Breve storia dei fondamenti della Matematica

Matematica e Fisica
Classe 5G
Breve storia dei fondamenti
Breve storia dei fondamenti della Matematica
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0. INDICE
B
Brreevvee ssttoorriiaa ddeeii ffoonnddaam
meennttii ddeelllaa M
Maatteem
maattiiccaa.................................................................. 1
0. Indice ..................................................................................................... 1
1. I fondamenti nel mondo antico ................................................................ 2
2. Storia del 5° postulato ............................................................................ 3
L’epilogo dell’epoca bimillenaria della Geometria............................ 3
La geometria dell’angolo acuto ....................................................... 6
La geometria dell’angolo ottuso ...................................................... 6
3. La «crisi dei fondamenti» dell’Ottocento................................................. 8
La perdita della certezza nell’Evidenza ............................................ 8
1872 ............................................................................................... 10
Gli infiniti di Cantor ........................................................................ 11
4. La potenza della Logica.......................................................................... 13
Le antinomie logiche ....................................................................... 13
La “Rivoluzione” di Frege, Dedekind: ............................................ 14
5. Scuole di pensiero nel XX secolo............................................................ 15
Logicismo (Frege, Russell, Whitehead)............................................ 15
Intuizionismo (Kronecker, Poincaré, Brouwer, Weyl, Heyting)........ 16
Formalismo (Hilbert, von Neumann)................................................ 17
6. Il teorema di Gödel................................................................................. 18
La perdita della certezza nella potenza assoluta della Logica............ 18
7. Conclusione? .......................................................................................... 19
8. Bibliografia............................................................................................. 22
Francesco Fontana
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1. I FONDAMENTI NEL MONDO ANTICO
1) Talete (prima metà VI s. a.e.v.) e la piramide.
2) Il viaggio di Eratostene da Alessandria a Siene
nel 240 a.e.v.
3) E quello di Posidonio da Alessandria a Rodi
nel 100 a.e.v.
Stupore dei Greci di fronte alla potenza della
matematica.
Si pone il problema: «Qual è la ragione per cui la
matematica si adatta così bene alla realtà?».
Risposte filosofiche diverse (Pitagora, Platone, Democrito).
Fino all’inizio del XIX s. in matematica:
centralità della geometria, algebra mera
tecnica di calcolo e analisi fondata sulla
continuità geometrica.
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Descartes (1596-1650): Materia ≡ Estensione; marginalità del concetto di massa e di forza;
teoria dei vortici per spiegare la forza gravitazionale; «geometrizzazione ad oltranza» (paradigma perdente, almeno fino a relat. gen., 1916); «Toute ma physique n’est pas que
géométrie»:
GEOMETRIA ë FISICA 1
Newton (1642-1727): La geometria fonda l’analisi matematica, ma tutta matematica è branca
della meccanica, spazio fisico ≡ spazio matematico (contrariamente ad Aristotele)
FISICA ë GEOMETRIA ë ANALISI MATEMATICA
Lo spazio euclideo, ordinato con i suoi assiomi ha fondamento nell’evidenza:
EVIDENZA ë GEOMETRIA
Il criterio di evidenza richiede un ulteriore fondamento? Risposte diverse ma riconducibili ad
ordine filosofico (razionalismo, empirismo, kantismo, psicologismo).
2. S TORIA DEL 5° POSTULATO
LA MATEMATICA NON È FONDATA SULLA REALTÀ
L’epilogo dell’epoca bimillenaria della Geometria
La geometria di Euclide, che ha trionfato fino al XIX secolo, ossia per più di due millenni, si
fonda su 5 postulati, la cui scelta è fondata per Euclide sull’evidenza. Ma il quinto di essi
risulta, tra tutti, il meno evidente. Lo stesso Euclide lo riconosce, per lo meno implicitamente,
quando tenta di fondare la geometria sui primi
quattro e dimostra i suoi primi 28 teoremi
senza servirsi del quinto postulato, anche là
α
dove
quest’ultimo
avrebbe
permesso
dimostrazioni molto più agevoli.
β
Se due trasversali, incontrandone una terza, formano da una stessa
parte angoli la cui somma è minore di due retti, le due trasversali si
incontreranno da quella parte.
Riprendiamo in esame l’enunciato di questo
famoso quinto postulato, illustrato in figura e
chiamato anche «postulato delle parallele».
Già i primi commentatori di Euclide discussero del postulato delle parallele e nel corso dei secoli numerosi furono i tentativi sia di sostituirlo con altri a esso equivalenti rispetto agli altri
quattro postulati2, ma più evidenti, sia di dimostrarlo, ovvero di ridurlo a un teorema sulla
base degli altri quattro postulati. Proclo (412-485 e.v.) si esprime così rispetto al quinto postulato:
1
Con il simbolo: ë intendo qui «essere a fondamento di».
2
Diciamo che un postulato a è equivalente a un postulato b, rispetto a un sistema di altri postulati, quando da a e dagli
altri postulati del sistema si può dedurre (dimostrare) b, e parimenti da b e dagli altri postulati del sistema si può dedurre
a.
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P
«Se per alcune coppie di rette, formanti con una terza angoli interni da
t
una stessa parte la cui somma è minore di due retti, esiste un punto di
incontro, resta da vedere se ciò acr
cade per tutte le coppie. Poiché alcuno potrebbe osservare che vi fosse una certa deficienza (rispetto a due angoli retti) per la
quale non si incontrano, incontrandosi invece tutte le altre per le quali tale deficienza fosse
maggiore.»
È impossibile tradurre questa obiezione in un disegno chiaro (cfr. figura),ma proprio questo
fatto sottolinea la possibilità dell’esistenza di una verità non evidente. Non deve inoltre sfuggire l’incredibile capacità di astrazione di un matematico vissuto in un’epoca nella quale la geometria non era altro che una visualizzazione della realtà fisica.
Citiamo di seguito alcune proposte sostitutive del quinto postulato:
• «Due rette complanari equidistanti sono tra loro parallele» (Posidonio, I secolo a.e.v.).
• «Gli angoli interni, da una stessa parte, formati da due rette senza punti in comune, con
una trasversale, sono supplementari (Tolomeo, II secolo e.v.).
• «Per un punto fuori da una retta esce una e una sola parallela alla retta data» (Proclo, V
secolo e.v.).
• «Due rette complanari non equidistanti, in un verso convergono e nell’altro divergono indefinitamente» (P.A. Cataldi, 1552-1626).
• «La somma degli angoli interni di un triangolo qualunque è due angoli retti» (G. Saccheri,
1667-1733).
s
Tuttavia non si riuscì a sostituire il quinto postulato perché tutte le proposizioni equivalenti
formulate presentavano praticamente lo stesso grado di evidenza. Nel XVIII secolo nacque
l’idea che il postulato delle parallele fosse dimostrabile, fosse cioè un teorema, e quindi un
falso postulato.
Il primo grande tentativo di dimostrarlo
A
D risale al gesuita Gerolamo Saccheri. Per
90°
?
discutere il problema nella sua opera
Euclides ab omni nævo vindicatus egli
costruisce il quadrilatero birettangolo
?
90°
C isoscele ABCD, nel quale i lati AD e BC
B
sono equivalenti e i due angoli nei vertici
Il quadrilatero birettangolo isoscele ha gli angoli A=B=90°
A e B sono retti. Saccheri dimostra poi
e i lati AD=BC.
che, per la simmetria della figura, i due
Per la simmetria della figura gli angoli in C e in D sono uguali.
angoli nei vertici C e D sono equivalenti
Ma quanto valgono ? Sono retti, acuti od ottusi ?
e osserva che sono possibili solo tre
ipotesi:
1) «ipotesi dell’angolo retto»: i due angoli in C e in D sono retti;
2) «ipotesi dell’angolo acuto»: i due angoli in C e in D sono acuti;
3) «ipotesi dell’angolo ottuso»: i due angoli in C e in D sono ottusi.
Nell’ipotesi dell’angolo retto dunque C e D sono retti senza ricorrere al quinto postulato e si
giunge direttamente alla geometria euclidea metrica. Saccheri studia le conseguenze delle altre
due ipotesi e scarta quella dell’angolo ottuso poiché è contraria alla prolungabilità illimitata
del segmento e quindi contraria alla natura della linea retta, la quale per Saccheri è infinita.
Quindi dimostra una serie di interessanti risultati conseguenti all’ipotesi dell’angolo acuto, tra i
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quali l’esistenza di una perpendicolare e di una obliqua condotte a una stessa retta da uno stesso punto P esterno ad essa, e l’esistenza di coppie di rette che, nello stesso piano, si
avvicinano indefinitamente, senza mai incontrarsi. Davanti a simili risultati abbandona anche
l’ipotesi dell’angolo acuto perché ritiene conduca ad assurdità.3
r
P
?
s
In effetti, se consideriamo la figura, osserviamo che le due rette r ed s non si incontrano in alcun punto nello spazio finito: il punto di incontro è all’infinito. In ciò sta la difficoltà della
questione. L’ipotesi dell’angolo retto, rappresentata dal postulato di Euclide o da uno dei suoi
equivalenti, costruisce una geometria basata sulle osservazioni fatte in uno spazio finito e
pretende di estendere le proprietà trovate anche all’infinito. Questo passaggio non è spiegabile
con una deduzione, ma solo con un processo di estrapolazione nel quale si estendono le conoscenze costruite in un insieme preciso di elementi (lo spazio finito) a un insieme più vasto di
elementi (lo spazio comprendente l’infinito), giustificando la cosa solo con il fatto che il primo
insieme è contenuto nel secondo. Questo procedimento non è conforme al carattere che si
vuole dare alla geometria. È necessario ricorrere a un postulato, con la chiara coscienza che
questo costituisce solo una delle possibili scelte.
Se Euclide e 2000 anni di geometria hanno scelto l’ipotesi dell’angolo retto per lo spazio, significa che essa appariva più evidente quando era giudicata in uno spazio limitato. Non per
questo quella euclidea è l’unica geometria metrica possibile. Anzi dobbiamo dedurre che esiste
una fondamentale differenza tra:
•
•
la costruzione di una geometria come scienza che studia lo spazio e le figure matematiche;
la costruzione di una geometria che descrive le proprietà dello spazio fisico in cui viviamo.
Per una geometria del primo tipo, che chiameremo geometria matematica, qualunque ipotesi
è interessante (purché non contraddittoria con le altre) e permette di costruire una teoria con
un significato matematico.
Per una geometria del secondo tipo, che chiameremo geometria fisica, sono interessanti solo
le ipotesi che hanno un’utilità nello studio della realtà dei fenomeni fisici.
3
All’inizio del XIX secolo alcuni grandi matematici avevano ottenuto risultati non euclidei sostituendo il quinto postulato,
ma tali risultati erano ritenuti così assurdi da dissuadere gli autori dalla pubblicazione. Così Lagrange rinuncia all’ultimo
momento ad esporre le proprie idee all’Accademia delle Scienze di Parigi commentando: «Occorre che vi pensi ancora»;
Gauss, ritenuto da molti il più notevole matematico del secolo e soprannominato princeps mathematicorum non pubblica
«... per non udire le strida dei beoti».
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La geometria dell’angolo acuto
Nel corso del XIX secolo, ad opera separatamente del russo Nikolaj
Ivanovic Lobacevskij (1793-1856), dell’ungherese János Bolyai
s
(1802-1860) e del tedesco Karl Friedrich Gauss (1777-1855), viene
t
P
elaborata la geometria fondata sui primi quattro postulati di Euclide
u
e sull’ipotesi dell’angolo acuto, chiamata geometria dell’angolo
v
acuto o geometria iperbolica. Questa geometria, per i matematici
dell’epoca, non ha alcun riferimento con lo spazio della fisica allora
w
accettata ed è una geometria metrica non euclidea.
Per tentare di comprenderne il significato è possibile costruire un
modello. Sia dato l’insieme dei punti interni di un cerchio, con esclusione dunque dei punti
della circonferenza: i punti del piano della geometria iperbolica sono i punti di tale insieme. Le
rette dello spazio iperbolico sono rappresentate, nel modello, dalle corde del cerchio. L’intersezione tra due rette corrisponde all’intersezione tra due corde. Data una corda, per un punto
esterno ad essa passano infinite corde che non intersecano la prima: ciò equivale, nello spazio
iperbolico, alla proprietà (non valida nella geometria euclidea) per cui da un punto esterno a
una retta passano infinite parallele alla retta data. La geometria iperbolica ha proprietà che possono apparire strane, proprio perché non euclidee: la somma degli angoli interni di un triangolo, per esempio, risulta minore di due angoli retti.
Se la geometria iperbolica non presentava alcun interesse per la fisica ai tempi della sua prima
elaborazione, oggi essa risulta più appropriata della geometria euclidea per descrivere alcuni
fenomeni fisici, come ad esempio il comportamento dei raggi di luce.
r
La geometria dell’angolo ottuso
Sempre nel XIX secolo, ad opera principalmente
del tedesco Bernhard Riemann (1826-1866), viene
elaborata la geometria fondata sui primi quattro
postulati di Euclide e sull’ipotesi dell’angolo ottuso, chiamata geometria dell’angolo ottuso o geometria ellittica. Anch’essa per i matematici
dell’epoca non ha alcun riferimento con lo spazio
fisico ed è una geometria metrica non euclidea.
Polo Nord
Equatore
Francesco Fontana
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Q
R
P
Anche in questo
caso risulta utile
costruire un modello. Sia dato l’insieme dei punti della
superficie di una sfera: i punti del piano della geometria
ellittica sono le coppie di punti opposti. Le rette dello
spazio ellittico sono rappresentate, nel modello, dalle
geodetiche, cioè da circonferenze massime. L’intersezione
tra due rette corrisponde alla intersezione tra due
geodetiche. Per ogni punto passano infinite geodetiche, ma,
data una geodetica, per un punto esterno ad essa non passa
alcuna geodetica che non la intersechi: ciò equivale, nello
spazio ellittico, alla proprietà (non valida nella geometria
euclidea) per cui da un punto esterno a una retta non si può
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tracciare alcuna retta parallela alla retta data. Nella geometria ellittica la somma degli angoli
interni di un triangolo è maggiore di due angoli retti.
Possiamo osservare che la geometria ellittica è la geometria terrestre. In un triangolo avente i tre vertici coC
incidenti con tre punti della superficie terrestre e in cui
ogni lato rappresenta il percorso più breve da un vertice
all’altro, la somma degli angoli interni è maggiore di un
angolo piatto. Come caso estremo si consideri un triangolo con un vertice nel polo Nord e gli altri due
A
sull’equatore, a una distanza tra loro pari a un quarto
B
della lunghezza dell’equatore: la somma degli angoli
interni di un tale triangolo è pari a tre angoli retti. Sia la geometria di Lobacevskij che quella di
Riemann sono geometrie metriche, ovvero è definita in esse la distanza tra due punti come il
percorso più breve che li congiunge. Ma tali distanze hanno forme matematiche profondamente diverse da quelle della geometria euclidea, che è fondata sul teorema di Pitagora.
Se la geometria ellittica non rivestiva interesse per la fisica ai tempi della sua prima elaborazione, oggi essa è utilizzata nello studio delle proprietà gravitazionali dello spazio, nell’ambito
della teoria generale della relatività (Einstein, 1916).
Riemann, 1854
ELLITTICA
Euclide, 300 a.e.v.
PARABOLICA
Lobacevskij, 1829
IPERBOLICA
Nessuna parallela
Una sola parallela
Infinite parallele
triangolo
Σαi > π
Σαi = π
Σαi < π
Raggio di curvatura dello spazio
finito
infinito
non reale, complesso
GEOMETRIA
Parallele a una retta data per un punto
esterno ad essa
Somma degli angoli interni di un
Per ristabilire il legame tra la geometria e la realtà, Gauss tenta di misurare la somma degli angoli interni di un triangolo geografico: è uno degli ultimi tentativi di comprendere quale sia la
geometria fisica. Ma contemporaneamente rappresenta il riconoscere che la geometria è conoscenza a posteriori nella misura in cui è riferita alla realtà4: Gauss è il primo a pensare in modo
non kantiano in geometria (C. Mangione).
È famoso il seguente brano del matematico francese Henri Poincaré (1854-1914).
«Poiché sono possibili parecchie geometrie, siamo sicuri che proprio la nostra sia quella vera?... Per rispondere è necessario che prima ci poniamo la domanda sulla natura degli assiomi della geometria.
Sono essi giudizi a priori come vuole Kant? In tal caso ci si imporrebbero con tale forza che
sarebbe impossibile concepire il contrario e quindi potremmo costruirvi sopra un edificio
teorico; non ci sarebbero in tal caso geometrie non euclidee.
Gli assiomi della geometria sono dunque verità sperimentali? [...] Ma se la geometria fosse
una scienza sperimentale, non potrebbe essere una scienza esatta; sarebbe soggetta a continue revisioni [...]
Gli assiomi della geometria non sono dunque né giudizi sintetici a priori né fatti di esperienza. Sono invece delle convenzioni; la nostra scelta, fra tutte le convenzioni possibili, è
guidata da fatti sperimentali, ma resta libera e non trova dei limiti che nella necessità di evi4
«Nella misura in cui le proposizioni matematiche si riferiscono alla realtà, esse non sono certe; e nella misura in cui esse
sono certe, non si riferiscono alla realtà» (Einstein, saggio Geometria ed esperienza)
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tare le contraddizioni. Per questo i postulati possono rimanere rigorosamente veri, anche se
le leggi sperimentali che ne hanno determinato l’adozione fossero solo approssimative.
In altre parole, gli assiomi della geometria non sono che definizioni camuffate.
Ed allora che cosa si deve pensare del problema se la geometria euclidea è vera? Tale problema è senza senso!
Altrettanto varrebbe domandare se il sistema metrico è vero e false le misure antiche; se le
coordinate cartesiane sono vere e le polari false.
Una geometria non può essere più vera di un’altra; può essere soltanto più comoda.»
Riassumiamo le conseguenze fondamentali della scoperta delle geometrie non euclidee:
• Crisi della univocità e necessità dei concetti geometrici.
• Geometria matematica e geometria fisica si separano. Lo spazio matematico e lo spazio fisico tornano a divorziare5.
• Teoria matematica e realtà si separano: vi sarà una verità matematica (legata essenzialmente al principio di non contraddizione) e una verità di realtà.
3. LA «CRISI DEI FONDAMENTI» DELL’OTTOCENTO
LA FUGACE STAGIONE DELL’ARITMETICA
La perdita della certezza nell’Evidenza
I Greci avevano posto il problema. Esistono più punti sulla retta che numeri razionali6!
In sostanza essi scoprirono due cose.
1)
5
I numeri che costituivano il loro cosmo aritmetico, i numeri costruibili cioè come rapporti
di interi7, sono infiniti oltre che per addizione anche per divisione8. Si accorsero cioè che
tra due numeri razionali, anche vicinissimi, come ad esempio 0 e 0.000001 (un milionesimo), sono compresi infiniti numeri razionali. Ciò da una parte li espose irrimediabilmente
alla critica zenoniana9, ma dall’altra dovette far intravedere la possibilità di descrivere lo
spazio (e la geometria stessa) con l’aritmetica: infatti, sia un segmento che un sottoinsieme di numeri razionali come quelli compresi tra 0 e 1 contengono infiniti elementi. Si
Come ai tempi di Aristotele!
6
I numeri razionali sono quelli definibili sempre come rapporti tra numeri naturali (0, 1, 2, 3, ...). I numeri reali
comprendono sia i razionali che altri numeri, detti irrazionali.
7
Tutta la matematica dei Greci è fortemente caratterizzata dalla costruibilità. Il criterio di costruibilità appariva molto più
affidabile di ogni speculazione, soprattutto dopo due episodi spiacevoli che costruiranno il complesso del mondo greco per
l’infinito: la penetrante e aggressiva critica di Zenone al molteplice geometrico e la lacerante scoperta dei numeri
irrazionali in aritmetica.
8
Scoprirono, in linguaggio moderno, che l’insieme Q dei numeri razionali è denso.
Teorema della densità di Q:
∀ a,b∈Q
∃ c∈Q  a<c<b
(ad esempio c = ½ a + ½ b)
9
L’aporia di Zenone è nota. Si può sintetizzare con le chiare parole di P. Albertelli che ha curato le traduzioni dei
frammenti di Zenone nel volume I Presocratici di Hermann Diels.
«L’aporia dice: a) [Tesi]. Se l’essere ha grandezza (= è continuo, è divisibile) è molteplice e non uno in conseguenza della
divisione in parti; ma se nulla è uno, dato che la molteplicità è costituita di unità, nulla sarà molteplice. b) [Antitesi].
L’indivisibile, ciò che non ha grandezza, l’uno, non esiste; infatti non è nulla ciò che, sottratto o aggiunto, non diminuisce
o accresce.»
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sospettò dunque la corrispondenza biunivoca tra l’insieme Q e la retta e che l’insieme Q
2)
fosse un «pieno» e non lasciasse «buchi».
Questa speranza si rivelò illusoria: infatti i numeri razionali rivelarono dei buchi e non si
prestarono più a descrivere lo spazio fisico, dopo la scoperta dei numeri irrazionali10.
Cadde ogni speranza di costruire una corrispondenza tra aritmetica e geometria. Ne risultò penalizzata l’aritmetica, che divenne matematica del discreto, e la matematica
dell’Occidente per secoli si identificò quasi solo con la geometria.
Tutte le volte che successivamente11 si pose il problema di trattare con l’insieme dei numeri
reali (razionali e irrazionali) si fece ricorso alla geometria, ritenuta più affidabile: basta infatti
associare all’insieme dei numeri reali quella «pienezza», caratteristica della retta, che va sotto il
nome di continuità. Ciò avviene ammettendo implicitamente il seguente
Assioma di “continuità della retta”
Tra i punti di una retta r e l’insieme ℜ dei numeri reali c’è una corrispondenza biunivoca.12
Così facendo:
Continuità della retta ë Continuità dell’insieme ℜ dei numeri reali
Continuità in Geometria ë Continuità in Aritmetica.
GEOMETRIA ë TUTTA LA MATEMATICA
10
In sostanza scoprirono in ambito geometrico una conseguenza di quanto in linguaggio moderno ed in ambito aritmetico
potremmo definire come la numerabilità di
Q ma non di ℜ, i quali quindi non potevano essere messi in corrispondenza
biunivoca.
Teorema. L’insieme Q è numerabile (Cantor)
Mettendo in ordine tutte le frazioni nella matrice seguente:
0/1 1/1 2/1 3/1 4/1 .....
0/2 1/2 2/2 3/2 4/2 .....
0/3 1/3 2/3 3/3 4/3 .....
0/4 1/4 2/4 3/4 4/4 .....
........
si possono «contare», cioè mettere in corrispondenza con i numeri naturali. Dunque Q è numerabile.
Teorema. L’insieme ℜ non è numerabile (Liouville)
Dim. per abs. di Cantor (usa l’assioma della scelta di Zermelo): Ordino tutti i numeri reali in questo modo:
a1= 0.α11α12α13α14...
a2= 0. α21α22α23α24...
a3= 0. α31α32α33α34...
...
Ma il numero b=0.ß1ß2ß3ß4... (con βi = 0 se αii dispari e βi=1 se αii pari) non compare! (absurdus, ex absurdis sequitur quo
libet, c.v.d.). Dunque ℜ non è numerabile.
11
Come ad esempio nella soluzione delle equazioni algebriche.
12
Mentre non può esserci corrispondenza biunivoca tra l’insieme Q dei numeri razionali e i punti sulla retta.
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Dopo la scoperta delle geometrie non euclidee questo modo di vedere entra in crisi. La crisi
appare fondamentalmente circoscritta alla geometria, poiché è fondamentalmente crisi del legame tra spazio matematico e fisico.
La matematica deve cercare un altro fondamento al suo ruolo di verità. Occorre un fondamento per l’Analisi matematica e, poiché questa si fonda sul continuo, necessita di un fondamento la continuità dell’insieme ℜ. E con essa la stessa Geometria e la continuità della retta.
Se il continuo geometrico della retta non è più affidabile per giustificare il continuo dei numeri
reali, sarà l’aritmetica stessa al suo interno a fondarlo. Ciò viene fatto introducendo in modo rigoroso il concetto di numero reale.
1872
Nel 1872 vengono date tre diverse definizioni di numero reale, che corrispondono a due differenti assiomi di continuità. Uno di questi è dovuto a Cantor.
Assioma di continuità (Cantor)13
Due insiemi separati e contigui ammettono uno e un solo elemento di separazione. 14
L’analisi non necessita più della geometria né del concetto intuitivo di spazio, che diviene un
ente astratto 15: la nozione di numero naturale appare più semplice e meno problematica.
«Per la prima volta nella storia era il continuo definito aritmeticamente che fondava quello
geometrico» (C. Mangione).
ARITMETICA ë ANALISI ë GEOMETRIA
Recupero delle certezze perdute? L’Aritmetica si fonda su giudizi sintetici a priori?
13
Il secondo assioma è il seguente.
Assioma di continuità (Dedekind)
Dividendo un insieme A in due classi tali che:
- ciascun elemento di A appartenga a una sola delle due;
- ogni elemento della 1^ preceda ogni elemento della 2^;
esiste uno e un solo elemento di separazione appartenente alla 1^ o alla 2^.
Si dimostra che:
Dedekind ⇒ Cantor
e che
Dedekind ⇒ Eudosso-Archimede
Esempio:
A → - - B ← - - Soddisfa Cantor, ma non Dedekind, né Eudosso-Archimede (insieme non archimedeo).
14
In breve: contigui significa che i due insiemi sono «infinitamente ravvicinati» e separati che ogni elemento del primo
precede tutti gli elementi del secondo. L’argomento è ampiamente trattato dai testi di matematica liceale. Se ne studiano
solitamente le applicazioni geometriche al problema della rettificazione della circonferenza e della quadratura del cerchio.
Va sottolineata qui la portata dell’assioma, per evitare una sua lettura banalizzante, come la seguente: «Se dico che un
insieme è costituito da tutti i numeri minori di ξ e l’altro da tutti quelli maggiori, è ovvio che l’elemento di separazione ξ
esista». Occorre pensare a tutti i modi possibili di individuare i due insiemi senza ricorrere all’elemento di separazione,
come ad esempio il seguente: «Il primo insieme contiene tutti i numeri i cui quadrati sono minori di 2 e il secondo tutti i
numeri i cui quadrati sono maggiori di 2. Solo l’assioma di continuità ci assicura aritmeticamente dell’esistenza del numero
√2». Si noti che Aristotele descrive la continuità della retta nel modo seguente: «Una cosa è continua quando i limiti in cui
due sue qualsiasi parti successive si toccano sono uno e uno solo e sono, come implica la parola “continuo”, tenuti
insieme». KLINE MORRIS, Storia del pensiero matematico, Einaudi, Torino 1991, vol. 1, p. 65.
15
Una varietà n-dimensionale.
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Secondo Poincaré (Geymonat, VI, 182), il principio di induzione16 - che, per Frege e Dedekind, è
fondamento dell’aritmetica - è «l’unico principio scientifico che possa insegnarci qualcosa di
nuovo, qualcosa cioè che non proviene dall’esperienza e che arricchisce in modo effettivo la
nostra conoscenza. Esso soddisfa dunque alle condizioni enunciate da Kant perché una
scienza risulti autenticamente tale: «É il vero tipo di giudizio sintetico a priori»». Poincaré si
rivela convenzionalista in geometria ma kantiano in aritmetica.
Come giustificare il principio di induzione? Ricorso a proprietà della mente non basta, poiché
la verità del principio non può essere dimostrata in modo semantico, giacché il principio di induzione è la nostra chiave di accesso alla comprensione dell’infinito.
Giacché il problema dei fondamenti è indissolubilmente intrecciato con il problema
dell’infinito.
Georg Cantor (1845-1918): sposta l’intuizione sul concetto di insieme. Teoria intuizionistica
degli insiemi a fondamento dell’aritmetica.
INSIEMISTICA ë ARITMETICA ë ANALISI ë GEOMETRIA
La teoria degli insiemi, che si studia nella scuola media, con Cantor diviene strumentale alla
trattazione del problema dell’infinito in aritmetica. Devono esistere almeno due infiniti: quello
di N, Z e Q, e quello di ℜ.
Gli infiniti di Cantor
Discutere di numeri infiniti porta a facili errori, come mostrano i paradossi dell’infinito.
Paradosso di Galileo:
«I numeri quadrati sono tanti quanti tutti i numeri» (Galileo: «Non vedo che ad altra
decisione si possa venire che a dire, in ultima conclusione, che gli attributi di eguale,
maggiore o minore non aver luogo negli infiniti, ma solo nelle quantità terminate»).17
16
Il principio di induzione è il ponte che collega il numero (finito) all’infinito. Esso afferma quanto segue:
Se una proprietà P vale per un certo numero intero n0 e inoltre
Se so che se quella proprietà vale per un numero naturale n, allora vale anche per il suo successivo n+1
⇒ la proprietà P vale per tutti i numeri naturali n
In simboli:
P(n0) ∧ (∀n P(n)⇒P(n+1))
dove n e n0 sono numeri naturali.
Si legge:
Se (P vale per n0) e se (valendo
⇒ ∀n P(n)
P per un n qualsiasi, vale anche per n+1), allora ( P vale per tutti gli n).
Il principio di induzione sembra molto naturale e fonda la sua forza su questa evidenza. Pur tuttavia esso concerne l’infinito
e quindi la sua deve essere considerata una falsa evidenza.
17
Noto anche nella versione del
Paradosso dell’albergatore:
Un albergatore possiede infinite stanze numerate progressivamente dal numero 1. Arrivano infiniti clienti che vengono
sistemati nelle infinite stanze. Arrivano altri infiniti clienti. L’albergatore ordina a tutti i clienti già sistemati di spostarsi
dalla propria camera n a quella con il corrispondente numero quadrato n2. Si liberano infinite stanze che possono essere
occupate dai nuovi arrivati.
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Paradosso del segmento:
P
B
A
r
I punti di un segmento sono
tanti quanti i punti di tutta
una retta, come si stabilisce
con la corrispondenza biunivoca della figura.18
Questi sono tuttavia solo
paradossi, poiché hanno una spiegazione nella teoria di Cantor sui numeri infiniti.
Partiamo dai numeri finiti.
Due numeri finiti sono uguali quando sono potenze di insiemi in corrispondenza biunivoca19:
n=m
⇔
n = p(A) e m = p(B) e A in corrispondenza biunivoca con B
Non può mai presentarsi il caso di un insieme finito in corrispondenza biunivoca con un suo
sottoinsieme proprio.
Ma un insieme infinito è definito proprio come un insieme che può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.
La potenza p(A) di un insieme infinito A si chiama numero transfinito. Il primo numero transfinito è la potenza dell’insieme dei numeri naturali, che si indica con il simbolo20 ℵ0 :
p(N) = ℵ0.
Ne discende che due insiemi infiniti di cui uno è sottoinsieme proprio dell’altro, possono corrispondere allo stesso numero transfinito.
Esempio: Nel paradosso di Galileo questo accade tra l’insieme dei numeri naturali e l’insieme
dei numeri quadrati: il primo contiene il secondo, ma «hanno lo stesso numero» transfinito
di elementi.
Occorre allora un criterio per dire quando due numeri transfiniti sono uguali, maggiori o minori:
18
Altri famosi paradossi furono i seguenti.
Paradosso di Cantor:
Le n-ple di reali sono tante quanti i reali (tanti punti nel piano quanti sulla retta (Cantor: «Lo vedo, ma non lo credo»).
Paradosso di Peano:
Esistono curve che riempiono un quadrato (cfr. oggetti frattali).
19
Il simbolo di doppia implicazione (⇔) significa: «implica ed è implicato che». Esso si trova spesso anche indicato con
«sse», che si legge: «se e solo se».
20
Si legge: aleph con zero. L’aleph è la prima lettera dell’alfabeto ebraico.
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Teorema di Cantor - Bernstein:
Due insiemi infiniti sono equipotenti (cioè «hanno lo stesso numero» transfinito) se esiste
una corrispondenza biunivoca tra ciascuno e un sottoinsieme proprio dell’altro.
Se esiste solo una delle due corrispondenze biunivoche, allora uno è maggiore dell’altro.
Esempi: Il numero transfinito di N, è uguale a quello di Z ed anche a quello di Q , ma è diverso e minore del numero transfinito di ℜ. In simboli:
p(N) = p( Z) = p( Q) = ℵ0
p(ℜ)=c
ℵ0 < c
Dunque nell’insieme dei numeri transfiniti vi è un ordine21.
4. LA POTENZA DELLA LOGICA
Le antinomie logiche
La teoria intuizionistica di Cantor non dice molto di più, ma soprattutto cade su alcuni gravi
problemi: le antinomie logiche.
Antinomia di Cicerone.
«Se tu affermi di mentire, allora:
se dici il vero, allora menti;
se menti, allora dici il vero».
Antinomia del coccodrillo
«Il coccodrillo rapisce un ragazzo e dice al padre: “Se indovini cosa farò, riavrai tuo
figlio”.
Il padre risponde che non gli ridarà il figlio».
21
Si chiama insieme delle parti P(A) dell’insieme A, quell’insieme formato da tutti i sottoinsiemi propri e impropri di A e
si dimostra che se l’insieme A ha potenza n, cioè p(A)=n, allora l’insieme delle parti di A, P(A), ha potenza 2 n: p( P(A)) =
2n.
Dato un insieme A infinito, esiste sempre un numero transfinito maggiore di p(A): è p( P(A)):
p(P(A)) = 2
p(A)
Quindi esiste anche un numero transfinito maggiore di p(ℜ) = c (la cosiddetta potenza del continuo).
L’ipotesi del continuo in aritmetica equivale a:
p(N )
ℵ0
c = p( ℜ) = p( P(N )) = 2
=2
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Antinomia del barbiere (Russell, 1918)
Un barbiere di villaggio, vantandosi di non avere concorrenza, si fa pubblicità dicendo
che lui ovviamente non fa la barba a quelli che si rasano da soli, ma la fa a tutti quelli che
non si rasano da soli. Finché un giorno si chiede se deve o no radere se stesso?
Se si rade da solo allora non dovrebbe radersi;
Se non si rade da solo, allora dovrebbe radersi.
Antinomia di Russell
Insiemi C: insiemi che contengono se stessi come elemento;
Insiemi non-C: insiemi che non contengono se stessi come elemento.
(Esempi: l’insieme dei punti del piano è un insieme non-C; l’insieme di tutti gli insiemi
pensabili è un insieme C)
Se Γ è l’insieme di tutti gli insiemi non-C, allora:
se Γ è non-C, non contiene se stesso, ma allora, per definizione di Γ, contiene se stesso;
se Γ è C, contiene se stesso, ma allora, per definizione di Γ, non contiene se stesso.
Cosa c’entrano le antinomie logiche con la teoria di Cantor ?
«La causa di tutti questi paradossi, come rilevano Russell e Whitehead, è che un oggetto
viene definito in termini di una classe di oggetti che contiene l’oggetto stesso. Simili definizioni sono dette anche impredicative, e si trovano soprattutto in teoria degli insiemi. [...] La
dimostrazione di Cantor della non numerabilità dell’insieme dei numeri reali fa anch’essa
uso di insiemi impredicativi.»22
Per tutta la seconda metà del XIX s. si assisté ad un grande sviluppo della logica (De Morgan;
Boole; Nascita dell’algebra della logica., cioè del calcolo logico; La logica non è più una
branca della filosofia; Idea di poter matematizzare il pensiero).
Gottlob Frege (1848-1925) e Richard Dedekind (1831-1916) assunsero una posizione differente da quella di Cantor:
Ricostruire l’aritmetica come costrutto logico fondato su definizioni.
Il principio di induzione ad esempio diviene una proprietà definitoria.
La “Rivoluzione” di Frege, Dedekind:
Il fondamento della matematica non è psicologico, ma logico.
Nel 1908 Ernst Zermelo (1871-1953) tentò di risolvere la questione assiomatizzando la teoria
degli insiemi, cioè ricostruendola a partire da un sistema di assiomi (postulati), come nella
22
KLINE, op. cit., vol. 2, p. 1379. «Aristotele discute la definizione. La sua nozione di definizione è moderna: egli dice che
è il nome di un insieme di parole. Egli rileva anche che la definizione deve essere data in termini di qualche cosa che è
antecedente alla cosa definita. Così, egli critica la definizione «un punto è ciò che non ha parti» perché le parole «ciò
che» non dicono a che cosa fanno riferimento, se non eventualmente a «punto», e perciò la definizione non è corretta. Egli
sostiene la necessità di termini non definiti perché deve esserci un punto di partenza nella serie di definizioni, ma i
matematici successivi persero di vista questa necessità fino alla fine del XIX secolo». KLINE, op. cit., vol. 1, p. 64.
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geometria di Euclide, tra i quali in particolare l’ultimo (IX), chiamato Postulato di fondazione,
afferma:
Si esclude che esistano insiemi che appartengono a se stessi come elemento.
Cioè si escludono esplicitamente gli insiemi C dell’antinomia di Russell.
Il criterio di evidenza è definitivamente sostituito dal criterio di non contraddizione.
LOGICA ë INSIEMISTICA ë ARITMETICA ë ANALISI ë GEOMETRIA
Tuttavia la soluzione proposta da Zermelo non fu ritenuta soddisfacente da tutti i matematici.
Fin dalla fine del XIX secolo si erano infatti imposte nel mondo matematico tre filosofie che si
fondano su tre modi diversi di intendere questa disciplina.
5. S CUOLE DI PENSIERO NEL XX SECOLO
LA MATEMATICA È ANCHE OPINIONE
Logicismo (Frege, Russell, Whitehead)
L’obiettivo della scuola logicista «è di fondare la matematica sulla logica. Non è necessario
alcuno degli assiomi della matematica; la matematica diventa nient’altro che una naturale
estensione delle leggi e della materia della logica. Ma i postulati della logica e tutte le loro
conseguenze sono arbitrari e, soprattutto, formali. Cioè, essi sono privi contenuto: hanno
solamente una forma. Di conseguenza anche la matematica non ha contenuto ma solamente
forma. I significati fisici che associamo ai numeri o ai concetti geometrici non fanno parte
della matematica. È pensando a questo che Russell disse che la matematica è quella materia
in cui non conosciamo mai ciò di cui stiamo parlando, né se ciò che diciamo è vero. In realtà,
quando Russell avviò il suo programma ai primi del secolo, lui (e Frege) ritenevano veri gli
assiomi della logica. Ma Russell abbandonò questa posizione nell’edizione del 1937 dei
Principles of Mathematics. L’approccio logicista ha ricevuto molte critiche. [...] Un’altra
seria critica filosofica della posizione logicista in toto è che se l’idea logicista fosse corretta,
allora tutta la matematica sarebbe una scienza puramente formale, logico-deduttiva in cui i
teoremi seguono dalle leggi del pensiero. Appare perciò inesplicabile che una simile
elaborazione deduttiva delle leggi del pensiero possa rappresentare una gran varietà di
fenomeni naturali quali l’acustica, l’elettromagnetismo e la meccanica. Inoltre, nella
creazione della matematica l’intuizione immaginativa o percettiva devono fornire nuovi
concetti, siano essi derivati o meno dall’esperienza. Altrimenti come potrebbero nascere
nuove conoscenze? Ma nei Principia tutti i concetti si riducono a concetti logici.»23
23
KLINE, op. cit., vol. 2, p. 1393-1394.
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Intuizionismo (Kronecker, Poincaré, Brouwer, Weyl, Heyting)
Le principali tesi della corrente intuizionista sono:
•
Alcune semplici affermazioni matematiche non devono richiedere fondamento al di fuori
della intuizione immediata dell’uomo.24
Esempio: L’aritmetica non necessita di una fondazione assiomatica.
•
Un qualsiasi ente matematico dovrebbe essere costruibile in un numero finito di passi ed
in modo esatto. Allo stesso modo una qualsiasi dimostrazione dovrebbe essere costruttiva.
Esempio: I numeri irrazionali non esistono. Inoltre la costruibilità degli enti elimina gli insiemi impredicativi: infatti, per costruire un insieme A che contiene se stesso come elemento occorre che A sia già costruito: dunque A non è costruibile.
•
Viene in generale rifiutato il principio logico del terzo escluso applicato agli insiemi infiniti25. Ciò invalida le dimostrazioni per assurdo.
Esempio: Non si può dimostrare che un ente esiste, dimostrando che la sua inesistenza
porterebbe a contraddizione.
•
Trattando di insiemi infiniti si può incorrere in un terzo stato, oltre alla verità e alla falsità
di una proposizione: la sua indecidibilità.
Esempio: «Nello sviluppo decimale del numero π=3.1415926... esiste la successione di cifre 0123456789».
Secondo Poincaré il ridurre la matematica alla logica l’avrebbe trasformata in un’immensa tautologia.26
24
La matematica intuizionista di Kronecker ad esempio è pitagorica: egli riteneva che i numeri interi fossero dotati di un
significato stabilito da Dio. I numeri razionali sono un comodo sistema per trattare i numeri interi. I numeri irrazionali non
esistono.
25
La logica classica si fonda su tre principi.
1) Principio di identità. Ogni proposizione equivale a se stessa: ∀P P ⇔ P.
2) Principio di non contraddizione. Una proposizione e la sua negazione non possono essere contemporaneamente
vere: ∀P ¬(P ∧ ¬P).
3) Principio del terzo escluso. Una proposizione può essere solo vera o falsa: ∀P P ∨ ¬P.
Proprio a causa della legge del terzo escluso (che i medievali indicavano con: Tertium non datur) la logica classica è una
logica bivalente.
26
«La posizione intuizionista di Brouwer discende da una filosofia più ampia. L’intuizione fondamentale, secondo
Brouwer, è l’avvenire delle percezioni in successione temporale. “La matematica nasce quando l’oggetto della dualità, che
risulta dal passare del tempo, viene astratto da tutti gli avvenimenti particolari. La rimanente forma vuota [la relazione di
n con n+1] del contenuto comune a tutte queste dualità diviene l’intuizione originaria della matematica e ripetuta
illimitatamente a nuovi soggetti matematici”. Perciò con l’illimitata ripetizione la mente forma il concetto dei numeri
naturali successivi. L’idea che i numeri interi derivino dall’intuizione del tempo era stata sostenuta da Kant, William R.
Hamilton nel suo Algebra as a Science of Time , e dal filosofo Arthur Schopenhauer. [...] Le idee matematiche [secondo
Brouwer] sono immerse nella mente umana prima di linguaggio, logica ed esperienza. L’intuizione, non l’esperienza o la
logica, determina la validità e l’accettabilità delle idee. Si deve naturalmente ricordare che questi enunciati concernenti il
ruolo dell’esperienza devono essere presi in senso filosofico, non in senso storico.
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Formalismo (Hilbert, von Neumann)
Le tesi principali sono:
•
Abbandono della discussione sul rapporto tra matematica e realtà materiale. La matematica
concerne solo simboli e un linguaggio per utilizzarli, quello logico.
•
Vengono accettati: la logica classica con il principio del terzo escluso, la teoria di Cantor
sugli insiemi infiniti, l’analisi matematica.
•
La matematica è costituita da diversi settori, ciascuno dei quali è un sistema ipotetico-deduttivo fondato su assiomi specifici, alcuni dei quali sono assiomi logici. La matematica
non è riducibile ad una singola disciplina e dunque nemmeno alla logica.
•
La condizione fondamentale che rende oggettiva la matematica è la sua non-contraddittorietà (coerenza). I formalisti lavorarono a lungo alla ricerca di una dimostrazione della noncontraddittorietà di un sistema formale fondato su regole logiche, costruendo una disciplina
Secondo Brouwer gli oggetti matematici sono acquisiti per mezzo di una costruzione intellettuale, e i numeri fondamentali
1, 2, 3, ... forniscono il prototipo di una costruzione siffatta. La possibilità della ripetizione illimitata della forma vuota, il
passo da n ad n+1, conduce agli insiemi infiniti. Comunque, l’infinito di Brouwer è l’infinito potenziale di Aristotele,
mentre la matematica moderna, così come è stata fondata per esempio da Cantor, fa un uso estensivo degli insiemi infiniti
in atto, in cui tutti gli elementi sono presenti «contemporaneamente». A proposito del concetto intuizionista di insieme
infinito, Weyl, che apparteneva alla scuola intuizionista, dice che “la successione di numeri che cresce al di là di ogni
stadio già raggiunto ... è una varietà di possibilità che si aprono all’infinito; rimane per sempre allo stato di creazione, ma
non è un dominio chiuso di cose che esistono in se stesse Nell’aver ciecamente convertito l’uno nell’altro sta la vera fonte
delle nostre difficoltà, comprese le antinomie - una fonte di natura più fondamentale del principio del circolo vizioso
indicato da Russell. Brouwer ci ha aperto gli occhi, e ci ha fatto vedere quanto la matematica classica, nutrita da una fede
nell’assoluto che trascende tutte le possibilità di umana comprensione, vada oltre simili enunciati perché può vantare un
significato reale e una verità fondata sull’evidenza”.
Il mondo dell’intuizione matematica è contrapposto al mondo delle percezioni casuali. A questo mondo casuale, e non alla
matematica, appartiene il linguaggio, che in quella sede serve per comprendere i comportamenti comuni. Le parole o le
relazioni verbali vengono usate per comunicare verità. Il linguaggio serve ad evocare nella mente dell’uomo copie di idee
per mezzo di simboli e suoni. Ma i pensieri non possono mai venire simbolizzati interamente. Queste osservazioni si
applicano anche al linguaggio matematico, compreso il linguaggio simbolico. Le idee matematiche sono indipendenti
dall’abito linguistico, e sono in realtà assai più ricche.
La logica appartiene al linguaggio. Essa offre un sistema di regole che permettono la deduzione di ulteriori relazioni
verbali e sono volte anche a comunicare verità. Tuttavia, queste verità non sono tali finché non le abbiamo sperimentate, e
non vi è neppure la garanzia che esse possano essere sperimentate. La logica non è uno strumento attendibile per scoprire
delle verità che non possono essere ottenute anche in altro modo. I principi logici sono la regolarità osservata a posteriori
nel linguaggio. Essi sono dei meccanismi di manipolazione del linguaggio, sono la teoria di rappresentazione del
linguaggio. I più importanti passi avanti in matematica non si ottengono perfezionando la forma logica ma modificando la
stessa teoria di base. La logica poggia sulla matematica, e non la matematica sulla logica. Poiché non riconosce alcun
principio logico obbligatorio a priori Brouwer non riconosce alla matematica il compito di dedurre conclusioni dagli
assiomi. La matematica non è costretta a rispettare le regole della logica, e per questo motivo i paradossi sarebbero
ininfluenti anche se dovessimo accettare i concetti matematici e le costruzioni chiamati in causa dai paradossi.
Ovviamente, come si vedrà, gli intuizionisti non accettano tutti questi concetti e queste dimostrazioni. Weyl si dilunga sul
ruolo della logica: “Secondo le sue [di Brouwer] idee e la sua lettura della storia, la logica classica venne ricavata dalla
matematica degli insiemi finiti e dei loro sottoinsiemi ... Dimentichi di queste origini limitate, successivamente si scambiò
quella logica per qualcosa di superiore e precedente a tutta la matematica ed infine la si applicò, senza giustificazione, alla
matematica degli insiemi infiniti. Questa è la caduta e il peccato originale della teoria degli insiemi, per cui essa viene
giustamente punita dalle antinomie. Non è tanto sorprendente che si siano presentate delle contraddizioni, quanto che esse
si siano mostrate ad uno stadio del gioco così avanzato”». KLINE, op. cit., vol. 2, pp. 1398-1400.
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che dovrebbe occuparsi di questo: la metamatematica.27 Riuscirono a dimostrare che la
coerenza della maggior parte delle discipline matematiche si riduceva alla coerenza
dell’aritmetica. All’inizio degli anni ‘30 restava da dimostrare la coerenza interna dell’aritmetica.
6. IL TEOREMA DI GÖDEL
IL SOGNO INFRANTO DELLA LOGICA
La perdita della certezza nella potenza assoluta della Logica
Nel 1930 l’austriaco Kurt Gödel enunciò il suo celebre:
Teorema di incompletezza.
Una teoria formale, abbastanza potente da contenere al suo interno almeno l’aritmetica,
o è coerente o è completa.28
In una teoria formale (cioè assiomatizzata) che contiene l’aritmetica vi sono proposizioni come
la P seguente:
P := «Non esiste una dimostrazione di P»
Ora, se P è falsa, allora il sistema è incoerente, poiché contiene una proposizione falsa.
Viceversa se P è vera, allora il sistema è incompleto poiché P non è dimostrabile al suo interno.
27
Nella quale rientrano, ad esempio, teoremi come i seguenti due che valgono in qualsiasi teoria razionale, cioè ipoteticodeduttiva.
Teorema dello Pseudo-Scoto.
Se in una certa teoria razionale T esistono due proposizioni tra loro contraddittorie A e ¬A, allora è possibile
dimostrare in
T qualsiasi proposizione.
Dimostrazione. Presa una qualsiasi proposizione P, si supponga che P sia falsa e si ricordi che la seguente è una
tautologia logica:
B ∨ C, ¬B ⇒ C
Dunque:
¬A ∨ P, ¬P ⇒ ¬A
A ∨ P, ¬A ⇒ P
Quindi, se ¬P è vera, anche P è vera e di qui la tesi: ∃A: A, ¬A∈T ⇒ ∀P P∈T (Ex absurdis sequitur quo libet)
Teorema.
Condizione necessaria e sufficiente affinché una teoria razionale T non sia contraddittoria è che non contenga tutte le
proposizioni.
Dimostrazione. La condizione è necessaria. Infatti, se
T contiene tutte le proposizioni è manifestamente contraddittoria,
poiché contiene una proposizione e la sua negazione.
La condizione è sufficiente. Infatti, se T è contraddittoria, allora contiene tutte le proposizioni per il teorema dello
Pseudo-Scoto.
Ne discende che per dimostrare la non contraddittorietà di una teoria
proposizione P che non sia dimostrabile nella teoria
T è sufficiente dimostrare che esiste almeno una
T.
28
Coerente significa non contraddittorio, che non genera contraddizioni cioè nel quale è impossibile dimostrare una
proposizione e la sua negazione. Completo significa che di ogni proposizione è in grado di stabilire la verità o la falsità.
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Naturalmente la scelta cade sulla verità di queste proposizioni P, verità non dimostrabile nel
sistema.29
Ciò significa che se costruiamo una teoria coerente, allora dobbiamo rinunciare alla sua completezza: essa conterrà affermazioni indecidibili. Una delle più importanti affermazioni indecidibili che una tale teoria può contenere è quella relativa alla propria coerenza, come afferma il
corollario che discende dal teorema di incompletezza:
Corollario del teorema di incompletezza.
Non si può dimostrare la coerenza dell’aritmetica con metodi aritmetizzabili.
Quindi muore definitivamente la speranza di dimostrare la coerenza dell’aritmetica al suo interno, cioè ricavandola dai suoi assiomi.
Frege già nel 1884 aveva scritto:
«Spesso si agisce come se la pura e semplice esigenza equivalesse già al soddisfacimento di
essa. Si esige che la sottrazione, la divisione, l’estrazione di radice risultino sempre eseguibili,
e si ritiene con ciò di aver fatto abbastanza. Ma allora perché non pretendere che per tre punti
arbitrari passi sempre una retta? Perché non esigere che per un sistema di numeri complessi a
tre dimensioni valgano tutte le solite regole di addizione e di moltiplicazione, proprio come
per i numeri reali? Evidentemente perché queste ultime due pretese contengono una contraddizione. Prima di affermare che quelle altre esigenze sono soddisfatte, si dimostri dunque che
anche in esse non è contenuta alcuna contraddizione. Fin quando non si sarà compiuta una
tale dimostrazione, tutto il rigore di cui tanto si parla non potrà essere che mera parvenza». 30
Non potendo rinunciare alla coerenza, i nostri sistemi formali aritmetizzabili dovranno rinunciare a quella completezza di cui Hilbert era convinto, e con essa alla certezza sulla propria
coerenza.31
7. CONCLUSIONE?
«L’implicazione che ci sono dei limiti a ciò che si può ottenere con l’assiomatizzazione, contrasta vivamente con l’opinione del tardo Ottocento secondo la quale la matematica è coestensiva alla famiglia del branche assiomatizzate. Il risultato di Gödel inferse un colpo mortale all’assiomatizzazione
globale. L’inadeguatezza del metodo assiomatico non è in se stessa una contraddizione, ma è sorprendente, perché i matematici si aspettavano che ogni enunciato vero potesse essere certamente dimostrato entro la struttura di qualche sistema assiomatico. Naturalmente i ragionamenti di cui sopra
29
Si veda una discussione semplice sulla dimostrazione del teorema di incompletezza in PENROSE R., La mente nuova
dell’imperatore, Rizzoli, Milano 1992, pp. 147 e segg.
30
Citato in SELLERI F., Fisica senza dogma, Dedalo, Bari 1989, p. 62.
«Gödel dimostrò che all’interno di un sistema rigidamente logico come quello che Russell e Whitehead avevano
sviluppato per l’aritmetica, è possibile formulare proposizioni che sono indecidibili o indimostrabili nell’ambito degli
assiomi del sistema. In altre parole, all’interno del sistema esistono certe asserzioni ben precise che non possono essere né
dimostrate né invalidate. Pertanto, usando i metodi convenzionali, non si può essere certi che gli assiomi dell’aritmetica
non portino a contraddizioni. [...] Nelle sue implicazioni la scoperta di proposizioni indecidibili da parte di Gödel è non
meno inquietante della rivelazione di grandezze incommensurabili fatta da Ippaso: infatti sembra precludere ogni
speranza di potere giungere alla certezza matematica attraverso l’impiego dei metodi convenzionali». BOYER C.B., Storia
della matematica, Mondadori, Milano 1990, pp. 695-696.
31
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non escludono la possibilità di nuovi metodi di dimostrazione che vadano al di là di ciò che permette
la metamatematica di Hilbert.
Hilbert non era convinto che questo colpo distruggesse il suo programma. Egli ribatteva che anche se
si dovessero usare concetti esterni a un sistema formale, essi dovrebbero essere ancora finiti e intuitivamente concreti, e perciò accettabili. Hilbert era un ottimista. Egli aveva una fiducia illimitata nel
potere del ragionamento e della comprensione umana. Nella conferenza che tenne al congresso internazionale del 1928 aveva affermato: «Non ci sono limiti alla comprensione matematica... in matematica non ci sono Ignorabimus; anzi, possiamo sempre rispondere a domande significative... la nostra
ragione non possiede alcuna arte segreta ma procede con regole del tutto definite ed enunciabili che
sono la garanzia dell’assoluta obiettività del suo giudizio». Ogni matematico, egli disse, condivide la
convinzione che sia possibile risolvere ogni problema matematico ben posto. Questo ottimismo gli
dette forza e coraggio ma gli impedì di capire che ci possono essere problemi matematici indecidibili.
Il programma formalista, riuscito o meno, era inaccettabile per gli intuizionisti. Nel 1925 Brouwer
criticò duramente i formalisti. Ovviamente, egli disse, gli assiomatici metodi formalisti eviteranno le
contraddizioni, ma per questa strada non si otterrà niente di valore matematico. Una teoria falsa non
è meno falsa se non è arrestata da una contraddizione, proprio come un atto criminale è criminale
che sia o no proibito dalla legge. Sarcasticamente notò: «Alla domanda: dove si trova il rigore matematico, i due diversi partiti daranno risposte diverse. Gli intuizionisti dicono: nell’intelletto umano;
i formalisti dicono: sulla carta». Anche Weyl attaccò il programma di Hilbert: «La matematica di
Hilbert può essere un bel gioco con le formule, anche più divertente degli scacchi; ma che rapporto
ha con la conoscenza, dato che le formule non hanno dichiaratamente alcun significato materiale in
virtù del quale esse possano esprimere verità intuitive?». A difesa della filosofia formalista, si deve
rilevare che è solo allo scopo di dimostrare la coerenza, la completezza e altre proprietà che la matematica è stata ridotta a formule prive di significato. Per quanto riguarda la matematica nella sua
interezza, anche i formalisti respingono l’idea che essa sia semplicemente un gioco: essi la considerano una scienza obiettiva.
Hilbert a sua volta accusò Brouwer e Weyl di cercare di buttare a mare tutto ciò che non piacesse loro e di promulgare dittatorialmente un embargo. Egli chiamò l’intuizionismo un tradimento della
scienza (e tuttavia nella sua metamatematica si limitava a principi logici intuitivamente chiari)». 32
«Vi sono alcuni che vedono la speranza di uscire dall’impasse attuale. Il gruppo di matematici che
scrive con lo pseudonimo di Nicholas Bourbaki offre questo incoraggiamento: “È da venticinque secoli che i matematici hanno l’abitudine di correggere i loro errori e vedere così la loro scienza arricchita, e non impoverita; ciò dà loro il diritto di guardare al futuro con serenità”».
«Che sia o meno autorizzato l’ottimismo, lo stato attuale della matematica è stato ben descritto da
Weyl: “La questione dei fondamenti ultimi e del significato ultimo della matematica rimane aperta;
noi non sappiamo in quale direzione troverà la sua soluzione finale e neppure se ci si possa aspettare
una risposta obiettiva definitiva. La ‘Matematizzazione’ può ben essere un’attività creativa
dell’uomo, come il linguaggio o la musica, di originalità primaria, le cui decisioni storiche sfuggono
a una completa razionalizzazione oggettiva”». 33
32
33
KLINE, op. cit., vol. 2, pp. 1407-1408.
KLINE, op. cit., vol. 2, p. 1410.
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Breve storia dei fondamenti
La visione del rapporto matematica-realtà è cambiata nella storia del pensiero matematico.
Ritornando alla questione più ampia posta all’inizio, qual è la ragione per cui la matematica si
adatta così bene alla realtà?
«È la matematica ad essere nella natura o è l’uomo a mettercela?
La matematica esiste in sé e l’uomo la svela, o la matematica esiste in quanto l’uomo la
inventa?»34
Ma se la matematica è l’essenza profonda della realtà cosa rende l’intelletto umano capace
di scoprirne il velo?
Quale teoria gnoseologica, dopo il parziale insuccesso del trascendentalismo kantiano, è erede
moderna del mito della caverna?
E, invece, se la matematica descrive così bene una realtà sottostante non essenzialmente
matematica, cosa rende l’intelletto umano capace di approssimare così bene tale realtà?
L’evoluzionismo della specie homo sapiens è la risposta?
34
BIANUCCI P., Sezione aurea tra il piacere e lo stupore, TuttoScienze, La Stampa, 17/11/04
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voll.
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