Intelligenza emotiva e mediazione. Una proposta di

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Intelligenza emotiva e mediazione.
Una proposta di formazione.
PER LA SCUOLA
Quali rapporti intercorrono fra intelligenza emotiva e mediazione, riferiti alla
scuola? Quale la loro utilità nell’ambito della formazione?
I contenuti del libro espongono con linee essenziali ed incisive, frutto di profonde
riflessioni che sempre accompagnano l’ esperienza, come formatrice, della
prof.ssa Martello, i vantaggi che si possono attendere da una adeguata
preparazione per chi abbia intenzione di accedere alla professione docente.
Non può essere infatti sufficiente una formazione indirizzata unicamente alle
competenze didattiche specifiche di materia.
La SSIS del Veneto ha il merito di essersene resa conto da tempo con l’idea di
inserire nei suoi corsi l’insegnamento di psicologia delle relazioni interpersonali.
Diversi e interessanti sono gli spunti di riflessione offerti dal libro di Maria
Martello.
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Il contesto scolastico
Se si osserva un po’ più da vicino, al di là dei buoni propositi e delle dichiarazioni di
intenti ci rendiamo conto che…
la scuola reale mette in luce esperienze di vissuti conflittuali dei docenti e degli
alunni; reazioni frequenti sono il tentativo di insabbiamento dei problemi o di
riparo dietro le maschere ( i ruoli) da parte degli alunni e dei docenti. Emergono
in vario modo le resistenze e le paure di entrambi.
Eppure, rileva l’Autrice:
“ MIGLIORARE LA RELAZIONE MIGLIORA ANCHE LA PRESTAZIONE: IL
DOCENTE PUO’ SFOGGIARE LA SUA SCIENZA, IL DISCENTE LA SUA
CRESCITA CULTURALE”
La salute emotiva:
L’ educazione dell’intelligenza emotiva è nella scuola impegno altrettanto
importante che quello dell’educazione dell’intelligenza razionale, che si
raggiunge attraverso l’acquisizione della consapevolezza delle proprie
emozioni. E’ allora urgente che la scuola se ne occupi e si preoccupi della
diffusione di una generale competenza nella corretta gestione delle relazioni
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che creino benessere e capacità di ascolto profondo, in cui la componente
emotiva gioca un ruolo primario.
E questo richiede un allenamento costante che può favorire e sempre più
avvalorare nei membri del Collegio Docenti una rafforzata consapevolezza ,
come afferma l’autrice:
“UNA BUONA RELAZIONE PERSONALE E’ IL PRESUPPOSTO PER UN BUON
INSEGNAMENTO, PER UN APPRENDIMENTO MOTIVATO, PER UNA PROFICUA
ALLEANZA EDUCATIVA CON LA FAMIGLIA.”
Questa consapevolezza è stimolo e motivazione ad assumere sempre
maggiori competenze per creare relazioni costruttive basate sulla fiducia,
sulla stima,sulla valorizzazione delle risorse proprie ed altrui, sul saper
aspettare i tempi di crescita degli alunni con atteggiamento di rispetto e di
stimolo…
Le sottolineature indicano che queste sono le premesse perché nella scuola ,e
non solo, il conflitto possa essere prevenuto o gestito in maniera opportuna
Il conflitto nell’ambito della scuola:
Con una suggestiva metafora,scrive Maria Martello che, come l’ostrica, la scuola
deve saper trasformare ogni granello di sabbia- il conflitto- in una perla: questo
significa trasformare il conflitto da limite in risorsa.
Ma il primo passo è imparare a riconoscerlo; oggettivarlo, analizzarlo nelle sue
componenti e far emergere la ricchezza di vissuti ed emozioni che lo alimentano e
che possono suggerire le modalità per ridare alle parti l’opportunità di
RIPRENDERE IL DIALOGO interrotto dal conflitto E DI RICONOSCERSI nella
loro reciproca dignità di persone, secondo le tecniche della mediazione.
“Le narrazioni prodotte dai corsisti offrono l’idea di quanto vasto sia il campo, il
luogo, le occasioni di conflitto e il malessere nelle relazioni lavorative. Nessun
elemento del sistema ne resta inviolato. I ragazzi tra loro, i ragazzi con i docenti, i
docenti tra loro e i genitori e così di seguito…”
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Che fare del conflitto nella scuola?
E allora? Come affrontare il conflitto? Possiamo limitarci a considerare i soli
fatti che lo hanno determinato, lavorando esclusivamente su di essi? Oppure
occorre indagare approfonditamente sulle emozioni che ne stanno all’origine,
oltrepassando i fatti per arrivare agli affetti, veri responsabili del conflitto ?
La scuola non può risolvere il conflitto in modo autoritario.
Infatti,una volta stabiliti i vincitori e i perdenti, come sarebbe possibile
ricomporre una durevole armonia di convivenza fra chi è per un certo periodo
costretto a relazionarsi con l’altro?
Non è facile individuare le corrette modalità di intervento se è mancato, come
sottolinea la Prof.ssa Maria Martello, “ un curricolo formativo sulla
educazione alla relazione ben graduato e scandito per evitare che ci si fermi
alla sola superficie del conflitto per l’incapacità di andare a fondo e
generando così ancora malessere e dissapori. La scuola ha responsabilità
professionali che non consentono interventi approssimativi e improvvisati”.
Varie sono le ipotesi suggerite dall’autrice.
La scuola può proporre:
- una promozione culturale,
- corsi di formazione dei docenti alla gestione della relazione secondo i principi
della mediazione,
- corsi di educazione emotivo relazionale per gli allievi,
- corsi di apprendimento delle tecniche di mediazione da applicare con
competenza nel quotidiano del ruolo dirigente o docente.
Si potrebbe pensare addirittura all’apertura di centri di ascolto del conflitto dopo
una adeguata preparazione dell’esperienza, tramite accordi interistituzionali. Ma
tutto ciò deve essere preceduto da una attenta riflessione e discussione finalizzata
a risolvere i nodi problematici essenziali. Passo obbligato prima di avviare una
sperimentazione,che si annuncia ancora più ricca e incisiva se realizzata con
una équipe integrata dall’apporto di diversità culturale e professionale.
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La situazione attuale della scuola italiana:
Rileva la prof.ssa Maria Martello che la normativa scolastica italiana,
attenta a cogliere i nuovi bisogni sociali emergenti, ne ha studiato le risposte
assegnandole ai docenti,
(v. Le direzioni di lavoro educativo configurate dalle Indicazioni nazionali e
dalle Raccomandazioni -L.53/2003.
Non soltanto vi sono indicazioni per la scuola primaria. Ai docenti della
scuola secondaria di primo grado si richiede di : leggere i bisogni e i disagi
dei preadolescenti intervenendo perché non si trasformino in disadattamenti e
abbandoni. Rimuovere gli effetti negativi dei condizionamenti sociali…Essere
disposti ad ascoltare, aiutare..la gestione positiva dei problemi legati alla
conquista dell’identità personale…Considerare l’importanza delle relazioni
educative interpersonali che si sviluppano nei gruppi, nella classe, nella
scuola…avere attenzione alla persona: valorizzare, senza mai omologare o
peggio deprimere… incoraggiare e orientare, sostenere, condividere… )
ma non ne ha rese agevolmente possibili le attuazioni.
Cosicché anche i docenti più motivati e impegnati non riescono a fronteggiare
il fenomeno della dispersione e dell’abbandono scolastico.
Il problema è avere strumenti adeguati per saper intervenire a ricostruire con
gli allievi un buon livello di autostima e di fiducia nelle proprie possibilità,
per operare poco a poco attraverso il ristabilirsi della parola e del pensiero il
recupero nell’apprendimento anche nelle discipline scolastiche.
ALLORA, come suggerisce l’autrice:
“L’INIZIAZIONE ALLA MEDIAZIONE,
LA SISTEMATICA ATTENZIONE ALLE MODALITA’ DI RELAZIONE,
LO SVILUPPO DEL TEMA DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA NEL MONDO
SCOLASTICO, OLTRE ALLA PREVENZIONE DELLA DEVIANZA E UNA FORTE
INCIDENZA NELLO SVILUPPO INDIVIDUALE,
SONO FUNZIONALI A UNA MIGLIORE INTEGRAZIONE NELLA COMUNITA’
CIVILE.
NELLA SCUOLA POSSONO COSTITUIRE IL BINARIO SU CUI SI SNODI
FAVOREVOLMENTE IL SUCCESSO FORMATIVO.
APRONO NUOVI ORIZZONTI,
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MA SOPRATTUTTO DANNO SENSO AGLI AMBITI DI COMPETENZA GIA’
ASSUNTI DALLA FUNZIONE DOCENTE.”
IN CONCLUSIONE
E’ frequente riscontrare, in coloro che si preparano alla professione docente, una
certa ansia relativa all’interrogativo circa la capacità di essere all’altezza del compito
che li attende.
In questa ansia non è difficile riscontrare il timore dettato dalla consapevolezza di
non sentirsi del tutto adeguati ad affrontare un sistema di relazioni complesse, dal
momento che vi saranno tante richieste differenti quanti gli allievi che
incontreranno sul loro cammino.
Diversi docenti si sentono sovente impreparati, quando si esce dal terreno della
formazione specifica della didattica di materia tout court.
Non tutti però sono pronti a riconoscerlo, e non tanto per superficialità, ma per
paura.
Alcuni si rifugiano nel ruolo, si difendono dietro ad una maschera. Questi non hanno
sovente vita facile nel rapporto con la classe, o con i colleghi, o con i genitori,
perché impreparati a sostenere l’impatto relazionale che taluni situazioni
comportano.
Nelle aule e nei corridoi della scuola si aggira un nemico sottile quanto insidioso: è
l’abitudine al disagio quotidiano indotto da relazioni poco gratificanti per tutti.
Proprio questo fattore a lungo o a breve termine mina la salute emotiva delle
persone e crea le premesse di un disservizio educativo e didattico nell’istituzione
scuola ( sfiducia nelle proprie capacità e diminuzione dell’autostima, atteggiamenti di
rivalsa o demotivazione progressiva a sostenere i propri impegni…)
I docenti più sensibili ( o i più resistenti?) prima o poi decidono di seguire percorsi
di formazione alla relazione, e qui scoprono strumenti sicuramente vantaggiosi per
migliorare la loro preparazione personale che ha immediate ricadute positive su
quella professionale.
Ma quanti errori sono stati nel frattempo commessi a danno
degli allievi , e di quello dei docenti medesimi?
Quanti casi di burn out potrebbero essere evitati?
del benessere
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Occorre , anzi è urgente, che nella scuola entrino docenti con forti competenze
relazionali, perché a loro, in primis, è affidato il compito di creare le condizioni per
l’effettivo raggiungimento del successo scolastico e formativo.
Se la scuola riuscirà a realizzare questi nuovi percorsi di educazione alla relazione
interpersonale, mediante la rivalutazione dell’intelligenza emotiva, e se le
componenti tutte della scuola impareranno ad affrontare il conflitto mediante le
tecniche della mediazione, allora si potrà sperare in una società pronta a superare le
logiche della giustizia retributiva, per comprendere ed accogliere più
consapevolmente quelle, più vicine alle esigenze dell’uomo, della giustizia
riparativa.
Per queste ragioni
come Dirigente Scolastica, formulo una speranza che è anche una
richiesta:
che, nei corsi universitari di preparazione alla professione docente, siano
assegnati congrui spazi per la formazione alla relazione da utilizzare a
favore di una completa preparazione degli studenti, negli anni in cui essi
sono psicologicamente più disponibili ad approfondire , mediante
opportuni processi di maturazione personale,che richiedono tempi lunghi,
le loro competenze relazionali professionali e personali.
Venezia 4 aprile, 2005
Giovanna Granito