F. Giacomantonio, Introduzione al pensiero politico di Habermas. Il dialogo della ragione dilagante, Mimesis, Milano, 2010, pp. 100. Recensione a cura di Dominga D'Alano Il saggio Introduzione al pensiero politico di Habermas. Il dialogo della ragione dilagante, di Francesco Giacomantonio è un'analisi del pensiero di Jurgen Habermas, una delle più autorevoli e originali voci del Novecento e dell'età contemporanea. Il pensiero di Habermas è sfaccettato, tant'è che, con grande facilità, gli si attribuiscono nelle diverse fasi della sua vita posizioni da storico, sociologo, filosofo, politologo. Questo accade perchè negli studi dell'erede della tradizionale Scuola di Francoforte l'autore compie un lungo cammino che attraversa tutte queste discipline e cerca di colmare tra di loro lo spazio di interregni che si aprono nel passaggio di confine da una disciplina all'altra. Il percorso che Habermas sviluppa è di grande ricchezza e complessità: se in una prima parte della sua vita di studioso egli ha concentrato la sua attenzione sugli studi sociali, negli anni a venire li ha reinterpretati secondo una chiave linguistica, confrontandosi con la filosofia del linguaggio e quella analitica. Proprio all'interno di queste sfaccettature si colloca l'analisi dell'autore del testo, Francesco Giacomantonio, con una particolare pertinenza concernente le dinamiche socio-storiche del presente: secondo l'autore, proprio il pensiero socio-politico di Habermas in toto potrebbe porsi come fonte di riferimento e di ispirazione nella teorizzazione di una filosofia politica contemporanea che sia all'altezza della tradizione secolare della disciplina. Questa possibilità si aprirebbe per Habermas perchè, a differenza delle altre voci a lui contemporanee, il suo punto di vista riesce a conservare i punti di forza delle “grandi” filosofie politiche del passato, al pari di quelle di Hobbes, Rousseau, Hegel: ovvero non astrae dalle vicende storiche e “si impegna a riproporre un costruttivismo-idealismo politico, è costantemente aperta al confronto e al discorso senza per questo evitare di strutturare un modello teorico ampio, che mobiliti l'arsenale delle filosofie e teorie sociali contemporanee e si sforzi di articolarle” (p. 22). I nodi con cui Habermas si confronta sono importanti: la crisi della razionalità, la frammentazione degli approcci filosofici, le vicende storiche di grande impatto emotivo, psicologico (basti pensare, per esempio agli orrori del nazismo e del comunismo, e alle conseguenze politiche e sociali che ha avuto l'ingresso della massa nell'elettorato moderno). Nella prima parte del testo viene preso in carico da Giacomantonio il legame tra società, linguaggio, politica, inquadrato all'interno del periodo tardo-capitalistico contemporaneo. In quest’epoca, secondo Habermas, ad entrare al centro della società è la forma razionale della scienza e della tecnica che va a diventare fulcro della vita sociale. La crisi della razionalità alla quale assistiamo viene intesa come disintegrazione delle istituzioni sociali. Viene meno, cioè, l'aderenza tra le tradizioni che legittimano il dominio e indirizzano l'azione e i nuovi criteri della razionalità. La politica diventa una vera e propria tecnica economica all'interno della quale si snoda la democrazia. Habermas invita ad un dialogo tra opinione pubblica, politici e scienziati che ridia luogo d'azione alla politica. Per fare questo è necessario che si recuperi quella ragione inter-soggettiva, che nasce da una formula dialogica del discorso, in un rinato rapporto tra individuo e società. In effetti, uno degli elementi più interessanti, affrontati da Giacomantonio nella sua analisi è relativo al concetto di “comunicazione”. Habermas, dagli anni Ottanta ad oggi, ha concentrato enormemente la sua attenzione su questo aspetto: la comunicazione esce completamente trasformata nell'epoca tardocapitalistica; “la possibilità di comunicazione tra soggetti, ovvero la possibilità di condivisione del significato delle espressioni del linguaggio, dipende da uno sfondo di sapere implicito modificabile. Quindi la comunicazione autentica tra soggetti, che può garantire una socializzazione armoniosa, richiede che il concetto di società deve essere connesso al concetto di mondo vitale” (p. 18). L'elemento comunicativo è strettamente legato alla crisi della politica. La distorsione comunicativa avviene attraverso l'invasione della dimensione sistemica su quella vitale. Per superare questa crisi Habermas propone una politica post-nazionale, fondata su una democrazia cosmopolita deliberativa, al cui centro si situi la dimensione etica e quella normativa che trasformi le relazioni internazionali in una sorta di politica mondiale interna. Inoltre, in proposito, dagli studi di Habermas emerge una posizione ottimista in favore dell'Europa Unita, in cui lo stabilizzarsi di procedure participative orientate al dialogo e basate sul diritto postnazionale, nella democrazia deliberativa, permettano di superare i separatismi, oltrepassando il pericolo “assimilazione” in un nuovo multiculturalismo e in un rinato concetto di cittadinanza. In questo senso, Habermas intende il diritto complementare alla moralità, contrariamente agli approcci dicotomici sociale/normativo. Detto questo, ne consegue che, per lui, le condizioni di legittimità del diritto appartengono per forza di cose alla sfera comunicativa. In questo contesto i tipi di diritti che consentono un corretto esercizio della cittadinanza sono i diritti che corrispondono a libertà soggettive, i diritti di appartenenza, i diritti al ricorso legale garantito. Quindi il diritto è solo il mezzo che consente di tutelare la solidarietà e generare la giustizia all'insegna di un sistema democratico votato all'integrazione e non all'assimilazione. Tutto questo dovrebbe concorrere a descrivere una sfera pubblica pluralistica, spontanea e inclusiva. Correlato a queste posizioni è anche il discorso sul multiculturalismo. Habermas, muovendosi tra tendenze liberal e comunitariste, propone un punto di ritrovo delle due correnti di pensiero: la moltitudine dei cittadini può essere tenuta insieme nelle società complesse attraverso un consenso sulle procedure relative a una legittima produzione giuridica e a un legittimo esercizio di potere. Nell'ultima parte del suo lavoro di analisi critica del pensiero di Habermas, Giacomantonio affronta il nodo religione/politica. Lo studioso tedesco rivisita le teorie di Rawls; tuttavia ancora una volta Habermas si pone in una qualche posizione illuminista, proponendo di collocare politicamente l'elemento religioso. Scrive Giacomantonio: “i non credenti devono concedere ai credenti il diritto di partecipare alle discussione pubblica in 'lingua religiosa'. E un ordinamento liberale può chiedere agli stessi non credenti uno sforzo per tradurre quel che è utile tradurre nella lingua religiosa alla lingua di tutti. […] Habermas chiede ai laici uno sforzo ulteriore: aiutare attivamente questo passaggio E sostiene questa richiesta per motivazioni concrete, correlate a importanti fenomeni della storia attuale: i grandi flussi migratori che hanno portato l'Islam ed altre religioni in Europa, l'affacciarsi di priorità inedite nei parlamenti con le nuove frontiere della scienza, le biotecnologie, la fecondazione artificiale, e sopratutto con l'attacco che la globalizzazione economica compie alla fonti di solidarietà tra i cittadini dello Stato”. (p. 62) Questa ridefinizione del concetto religioso investe direttamente il concetto di post-secolarizzazione: nell'età contemporanea le virtù politiche per essere tali devono dotarsi di una componente di solidarietà e coesione, in cui la religione gioca un ruolo chiave. Infine, l'ultima sezione del testo di Giacomantonio è dedicata all'approccio che Habermas ha rispetto alla politica contemporanea: egli propone una politica di tipo comunicativo, che fa riferimento a una più vasta analisi del senso, tipica dell'Occidente. Come scrive Giacomantonio, “la fondazione dell'individuo attraverso un'autentica socializzazione e apertura comunicativa, come vuole Habermas, appare, infatti un'istanza importante per affrontare le derive dell'alienazione, della reificazione, del nichilismo, che si possono determinare nel rapporto tra essere pubblico e privato” (p. 72). La politica, quindi, è in qualche modo travolta da un cambiamento del senso che investe tanto la dimensione spazio-territoriale, tanto quella sociologica. Habermas, nel primo caso, considera questa evoluzione della territorialità e dello Stato, nella globalizzazione, dando importanza alla dimensione spaziale della filosofia politica in un senso dialogico-comunicativo. Nel secondo caso, invece, si trova a confrontarsi con un complesso nodo teorico, ovvero il cambiamento di rotta dell'epoca contemporanea che vede l'economia decidere sulla politica e non viceversa. Lo studio di Giacomantonio, così come suggerisce il titolo, introduce il lettore più o meno esperto al pensiero filosofico di Habermas, nello sforzo notevole di scorgere nella complessità degli ambiti affrontati nel suo pensiero, la coesione del tutto in un'unica completa teoria politica. Dominga D'Alano