DISABILITA’ E COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI ALLE FAMIGLIE Le famiglie di fronte alla disabilità “ La situazione di disabilità viene vissuta come inaccettabile o, per meglio dire, come un lutto familiare ”. (Dell’Aglio) Si presenta come una sorta di “apocalisse o catastrofe”: si passa dall’ aspettativa di una normalità alla paura di affrontare le conseguenze future. Le fasi del “lutto familiare” di Bickmen • • • • • Shock e dolore iniziali; Senso di colpa; Rabbia; Accettazione del problema; Elaborazione di un progetto Il modello MULTIVARIATO • Le dinamiche familiari; • La capacità di effettuare una valutazione corretta del problema; • Le strategie per poter affrontare il problema; • Le risorse materiali; • Supporti sociali forniti dall’esterno. La nascita di un bambino disabile costituisce un fattore di stress per tutta la famiglia e nella maggior parte dei casi è considerato come un evento disadattivo. La reazione dei genitori • ATTEGGIAMENTO DI RIFIUTO •IPERPROTEZIONE • NEGAZIONE • GRATIFICAZIONE • SODDISFAZIONE RUOLI ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA La disabilità può avere un impatto diverso su ciascuno dei membri della famiglia i quali reagendo diversamente l’uno dall’altro contribuiscono a riorganizzare l’assetto familiare che la presenza di un figlio disabile comporta. MADRE È considerata il cardine della presa in carico del figlio disabile. REAZIONI: • abbandono delle possibilità di sviluppo personale; • sentimenti di rabbia e depressione • iperprotettività. PADRE Ha un ruolo marginale rispetto a quello della madre ed è più orientato verso l’aspetto economico. REAZIONI: • “fuga nel lavoro”; • difficoltà nel creare solidi legami affettivi con il figlio disabile. FRATELLI E SORELLE Hanno un ruolo di aiuto e di supporto nei confronti del bambino disabile; si parla infatti di “genitorializzazione” dei figli non disabili, derivante da una carenza di cure parentali. REAZIONI: • possibili problematiche comportamentali; • possibili disturbi psichiatrici; • sentimenti di frustrazione e vergogna derivanti dai pregiudizi sociali. IL CICLO DI VITA DELLA FAMIGLIA “Successione di fasi, delimitate da alcuni eventi critici, che introducono, nel corso della vita del soggetto famiglia, significative trasformazioni di ordine strutturale, relazionale, psicologico e organizzativo”. L’ handicap si può presentare come evento imprevisto in un momento qualsiasi del ciclo di vita della famiglia, colpendo uno dei suoi componenti. In questo caso si tratta di handicap acquisito per una causa patologica o traumatica e il suo impatto sulla famiglia è ancora più violento. Richiede una ristrutturazione delle abitudini di vita e persino della rappresentazione mentale della persona divenuta disabile. Le fasi principali del ciclo di vita della famiglia sono: 1) Fase iniziale breve: • costituzione della coppia • nascita dei figli 2) Fase centrale prolungata • educazione e allevamento dei figli adolescenti • famiglia con giovani adulti 3) Fase di coppia anziana o del nido vuoto • uscita dei figli da casa • reinvestimento nella relazione di coppia e nei rapporti sociali, cura dei genitori anziani e dei nipoti 4) Fase di vita in solitudine • intervento di sostegno dei figli nei confronti dei genitori • morte di un coniuge. Le fasi di sviluppo della famiglia con disabile si differenziano a partire da … • Nascita del figlio: problemi di accettazione, percezione dell’handicap, compiti di cura, riorganizzazione della coppia; • Educazione del figlio: non si interrompono o concludono le attività di cura e di allevamento da parte dei genitori; non si verifica il processo di separazione-individuazione e la costituzione dell’autonomia e dell’identità reciproca. • Adolescenza: i genitori vivono la nuova situazione con le stesse ansie e angosce del trauma primario soprattutto in relazione al pensiero del futuro; atteggiamenti di iperprotezione verso il figlio ormai adulto. Da parte del figlio invece emergono interessi e problematiche di carattere affettivo- sessuale. • L’età adulta: non significa raggiungimento di autonomia e distacco del figlio, ma il verificarsi di ulteriori difficoltà dovute all’invecchiamento dei genitori e alla loro difficoltà di continuare i compiti di assistenza. • Famiglia con anziani: i genitori non possono fruire dell’aiuto del figlio e soprattutto non possono affidargli il compito di occuparsi della loro salute e di raccogliere e prolungare l’eredità affettiva e familiare dopo la loro morte. LA RIABILITAZIONE La riabilitazione è quell’insieme di interventi che permettono l’integrazione sociale delle persone disabili. Come riabilitare? 1) Abbattere il disagio personale, curare la malattia; ricercare gli ausili per recuperare la funzionalità. • Rendere partecipe la persona e la sua famiglia nel proprio processo riabilitativo. • Cambiare poche cose alla volta ed aspettare che siano assimilate. 2) Contenere il disagio della famiglia, curare la persona disabile spiegandone le sue caratteristiche alla famiglia. Coinvolgere la stessa nella cura della persona e stimolare il suo inserimento nella società. • Rendere la persona il più possibile autonoma e capace di essere utile a se stesso e agli altri. • Creare se possibile un percorso riabilitativo che gli dia la possibilità di diventare fonte di reddito (scuola – lavoro). 3) Cambiare la comunità: il professionista lavora nella comunità attraverso la dimostrazione e la formazione. • Si dimostra alla persona singola e alla comunità che lavorando, seguendo un programma, si supera la disabilita perché si acquisiscono nuove capacità; ed è allora che la persona migliora, e così anche chi la circonda. LA FAMIGLIA E IL TRATTAMENTO 1. Interventi volti a ridurre le fonti di stress: • Respite Care • Supporto economico: La Legge 104/92 all’art. 3 definisce lo stato di handicap con due livelli: -handicap (art. 3 comma 1) -handicap in situazione di gravità (art. 3 comma 3) • Parent training: Metodologie • Il counseling • Il Learning by doing 2. Interventi centrati sull’affinamento delle capacità di valutazione e di coping. Questo intervento ha come scopo quello di insegnare ai genitori delle strategie per evitare stress, sentimenti depressivi e bassa autostima. Come agire? - Identificare le fonti e i sintomi dello stress; - Usare forme di rilassamento; - Modificare pensieri negativi automatici; - Cercare supporto sociale; - Aumentare le attività piacevoli. 3. Interventi tesi a migliorare le relazioni all’interno della famiglia. Possono essere finalizzati: - All’insegnamento di competenze comunicative efficaci per situazioni critiche; - Incrementare la soddisfazione del matrimonio. 4. Intervento finalizzato a rinforzato la rete di supporti sociali al di fuori della famiglia. Questo intervento è dato dalla partecipazione ai gruppi guidati da parte di genitori con bambini che presentano delle disabilità. Ruolo dei genitori all’interno dei gruppi: - Condivisione delle stesse esperienze; - sostegno emotivo; - risoluzione dei problemi. Ruolo del professionista: - Consulente rispetto ai problemi; - Guidare il gruppo; - Facilitatore della comunicazione. Da alcuni studi effettuati, è emerso come le famiglie possono reagire positivamente o negativamente alla partecipazione a questi gruppi. - REAZIONE POSITIVA: Riguarda la famiglie con maggiore necessità di supporto traendo da tale esperienza degli effetti positivi. - REAZIONE NEGATIVA: Riguarda la famiglie con minore necessità di supporto traendo da tale esperienza effetti non chiari o negativi. Infatti dall’indagine di Krauss, condotta su 150 madri di bambini piccoli con vari tipi di disabilità è emerso che l’intervento presenta diverse sfaccettature: - Da un lato conferma l’efficacia di questi gruppi nel ricevere sostegno e nell’aumentare la rete di supporti sociali; - Dall’altro può causare tensioni e impatti negativi. 5. Interventi finalizzati a migliorare i rapporti fra genitori e professionisti Si effettuano attraverso: - programmi che modificano gli atteggiamenti dei professionisti e ne migliorano le competenze comunicative; - l’insegnamento ai genitori di metodi efficaci per interagire con queste figure. PROFESSIONISTI GENITORI KEY OPERATOR LEGGI SUGLI INTERVENTI: • Stati Uniti: programmi individualizzati di intervento precoce sul bambino e sulla famiglia; • Italia: legge quadro sull’handicap. IL RUOLO DEL DOCENTE NELL’INDIVIDUAZIONE DELLE DIAGNOSI Una delle tante competenze del docente è quella di individuare le disabilità, attraverso tecniche specifiche come la somministrazione di particolari compiti. I disturbi che l’insegnante può individuare sono: • disturbi visibili; • disturbi non visibili. Ciò che fa capire ad un insegnante se si è di fronte ad un vero e proprio disturbo o ad un disagio temporaneo è: • la gravità del divario fra ciò che il bambino sa fare e le attese in rapporto all’età e al confronto tra coetanei; • la durata e la frequenza dei comportamenti immaturi o inadeguati, sia a livello cognitivo che emotivo. L’INSEGNANTE PUO’ ESSERE INSEGNANTE-CANOTTO INSEGNANTE-TRAMPOLINO INSEGNANTE-SALVAGENTE È FONDAMENTALE CHE L’ INSEGNANTE CONSIDERI IL PROCESSO DI FORMAZIONE COME UN’INTERIORIZZAZIONE DELLE METODOLOGIE DI APPRENDIMENTO, CHE RENDONO PROGRESSIVAMENTE I SOGGETTI AUTONOMI. IL PUNTO DI PARTENZA SARA’ CONSIDERARE GLI ASPETTI DI FORZA DI CIASCUN ALUNNO COME ELEMENTO CENTRALE DELL’APPRENDIMENTO, CHE POTRA’ ESSERE FAVORITO DAI DIVERSI STILI DI INSEGNAMENTO. PER MOTIVARE GLI ALLIEVI E’ NECESSARIO: • saper adottare strategie educative adatte alle loro modalità di apprendimento; • costruire un ambiente favorevole; • mantenere un clima di fiducia verso i bambini. REALIZZATO DA: Barresi Erica Bonomo Simona Cannella Antonina Daddelli Carmela Melania Di Maggio Roberta Di Pasquale Annalisa Lo Sardo Dalila Monistero Noemy Giuseppa Notaro Antonella Runfola Erika Zimmardi Sarah