lezione psicologia dei gruppi sociale 29 nov 2016

Università degli Studi
di Enna “Kore”
Insegnamento di
Psicologia dei gruppi sociali
Prof.ssa Irene Petruccelli
Dott.ssa Valentina Costantino
[email protected]
Lezione 29 Novembre 2016
A.A. 2015-2016
L’essere umano per tutto l’arco della sua vita si
confronta continuamente nelle interazioni sociali
con l’Altro e cerca di adattarsi all’ambiente che
lo circonda, agli esseri umani con i quali entra in
contatto e ai gruppi di riferimento nei quali sarà
inserito.
La psicologia dello sviluppo si occupa di
studiare i processi attraverso i quali l’individuo
si sviluppa nel corso della sua vita, fino alla
cosiddetta maturità sociale.
La psicologia sociale approfondisce lo studio dei
modi attraverso i quali il pensiero, le emozioni e
i comportamenti degli individui vengono
influenzati dalla presenza reale o immaginaria di
altri.
La psicologia dello sviluppo e la psicologia sociale
sono due discipline complesse e articolate
comprendenti diversi ambiti di studio che hanno
subìto l’influenza di alcuni movimenti teorici e
di ricerca i quali hanno caratterizzato la storia
della psicologia in generale.
I PRINCIPALI
ORIENTAMENTI TEORICI CHE HANNO
CARATTERIZZATO IL XX SECOLO
n  Comportamentismo
n  Cognitivismo
n  Interazionismo simbolico
n  Teoria dell’apprendimento sociale
n  Psicologia delle folle
n  Psicologia collettiva
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Comportamentismo
n 
È orientato verso l’oggettività
n 
n 
n 
n 
spiegazione dei fenomeni psichici di ogni organismo senza
utilizzare o far riferimento a entità non verificabili.
Si propone di abbandonare ogni richiamo
introspezionistico
Cerca spiegazioni solamente su materiali su cui
può essere resa possibile un’osservazione.
Orienta la ricerca psicologica in senso
naturalistico.
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Pavlov (1927): condizionamento classico
n 
Il condizionamento è quel processo che si
verifica con l'associazione di uno stimolo
incondizionato (naturale) ad uno condizionato
(artificiale) in un organismo, ove lo stimolo
condizionato induce naturalmente una risposta
della cui prossimità lo stimolo incondizionato
(arbitrario) si avvale.
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n 
Pavlov notò che i cani salivavano appena entrava
nella stanza, associando la sua presenza (stimolo
condizionato) al cibo (stimolo incondizionato,
poiché naturalmente il cibo provoca salivazione).
L'esperimento fu verificato da Pavlov utilizzando
come stimolo condizionato il suono di un
campanello.
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J. B. Watson (1878-1958):
la psicologia ha il compito di studiare
le condizioni obiettive che determinano
il comportamento;
n  mise a punto un famoso esperimento
che evidenziò la possibilità di
condizionare una reazione fobica in un
essere umano attraverso il
condizionamento.
n 
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J. B. Watson (1878-1958):
n 
sperimentò il condizionamento classico su
un orfano di nove mesi di nome Albert ->
"primo caso di fobia indotta
sperimentalmente“, associando uno stimolo
neutro (un gattino bianco) ad un forte
rumore atto a indurre spavento, Watson
indusse non solo il povero Albert ad
associare al gattino (inizialmente stimolo
neutro) lo spavento (risposta al rumore,
stimolo incondizionato dello spavento) ma a
generalizzare la fobia di Albert per il gatto
ad "un'ampia serie di oggetti piccoli e
pelosi, compresa la barba di Babbo Natale".
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Skinner (1938): condizionamento operante
n 
Il condizionamento operante inverte le fasi del
condizionamento classico: la risposta precede lo
stimolo che funge da rinforzo. Le risposte
ambientali nel comportamento operante
possono essere rinforzi, atti a indurre la
ripetizione di un comportamento, punitori atto a
dissuaderlo oppure operanti neutrali.
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n 
n 
n 
L'esperimento più noto di Skinner riguarda la
somministrazione di cibo a piccioni chiusi in una gabbia
(skinner box).
La somministrazione di cibo avveniva premendo una
leva con il becco e se, appreso il comportamento
tramite il rinforzo il cibo veniva somministrato ad
intervalli regolari i piccioni iniziavano ad associare alla
somministrazione di cibo un atto arbitrario come lo
scuotere la testa con la somministrazione del cibo cui
casualmente corrispose.
La posizione di Skinner è anche nota come
comportamentismo radicale modificato.
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n 
n 
Watson (1919) sostenne che l’uso appropriato di
ricompense e punizioni contestuali poteva dar forma al
comportamento dei bambini nel modo esatto che la
società desiderava.
Secondo il comportamentismo, tutto il comportamento
umano può essere spiegato facendo riferimento ai
premi e alle punizioni, altresì detti rinforzi positivi e
negativi, propri dell’ambiente nel quale è inserito un
determinato individuo.
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n 
Il comportamento può esser spiegato, quindi,
senza il bisogno di fare alcun riferimento a
concetti quali i pensieri, le emozioni, le
conoscenza, eccetera; concetti troppo vaghi per
esser opportunamente sottoposti ad uno studio
scientifico.
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LE CRITICHE
Il comportamentismo ebbe seguito fino agli anni
’60 ma si indebolì a seguito di critiche da parte
del linguista Chomsky, dai piagetiani e da
Bruner.
Venne poi superato dal Neo-comportamentismo
che introduce fattori che mediano tra lo stimolo
e la risposta, introducendo la distinzione tra
realtà fisica e realtà intellettuale.
Neo-comportamentismo:
n 
n 
n 
il comportamento umano è troppo complesso
per essere spiegato in termini di associazioni
stimolo-risposta, è importante studiare anche
i pensieri e le emozioni;
introduce dei fattori che mediano tra lo
stimolo e la risposta;
il classico modello stimolo-risposta (modello SR) si trasforma nel modello stimoloorganismo-risposta (modello S-O-R).
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Tra i più noti rappresentanti del neo-comportamentismo
va annoverato Tolman.
Centro della sua teoria è il concetto di “fine”.
Propone di scomporre il comportamento in unità molari,
ossia episodi di comportamento che costituiscono unità
significative.
In questo modo si può meglio capire quale sia l’inizio
dell’episodio ossia il movente dell’azione, la fine
dell’episodio ossia lo scopo verso il quale tende e i
mezzi messi in atto per raggiungere lo scopo, ovvero la
struttura di esso (Tolman 1932, 1951).
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Concludendo sul comportamentismo
n 
n 
n 
il merito dell’approccio comportamentista è senz’altro
quello di aver sottolineato il ruolo cruciale che
l’ambiente svolge sulla condotta umana,
ma vanno ricordati anche i suoi limiti, ad esempio la
tendenza a studiare unità comportamentali troppo
limitate, ignorando, il più delle volte, la complessità
dell’ambiente stesso.
Infine, va rilevato che questo approccio non si occupa
di come l’uomo abbia coscienza delle proprie risposte
comportamentali.
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Cognitivismo
n 
n 
n 
n 
oggetto di studio = l’individuo, considerato come
un elaboratore di informazioni;
processi cognitivi, analizzati come funzioni
organizzative;
sostituzione del modello classico S-R (stimolorisposta) col modello O (organismo)-S (stimolo)-O
(organismo)-R (risposta).
considera l’organismo, cioè il Sistema Nervoso
Centrale, come un organizzatore e allo stesso
tempo elaboratore di informazioni provenienti sia
dall’esterno che dall’interno.
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n 
n 
Gli stati interni dell’organismo non hanno più il
ruolo di mera mediazione tra stimolo e
risposta, ma intraprendono un ruolo attivo,
compiendo una selezione sia degli stimoli ai
quali si presta attenzione che di quelli ignorati
e, allo stesso tempo, attuano una selezione
delle risposte che vengono fornite.
Il cognitivismo va a recuperare e soprattutto ad
ampliare il concetto di feed-back, rivedendo i
termini di stimolo e di risposta alla luce di questo
concetto.
Le teorie cognitive vanno a sottolineare il ruolo del
pensiero e dell’interpretazione sull’attività sociale
dell’individuo.
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Psicologia della Gestalt
n 
n 
n 
Gestalt = configurazione, forma
Kohler (1947) e Koffka (1935), studiarono i meccanismi
grazie ai quali i processi interni degli individui danno forma
al mondo esterno. Si chiedevano come fosse possibile che
persone poste di fronte ad una serie di stimoli separati,
come ad esempio tre punti neri su un foglio, possano
arrivare a vedere una figura dotata di significato quale è un
triangolo. In questo processo, secondo gli autori, giocavano
un ruolo fondamentale, fattori quali la vicinanza e la
similarità.
la percezione è regolata da leggi della buona percezione e
del buon adattamento, ragion per cui gli individui riescono
ad organizzare il campo percettivo in unità coerenti e
complete.
“Noi non vediamo le cose come esse sono, ma vediamo le cose
come noi siamo” (Kant, 1781)
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La teoria del campo (Lewin, 1935)
Il campo è concepito come un’insieme di regioni
interdipendenti. Le componenti principali sono: la
persona (P) e l’ambiente (A).
n  Ciò che conta - quindi - non è la realtà esterna,
ma il modo in cui il soggetto percepisce tale
realtà e il suo posto in essa.
n  la rappresentazione del mondo è il fattore
responsabile principale delle azioni degli esseri
umani.
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Lewin
n 
n 
un paesaggio fisico composto da alberi, cespugli, monti
e canali sembrerà un posto diverso se a guardarlo è un
soldato, che cerca un posto per nascondersi e difendersi
o se, invece, lo osserva una persona durante una
tranquilla passeggiata, intenta a godersi la bellezza di ciò
che vede.
Il modo in cui ci costruiamo il mondo varia a
seconda dei nostri scopi e bisogni.
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Lewin
n 
n 
n 
propone di guardare il mondo psicologico
dell’individuo come un campo, composto da tutto
l’insieme di fattori che influenzano e mettono in scena
un dato comportamento.
lo spazio di vita di un individuo risulta alquanto
complesso. In ogni istante l’individuo va a distinguere i
vari aspetti del sé (P), ad esempio, l’aspetto fisico e i
suoi difetti e allo stesso tempo si trova a dover
distinguere le diverse proprietà dell’ambiente che lo
circonda (A).
Quindi, in ogni momento, lo spazio della persona (P) e
quello dell’ambiente (A) possono essere ripartiti in
ulteriori suddivisioni a seconda dei bisogni e della
volontà dell’individuo in quel momento.
29
Lewin
Tornando all’esempio del soldato, certamente la
realtà psicologica (P) del soldato preso dal
panico e quindi preoccupato solo delle mosse
del nemico, presenta poche suddivisioni nella
regione del suo spazio di vita rispetto allo stesso
spazio di un individuo rilassato che osserva
gioioso il paesaggio della sua passeggiata.
Ciò che conta non è la realtà esterna, ma il modo
in cui il soggetto percepisce la realtà e il suo
posto all’interno di essa.
n 
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Bruner (1951)
n 
n 
Sia la percezione che l’attività cognitiva sono
influenzate da fattori costrittivi interni come
gli scopi, i bisogni, le paure piuttosto che da
fattori strutturali.
Ricerca sulla stima della grandezza delle
monete (Bruner e Goodman, 1947): la
percezione di oggetti fisici è fortemente
influenzata dai bisogni e dagli scopi del
soggetto che percepisce. I bambini
appartenenti alle famiglie più povere vedevano
le monete più grandi rispetto agli altri.
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