Alain Goussot Epistemologia, tappe costitutive e metodi della pedagogia speciale ARACNE Copyright © MMVII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978–88–548–1467–7 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: dicembre 2007 Indice Premessa 9 I Alcune storie di vita – Il caso Helen Keller: la via della dignità – Il caso Ashley: accompagnare e prendersi cura non è torturare – Un disabile chiamato Antonio Gramsci: la via della resilienza – Storia di Mauro – Storia di Sauro – Storia di Alessandra – Storia di Al – Storia di Irene – Storia di Pasquale 15 15 17 20 24 26 27 29 30 31 II Quadro concettuale: fondamenti epistemologici della pedagogia speciale 35 III Evoluzione semantica e storica: la disabilità ieri e oggi 43 IV Agli albori della pedagogia speciale: l’istruzione dei sordomuti 49 V L'integrazione scolastica: la situazione oggi in Europa – Quando si parla d’integrazione e di inclusione – Pedagogia e “bisogni speciali” 51 51 53 VI Alle origini della pedagogia speciale – L’esperienza educativa di J. M. G. Itard – Memoria del 1801 di J. M. G. Itard – L'esperienza di Edouard Séguin: “il maestro degli idioti” – Il caso di Désiré Magloire Bourneville (1840–1909): l’importanza della socialità 55 55 56 64 80 VII Inizi della pedagogia speciale in Italia – Sante De Sanctis e gli Asili-scuole per fanciulli con ritardo mentale – Maria Montessori e il suo approccio all'educazione degli alunni disabili 83 83 VIII Metodo globale e centri d’interesse nel lavoro educativo con i bambini irregolari: l’approccio di Ovide Decroly – Vediamo chi era Ovide Decroly? 101 93 102 – Osservazione e educazione dei “bambini irregolari”: “l’irregolare” ci permette di comprendere meglio il “regolare” 106 IX Forme molteplici dell’intelligenza, sviluppo differenziato e dialogo posturale – Intelligenza di situazione, emozioni, corpo e sviluppo ambientale: l'approccio psicopedagogico di Henri Wallon – Sviluppo differenziato e il corpo come relazione: René Zazzo e Julian de Ajuriaguerra 115 115 129 X Lev Vygostky e la pedagogia delle mediazioni – Un approccio storico e socio-culturale allo sviluppo della personalità 135 136 XI Contributi utili della psicoanalisi alla pedagogia speciale – Anna Freud: Legami affettivi, figure di attaccamento e apprendimenti – Il rischio della medicalizzazione della disabilità e il linguaggio del desiderio nel rapporto con la madre: l’approccio di Maud Mannoni – Il corpo e il maternage nella strutturazione della personalità del soggetto disabile 155 155 159 XII Per essere libero bisogna volerlo: educare la volontà 169 XIII Come reintegrare e riabilitare la personalità? L'approccio di Pierre Janet: un contributo alla comprensione del mondo della disabilità – La complessità e la molteplicità dei comportamenti umani – Le storie di vita: quale diagnosi? – Le condotte: tendenze e complessità – Disturbi mentali e procedimenti educativi – Il modello per tappe di Janet nel trattamento dei disturbi post–traumatici 171 162 173 175 178 178 180 XIV Per un approccio autenticamente affettivo nella relazione di aiuto: critica delle diverse forme di violenza istituzionale e dell’eugenetica. Stanislas Tomkiewicz 183 XV Sfondo integratore e percorsi d'inclusione scolastica e sociale – Quale cultura dell'integrazione – Una pedagogia dell'incontro per una cultura educativa dell’integrazione – Sfondo integratore e inclusione sociale 189 189 191 198 XVI L’orientamento dell’alunno disabile a scuola: saper osservare e accompagnare. Una pratica di mediazione pedagogica per facilitare la transizione – Considerazioni generali – L’osservazione per l’orientamento e la transizione dell’alunno disabile dalle medie alle superiori – Modelli e modalità dell'osservazione orientativa – Alcune metodologie di osservazione utili alle pratiche di orientamento per gli alunni disabili – L’orientamento come processo che porta alla scelta consapevole – L’orientamento dell’alunno disabile e il nesso tra accompagnamento e zone di sviluppo prossimale: un approccio dinamico (L.Vygotsky) – L’orientamento come pratica di mediazione pedagogica per favorire la scelta per la transizione: il piano individualizzato di transizione e il gruppo di consulenza – Alcuni strumenti per la transizione – Come dare sostegno al sostegno? 237 242 Considerazioni finali 247 Glossario Bibliografia 207 207 215 217 220 224 227 230 Premessa Questo testo vuol essere uno strumento pratico per gli operatori dell'educazione che si occupano di disabilità a scuola e nella società; non vuol essere un manuale con delle ricette pedagogiche da applicare, ma un insieme di indicazioni metodologiche e di riflessioni su cosa significhi pedagogia speciale. Il testo si propone di affrontare il quadro epistemologico che fonda la pedagogia che si occupa degli apprendimenti dei soggetti disabili; in effetti, è importante precisare alcuni concetti fondamentali e la loro evoluzione nel tempo. Basta pensare all’uso diversificato di categorie come handicap, disabilità e deficit nelle diverse lingue: gli inglesi parlano di disability, i francesi continuano a parlare di handicap. L’importante è di capire di cosa si sta parlando e qual è la concezione che si ha dello sviluppo della persona disabile, nonché del suo ruolo nella società. Per molto tempo in Italia si è parlato di handicap e d’integrazione, oggi si parla di disabilità e d'inclusione sociale. Vi è stata un’evoluzione nella terminologia, evoluzione che è anche lo specchio di un’evoluzione nella rappresentazione del soggetto disabile e delle sue potenzialità. La nuova «classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute», denominato ICF, non si concentra più sulla menomazione, ma sulla salute, le potenzialità della persona e le sue eventuali disabilità in relazione all’attività e alla partecipazione. L’ICF va nella direzione di un abbandono dei termini con una connotazione negativa, come menomazione e handicap, a favore di altri che contengono una prospettiva molto più favorevole come attività e partecipazione sociale. Tende a porre l’accento sulle potenzialità delle persone nel loro interagire con le condizioni ambientali di vita; questo approccio va anche nella direzione di una cultura del rispetto e della valorizzazione delle differenze: in ogni persona esistono capacità e risorse che devono essere aiutate a svilupparsi e manifestarsi. Un altro concetto entrato nel vocabolario dei tecnici del lavoro con i disabili è quello di “bisogni speciali”; per bisogni speciali si tende a sottolineare la specificità del tipo di sviluppo della persona disabile, e quindi della specificità delle risposte che devono favorire gli apprendimenti e facilitare i percorsi d'inclusione sociale e scolastica. Anche qui il concetto di bisogni speciali presenta una sua complessità che può provocare, nella pratica, un agire in contraddizione con l’obiettivo dichiarato di favorire i processi d'inclusione sociale della persona disabile. Il rischio è di creare dei luoghi speciali, separati, e di pensare che le risposte educative, riabilitative e terapeutiche siano collegate, in modo unidimensionale, alla tipologia del deficit e alla specifica disabilità. Come vedremo il dibattito rimane aperto e forse si sta andando verso una concezione meno legata strettamente al deficit e più centrata sulla relazione tra il soggetto disabile e il contesto di vita sociale e culturale. Si potrebbe dire che non 9 10 solo il non vedente, il sordomuto o il bambino trisomico abbiano dei bisogni speciali, ma che anche il bambino con disturbi dell'apprendimento oppure l'adulto con grosse difficoltà sul piano psico–relazionale abbiano bisogno di mediazioni specifiche e di sostegni particolari per riuscire ad esprimersi al meglio delle loro potenzialità in mezzo agli altri. Il compito prioritario della pedagogia speciale è quello di sviluppare una riflessione che guidi l'operatività, una riflessione in grado di orientarsi nella complessità dei bisogni e nella molteplicità delle risposte possibili. Complessità e molteplicità sono due concetti fondamentali per chi si occupa di disabilità o anche di disturbi degli apprendimenti. Spesso si ha a che fare con disabilità complesse (oggi si parla spesso di disabilità o di handicap grave), cioè con processi che investono diverse aree dello sviluppo della persona (il livello cognitivo, psico–motorio oppure affettivo–relazionale); questo richiede una pluralità di risposte. Quando si parla d’integrazione, anche se oggi è meglio usare l’espressione inclusione che implica la possibilità per la persona di essere se stessa con le sue caratteristiche specifiche, bisogna sapere che non si tratta solo di una finalità del progetto di vita, ma anche di un metodo di lavoro che vede il coinvolgimento di una pluralità di attori nel processo di accompagnamento; genitori, operatori dei servizi, insegnanti, volontari, operatori della riabilitazione, operatori sanitari. Il fatto stesso di ragionare in termini di progetto di vita significa che si guarda la globalità della persona nella sua “traiettoria” e non la si identifica con la sua disabilità. A forza di porre l’attenzione sulla disabilità si rischia di non vedere più la persona con il suo potenziale di capacità e risorse cognitive, senso–motorie e psico–relazionali. L'ottica deve essere ormai multidimensionale e globale, deve considerare la persona nella sua globalità e nel suo sistema di relazioni; in quello che il filosofo Jurgen Habermas chiama lebenswelt, cioè mondi vitali: i contesti e i legami in cui vive la persona. Questa concezione globale dello sviluppo della persona porta anche ad una concezione globale, integrata e multidimensionale oltre che multimediale dell’intervento. Quello che conta è la traiettoria della persona disabile, la sua storia, le risorse che attiva nel processo di apprendimento e nell’esperienza. Si tratta di una concezione ecologica ed antropologica del lavoro educativo, riabilitativo e terapeutico che si integra nella costruzione e la realizzazione di un progetto di vita in cui il soggetto disabile è attore e partecipe. Ma come scrive il professore Andrea Canevaro: «Il primo tema della differenza che la Pedagogia speciale ha il dovere di affrontare oggi è la differenza che deriva dalla disabilità e dal deficit, a cui si possono aggiungere, ma non sostituire, altre differenze (differenza di genere, di cultura, di provenienza), tuttavia irrinunciabile per la Pedagogia speciale è il fare i conti con le differenze derivate dalla presenza del deficit». In questa prospettiva la Pedagogia speciale non è una scienza stabilita una volta per tutte, ma un processo di ricerca permanente che costruisce i suoi saperi nell’esperienza educativa. Nella pedagogia speciale si deve parlare, come fa Charles Gardou, di “educazione inclusiva” che rifiuti i determinismi “mettendo 11 in discussione il potere della norma” e puntando sulle potenzialità del soggetto disabile; si tratta di dare impulso alle risorse sia del soggetto che del suo ambiente di vita. Per comprendere cos’è la pedagogia speciale con le sue applicazioni operative nel campo della didattica e in quello educativo nella vita sociale occorre chiarirne i concetti fondamentali e anche la loro evoluzione nel tempo. Diventa fondamentale comprendere quali sono state le tappe costitutive di quella che oggi è chiamata pedagogia speciale; quali sono state le metodologie inventate per rispondere ai bisogni speciali dei soggetti con deficit di vario tipo e favorire in questo modo la loro inclusione nella società. Questa ricostruzione, questa traiettoria è importante per comprendere la pluralità dei metodi e delle strategie operative che hanno orientato il lavoro degli operatori dell'educazione verso le risorse e le potenzialità dei soggetti con disabilità. Si vedrà anche che la mediazione dei contesti è fondamentale nel creare situazioni positive per lo sviluppo dell’acquisizione di competenze oppure nell’ostacolarlo. Il libro parte da una riflessione più generale sui concetti di deficit, handicap, disabilità, patologia, bisogni speciali, anormalità, anomalia ecc…; Riporta il contributo di medici, educatori, filosofi e anche scrittori sul mondo della disabilità. Successivamente viene affrontato quello che possiamo considerare come l’atto di nascita della pedagogia speciale ai primi dell'Ottocento con l’esperienza straordinaria condotta da J. M. G. Itard con il cosiddetto “ragazzo selvaggio dell’Aveyron” e successivamente con l'esperienza del suo allievo Edouard Seguin, chiamato il “maestro degli idioti” (termine utilizzato allora per definire i fanciulli con ritardo mentale). In questo percorso di chiarimento metodologico ed epistemologico, ci soffermeremo anche sul concetto di “bisogno” per proporre una serie di considerazioni sul concetto di “bisogni speciali”. Inoltre, ci è sembrato utile ricordare il contributo di alcune figure della neuropsichiatria e della pedagogia italiana dei primi del Novecento allo sviluppo di una pedagogia attenta alla specificità dei soggetti disabili; non potevano mancare i nomi di Sante De Sanctis (L’educazione dei deficienti) e di Maria Montessori che inizia il suo lavoro di pedagogista con bambini “insufficienti mentali”. Si vedrà che è proprio leggendo Itard e Seguin che Maria Montessori rivede la sua concezione educativa dei fanciulli con disabilità. Come abbiamo detto sopra la pedagogia speciale non è limitata alla sola didattica, ma si estende alla vita sociale perché riguarda tutti gli apprendimenti nella prospettiva di un progetto di vita; in questo, l'approccio globale che consiste nel prendere in considerazione l'insieme della personalità del soggetto disabile e l'interazione con il contesto sociale di vita deve molto al medico ed educatore belga Ovide Decroly. Si vedrà che il suo approccio globale ed ecologico lo ha portato ad impostare un modo del tutto originale per favorire gli apprendimenti dei sordomuti e dei bambini con ritardo mentale. Sono proprio i “bambini irregolari” – così li chiamava Decroly – che ci permettono di comprendere meglio il funzionamento di tutti i bambini nel loro processo di apprendimento. Chi lavora con bambini con disturbi dell'apprendimento o semplici difficoltà 12 scopre che esistono varie modalità d'imparare e di conoscere, che esistono diverse forme d'intelligenza e delle organizzazioni differenziate delle varie aree di sviluppo della personalità che richiedono metodi adeguati: è quello che ci dicono lo psicopedagogista francese Henri Wallon, quando parla d’intelligenza di situazione, e René Zazzo (il grande esperto dei gemelli) che parla di “sviluppo eterocronico” per i fanciulli con disabilità, cioè di uno sviluppo differenziato per area. Ancora una volta l'operatore dell'educazione e della riabilitazione si ritrova ad avere a che fare con la pluralità dei tempi e dei ritmi di apprendimento, nonché con la varietà dei modi d'imparare. Per saper rispondere alla molteplicità ed alla complessità dello sviluppo del soggetto disabile, e per favorire in lui l'espressione delle sue potenzialità, occorre creare le condizioni dell’accompagnamento, un accompagnamento che miri il più possibile all’autocontrollo e al fare da sé. Su questo punto il libro approfondisce il contributo decisivo dello psicologo e pedagogo sovietico Lev Vygotsky che, con la sua pedagogia delle mediazioni, ci spiega quanto sia importante rafforzare le compensazioni prodotte dalla presenza del deficit e costruire dei “percorsi indiretti” negli apprendimenti attraverso dei mediatori che favoriscono l'acquisizione di competenze e di conoscenze. Quando si parla di disabilità non si può ignorare che si ha a che fare con la sofferenza, la sofferenza della famiglia e la sofferenza della stessa persona disabile; le relazioni intrafamiliari, i rapporti genitori–figli, madre–bambino, i rapporti tra fratelli, tutto viene in qualche modo modificato e nascono squilibri e nuove possibilità. Si vedrà che lo stesso Vygotsky parla di “sviluppo creativo” o anche di “sviluppo atipico” sottolineandone il potenziale innovativo. Il mondo delle emozioni, dell’affettività e dei sentimenti viene ovviamente coinvolto; da questo punto di vista alcune figure della psicoanalisi hanno dato uno sguardo inedito e nuovo sulla natura delle dinamiche umane lì dove il deficit porta con sé la sofferenza e talvolta il trauma. Anna Freud nel suo lavoro con i bambini inglesi traumatizzati dai bombardamenti su Londra, durante la seconda guerra mondiale, ci ha permesso di comprendere meglio il funzionamento della sfera psico–affettiva di bambini con grossi disturbi di personalità (casi di autismo), la psicoanalista francese Maud Mannoni si è soffermata molto sul rapporto madre–bambino e sul carattere spesso colpevolizzante del potere psichiatrico, la psicologa francese Françoise Dolto ha lavorato molto sull'importanza dell'immagine e della rappresentazione del proprio corpo nella costruzione dell'identità, cosa molto delicata e complessa per chi lavora con bambini e adolescenti disabili. In questo lavoro riportiamo anche alcune elaborazioni in campo psicologico, riabilitativo e educativo per chi lavora appunto con la sofferenza del bambino disabile o traumatizzato: gli approcci di Viktor Frankl, ricavati dalla sua esperienza in campo di concentramento (vedi Uno psicologo nel lager), nella cura della sofferenza psichica con la “logoterapia” e le considerazioni dell’etologo, neurologo e psichiatra francese Boris Cyrulinik sui processi di resilienza che permettono ai bambini “feriti nell’anima” di “rimbalzare” e costruire un proprio cammino nell'esistenza.