Questa soluzione permetterebbe di evitare che l’intervento dei finanziatori per
la sostituzione del concessionario avvenga, secondo le disposizioni vigenti, solo quando il
concessionario si trovi in una situazione di conclamato inadempimento, tanto da essere
segnalato dalla PA per la risoluzione del contratto. Invece, la previsione proposta
consentirebbe alla PA di autorizzare la sostituzione del gestore inefficiente prima di giungere
ad un default irreversibile del progetto con la richiesta di risoluzione del contratto, favorendo
peraltro l’ingresso dei finanziatori già nella fase di redazione del contratto. Ovviamente, tale
soluzione comporterebbe una “rivoluzione di ottica”, aumentando l’importanza del ruolo dei
finanziatori quali co-attori nella determinazione del contratto di concessione.
Il Project Management e Cost Control: la previsione normativa dell’obbligo di adozione di
tecniche di project management e cost control per le grandi opere fin dalla fase di
progettazione e durante la fase di costruzione delle opere a tutela sia dei soggetti finanziatori
che dell’Amministrazione concedente, farebbe si che la PA contenesse i costi secondo budget
e, soprattutto, si influirebbe positivamente sulla qualità della progettazione e della costruzione
dell’opera nonché sul rispetto della tempistica di realizzazione.
La concorrenza: si potrebbe valutare l’opportunità di prevedere per le Amministrazioni la
facoltà di inserire nei bandi il riconoscimento di premi per i concorrenti che partecipino ai
procedimenti di affidamento di contratti per la realizzazione e gestione di opere pubbliche con
il coinvolgimento di capitali privati, con la finalità di incentivare, quando ritenuto opportuno
dall’Amministrazione, la concorrenza a fini innovativi, compensando i costi partecipativi
particolarmente elevati. Questa scelta deve ovviamente essere applicata con una metodologia
che eviti partecipazioni finalizzate esclusivamente all’accaparramento dei premi, ad esempio
legando gli incentivi alla presentazione effettiva di varianti o alla realizzazione di progetti
preliminari nuovi.
49
•
Finanza di progetti e Opere fredde: lo schema di finanza di progetto può essere impiegato
anche per costruire e gestire le opere c.d. “fredde” (uffici pubblici, scuole, complessi
penitenziari, ospedali, case di riposo, università); la PA a fronte della loro utilizzazione
corrisponde un canone periodico soggetto ad IVA. Potrebbe essere utile, ai fini della fattibilità
del progetto, esentare il canone periodico dall’IVA in alcuni settori “sociali”. A questo
riguardo sarebbe opportuno valutare la possibilità degli Stati membri di ricorrere all’art.13,
comma 1, lett. b), c), g), h), i) della Direttiva 388/77 recante “Esenzioni IVA a favore di
alcune attività di interesse pubblico” come, appunto, le ospedalizzazioni e le cure mediche e le
prestazioni connesse, prestazioni di servizi e cessioni di beni connesse all’assistenza sociale e
la sicurezza sociale comprese quelle fornite dalle case di riposo, le prestazioni di servizi e
forniture di beni connesse con la protezione e l’educazione dell’infanzia e della gioventù,
l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale.
50
4.3. Profili applicativi
L’ambito di applicazione del Project Financing, come si desume anche dalle riflessioni che
precedono, riguarda, soprattutto, settori in cui sono necessari investimenti di rilievo ed a lunga
scadenza, come le infrastrutture e le public utilities che, d’altra parte, assicurano una relativa
stabilità dei flussi di cassa derivanti dall’iniziativa.
A dimostrazione del forte interesse da parte delle amministrazioni pubbliche a supplire in questo
modo alla carenza di risorse, ma anche, all’acquisizione “permanente” di know-how di
progettazione, costruzione e gestione, la domanda di Project Financing fa registrare una crescita
costante e progressiva, come d’altra tutto il mercato del PPP (v.infra par., 3.2.)140.
La crescita riguarda, sia la fase c.d. PF 1 (fase di preselezione, ovvero degli avvisi di richieste di
proposte progettuali che la P.A. rivolge ai privati), che la fase c.d. PF 2, ossia quella delle gare vere
proprie: gli avvisi risultano nel triennio 2002-2004 in costante crescita, con 225 avvisi nel 2002,
533 nel 2003, 703 alla fine del 2004. Questa domanda “potenziale”, nel 2004, ha un valore di oltre 7
miliardi di euro, (oltre 11 miliardi per l’intero triennio). Anche la fase delle gare fa registrare dati in
crescita, con 138 progetti che nel 2004 arrivati alla gara a licitazione privata, ovvero 39 gare in più,
pari ad una crescita del 40% della domanda attivata rispetto al 2003. A questo aumento ha
corrisposto però un valore di oltre un miliardo e 127 milioni, con una riduzione del valore annuo
rispetto al 2003 di 63 milioni, pari al 5,3%, legato, come per le concessioni di costruzione e
gestione, alla minore dimensione delle opere, con assenza di opere di grandi dimensioni realizzate
in PPP nel corso del 2004, a differenza di quanto accaduto nel 2003141.
Dal punto di vista della committenza, si allarga e si amplifica la domanda di partnership
soprattutto da parte delle amministrazioni territoriali. L’attuale fase del Project Financing si
caratterizza, infatti, per la predominanza di avvisi di ricerca del promotore privato da parte dei
Comuni, ai quali nel 2004 è da imputare l’87% della “domanda potenziale” (il 56,4% sono avvisi
pubblicati da Comuni con popolazione fino a 50.000, dunque le città piccole, mentre si segnala il
ridimensionamento dei capoluoghi di regione e delle città maggiori), ma anche rispetto alle gare si
registra lo stesso trend, con l’88% dei 138 progetti arrivati a gara nel 2004 di competenza
comunale142. Il ricorso al PF coinvolge tutte le dimensioni degli interventi, ma la maggiore
concentrazione degli avvisi e delle gare nel 2004 (rispettivamente 74% e 65% circa degli interventi)
riguarda opere di dimensione medio-piccola (al di sotto dei 5 milioni di euro)143.
Spostando l’analisi al settore di attività, si rileva una concentrazione degli interventi realizzati
ricorrendo al Project Financing, soprattutto in 4 settori: parcheggi (18%), impianti sportivi (17%),
reti di servizi(10%) e cimiteri (9%), dove si registra un aumento del numero di interventi rispetto al
2003 (rispettivamente +19%, +22%, +52%, +94%). Nel 2004, risultano, invece, in calo rispetto
all’anno precedente trasporti, edilizia scolastica e sociale e igiene urbana. E tali percentuali
risultano sostanzialmente coincidenti per domanda potenziale e domanda attivata. I quattro settori
suindicati, sono dunque gli ambiti nei quali si riscontra maggior successo del PF e, in effetti,
rappresentano i modelli nei quali è più garantito l’investimento in termini di ritorno economico.
140
Osservatorio Nazionale Project Financing, dati del Rapporto annuale 2004 “L’onda montante del Partenariato
Pubblico Privato”, citato.
141
Dati dell’ Osservatorio Nazionale Project Financing, dati del Rapporto annuale 2004 “L’onda montante del
Partenariato Pubblico Privato”, citato
142
Dati dell’Osservatorio sul Project Financing
143
Dati dell’Osservatorio sul Project Financing: la fascia intermedia (da 5 a 50 milioni) totalizza il 24% circa sia per gli
avvisi che per le gare.
51
Sul piano della concentrazione territoriale, il dato coincide con quello del mercato del PPP: la
domanda “potenziale” (numero degli avvisi) è alta soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, dove
nel 2004 tra Sud e Isole si ritrova il 61% (con un aumento di 16 punti percentuali rispetto al 2003,
che faceva registrare una percentuale pari al 45,2%) delle richieste di preselezione. Tale domanda,
tuttavia, stenta a trasformarsi in gara, per cui spostando l’attenzione sulla domanda “attivata” la
percentuale degli interventi posti in gara nel 2004 tra Sud e Isole, diventa pari al 40% del totale
nazionale.
A fronte della crescita esponenziale delle operazioni di finanza di progetto (sia ad iniziativa privata
che ad iniziativa pubblica, artt.37 bis e ss. e 20, c. 2 legge Merloni), ci si domanda quali siano le
“cause”di tale “onda montante”144 e dunque i fattori di successo del PF nel settore pubblico.
Tra i fattori di successo (peraltro in parte comuni a tutte le operazioni di PPP), senz’altro vi sono i
seguenti:
- la spinta conferita dagli operatori del mercato: cresce l’interesse dei grandi operatori
finanziari e dei costruttori per il mercato del PPP, ad es., per le iniziative di pianificazione
territoriale in senso lato, dove ad attrarre l’investimento privato non è più solo il reddito
ricavabile dalla gestione dell’opera pubblica ma anche quello generato dalla valorizzazione
del contributo pubblico ceduto al concessionario dall’Amministrazione sotto forma di
proprietà, dotata di diritti edificatori, o di diritti reali di godimento (art. 19, c. 2, legge
Merloni);
- la necessità della pubblica amministrazione di far fronte alla scarsità delle risorse
finanziarie;
- le modifiche normative (in particolare ex legge n.166/2002) che hanno reso maggiormente
fruibile e “attraente” questo strumento.
Oltre a ciò, dall’osservatorio attento dell’Unità Tecnica Finanza Progetto145, si fa notare altresì che
vi sono altri tre fattori specifici di successo dello strumento di PF, riconducibili ad altrettanti
elementi chiave:
1. la “priorità” degli interventi realizzati con il ricorso al PF riconosciuta in seno alla Legge
Obiettivo;
2. la “premialità” prevista in PRUSST, URBAN e Contratti di quartiere per la realizzazione di
opere in PPP;
3. la “versatilità” dello strumento capace di essere utile sia per lo sviluppo di una singola opera
che per realizzare pianificazioni complesse di aree vaste.
Quanto alla Legge Obiettivo, essa ha qualificato le opere da realizzare con il project financing come
prioritarie ope legis, riconoscendo un valore prioritario agli interventi suscettibili di attirare gli
investitori privati e, di conseguenza, ha imposto agli amministratori la “doverosità” di realizzarli,
laddove vengano programmati, con precedenza rispetto a tutti gli altri lavori. Quella di inserire la
finanza di progetto nella Legge Obiettivo, senza creare una lex specialis a parte è stata un’idea
vincente146, per cui le Amministrazioni si sono trovate a gestire un procedimento nuovo, ma
collocato all’interno di un contenitore, con cui hanno sempre avuto “confidenza”. Questo
inserimento ha “obbligato” infatti le amministrazioni a far proprio il procedimento, rilevando come
questo avesse, da un lato, aspetti complessi e lunghi, dall’altro che la finanza di progetto era
riconducibile nei termini di gare e di contratti di concessione di costruzione e gestione, secondo
meccanismi noti. In questo contesto, nonostante le perplessità di fronte a un quadro complesso, la
convergenza dei centri di interesse pubblici e privati, sebbene con motivazioni opposte, ha
144
Osservatorio Nazionale Project Financing, Rapporto annuale 2004, citato.
Vedi M. Ricchi, “Project financing: le ragioni dell’exploit e le ragioni della prudenza”, Milano, 2004, in www.utfp.it
146
M. Ricchi, “Project financing: le ragioni dell’exploit e le ragioni della prudenza”, citato.
145
52
rilanciato lo strumento tra gli operatori, attraverso l’arricchimento dell’istituto per mezzo di prassi
interpretative innovative, generando un effetto moltiplicatore di attivazioni nel settore pubblico.
Inoltre, in strumenti di concertazione e partenariato come i P.R.U.S.S.T., i PIC Urban ed i Contratti
di quartiere sono state previste delle premialità, in vario modo configurate, qualora siano
contemplate realizzazioni di opere con l’apporto di finanziamenti privati tali da stimolare il ricorso
al project financing.
Infine, un ulteriore motivo di successo del project financing risiede nella sua capacità di essere
funzionale sia per lo sviluppo di una singola opera che per la realizzazione di pianificazioni
complesse di aree vaste. Il PF indirizzato al recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio o per il
rilancio produttivo di un’area (piano di recupero urbano, piano di recupero di insediamenti abusivi,
programmi di riqualificazione urbana, programmi per gli insediamenti produttivi, piani di
attuazioneper l’edilizia economica e popolare) rappresenta una delle vene più promettenti per
sviluppi applicativi delle operazioni di PPP (per cui vedi infra par.3.1.)
In questo contesto, tuttavia, non possono non mettersi in evidenza anche criticità e punti di
debolezza dello strumento del PF, che rappresentano altrettante cause limitative del ricorso al PF
stesso.
Uno di questi è quello che è stato definito “il tasso di mortalità dei procedimenti”: si tratta da un
lato, dei procedimenti che si chiudono con un nulla di fatto, perché al 30 giugno non viene
presentata alcuna proposta, ovvero perché la proposta regolarmente presentata non sia ritenuta
dichiarabile di pubblico interesse o ancora, nel project financing ad iniziativa pubblica, perché non
sono state presentate delle offerte; d’altro lato, ci si riferisce a tutti quei procedimenti che, pur
avendo “una vitalità amministrativa” per una serie di ragioni, vedono di fatto bloccato il loro
regolare sviluppo, dilatando in modo non prevedibile il tempo di realizzazione. Diverse sono le
cause alla base dei fenomeni suindicati, tra le altre147:
- il mercato privato non risponde alla sollecitazione di presentare proposte a fronte di progetti
programmati poco credibili, in genere senza sostenibilità economico-finanziaria;
- l’amministrazione non dichiara l’opera di pubblico interesse o sospende di fatto la
dichiarazione a tempo indeterminato, laddove a fronte di proposte estremamente “povere”
non vuole rinunciare al procedimento (che è costato tempo e risorse), affrontando estenuanti
incontri/scontri con i promotori per modificare le proposte;
- il project financing è attivato in presenza di condizioni sospensive, ovvero
l’amministrazione si attiva, nonostante ci siano dei procedimenti ablatori da espletare, siano
necessarie varianti al PRG o autorizzazioni che non dipendono dall’Amministrazione
concedente;
- l’amministrazione è incapace di sostenere il procedimento e il contratto di concessione,
incapacità che può riguardare sia il procedimento di aggiudicazione che la rilevazione
postuma dell’impossibilità di sostenere finanziariamente il progetto o di far rispettare il
cronoprogramma di realizzazione o, in genere, il monitoraggio del progetto e degli standard
di servizi per tutta la sua durata; ciò è dovuto all’incapacità e/o scarsa esperienza della P.A.
nel concepire e avviare iniziative complesse dal punto di vista finanziario e gestionale,
difficoltà che qualche volta si collocano persino a livello di individuazione delle esigenze
della propria collettività;
- prima di giungere all’aggiudicazione definitiva di una concessione, il procedimento è
potenzialmente esposto ad una serie di impugnative inibenti il medesimo provenienti dagli
interessi più vari: i concorrenti, i potenziali concorrenti, i soggetti lesi dai procedimenti di
147
M. Ricchi, “Project financing: le ragioni dell’exploit e le ragioni della prudenza”, citato; L.Zaninotto “Il contesto
normativo del PF”, in www.utfp.it
53
approvazione e realizzazione dell’opera con le relative attività espropriative e di
asservimento.
Altre criticità148 sono inoltre riconducibili ai fenomeni più vari:
- il livello delle tariffe è inadeguato e la modalità di revisione delle stesse è difficoltosa e/o
incerta, ovvero le tariffe sono amministrate/controllate senza adeguato contributo pubblico,
con conseguente difficoltà a raggiungere l’equilibrio economico-finanziario del piano degli
investimenti;
- carenze di pianificazione urbanistica che rendono difficoltosa/incerta la allocazione degli
interventi;
- scarsa disponibilità di contributi pubblici integrativi da destinare alla realizzazione di opere
pubbliche e di pubblica utilità;
- timori del mondo finanziario e imprenditoriale circa il ruolo ed i comportamenti, non
pienamente garantiti, della Pubblica Amministrazione per tutta la durata della concessione;
- eterogeneità dei modelli operativi stabiliti dalle varie leggi di settore e conseguente difficoltà
di prefigurare interventi con caratteristiche di investimenti industriali, specie se essi sono la
risultante di integrazioni tra interventi che incidono su una pluralità di settori;
- carenza di adeguati e semplici modelli operativi e scarsa diffusione di “buone pratiche” in
materia di PF, sia che si tratti della fase di concezione, che di scelta del partner privato, che
di integrazione di finanziamenti comunitari/nazionali/regionali, che di adeguata definizione
dei modelli contrattuali o di migliore ripartizione dei rischi;
- incertezza circa il regime degli affidamenti, specie per quanto concerne i lavori pubblici.
Come si può vedere la prassi dà ragione della necessità di una discreta dose di “prudenza”, inoltre le
Amministrazioni si ritrovano ad operare all’interno di un contesto normativo ancora incerto, (come
illustrato nel precedente par.4.2.) a seguito delle modifiche apportate dalla legge 166/02 all’istituto,
sul quale gli operatori del diritto dovranno opportunamente fare chiarezza.
Superare tali difficoltà è comunque l’obiettivo di tutte le Pubbliche Amministrazioni, posto che,
pure alla luce dell’allargamento dell’UE a 25, si è ormai consapevoli che lo sviluppo dei territori
passa anche attraverso la realizzazione delle grandi reti infrastrutturali -nei settori dei trasporti,
dell’energia e delle telecomunicazioni- che richiedono investimenti forti, non realizzabili senza un
rilevante impegno dei soggetti privati coinvolti.
E’ necessario quindi che l’onda montante dei procedimenti attivati in project financing, di cui parla
l’Osservatorio nazionale PF non si trasformi in un’ “onda anomala” con effetti disastrosi per
l’economia delle Pubbliche Amministrazioni149: i procedimenti sono lunghi, complessi e il contratto
di concessione di costruzione e gestione è un meccanismo delicato che deve funzionare alla
perfezione per un lungo arco di tempo per dare soddisfazione ad ogni attore coinvolto.
I fattori di debolezza, come già detto, risiedono in molteplici elementi che vanno da una errata
programmazione ad una superficiale valutazione della domanda. Tra le criticità per il cui
superamento le P.A. dovranno senz’altro attivarsi (e che costituiscono uno dei “colli di bottiglia”
dei procedimenti di PF), vi sono le lacune di competenze e know-how per la gestione dell’intero
processo e per l’espletamento adeguato del proprio ruolo in tutte le fasi dell’operazione. Uno dei
temi cruciali per la riuscita di operazioni complesse, come quella di coinvolgimento del settore
privato, è infatti il divario di conoscenze tra la PA e le controparti private sul tema della finanza di
progetto. Per riuscire ad abbattere il “tasso di mortalità“ dei procedimenti, garantirne la replicabilità,
realizzare operazioni eque, ma, soprattutto, portarle a termine senza interruzioni, abbattendo i rischi
148
149
L.Zaninotto “Il contesto normativo del PF”, citato.
M. Ricchi, “Project financing: le ragioni dell’exploit e le ragioni della prudenza”, citato.
54
legali e amministrativi legati alla complessità del procedimento150, le PA dovranno acquisire il
know-how per valutare i rischi dell’operazione, ma anche le competenze necessarie per presidiare i
processi senza delegare le proprie funzioni agli interlocutori privati. Occorre perciò investire sulla
formazione del personale che dovrà presiedere le complesse procedure e dunque sulle competenze,
costituendo gruppi di lavoro interni all’amministrazione, con differenti professionalità, in grado di
studiare e gestire la realizzazione dell’opera in finanza di progetto, di disegnare in anticipo tutto il
percorso di attuazione, di formarsi e di utilizzare i consulenti esterni (tecnici, economici o legali) di
cui hanno necessità (comprese la Unità Tecnica Finanza di Progetto o le Unità Tecniche di Finanza
di Progetto regionali, ovvero i nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (NUVV)
che le amministrazioni centrali e regionali istituiscono ai sensi dall’art.1 della legge n.144/1999).
150
Utfp, “10 temi per migliorare il ricorso alla finanza di progetto” ( “L’accerchiamento” della Merloni ), febbraio 2005
55
Possibilità di approfondimento successiva:
1. il ruolo del PPP nelle politiche del QCS ob.1. e dei POR ob.1
2. aspetti normativi/ procedurali della concessione di costruzione e gestione, della
concessione di servizi e del project financing (legge Merloni e normative connesse).
3. FOCUS: Applicazioni di PPP e Project Financing nel Sud d’Italia
56