CALORI SPECIFICI DEI SOLIDI LA LEZIONE La legge di Dulong e Petit Per buona parte del XIX secolo la legge (regola) di Dulong e Petit aveva rappresentato per i chimici uno degli strumenti da utilizzare per il calcolo dei pesi atomici degli elementi. Il riferirsi a essa come legge o regola dipendeva dalla sensibilità degli autori. La maggioranza della comunità dei chimici propendeva per l'uso del primo termine anche se le forme diverse dell'enunciato della "legge" presentate dai manuali e le eccezioni rilevanti che si osservavano nelle misure di alcuni calori specifici degli elementi testimoniavano contro la sua pretesa universalità. fig.1 Ritratto di Pierre Louis Dulong (fisico e chimico) Walther Nernst, fino alla quarta edizione di Theoretische Chemie del 1903, aveva proposto l'enunciato: "Il calore atomico (il prodotto del peso atomico per il calore specifico è chiamato calore atomico) degli elementi nello stato di aggregazione solido è, approssimativamente, costante, e vale all'incirca 6,4.", precisando solo le cautele che dovevano essere osservate per un'efficace applicazione della legge, "in primo luogo, il calore specifico deve essere misurato a differenti temperature per essere sicuri che esso non vari troppo rispetto alla temperatura; in secondo luogo, la determinazione non deve essere fatta troppo vicino al punto di fusione; e, per ultimo, il peso atomico dell'elemento in questione non deve essere troppo piccolo." Utilizzando una terminologia moderna, il calore specifico molare (ovvero l’energia da trasferire a una mole di sostanza per ottenere la variazione unitaria della temperatura) era pari, per moltissimi elementi solidi monoatomici, in determinati intervalli di temperatura, a un valore prossimo a 3R, con R costante dei gas. Il valore nelle unità impiegate nell’Ottocento era 6 cal/mol °C. Anche con i valori odierni di R=8,315 J/mol K si calcola un valore approssimato di R=2 cal/mol °C (si ricorda che le variazioni di temperatura in kelvin o celsius portano agli stessi risultati). Un modello di solido come insieme di oscillatori giustifica la legge di Dulong e Petit secondo la teoria cinetica. Se si considera l’atomo che oscilla intorno alla posizione di equilibrio l’energia cinetica (come l’energia potenziale) dà, per il teorema di equipartizione, un contributo pari a k BT/2 (impiegando la costante oggi chiamata di Boltzmann kB) in ogni direzione. L’energia complessiva di un atomo sarà quindi 3 k BT e quella legata a N atomi: 3NkBT. Derivando l’energia media rispetto alla temperatura si ricava la capacità termica a volume costante 3NkB e se si pone, per una mole N=NA (NA numero di Avogadro) il calore specifico molare a volume costante è uguale a 3R. Parlare solo di calore specifico e conseguentemente di calore atomico, non precisa in modo univoco la grandezza fisica in questione, poiché esistono per lo stesso sistema diversi calori specifici che sono connessi al tipo di condizioni esterne (pressione costante, volume costante). Ciò non deve sembrare una semplice dimenticanza. La differenza tra il calore specifico a pressione costante c p e il calore specifico a volume costante cv per tutti i sistemi termodinamici è esprimibile attraverso una relazione con altre grandezze termiche che in genere sono funzioni sconosciute della temperatura. Poiché era praticamente impossibile mantenere costanti i volumi delle sostanze condensate in esame durante lo scambio di calore con l'ambiente esterno, le misure dei calori specifici rappresentavano valori (medi) a pressione costante. Mentre le teorie relative ai calori specifici, modellate inizialmente sulla teoria cinetica dei gas perfetti, potevano portare al calcolo dell'energia del sistema e quindi ai calori specifici a volume costante. Dunque la consapevolezza che dal punto di vista termodinamico la differenza tra i calori specifici a pressione e volume costante fosse in genere una funzione sconosciuta della temperatura assoluta avrebbe dovuto impedire di collegare in modo semplice i due calori specifici e soprattutto di dedurre dall'eventuale dipendenza di uno dei due dalla temperatura un'equivalente dipendenza dell'altro. Tuttavia molti autori impegnati nella ricerca, e Nernst in questa prima fase ne è un esempio, si limitavano a discutere genericamente sul "calore specifico" dei solidi, e di "calore atomico" degli elementi. In tal modo si semplificava notevolmente una parte del problema; questo permise, almeno in una fase iniziale, di raggiungere importanti risultati (conviene ripetere che nella vicinanze dello zero assoluto la differenza dei due calori specifici scompare). Per il seguito ci adatteremo, di volta in volta, alla terminologia degli articoli presi in esame, cercando di sottolineare, dove possibile, l'importanza di un'eventuale distinzione tra le due grandezze. Come si noterà per quasi l'intera lezione avrei potuto evitare simili precisazioni, mi sembrava tuttavia necessario chiarire un problema concettuale. Una nuova proposta sui calori atomici dei solidi: Einstein 1907 Albert Einstein nel novembre 1906 inviò alla rivista Annalen der Physik l'articolo "La teoria di Planck della radiazione e la teoria del calore specifico", che venne pubblicato nel gennaio 1907. Il giovane Einstein, all'epoca uno dei pochi ricercatori convinti che la teoria del corpo nero di Planck contenesse elementi di rottura con la tradizione della fisica ottocentesca, apriva il suo articolo con le parole: "In due precedenti lavori ho mostrato che l'interpretazione della distribuzione dell’energia della radiazione del corpo nero del punto di vista della teoria di Boltzmann per il secondo Principio apra la via a una nuova concezione dei fenomeni di emissione e assorbimento luminosi [...] Nel presente lavoro si vedrà come l’introduzione di un’ipotesi tratta dalla teoria della radiazione, e precisamente dalla teoria di Planck, consenta di rimuovere alcune difficoltà che ostacolavano fino a questo momento l’elaborazione della teoria cineticomolecolare". Il suo intento primario non era quello di affrontare in modo sistematico il problema dei calori specifici dei solidi, di cui, tra l'altro, non sembra conoscere in modo approfondito la letteratura specialistica, ma quello di chiarire la modificazione da apportare alla teoria cinetica e, al tempo stesso, applicare con semplicità le nuove ipotesi a un problema particolare. L'impossibilità di conciliare la teoria della radiazione con la teoria cinetica canonica era semplificata da Einstein attraverso il calcolo dell'energia media di un risonatore unidirezionale. Secondo la teoria molecolare, che fissa una egual probabilità per gli stati del sistema rispetto al continuo dell'energia, l'energia media del risonatore è data semplicemente dalla costante R/NA (secondo la terminologia moderna, la costante di Boltzmann) moltiplicata per la temperatura assoluta; mentre la teoria di Planck, portava -secondo Einstein- ad attribuire una probabilità nulla a tutti quei valori dell'energia che non siano molto prossimi ai valori 0, ,. "Questa convenzione implica l'ipotesi che l'energia delle entità elementari considerata assuma soltanto quei valori che sono infinitamente vicini a 0, , etc." Se a ciò si aggiunge "l'ipotesi quantistica" della proporzionalità tra e la frequenza del risonatore, si chiarisce, affermava Einstein, "in quale senso debba essere modificata la teoria cinetica del calore per essere portata in accordo con la legge di distribuzione del corpo nero." I calcoli di Einstein per avvalorare le conclusioni precedenti erano basati su considerazioni statistiche generali, estranee alla preparazione della maggior parte dei ricercatori chimico-fisici tedeschi. Non fu quindi casuale che la prima parte dell'articolo di Einstein non ricevette inizialmente alcun commento, mentre fu la parte dedicata al calore specifico a richiamare l'interesse degli specialisti. Einstein dopo aver enucleato il nocciolo delle difficoltà inerenti alla trattazione classica precisava che il risonatore può anche essere uno ione oscillante lungo una linea retta o una qualsiasi entità caratterizzata da una frequenza determinata e poiché -secondo l'autore- Drude "ha mostrato che i fenomeni ottici (dispersione) inducono ad attribuire ad ogni atomo di un composto più masse elementari mobili indipendenti le une dalle altre", diventava naturale per lui evidenziare attraverso i solidi un esempio di applicazione delle nuove ipotesi. L'energia del solido con le approssimazioni precedenti si riduceva a quella di N entità elementari indipendenti ossia alla somma di N energie di risonatori planckiani con diversa frequenza e di conseguenza il calore atomico si otteneva attraverso una semplice derivazione rispetto alla temperatura dell'energia. La formula del calore molecolare risultante: åe C = 5, 94 (e bn T bn T 2 ( bn ) T - 1) (con b=4, 86 x 10 -11 costante legata alla teoria del corpo nero), 2 dipendeva dalle frequenze delle masse elementari mobili e variava con la temperatura seguendo un andamento del tipo: fig.2 Confronto delle misure del calore specifico del diamante con la curva di Einstein, tratto dall’articolo del 1907 avvicinandosi ad alte temperature ai valori previsti dalla legge di Dulong e Petit e a basse temperature a valori estremamente piccoli. Einstein capiva che la curva (ipotizzata) ottenuta era simile alla forma indicata da Weber nei suoi articoli sulle ricerche dei calori specifici del diamante, e fece vedere, fissando arbitrariamente un valore per la frequenza propria del diamante, il discreto accordo quantitativo tra le sue misure teoriche e quelle sperimentali al variare della temperatura (nel grafico sull’asse orizzontale era riportato il valore adimensionale del rapporto T/). Le conoscenze sui calori specifici dei solidi nel 1908 Durante il 1906 Max Thiesen, un fisico di Berlino, aveva affrontato il problema del legame tra le grandezze termiche (calore specifico e coefficiente di dilatazione termica) e la temperatura, attraverso l'uso di formule empiriche, spesso utilizzate dagli sperimentali, in cui le grandezze termodinamiche venivano sviluppate in serie di potenze della temperatura. Dalla constatazione dell'incapacità di esprimere in modo generale l'andamento dei calori specifici rispetto alla temperatura attraverso una semplice equazione Thiesen, in un articolo di rassegna del 1908, prendeva l'avvio per descrivere qualitativamente tale andamento, unendo misure sperimentali e convinzioni personali che già denunciano la profonda impressione che aveva avuto nel leggere l'articolo di Einstein. "Si può considerare una realtà il fatto che il calore specifico dei solidi (cioè dei cristalli) tende quasi ad annullarsi con la temperatura, che esso però non sale per temperature crescenti in modo infinitamente rapido, come predice la formula esponenziale, ma cresce tuttavia molto velocemente, nella maggior parte dei casi, a temperatura quasi sempre ancora molto basse, e che questa salita procede quindi con una velocità fortemente ridotta finché il punto di fusione o un'altra temperatura relativa ad un passaggio di stato interrompe l'andamento continuo della variazione." Una volta definite le principali caratteristiche "sperimentali" della dipendenza dei calori specifici dei corpi solidi dalla temperatura, l'anziano fisico cercava di delineare un possibile modello capace di fornire una spiegazione teorica di un simile andamento, questo era centrato sulla interpretazione delle ipotesi di Einstein. Così apriva il suo discorso sulla teoria cinetica dei solidi: "Il corretto fondamento per una teoria del calore specifico dei solidi potrebbe essere stato posto da Einstein. Facendo riferimento a questa teoria, assumiamo che gli atomi chimici di un solido alla temperatura dello zero assoluto siano tenuti fermi da forze elastiche, in una determinata posizione, all'incirca quella dei vertici di un reticolo spaziale. A una temperatura più alta quindi gli atomi compiranno delle oscillazioni smorzate quasi isocrone intorno alla loro posizione di equilibrio; le frequenze di tali oscillazioni in tre direzioni determinate saranno indipendenti l'una dall'altra. L'inizio di queste oscillazioni è dovuta alla radiazione nera, che riempie il corpo; l'energia delle oscillazioni deve porsi in equilibrio con l'energia della radiazione. In questo modo viene dato il mezzo di calcolare il contenuto termico del corpo e quindi anche il suo calore specifico." "Dalle premesse finora poste -poi continuava- si può derivare la legge di Dulong e Petit insieme alle sue estensioni per i composti come legge limite per alte temperature, e si ottiene anche il valore teorico, dato per la prima volta da Boltzmann, del coefficiente di questa legge. Inoltre viene contemporaneamente spiegata la diminuzione del calore specifico al decrescere della temperatura. E l'annullarsi del coefficiente di dilatazione a temperatura assai basse". Thiesen conosceva le discrepanze dei risultati della teoria di Einstein rispetto alle misure di Dewar relative al calore specifico del diamante alle basse temperature, e naturalmente, era conscio dei limiti del modello rispetto ai fenomeni che avvengono in prossimità del punto di fusione. Tuttavia pensava di poter trovare una ragione ed un rimedio a simili problemi. Per le basse temperature osservava che la formula di Einstein "indubbiamente fallisce" se vengono prese in considerazione le misure di Weber e quelle più recenti di Dewar sul diamante, che sembravano indicargli un andamento per il calore specifico di tale sostanza proporzionale alla terza potenza della temperatura assoluta, ma allo stesso tempo cercava di proporre affiancare al modello precedentemente descritto. giustificazioni qualitative da fig.3 Andamento dei calori atomici descritto da Thiesen: alle basse temperature C varia come la terza potenza della temperatura, alle alte temperature tende al valore 3R Dopo aver indicato una strada per ovviare alle incongruenze tra teoria ed esperimento, Thiesen concludeva con altre interessanti osservazioni sul mancato contributo degli elettroni al calore specifico degli isolanti, deducibile attraverso il modello di Einstein, e con una sorta di "appello" a nuove ricerche sperimentali sui calori specifici dei solidi, affermando: "La teoria di Einstein rimuove in parte una difficoltà della teoria precedente collegata al fatto che oltre agli atomi bisogna supporre altre strutture capaci di compiere oscillazione periodiche sotto la spinta della radiazione [...] Se si associa ad ogni atomo anche solo un ulteriore grado di libertà allora la teoria precedente conduce già a valori non affidabili per il calore specifico. La teoria di Einstein rimuove questa difficoltà perché il contributo di tali strutture al calore del corpo diventerebbe sensibile, a causa della loro alta frequenza, solo a temperature non osservabili. " "Di contro si potrebbe pensare che per metalli buoni conduttori abbia importanza l'influenza degli elettroni liberi, che vengono supposti la causa della conducibilità. Quindi il calore specifico di tali metalli al diminuire della temperatura non dovrebbe tendere a zero ma a un piccolo valore costante, e da questo numero si dovrebbe poter calcolare il numero, finora del tutto sconosciuto, degli elettroni di conduzione.” “In ogni caso sarebbe oltremodo desiderabile come verifica e sviluppo della teoria, che il materiale utilizzabile per i calori specifici alle basse temperature venisse moltiplicato." Le esperienze del gruppo di Nernst sui calori specifici dei solidi alle basse temperature (1909-1911) Misurare il calore specifico di una sostanza a una certa temperatura è concettualmente molto semplice e praticamente assai complicato. La definizione di questa grandezza c=Q/mT (limite per T che tende a 0) porta direttamente a suddividere il problema della sua determinazione in due parti: la valutazione del calore che serve per la variazione della temperatura della sostanza in esame, e la misura della temperatura prima e dopo il riscaldamento (o raffreddamento). Gli strumenti "naturali" atti a questo scopo sono quindi i calorimetri e i termometri. Walther Nernst, quattro anni dopo il suo arrivo all’Istituto fisico chimico di Berlino, costruiva nel 1909 il calorimetro proposto da un suo collaboratore Eucken e iniziava, da solo, le misure del calore specifico "assoluto" dei solidi e dei liquidi alle basse temperature. fig.4 Walther Nernst (alla guida) e la sua famiglia in auto a Göttingen nel 1905, prima della partenza per Berlino (circa 340 km: una distanza quasi proibitiva per i mezzi e le strade dell’epoca) fig.5 Schema dell’apparato sperimentale per le misure dei calori specifici utilizzato da Nernst La soluzione escogitata da Eucken per le esperienze calorimetriche era intelligente ed essenziale: la sostanza da esaminare, chiusa in un recipiente in cui era praticato l’alto vuoto, doveva essere riscaldata da un filo conduttore di platino percorso da corrente, e lo stesso filo funzionava da termometro a resistenza. Il calore fornito dal circuito per unità di tempo si calcolava attraverso misure elettriche, mentre la variazione della resistenza del filo permetteva di risalire alla variazione di temperatura. fig.6 Curve sperimentali e teoriche sui calori specifici dei solidi proposte da Einstein al primo Congresso Solvay nel 1911 e riprese da un articolo di Nernst. Per ogni elemento (piombo, argento zinco, rame, alluminio) la curva dei calori atomici centrale è posta tra due curve teoriche con diverso valore della frequenza. L’accordo come si vede è solo qualitativo. L'effettiva realizzazione del calorimetro, da parte di Nernst dovette superare una serie di difficoltà tecniche: raggiungimento dell’alto vuoto all'interno del calorimetro; controllo del legame tra resistenza del platino e basse temperature; capacità di controllo delle correzioni da apportare alle misure nello scambio di calore filo-sostanza; "avvolgimento" del filo sulla sostanza; ecc. Nernst risorse brillantemente simili ostacoli: costruì più calorimetri per le diverse sostanze; utilizzò una pompa di Gaede per ottenere il vuoto; si servì delle tavole e dei risultati di Kamerling Onnes e altri per ricavare una relazione univoca tra resistenza del platino e temperatura; valutò e corresse i risultati delle misure elettriche e termiche. Il primo insieme di misure dei calori specifici, con precisione dell'1% -come dichiarava orgogliosamente Nernst-, era pronto nel febbraio 1910, e veniva presentato in una seduta dell' Accademia Prussiana delle Scienze di Berlino. Ancora la variazione di temperatura che il direttore dell'Istituto faceva subire alle sostanze esaminate non era del tutto trascurabile (in molti casi il salto termico era compreso tra 1 °C e 10 °C); i valori ottenuti non erano del tutto coerenti; la temperatura più bassa raggiunta (-212 °C) grazie all'ausilio dell'aria liquida era ben distante dalle temperature ottenibili con le tecniche criogeniche a disposizione in altri laboratori. Nonostante ciò, l'andamento dei calori specifici di alcune sostanze si accordava bene a formule empiriche di potenza della temperature come pure ai risultati sperimentali di altri ricercatori; inoltre l'andamento confermava qualitativamente le formule teoriche di Einstein. Nernst era ormai arrivato a un punto di non ritorno, egli si era convinto che l'annullarsi dei calori specifici dei solidi e liquidi allo zero assoluto, insieme a considerazioni "molecolari", potesse giustificare la sua teoria e, al tempo stesso, che l'insieme dei valori ottenuti confermava le supposizioni di Einstein. Alcuni suoi allievi si occupavano già della verifica quantitativa delle formule della teoria sui calori specifici di Einstein, e Nernst si preparava ad affrontare, finalmente, il problema di come costruire semplici apparati per la liquefazione dell'idrogeno e quindi del raggiungimento di temperature più basse di quella propria dell'aria liquida. Dal marzo 1910 la storia dei calori specifici si sviluppò troppo velocemente per seguirne, in questa sede, tutti i dettagli; Nernst, sufficientemente convinto della bontà della teoria di Einstein, andò a trovare Einstein a Zurigo, ed è possibile che Einstein facesse capire-intravedere a Nernst gli aspetti di rottura che il nuovo modello, relativo ai calori specifici dei corpi cristallini, comportasse rispetto alla teoria cinetica della materia fino allora accettata. Nello stesso mese di marzo il chimico di Berlino, in un lungo articolo pubblicato su una rivista francese, affermava con enfasi: "Einstein ha teoricamente reso verosimile che i calori specifici dei corpi cristallini diventino nulli o estremamente piccoli allo zero assoluto. Noi abbiamo recentemente [...] studiato i calori specifici alle basse temperature di un certo numero di corpi, sia liquidi sottoraffreddati che solidi, […] A nostro avviso, le curve ottenute, nel loro insieme, mostrano senza dubbio che i calori specifici si comportano come Einstein ha supposto." E in aprile, davanti alla Società francese di fisica, ribadiva: “Questa teoria può interessare in modo particolare nel paese nel quale ho l'onore di parlare, poiché questo vecchio enigma, la legge di Dulong e Petit e le sue eccezioni, possono essere chiarite attraverso la formula assai semplice di Einstein. Il calore atomico: 3R e C= (e -a T -a T a 2 ( ) T - 1) 2 dove R, è la costante dei gas; quanto alla sola costante sconosciuta dell'equazione a, si può, sotto certe condizioni, determinarne il valore grazie a misure ottiche." Nernst terminava il suo intervento riportando gli ultimi risultati del suo gruppo: "Magnus ha trovato che tale formula non è che un'approssimazione, e l'ha completata con un termine correttivo: 3R e C= (e -a T -a T a 2 ( ) T - 1) +b T 3/2 . 2 .” Nell’estate del 1910 Nernst indirizzò i suoi passi verso l'industriale Ernest Solvay, accarezzando l'idea di un grande Congresso che avrebbe dovuto, nelle sue intenzioni, segnare anche l’affermazione del suo teorema di calore, evento fino ad allora non verificatosi. "Sembra che -affermava Nernst in una lettera a Solvay- ci troviamo oggi nel mezzo di una riformulazione della base della teoria cinetica della materia finora accettata. Da una parte, una sua elaborazione coerente porta a un formula della radiazione [del corpo nero] che è in disaccordo con l'esperienza, […]; le conseguenze di quella stessa teoria comprendono teoremi sui calori specifici (costanza del calore specifico dei gas al variare della temperatura, validità della regola di Dulong e Petit per le temperature più basse) che sono contraddette del tutto da molte misure. Come Planck ed Einstein hanno in particolare fatto vedere, queste contraddizioni spariscono se si limitano i moti degli elettroni e degli atomi alle loro posizioni di equilibrio (dottrina dei quanti di energia), ma questa correzione è così estranea alle equazioni del moto usate in precedenza che il fatto di accettarla deve senza dubbio essere accompagnato da una riforma ad ampio raggio della nostra intuizione fondamentale." Le parole del chimico all'industriale rilevavano una comprensione e un'attenzione nuova verso i problemi della fisica dei quanti. Nernst aveva già cercato di convincere Planck a organizzare un Congresso dedicato ai nuovi temi: radiazione del corpo nero e calori specifici; e Planck stesso si preparava a compiere un passo decisivo per l'affermazione della nuova chimico-fisica: la formulazione entropica generalizzata dal teorema di Nernst, capace di spiegare l'annullarsi dei calori specifici e del coefficiente di dilatazione termica allo zero assoluto, e al tempo stesso, connessa all'interpretazione statistica del quanto di azione. La discussione sul "teorema di Nernst" da parte di Planck e la propaganda Nernst verso di "la teoria dei quanti di energia di Einstein", Planckportarono al I Congresso Solvay del 1911. fig.7 I partecipanti al primo Congresso Solvay del 1911 Il ruolo propulsore di Berlino per l’affermazione della prima fisica quantistica fu sancito pochi anni dopo dal premio Nobel per la fisica assegnato a Planck nel 1918 per la scoperta dei quanti di energia, dal premio Nobel per la chimica nel 1920 a Nernst per le sue ricerche di chimica termodinamica, dal premio Nobel per la fisica a Einstein nel 1921 per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico. fig.8 L’importanza di Max Planck è stata ricordata nella moneta da due marchi coniata a 10 anni dalla sua morte in Germania