Programma - Società del Quartetto di Milano

Stagione
2009-10
Maria Grazia Schiavo soprano
Romina Basso contralto
Martedì 30 marzo 2010, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Cappella della
Pietà de’ Turchini
Antonio
Florio
direttore
16
Consiglieri di turno
Direttore Artistico
Salvatore Carrubba
Alberto Conti
Paolo Arcà
Con il contributo di
Aiutiamo il Quartetto
Rinnoviamo l’invito ad aiutare il Quartetto
sostenendo il costo dei programmi di sala
con un contributo di 500 Euro, detraibile
dall’IRPEF. Alcuni Consiglieri e Soci hanno
già generosamente aderito. Confidiamo che
l’esempio ne sia seguito, sicché si possa
coprire il costo totale di 25.000 Euro, così da
consentirci di mantenere ampia e gratuita la
distribuzione del programma di sala la sera
del concerto.
Ringraziamo: Socio anonimo,
Alberto Conti, Alberta Deiure, NdT,
Angelo Fabbrini, CG, SG, GFG,
Mario Lampertico, Federico Magnifico,
Giovanni Scalori, M.D. Watts,
Ruth Westen Pavese,
Sergio Dragoni in memoriam,
Maria Teresa Bazzi in memoriam,
Paola Amman in memoriam,
Annamaria La Rotonda in memoriam,
Associazione Amici di Edoardo Onlus.
Soggetto di rilevanza regionale
Con il patrocinio di
Sponsor istituzionali
È vietato, senza il consenso dell’artista, fare
fotografie e registrazioni, audio o video, anche con
il cellulare.Iniziato il concerto, si può entrare in sala
solo alla fine di ogni composizione.
Anche per rispetto degli artisti e del pubblico, si
raccomanda di:
• spegnere i telefoni e ogni altro apparecchio con
dispositivi acustici;
• evitare colpi di tosse, fruscii del programma e
ogni altro rumore;
• non lasciare la sala fino al congedo dell’artista.
Orazio Benevoli
(Roma 1605 – 1672)
Salve Regina per soprano e orchestra d’archi (ca. 7’)
Leonardo Ortensio Salvatore Leo
(San Vito dei Normanni 1694 – Napoli 1744)
Miser agnosce te per soprano e orchestra d’archi (ca. 25’)
Intervallo
Giovanni Battista Pergolesi
(Jesi 1710 – Pozzuoli 1736)
Stabat Mater per soprano, contralto e orchestra d’archi
Anno di composizione: 1735-36
Anno di pubblicazione: Londra, 1749
(ca. 50’)
Il nome di Orazio Benevoli sarebbe caduto nell’oblio, se non fosse stata attribuita per errore a questo musicista romano la monumentale Messa a 53 voci cantata nel 1628 per la consacrazione del Duomo di Salisburgo, un lavoro che lasciò
un segno sulla musica sacra locale fino a Mozart. All’epoca, invece, Benevoli era
solo il giovane maestro di cappella di S. Maria in Trastevere, ancora agli inizi di
una carriera compiuta soprattutto in seno alla Chiesa romana fino all’onorevole
responsabilità della Cappella Giulia a San Pietro, tranne una breve parentesi al
servizio del serenissimo Arciduca d’Austria. Un’altra leggenda pretendeva che
Benevoli fosse figlio naturale di Alberto di Lorena, mentre in realtà suo padre
era un semplice pasticciere francese, Robert Venouot, giunto a Roma agli inizi
del Seicento. Anche i più importanti storiografi musicali del Settecento, come il
padre Martini e Charles Burney, riportano di sfuggita notizie imprecise, ma nel
Seicento la sua musica era tenuta nella massima considerazione. Nella Lettera
ad Ovidio Persapegi l’allievo Antimo Liberati, teorico di grande fama, affermava che Benevoli avanzava «il proprio maestro, e tutti gli altri viventi nel mondo
di armonizzare quattro e sei cori reali, e con lo sbattimento di quelli, e con l’ordine, e con le imitazioni de’ pensieri pellegrini, e con le fughe rivoltate, e con i
contrapunti dilettevoli, e con la novità de’ roversi, e con le legature e scioglimento di esse maraviglioso, e con l’accordo del circolo impensato, e con le giuste e perfette relazioni, e con la leggiadrìa delle consonanze e dissonanze ben
collocate, e con l’uguaglianza della tessitura, e col portamento sempre più fluido, ampolloso a guisa di fiume, che crescit eundo; ed in somma colla sua mirabilissima, quanto decorosa armonia, ha ben saputo vincer l’invidia con la sua
virtù (ma non la sua povertà, solita nei gran virtuosi)».
La musica di Benevoli seguiva insomma la grande tradizione della polifonia classica di Palestrina, fondata su una scrittura contrappuntistica severa e allo stesso tempo elegante. La seconda metà del Seicento tuttavia era influenzata anche
dal nascente stile concertante, più asciutto e d’ispirazione teatrale, sviluppatosi
nell’Italia settentrionale. La musica di Benevoli è rimasta quasi del tutto inedita, e il prezioso lavoro di ricerca del Centro di Musica antica Pietà de’ Turchini
ha riportato alla luce un manoscritto conservato nella biblioteca del
Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli. Salve Regina, una delle quattro antifone mariane canoniche, è un lavoro che mostra un altro lato dello stile
di Benevoli, che non si limitava a conservare la rigorosa disciplina della scrittura polifonica antica ma guardava anche in direzioni più moderne. Al posto della
densa scrittura corale polifonica, una singola voce di soprano accompagnata da
un gruppo di strumenti ad arco interpreta il testo dell’antifona, esprimendo in
maniera più appassionata e agile la figura spirituale della Vergine. Con il nuovo
secolo, infatti, le vecchie regole dei maestri cantori vanno in soffitta e si afferma
l’idea che “la musica è una mera opinione e di questa non si può dar certezza
veruna”, secondo un’eloquente espressione di Liberati. La generazione di musicisti nati a cavallo del Settecento, come Leonardo Leo e Giovanni Battista
Pergolesi, stava per compiere l’ultimo atto della rivoluzione iniziata da
Monteverdi con la cosiddetta seconda prattica.
Le scarne notizie sulla vita di Leo si ricavano dal processetto matrimoniale del
1713, conservato negli archivi della Curia di Napoli. Il musicista dichiarava di
avere 19 anni e di essere arrivato nella capitale del Regno quattro anni prima.
Leo veniva dalla diocesi di Ostuni, in Puglia, dove aveva appreso i rudimenti
della musica da uno zio prete. I progressi devono essere stati notevoli. Il ragazzo infatti fu accolto nel Conservatorio della Pietà dei Turchini, scavalcando le
consuete procedure. Non era obbligato a indossare la casacca azzurra dei
“figliuoli” e alloggiava in un appartamento indipendente, di proprietà del
Conservatorio. Dopo soli due anni era in grado di scrivere il dramma sacro
L’Infedeltà abbattuta, un lavoro che il vicerè Carlo Borromeo fece replicare a
Palazzo Reale. Il favore della nobiltà partenopea gli spalancò le porte di una carriera lenta ma regolare nell’ambito della corte, all’epoca nella sfera d’influenza
dell’Impero asburgico. Leo salì la scala gerarchica fino a raggiungere nel 1744
la carica di Primo Maestro. Ironia del destino, il musicista scomparve proprio in
quell’anno, giunto all’apice della carriera. La fama di Leo poggiava su un lungo
elenco di lavori teatrali, a partire da Pisistrato. Il momento di maggior fulgore
fu toccato negli anni Trenta con opere come Siface, L’Olimpiade, Il Demetrio,
tutte su testo di Metastasio. La musica sacra rimaneva tuttavia un’attività
importante di Leo, presso la Cappella Reale. La Pietà de’ Turchini ha riportato
alla luce un manoscritto di questo genere, Miser agnosce te, conservato sempre
a San Pietro a Majella. Il mottetto orbita intorno allo Stabat Mater, il lavoro di
Pergolesi che segna uno spartiacque nella storia della musica sacra. Il mottetto
di Leo esprime, nel moderno stile concertante, un analogo sentimento di sofferenza interiore. La tonalità di do minore vibra della medesima passione, volta a
rappresentare il lato più introverso del dolore femminile.
La figura di Pergolesi rappresentava un fenomeno nuovo e ancora sconosciuto
nella storia sociale, ovvero la scoperta del musicista icona. L’autore della Serva
padrona e dello Stabat mater, morto di tisi a soli 26 anni, è stato forse il primo
mito musicale moderno, un nome amato e conosciuto negli angoli più sperduti
dell’Europa. I suoi ultimi lavori, scritti con ogni probabilità nel Convento dei
Cappuccini di Pozzuoli, ebbero l’eccezionale onore di essere stampati subito
dopo la scomparsa, a testimonianza della reputazione conquistata in pochi anni
di una febbrile attività creatrice. Tra questi spiccava lo Stabat Mater, che già la
fantasia dei contemporanei immaginò come una sorta di testamento spirituale
scritto in vista della fine imminente. Il musicista ormai annientato dalla tubercolosi avrebbe consegnato negli ultimi giorni di vita all’amico Francesco Feo il
manoscritto del lavoro, che era stato commissionato dall’Arciconfraternita della
Vergine dei Dolori. Il mito di Pergolesi, germogliato agli inizi a Roma e a Napoli,
si diffuse a macchia d’olio nei decenni successivi, trovando una potente cassa di
risonanza nelle dispute suscitate dalla rappresentazione a Parigi nel 1752 della
Serva padrona. La musica di Pergolesi, grazie alla naturalezza espressiva e alla
spontaneità dello stile, divenne la bandiera degli intellettuali francesi come
Rousseau e Diderot contro il gusto conservatore e l’arroganza culturale della
nobiltà. Ben prima della querelle des bouffons, ispirata più da motivi politici che
dalla musica di Pergolesi, lavori come lo Stabat Mater avevano conferito allo
sfortunato musicista un posto speciale nel pantheon degli autori della scuola
moderna. La miglior prova di questo riconoscimento consiste forse nell’omaggio
reso da Bach, che all’inizio degli anni Quaranta trascrisse lo Stabat Mater rielaborando il testo sulla versione tedesca del Salmo 51 (Tilge, Höchster, meine
Sünde BWV 1083). Il lavoro di Pergolesi lasciava un’impressione profonda, perché toccava la sensibilità religiosa dei fedeli in maniera intima e personale.
Benedetto XIII aveva introdotto l’antica sequenza tardomedioevale nel messale romano pochi anni prima, nel 1727, provocando una nuova fioritura di lavori
musicali sul testo attribuito a Jacopone da Todi. La musica di Pergolesi interpretava la scena sacra della Vergine distrutta dal dolore ai piedi della Croce con una
vivacità psicologica nuova, che faceva sbalzare i personaggi fuori dalla cornice e
conferiva alla musica un effetto realistico. La struttura tuttavia è compatta e
accorpa il testo latino in dodici sezioni, che formano un’architettura proporzionata e simmetrica. La distribuzione delle arie singole e dei duetti, così come il
rapporto tra parti di basso continuo e di scrittura contrappuntistica, rende l’espressione disciplinata da un ordine di segno spirituale. L’istinto teatrale d’altra
parte fa evitare a Pergolesi il rischio di appiattire il carattere del lavoro sul tono
patetico, alleggerendo la tensione al momento opportuno con un passaggio alle
tonalità in modo maggiore, come per esempio in Quae moerebat et dolebat o
Inflammatus et accensus. Al centro del lavoro Pergolesi inserisce un elemento
di grande respiro formale, che include cinque strofe della sequenza. Sancta
Mater, istud agas imprime una svolta spirituale al testo, che si trasforma in
un’ardente preghiera alla Vergine. Il carattere intimo e cameristico della musica dello Stabat Mater incontra in quest’invocazione la coscienza dell’uomo, consapevole che la sofferenza di ogni creatura è rispecchiata in quella del Cristo.
Oreste Bossini
Oratio Benevoli
Salve Regina
Salve Regina, Mater misericordiae
vita dulcedo et spes nostra, salve.
Ad te clamamus, exules filii Evae
Ad te suspiramus, gementes et flentes
in hac lacrimarum valle.
Eia ergo, advocata nostra,
Illos tuos misericordes oculos
ad nos converte.
Et Iesum benedictum fructum ventris
tui, nobis post hoc exilium ostende.
O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria.
Leonardo Leo
Miser agnosce te
Recitativo
Inter tot vana,
In sana blandimenta
Qudi in sane moratis
Excutere de terra
Spiritui ad astra vola
Si speras Deum
Corde possidere
Et in terra dolore
Ipsum videre.
Aria
Miser agnosce te
In felis veni ad me
Si vis Deum videre
Et esse in pace.
Quam digna coeli pax
Quam clara immensa fax
Gaudere et non timere
Aura loquace.
Miser…
Recitativo
Quid cogitas quo pergis
Mondane miser!
Memento quid cuncta hec temporalia
Evanescunt sicut pulvis
Et solum rimanet momentum illud
A quo pendet aeternitas:
Reverte ergo at domum Redentoris;
Quod est salvus perennis veri amori.
Aria
Ah! Nolis plus errare,
Ah! Redde incaute ad Deum
Intende et audi me
Et salvus eris.
Ah! Miser noli flere
Errorum inter silvas
Consurge et veni in te
Et laetus eris.
Ah! Nolis plus…
Giovan Battista Pergolesi
Stabat Mater
1.
Stabat Mater dolorosa
Iuxta crucem lacrimosa
Dum pendebat Filius.
7.
Eja, Mater, fons amoris,
Me sentire vim doloris
Fac, ut tecum lugeam.
2.
Cuius animam gementem,
Contristatam et dolentem,
Pertransivit glaudius.
8.
Fac, ut ardeat cor meum
In armando Christum Deum,
Ut sibi complaceam.
3.
O quam tristis et afflicta
Fuit illa benedicta
Mater Unigeniti!
9.
Sancta Mater, istud agas,
Crucifixi fige plagas
Cordi meo valide.
4.
Quae moerebar et dolebat,
Et tremabat, dum videbat
Nati paenas incliti.
10.
Fac, ut portem Christi mortem
Passionis fac consortem
Et plagas recolere.
5.
Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si videret
In tanto supplicio?
Fac me plagis vulnerari,
Cruce hac inebriari
Ob amorem filii.
Quis non posset contristari,
Piam Matrem contemplari
Dolentem cum Filio?
11.
Inflammatus et accensus,
Per te, Vigo, sim defensus
In die iudicii.
Pro peccatis suae gentis
Vidit lesum in tormentis
Et flagellis subditum.
Fac me cruce custodiri,
Morte Christi praemuniri,
Confoveri gratia.
6.
Vidit suum dulcem natum
Morientem, desolatum
Dum emisit spiritum.
12.
Quando corpus morietur,
Fac, ut animae donetur
Paradisi gloria.
Amen.
ANTONIO FLORIO direttore
Nato a Bari, Antonio Florio riceve una formazione classica, diplomandosi in
violoncello, pianoforte e composizione sotto la guida di Nino Rota al
Conservatorio di Bari. Si dedica in seguito allo studio degli strumenti antichi
e alla prassi esecutiva barocca. Dopo aver dato vita nel 1987 all’ensemble
Cappella della Pietà de’ Turchini, intraprende un’intensa attività concertistica e di ricerca musicologica, esplorando soprattutto il repertorio della musica
napoletana dei secoli XVII e XVIII, recuperando capolavori della storia dell’opera napoletana assolutamente inediti, tutti allestiti per i più prestigiosi teatri europei e italiani.
Non meno impegnativa è stata la sua attività didattica: in Francia ha tenuto
seminari e master class sulla vocalità barocca e sulla musica da camera per il
Centre de Musique Baroque di Versailles, per la Fondation Royaumont e per
il Conservatorio di Toulouse.
Nell’ottobre 2008 con la Cappella della Pietà dei Turchini, si è aggiudicato il
“Premio Napoli” nella sezione “eccellenze nascoste” della città.
È titolare della cattedra di musica da camera del Conservatorio San Pietro a
Majella di Napoli.
È stato ospite della nostra Società nel 2003 e nel 2005 per Musica e poesia a San Maurizio.
CAPPELLA DELLA PIETÀ DE’ TURCHINI
La Cappella della Pietà de’ Turchini, nata nel 1987, è costituita da strumentisti e cantanti per lo più napoletani. Diretta dal suo fondatore Antonio Florio,
l’ensemble si è specializzato nell’esecuzione del repertorio musicale napoletano dei secoli XVI, XVII e XVIII. Al gruppo si deve la riscoperta di compositori quali Provenzale, Trabaci, Veneziano, Nola, Netti, Caresana, Sabino, Vinci.
La particolarità dei programmi e il rispetto rigoroso della prassi esecutiva,
fanno della Cappella della Pietà de’ Turchini una delle punte di diamante
della vita musicale italiana ed europea. L’ensemble si esibisce regolarmente
per i più prestigiosi festival di musica antica europei e mondiali.
È ensemble “in residence” presso il Centre Lyrique d’Auvergne con due nuovi
allestimenti ogni anno. Ha registrato per Radio France, BBC di Londra, e le
radio belga, spagnola, tedesca e austriaca. Nel 1998 ha realizzato un documentario per la televisione belga e un film dedicato all’opera buffa per l’emittente
franco-tedesca Arte (premio Unesco). Particolarmente intensa è l’attività
discografica dedicata ad inediti del repertorio napoletano barocco. Tra i
numerosi riconoscimenti segnaliamo il premio Vivaldi della Fondazione Cini
di Venezia e il premio Franco Abbiati dell’Associazione Nazionale Critici
Musicali.
L’ensemble è stato ospite della nostra Società nel 2003 e nel 2005 per Musica e
poesia a San Maurizio.
Alessandro Ciccolini, Rossella Croce, Yayoi Masuda,
Patrizio Focardi violini primi
Marco Piantoni, Nunzia Sorrentino, Massimo Percivaldi violini secondi
Rosario Di Meglio, Emanuele Marcante viole
Alberto Guerrero, Rebeca Ferri violoncelli
Giorgio Sanvito contrabbasso
Patrizia Varone organo
MARIA GRAZIA SCHIAVO soprano
Maria Grazia Schiavo, diplomata al Conservatorio San Pietro a Maiella di
Napoli, ha iniziato giovanissima l’attività concertistica e teatrale, specializzandosi nel repertorio lirico con Annamaria Casoni e Maria Ercolano e nel repertorio barocco con Roberta Invernizzi. Ha vinto numerosi concorsi italiani e nel
2002 il primo premio al Concorso Internazionale di Canto di Clermont Ferrand.
Ha collaborato con numerosi gruppi di musica antica ospite dei maggiori festival internazionali e di istituzioni musicali di primo piano.
Tra gli impegni recenti Veni Creator Spiritus di Jommelli a Napoli con
Riccardo Muti, Ariodante di Händel a Vienna con Christoph Rousset, Don
Giovanni con Lorin Maazel a Valencia, Bajazet di Vivaldi a Venezia, Partenope
di Händel al Festival di Beaune.
Ha partecipato a numerose registrazioni discografiche e radiofoniche. Con La
Risonanza ha collaborato alla registrazione delle Cantate Italiane di Händel e
con il Vocal Concert Dresden a una raccolta di autori veneziani sugli Ospedali.
È stata ospite della nostra Società nel 2005 per Musica e poesia a San Maurizio
(59° ciclo) e nel 2009 con La Risonanza (La Resurrezione).
ROMINA BASSO contralto
Romina Basso, nata a Gorizia, si è diplomata in canto a Venezia e laureata in
lettere moderne all’Università di Trieste. Specializzata nel repertorio operistico barocco e rossiniano, non trascura l’attività concertistica in duo con il pianoforte e il repertorio oratoriale.
In collaborazione con direttori di primo piano ha cantato tra gli altri al
Glyndebourne Festival Opera, alla Philharmonie di Monaco, al Festival
d’Avignon, a Tokyo e nei maggiori teatri italiani.
Collabora con orchestre ed ensemble strumentali quali La Capella Reial de
Catalunya, Concerto Italiano, Europa Galante, Accademia Bizantina,
Ricercare Consort, Orchestra of the Age of Enlightenment, Bayerischer
Rundfunk, esibendosi in tournée in tutto il mondo.
È protagonista di prime esecuzioni assolute di compositori contemporanei
quali Loris Capister, Fabio Vidali e Renato Miani.
Ha registrato per la Rai e numerose radio estere (BBC, ORF, Radio France,
Arte) e per le case discografiche Bongiovanni, Kikko Classic, Dynamic,
Deutsche Grammophon, Glossa (Le Cantate italiane di Händel con La
Risonanza), BMC e EMI (L’Ercole sul Termodonte di Vivaldi con Europa
Galante e Fabio Biondi).
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Prossimo concerto:
Martedì 13 aprile 2010, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Mayuko Kamio violino
Dmitri Demiashkin pianoforte
Dopo le vacanze di Pasqua, il Quartetto riprende il filo della stagione con un recital di Mayuko Kamio, vincitrice nel 2007 del prestigioso Concorso Čajkovskij di
Mosca, accompagnata da Dmitri Demiashkin. Il programma scelto dalla violinista giapponese come biglietto da visita mostra un’artista molto brillante
(Fantasia sul Faust di Wieniawski), ma curiosa di esplorare anche un repertorio
non del tutto convenzionale, suonando lavori come le Sonate di Saint-Saëns e
di Busoni.
Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 - 20122 Milano - tel. 02.795.393
www.quartettomilano.it - e-mail: [email protected]