QUALE IL VERO LUOGO OVE FU COMBATTUTA LA BATTAGLIA DI CANNE (dr. Arturo Salerno – Notaio) I rifusi storici, cioè gli errori nella storia, sono molti ma quella riguardante il luogo ove effettivamente fu combattuta la battaglia cosiddetta di Canne tra i cartaginesi comandati da Annibale ed i romani il giorno 2/8/216 Avanti Cristo, una delle battaglie più cruenti della storia ed una delle poche sconfitte dei romani antichi, è ancora oggi un enigma difficile da chiarire. Ma dato che di recente uno studioso, quale il prof. Antonio Fratangelo, ha detto che quell’evento storico, cioè quella celebre battaglia, non si è combattuta vicino al fiume Ofanto, cioè a sud della pianura di Foggia e Tavoliere delle Puglie, come chiamasi ora, ma a nord di essa vicino al fiume Fortore, nome che deriva da “Fortis ad oras” cioè in piena solo alcune ore ed in alcuni giorni per il suo carattere torrenziale, che d’estate è quasi sempre a secco e che divide la provincia di Foggia da quella di Campobasso cioè la Puglia dal Molise. Ciò premesso vorrei dare anche io un modesto contributo alla soluzione di tal errore ed enigma, basandomi non solo sui toponimi e su alcuni ritrovamenti, ma facendomi guidare dalla conoscenza dei luoghi e dalla logica e dal senso pratico. L’evento storico di cui ci occupiamo fu tramandato oralmente per circa due secoli, senza che nessun contemporaneo se n’occupasse e ricordarlo per iscritto. Gli storici o storiografi che per primi si occuparono e scrissero della celebre battaglia, vennero molto dopo, di essa e furono: a) – Polibio, greco, nato nel 203 A.C. e morto nel 120 A.C. che nella sua opera storica parlò diffusamente di battaglie, ma purtroppo la parte che riguardava la celebre battaglia tra i Romani e i Cartaginesi è andata perduta. b) – Strabone, pure greco, più geografo che storico forse nato prima del 60 A.C. e morto il 20 D.C., dice che quella battaglia avvenne in vista del mare Adriaticum. c) – Tito Livio, massimo storico di Roma, nato il 59 A.C. e morto nel 17 D.C. Ancora più lontano da quell’evento si rifà a quanto Polibio aveva detto e raccontato. Ma andiamo per ordine ed esponiamo il nostro pensiero e la nostra tesi. Dopo la battaglia del Trasimeno, avvenuta nella primavera del 217 A.C. e nella quale i Romani, comandati dal console Flaminio, furono pure sconfitti da Annibale, quest’ultimo anche perché indebolito dai combattimenti sostenuti in precedenza, non osò marciare su Roma, della quale aveva sempre un certo timore e di cui non conoscevi la vera forza, si diresse verso il sud d’Italia anche per avvicinarsi al porto di Taranto ove gli arrivavano da Cartagine gli aiuti in uomini e mezzi ad anche le vettovaglie quando non poteva procurarsele sul posto. Si fermò Annibale nel Frentano, attuale Molise, il cui centro abitato più noto era Gerione, i cui resti ne testimoniano l’importanza e che trovasi non molto lontano dalla riva del fiume Fortore. Dopo la sconfitta del Trasimeno i romani cercarono di riorganizzarsi e di mettere su un esercito forte per prendersi la rivincita su Annibale e nominarono dittatore e capo dell’esercito Fabio Massimo che su poi denominato “Temporeggiatore-cunctador” perché ritardava ad attaccare frontalmente il nemico, ma che per non perdere d’occhio Annibale mandava lungo le valli che fiancheggiano il Frenano ed in quelle del vicino Sannio contingenti di soldati che spesso avevano scontri e scaramucce con quelle d’Annibale. Ma il pensiero principale di Fabio Massimo era quello di tagliare ad Annibale la strada per Taranto e perciò mandò soldati verso il sud e che si appostarono lungo l’Appennino Dauno che sovrasta la pianura per dove Annibale doveva passare per giungere a Taranto posto per lui molto importante, come detto avanti. Per tale motivo Fabio massimo creò e costruì molti accampamenti fortificati pieni di soldati pronti a scendere in pianura e nel momento più opportuno. Uno di tali accampamenti fortificati era certamente quella di Castrum Novum, che significa ultimo accampamento e che trovasi ove ora vi è il comune di Castelnuovo della Daunia. Ma l’azione di Fabio Massimo non piacque ai romani i quali, scaduto il mandato di F. Massimo, elessero due consoli nelle persone di L. Emilio Paolo e Caio Muzio Marrone, i quali decisero di attaccare subito il nemico e scelsero il luogo del combattimento che certamente era la riva destra del fiume Fortore, che separa, come detto il Frenano dalla pianura foggiana. L’errore dei narratori o storici antichi e moderni incomincia proprio per i nomi e le denominazioni dei luoghi ove avvenne la sanguinosa battaglia. Anticamente il mare Adriatico, che si estendeva da Trieste al promontorio del Gargano, era anche detto Mare Superum, mentre il mare che va dal Gargano in giù, che costeggia la penisola Salentina era chiamata “Mare Inferum”, ora parte del mare Ionio. Allora, come adesso, lungo la riva destra del fiume Fortore, quando esso scende a valle e si adagia nella pianura, nascevano spontanee le canne, che pure in latino avevano lo stesso nome. Detti arbusti che nascono lungo il fiume e prediliscono luoghi umidi, avevano infestato anche molte zone vicine acquitrinose come ben ricordano i nostri nonni, alla destra del detto fiume. Oltre a ciò vi è un tratto vicino al detto fiume, a destra di esso ed in pianura, che ancora oggi si chiama Fantina od Ofantina, che trovasi vicino al castello di Dragonara Da ciò la confusione tra Ofanto e Ofantine e quando avvenne la celebre battaglia, nell’agosto del 216 A.C., il detto fiume certamente era senz’acqua, ma le zone vicine alla sua destra erano certamente piene di canne, perché paludose e che attualmente si chiamano o si chiama Valle e che ora fa parte dell’agro di Torremaggiore e che trovasi tra Casalnuovo Monterotaro e la detta Torremaggiore. I romani quasi certamente si appostarono in forze, per non essere visti dietro l’altura di Casalnuovo Monterotaro, in località ancora adesso chiamata “Fondo Romano” e sulla predetta altura ove era il Castrum Novum; non si esclude che vi fossero altre legioni romane più a sud. Chi scrive queste deduzioni e pensieri ha vissuto e vive nei luoghi sopra citati e crede che molte delle prefate affermazioni siano vere e reali. L’attuale fiume Ofanto, ove molti credono che la celebre battaglia cosiddetta di “Canne” sia stata combattuta dal frentano che distano circa 120 chilometri e poiché a quei tempi si procedeva a piedi i soldati portavano con se anche i fardelli con le cose più necessarie, per andare dal Frentano all’odierno Ofanto occorrevano non meno di cinque giorni e da detto fiume non si può vedere il mare Adriatico di allora. Narrano gli storici che le truppe romane, sempre comandate dai predetti consoli Varrone e Paolo, ed un certo momento cominciarono a scendere dalle alture verso la pianura, alla cosiddetta “Valle”, piena di canne, per avvicinarsi al nemico e per dargli battaglia. Ma Annibale, che come detto avanti, si era fermato nel Frentano e conosceva bene quei luoghi ed i luoghi vicini compresi quelli della destra del Fortore, ove mandava spesso le sue pattuglie da ricognizione ed aveva intuito che i romani volevano attaccarlo passò allora, in una notte, come dice Stradone, e si appostò nei luoghi a lui più favorevoli e senza essere visto, cioè le Canne della Valle , mandò la sua cavalleria per due valli al fine di accerchiare i romani: una valle ove scorre il torrente chiamato “canale della botte” che scorre intorno ad un’altura o colle, chiamato ancora adesso “colle d’armi”. Altra valle ove forse mandò la sua cavalleria, per accerchiare i romani, è quella del torrente Staina; entrambi detti torrenti sboccano nel fiume Fortore e si aggirano intorno alla zona “Valle”, epicentro della battaglia. Come si svolse la battaglia e perché prevalse il Cartaginese, gli storici non dicono, ma è facile intuirlo. Come detto avanti i romani scendevano dalle alture della Daunia verso la “Valle” e come era d’uso mandavano prima le truppe leggere, i cosiddetti Veliti, armati solo di giavellotti, i quali veliti dovevano scandagliare e conoscere i luoghi dove le truppe vere e proprie, cioè i Milites, dovevano passare a fermarsi. Annibale si era accorto di quanto andavano facendo i romani e sapendo il loro modo di fare nei combattimenti, passò in una notte il fiume e si apposto tra le canne. Dai nascondigli, appunto tra le canne, i cartaginesi sorprendevano e sopprimevano i veliti man mano che giungevano, e quando giunsero i milites, cioè il nucleo centrale e principale dell’esercito romano, che non conoscevano i luoghi e poiché non erano ancora pronti per il combattimento, furono sorpresi, attaccati dai cartaginesi e quasi distrutti. Concorse a dare la vittoria ai Cartaginesi anche la cavalleria che giungendo e venendo dalle predette valli attaccò i romani alle spalle. In quella circostanza Annibale fece scendere in campo anche gli elefanti che incutevano anche paura: i romani si difesero strenuamente ma non ce la fecero e molti per salvarsi si diedero alla fuga. Come dicono gli storici i romani che perirono nella battaglia furono oltre ventimila e molti per salvarsi si diedero alla fuga e trovarono scampo nelle alture da dove erano venuti; molti non morirono in battaglia ma altrove per le ferite riportate: nella battaglia morì anche il console Varrone. Per tutto quanto sopra detto, più possibile che immaginario, fornito di logica e di realtà, a dimostrazione che la battaglia cosiddetta di Canne avvenne presso il fiume Fortore e non presso l’Ofanto.