Università degli Studi di Enna “Kore” Insegnamento di Psicologia sociale dei gruppi Prof.ssa Irene Petruccelli Dott.ssa Valentina Costantino [email protected] Lezione 23 Marzo 2016 A.A. 2015-2016 L’essere umano per tutto l’arco della sua vita si confronta continuamente nelle interazioni sociali con l’Altro e cerca di adattarsi all’ambiente che lo circonda, agli esseri umani con i quali entra in contatto e ai gruppi di riferimento nei quali sarà inserito. La psicologia dello sviluppo si occupa di studiare i processi attraverso i quali l’individuo si sviluppa nel corso della sua vita, fino alla cosiddetta maturità sociale. La psicologia sociale approfondisce lo studio dei modi attraverso i quali il pensiero, le emozioni e i comportamenti degli individui vengono influenzati dalla presenza reale o immaginaria di altri. La psicologia dello sviluppo e la psicologia sociale sono due discipline complesse e articolate comprendenti diversi ambiti di studio che hanno subìto l’influenza di alcuni movimenti teorici e di ricerca i quali hanno caratterizzato la storia della psicologia in generale. I PRINCIPALI ORIENTAMENTI TEORICI CHE HANNO CARATTERIZZATO IL XX SECOLO n Comportamentismo n Cognitivismo n Interazionismo simbolico n Teoria dell’apprendimento sociale n Psicologia delle folle n Psicologia collettiva 5 Comportamentismo n È orientato verso l’oggettività n n n n spiegazione dei fenomeni psichici di ogni organismo senza utilizzare o far riferimento a entità non verificabili. Si propone di abbandonare ogni richiamo introspezionistico Cerca spiegazioni solamente su materiali su cui può essere resa possibile un’osservazione. Orienta la ricerca psicologica in senso naturalistico. 7 Pavlov (1927): condizionamento classico n Il condizionamento è quel processo che si verifica con l'associazione di uno stimolo incondizionato (naturale) ad uno condizionato (artificiale) in un organismo, ove lo stimolo condizionato induce naturalmente una risposta della cui prossimità lo stimolo incondizionato (arbitrario) si avvale. 8 n Pavlov notò che i cani salivavano appena entrava nella stanza, associando la sua presenza (stimolo condizionato) al cibo (stimolo incondizionato, poiché naturalmente il cibo provoca salivazione). L'esperimento fu verificato da Pavlov utilizzando come stimolo condizionato il suono di un campanello. 9 J. B. Watson (1878-1958): la psicologia ha il compito di studiare le condizioni obiettive che determinano il comportamento; n mise a punto un famoso esperimento che evidenziò la possibilità di condizionare una reazione fobica in un essere umano attraverso il condizionamento. n 10 J. B. Watson (1878-1958): n sperimentò il condizionamento classico su un orfano di nove mesi di nome Albert -> "primo caso di fobia indotta sperimentalmente“, associando uno stimolo neutro (un gattino bianco) ad un forte rumore atto a indurre spavento, Watson indusse non solo il povero Albert ad associare al gattino (inizialmente stimolo neutro) lo spavento (risposta al rumore, stimolo incondizionato dello spavento) ma a generalizzare la fobia di Albert per il gatto ad "un'ampia serie di oggetti piccoli e pelosi, compresa la barba di Babbo Natale". 11 Skinner (1938): condizionamento operante n Il condizionamento operante inverte le fasi del condizionamento classico: la risposta precede lo stimolo che funge da rinforzo. Le risposte ambientali nel comportamento operante possono essere rinforzi, atti a indurre la ripetizione di un comportamento, punitori atto a dissuaderlo oppure operanti neutrali. 12 n n n L'esperimento più noto di Skinner riguarda la somministrazione di cibo a piccioni chiusi in una gabbia (skinner box). La somministrazione di cibo avveniva premendo una leva con il becco e se, appreso il comportamento tramite il rinforzo il cibo veniva somministrato ad intervalli regolari i piccioni iniziavano ad associare alla somministrazione di cibo un atto arbitrario come lo scuotere la testa con la somministrazione del cibo cui casualmente corrispose. La posizione di Skinner è anche nota come comportamentismo radicale modificato. 13 n n Watson (1919) sostenne che l’uso appropriato di ricompense e punizioni contestuali poteva dar forma al comportamento dei bambini nel modo esatto che la società desiderava. Secondo il comportamentismo, tutto il comportamento umano può essere spiegato facendo riferimento ai premi e alle punizioni, altresì detti rinforzi positivi e negativi, propri dell’ambiente nel quale è inserito un determinato individuo. 14 n Il comportamento può esser spiegato, quindi, senza il bisogno di fare alcun riferimento a concetti quali i pensieri, le emozioni, le conoscenza, eccetera; concetti troppo vaghi per esser opportunamente sottoposti ad uno studio scientifico. 15 LE CRITICHE Il comportamentismo ebbe seguito fino agli anni ’60 ma si indebolì a seguito di critiche da parte del linguista Chomsky, dai piagetiani e da Bruner. Venne poi superato dal Neo-comportamentismo che introduce fattori che mediano tra lo stimolo e la risposta, introducendo la distinzione tra realtà fisica e realtà intellettuale. Neo-comportamentismo: n n n il comportamento umano è troppo complesso per essere spiegato in termini di associazioni stimolo-risposta, è importante studiare anche i pensieri e le emozioni; introduce dei fattori che mediano tra lo stimolo e la risposta; il classico modello stimolo-risposta (modello SR) si trasforma nel modello stimoloorganismo-risposta (modello S-O-R). 18 Tra i più noti rappresentanti del neo-comportamentismo va annoverato Tolman. Centro della sua teoria è il concetto di “fine”. Propone di scomporre il comportamento in unità molari, ossia episodi di comportamento che costituiscono unità significative. In questo modo si può meglio capire quale sia l’inizio dell’episodio ossia il movente dell’azione, la fine dell’episodio ossia lo scopo verso il quale tende e i mezzi messi in atto per raggiungere lo scopo, ovvero la struttura di esso (Tolman 1932, 1951). 19 Concludendo sul comportamentismo n n n il merito dell’approccio comportamentista è senz’altro quello di aver sottolineato il ruolo cruciale che l’ambiente svolge sulla condotta umana, ma vanno ricordati anche i suoi limiti, ad esempio la tendenza a studiare unità comportamentali troppo limitate, ignorando, il più delle volte, la complessità dell’ambiente stesso. Infine, va rilevato che questo approccio non si occupa di come l’uomo abbia coscienza delle proprie risposte comportamentali. 20 Cognitivismo n n n n oggetto di studio = l’individuo, considerato come un elaboratore di informazioni; processi cognitivi, analizzati come funzioni organizzative; sostituzione del modello classico S-R (stimolorisposta) col modello O (organismo)-S (stimolo)-O (organismo)-R (risposta). considera l’organismo, cioè il Sistema Nervoso Centrale, come un organizzatore e allo stesso tempo elaboratore di informazioni provenienti sia dall’esterno che dall’interno. 22 n n Gli stati interni dell’organismo non hanno più il ruolo di mera mediazione tra stimolo e risposta, ma intraprendono un ruolo attivo, compiendo una selezione sia degli stimoli ai quali si presta attenzione che di quelli ignorati e, allo stesso tempo, attuano una selezione delle risposte che vengono fornite. Il cognitivismo va a recuperare e soprattutto ad ampliare il concetto di feed-back, rivedendo i termini di stimolo e di risposta alla luce di questo concetto. Le teorie cognitive vanno a sottolineare il ruolo del pensiero e dell’interpretazione sull’attività sociale dell’individuo. 23 Psicologia della Gestalt n n n Gestalt = configurazione, forma Kohler (1947) e Koffka (1935), studiarono i meccanismi grazie ai quali i processi interni degli individui danno forma al mondo esterno. Si chiedevano come fosse possibile che persone poste di fronte ad una serie di stimoli separati, come ad esempio tre punti neri su un foglio, possano arrivare a vedere una figura dotata di significato quale è un triangolo. In questo processo, secondo gli autori, giocavano un ruolo fondamentale, fattori quali la vicinanza e la similarità. la percezione è regolata da leggi della buona percezione e del buon adattamento, ragion per cui gli individui riescono ad organizzare il campo percettivo in unità coerenti e complete. “Noi non vediamo le cose come esse sono, ma vediamo le cose come noi siamo” (Kant, 1781) 24 La teoria del campo (Lewin, 1935) Il campo è concepito come un’insieme di regioni interdipendenti. Le componenti principali sono: la persona (P) e l’ambiente (A). n Ciò che conta - quindi - non è la realtà esterna, ma il modo in cui il soggetto percepisce tale realtà e il suo posto in essa. n la rappresentazione del mondo è il fattore responsabile principale delle azioni degli esseri umani. 27 Lewin n n un paesaggio fisico composto da alberi, cespugli, monti e canali sembrerà un posto diverso se a guardarlo è un soldato, che cerca un posto per nascondersi e difendersi o se, invece, lo osserva una persona durante una tranquilla passeggiata, intenta a godersi la bellezza di ciò che vede. Il modo in cui ci costruiamo il mondo varia a seconda dei nostri scopi e bisogni. 28 Lewin n n n propone di guardare il mondo psicologico dell’individuo come un campo, composto da tutto l’insieme di fattori che influenzano e mettono in scena un dato comportamento. lo spazio di vita di un individuo risulta alquanto complesso. In ogni istante l’individuo va a distinguere i vari aspetti del sé (P), ad esempio, l’aspetto fisico e i suoi difetti e allo stesso tempo si trova a dover distinguere le diverse proprietà dell’ambiente che lo circonda (A). Quindi, in ogni momento, lo spazio della persona (P) e quello dell’ambiente (A) possono essere ripartiti in ulteriori suddivisioni a seconda dei bisogni e della volontà dell’individuo in quel momento. 29 Lewin Tornando all’esempio del soldato, certamente la realtà psicologica (P) del soldato preso dal panico e quindi preoccupato solo delle mosse del nemico, presenta poche suddivisioni nella regione del suo spazio di vita rispetto allo stesso spazio di un individuo rilassato che osserva gioioso il paesaggio della sua passeggiata. Ciò che conta non è la realtà esterna, ma il modo in cui il soggetto percepisce la realtà e il suo posto all’interno di essa. n 30 Bruner (1951) n n Sia la percezione che l’attività cognitiva sono influenzate da fattori costrittivi interni come gli scopi, i bisogni, le paure piuttosto che da fattori strutturali. Ricerca sulla stima della grandezza delle monete (Bruner e Goodman, 1947): la percezione di oggetti fisici è fortemente influenzata dai bisogni e dagli scopi del soggetto che percepisce. I bambini appartenenti alle famiglie più povere vedevano le monete più grandi rispetto agli altri. 31 L'interazionismo simbolico L’interazionismo simbolico è una prospettiva interna alla sociologia statunitense e pone le sue basi nel pragmatismo filosofico identificabile negli studi di Charles Peirce, William James, John Dewey e George Herbert Mead. n In particolare, il filosofo George H. Mead (1934) viene considerato il padre della teoria dell’interazionismo simbolico. L’Autore propone una vera e propria “teoria della mente” utile per la lettura del problema dell'interscambio tra processi psicologici e processi sociali. n Le critiche al comportamentismo n Mead critica il comportamentismo, rappresentato principalmente da J. Watson, in quanto considera l’osservazione diretta del comportamento e degli stimoli ambientali ad esso associati l’unica strada per la spiegazione del comportamento umano. In questo modo viene tralasciato ogni concetto di mente, proprio perché per i comportamentisti non è importante capire cosa le persone pensano di fare, quanto piuttosto quello che si osserva del loro comportamento. Le critiche al comportamentismo n Per Mead, invece, gli eventi interni, mentali, sono cruciali per la spiegazione del comportamento e possono essere resi osservabili. L’Autore sottolinea la grandiosità della mente dell’uomo nella sua capacità di tenere insieme l’esperienza interna e la natura sociale della vita umana. Interazionismo simbolico L'interazionismo simbolico, si fonda sul presupposto che il comportamento individuale risulti mediato dai significati che i soggetti attribuiscono alla situazione. n Il comportamento è influenzato da: n significati che vengono attribuiscono alla situazione n percezioni che si ha di sé e degli altri n reazione che ci si aspetta dagli altri n giudizio in merito ai propri atti n Interazionismo simbolico n Secondo questa teoria, il concetto del Sé viene a costruirsi attraverso l’interazione tra l’Io, che rappresenta l’attore spontaneo dell'istante in corso, e il Me, che comprende la conoscenza autoriflessiva. Queste due istanze, costruiscono il concetto del Sé in uno scenario dove la società funziona come specchio. Interazionismo simbolico Pertanto, secondo questo approccio, lo sviluppo psicosociale si articola attraverso la formazione di tre costrutti: n l’Io, in qualità di istanza che tende a strutturare l’istintualità, le pressioni, gli stimoli dell’organismo, rappresenta l’organizzazione delle risposte interne dell’individuo agli atteggiamenti altrui; n il Me, organizzazione interiorizzata degli atteggiamenti, delle immagini, delle definizioni degli altri nei confronti dell’individuo; n il Sé, che si struttura grazie allo scambio tra Me e Io. n I n q u e s t ' o t t i c a i l S é c o s t i t u i s c e un’organizzazione più complessa e riflessiva, un sistema differenziato e autonomo, che è la base indispensabile per l’autoriconoscimento e soprattutto per l’identità. n Assunti di base dell’interazionismo simbolico COMPORTAMENTO UMANO n Si ripete in maniera regolare perché è socialmente strutturato. n Dipende dalla creazione e dal mantenimento del significato. Il comportamento si fonda sul significato che è variabile ed emerge negli scambi . n É autoreferenziale. L’essere umano è sia soggetto che agisce, che oggetto della propria esperienza. Nell’agire con le altre persone gli individui non cercano solo di procurarsi i beni culturalmente definiti validi; la partecipazione alla vita di gruppo garantisce all’individuo il senso di sicurezza, di appartenenza e di identità sociale. Si forma nell’interazione. La condotta prende forma in tempo reale mentre gli individui interagiscono tra loro. La maggior parte delle azioni umane sono sociali e non individuali perchè richiedono gli sforzi coordinati di diversi individui. n La società e la cultura modellano e vincolano il comportamento, ma sono anche prodotti da esso, sono preesistenti all’individuo e hanno su di esso un impatto non trascurabile. n