anoressia: la volontà di essere qualcuno

CONVITTO NAZIONALE “PAOLO DIACONO”
LICEO SCIENTIFICO
ANORESSIA:
LA VOLONTÀ DI
ESSERE QUALCUNO
Tesina di maturità di
Erica Visintini
ANNO SCOLASTICO 2015 / 2016
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Indice
Introduzione .................................................................................................................................... 4
1. Il cibo e i sentimenti .................................................................................................................... 5
2. I disturbi del comportamento alimentare ...................................................................................... 6
2.1 Distribuzione dell’anoressia nervosa ...................................................................................... 7
2.2 Sintomi .................................................................................................................................. 7
2.3 Diagnosi ................................................................................................................................ 7
2.4 Effetti della restrizione alimentare ......................................................................................... 8
2.4.1 Effetti sul comportamento alimentare .............................................................................. 8
2.4.2 Effetti sullo stato emotivo e sulla personalità ................................................................... 8
2.4.3 Effetti sullo stato fisico e cognitivo.................................................................................. 9
2.4.4 Effetti sul comportamento sessuale e sociale ................................................................... 9
2.4.5 Conclusioni ..................................................................................................................... 9
2.5 Cause psicologiche ................................................................................................................ 9
2.5.1 Alterazione dei rapporti interpersonali ............................................................................. 9
2.5.2 Volontà di annullare la propria individualità .................................................................. 11
2.5.3 Adesione a modelli proposti dall’alto ............................................................................ 11
3. Tesi ........................................................................................................................................... 13
4. Bibliografia ............................................................................................................................... 14
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Introduzione
Per caso mi capitò sotto mano un libro: Sprecata di Marya Hornbacher, titolo ambiguo, allettante.
È la storia, o meglio l’autobiografia di una ragazza malata di anoressia. Nel romanzo l’autrice
ripercorre i momenti principali della propria vita, analizza gli eventi, i pensieri, che l’hanno portata
all’età di nove anni a soffrire di bulimia e, all’età di dodici, di anoressia. Questo percorso nasce da
qui, dal desiderio di capire le motivazioni che portano una persona a compire questa forma di
masochismo, dalla volontà di comprendere il perché di questa determinata scelta. La tesina avrà,
quindi, come nucleo centrale l’anoressia: nella prima parte analizzerò le emozioni legate agli
alimenti, per capire come nascano i disturbi legati al cibo. Descriverò, poi, l’anoressia intesa come
disturbo, per concentrarmi, in seguito, sulle cause psicologiche di questa. La scelta di approfondire
solamente l’anoressia, senza dedicarmi anche alla bulimia deriva dalla condivisione del pensiero di
Massimo Recalati: «Anoressia e bulimia non sono semplici alternative in antagonismo fra loro, ma
due facce della stessa medaglia, dove l’anoressia indica la realizzazione dell’Ideale del soggetto,
mentre la bulimia il suo naufragio legato all’irruzione del reale pulsionale sulla scena dell’Ideale»1.
Confrontando il pensiero di alcuni fra i più grandi autori di letteratura, filosofi e ricorrendo, talvolta,
a informazioni di ambito medico-scientifico, proporrò la seguente tesi: l’anoressia è la volontà di
dimostrare la propria determinazione, il desiderio di voler essere qualcuno per farlo capire agli altri.
1
M. RECALATI, L’ultima cena: anoressia e bulimia, Milano, Mondadori, 2007, p. 25.
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1. Il cibo e i sentimenti
Ciò che lega l’uomo al cibo non è solo la necessità di alimentarsi, o, più brutalmente, la fame, è
molto di più: ricerchiamo il cibo, o ce ne priviamo, perché esso è, inevitabilmente, connesso con i
nostri sentimenti. A tutti capita di sentirsi tristi e cercare conforto in una fetta di torta, di annoiarsi e
sgranocchiare qualche snack, o, al contrario, rifiutare qualsiasi alimento a causa di un certo stato
d’animo. Infatti, il cibo, oltre a essere fonte di sostentamento, è anche uno dei più grandi piaceri
dell’uomo: consumiamo i nostri alimenti preferiti per sentirci soddisfatti, per appagare i nostri
desideri. Uno studio 2 dimostra che il consumo di alcuni cibi stimola il rilascio di ß-endorfine:
sostanze chimiche prodotte dal cervello dotate di una potente attività analgesica ed eccitante.
Questo spiega il motivo per il quale talvolta cerchiamo di appagare i nostri desideri con dei dolci,
per esempio. Tuttavia i piaceri legati agli alimenti non dipendono solamente dal gusto che essi
hanno, bensì questi sono causati da circostanze quali la fame, le esperienze vissute nella precedente
occasione in cui si è consumato quel determinato alimento e il contesto sociale.
Circa il 60-90% delle persone, secondo una ricerca americana 3, dice di essere presa da voglie
alimentari; donne e uomini, però, attribuiscono queste sensazioni a emozioni contrastanti. Infatti, le
prime riferiscono di provare le “voglie” in corrispondenza a umori negativi, come lo stress o la noia,
mentre i secondi dicono di sentire questa sensazione come conseguenza della fame. Succede spesso,
però, che il soddisfacimento del desiderio di certi cibi considerati peccaminosi (come la cioccolata o
i dolci in genere) provochi rimorsi o sensi di colpa. Spesso il desiderio di un certo alimento nasce
dal fatto che quel cibo in particolare è considerato vietato, com'è il caso del cioccolato: se
quell’alimento viene evitato consapevolmente, il desiderio di mangiarlo diventa sempre più forte,
fino a quando la persona non cede alla tentazione, e i rimorsi e i sensi di colpa la affliggono.
Il fatto che il cibo sia collegato con i sentimenti può portare, nel caso in cui le emozioni vengano
mal gestite, alla comparsa di disturbi del comportamento alimentare.
A. DREWNOWSKI, “Taste preferences and food intake”, in Annual Reviews of Nutrition, 17, 1997, pp. 23753.
3
H. P. WEINGARTEN, D.ELSTON, “Food cravings in a college population”, in Appetite, 17 (3), 1991, pp.
167-175.
5
2
2. I disturbi del comportamento alimentare
L’anoressia nervosa è una malattia che, insieme alla bulimia, rappresenta uno dei più grandi fra i
disturbi del comportamento alimentare, entrambe sono associate a una malnutrizione: il rapporto tra
il fabbisogno di nutrienti e la loro effettiva assunzione e utilizzo, non è bilanciato.
Esistono due tipi di malnutrizione: l’ipernutrizione e l’iponutrizione, che comportano,
rispettivamente, l’assunzione di troppo cibo, troppo poco o scelto in maniera sbagliata. Da qui
possono nascere una serie di disturbi che possono essere divisi, sostanzialmente, in sette classi:
1- Intossicazioni alimentari
2- Malattie da eccessi alimentari
3- Malattie da carenze di nutrienti essenziali
4- Malattie croniche degenerative
5- Malattie su base genetica
6- Allergie
7- Malattie su base psichiatrica
Tra malattie su base psichiatrica, definite anche, come accennato in precedenza, disturbi del
comportamento alimentare, troviamo: l’anoressia nervosa, la bulimia, il binge eating disorder
(disturbo da alimentazione incontrollata) o altre malattie sviluppate in altre forme.
L’anoressia è una malattia complessa, risultato dell’interazione di molti fattori biologici, la sua
eziologia specifica è sconosciuta, nonostante questo, studi rivelano che essa è il risultato
dell’interazione di molteplici fattori biologici, genetici, ambientali, psichiatrici, psicologici e sociali.
Grazie a questa definizione collochiamo questa malattia come appartenente non solo alla settima
classe, ma anche alla terza, alla quinta e, nei casi più gravi alla quarta. Infatti, l’anoressia nervosa
può essere una malattia transitoria o cronica.
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2.1 Distribuzione dell’anoressia nervosa4
Distribuzione mondiale
Società occidentali in modo predominante
Età
Per lo più adolescenza
Sesso
90% femmine
Classe sociale
Maggiore prevalenza nelle classi sociali elevate
Incidenza (per 100.000 abitanti/anno)
19 nelle femmine, 2 nei maschi
Modificazioni secolari
Possibile incremento
2.2 Sintomi
Una persona affetta da questo disturbo presenta paura costante di ingrassare, anche se sottopeso,
e rivolge al cibo attenzione morbosa: vi è una lunga meditazione su diete e calorie, spesso il cibo
viene accumulato, nascosto, per poi essere gettato. I soggetti, inoltre, sono soliti preparare pasti
elaborati per altre persone. L’appetito, nella maggior parte dei casi, permane, nonostante ciò, a
lungo andare, la persona va incontro a cachessia. Alcuni pazienti presentano bassa pressione
arteriosa, ipotermia, amenorrea nelle donne, lanugine o irsutismo ed edemi. Anche la depressione è
un sintomo frequente, con conseguente perdita dell’interesse sessuale.
In un paziente gravemente malnutrito, molti apparati principali possono avere disfunzioni, ma i
disturbi cardiaci sono i più pericolosi: la massa muscolare cardiaca, le dimensioni delle camere
cardiache e la gittata diminuiscono. Possono manifestarsi disidratazione e alcalosi metabolica e
bassi livelli ematici di potassio; tutto ciò è aggravato dal vomito auto-indotto e dall'uso di lassativi
oppure diuretici.
2.3 Diagnosi
L’anoressia si manifesta in due modi: il soggetto tende a diminuire ciò che mangia
progressivamente, oppure si alimenta in maniera eccessiva, per poi auto indursi il vomito, assume
diuretici o svolge attività fisica smisurata. Spesso i soggetti negano la presenza effettiva di una
malattia, che si manifesta, comunque, con i sintomi sopra descritti.
4
C.G. FAIBURN, P. J. HARRISON, “Eating disorders”, in The Lancet, 361, 2003, pp. 407-16.
7
2.4 Effetti della restrizione alimentare
Nel 1944 nell’università di Minnesota fu condotto uno studio sperimentale che aveva,
inizialmente, lo scopo di comprendere quale fosse la migliore strategia di rialimentazione delle
popolazioni che, durante la Seconda Guerra Mondiale, avevano subito un periodo prolungato di
carestia. Tuttavia esso finì per dimostrare gli effetti di una dieta restrittiva e della conseguente
perdita di peso sul comportamento. Furono selezionati 36 giovani uomini tra circa 100 volontari,
essi vennero sottoposti per sei mesi a una restrizione pari alla metà dell’assunzione calorica iniziale.
Questa privazione comportò la perdita del 25% circa del loro peso originale; in seguito i volontari
vennero seguiti per un periodo nel quale furono nutriti normalmente. In tutti gli uomini si notò una
larga serie di cambiamenti fisici, sociali e patologici che continuarono a manifestarsi anche nella
fase di riabilitazione.
2.4.1 Effetti sul comportamento alimentare
I volontari mostrarono una preoccupazione crescente nei confronti del cibo, il quale divenne uno
dei principali argomenti di conversazione, di lettura, un pensiero incessante. Infatti, molti
cominciarono a collezionare libri di ricette e utensili culinari. Molte ore del giorno venivano spese
per la pianificazione dei pasti, per spezzare la fame, gli individui assunsero quantità molto superiori
a quelle abituali di the, caffè e gomme da masticare. Tuttavia questi atteggiamenti non scomparvero
con la fase di riabilitazione e i comportamenti anomali nei confronti del cibo continuarono, appunto,
a persistere. Dopo circa cinque mesi di normalizzazione dell’alimentazione il comportamento
alimentare si stabilizzò, anche se non mancarono casi di consumo smodato del cibo.
2.4.2 Effetti sullo stato emotivo e sulla personalità
Nonostante tutti i pazienti scelti fossero psicologicamente sani all’inizio dell’esperimento, la
maggior parte dei soggetti subì drastici cambiamenti emotivi come depressione, irritabilità e scoppi
d’ira. Molti iniziarono a mangiarsi le unghie o a fumare per il nervosismo. Altri, invece,
manifestarono segni di apatia come il disinteresse verso la propria igiene e il proprio aspetto. Anche
in questo caso i disturbi emotivi continuarono a perdurare per diverse settimane.
8
2.4.3 Effetti sullo stato fisico e cognitivo
I volontari diminuirono la propria concentrazione, la prontezza e la capacità di giudizio,
nonostante ciò, non ci furono segni di calo delle capacità intellettuali. I cambiamenti fisici dopo sei
mesi di restrizione alimentare furono vari e numerosi: disturbi gastrointestinali, diminuzione del
sonno, emicrania, ipersensibilità al rumore e alla luce, riduzione della forza fisica, edema, perdita
dei capelli, diminuzione della tolleranza al freddo, disturbi della vista, disturbi dell’udito. Furono
registrati decrementi della temperatura corporea, del battito cardiaco e della respirazione.
2.4.4 Effetti sul comportamento sessuale e sociale
Le persone dello studio divennero più isolate e introverse, si sentirono inadeguate socialmente, il
loro umorismo diminuì; anche l’interesse sessuale si ridusse drasticamente .
2.4.5 Conclusioni
Lo studio dimostra che molti dei sintomi che si pensavano essere causati da disturbi del
comportamento alimentare sono invece dovuti alla denutrizione. I dati appena esposti mostrano
come il semplice digiuno prolungato, anche in assenza di disturbi alimentari o psicologici, riesca a
produrre sintomi sia psicologici, sia fisici, che tendono a perdurare per qualche tempo persino dopo
che si sia posto termine al periodo vero e proprio di digiuno.
2.5 Cause psicologiche
Le cause che portano al rifiuto del cibo e, in certi casi, allo sviluppo di una patologia, sono
molteplici. Di seguito saranno prese in considerazione e analizzate alcune fra le principali.
2.5.1 Alterazione dei rapporti interpersonali
L’essere umano è un animale sociale, i suoi comportamenti dipendono dal contesto in cui egli è
inserito. Da ciò consegue che la rottura o l’alterazione dei rapporti interpersonali, che costituiscono
questa matrice, avrà delle profonde ripercussioni sul funzionamento sia biologico sia psicologico
dell’individuo. Questa semplice riflessione sta alla base degli studi sugli effetti a breve e a lungo
9
termine del trauma, che solo recentemente sono stati analizzati dalla psicopatologia. Il rifiuto del
cibo può quindi nascere da una personale esperienza: di fronte a situazioni drammatiche, difficili,
solitamente gli individui cercano di superarle o almeno di sfumare la loro tragicità. Caratteristica
dell’uomo è la capacità di dimenticare, di saper voltare pagina e mettere da parte, almeno
apparentemente, vecchie esperienze. A sostegno di questa teoria troviamo alcune delle più famose
pagine del romanzo Alla ricerca del tempo perduto dello scrittore francese Marcel Proust. Il
protagonista cerca di ricordare alcune esperienze dell’infanzia, ma è difficile perché il tempo
inghiotte dolorosamente tutte le vicende passate: scrive, infatti «È uno sforzo vano cercare di
evocarle, inutili tutti i tentativi della nostra intelligenza. Il passato se ne sta nascosto al di là del suo
dominio e della sua portata, in qualche insospettato oggetto»5 .
Alcuni soggetti, però, preferirebbero non ricordare il passato in nessun modo, a causa di vari
eventi. Il cibo, in questa prospettiva, gioca un ruolo fondamentale: esso è in grado di far rivivere le
passate esperienze. Proust prosegue, infatti, scrivendo: «Ma quando di un lontano passato non
rimane più nulla, dopo la morte delle creature […] l’odore e il sapore permangono ancora a lungo,
come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sulla rovina di tutto […] l’immenso edificio del
ricordo»6. L’autore, nel passo citato, ricorda, attraverso un pezzetto di madeleine, un’epoca passata:
come l’amore, scrive, il dolcetto lo colma di un’essenza preziosa, ma quell’essenza la ritrova in se
stesso, definendosi, appunto, quell’essenza.
Analoga è l’esperienza vissuta da una persona malata di anoressia: a causa di una certa
sensibilità d’animo, gli alimenti che assume non risvegliano in lei, come nel caso dello scrittore
francese, ricordi piacevoli, ma, anzi, portano alla luce episodi che vorrebbe dimenticare.
Ipotizzando questa come causa del disturbo, risulta facile comprendere le motivazioni che stanno
alla base del rifiuto del cibo: il passato, troppo doloroso da affrontare e superare, cerca di essere
eliso attraverso la limitazione di cibo, che, come spiegato, farebbe riaffiorare i propri traumi.
Il digiuno, inoltre, è una soluzione ampiamente sfruttata come conseguenza di amori non
corrisposti, sofferenze, tormenti. Le persone, di fronte al dolore provocato da delusioni, ricorrono a
forme masochistiche che mirano ad amplificare i propri sentimenti. Un chiaro esempio lo troviamo
nel romanzo Storia di una capinera di Verga, che racconta il difficile, anzi l’impossibile amore fra
Maria e Nino. La protagonista, non potendo realizzare il proprio sogno insieme all’amato, e, anzi,
vedendolo tragicamente infranto, esprime i propri sentimenti in alcune delle più belle pagine
5
M. PROUST, Alla ricerca del tempo perduto-Dalla parte di Swann, tr. it. di G. Raboni, Milano, Mondadori,
2010, p. 55.
6
PROUST, Alla ricerca del tempo perduto cit., p. 58.
10
dell’opera: “Qualche volta la fragilità si ribella, la tentazione mi riassale; allora mi prostro ai piedi
dell’altare, passo le notti inginocchiata sul freddo pavimento del coro, macero il mio corpo coi
digiuni e colle penitenze, e allorché la materia è doma, allorché le forze son rifinite, la tentazione è
vinta, e la calma ritorna”7. La sofferenza, alla pari di un cibo, offre alla protagonista una sensazione
di sazietà così appagante, in grado di far tacere il dolore, come se esso fosse provocato proprio dagli
alimenti.
2.5.2 Volontà di annullare la propria individualità
Sartre scrive, nelle pagine finali de L’essere e il nulla, che i gusti non sono «dati irriducibili»,
necessitano di interpretazioni che «ci rivelano i progetti fondamentali della persona. Non v’è nulla,
persino nelle preferenze alimentari che non abbia un senso» 8. «Mangiare, effettivamente, significa
appropriarsi per distruzione e nel medesimo tempo, turarsi con un certo essere… Allorché
mangiamo, non ci limitiamo a conoscere, attraverso il gusto, certe qualità di questo essere;
gustandole ce ne appropriamo. […] Mi rivela l’essere col quale farò la mia carne. Allora, ciò che
accetto o rifiuto con disgusto, è l’essere stesso di questo esistente, o, se si preferisce, la totalità
dell’alimento mi propone un certo modo di essere dell’essere che accetto o che rifiuto»9. Questo
concetto riprende, tuttavia, alcuni aspetti fondamentali dell’opera Il mistero del sacrificio o l’uomo
è ciò che mangia di Feuerbach: egli sostiene, infatti, che l’uomo coincida con ciò che ingerisce. Il
filosofo ritiene che per pensare in modo migliore dobbiamo, appunto, alimentarci meglio: in alcune
pagine dell’opera argomenta sul fatto che i cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e
cervello, ossia in materia di pensieri e sentimenti.
Una persona malata di anoressia nervosa rifiuta il cibo perché vuole esprimere la propria volontà
di essere nulla: non vuole che i cibi si trasformino, come nel caso di Sartre e Feuerbach, in sangue e
pensieri, ma vuole scomparire.
2.5.3 Adesione a modelli proposti dall’alto
L’anoressia è spia di uno squilibrato rapporto con il corpo e per estensione con la vita, è lo stesso
rapporto che caratterizza l’attuale società, dove il magro viene super valorizzato. Soprattutto la
donna, da sempre, viene vista come persona capace di controllare le proprie pulsioni, come colei
7
G. VERGA, Storia di una capinera, Roma, Newton, 1993, p. 30.
J. P. SARTRE, L’essere e il nulla, Milano, il Saggiatore, 1991, p. 737.
9
SARTRE, L’essere e il nulla, cit.
8
11
che non si lascia sopraffare dalla gola. Infatti, il motivo ricorrente che permane nella descrizione di
pasti o banchetti, è quello di una donna che a tavola assaggia, ma non mangia. Emma, infatti, nelle
pagine di Madame Bovary dice che «Soprattutto all'ora dei pasti sentiva di non poterne più: in
quella stanzetta al pianterreno, dove la stufa faceva fumo, la porta cigolava, i muri trasudavano e i
pavimenti erano sempre umidi, le sembrava che tutta l'amarezza della sua esistenza le venisse
servita nel piatto e, come il fumo del bollito, salivano dal fondo dell'anima sua altrettante zaffate di
tedio insulso. Charles mangiava con lentezza, Emma sgranocchiava qualche nocciolina o si
divertiva, appoggiata a un gomito, a disegnare linee con la punta del coltello, sulla tela cerata»10. La
donna viene dipinta, quindi, come colei che guarda, mette in bocca qual cosina, ma non si abbuffa.
La società ha così costruito, nel tempo, uno stereotipo della donna che prevede l’associazione
magrezza uguale bellezza. Il corpo non appartiene più alle donne, ma a chi decide a quale modello
uniformarsi, quanto è necessario pesare o quali misure avere. Per questo molte ragazze, volendo
conformarsi con gli ideali proposti, decidono di limitarsi in tutto fino a raggiungere,
inconsapevolmente, l’anoressia.
10
G. FLAUBERT, Madame Bovary [e-book], tr. it. di O. Bruno, Milano, Fabbri, 2014.
12
3. Tesi
Grazie alle varie argomentazioni proposte è chiaro che l’anoressia è un disturbo complesso: è il
risultato dello scorretto affronto di vari aspetti della vita. L’individuo, non trovando comprensione e
condivisione delle proprie problematiche, o vedendole, anzi, sminuite, tenta di affermare,
paradossalmente, se stesso attraverso la privazione di cibo. Il disturbo è, quindi, mostrare desiderio
di potere, è la volontà di dimostrare di essere qualcuno. Infatti, l’individuo non trova il modo di
farsi comprendere e biasimare, se non attraverso la propria fisicità: come nel dramma sartriano dove
ognuno conosce se stesso solo attraverso gli occhi degli altri, così allo stesso modo la persona
malata desidera essere scoperto non da se stesso, ma da altri individui, che, fino a quel momento,
egli percepiva indifferenti. Questa è la motivazione di fondo che porta alla nascita dell’anoressia: se
così non fosse, ogni amore non corrisposto, ogni delusione, ogni difficoltà, porterebbe a un
disturbo; questo, invece, si verifica solo nei casi limite, quando una serie di circostanze fa perdere la
razionalità all’individuo. L’anoressia, quindi, è il desiderio di mostrare di aver mille bisogni, è una
ricerca di se stessi, che alla fine ti toglie ogni identità.
Essendo un disturbo molto complesso, la cura deve essere affrontata su vari livelli. Al momento
sono attuate tre fasi nel suo trattamento: la prima è finalizzata a normalizzare il peso e abbandonare
i comportamenti che tendono a controllarlo eccessivamente; la seconda mira a migliorare
l’immagine corporea, la valutazione di sé e i rapporti interpersonali; la terza, infine, ha lo scopo di
terminare la terapia e prevenire le ricadute. I farmaci, tuttavia, non hanno un benefico effetto sul
disturbo: il loro utilizzo non dipende dalla diagnosi, ma dalla presenza di eventuali altri
caratteristiche cliniche. L’approccio più ragionevole è quello di non utilizzare alcun farmaco nella
fase acuta di perdita di peso, perché spesso i sintomi depressivi e compulsivi si riducono con
l’aumento ponderale. Tuttavia, se, dopo il raggiungimento di un adeguato peso corporeo, la
depressione permane, può essere utile l’uso di antidepressivi, in particolare della fluoxetina, che,
oltre a presentare minori effetti collaterali rispetto ad altri medicinali, sembra poter prevenire
un'eventuale ricaduta.
Il punto di partenza per la guarigione è, sicuramente, la presa di coscienza del problema:
l’individuo deve essere consapevole di vivere un disturbo e, soprattutto, deve avere la volontà di
agire per curarlo. Egli deve capire che non è la visione degli altri che afferma se stesso, ma è egli
stesso che, attraverso le proprie azioni, delinea la propria persona.
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4. Bibliografia
DREWNOWSKI A., “Taste preferences and food intake”, in Annual Reviews of Nutrition, 17, 1997,
pp. 237-53.
FAIBURN C. G., HARRISON P.J., “Eating disorders”, in The Lancet, 361, 2003, pp. 407-16.
FLAUBERT G., Madame Bovary [e-book], tr. it. di O. Bruno, Milano, Fabbri, 2014.
KALM L. M., SEMBA R.D., “They starved so that others be better fed: remembering Ancel Keys
and the Minnesota experiment” in The journal of Nutrition, 135 (6), 2005, pp. 1347-1352.
PROUST M., Alla ricerca del tempo perduto-Dalla parte di Swann, tr. it. di G. Raboni, Milano,
Mondadori, 2010.
RECALATI M., L’ultima cena: anoressia e bulimia, Milano, Mondadori, 2007.
SARTRE J. P., L’essere e il nulla, Milano, il Saggiatore, 1991.
VERGA G., Storia di una capinera, Roma, Newton, 1993.
WEINGARTEN H. P., ELSTON D., “Food cravings in a college population”, in Appetite, 17 (3),
1991, pp. 167-175.
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