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LA RIVISTA DELLA SCUOLA
Anno XX1X, 1/30 settembre 2007, n. 1
L’ A D O L E S C E N Z A N E L
Attenzione e analisi
Interventi contro
’adolescenza è una fase evolutiva complessa nella
quale si verificano mutamenti importanti a diversi
livelli: fisiologico, sociale; la sua natura di “terra di
mezzo” dove si perdono i ruoli dell’infanzia per affacciarsi all’età matura la rende un periodo critico. Infatti, non è
solo un evento legato ad una particolare fascia d’età, ma
anche una fascia caratterizzata da uno sviluppo psichico legato ad un contesto storico e sociale di riferimento. Nella nostra
società, così complessa, gli adolescenti sono soggetti a
rischio, vittime spesso di un disagio che trova origine nella difficoltà di acquisire il proprio ruolo. Disagio che a volte diventa
manifesto grazie a comportamenti etichettati come devianza.
Il concetto di disagio, che nelle scienze psicologiche stava
ad indicare genericamente uno stato soggettivo di sofferenza
psichica, ha conosciuto, negli ultimi anni, una crescente diffusione come categoria descrittiva della condizione giovanile.
Eppure, a fronte di un abbondante impegno di tale categoria
nell’ambito della ricerca socio-psicologica, nel linguaggio dei
mass media e nell’esperienza lavorativa dei servizi sociali,
risulta tutt’oggi difficile trovare una definizione teorica sufficientemente approfondita nella letteratura scientifica.
La parola disagio sembra comunque essere legata ad un
unico denominatore con il quale si esprime oggi un diffuso
stato di “malessere” presente nei giovani.
Il disagio giovanile in ambito scolastico, per esempio, è
inquadrato come uno stato emotivo, che non si ricollega significativamente a disturbi psicopatologici, linguistici o di ritardo
cognitivo.
Le sue manifestazioni comprendono un insieme di comportamenti disfunzionali (scarsa partecipazione, disattenzione,
cattivo rapporto con i compagni) che non permettono al soggetto di vivere adeguatamente le attività di classe e di apprendere con successo, utilizzando il massimo delle proprie capacità cognitive, affettive e relazionali.
Nel mondo giovanile, molteplici sono le difficoltà che derivano dalla vita di relazione e rappresentano un fattore di rischio
che può costituirsi come motivo di depressione.
Nel mondo adolescenziale e giovanile essendo più sensibile
ed esposto ai cambiamenti, possono essere evidenziate nuove
espressioni di disagio mentale e comportamentale, che per la
diffusione può assumere il ruolo di patologie sociali.
Il disagio è visto, inoltre, come il retroterra di un’ampia serie
di comportamenti rischiosi, asociali, dannosi, ma anche semplicemente irresponsabili, demotivati, ampiamente presenti
nella società contemporanea.
Quella del disagio è, dunque, una delle categorie tipiche
attraverso cui può essere descritta la condizione giovanile.
Uno degli aspetti che sembrano maggiormente caratterizzare
la situazione giovanile odierna sembra essere costituito dall’esposizione degli adolescenti alle conseguenze di un massiccio
incremento della complessità sociale e, soprattutto, agli esiti
della perdita di indicazioni chiare ed univoche sulla collocazione di ciascun individuo nella compagine sociale: i mass-media
insegnano che è lecito desiderare qualunque cosa, che si può
fantasticare di assumere le più diverse identità, che si può
andare dovunque e con lo sguardo penetrare ovunque. In taluni casi, l’esperienza della complessità può divenire insostenibile, tanto da richiedere, per essere gestita, un tributo di energie
che l’individuo non è più in grado di fornire. Una via d’uscita al
peso della complessità può diventare l’azione violenta, rivolta
verso gli altri ma anche verso sé.
Oggi, sempre più spesso, il “disagio” che accompagna il
percorso emancipativo dell’adolescenza assume i connotati di
comportamenti estremi, caratterizzati da azzardo, rischio ed
annullamento della propria persona. L’adolescenza, infatti, è il
periodo in cui si intensificano il bisogno di ampliare i confini del
proprio spazio di vita e la curiosità di sperimentare nuovi stili di
comportamento, anche ricercando esperienze avventurose ed
inusuali. È anche la fase in cui sono maggiormente intrapresi
comportamenti che indicano un certo grado di rischio.
I ragazzi più esposti a correre rischi tendono a condividere
alcune caratteristiche: un basso rendimento scolastico, la
mancanza di supporto genitoriale, una bassa resistenza alle
influenze dei pari, percorsi acting out in diversi ambiti di comportamento e la residenza in quartieri multiproblematici. I fattori precipitanti possono essere costituiti dalla mancanza di
capacità di resistere alla pressione dei pari, da situazioni di
transizione tra una scuola e l’altra o dalla scuola al lavoro e
anche naturalmente all’uso di sostanze stupefacenti.
Al concetto di rischio è intimamente connessa la nozione
del limite, dal momento che è proprio attraverso la ricerca del
rischio che l’adolescente trova il modo di saggiare i propri limiti, mettendone alla prova la solidità e la consistenza.
Guardando allo specifico della condizione giovanile è durante l’adolescenza che la tendenza a sfidare i limiti ed a correre
dei rischi assume un particolare valore.
La ricerca dei limiti può riguardare sia il mondo interiore che
l’ambiente esterno: nel primo caso essi rappresentano la risultante di quel patrimonio che i soggetti hanno potuto acquisire
nel corso del loro sviluppo attraverso l’istanza rappresentata
dalle figure parentali; i limiti esterni, invece, rappresentano l’insieme delle regole e delle norme che vengono poste dalla col-
L
Nella nostra complessa società, gli
spesso di un disagio che trova origine
lettività.
Nella ricerca di occasioni concrete in cui verificare il grado
di indipendenza emotiva e di specificità raggiunto in rapporto
ai modelli proposti dai genitori, per esempio, è possibile che
l’esperienza con una droga rappresenti per gli adolescenti una
sfida nei confronti delle norme proposte.
L’interpretare un’esperienza ignota e stigmatizzata dalla
parte degli adulti consente al giovane di affermare e rimarcare
la propria distanza dal mondo, e di esplicitare in qualche modo
il suo bisogno di urtare e sconcertare.
È proprio attraverso il corretto riconoscimento di quelli che
sono i propri limiti che il giovane può imparare a perseguire i
propri progetti e le proprie aspirazioni.
Numerosi adolescenti presentano oggi elevate difficoltà a
riconoscere i propri limiti e ad interiorizzare i divieti posti dagli
adulti e dalla società.
Le condotte a rischio, il bisogno di sensazioni forti, possono
essere favoriti dalla ricerca di un gioco ordalico con il pericolo
o con la morte. Alcuni autori spiegano l’attrazione dei giovani
per il comportamento spericolato con il bisogno di sensazioni
ed esperienze variate, e volontà di correre dei rischi fisici e
sociali per il gusto di farlo.
Nella prospettiva di questo autori vi sono individui che per
raggiungere e mantenere un livello ottimale di attivazione
hanno più bisogno di altri di sperimentare sensazioni e di compiere esperienze sempre nuove, variate e complesse e ancora
avendo più bisogno di ricevere stimolazione dal loro ambiente
di vita, se non la ottengono in modo sufficiente, la ricercano
attraverso diverse vie, fra cui anche la droga.
L’area del malessere giovanile assume, molte forme senza
necessariamente sfociare subito in un aperto disadattamento.
Il comportamento dell’adolescente a correre rischi è associato ad un alto tasso di malattia e mortalità.
Interessante la sintesi proposta da L. Grosso dei comportamenti a rischio più diffusi, sotto il titolo delle tre V: violenza,
legata all’aggressività, all’interno di stadi e discoteche; velocità
riferita alla guida, talvolta in stato di ebbrezza ed alle cosiddette prove di coraggio al volante, che spesso terminano in incidenti stradali; infine i virus che riguardano un’attività sessuale
protetta, condotta spesso in condizioni di ridotta vigilanza.
Varie sono le cause e i fattori che possono determinare una
problematica nell’integrazione ragazzo-società creando così
un disagio.
Durante la fase adolescenziale vi sono situazioni che possono favorire l’instaurarsi di stati patologici.
La scuola e la famiglia diventano per il ragazzo soltanto dei
gruppi di appartenenza, mentre i gruppi dei coetanei sono veri
e propri gruppi di riferimento e quindi di identificazione. L’adolescente, in conflitto tra la protezione della casa e l’esigenza di
rendersi indipendente al di fuori di essa, sentendosi inaccetta-
A chi la fa più lunga – Foto di J.P. Pujos, Parigi
di
FILIPPO
to dall’adulto, rifiuta spesso qualsiasi tipo di interferenza dell’adulto stesso.
Così si riunisce in gruppo e accetta spesso, per identificazione negativa, ruoli inaccettabili, illegali e controproducenti
alla sua posizione. In questo momento la paura, l’aggressività
e i sensi di colpa diventano quasi suo patrimonio psichico e
spesso sono fattori che conducono alla “criminalità”.
La nostra società non offre all’adolescenza sufficienti possibilità di realizzare il proprio momento e ciò determina uno
stato di insoddisfazione che spesso si aggiunge a quello scolastico e può accadere che ragazzi che, durante la scuola non
si adattano alla disciplina o presentano casi sporadici di furto o
altro, in tal modo spesso diventano delinquenti. Ma essa è
anche evidentemente incapace di proporre al giovane valide
istanze etiche e spirituali, così che anche nella parte più sana
della nuova generazione, si nota una generale incapacità di
adattamento.
Non è infrequente che anche un ragazzo “normo-strutturato”
cada vittima dell’alcolismo e della droga che vengono considerati “quasi” come tappa obbligatoria per l’appartenenza ad un
gruppo. Per quanto riguarda la criminalità propriamente detta
da parte di tutti, oggi si tende a farla partire da cause psicosociali. Viene chiamata in causa la disorganizzazione familiare, la
carenza di affetto e in particolare le difficoltà di inserimento
sociale.
In effetti tutte le ricerche più valide mettono in evidenza che
anche la “criminalità giovanile” non può essere riconducibile ad
un unico fattore, ma ad una multifattorietà, ad un vasto complesso di fattori che combinatisi nell’individuo possono rendere
possibile un comportamento inadeguato.
Volendo soffermare la nostra attenzione a un sintomo estremamente significativo del malaggiustamento sociale dei giovani cioè la “violenza” possiamo fare alcune brevi considerazioni
in base ai numerosi contributi della letteratura recente e alle
nostre personali esperienze.
Indubbiamente vi è un aumento notevolissimo della violenza
da parte dei giovani e non solo in Italia! Quest’aumento è
messo in evidenza dai magistrati, dai sociologi e dagli psicologi sociali.
Si può affermare che la violenza nel mondo giovanile è una
“sociopatia” dipende cioè da cause molteplici, ma essenzialmente sociali che possiamo individuare in un’inadeguata distribuzione della ricchezza, sfruttamento economico, clima sociale di insicurezza, che si riflette anche a livello personale, consumismo con i miraggi futili della ricchezza, fascino, successo,
contrasto fra gli ideali di democrazia che la maggioranza sente
validi, e la difficoltà di attuarli e infine le imperfezioni delle strategie per inserire armoniosamente i giovani nelle realtà sociali.
Di fronte a queste “imperfezioni” che si sono caratterizzate
prima in rifiuto all’inserimento e poi nel considerarlo “inevitabile”, ma non per questo adeguatamente preparato (si pensi alla
quasi assente preparazione professionale, al problema del
numero chiuso nelle università, al problema del lavoro...) il giovane si è sentito abbandonato, peggio, tradito e la sua reazione è stata violenta e inadeguata sia perché non è preparato ad
un attivo inserimento nella realtà sociale e sia perché molto
spesso, questa delusione provocata dalla società si è sovrapposta a quella che aveva già subito da parte della famiglia, con
un conseguente sovraccarico di ansia e aggressività.
Tutto ciò ha portato ad un “rapporto imperfetto fra la sfera
affettiva e la sfera mentale, con un’indubbia accentuazione
delle emozioni – sentimenti - passioni.”
Tale “accentuazione” blocca specialmente nella fase dell’adolescenza e della gioventù, ogni “attività mentale” per cui
invece di approfondire le tematiche, studiare le soluzioni, viene
più “spontaneo” urlare, aggredire, picchiare, distruggere, tanto
più che la “delusione verso gli adulti” e per aver perso fiducia
in essi, fa ritenere al giovane di essere lui l’unico depositario
della “verità” e a considerare tutti gli altri nemici.
“La gioventù è dunque un periodo di transizione che nella
nostra società in virtù della sua lunga durata è giunta ad assumere importanza determinante nell’arco della vita”.
Uno studio fatto dalla provincia di Piacenza da parte “dell’ufficio politiche sanitarie” viene affrontato il tema/problema dell’abuso e del maltrattamento le cui vittime sono i minori - adolescenti.
Prima di tutto mi sembra doveroso dire che gli abusi e i maltrattamenti subiti dai minori sono fenomeni, purtroppo, diffusi e
interessano i soggetti di tutte le fasce sociali.
“Il gruppo di età che noi consideriamo non può essere inte-