universita` degli studi di firenze

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FIRENZE
FACOLTA' DI ECONOMIA
Corso di Laurea in Economia e Gestione Dei Servizi Turistici
Tesi di Laurea in Marketing del Turismo
Titolo tesi
“TERRITORIO ED ESPERIENZIALITA' COME
ELEMENTI DI VALORIZZAZIONE DEL
MARKETING DEL VINO”
Relatore: Chiar.mo Prof.
ALDO BURRESI
Tesi di laurea di
CHIARA BANCI
A.A. 2007/2008
INDICE
pag.
Introduzione.....................................................................................1
Capitolo 1
LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
E L'AFFERMARSI DI UN TURISMO
DELLE ESPERIENZE.....................................................................6
1.1
Concetto e funzioni del marketing territoriale......................... 6
1.2
Caratteri relazionali e reticolari
del marketing territoriale..........................................................11
1.3
Il marketing territoriale per la promozione
del territorio..............................................................................18
1.4
Promozione del territorio tramite
prodotti tipici di qualità............................................................23
1.5
L'economia delle esperienze di Pine e Gilmore....................... 28
1.6
Il marketing esperienziale secondo Schmitt.............................33
1.7
Il turismo delle esperienze........................................................36
Capitolo 2
LA VALORIZZAZIONE DI UN TURISMO
DEL VINO..........................................................................................43
2.1
Nascita di segmenti di mercato di nicchia (turismo sostenibile,
ecoturismo, turismo rurale, agriturismo
e turismo enogastronomico).....................................................43
2.2
Il turismo del vino.................................................................... 48
2.3
Enoturismo quale fattore di valorizzazione
della produzione vinicola......................................................... 51
2.4
Mutamenti della domanda
e caratteristiche degli enoturisti................................................53
2.5
Gli elementi e gli attori dell'offerta enoturistica.......................61
2.6
Il marketing del turismo del vino............................................. 66
2.7
Gli eventi enologici come strumenti di comunicazione e
promozione del territorio..........................................................70
2.8
Il marketing delle Strade del vino e dei sapori.........................73
2.8.1 Componenti delle Strade del vino (prodotti, attività,
territorio,ecosistema,soggetti)....................................... 74
2.8.2 Ruolo economico delle Strade.......................................77
2.8.3 Strade del vino come strumento di sviluppo rurale:
punti di forza e di debolezza..........................................78
Capitolo 3
LA DIMENSIONE TERRITORIALE ED ESPERIENZIALE
NEL MARKETING DEL VINO......................................................81
3.1
Il sistema dell'offerta di vino....................................................81
3.2
I comportamenti di acquisto e consumo del vino.....................88
3.3
Il marketing mix del vino.........................................................96
3.4
Alcune dimensioni territoriali ed esperienziali nel
marketing del vino....................................................................103
3.5
Valorizzazione territoriale ed esperienziale nel
marketing del vino....................................................................107
Considerazioni finali.......................................................................112
Bibliografia.......................................................................................116
Sitografia...........................................................................................122
Riferimenti legislativi.....................................................................123
INTRODUZIONE
Con questo lavoro mi sono proposta di approfondire i temi che
riguardano il mondo del marketing del vino e dell'enoturismo. Il vino è il
prodotto principe del turismo enogastronomico, che sta diventando sempre
più fenomeno di costume e quasi una “mania” collettiva. Il vino e
l’enogastronomia infatti sono oggi una delle più forti motivazioni di viaggio
e il turismo del vino si colloca a tutti gli effetti fra i cosiddetti “turismi
emergenti”, nuovi tipi di turismo legati alla natura e al territorio.
L’importanza strategica del turismo enogastronomico quale nuova tipologia
di turismo è andata progressivamente crescendo nel corso degli anni in
Italia. Questo tipo di turismo è fondamentale per lo sviluppo e il
mantenimento dei territori rurali. Genera ricchezza su questi territori,
contribuisce a mantenere il paesaggio, a innalzare la qualità del prodotto e
dell’accoglienza.
Il mio interesse all'argomento è nato anche dall'ammirazione per quella
profonda passione che mio nonno aveva per il vino e per la sua azienda
agricola, che si trova alle pendici del Montalbano, per la costanza con cui
portava avanti la tradizione di famiglia della produzione di vino Chianti,
che suo padre aveva avuto e ancor prima suo nonno, per l'energia e lo zelo
con cui ogni anno affrontava la vendemmia e tutti i processi di
vinificazione, per la sua costante attenzione alle innovazioni e per la
pazienza che ogni giorno impiegava nella cura amorevole delle sue vigne e
delle sue viti.
L'Italia è il paese al mondo con la più antica tradizione enologica. Basti
pensare, infatti, che uno dei nomi attribuiti dagli antichi Greci alla nostra
penisola era appunto Enotria, cioè la terra del vino1. Il vino è uno degli
ambasciatori dell'Italia nel mondo e l'enogastronomia rappresenta uno dei
principali fattori di identificazione del nostro Paese all'estero e si inserisce a
1 JOHNSON H.(1991), Il vino. Storia, tradizioni, cultura. Franco Muzzio Editore, Massa-Carrara
1
tutti gli effetti in quel vasto complesso di elementi che compone il
patrimonio culturale nazionale, componente primaria delle attrazioni
turistiche della nostra Nazione.
La cultura della vite risale fra gli 8 e i 10.000 anni fa, è quindi uno dei
primi fenomeni della cultura umana e dei più antichi fattori di civiltà2. Il
vino è stato, dunque, un importante strumento del progresso umano. Esso fu
prodotto per la prima volta, forse casualmente, nella zona tra il Caucaso,
l'Anatolia e la Mesopotamia. La scoperta della fermentazione, ossia il
passaggio dallo zucchero all'alcool, fu una scoperta tanto cruciale quanto
casuale, probabilmente indipendente da ogni volontà o tecnologia umana.
L'uomo dei primordi si accorse che le strane bacche della vite primordiale
erano commestibili e discretamente dolci. Con il passare del tempo capì che
se venivano tenute in qualsiasi contenitore e pigiate, dopo alcuni giorni
diventavano un liquido inebriante. Grazie alla presenza dello zucchero
divenuto alcool, aveva un'ottima capacità di conservarsi, di invecchiare,
perciò poteva essere facilmente accumulato per essere consumato un
domani, oppure trasportato o venduto.
Dalla prima scoperta che il succo fermentato di uva produceva una
bevanda di gusto gradevole e capace di produrre profondi effetti fisiologici
nel bevitore, il vino si è caricato di una serie di significati. Oltre ad aver
assunto quello economico di un prodotto della terra dal quale attraverso il
lavoro umano si possono ricavare dei profitti, esso è divenuto il simbolo
potente del ciclo fondamentale della vita, della morte e della resurrezione.
Non rappresenta solo l'essenza della vita in quanto simbolo potente del
ciclo fondamentale della divinità, ma è anche il mezzo attraverso il quale
chi beve può entrare in contatto con la divinità3.
E' esattamente dal momento della scoperta della fermentazione che inizia
una fatica del vino di durata millenaria e sempre all'insegna di tre precisi
2 UNWIN T. (1993), Storia del vino: geografie,culture e miti dall’antichità ai giorni nostri,
Donzelli, Roma p.60
3 UNWIN T. (1993), Storia del vino: geografie,culture e miti dall’antichità ai giorni nostri Op.cit.
p.365
2
obiettivi: ottenere la massima produzione, ottenere il massimo grado
alcolico, ottenere il miglior livello di conservazione.
Le fatiche del vino, così tante e così diverse fanno specchiare il
produttore nel vino. Fare il vino, mestiere una volta quasi esclusivamente
agricolo, poi arricchito dall'alchimia della cantina, oggi comprende anche la
capacità di rappresentarsi e commerciare.
In questo lavoro si sosterrà che coniugare la qualità del prodotto (vino, e
in particolare vino di qualità medio-alta) e qualità del territorio può
diventare un'importantissima leva di marketing per gli operatori
appartenenti al sistema della produzione e distribuzione della filiera
vitivinicola e a quello del turismo e dell'ospitalità. Oggi le risorse locali
rappresentano fonti di vantaggio competitivo ed elementi di
differenziazione sempre più importanti.
Il primo capitolo sarà dedicato alla valorizzazione del territorio e
all'affermarsi di un turismo delle esperienze. Ci occuperemo del marketing
territoriale quale strumento che mira a far crescere il grado di attrazione di
un determinato territorio e a sostenere lo sviluppo locale, attraverso la
valorizzazione delle risorse disponibili e la programmazione di interventi
sull'offerta territoriale in grado di coinvolgere gli operatori economici e le
professionalità locali. Affinché i territori risultino pienamente competitivi e
realizzino una capacità attrattiva reale e a lungo termine, occorre
ottimizzare sempre più le reti di servizio, attivare gli strumenti e le
potenzialità esistenti, confrontandosi con le caratteristiche, i pregi e i limiti
dei propri luoghi. E' sempre più necessaria infatti la capacità di saper fare
sistema e di governare il territorio, di valorizzare le risorse, le diversità e
specificità territoriali, attraverso l'integrazione degli attori dell'ambiente
socio-economico.
Ci soffermeremo poi sull'importanza di promuovere il territorio
attraverso i prodotti tipici di qualità e gli eventi. I prodotti agroalimentari di
qualità, e principalmente il vino di pregio, sono profondamente legati al
3
territorio e quindi possono diventare strumenti essenziali per veicolare la
cultura e le tradizioni di una certa area geografica. Un territorio dotato di
risorse enogastronomiche possiede inoltre notevoli potenzialità che, se
adeguatamente sfruttate, possono consentire uno sviluppo locale che
coinvolge diversi settori e operatori, dando luogo a quel circolo virtuoso di
soddisfazione - creazione di valore - investimento turistico4. Per far
diventare i prodotti tipici volano dello sviluppo del territorio bisogna prima
di tutto lavorare sulla comunicazione, utilizzando strumenti, come gli
eventi, in grado di valorizzare la relazione con il turista o il visitatore che
vuole vivere un’esperienza unica, autentica, esclusiva, piena di fascino ed
emozioni.
Affronteremo anche il marketing esperienziale (Schmitt, 1999) e il
turismo delle esperienze. Per un'impresa la semplice produzione di beni o
servizi non è più sufficiente: allora dovrà essere capace di offrire esperienze
che emozionino, coinvolgano il cliente, in modo da generare la sua massima
soddisfazione. Queste permettono di realizzare la personalizzazione del
prodotto e quindi di farne aumentare la desiderabilità. L'esperienza diventa
in questo modo il fondamento di una nuova economia: l'experience
economy, un'economia dove non si compete più sulla base dei prodotti o dei
servizi, ma sulle esperienze che le imprese sono in grado di realizzare per i
propri clienti e generando valore aggiunto (Pine e Gilmore, 2000).
Il secondo capitolo, riguarderà il turismo del vino quale strumento di
valorizzazione delle tipicità e specificità territoriali. Qui analizzeremo quali
sono le caratteristiche degli enoturisti e le motivazioni che li spingono a
praticare questo tipo di turismo. Inoltre esamineremo gli elementi, gli attori,
le attività dell'offerta enoturistica. A questo punto si delineeranno le
caratteristiche delle Strade del vino, un sistema integrato di offerte
turistiche che si snodano per un intero percorso lungo il quale si collocano
4 VALDANI E., ANCARANI F. (2000), “Il marketing territoriale fra esterno ed interno” in E.
Valdani e F.Ancarani, Strategie di marketing del territorio, Egea, Milano p.48-49
4
luoghi del vino visitabili (vigneti, aziende, cantine) e attività imprenditoriali
collegate (ristoranti, alberghi, agriturismi, enoteche, ecc.). La Strada del
vino collega tutte le risorse presenti in luoghi e territori ad alta vocazione
vinicola. E' uno strumento di divulgazione, di informazione e di
commercializzazione del prodotto enoturistico che permette di accrescere la
notorietà e l’immagine dei prodotti agroalimentari collegati ai luoghi della
produzione.
Il terzo capitolo, invece, tratterà dei principali aspetti del marketing del
vino: si procederà a presentare il sistema di offerta di vino e l'analisi del
mercato del vino, esaminando quali sono stati i cambiamenti che si sono
verificati negli ultimi decenni nei comportamenti di acquisto dei
consumatori. Infine tenteremo di cogliere gli elementi territoriali ed
esperienziali che permettono di valorizzare il marketing mix del vino.
5
CAPITOLO 1
LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO E
L'AFFERMARSI DI UN TURISMO DELLE
ESPERIENZE
1.1 Concetto e funzioni del marketing territoriale
In seguito alla globalizzazione dell’economia, che ha favorito la mobilità
di persone, merci e capitali e il rapido sviluppo di nuove tecnologie di
comunicazione, all’internazionalizzazione delle imprese, all'integrazione
all'integrazione economica e monetaria, all'apertura dei mercati mondiali e
alla crescita economica di nuove regioni del globo, la competizione
economica non si svolge più tra singoli soggetti economici, ma tra territori5.
Negli attuali contesti economici, infatti, la competitività delle imprese
dipende in misura crescente dalla più generale competitività dei sistemi
sociali e territoriali in cui esse sono inserite6. Ogni area geografica vuole un
ruolo preminente nel mercato, cerca di razionalizzare le proprie risorse e di
sfruttare le proprie potenzialità per crescere.
Oggi si sta assistendo ad un processo di riscoperta del territorio e delle
virtù dello sviluppo endogeno: ogni regione è unica e complessa, e grazie
alla la propria specificità i sistemi territoriali sono i soli capaci di essere
oggi competitivi, di generare innovatività e capacità di risposta dinamica al
mercato globale.
La competizione fra territori si manifesta su due piani diversi (Fig. 1.1).
5 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Franco Angeli, Milano p.28
6 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, EGEA, Milano p.24
6
Il primo piano è relativo al confronto tra imprese collocate in diverse aree
geografiche. La competitività di tali aziende è determinata dalle risorse
specifiche, ovvero le caratteristiche tangibili e intangibili dell'area in cui
esse sono insediate. Il rafforzamento delle eccellenti dotazioni
infrastrutturali presenti, consente alle imprese di disporre di un vantaggio
competitivo enorme rispetto ai concorrenti.
Il secondo piano riguarda il confronto tra territori, intesi come insieme di
soggetti economici ed extraeconomici. Qui la competizione si manifesta
nello sforzo di attrarre investimenti esogeni, ovvero reperire all'esterno le
risorse che sono scarse o non sono presenti in loco, che favoriscano lo
sviluppo del territorio7.
Figura 1.1 – I due piani su cui si manifesta la competizione tra territori
ATTRAZIONE
DI RISORSE
E INVESTIMENTI
DALL'ESTERNO
Competizione
tra territori
RAFFORZAMENTO
COMPETITIVITA'
DELLE
IMPRESE LOCALI
Fonte: Caroli (1999)
L'obiettivo primario di una regione o area è quindi quello di trovare il
modo di rafforzare la sua competitività e attrattività. Per raggiungere tale
fine, però, non basta più solo disporre di un territorio ma bisogna attuare un
vero e proprio governo strategico di questo, e lo si può fare grazie alla
progettazione ed attuazione delle politiche di marketing territoriale.
Lo strumento del marketing territoriale permette alle comunità locali e le
amministrazioni di valorizzare in modo mirato il loro prodotto-territorio, di
7 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.30-31
7
posizionarlo sul mercato facendolo percepire unico e inimitabile,
esaltandone le specificità, lo straordinario patrimonio naturale e culturale, le
risorse umane e professionali di cui dispone, per differenziarsi dalle realtà
locali concorrenti. Soltanto in questo modo le aree più in difficoltà potranno
reggere la sfida con le altre realtà territoriali più attrattive e sviluppate. I
sistemi territoriali devono imparare a stare nel mercato globale, ad utilizzare
un linguaggio veloce e comunicativo: comunicare le ricchezze di un'area, le
sue vocazioni imprenditoriali, le opportunità localizzative, le possibilità di
business. Questi sono gli strumenti che consentono di stimolare lo sviluppo
economico sostenendo la nascita di imprese locali e attraendo i capitali
esterni al territorio.
Il marketing territoriale, dunque, costituisce una via per governare questo
sviluppo. Ad esso si possono assegnare quattro funzioni generali8:
1) mantenere e consolidare il tessuto produttivo già esistente nell'area, e
questo può avvenire attraverso un'analisi delle ragioni di difficoltà che le
aziende possono incontrare nel mantenere la propria localizzazione
originaria e l'intervento per superare le spinte alla fuoriuscita (di qui
l'utilizzo di strumenti per rafforzare l'apparato produttivo come ad esempio
consorzi tra aziende locali per promuovere l'esportazione o percorsi
integrati di formazione professionale, oppure supporti alle attività in essere
o da realizzare delle imprese, ad esempio anche attraverso lo snellimento
delle pratiche amministrative);
2) favorire lo sviluppo nel territorio di nuove iniziative imprenditoriali;
questo obiettivo viene perseguito predisponendo condizioni ambientali
adatte ad attuare strategie di outsourcing e di reticolarizzazione delle
imprese, e quindi svolgere azioni di animazione e di promozione per far
nascere in loco nuove iniziative, nuove imprese e nuovi investimenti;
3) creare le condizioni che rendano il territorio attrattivo per determinati
8 VARALDO R. (1999), Attualità del marketing territoriale, relazione al convegno su “Il
marketing territoriale”, 6 Maggio 1999, Napoli
8
utenti potenziali; in questo caso il marketing si occupa di stimolare,
coordinare, realizzare quegli interventi sulle componenti di offerta del
territorio in modo da accrescerne la competitività rispetto ad aree
concorrenti e attrarre, in questo modo gli investimenti di attori locali o
esterni;
4) promuovere nel territorio il trasferimento di conoscenze in tutto il
tessuto produttivo locale, in questo modo si persegue l'obiettivo di favorire
la comunicazione, la diffusione del patrimonio di competenze e innovazioni
insito nell'area.
Figura 1.2 – Le quattro funzioni del marketing del territorio
Sviluppo di
una nuova
imprenditorialità
Rafforzamento del
tessuto economico
esistente
FUNZIONI DEL
MARKETING DEL
TERRITORIO
Diffusione di
competenze e
innovazione
Attrazione di
utenti potenziali
Fonte: nostro adattamento Varaldo (1999)
Il principale obiettivo del marketing territoriale è raggiungere le
condizioni di utilizzazione ottimale delle risorse disponibili rispetto ai
9
bisogni espressi dalle varie categorie di utenti potenziali e quindi di creare
le migliori condizioni per migliorare la connessione tra l'offerta territoriale
e le diverse tipologie di domanda. Dunque il suo compito essenziale
consiste nell'orientare l'offerta territoriale alle esigenze della domanda, in
maniera da attrarre quelle tipologie di utenti la cui presenza nel territorio
determina le migliori condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio
stesso9.
L'offerta che il marketing territoriale deve realizzare e promuovere sul
mercato è complessa, costituita da un insieme di quattro elementi:
a) risorse tangibili
b) risorse intangibili
c) servizi
d) relazioni tra gli attori locali
Il territorio è quindi un prodotto composito caratterizzato un insieme di
fattori sia materiali che immateriali e di relazioni fra soggetti e servizi10. Ma
soltanto la valorizzazione dei fattori intangibili, in quanto inimitabili
possono determinare un vantaggio competitivo duraturo. Fine ultimo del
marketing territoriale è quello di ottimizzare le risorse e valorizzare le
potenzialità caratteristiche di una determinata zona, accrescendone la
competitività rispetto ad altre aree geografiche, per giungere ad un
interessamento da parte degli stakeholders coinvolti (cittadini, turisti, enti
governativi, potenziali investitori) che porti ad una crescita economica
tangibile e strutturata11.
In questo scenario il marketing territoriale rappresenta uno strumento per
raccordare offerta territoriale (aree, servizi pubblici, componenti materiali e
immateriali del territorio) e domanda territoriale (fabbisogni di servizi,
infrastrutture da parte di residenti, imprese interne, investitori esterni,
9 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.82-94
10 Ibidem p.46
11 RIZZI P., SCACCHERI A. (2006), Promuovere il territorio: guida al marketing territoriale e
strategie di sviluppo locale, Franco Angeli, Milano p.28
10
turisti)12. Il territorio non è progettato o modificato in funzione delle attese
della domanda (come per un prodotto di un’impresa), ma viene valorizzato
nelle sue caratteristiche tangibili e intangibili per massimizzare la
considerazione da parte dei diversi tipi di utenti attuali e potenziali.
1.2
Caratteri relazionali e reticolari del marketing
territoriale
Il fenomeno della globalizzazione influenza sia le dinamiche territoriali
che lo sviluppo locale e inoltre, come abbiamo precedentemente affermato,
innesca situazioni di crescente competitività con altri territori. Diventa
quindi assolutamente necessario sviluppare le proprie risorse, promuovere il
territorio, attirare investimenti e competenze esterne. Questo, allora, è
l'obiettivo che il marketing territoriale si deve porre: attuare azioni di
sviluppo, di integrazione, di valorizzazione delle risorse locali.
La competitività e l’efficienza delle imprese non dipende solo da
caratteristiche interne alle imprese, ma anche, e sempre di più, dalla
capacità di costruire network, cioè strutture di relazioni, reti fiduciarie
formali e informali e dalla propensione alla coesione sociale attraverso
forme cooperative di partnership e reti associative fra gli attori di un
territorio.
Secondo Caroli l'approccio del marketing territoriale può essere basato
su quattro criteri13: sulla “chiarezza”, ovvero le iniziative di sviluppo
competitivo del territorio dovrebbero risultare il più possibile unitarie e
coerenti alle caratteristiche del territorio stesso e alle aspettative dei soggetti
12 RIZZI P., SCACCHERI A. (2006), Promuovere il territorio: guida al marketing territoriale e
strategie di sviluppo locale, Op.cit. p.122
13 CAROLI M. (2007), “Sezione tematica:il marketing territoriale”in Mercati e Competitività,
volume 1 n.1, Franco Angeli, Milano p. 15
11
che ne fanno parte; sulla “collaborazione”, infatti sottolinea che la strategia
di marketing territoriale e le conseguenti azioni operative dovrebbero essere
il risultato di un efficace coordinamento ed integrazione di attori pubblici e
privati coinvolti nel territorio; sul “consenso” che richiama la necessità che
l'azione di marketing sia basata sull'individuazione degli interessi comuni e
che garantisca l'adeguata considerazione degli interessi di tutti; infine, la
“continuità” che fa riferimento alla necessità di attuare un'azione continua e
a lungo termine.
In letteratura ci sono varie definizioni di marketing territoriale che
appartengono a due prospettive diverse, una prima di natura transazionale
ed una seconda di natura relazionale14.
Nel primo filone rientra la definizione di Kotler-Haider-Rein15 che
caratterizzano il place marketing (cioè il marketing dei luoghi) come “un
insieme di azioni collettive poste in atto per attrarre in una specifica area o
territorio nuove attività economiche e produttive, favorire lo sviluppo delle
imprese locali e promuovere un’immagine positiva”.
Una visione analoga è data da Texier e Valle, i quali considerano il
marketing territoriale come un “insieme di azioni collettive finalizzate ad
attrarre nuove attività economiche in una determinata area, a rafforzare le
aziende locali, a migliorare l'immagine complessiva del luogo”16, esso
rappresenta, quindi, lo strumento mediante il quale è possibile valorizzare
l’offerta dei territori ed individuare le risorse chiave. In questa definizione è
importante evidenziare la parola “azioni collettive” a dimostrazione del
fatto che occorre coinvolgere soggetti diversi per implementare operazioni
efficaci, e non concentrare tutto il potere in un attore.
Nel secondo filone vi è un approccio verso una prospettiva reticolare e
relazionale. Il territorio qui è visto come una dimensione reticolare
14 AIELLO G. , DONVITO R. (2007), “L'evoluzione dei network per il marketing territoriale e
l'attrazione degli investimenti”in Mercati e Competitività, volume 1 n.1, Franco Angeli, Milano
15 KOTLER P., HEIDER D.H., REIN L., (1993), Marketing Places, The Free Press, New York
16 TEXIER L., VALLE J.P. (1992), Le marketing territoriale e ses enjeux, in “Revue Française de
gestion” p.49
12
composta da nodi e legami tra gli attori che organizzano il territorio.
Secondo Valdani e Ancarani17 “per marketing territoriale s’intende
l’analisi dei bisogni degli stakeholder dei clienti/mercati volta a costruire,
mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli stakeholder
(marketing territoriale interno) e con i pubblici esterni di riferimento
(marketing territoriale esterno), con lo scopo ultimo di aumentare il valore
del territorio e delle imprese e l’attrattività degli stessi, attivando un circolo
virtuoso soddisfazione-attrazione-valore.”“L’impresa territorio si configura
sempre più come impresa a rete, assumendo assetti reticolari interni ed
esterni”.
Dunque esistono due tipologie di clienti (o pubblici) di riferimento:i
soggetti interni e quelli esterni. I soggetti interni sono i cittadini residenti, i
lavoratori e le imprese già insediate nel territorio. La seconda tipologia di
pubblici è formata dai turisti, dai potenziali nuovi residenti, dalle imprese
entranti e investitori che possono apportare nuove risorse al territorio in
termini di forza lavoro, competenze, capitali ecc.. Per quanto riguarda gli
stakeholder interni, il loro grado di soddisfazione sarà più o meno alto
quanto più il territorio avrà la capacità di perseguire questi obiettivi:

mantenere e rafforzare la posizione competitiva delle imprese
insediate;

favorire lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali;

incrementare l’occupazione;

migliorare la qualità della vita dei residenti
Mentre, con riferimento agli stakeholder esterni, l’azione di marketing
deve essere finalizzata ad aumentare l’attrattività del territorio; per
raggiungere questo segmento di mercato è necessario ad esempio facilitare
l’insediamento delle filiali di imprese estere o nazionali non ancora presenti
nell’area, aumentare l’offerta turistica dei luoghi d’arte o di villeggiatura,
17 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, EGEA, Milano
p.35
13
migliorare i servizi offerti alle imprese e le infrastrutture.
Esiste una sorta di circolarità tra marketing territoriale, soddisfazione
degli stakeholder interni ed esterni e valore che conduce ad un circolo
virtuoso: se il territorio risulta attraente, gli stakeholder aumentano la loro
soddisfazione così decideranno di investire creando nuovo valore e
attraendo risorse esterne e nuovi investitori, che a loro volta accresceranno
il valore del territorio con nuovi investimenti18.
Caroli definisce il marketing territoriale come “un processo finalizzato
alla creazione di valore per una collettività composta dall'insieme degli
individui che fruiscono di un territorio predeterminato nei suoi confini.” Il
marketing del territorio è fondato sulla creazione e consolidamento di un
sistema di relazioni tra il soggetto che ha il compito di gestire l'offerta (le
componenti del territorio) e i potenziali acquirenti rappresentati dagli
investitori e generalmente dagli utenti attuali o potenziali19. Caroli ritiene
che un programma di marketing territoriale intelligente ed integrato è uno
dei principali elementi di forza del territorio stesso.
Questo approccio sottolinea come il marketing territoriale sia finalizzato
allo sviluppo equilibrato dell'area e dell'economia locale e persegua questo
obiettivo attraverso due azioni fondamentali e fra loro connesse:
 la creazione e la promozione di elementi di attrattività del territorio
 l'incoraggiamento della collaborazione fra soggetti pubblici e privati
nella realizzazione dei progetti di sviluppo locale20.
Paoli sostiene che “tutte quelle attività che, esercitate su uno specifico
spazio geografico, possono rendere un'area attrattiva per un prescelto
gruppo di investitori logistico-industriali, sui bisogni percepiti del quale
(dei quali) si è attuato il disegno delle caratteristiche dell'area stessa”21.
Quindi quest'autore nella sua definizione sottolinea due aspetti
18 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, Op.cit., p.48
19 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.44
20 Ibidem p.72
21 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Guerini e
Associati, Milano p.114
14
importanti:in primo luogo, il fatto che le azioni di marketing devono essere
riferite ad uno spazio geografico ben individuato e circostanziato; in
secondo luogo, l'azione di marketing è riferita ad un “prescelto gruppo” di
soggetti (selezione del segmento di domanda), essa è quindi conseguenza di
un'attenta analisi delle diverse tipologie di domanda e della scelta di quelle
cui indirizzare in modo prioritario l'offerta territoriale.
Le azioni di marketing dell'offerta territoriale possono registrare la
partecipazione di soggetti pubblici, privati e misti. I primi hanno un ruolo di
indirizzo ma soprattutto di creazione di un contesto favorevole
all’innescarsi dell’iniziativa della seconda parte, quella privata.
Questi sono i livelli in cui sono coinvolti gli attori del marketing
territoriale22 (Fig.1.3):

il livello comunale o di area metropolitana

il livello regionale

il livello nazionale
Il marketing del territorio richiede la coesione di tutti gli attori le cui
attività incidono sulle condizioni strutturali dell'area23. Il coordinamento del
marketing delle imprese locali viene ideato e gestito da una struttura
pubblica, operante per lo sviluppo industriale del luogo- Local Government
Authority (LGA) e/o un'agenzia di sviluppo territoriale che ne è
espressione-. Affinché la cooperazione fra soggetti privati e istituzionali sia
efficace è necessario che tutti gli attori coinvolti individuino obiettivi
realmente comuni e quindi che ci sia un equilibrio fra quelli di natura
pubblica e quelli più strettamente legati al profitto individuale. Solo così si
riuscirà a realizzare un sistema territoriale integrato, coordinato e flessibile,
in cui ogni elemento è in funzione dell'altro.
22 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Op.cit. p.117
23 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale,Op.cit. p.92
15
Figura 1.3 - Attori coinvolti nel marketing territoriale
Livello comunale o di area metropolitana
Pubblico
Privato
- Sindaci
- Amministrazioni provinciali
- Assessorati allo sviluppo urbano,
all’industria e al commercio
- Aziende municipalizzate
- Università
Livello regionale
Pubblico
- Amministrazioni provinciali e
regionali
- Assessorati allo sviluppo urbano,
ambiente, industria, commercio,
trasporti
- Aziende municipalizzate
- Università
Livello nazionale
Pubblico
- Governo
- Ministeri Industria, Ambiente,
Trasporti, Aree Urbane
Livello internazionale
Pubblico
- Camere di Commercio, Industria e Artigianato
- Unione industriali
- Associazioni di categoria
- Sindacati
- Fondi immobiliari
- Consorzi
- Fondazioni bancarie
- Imprese e agenti immobiliari, proprietari di terreni
Privato
- Unioncamere
- Associazioni industriali
- Sindacati
- Consorzi
- Fondi immobiliari
- Fondazioni bancarie
Privato
- Associazioni industriali
- Sindacati nazionali
- Istituzioni bancarie
- Grandi imprese
Privato
- Camere di commercio internazionali
- Ambasciate e consolati
- Organismi comunitari
Fonte: adattamento da Paoli (1999) e Caroli (1999)
Un altro contribuo è quello di Hakansson, Tunisini e Waluszewski (2002)
i quali vedono il territorio come un “set di risorse”in cui vi è la presenza di
relazioni che legano insieme le risorse di più territori. Il territorio
rappresenta il risultato di interazioni relazionali fra soggetti, le cui
caratteristiche sono condizionate e determinate dai nodi stessi e dalle loro
16
interazioni di lungo termine.
Il marketing territoriale orienta i processi di generazione e sviluppo
dell'offerta territoriale, ne valorizza le potenzialità e la percezione goduta
presso gli attori interni e esterni al territorio.
Aiello e Donvito (2007) in questa direzione approfondiscono il ruolo e il
funzionamento delle reti di attori pubblici e privati nella definizione
dell'azione di marketing territoriale volta alla attrazione di investimenti
produttivi. Gli autori pongono il modello reticolare alla base del marketing
territoriale partendo dalla considerazione che il territorio è un sistema di
“nodi”legati tra loro da relazioni, cioè un network, all'interno del quale si
“rilevano fenomeni di interazione e interdipendenza tra le pluralità degli
attori che animano la rete stessa (i diversi livelli di LGA, gli investitori
attuali e potenziali, i fruitori dell'area,ecc.)”24.
Sul piano strategico il marketing territoriale può essere definito come
“un'intelligenza d'integrazione e fertilizzazione”25.
Il termine
“intelligenza”evidenzia il fatto che esso è un insieme di competenze
attraverso cui comprendere le opportunità competitive del contesto
geografico (cioè attraverso cui analizzare i punti di forza e di debolezza del
territorio), per ideare un progetto strategico conseguente e per stimolare
l'attuazione degli interventi previsti nel progetto strategico. L'azione di
questa intelligenza si manifesta su tre piani. Il primo è quello dell'
“integrazione” che si concretizza nello sviluppo di una visione sistemica
degli elementi che compongono l'offerta territoriale. Da questi fattori
dipende il grado di competitività e attrattività. Il marketing territoriale è una
forza ordinatrice e propulsiva che favorisce la trasformazione delle
caratteristiche materiali e immateriali del territorio in un insieme di servizi
integrati che creano valore per il cliente.
Sul secondo piano, che è quello della “fertilizzazione”, il marketing
24 AIELLO G. , DONVITO R. (2007), “L'evoluzione dei network per il marketing territoriale e
l'attrazione degli investimenti”in Mercati e Competitività, volume 1 n°1, Franco Angeli, Milano
25 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.103
17
fornisce gli strumenti operativi e di metodo attraverso i quali è possibile
valorizzare nel modo migliore le misure prese nell'ambito di ciascuna area
(su questo ci soffermeremo meglio nel prossimo paragrafo 1.3 ).
Il terzo piano è la “connessione”, consiste nelle condizioni che
permettono agli attori che fanno del territorio di stabilire relazioni con
soggetti esterni26.
1.3
Marketing territoriale per la promozione del
territorio
L'obiettivo comune di attori pubblici e privati è quello di promuovere,
attraverso il marketing territoriale, sia a livello locale, sia a livello
internazionale, il territorio, la qualità delle produzioni, in particolare quelle
artigianali, artistiche, paesaggistiche e agroalimentari. Il marketing
territoriale, infatti ha il compito di valorizzare le risorse contenute in un
determinato ambito geografico e socioculturale, puntando a stimolare lo
sviluppo locale e quindi ad aumentare la capacità di attrazione di produttori
ma anche di consumatori. All’interno di un territorio così delineato, la
valorizzazione del patrimonio artistico e culturale potrebbe rappresentare un
volano di sviluppo locale: tali mezzi, accrescono l’appetibilità di quei
comuni, regioni o province ricchi di risorse ed attrattive.
La promozione del territorio dovrebbe essere strategicamente proposta
come strumento di sviluppo che punti al globale facendo perno sul “locus”.
Le economie locali non sono più costituite principalmente da beni materiali
ma da una continua interazione locale-globale. I sistemi territoriali vitali
sono quelli che sanno valorizzare le proprie specificità e accettano la sfida
26 CAROLI M. (2007), “Sezione tematica:il marketing territoriale”in Mercati e Competitività,
volume 1 n°1, Franco Angeli, Milano p. 16
18
dell’apertura all’esterno; fanno circolare il proprio sapere e accolgono le
conoscenze globali. Oggi la concorrenza si gioca sulla destandardizzazione
e generazione di varietà.
Un piano di marketing del territorio si deve fondare, dunque, sulla
qualità delle risorse che trasformano l’area in questione in “prodotto di
successo”, che è in grado di offrire elementi di unicità. In questo caso si
manifesta per il territorio un vantaggio competitivo e cioè: “La capacità di
valorizzare i propri fattori qualificanti, tramite l’adozione di proprie
strategie di investimento, di specifiche politiche attive della promozione del
proprio ruolo internazionale e con l’uso di mirati strumenti di marketing nei
confronti dei potenziali utenti e clienti”27.
Sul piano operativo il marketing territoriale svolge fondamentalmente
due tipi di attività:
creare le condizioni migliori di fruizione del territorio da parte dei suoi

utenti (attraverso l'attuazione di interventi sulle componenti tangibili
e intangibili del territorio e l'assistenza agli investitori durante e dopo
l'insediamento nel territorio)
comunicare a tali soggetti i fattori di attrattività dell'area in questione in

relazione al posizionamento definito a livello strategico (attraverso il
rafforzamento e diffusione della percezione del posizionamento e la
pubblicità e promozione delle opportunità di fruizione del
territorio)28.
E' necessario attuare queste attività tramite varie azioni di marketing:la
segmentazione e il posizionamento, lo sviluppo del prodotto territorio ed in
fine la comunicazione.
Van den Bergh, Bromezza e Van der Meer individuano quattro leve
operative del marketing mix territoriale29:
27 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Op.cit.
28 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.106
29 VAN DER BERG L., BROMEZZA I., VAN DER MEER J. (1994), “Gestione e marketing
della città: l'esperienza olandese”, in Impresa e Stato, n.27, pp.38-44
19
prodotto: la progettazione del mix più adeguato di beni e di servizi

territoriali;

prezzo: la creazione di incentivi per gli utenti di questi beni o servizi;

distribuzione: la modalità di accesso ai prodotti e ai servizi territoriali;

comunicazione: la promozione dei valori e dell'immagine del territorio,
affinché i potenziali utenti siano a conoscenza dei vantaggi offerti dal
territorio stesso.
La prima leva che prenderemo in considerazione sarà il prodotto, per poi
soffermare la nostra attenzione sulla promozione-comunicazione.
Il prodotto-territorio costituisce l'aspetto fondamentale della politica
operativa del marketing territoriale poiché è un punto di riferimento per le
altre leve (in particolare per la comunicazione e la promozione)30.
L’offerta del territorio è composta dall'insieme delle relazioni tra gli
attori locali, dai servizi e da una pluralità di componenti tangibili e
intangibili, che, opportunamente connesse, danno luogo a determinati
“prodotti territorio”31. In particolare fanno parte degli elementi tangibili: la
posizione geografica, le risorse naturali la morfologia del territorio, queste
caratteristiche naturali sono fonte di opportunità da sfruttare al meglio e da
valorizzare, ma anche di ostacoli essendo elementi immutabili; le
infrastrutture pubbliche (vie di comunicazione, reti di telecomunicazione,
aree industriali ecc.), il sistema di servizi pubblici (trasporti), la struttura
urbanistica, il patrimonio immobiliare pubblico e privato, il patrimonio
culturale ed artistico, questi sono elementi che si basano sulla
manipolazione del territorio da parte dell'uomo. Fra gli elementi intangibili
rientrano le caratteristiche qualitative come il tessuto produttivo locale, la
dimensione del mercato locale, lo “spirito” del luogo, il sistema dei valori
civili e sociali, il livello di competenze presenti nella forza lavoro, il livello
di benessere della comunità locale, la qualità dei sistemi giuridico30 VARALDO R., CAROLI M. (1999), Il marketing del territorio: ipotesi di un percorso di
ricerca, Sinergie n°49, p.73-84
31 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.Cit. p.140
20
amministrativi, l'intensità degli scambi culturali ed economici con l'esterno.
Gli elementi intangibili essendo il prodotto della combinazione di fattori
specifici di un'area sono difficilmente imitabili e quindi sono fondamentali
per rendere attrattivo un territorio, capaci di rendere il territorio un luogo
interessante dove poter investire.
Il prodotto-territorio va adeguatamente promosso e pubblicizzato,
adeguando il linguaggio e gli strumenti a seconda del destinatario (target)
che si intende raggiungere. Saper comunicare è saper guidare lo sviluppo
del territorio in modo coerente con le professionalità locali, in modo da
valorizzare i carismi del territorio . Infatti una buona strategia di marketing
consente di valorizzare al massimo le caratteristiche socio-economicoambientali di un territorio, stimolando e incentivando iniziative
imprenditoriali e investimenti. Le strategie di sviluppo sono sempre più
orientate alla domanda ed attente all'immagine.
Uno strumento fondamentale del marketing territoriale è la
comunicazione, che è finalizzata a influenzare l'opinione e il
comportamento dei soggetti a cui si rivolge. Essa deve essere conseguente
all'elaborazione di una strategia di posizionamento ed è necessario che sia
collegata alle altre decisioni di marketing mix. L'attività di comunicazione
può essere rivolta ai soggetti interni o a quelli esterni32. La comunicazione
verso i soggetti interni (cittadini residenti, lavoratori, imprese locali) ha il
compito di divulgare le informazioni sui progetti di sviluppo del territorio,
questo permette un coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle decisioni
locali e il rafforzamento del senso di appartenenza al territorio, fattore,
questo, in grado di rendere più coesa la comunità locale e di rafforzarne
l'immagine esterna. Mentre verso i soggetti esterni (turisti e imprese
esterne), l’attività di comunicazione avrà il compito di rafforzare il legame
tra territorio e prodotto, di far percepire ai potenziali fruitori di quel luogo
un’immagine distintiva e quindi essere in grado di comunicare i punti forza
32 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.230-231
21
di quel territorio, le proprie competenze distintive rispetto alle altre offerte
territoriali, l'identità di un'area, valorizzando le specificità locali e le unicità
ambientali, sociali e culturali33.
E' necessario scegliere, a seconda del tipo di utente a cui ci si vuole
rivolgere, i mezzi di comunicazione più adatti da utilizzare, ovvero il
cosiddetto communication-mix, costituito da cinque diverse leve: la
pubblicità , le relazioni pubbliche, le forme di direct marketing e la
realizzazione di eventi.
Uno strumento fondamentale che può essere utilizzato per catturare
l'attenzione sul territorio è l'organizzazione di eventi (fiere, mostre, festival,
sagre ecc.), che animino il territorio e ne enfatizzino le caratteristiche e le
tipicità.
Gli eventi possibili sono numerosi e possono essere legati alla storia, alla
cultura e alle tradizioni del luogo, fondendosi in modo armonico con la
comunità locale in cui si svolgono34. Sembrano particolarmente interessanti
per la valorizzazione del territorio gli eventi che si basano su elementi di
tipicità, in quanto unici e difficilmente imitabili in altri luoghi e che quindi
danno origine ad un’offerta distintiva, che il visitatore può consumare solo
recandosi in quella specifica località.
Gli eventi hanno un forte impatto sia emozionale che visivo, e presentano
una duplice potenzialità: oltre ad
avere un intrinseco contenuto di
comunicazione, sono essi stessi una manifestazione del prodotto territorio,
grazie alla visibilità che determinano. Essi possono quindi rappresentare un
importante strumento di marketing territoriale per via della loro capacità di
attrarre turisti, di diffondere e migliorare l’immagine e la notorietà dell’area
e, soprattutto nel caso di eventi di grande risonanza , attirare investimenti
esogeni, attivando veri e propri processi di rigenerazione economica
all’interno dei territori che li ospitano35.
33 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, Op.cit. p.159
34 KOTLER P., BOWEN J., MAKENS J.(2003), Il marketing del turismo, Mc-Graw Hill, Milano
35 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.201
22
La realizzazione di eventi sembra essere inoltre in grado di attivare un
circolo virtuoso con le leve del marketing experience, di quello territoriale e
del marketing turistico: queste occasioni per essere veri mezzi di
valorizzazione dovrebbero creare un continuum di esperienze capaci di
coinvolgere in modo memorabile i visitatori ed è necessario che abbiano
una continuità nel tempo (§ 1.5).
Le esperienze tipiche locali quali i tour turistici, gli eventi, le sagre, ecc.
hanno un forte impatto emotivo e visivo e sono un modo di sfruttare le
risorse di tipicità del territorio oltre ad essere una straordinaria opportunità
per commercializzare le altre tipologie di prodotti territoriali quali le
materie (che i turisti consumano nel loro soggiorno), i beni (che acquistano
come approvvigionamento o semplicemente come souvenir) e i servizi (bar,
ristorazione, ecc.)36.
Insieme alle esperienze anche i prodotti tipici di qualità sono elementi
capaci di valorizzare il territorio, diventandone efficaci strumenti di
promozione.
1.4 Promozione del territorio tramite prodotti tipici di
qualità
Il territorio non è inteso solo come luogo geografico costituito dalla
natura e dal paesaggio ma è anche un insieme omogeneo di ambiente, di
storia, tradizioni e culture che si esprimono attraverso il loro patrimonio
artistico, le tradizioni enogastronomiche e i prodotti tipici locali.
Un prodotto tipico locale è “un’offerta economica proposta da una o più
imprese radicate in un territorio geograficamente, culturalmente e
36 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva
dell'economia delle esperienze, Congresso internazionale: Le tendenze del marketing, Venezia
23
storicamente delimitato che viene percepito dalla domanda come prodotto
unitario costituito da un pacchetto di elementi tangibili (prodotti
agroalimentari, prodotti artigianali, manufatti) ed intangibili (servizio,
informazioni, cultura, storia, saperi, tradizioni, ecc.) caratterizzato da
un’immagine o da un’identità di marca unitaria”.37
Le amministrazioni pubbliche a livello locale individuano nei prodotti
tipici un modo efficace non solo per valorizzare le attività agricole e le
imprese agro-alimentari presenti sul territorio, ma anche per creare o
consolidare l’immagine della località nei confronti degli utenti esterni
(consumatori, turisti, ecc.) e per rafforzare l’identità e la coesione della
comunità locale, attivando legami e sinergie con le altre attività presenti sul
territorio (artigianato, turismo, ecc.) per favorire lo sviluppo rurale38.
Le produzioni tipiche di qualità (a denominazione di origine e
indicazione geografica) possiedono un intrinseco e forte legame con il
territorio, che, se individuato ed adeguatamente valorizzato, può
promuoverne i diversi aspetti. Esse possiedono, inoltre, forti connotati
culturali in forza del solido vincolo che li lega al territorio di provenienza,
alla cultura ed alle tradizioni della popolazione locale.
I prodotti agroalimentari tipici (come ad esempio il vino) sono
inscindibilmente legati al proprio terroir39 in quanto da esso derivano la loro
specificità (tradizionalità o eccellenza) e riconoscibilità sul mercato. Per
terroir si intende l'insieme di diversi fattori quali il microclima, le
caratteristiche geologiche del suolo, gli elementi minerali e organici che
37 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva
dell'economia delle esperienze, Op.cit.
38 MARESCOTTI A. (2000), Convegno Sviluppo sociale, territorio, impresa, 5 Maggio, Firenze
39 Terroir è un termine francese difficilmente traducibile in altre lingue. La definizione che
meglio esprime il significato di questa parola viene proprio dalla Francia, coniata dall`Institut
National des Appellations d`Origine (INAO): “Il terroir è uno spazio geografico delimitato dove
una comunità umana ha costruito, nel corso della storia, un sapere intellettuale collettivo di
produzione, fondato su un sistema d`interazioni tra un ambiente fisico e biologico ed un insieme di
fattori umani, dentro al quale gli itinerari socio-tecnici messi in gioco rivelano un'originalità,
conferiscono una tipicità e generano una reputazione, per un prodotto originario di questo
terroir”.Il concetto di terroir può essere esteso a qualsiasi prodotto agricolo e alimentare ma
originariamente è stato codificato in rapporto al vino e alle caratteristiche uniche dei crus,
specifiche entità territoriali francesi da cui provengono i migliori vini.
24
compongono il terreno, l'altitudine e l'esposizione, le pratiche e le tecniche
agronomiche usate per la produzione. E' tutto questo che differenzia un
prodotto tipico, che lo rende in qualche modo, unico e irripetibile40.
La tipicità è fortemente congiunta alla dimensione del territorio, della
località. Ogni prodotto tipico è tale in quanto legato alla località alla quale
si riferisce. Con il termine tipico si fa infatti riferimento ad un prodotto
strettamente correlato con una specifica e particolare tradizione lavorativa
di una determinata area, tramandata di generazione in generazione e quindi,
in qualche modo, affonda le sue radici nella storia e nella cultura di una
comunità locale, ed in quanto tale diventa uno dei suoi elementi di
identità41.
Più un prodotto è unico e identificabile nella sua tipicità, più è
identificabile primariamente con l'area di provenienza da esso evocata; e
contemporaneamente più un'area è identificata per certe caratteristiche
produttive, più essa richiama la tipicità dei suoi prodotti.
E' necessario prima valorizzare i prodotti tipici, cioè crearne ed
evidenziarne il valore per poi comunicare e promuovere tale valore. Le
attività di comunicazione devono essere finalizzate all’esplicitazione ed al
rafforzamento del legame tra produzioni locali di qualità e luoghi di
produzione.
Il territorio deve essere capace di comunicare al prodotto i suoi valori
storici, culturali, gastronomici e ambientali. Se da un lato il territorio è in
grado di aggiungere valori e dunque valore ai prodotti tipici in esso
realizzati, anche i prodotti tipici sono in grado di aumentare l’attrattività di
una determinata area potendo diventare un valido strumento promozionale.
I prodotti tipici di un territorio sono come dei “giacimenti”, per la loro
storia e tradizione e possono contribuire a renderlo più visibile ai turisti,
portando indiretto beneficio anche agli altri prodotti locali. Sono prodotti
molto graditi dai consumatori esteri e rappresentano gli ambasciatori del
40 BELLETTI G. (2000), Convegno: Sviluppo sociale, territorio, impresa, 5 Maggio, Firenze
41 http://www.slowfood.it
25
“Made in Italy”, qualificandosi come prodotti di eccellenza. Quindi oggi
investire nella promozione dei prodotti di qualità attraverso la
valorizzazione delle tipicità rappresenta un importante strumento per la
promozione del nostro territorio all'estero.
Per essere percepito come elemento di cultura il prodotto tipico deve
essere associato al territorio e rappresentarne un prodotto simbolo. Il
territorio deve però avere le valenze di:

omogeneità in termini morfologici e culturali;

limitazione geografica;

facile identificabilità.
I prodotti tipici locali vengono particolarmente apprezzati dai
consumatori proprio per la loro forte connessione con i luoghi di
coltivazione, allevamento e produzione, fatto che li rende unici, in qualche
modo rappresentativi della cultura e della tradizione dei luoghi. Ne
consegue che il consumo di certi vini o salumi o formaggi assume senso,
significati e sapori assai differenti e comunque più appaganti e gratificanti
se consumati direttamente nei luoghi di origine piuttosto che in contesti
lontani dai territori di provenienza42. Questo sia per ragioni strettamente
connesse alle qualità intrinseche dei prodotti, che si esaltano quando il
consumo avviene nei territori di origine, mentre si attenuano quando i
prodotti subiscono diverse fasi di trasporto, stoccaggio e conservazione, sia
per aspetti collegati alla psicologia dei consumatori, maggiormente
gratificata dal coinvolgimento sensoriale che può garantire il consumo nei
territori di origine rispetto a quella ottenibile dal semplice consumo
domestico o in servizi di ristorazione lontani dai luoghi di provenienza43.
Ogni luogo ha sempre prodotto tipicità, se intendiamo con questa la
specifica modalità di combinazione fra risorse locali, bisogni comunitari e
ingegno. E nel contempo ogni comunità ha sempre prodotto e/o trasformato
42 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva
dell'economia delle esperienze, Op.cit.
43 Ibidem
26
beni con i quali identificarsi attraverso i quali riconoscere la propria identità
locale.
Dunque dietro ad un prodotto identificato dal suo luogo d'origine c'è
sempre stato, inanzi tutto, un sistema sociale che lo ha riconosciuto come
proprio, in quanto risultato della specificità locale che lo fa essere un
qualcosa di unico.
Nel caso dei prodotti della terra, come ad esempio il vino, la località
diventa la specificità in quanto elemento caratterizzante: è il caso delle
“vocazioni”di certe aree caratterizzate dalla particolare composizione dei
territori.
Si costruiscono così geografie della produzione in base alle diverse
geografie dei terreni, che diventano luoghi delle diversità dei prodotti e
delle procedure di produzione44.
I prodotti tipici grazie alla loro specificazione d'origine (DOCG, DOC,
IGT, DOP) che li lega in modo chiaro e leggibile all'area geografica di
provenienza, dispongono di aspetti di unicità e differenziazione, perciò sono
una risposta efficace contro l'omologazione e la standardizzazione dei
prodotti, a cui ha portato il processo di globalizzazione.
I consumatori moderni, soprattutto in campo enogastronomico, sono
sempre più alla ricerca di prodotti genuini e autentici. Le produzioni tipiche
locali di solito vengono percepite come più naturali e rispettose
dell'ecosistema, quindi consentono di soddisfare meglio questi requisiti di
genuinità e autenticità rispetto ai prodotti industriali. Grazie alle loro
caratteristiche uniche possono fungere da volano per rilanciare l'economia
di un territorio, sono fonti di attrazione turistica ed un medium per produrre
ricchezza nei territori da cui hanno origine. Al pari delle altre espressioni
culturali, i prodotti tipici agroalimentari sono un patrimonio economico e
culturale da tutelare e valorizzare.
44 COSTANTINO S., ARTISTA A. (2003), Le strade del vino e le vie dello sviluppo, Franco
Angeli, Milano p.147-157
27
Le produzioni tipiche diventano un aspetto di differenziazione e di
qualificazione di interi territori, divenendone una delle risorse o, in taluni
casi, la principale risorsa ed il vero fattore di attrattiva turisticamente
rilevante delle località che rivolgono le proprie strategie di marketing ai
nuovi segmenti di domanda turistica (i cosiddetti turisti post-fordisti, fra i
quali segnaliamo i turisti del gusto o gastronauti, i turisti verdi, ecc.)45.
Perciò, soprattutto le imprese produttrici di piccole dimensioni, anziché
adottare una strategia di marketing centrata solo sulla distribuzione (Paolini
2000), ovvero portare il prodotto il più vicino possibile alla casa del
consumatore, possono scegliere quella di attrarre il consumatore, cioè di
portare il cliente a consumare nei luoghi di produzione, dove si realizzano i
prodotti tipici locali. Questo consente di esaltarne i punti di forza, ovvero la
varietà, l'esclusività, la genuinità, la stagionalità, ecc. e di trasformare gli
aspetti problematici come la deperibilità o la difficile conservazione, le
produzioni limitate, in opportunità, in quanto contribuiscono a rendere i
prodotti tipici locali fortemente differenziati e difficilmente massificabili.
Nella prospettiva del consumatore moderno alla ricerca di continue e
nuove emozioni e di nuovi modi di essere, alla domanda di beni
agroalimentari tipicamente locali si affianca una domanda di servizi ed
esperienze collegate alla cultura locale e del territorio. Il territorio, con le
sue risorse culturali e ambientali, diviene così il palcoscenico-supporto
indispensabile ai produttori per creare esperienze memorabili per la
clientela.
45 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva
dell’economia delle esperienze, in Collesei U., Andreani J.C. (a cura di), Atti del V Congresso
Internazionale Marketing Trends, Venezia, 20-21Gennaio 2006, Dipartimento di Economia e
Direzione Aziendale, Università Ca’ Foscari Venezia.
28
1.5 L'economia delle esperienze di Pine e Gilmore
Strumenti di comunicazione come gli eventi (§ 1.3), capaci di accrescere
l'attrattività dei territori rafforzandone gli elementi di autenticità, sono
anche forme di marketing esperienziale, che mirano ad un coinvolgimento
forte dei visitatori ed in grado di creare specifiche immagini di un territorio
Con il passaggio dall'orientamento al prodotto all’orientamento verso il
consumatore, la centralità del cliente è ormai un aspetto consolidato nella
cultura del marketing.
Il marketing tradizionale si focalizzava sul prodotto, sulla sua qualità,
sulle
caratteristiche e sugli attributi fisici. Negli ultimi anni è nato il
marketing esperienziale, che, invece, concentra la sua attenzione
sull'esperienza di consumo del cliente46.
Il marketing si sta sempre più focalizzando sull’importanza del saper
offrire esperienze di consumo globali che siano significative e qualificanti.
L'obiettivo è di dar vita ad un evento memorabile che coinvolga i
consumatori in modo più profondo e intimo, che migliori, renda unica
quell'esperienza di consumo. Ciò permette di distinguersi dalla concorrenza.
Secondo Pine e Gilmore (2000) il XXI secolo sarà caratterizzato dal
passaggio dall'economia dei servizi allo sviluppo di una nuova economia :
l'economia delle esperienze, dove le esperienze vengono viste come
prodotti di maggior valore economico, capaci di produrre la massima
soddisfazione dei clienti e quindi capaci di aumentare la redditività
all’impresa. Tutto questo è dovuto a causa di una serie di motivi: il
progresso tecnologico, la crescita dell'intensità della competizione
(l'aumentare della concorrenza porta ad una sempre maggiore ricerca di
differenziazione delle offerte delle imprese), la progressione naturale del
valore economico (progressione da merce a bene, poi a servizio e infine a
46 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza
di consumo, Franco Angeli, Milano
29
esperienza - vedi Fig.1.4-) e la crescita della ricchezza47.
Figura 1.4 - La progressione del valore economico
differenziata
Mettere in
in scena
scena
Mettere
esperienze
esperienze
Prestazione
Prestare
servizi
servizi
Posizione
competitiva
Esigenze
della
clientela
Produzione
beni
indifferenziata
Estrazione
Estrazione
commodit
commodity
mercat
mercato
Rilevant
Rilevante
Irrilevante
per
Fissazione
del
prezzo
maggiorato
(premium
price)
Fonte: Pine e Gilmore (2000)
In questo nuovo contesto il valore per il cliente viene creato dall’impresa
offrendo esperienze, piuttosto che beni e servizi, cioè alla stregua di questi,
l’esperienza costituisce una nuova tipologia di “prodotto” richiesto dai
consumatori. I due autori, infatti, affermano che le esperienze sono la quarta
forma di offerta economica, distinta dai servizi come i servizi sono distinti
dai prodotti e i prodotti dalle commodity (materie prime), ma finora
largamente non riconosciute come tali. Quando una persona acquista un
servizio, acquista un insieme di attività intangibili. Ma quando acquista una
esperienza, essa paga per spendere il suo tempo nel fruire di una serie di
eventi memorabili che l'azienda organizza, come in uno spettacolo teatrale,
47 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,
Milano p.6
30
per impegnarlo in modo diretto48.
Le caratteristiche principali dell’esperienza sono l’unicità e la
personalizzazione: “le aziende mettono in scena un’esperienza ogni
qualvolta coinvolgono i clienti mettendosi in contatto con loro in modo
personale e degno di essere ricordato”.
L’esperienza costituisce dunque un’offerta autonoma e distinta da
materie prime, beni e servizi perché, al contrario di queste, è memorabile e
coinvolge l'individuo sul piano personale49. Pine e Gilmore insistono molto
sulla partecipazione del cliente, poiché ritengono il coinvolgimento
personale del cliente l’elemento base della nuova economia e affermano che
inscenare esperienze non significa intrattenere i clienti, ma significa
coinvolgerli. L’impresa dovrà quindi arricchire la propria offerta, in modo
da farla percepire come unica, e trasformarsi in “regista di esperienze”, cioè
cercare di mettere in scena un’esperienza completa e multisensoriale che
non si limiti ad intrattenere, ma che sia anche in grado di educare, estasiare
il consumatore, coinvolgerlo a livello emotivo, fisico, intellettuale e
spirituale. Anche le operazioni più banali possono essere trasformate in
esperienze memorabili, e quest'ultime non sono altro che eventi che parlano
anche alla sfera intima dell’individuo, alla sua psiche.
Pine e Gilmore adottano una prospettiva molto particolare: l'esperienza
viene considerata come una rappresentazione teatrale, l’impresa come un
regista e il consumatore come un ospite. Tra questi ultimi si erge a
palcoscenico:il punto vendita, all'interno del quale i dipendenti agiscono
come attori.
Il produttore di esperienze per realizzare e fornire consapevolmente
questa nuova offerta economica deve quindi conoscere come si struttura
un’esperienza nel suo complesso. A questo proposito i due autori hanno
schematizzato il processo di coinvolgimento di un cliente/ospite, nel
48 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit. p.2
49 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit.
p.14
31
modello degli ambiti dell’esperienza (Fig.1.5).
Vengono individuati quattro ambiti che caratterizzano l'esperienza:
intrattenimento, educazione, evasione ed estetica. Questi ambiti sono dati
dall'unione di due dimensioni: la partecipazione dell’individuo (lungo l'asse
orizzontale) e la sua connessione (lungo l'asse verticale) con la
performance. La partecipazione può essere passiva, quando l'ospite non può
influire sulla performance , o attiva, quando l'ospite può influire sull'evento
inscenato. La connessione invece può essere d’assorbimento, quando
l'ospite è impegnato a captare con la mente l'esperienza, o d’immersione,
quando l'ospite è reso parte dell'esperienza stessa.
Di seguito la descrizione dei singoli ambiti:
- ambito dell’intrattenimento: si verifica quando le persone assorbono
passivamente le esperienze attraverso i sensi;
- ambito dell’educazione: anche nelle esperienze educative l’ospite
assorbe gli eventi che si svolgono davanti a lui, ma a differenza
dell’intrattenimento, l’educazione implica la partecipazione attiva
dell’individuo. Per formare una persona aumentandone le conoscenze e/o
capacità, gli eventi educativi devono impegnare in modo attivo la mente
(per l’educazione intellettuale) e/o il corpo (per l’allenamento fisico);
- ambito dell’evasione: le esperienze di evasione implicano un’immersione
molto profonda ed un comportamento attivo della persona. Rispetto alle
esperienze di intrattenimento o educative l’ospite è in questo caso del tutto
immerso in esse, ma piuttosto che recitare il ruolo del passivo che guarda
agire gli altri, l’ospite diviene attore, capace di agire sulla performance
effettiva. Gli ospiti che partecipano alle esperienze d’evasione non solo
arrivano da, ma viaggiano verso qualche luogo o attività specifici che
meritano il loro tempo.;
- ambito dell’esperienza estetica: in queste forme di esperienze gli
individui si immergono in un evento o ambiente avendo un’influenza
piccola o nulla su di esso, tanto da lasciare l’ambiente (ma non se stessi)
32
intatto.
Partecipando ad una esperienza educativa gli ospiti vorranno imparare, a
un'esperienza d'evasione vorranno fare, a un'esperienza d'intrattenimento
vorranno provare, mentre chi prende parte a un'esperienza
estetica
semplicemente vuole essere lì50. Le esperienze più ricche, più coinvolgenti e
memorabili comprendono aspetti di tutti e quattro i campi, e si intensificano
intorno al punto centrale della figura 1.5.
Figura 1.5 - Gli ambiti dell'esperienza
Assorbimento
Educazione
Intrattenimento
Partecipazione
passiva
Partecipazione
attiva
Esperienza
estetica
Evasione
Immersione
Fonte: nostro adattamento Pine e Gilmore (2000, pag.35)
50 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,
Milano p.41
33
1.6 Il marketing esperienziale secondo Schmitt
Schmitt (1999) mostra un particolare interesse alla componente emotiva
e affettiva delle esperienze. Egli propone il modello dell' “Experential
Marketing”, che considera il consumatore come un soggetto guidato
dall'emotività oltre che dalla razionalità, che ricerca piacere ed esperienze
nel consumo dei prodotti51. L’esperienza è vista come valore aggiunto
(accessorio) per il processo di consumo, cioè attraverso questa si influenza
la percezione che ha il consumatore di un particolare bene o servizio e di
conseguenza la sua decisione d'acquisto.
Secondo Schmitt le esperienze sono “eventi privati che si verificano in
risposta a una qualche stimolazione [...] esse coinvolgono l'essere umano
nel complesso e risultano dall'osservazione diretta e dalla partecipazione a
eventi, siano essi reali, fantastici o virtuali.”52. Le esperienze “si verificano
in seguito all’affrontare, al subire o al superare situazioni; sono stimolazioni
indotte ai sensi, al cuore e alla mente. Esse, inoltre, uniscono l’azienda e la
marca allo stile di vita del cliente e collocano sia le azioni del singolo che
l’occasione d’acquisto in un contesto sociale più ampio. In breve, le
esperienze forniscono valori sensoriali, emotivi, cognitivi, comportamentali
e relazionali che sostituiscono quelli funzionali”53.
Il “marketing esperienziale” è così chiamato da Schmitt in quanto basato
sull’esperienza del consumo piuttosto che sul prodotto in sé; in questa
prospettiva, la strategia di marketing deve individuare quale tipo di
esperienza può valorizzare al meglio il prodotto, per poi proporla al
pubblico, ricostruendola ad hoc. Secondo Schmitt esistono cinque diversi
tipi di esperienza (che lui chiama “SEMs”, o “Strategic Experential
Modules”) che sono il Sense, il Feel, il Think, l'Act, e il Relate. Essi
51 Schmitt, B.(1999), "Experiential marketing", Journal of Marketing Management, Vol. 15 p.53
52 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza
di consumo, Franco Angeli, Milano p.55
53 Ibidem p.43
34
possono essere il punto di partenza per costituire cinque differenti strategie
di marketing. L'obiettivo finale è creare esperienze olistiche che sono il
risultato della combinazione delle cinque tipologie di esperienze e cioè:
- le esperienze sensoriali (SENSE) , che si basano sui nostri cinque
sensi(vista, udito, gusto, tatto e olfatto); l'obiettivo di questo modulo è
quello di ottenere un impatto sensoriale sui clienti o potenziali clienti per
aggiungere valore all’identità di marca o di prodotto;
- le esperienze affettive (FEEL), che coinvolgono i sentimenti interiori
dei clienti e le emozioni.; l’obiettivo di questo modulo è quello di creare
esperienze affettive collegate alla marca, saper suscitare emozioni,
sentimenti, stati d’animo, batticuore, in una gamma di sentimenti euforici,
che vanno dalla dolce melanconia alla gioia, dalla speranza alla felicità, dal
divertimento all’allegria;
- le esperienze cognitive e creative (THINK) che fanno appello
all'intelletto, alla capacità di riflettere, risolvere, scovare;qui l'obiettivo è di
creare stimoli ed esperienze per la mente;
- le esperienze comportamentali (ACT) che coinvolgono l'azione fisica
e corporea; le azioni di marketing relative a questo modulo consistono
sempre in un invito all'azione;
- le esperienze sociali (RELATE) ovvero risultanti dal mettere in
relazione l'individuo con sé stesso, con un gruppo di individui, con altre
culture; questo modulo ingloba al suo interno tutti i moduli precedenti ma
va oltre l’esperienza personale dell’individuo, perché lo inserisce in un
contesto sociale più ampio54.
L’azienda può ricostruire per i consumatori queste esperienze attraverso
il mix di comunicazione, cioè attraverso tutti gli strumenti che parlano della
marca, inclusi siti internet, punti vendita, eventi e personale di contatto
(Schmitt parla di “ExPros”, o “Experience Providers”, cioè fornitori di
esperienza, che sono gli strumenti che attivano i moduli strategici).Quindi
54 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza
di consumo,Op.cit., pp. 59-70
35
rivestono un ruolo decisivo non solo gli strumenti classici di comunicazione
come la pubblicità, ma appunto tutti gli elementi che rimandano alla marca
che devono essere coordinati dall’impresa per determinare l’arricchimento
dell’esperienza del consumatore. Per questo avranno grande rilevanza la
pianificazione degli spazi, la gestione delle comunità e la creazione di
eventi dedicati che avvicinino i consumatori ai valori della marca55.
1.7 Il turismo delle esperienze
Se si assume l’economia delle esperienze come chiave di lettura del
fenomeno turistico è possibile affermare che il turista, quando viaggia e
soggiorna, non domanda semplicemente beni e servizi turistici singoli o
sotto forma di pacchetti ma esperienze turistiche complesse, coinvolgenti,
da vivere in modo personale e partecipativo.
In questo modo l’esperienza turistica nasce dall’insieme di relazioni
socioeconomiche che avvengono fra un ospite e il complesso sistema di
attori e relazioni connesse in qualche modo al territorio ove si mette in
scena lo “spettacolo” del turismo. Il prodotto finale dell'esperienza turistica
si individua nella stessa interiorità di questo soggetto (turista, cliente,
viaggiatore). Le sue sensazioni ed emozioni vissute rappresentano l' output
finale.
L’industria turistica di un territorio è un sistema naturalmente predisposto
ad offrire esperienze economiche in grado di coinvolgere ed in prospettiva
trasformare i clienti, che sono considerati come partner-attori56.
Il prodotto turistico è un'esperienza vissuta dall’ospite con diversi livelli
55 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza
di consumo, Op.cit., p.70
56 FORLANI F. (2005), “Marketing, esperienze, territorio”, Tesi di dottorato in “Impresa e
mercato”, Università degli studi di Genova
36
di partecipazione e coinvolgimento.
L’esperienza turistica (il prodotto turistico) nasce da un sistema
relazionale complesso che emerge da un territorio specifico e delimitato,
grazie ad una pluralità di servizi offerti dalle singole aziende turistiche,
dagli altri operatori economici, dalla Pubblica Amministrazione, alle risorse
presenti nell’ambiente, alle interazioni con la popolazione ecc.
L’esperienza turistica emerge, per cui, su un dato territorio grazie a due
tipologie di relazioni:
● relazioni interne al sistema turistico territoriale, si instaurano fra le
imprese (turistiche, agricole, commerciali, ecc), gli enti pubblici, i soggetti
no-profit, la comunità locale, ecc.
● relazioni con gli attori esterni al sistema turistico territoriale, si
instaurano tra le strutture della località turistica e il mercato turistico
globale57.
Il turismo si caratterizza, quindi, come un’offerta economica che emerge
da un dato territorio ed ha la proprietà di essere un’esperienza estetica
totale. Lo spostamento della persona dal proprio luogo di residenza ad un
altro luogo evidenzia, per un periodo di tempo definito, produce una
completa immersione del turista nell'esperienza di vacanza.
Nell’offerta di esperienze turistiche è presente una forte componente di
co-produzione del turista, infatti nel comparto del turismo i turisti-ospiti
vengono considerati come partner-attori. La partecipazione del turista al
processo produttivo della propria vacanza è l’elemento fondamentale che
caratterizza l’esperienza turistica complessiva e la differenzia dai singoli
servizi turistici
Secondo Forlani(2005) è possibile analizzare il fenomeno turistico,
utilizzando il modello teatrale (Pine e Gilmore, 1999), cercando di mostrare
come il territorio sia da considerare il palcoscenico in cui un’esperienza
turistica nasce dall'interazione di una pluralità di attori: gli attori della
57 FORLANI F. (2005), “Marketing, esperienze, territorio”, Tesi di dottorato in “Impresa e
mercato”, Università degli studi di Genova
37
domanda (operatori e popolazione locale) e dell’offerta (turisti)58.
Dunque l'esperienza turistica (la rappresentazione teatrale) è messa in
scena dall’insieme degli operatori economici (la compagnia), in uno
specifico ambiente (palcoscenico o teatro), per e con specifici ospiti-turisti
(pubblico) in un delimitato tempo (lo spettacolo ha un inizio è una fine).
Concependo la vacanza come uno spettacolo da sceneggiare si riesce così a
comprendere, e quindi progettare, le vacanze che si vogliono offrire (gli
ambiti dell’esperienza turistica) e si riescono a ipotizzare dei modelli di
produzione della stessa.
Un sistema turistico locale finalizzato alla produzione e alla
commercializzazione
sul mercato di esperienze turistiche, deve partire
dall’analisi del cliente obiettivo, per definire le opportune politiche atte a
connettere gli attori interni ed esterni in modo da ottenere un utilizzo
sistemico, e quindi ottimale, delle risorse territoriali ove il sistema turistico
è radicato.
Nell'applicazione dell'applicazione dell'approccio di Pine e Gilmore,
proposto da Forlani, progettare un'esperienza significa quindi, rispondere
alle seguenti domande:

Per chi ? Il pubblico – i segmenti di mercato per i quali si allestisce
l’esperienza.

Chi ? Gl i attori e le comparse – i soggetti presenti ed agenti sul
territorio e come tali coinvolti, a vario titolo, nella produzione
dell’esperienza.

Perché ? La filosofia – gli obbiettivi, la cultura, la fiducia del
territorio come elementi di unità e consapevolezza del sistema.

Dove ? I l palcoscenico – il territorio come insieme di risorse e
capacità del sistema.

Cosa ? Lo spettacolo – il concetto dell’esperienza: il messaggio, le
sensazioni, le emozioni e i ricordi.
58 Ibidem
38

Come ? La forma di teatro – l’organizzazione e la disposizione degli
eventi-azioni nel tempo, gestione delle relazioni tra gli attori e di
questi con gli ospiti.
Figura 1.6 - Un modello di analisi per la produzione di esperienze
Per chi?
Target
Cosa?
Esperienza
turistica
Dove?
Palcoscenico
Come?
Forma di
teatro
Chi?
Attori e
comparse
Perchè?
Mission e
cultura
Fonte: Forlani F. (2005)
Attraverso il modello teatrale si mette in evidenza che il turista non è
solo uno spettatore passivo, ma è un protagonista dello “spettacolo
turistico” allestito dall’offerta (singola impresa o sistema turistico). Il
coinvolgimento diretto del turista avviene nel corso di tutto il processo di
consumo turistico, a partire dalla fase di percezione del bisogno,
39
nell'esperienza di consumo vera e propria, fino alle attività svolte al ritorno
dalla vacanza.
Al fine di produrre un’esperienza soddisfacente Pine e Gilmore
propongono un percorso in cinque passi59.
1) Tematizzazione dell'esperienza
L’impresa deve, prima di tutto, scegliere un tema ben definito, che
affascini e stimoli l’individuo. Un tema è tanto più efficace quanto più
altera il senso di realtà di un individuo, incidendo su spazio, tempo e
materia; integra queste tre dimensioni in un tutto compatto e realistico; crea
più ambienti nello stesso luogo; è coerente con l’identità dell’impresa. Il
tema, in quanto elemento centrale della visione dell’esperienza è quindi il
filo conduttore intorno al quale si organizza l’esperienza.
2) Armonizzare le impressioni con indizi positivi
Dopo aver stabilito il tema da rappresentare, l’impresa deve assicurarsi
che anche i consumatori lo possano cogliere nella sua interezza. Il tema
costituisce la base dell'esperienza e l'esperienza deve suscitare impressioni
indelebili60. Le impressioni sono il “take away” dell’esperienza, ciò che si
porta via con sé, quindi l'immagine che si ha dell'esperienza.
Per creare le impressioni desiderate, le imprese devono introdurre elementi
che nel loro insieme affermino la natura dell’esperienza voluta per l’ospite.
Ciascun elemento della vacanza deve essere, allora, coerente con il tema, e
con la tipologia dell’esperienza che si vuol far vivere, in modo da
rafforzarlo e sostenerlo.
3) Eliminare gli indizi negativi
Quando si mette in scena l'esperienza è necessario eliminare qualsiasi
cosa che impoverisca, contraddica o distolga l'attenzione dal tema.
Nella messa in scena dell’esperienza turistica occorre fare estremamente
attenzione agli indizi o impressioni incoerenti con il tema, poiché sono
59 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,
Milano pp. 51-71
60 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit.,
p.60
40
sufficienti poche informazioni contraddittorie per far crollare una “storia”
costruita con tantissime impressioni positive.
Il secondo e terzo passo prevedono infatti l’armonizzazione delle
impressioni suscitate: ciò viene fatto, da una parte, fornendo indizi che
affermino la natura dell’esperienza e che ne rafforzino il tema, e dall’altra,
eliminando quelli che impoveriscano il tema e che distolgano l’attenzione
del consumatore dalla performance. In entrambi i casi, gli indizi possono
essere “meccanici” ovvero visioni, odori, sapori, suoni e trame generati da
cose, o “umanici”, ovvero elementi che provengono dal personale
aziendale.
4) Coinvolgere i cinque sensi
Il quarto passo consiste nel coinvolgere l'ospite attraverso la stimolazione
sensoriale, dal momento che "quanto più efficacemente un'esperienza
coinvolge i cinque sensi, tanto più sarà memorabile"61.
Gli stimoli sensoriali
che accompagnano un'esperienza ne devono
sostenere e intensificare il tema. Le sensazioni e le emozioni vissute oltre ad
essere la conseguenza della propria offerta economica, sono la componente
fondamentale della stessa.
5) Integrare con oggetti ricordo
Infine l’impresa deve offrire oggetti-ricordo come testimonianza
tangibile di quanto vissuto. In particolare, essa ha a disposizione quattro
possibilità:può vendere souvenir; può trasformare in souvenir personalizzati
articoli che sono parte dell’esperienza stessa; può regalare souvenir; può
sviluppare un tipo di memorabilia completamente nuovo, legato
all’esperienza in modo originale.
I turisti, ad esempio, rendono spesso tangibile la loro esperienza grazie
all’acquisto di souvenir o di prodotti tipici del luogo in cui si sono recati o
hanno soggiornato per rendere l’esperienza vissuta più concreta. I prodotti
in questo caso fungono da elementi di certificazione dell’esperienza stessa e
61 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit. p.68
41
per mantenere il ricordo.
Dalle considerazioni apportate in questo primo capitolo ne deriva che le
imprese turistiche di un territorio sono parte di un sistema potenzialmente
capace di offrire esperienze turistiche e di viaggio in grado di coinvolgere
ed attrarre clienti e generatrici, allo stesso tempo, di emozioni (soprattutto
per la domanda, ma anche per l'offerta) e di reddito (fondamentalmente per
gli attori dell'offerta).
Oggi si sta assistendo a un boom dei turismi di nicchia: uno fra questi è il
turismo enogastronomico62. Le nuove tendenze parlano, infatti, di viaggi
alla riscoperta dei saperi e dei sapori locali; sempre più spesso i
consumatori, alla ricerca di tranquillità e di quiete sia fisica che psichica,
desiderano vivere delle esperienze coinvolgenti e autentiche, a contatto con
la natura e con la cultura del luogo, in cui il piacere della vacanza si fonde
con il piacere del cibo e la bellezza dei paesaggi.
62 http://www.movimentoturismovino.it
42
CAPITOLO 2
LA VALORIZZAZIONE DI UN TURISMO DEL VINO
2.1 Nascita di segmenti di mercato di nicchia (turismo
sostenibile, ecoturismo, turismo rurale, agriturismo e
turismo enogastronomico)
Il quadro socioculturale italiano dagli anni '80-'90 fino ad oggi, nel
nuovo millennio, ha subito un forte cambiamento. Per reazione a quel
periodo, spesso definito come il decennio dell'edonismo “appariscente”
poiché dominato dal culto del look e della mondanità63, si sono sviluppate
nuove abitudini di consumo e stili di vita “alternativi”: ha inizio una nuova
stagione all'insegna della coscienza ambientale e della coscienza di sé, della
salute intesa come benessere psicofisico e spirituale. Nell'alimentazione si è
passati dal “junk food”64 alla cucina naturale, nella medicina si è assistito al
nascere di terapie alternative all'allopatia, come l'omeopatia e la madicina
naturale, nella musica è cresciuta la produzione di dischi di musica etnica,
rilassante e terapeutica.
Nel settore del turismo assistiamo alla nascita di nuove nicchie di
mercato. Infatti oggi piuttosto che parlare genericamente di turismo si parla
di “nuovi turismi”, con particolare riferimento alla segmentazione del
mercato turistico e alla diffusione di nuove tipologie di turismo che si
63 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie
di comunicazione, Franco Angeli, Milano pp.31-32
64 Termine coniato nel 1972 da Michael Jacobson, direttore del Centro di scienze per l'interesse
pubblico, e significa cibo spazzatura, cioè cibo caratterizzato da scarso valore nutrizionale e ad
alto contenuto calorico, come dolciumi confezionati, hamburger, bevande gassate ecc.
43
affiancano a quelle tradizionali (turismo balneare e montano, che sebbene
rappresentino tuttora la parte consistente dell'offerta turistica italiana, hanno
raggiunto l'area di maturità nel ciclo di vita del prodotto). Ecco alcuni
esempi:
- il turismo sostenibile ed ecoturismo
- il turismo rurale ed agriturismo
- il turismo enogastronomico
Questi nuovi tipi di turismo si basano sulla cultura, la natura, l'avventura,
l'edonismo e il salutismo e quindi propongono al cliente un'esperienza che
soddisfi i suoi bisogni di autenticità, di contatto diretto con la natura, la
cultura, con l'identità e gli stili di vita dei luoghi. I consumatori si
allontanano sempre più dalle destinazioni metropolitane, dai luoghi
marittimi e montani rinomati e affollati, e desiderano un contatto più
autentico con la realtà locale, scelgono mete più sobrie, quali località per
trekking, aziende agrituristiche, percorsi enogastronomici, luoghi di turismo
culturale e spirituale. Essi dimostrano di essere interessati all'amore per la
natura, alla ricerca di benessere, genuinità e spontaneità65.
In questo contesto il territorio gioca un ruolo di primo piano in quanto:
- terra e quindi ritorno alle origini, recupero delle radici e fonte di
benessere fisico e spirituale;
- ricerca pionieristica di percorsi inesplorati o dimenticati, senso
dell'avventura che contrappone l'unicità all'emulazione;
- peculiarità, unicità e rarità di ciò che il territorio stesso è in grado di
offrire;
- adattabilità a diverse esigenze di appagamento psicofisico66.
Per quanto riguarda il turismo sostenibile e l'ecotursimo è necessario
affermare che in Italia si regista una crescente attenzione, sia da parte dei
65 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie
di comunicazione, Op.cit., p.32
66 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Franco Angeli, Milano p.65 e ss.
44
consumatori, che degli attori dell'offerta e delle istituzioni locali, ai temi
della ecocompatibilità e della sostenibilità ambientale. Il turista è animato
da una sempre maggiore sensibilità alle questioni ambientali, nonché dal
desiderio di vacanze salutistiche.
Per tursimo sostenibile si intende “ogni forma di attività turistica che
rispetta e preserva a lungo termine le risorse naturali, culturali e sociali e
che contribuisce in modo positivo ed equo allo sviluppo economico e
all'interesse per gli individui che vivono e fruiscono di questi spazi”67.
L'ecoturismo, invece, “è un modo responsabile di viaggiare in aree
naturali conservando l'ambiente e sostenendo il benessere delle popolazioni
locali”.
Il turismo rurale e l'agriturismo sono forme di vacanza che si svolgono
nelle località rurali. Tali forme di turismo in parte hanno un fondo comune
costituto dal contesto ambientale in cui si svolge la pratica turistica, ma si
differenziano sia per i soggetti imprenditori sia per le leggi che ne
disciplinano il funzionamento.
Il turismo rurale ha un significato più generale dell'agriturismo e, come
vedremo, al contrario di questo non è oggetto di codificazione normativa.
Esso viene classificato come una forma di fruizione turistica basata su
specificità territoriali (naturali e agricole) sintetizzabile nell'espressione
“patrimonio locale rurale”, la cui motivazione principale è il contatto con
l'ambiente rurale nelle sue espressioni caratteristiche (agricoltura, folklore,
arte, gastronomia, artigianato ecc.) e il cui soggiorno è praticato in strutture
ricettive alberghiere, extra alberghiere e agrituristiche coerenti con il
contesto paesaggistico in cui sono inserite68.
L'agriturismo è una forma specifica di turismo rurale e indica l'attività di
prestazione di servizi alla persona (ospitalità in azienda, vendita di prodotti
tipici, degustazione dei prodotti ecc.) svolta nell'ambito di un'azienda
67 Ecoturismo(2002), http://www.ecoturismo-italia.it
68 INEA (2001), Lo sviluppo rurale. Turismo rurale, agriturismo, prodotti agroalimentari,
Quaderno informativo n.4, II edizione, INEA, Roma
45
agricola e nell'esercizio di un'impresa agricola. Il rapporto di
complementarità fra l'attività agricola e quella turistica dell'azienda è
regolato da norme regionali. Nell'offerta agrituristica rientra l'ospitalità
rurale (alloggi in camere, appartamenti, aree destinate all'agricampeggio); la
ristorazione enogastronomica tipica; le attività ricreative e culturali
direttamente connesse (attività venatorie, equestri, pesca, trekking,
cicloturismo ecc.). L'attività agrituristica costituisce la tipologia di offerta
più vicina e complementare all'enogastronomia69. Il turismo rurale può
incorporare esperienze di turismo enogastronomico: percorsi
enogastronomici attivi in aziende di produzione e di trasformazione,
degustazioni, eventi culturali e della tradizione. È allora evidente che quella
del turista rurale, in generale, è una esperienza complessa che coniuga
elementi esclusivamente turistici con elementi demo-entno-antropologici.
L’esperienza del turista rurale nasce da tre importanti elementi:

l a memoria ritrovata, intesa quale sensibilità dell’individuo al
recupero delle radici e delle tradizioni, enogastronomiche e non, nella
rivalutazione del mondo agricolo e artigianale e nell’interesse per il
paesaggio rurale;

la salute e il benessere, intesa come qualità della vita, dell’ambiente
e del paesaggio, sicurezza alimentare;

la conoscenza e l’apprendimento, quale scoperta delle emergenze
storiche e naturalistiche dei luoghi visitati, rapporto diretto con i
luoghi di produzione (tipica) tradizionale locale, accoglienza ed
ospitalità della comunità locale70.
C o n turismo enogastronomico si indica il “consumo consapevole di
esperienze gastronomiche da parte dei turisti”71. Il turismo enogastronomico
69 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.65 e ss.
70 Inea (2001), Lo sviluppo rurale. Turismo rurale, agriturismo, prodotti agroalimentari,
Quaderno informativo n.4, II Ed. aggiornata, pagg. 12-13.
71ANTONIOLI CORIGLIANO M., VIGANO' G. (2004), Turisti per gusto. Enogastronomia,
territorio, sostenibilità, Ed. De Agostini, pag. 91 e ss.
46
è, tra le nuove forme di turismo quello che sta interessando un numero
crescente di individui, diventando per certe fasce di utenti, la motivazione
principale degli spostamenti. In particolare, in nessun paese come l’Italia, il
turismo enogastronomico ha assunto una fisionomia così diffusa e
consistente: una ventina di leggi nazionali, 140 strade del vino già operanti
e normativamente deliberate, 1.300 comuni attraversati da questa rete
capillare che comprende quasi 400 denominazioni territoriali di vini, 4.133
ristoranti, 32.972 prodotti vinicoli e 3.313 cantine72.
Nell'enogastronomia, i cambiamenti che si sono verificati negli anni '90
hanno portato ad un recupero delle tradizioni, del gusto del convivio e alla
riscoperta dei rituali legati al mangiare, al bere e, più in generale, allo stare
insieme73.
Il turismo enogastronomico è una forma di turismo culturale in quanto
mira alla conservazione e alla valorizzazione dei prodotti e dei territori
agricoli e vinicoli attraverso la visita ad aziende, la degustazione di
produzioni tipiche e di piatti locali, consentendo ai visitatori di riscoprire
quel legame naturale che lega un alimento al suo territorio di origine74.
La curiosità di conoscere i saperi e i sapori di questo territorio permette
al turista l'incontro con una specifica cultura. Il “cibo è cultura”, la
degustazione di un piatto tipico, di un vino di produzione locale, può essere
considerato come il modo di entrare in comunione con la popolazione di un
luogo, per appropriarsi della sua identità culturale, delle sue tradizioni, del
suo patrimonio storico75.
In questo senso il turismo enogastronomico contribuisce a salvaguardare
le specificità dei singoli territori sviluppandone al contempo le potenzialità,
soprattutto in riferimento alle aree rurali, spesso marginali rispetto alle
72 http://www.cittadelvino.it
73ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie
di comunicazione, Op.cit. p.32
74ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p. 120
75 Ibidemp.118 e ss.
47
direttrici di flusso.
I turisti dell’enogastronomia innanzitutto si muovono in funzione del
cibo, poi sono attirati dall’ambiente, dalla cultura, dall’arte, dalla storia, dal
paesaggio. Il turista enogastronomico è colui che intende partecipare alle
tradizioni culinarie del luogo visitato, godere dell’unicità del patrimonio
eno-gastronomico nazionale, ricercare un'osmosi tra risorse turistiche
territoriali e le risorse enogastronomiche in senso stretto (prodotti tipici e
prodotti con marchio collettivo comunitario quali DOC, DOCG, DOP, IGP,
etc..).
2.2 Il turismo del vino
Il turismo del vino (o enoturismo) è un “turismo diretto a tutto quanto
concerne la produzione del vino e dei prodotti vitivinicoli, ovvero quei
percorsi che includono le vigne, le cantine e i luoghi di lavorazione, di
imbottiglaimento, di invecchiamento, di conservazione, ecc. In essi sono da
includere i momenti partecipativi alla conoscenza dei prodotti stessi, anche
con riguardo alle fasi del consumo (enogastronomia)”76.
Questo tipo di turismo si sta diffondendo nel nostro paese e all’estero
come un modello nuovo e diverso di turismo ed è teso a riscoprire e
integrare le risorse naturali, culturali e artistiche, con la tradizione, la
tipicità e l’economia prettamente rurale.
Questa tipologia di turismo si caratterizza per la percorrenza di tracciati
in cui sono presenti elementi rilevanti sotto il profilo vitivinicolo, come
zone viticole di pregio, aziende agricole, cantine, enoteche77.
Secondo il primo articolo della Carta Europea dell'Enoturismo per
76 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., Milano p.31
77 http//www.movimentoturismovino.it
48
turismo del vino si intende designare “lo sviluppo di tutte le attività
turistiche e di tempo libero, dedicate alla scoperta e al godimento culturale
ed enofilo della vigna, del vino e del suo territorio”78.
Enoturismo significa anche flussi turistici che non interassano il solo
spazio circoscritto della cantina, ma i vigneti, la campagna e le località
limitrofe. Presenta notevoli elementi di traino per la conservazione di altri
“sistemi locali”, di altre produzioni, di prodotti agricoli, di prodotti
artigianali, ecc.; crea attività legate al sistema ricettivo, all'intermediazione
e sviluppa professioni turistiche (guide, animatori, istruttori, sportivi, ecc.)
con notevoli benefici in termine di reddito, di sviluppo economico e di
occupazione locale79.
Oggi le mete turistiche più alla moda sono i territori del vino e i giovani
italiani, sempre attenti e affascinati dalle nuove tendenze, riscoprono l'Italia:
le nuove generazioni si mostrano sempre più disponibili ad abbandonare le
mete di viaggio più classiche a livello internazionale per sperimentare
forme di turismo del vino e dei sapori nostrane e al passo con i tempi80.
I territori del vino costituiscono una risorsa turistica a tutti gli effetti, in
grado di arricchire e diversificare l'offerta turistica tradizionale del nostro
Paese. Per il turista “andare per vigneti”significa entrare in contatto con le
risorse naturali del luogo e conoscere più approfonditamente un prodotto
come il vino, che ha radici storiche antichissime. Il vino è quel prodotto
agroalimentare che può essere associato ad una precisa area di origine,
quindi a uno specifico territorio ed è il vero “testimonial” dell'area di
produzione e delle sue peculiarità specifiche81.
Il turismo del vino in Italia si è sviluppato a partire dal 1993 e in poco
più di dieci anni è diventato un comparto economico con un giro di affari di
78 La Carta Europea dell'Enoturismo è stata approvata a Parigi il 28 Marzo 2006,
www.cittadelvino.it
79 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.152
80 http://www.cittadelvino.it
81 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.Cit., p. 58
49
due miliardi di euro l'anno. E' un turismo che può dare molto alle zone
agricole e soddisfare i bisogni dei nuovi viaggiatori desiderosi di esperienze
e di luoghi autentici. Fabio Taiti, presidente di Censis Servizi, stima il
potenziale di sviluppo ancora esprimibile dal turismo del vino intorno
all’80% e prevede un raddoppio del business enoturistico entro il 2011 e
una crescita da 4,5 a 8 milioni dei visitatori delle cantine italiane82. La
crescita del settore enoturistico non riguarda comunque solo l’Italia: in
Europa e nel Mondo si assiste ad una crescente offerta di destinazioni
centrate sul vino e le produzioni tipiche, così la concorrenza e la
competitività si fanno globali. Il vino, con il territorio e la cultura di cui è
espressione, è sicuramente una delle ricchezze più importanti del sistema
Italia, riconosciuto nel mondo e quindi potenziale veicolo di forte sviluppo
produttivo e turistico al pari del patrimonio artistico e monumentale83. Il
turismo del vino è dunque una calamita importante per l'Italia e quindi un
fattore determinante per lo sviluppo del settore turistico nel suo complesso.
Nei più recenti sondaggi l'accoppiata cibo-vino batte l'arte, la campagna
e i centri termali sia (e specialmente) nella classifica di interesse della
stampa, sia in quella dei Tour Operator84. Il ruolo chiave dell'offerta
enoturistica, all'interno dell'offerta turistica italiana, è confermata dai dati
sullo shopping. La gastronomia è decisamente in testa fra gli acquisti per
tedeschi, francesi e inglesi, mentre il vino oscilla tra il secondo e il terzo
posto85. Il Chianti è sicuramente la destinazione enoturistica più conosciuta
e la rivista “ The Wine Spectator” mette la Toscana al primo posto fra i
desideri di viaggio di chi ama il vino. A conferma di ciò, WineNews nel
2004 indica questa graduatoria nelle destinazioni di viaggio predilette dai
suoi navigatori web:
82 CINELLI COLOMBINI D. (2006), Turismo del vino: Signori si cambia! i n VQ Mensile di
Viticultura ed Enologia anno 2, numero 6, luglio/agosto p. 11
83 http//www.movimentoturismovino.it
84 CINELLI COLOMBINI D. (2006), Turismo del vino: Signori si cambia! i n VQ Mensile di
Viticultura ed Enologia, Op.Cit. p. 47
85 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business e
del turismo in cantina, Agra Editrice, Roma pp. 48
50

Chianti

Conegliano

Oltrepò Pavese

Montalcino

Monferrato

Langhe
Ad una certa distanza seguono Friuli Venezia Giulia, Montefalco,
Valpolicella, Franciacorta. Ed a seguire ancora Emilia, Conegliano, Sicilia e
Marche.
2.3 Enoturismo quale fattore di valorizzazione della
produzione vinicola
Turismo e produzione vitivinicola rappresentano un binomio vincente
per la promozione e la protezione di territori con una forte vocazione
all’enoturismo. L'enoturismo mira infatti ad incentivare il consumo stesso
del vino
attraverso i viaggi enoturistici, da un lato per consentire la
conoscenza e la diretta promozione del prodotto vitivinicolo e, dall'altro,
per permettere ai consumatori e agli estimatori del prodotto di acquisire una
diretta cognizione della produzione e del territorio, nonché di realizzare una
diretta comunione con l'ambiente sperimentandone le particolari
atmosfere86.
Turismo del vino significa anche recupero attivo di produzioni agricole,
recupero di edilizia rurale e di patrimonio architettonico minore. La
filosofia del recupero e della riqualificazione ambientale, urbanistica,
86 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p. 18
51
vitivinicola, compatibile con il patrimonio paesaggistico, ha portato a buoni
risultati dimostrando come il vino, insieme al turismo e al territorio, sia un
grande volano di sviluppo locale e come la qualità della vita dei territori
rurali, pur tra molte difficoltà ancora da superare, un modello di riferimento
per chi desidera vivere in ambienti belli, sani e ben conservati87.
Il turismo, infatti, è un momento di comunicazione, di conoscenza e
anche di affermazione sociale e culturale e può rendere il vino non più solo
un alimento o una bevanda, ma anche una risorsa turistica, sempre che si
sappia sviluppare una strategia adeguata, capace di promuoverlo,
valorizzarlo economicamente. E' in quest'ottica che il prodotto tipico
(soprattutto il vino pregiato di specifica denominazione) può assumere un
ruolo essenziale, dando la possibilità al turista di riscoprire quel legame
naturale che lega un alimento al suo territorio di origine88.
La promozione del territorio sembra legata, a livello crescente nel tempo,
sempre più al “fattore vino”89. “Il turismo del vino - sostiene Francesco
Lambertini, presidente del Movimento Turismo del Vino - costituisce
un’opportunità fondamentale per promuovere il patrimonio di risorse
agroalimentari del nostro Paese ed un oculato strumento strategico per lo
sviluppo economico del territorio. Grazie al fascino esercitato dai distretti
enogastronomici (la regione cult rimane la Toscana, seguita da Piemonte,
Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania), le
prospettive future del mondo del vino si giocheranno sempre più anche nel
campo del turismo: ecco perché tanti produttori stanno investendo per
qualificare le proprie strutture ricettive”90.
87 Http://www.cittadelvino.com
88 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie
di comunicazione, Op.cit. p.120 e ss.
89 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle
strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.
90 LAMBERTINI F.(2003), Da Vinitaly il Movimento del Turismo del vino rilancia cantine
aperte, Movimento del turismo del vino, Perugia
52
2.4 Mutamenti della domanda e caratteristiche degli
enorturisti
I turisti che negli anni 2006-2007 hanno visitato le cantine italiane sono
stati 4 milioni, mentre il numero degli appassionati che hanno mostrano
interesse per la visita ai luoghi di produzione è stato di circa 10 milioni. La
domanda di enoturismo cresce del 6% l'anno e l'offerta ha davanti a sé un
target variegato91. Da questi dati si evince che il fenomeno dell'enoturismo è
una potente fattore di attrattiva turistica molto importante per l'Italia.
La domanda di turismo del vino sia individuale che associato è mutata
nel tempo ed ancora oggi in piena evoluzione92. Di seguito presentiamo le
modificazioni dei comportamenti via via messi in atto dai turisti
enogastronomici nel corso degli ultimi anni secondo quattro fasi: la fase
iniziale, la fase di selezione, la fase di terziarizzazione e la fase
esperienziale93.
Nella fase iniziale si cerca semplicemente una “fornitura”
turistica relativamente elementare (vini buoni e convenienti da comprare e
di un'accoglienza amichevole nelle cantine). Poi si passa a una fase di
selezione in cui si fa strada una più accentuata ricerca delle cantine più
famose e delle denominazioni (DOC, IGT,
DOP) e nascono le guide e
articoli sulla stampa specializzata. Al terzo stadio, nella fase di
terziarizzazione emerge una domanda di servizi, come degustazioni,
enoteche, ristoranti tipici, attorno ai prodotti. Al quarto livello, nella fase
esperienziale, si impone, in maniera esplicita o latente, il desiderio di vivere
“esperienze evolute”, cioè il turista vuole essere al centro di momenti unici
a cui partecipare. Nell'ultima fase, quella della sorpresa, nel turista si
attivano le astuzie del desiderio, di “incanto o reincanto”, egli ricerca la
sorpresa e l'innamoramento e rifiuta i luoghi conosciuti , affollati e
91 CENSIS SERVIZI, ACI (2008), Rapporto sul turismo del vino
92 http://www.movimentoturismovino.it
93 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle
strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.
53
“costruiti” per i turisti94.
Riguardo alla scelta e alle occasioni di acquisto si può notare una
crescente autonomia del consumatore, in particolare:

nella formazione degli orientamenti sulla scelta dei luoghi da
visitare, gli enoturisti sono guidati soprattutto da una ricerca
personale e dalla fama dei produttori. Rispetto a guide, riviste,
programmi televisivi, si impongono come strumenti fortemente
utilizzati Internet, ma soprattutto il passaparola. I racconti diretti,
ricchi di suggestioni e momenti indimenticabili, tra amici o semplici
conoscenti, rendono il viaggio enogastronomico ancora più
coinvolgente, una vera e propria esperienza da fare in coppia o da
condividere con gli altri, ricercando oltre al vino, motivi di attrazione
e interesse di vario genere;

nelle organizzazioni del viaggio s'impone il metodo del “fai da te”
tramite la ricerca in Internet, rispetto alle proposte già organizzate. Si
preferisce quindi la formula pratica e veloce dei viaggi last minute e
low cost;

nella composizione del “paniere” (visite, ristorazione, soggiorno,
eventi, ecc.) cresce rapidamente la tendenza allo “spacchettamento”,
a sciogliere cioè le proposte d'acquisto nei componenti elementari e a
ricomporli in base alle proprie esigenze95.
Il turista del vino è un gourmand esigente e attivo che progetta il suo
viaggio con l'intento di vivere una esperienza ricca di suggestioni e di
scoperte. E' insomma un turista impegnativo che tuttavia può lasciare molto
denaro in cantina e nella zona circostante.
L'enoturista è solitamente culturalmente sempre più preparato,
indipendente ( Tabella 1), predisposto all’apprendimento e alla conoscenza
di ciò che è diverso da lui, pronto a immergersi nella storia e nella cultura
94 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle
strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.
95 Ibidem
54
del posto, nelle sue tradizioni, costumi e abitudini. Il turista del vino ha
inoltre la pretesa di conoscere, oltre ai prodotti, anche la storia, la cultura, il
paesaggio e i beni storico-architettonici del luogo, in una parola il terroir.
Da un punto di vista socio-demografico l'enoturista è prevalentemente
maschio e straniero, anche se va sottolineato un aumento delle donne ha
un’età compresa tra i 26 e i 45 anni (Tabella 2) ed una posizione
socioeconomica medio alta.
Tabella 1 - Turismo del Vino per livello di COMPETENZA
Turisti curiosi (con poca conoscenza del vino)
Turisti di comune conoscenza (livello medio)
% 2006
38
42
Turisti esperti di vini
Fonte: Censis Servizi, 2006
20
Tabella 2 - Turismo del Vino per fasce di ETA’
% 2006 % 2005
20
23
55
52
25
25
Meno di 30 anni
Tra 30 e 50 anni
Più di 60 anni
Fonte: Censis Servizi, 2006
Tabella 3 - Turismo del Vino per livello di REDDITO
% 2006 % 2005
13
14
55
57
32
29
Reddito medio inferiore
Reddito medio
Reddito alto
Fonte: Censis Servizi, 2006
Per quanto riguarda la modalità di viaggio il turista del vino raramente si
sposta da solo (i “singles” sono meno del 10%). Il viaggio di coppia sembra
essere il tratto distintivo dell'enoturismo. Un turista ogni quattro viaggia in
compagnia della famiglia ma prevalgono anche le decisioni di gruppo e
55
soprattutto di gruppi spontanei, considerando che i viaggi organizzati
rappresentano solo il 17% del totale. Nella maggioranza dei casi sono
occasioni di stare in compagnia fra amici e colleghi, con una componente
non trascurabile di ricerca di svago e divertimento.
Tabella 5 - Composizione tipologica dei GRUPPI di enoturisti
% 2006
38
29
24
9
Coppie
Amici
Famiglie
Singles
Fonte: Censis Servizi, 2006
Gli eno-appassionati che partono per un fine settimana enoturistico, per
questa mini-vacanza tutto compreso (trasporto, soggiorno, musei,
enogastronomia, ecc.) sono disposti a spendere, in media, dai 150 ai 250
euro, dimostrando grande oculatezza, senza per questo rinunciare
all’acquisto di “buone” bottiglie96. Il 34% degli enoturisti italiani da 200 a
250 euro; tanti anche quelli che dispongono di un budget da 150 a 200 euro
(29%), da 250 a 500 euro (23%), da 100 a 150 euro (12%); solo il 2% del
campione intervistato può contare su oltre 500 euro.
L'effetto positivo dell'enoturismo non si ferma in cantina, ma si riverbera
sul territorio circostante, dove ristoranti, agrirurismi, hanno una clientela
calamitata dalle bottiglie.
Il viaggiatore “winelover” è un turista ad alta capacità di spesa e per ogni
Euro pagato in cantina ne spende 4/5 Euro per beni e servizi turistici sul
territorio97.
96 Sondaggio di Aprile 2008 di www.winwnews.it e l'associazione Go Wine
97 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle
strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.
56
Tabella 6 - SPESA media giornaliera degli enoturisti (valore in €)
2006
50
34
32
20
17
14
167
Pernottamento
Ristorazione
Vini locali
Alimentari tipici
Artigianato locale
Altri servizi
Spesa media totale giornaliera
Fonte: Censis Servizi, 2006
La composizione degli enoturisti stranieri per nazione di provenienza
(Tabella 7) evidenzia che per oltre la metà sono tedeschi, austriaci
nordamericani e svizzeri.
Tabella 7 - Provenienza degli enoturisti STRANIERI
% 2005 % 2006
37
33
15
12
9
11
12
10
6
7
5
6
Germania
Austria
Nord America
Svizzera
Inghilterra
Francia
Altri paesi d'Europa
Benelux
Giappone
Altri
Paesi Europa Orientale
Spagna
Fonte: Censis Servizi, 2006
6
4
2
2
1
1
6
5
3
3
2
1
Le motivazioni che spingono a visitare il territorio sono il paesaggio,
l'arte, il vino e la gastronomia. L'enoturista è attratto dai territori dei grandi
vini dove il paesaggio è più suggestivo, dove il clima è buono, c’è un ricco
57
patrimonio artistico e dove nei ristoranti è possibile assaggiare gastronomia
tipica e cibo genuino. Le sue aspettative non sono solo di assaggio, ma
anche di acquisto delle bottiglie (anche se questa non è la motivazione
prioritaria), visitare i luoghi in cui si produce quel vino e instaurare un
rapporto con i produttori.
Il mezzo più frequentemente utilizzato per fare enoturismo è sicuramente
l’automobile che meglio si presta a questa tipologia di turismo: permette
una totale libertà di mobilità.
Il turismo del vino contrassegna tutte le stagioni dell’anno, ma in
particolare l’autunno e la primavera.
Negli ultimi anni la domanda di turismi del vino sta mutando connotati e
pretese. La segmentazione della domanda da una struttura piramidale
(Figura 2.1), tipica della seconda metà degli anni ‘90, in cui gli enoturisti
erano spinti verso l’alto dalla molla di una progressiva promozione per
competenze, si è modificata in una nuova struttura a forma di totem con
cinque diverse tribù, distinte per appartenenza a stili di vita e a forme di
rappresentazione di sé.
Questa era la struttura piramidale nella seconda metà degli anni '9098.
Almeno cinque risultano i livelli di cui si compone questa piramide:

alla base c'è il “popolo” degli eno-curiosi: hanno un approccio
iniziale al settore, poche conoscenze specifiche ma molto interesse a
“partecipare”, sono
giovani, coppie, famiglie, che attuano buoni
consumi fuori casa e partecipano agli eventi legati al vino;

al primo livello si collocano gli eno-esploratori: hanno interesse e
conoscenze dei prodotti e dei luoghi a livello elementare, sono lettori
di riviste e guide, visitatori di enoteche e cantine, giovani far i 35 e i
45 anni;

al secondo livello si posizionano gli eno-tifosi: hanno acquisito un
vivo interesse al settore, buona conoscenza di base, orientamento a
98 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2003), L’Italia del buon
vivere: l’offerta turistica dei distretti del vino, Associazione Città del vino, Siena.
58
soggiorni e corsi oltre che a gite, hanno buona capacità di spesa, sono
in prevalenza di maschi adulti;

al terzo livello troviamo gli eno-professionisti: possiedono un'ottima
e diversificata conoscenza di prodotto, una sviluppata cultura di
viaggi, di luoghi e percorsi del settore, sono“citatori” di etichette,
annate, prezzi, aste, abbinamenti; il loro reddito e la loro spesa sono
di livello superiore;

al livello più alto si incontrano infine gli eno-sperimentatori, che
oltre ad avere un bagaglio di conoscenze e un profilo di crescita simili
al gruppo precedente, si distinguono per la voglia di non fermarsi alle
apparenze, per la ricerca di identità nei prodotti e nei luoghi, per una
spiccata attitudine a fare della cultura del vino più un’occasione di
esperienze che di apparenze.
Figura 2.1 - Piramide di segmentazione anni '90
sperimentatori
professionisti
tifosi
esploratori
curiosi
Fonte: nostra elaborazione su Rapporto Censis Servizi/Città del vino 2003
I cambiamenti odierni in corso, come la congiuntura economica e la
globalizzazione hanno finito per creare una nuova struttura del tempo libero
59
in cui i cinque gruppi della seconda metà degli anni '90 sono ora
identificabili in tribù (Fig.2.2), secondo uno schema di motivazioni
dominanti, così articolato:
 enoturisti marginali, sono frequentatori delle mete più tradizionali dei
circuiti, sono interessati a offerte di inclusione per partecipare a
consumi di tempo libero semplificati, rapidi, convenzionali,
convenienti, stagionali;
 enoturisti politeisti appartengono a ceti differenti e hanno gusti molto
diversi, ma comunque li accomuna l'attenzione alle nuove proposte,
occasioni ed esperienze del low cost;
 enoturisti affluenti, con consistente capacità reddituale, sono alla ricerca
della qualità e del brand (di prodotti, di servizi e luoghi di
successo)come segno di distinzione;
enoturisti esclusivisti, appartenenti a gruppi minoritari di consumatori di

lusso, scelgono destinazioni e location alla moda ed emergenti;
enoturisti specialisti, amano colleziona particolari esperienze di

viaggio.99
Dopo aver analizzato l'evoluzione della domanda e tratteggiato i caratteri
degli enoturisti nel prossimo paragrafo ci occuperemo dell'offerta
enoturistica.
99 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle
strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena
60
Figura 2.2 – Tribù anni 2000
marginalisti
politeisti
affluenti
esclusivisti
specialisti
Fonte: nostra elaborazione su Rapporto Censis Servizi/Città del vino
2007
2.5 Gli elementi e gli attori dell'offerta enoturistica
Il sistema d’offerta turistica territoriale, per poter essere in grado di far
vivere esperienze di vacanza significative, e quindi soddisfare le mutevoli e
varie aspettative della domanda enoturistica, deve avere a propria
disposizione elementi strutturali adeguati e coerenti con l’esperienza
proposta.
Nell'offerta enoturistica possiamo individuare (Figura 2.1):

alcuni “elementi” essenziali come l'ambiente e il territorio (risorse
naturali, risorse culturali, artistiche e architettoniche, risorse sociali,
folklore e tradizione);

diversi “attori” come quelli dell'intermediazione turistica (tour
61
operator e agenzie di viaggi, agenzie di viaggi specializzate e ground
operator, turismo organizzato) e quelli della ricettività (alberghi,
aziende agrituristiche, residenze rurali, agri-campeggi);

attività collaterali (quelle
produttive come l'agricoltura e la
trasformazione di prodotti tipici) e complementari ( come
l'artigianato, l'animazione, le attività sportive, le sagre, le fiere, le
attività culturali, l' escursionismo) a quella di fondo (trasporto, vitto e
alloggio)100.
Figura 2.1- Il turismo del vino al centro di un sistema integrato di
attività complementari e di un network tra diversi attori
INTERMEDIAZIONE
AMBIENTE
- turismo organizzato
E
- tour operator e agenzie di
TERRITORIO
viaggio
- risorse naturali
- agenzie di viaggio
- risorse culturali
specializzate
- risorse sociali
TURISMO
DEL VINO
RICETTIVITA'
- agri-campeggi
ATTIVITA'
- hotel
PRODUTTIVE
- residenze rurali
- agricoltura
- aziende agrituristiche
- trasformazione di prodotti
tipici
ATTIVITA'
COMPLEMENTARI
- artigianato
- sagre e fiere
- attività sportive
- attività culturali
Fonte: nostro adattamento da G. Belletti (2007)
100 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali,Op,cit., p.56 e ss.
62
Il territorio costituisce un fattore insostituibile dell'offerta enoturistica e
la gastronomia e l'ambiente risultano elementi indispensabili
all’allestimento di una valida offerta di turismo organizzato intorno al vino
a cui associare un altro fattore decisivo: la cura dell’accoglienza. Il sistema
territoriale (per il target di riferimento) dovrà per cui essere attraente,
accessibile e accogliente. Accoglienza che non può però essere finalizzata
solo ad un esercizio freddo di decaloghi e disciplinari ma sia accompagnata
dalla passione e dal calore umano di tutti gli attori che intermediano i
turisti: produttori ma anche gestori di enoteche, agriturismi, wine bar, ecc.
La cantina è l'elemento cardine
su cui si articola tutta l'attività
enoturistica, in quanto essa è da intendersi quale autentica meta di
immagine nelle attese dell'enoturista e come corollario alla materia prima
“vino”. Essa rappresenta il momento terminale del processo di offerta101.
In Italia oggi ci sono 1.200 cantine attrezzate per l'accoglienza e 12.000
cantine aperte al pubblico per la vendita del vino102.
La cantina è una risorsa turistica primaria (come gli impianti di risalita
per le attività sciistiche o le strutture e le attrezzature di spiaggia per quelle
balneari). E' il luogo fondamentale in cui la domanda si incontra con con la
realtà territoriale e culturale della produzione vinicola ed è , inoltre il luogo
in cui il turista, in particolar modo quello che proviene dai grandi centri
urbani, riscopre la campagna e ritrova contatti con la natura, ormai preclusi
da tempo103.
Le visite alle cantine sono fondamentali sia per il recupero dell’ambiente
e delle tradizioni rurali, sia per accrescere la cultura del vino e quindi, in
ultima analisi, fornire prospettive di sviluppo alle aziende.
Secondo il Rapporto Censis del 2006 la qualità dell'offerta è sufficiente
per i fattori base (cantine, ristorazione, eventi) ma è ancora medio-bassa per
101 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di
comunicazione, Franco Angeli, Milano p.124
102 http://wwww.movimetoturismovino.it
103 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Franco Angeli, Milano p.24
63
i servizi più evoluti (enoteca di sistema, museo del vino, strade, artigianato).
Infatti l'offerta enoturistica risulta essere:
ancora troppo dominata da destinazioni classiche (Langhe, Collio,

Chianti, Montalcino, ecc.);
crescente e ricca nella numerosità e della tipologia di altre

destinazioni tematiche ma
tuttavia disordinata, quasi sempre
episodica, spesso troppo elementare e troppo standardizzata;
all’opposto della domanda, che invece è rapidamente evolutiva, in

termini di esigenze (meno prodotti, più esperienze) e di autonomia
decisionale, quanto a influenza mediatica, scelta di tempo (last
minute) composizione del pacchetto di acquisto e soprattutto voglia
di scoperta di nuovi territori e vere identità all’insegna della ricerca di
total leisure experience104.
Gli attori dell'offerta devono essere capaci di seguire le preferenze dei
consumatori e di stimolare nuovi bisogni. Pertanto, una variazione dei gusti
collettivi verso particolari prodotti turistici deve stimolare un cambiamento
dell'offerta.
Fabio Taiti, presidente di Censis Srvizi contrappone alla tribalizzazione
della domanda la coriandolizzazione dell'offerta enoturistica (Figura 2.3):
essa è molto frammenta tanto che viene definita come “una gallassia di
proposte sempre più eterogenea e pulviscolare”. Le aziende della filiera
vitivinicola ed enoturistica nel loro insieme frammentato sembrano
coriandoli105.
104 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2005), Le Strade del
turismo del vino:uscire dal bricolage promuovere il soprassalto, Associazione Città del vino,
Siena
105 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle
strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.
64
Figura 2.2
Fonte: Censis Servizi 2006
Il sondaggio Winenews/Vinum 2008 ha invece evidenziato che l’offerta
del turismo del vino, per il 60% degli intervistati, è attualmente in Italia
caratterizzata da improvvisazione, individualismo ed episodicità. E
l’accoglienza nelle cantine (in termini di accessibilità, orari, servizi e cura
del turista) è definita scarsa dal 27% e appena sufficiente dal 40%106.
Gli enotursti non sono soddisfatti e reclamano offerte più serie e
soprattutto vogliono essere “coccolati”.
Sempre secondo il sondaggio, tutti gli enoturisti interpellati, hanno
espresso un’indicazione comune: l’intero comparto del turismo del vino,
così come si è proposto fino adesso, non riesce più a soddisfare
completamente le aspettative diversificate di una clientela sempre più
competente. Si sta, insomma, affacciando anche da noi l’esigenza di
realizzare un modo diverso di fare turismo del vino, più ricco di offerte e
capace di regalare piaceri a tutto campo.
E' necessario porre un’attenzione di livello superiore verso le esigenze
sempre più articolate e sofisticate degli enoturisti.
106 http://www.winenews.it
65
La strategia dell’offerta diversificata sembra essere quella più idonea ad
intercettare target differenti di esperti esclusivisti, appassionati o semplici
interessati e curiosi107.
2.6 Il marketing del turismo del vino
A livello operativo, sono quattro le variabili chiave che l'operatore
enoturistico (aziende agrituristiche, imprese vitivinicole, tour operator,
agenzie di viaggi specializzate, ecc.) ha a disposizione per agire sul
mercato. Queste variabili vengono solitamente classificate nelle quattro P
del marketing mix: prodotto (product), prezzo (price), promozione
(promotion) e distribuzione (distribution)108.
Le decisioni relative al prodotto sono alla base del piano di marketing
operativo. Il pacchetto enoturistico è un insieme di componenti ed in genere
comprende le risorse offerte nell'ambiente e i servizi offerti da operatori
pubblici e privati.
Il vino è la risorsa primaria dell'enoturismo ma possono concorre a
costituire il pacchetto enoturistico anche altri prodotti agroalimentari locali
come, ad es. olio, miele, erbe, liquori, conserve, prodotti lattiero-caseari. Il
mix può anche comprendere:

le attrattive turistiche locali di base: le risorse collegate al mondo
rurale, cioè la campagna coltivata, i boschi, i paesaggi; le altre risorse
turistiche del bacino di riferimento, cioè i borghi storici, i giacimenti
archeologici, ecc.;

le sovrastrutture: le attività ricettive, di ristorazione, per lo shopping
107 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle
strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.
108 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.140-150
66
(come cantine ed enoteche), per il divertimento e lo sport (ad es.
equitazione, escursioni, noleggio di varie attrezzature sportive),
attività complementari (come musei enologici, visite guidate,
artigianato, corsi di cucina o di fotografia, ecc.)

le infrastrutture: l'insieme delle reti viarie, stradali, autostradali e
ferroviarie, gli aeroporti, le stazioni, ecc. che consentono
l'accessibilità al luogo. Questa è una delle variabili del pacchetto che
l'operatore enoturistico non può controllare, ma è invece controllata
da quello pubblico 109.
La seconda leva fondamentale è quella del prezzo. Ogni pacchetto
turistico ha un proprio prezzo che risulta dalla somma dei costi di viaggio,
di vitto, di alloggio e di partecipazione ad attività disponibili nel sito.
Ognuno di questi prezzi è frutto di decisioni strategiche di ogni singolo
operatore. Spesso nel calcolo economico del turista è il prezzo complessivo
del soggiorno ad essere rilevante. Per questo motivo è molto utile costituire
un tarriffario che accanto a quotazioni globali “tutto compreso”, indichie
proponga soluzioni come la mezza pensione, eventuali escursoni e attività
aggiuntive, prezzi diversificati per stagione, per gruppi di fruitori, ecc.
E' indispensabile comunque che il prezzo nasca da una collaborazione
con la filiera vinicola e da un'interazione con il mercato turistico.
Connesso al prezzo del prodotto enoturistico, sarà
necessario anche
penasare al prezzo del vino e degli altri prodotti messi in vendita
dall'azienda agricola110.
La terza leva è la comunicazione, una variabile fondamentale nella
composizione di un corretto marketing mix. E' infatti con una giusta
promozione che si qualifica l'offerta di turismo. Gli strumenti che possiede
l'operatore di marketing sono due:

le politiche di promozione delle vendite: politiche “price
109 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.140-141
110 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.142-143
67
downing”che intervengono sul prezzo tramite degli sconti e politiche
“packaging up”, cioè di diversificazione del prodotto turistico stesso
all'interno di pacchetti integrati;

le campagne pubblicitarie e le politiche di immagine, che operano
con finalità a medio-lungo termine
Questo processo di comunicazione si realizza attraverso:
 la promozione informativa, fondamentale nelle fasi di lancio di un
nuovo prodotto, quando risulta scarsamente noto ai potenziali
visitatori;
 la promozione persuasiva, che ha lo scopo di modificare la
propensione all'acquisto di un prodotto già noto ma non ancora
sperimentato;
 la promozione focalizzata sul ricordo vuole, da un lato indurre il
turista al riacquisto del prodotto già personalmente sperimentato e
gradito, dall'altro mantenere viva nella mente del pubblico
dell'immagine del contesto nel quale è stato fornito.
Il messaggio promozionale va determinato con riferimento al target di
mercato al quale ci si vuole rivolgere, con particolare riguardo alle
motivazioni ed alle caratteristiche socio-culturali, economiche e
psicologiche dei segmenti identificati.
Per quanto riguarda i canali di trasmissione del messaggio, esistono vari
strumenti promozionali che possono essere utilizzati e sono:
 la vendita diretta
 la pubblicità diretta
 le pubbliche relazioni e la pubblicità indiretta
 i dépliant
 le esposizioni e le fiere111
L'ultima leva è la distribuzione. Creare e controllare l'accesso da parte
111 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.143-147; nel
paragrafo 2.8 ci occuperemo più approfonditamente del tema degli eventi.
68
del consumatore al prodotto turistico è di importanza centrale ai fini della
gestione dei flussi di domanda. I più importanti canali distributivi sono tre:

i tour operator, sono i canali di intermediazione classici che sono
capaci di attrarre una domanda sostenuta in termini quantitativi e
selezionata qualitativamente;

gli intermediari di piccole dimensioni (i cosiddetti “ground
operator”), localizzati all'interno del bacino turistico, sono
specializzati nel fornire package o servizi ai turisti ( ad es. servizi di
trsporto, visite ai luoghi storici, artistici, ecc.
Questi due canali distributivi hanno il compito di assistere e informare i
turisti, di offrire servizi di supporto all'accoglienza (come ad es. il servizio
di prenotazione), di distribuire materiale informativo, di fornire spazi
espositivi per vario uso ( chioschi, punti vendita, assaggi sulla strada, ecc.);

le enoteche, che sono localizzate dentro o fuori del perimetro del
bacino turistico, sono canali di intermediazione atipici. E' nelle
enoteche che nascono e vengono soddisfatte curiosità sui vini e sulle
località di produzione, è qui che si realizza un rapporto più diretto e
personale tra chi vende e chi acquista e quindi vi è la possibilità di
scambiarsi una reale informazione sulle possibilità di turismo nelle
cantine e magari si possono promuovere escursioni e viaggi
organizzati.
Altre tipologie di intermediazione che si affiancano a forme più
tradizionali, comprendono centri di informazione dislocati nelle località di
primario interesse quali: hotel, campeggi, enti pubblici come Atp e le
comunità montane, ecc.112.
112 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.147-150
69
2.7
Gli eventi enologici come strumenti di
comunicazione e promozione del territorio
Numerose sono le iniziative di comunicazione, come gli eventi legati al
vino (fiere, sagre, ecc.), diffuse sul territorio nazionale. Il loro scopo è
quello di incrementare il flusso di visitatori diretti ai luoghi di produzione
enologica.
La visita alle cantine, le degustazioni, l'abbinamento della visita con la
gastronomia, le cene nei ristoranti tipici, le sagre sono occasioni di grande
rilevanza promozionale e possono diventare momenti cruciali di
commercializzazione e comunicazione del prodotto enoturistico. Ciò a
condizione che vengano organizzati in maniera professionale, sia nei loro
aspetti operativi, sia nella comunicazione degli stessi alla domanda, che
deve avvenire attraverso l'elaborazione di messaggi efficaci e a elevato
contenuto informativo, persuasivo ed evocativo113.
Gli eventi legati al vino rappresentano uno dei canali di promozione più
efficaci, agendo in due direzioni fondamentali: la promozione del settore
economico che essi rappresentano e la promozione del territorio che li
ospita. Costituiscono un punto d’incontro tra la domanda e l’offerta
enoturistica; attraggono visitatori e donano visibilità alle risorse dell’area
interessata, permettono di dare risalto ai luoghi in cui si svolgono, e ,quindi,
fungono da strumenti di promozione del territorio.
Gli eventi enologici sono dunque un importante strumento di marketing
territoriale per via della loro capacità di attrarre turisti, diffondere e
migliorare l’immagine dell’area che li ospita, attirare investimenti
esogeni,attivando veri e propri processi di rigenerazione economica
all’interno dei territori ospitanti.
Gli eventi coinvolgono gli enoturisti sul piano personale e hanno lo
113 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della
domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.76
70
scopo di stabilire una relazione più intima con il territorio il vino e
l'azienda, basata su di un’intensa emozionalità. Diventano strumenti
eccellente per far vivere al pubblico un’esperienza memorabile, in grado sia
di creare nei presenti associazioni mentali uniche ed irripetibili che nascono
da un coinvolgimento polisensoriale, sia di “catturarli” in una relazione
emotiva con l’evento e dunque con l’azienda al quale l’immagine forte e
positiva dell’evento viene trasferita114.
Gli eventi enologici più importanti e famosi si ripetono tutti gli anni con
date quasi fisse e risultano essere:

le fiere come Vinitaly che si svolge a Verona nel periodo marzoaprile115, Prowein a Düsseldorf a marzo116, Vinexpo a Bordeaux nel
mese di giugno117, International Wine Fair
a Londra nel mese di
maggio118;

altri eventi organizzati dall'associazione Movimento del turismo del
vino come Calici Sotto le Stelle (agosto), Cantine Aperte, Benvenuta
Vendemmia;
Vinitaly riscuote un alto interesse soprattutto per gli esperti del vino e
del settore vinicolo ma per i meno esperti l’evento può rappresentare un
momento di avvicinamento al mondo del vino.
Cantine Aperte, è l’evento più importante che si svolge in Italia con
protagonista il vino, la sua gente e i suoi territori. Da ben 16 anni,
nell’ultima domenica di maggio, le cantine socie del Movimento Turismo
del Vino aprono le proprie porte al pubblico, favorendo un contatto diretto
con gli appassionati del vino.
L’interesse verso l’evento è cresciuto notevolmente di anno in anno ed ha
attirato sempre più l’attenzione di turisti e residenti, incuriositi dalla
114 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,
Milano p.32-34
115 http://www.vinitaly.com
116 http://www.prowein.de
117 http://www.vinexpo.com
118 http://www.londonwinefair.com
71
manifestazione ma soprattutto desiderosi di fare un’esperienza di grande
valore culturale e umano119.
La volontà di riscoprire e rivivere nelle campagne la straordinaria
atmosfera di festa legata al periodo della raccolta, ha portato il Movimento
Turismo del Vino a dedicare una domenica del mese di settembre,
tradizionalmente legato alla vendemmia, a celebrarne la festa con
Benvenuta Vendemmia in momento strategico e fortemente significativo
della stagione vinicola.
Nel rispetto assoluto delle fasi di lavorazione che caratterizzano il
periodo, Benvenuta Vendemmia, come Cantine Aperte, è l’occasione ideale
per aprire le porte delle aziende e far assistere turisti e visitatori alle fasi
topiche del ciclo di produzione, coinvolgendoli direttamente attraverso
passeggiate fra i vigneti, visite alle aziende, degustazioni dei prodotti tipici
abbinati ai vini di produzione.
L’organizzazione di momenti ricreativi quali spettacoli folcloristici,
mostre di attrezzi enologici, degustazioni di prodotti tipici realizzati
direttamente in azienda, dà vita ad una vera “festa della vendemmia”, che
contribuisce al massimo coinvolgimento di appassionati ed esperti,
consentendo ad ognuno di approfondire il proprio rapporto con il territorio e
le sue risorse120.
Calici di stelle si svolge ogni anno il 10 agosto, nei centri storici e nelle
piazze italiane, tra corti d’insospettata bellezza e castelli, gli enoturisti
appassionati del buon bere, possono degustare i migliori vini delle cantine
associate abbinati ai prodotti tipici di qualità, espressione del patrimonio
locale di ogni regione che ospita l’evento.
Le stelle cadenti rinsaldano lo straordinario connubio fra vino e arte,
offrendo accanto alle degustazioni magistralmente guidate da abili
sommelier e famosi enologi italiani, una ricca serie di iniziative che
allietano piacevolmente con concerti di musica jazz e classica, cortei storici,
119 http://www.movimentoturismovino.it
120 http://www.movimentoturismovino.it
72
performance teatrali e giochi pirici, i tanti turisti italiani e stranieri che
scelgono un nuovo concetto di vacanza estiva alla scoperta delle città
d’arte121.
2.8 Il marketing delle Strade del vino e dei sapori
La legge quadro n. 268 del 27 luglio 1999 si propone come obiettivo la
valorizzazione dei territori a vocazione vinicola e riconosce quale strumento
a ciò preposto la realizzazione delle “Strade del Vino” che, all’articolo 1,
sono definite come “percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli,
lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e
cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse
costituiscono uno strumento attraverso il quale i territori viticoli e le relative
produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di
offerta turistica”122.
Le Strade del Vino, quindi, sono percorsi segnalati entro territori ad alta
vocazione vitivinicola caratterizzati, oltreché da vigneti e cantine di aziende
agricole singole o associate aperte a pubblico, da attrattive naturalistiche,
culturali e storiche (musei, borghi, edifici storici, produzioni artigiane)
particolarmente significative ai fini di un'offerta enoturistica integrata123.
Questi percorsi consentono al turista di conoscere il prodotto vino in quel
territorio e dà alle imprese l'opportunità di offrire in maniera congiunta
servizi del territorio.
Centododici sono le “Strade del vino” di cui, a vario titolo e molto
diverso livello, ormai dispone l’Italia124. Esse associano in una rete
121 http://www.movimentoturismovino.it
122 Legge italiana 27 Luglio 1999 n.268, Disciplina delle strade del vino, art.1, comma 2
123 http://www.terreditoscana.regione.toscana.it/
124 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle
strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena.
73
imprenditori in maggior parte del settore agricolo (di aziende vitivinicole,
agricole e agrituristiche), ma anche del settore del turismo (imprese
turistiche ricettive, agenzie di viaggi e tour operator), dell’artigianato, del
commercio (enoteche e botteghe del vino) con le istituzioni locali e le
associazioni125, il tutto con l’obiettivo di valorizzare l'identità del territorio
complessivamente inteso.
La Strada è un sistema di offerta turistica che comprende elementi
differenti, ma integrati al fine di avvicinare il mondo agricolo (in particolare
vitivinicolo) al mondo del turismo. Infatti la produzione enologica legata al
territorio non è sufficiente per l’attivazione di una Strada del vino, ma va
corredato da servizi di accoglienza e da operatori preparati che siano in
grado di fornire all’enoturista indicazioni sulle possibili escursioni
naturalistiche, luoghi da visitare, prodotti tipici, visita alle cantine e tutto
ciò che rientra in un’ottica di fruizione turistica del territorio. Esse vogliono
essere un tentativo di favorire, razionalizzare e qualificare l'offerta
enoturistica.
2.8.1
Componenti delle Strade del vino (prodotti, territorio,
ecosistema, soggetti)
Sono quattro i “fattori critici” che compongono una Strada del vino e dei
sapori: il prodotto, il territorio, l'ecosistema, i vari soggetti coinvolti. Di
seguito una presentiamo una loro analisi126.
Il prodotto di una Strada è costituito sia dal prodotto principale, e quindi
qui vi rientra il vino, che è il testimonial dell'area di produzione e delle sue
peculiarità specifiche, il particolare vitigno di quella terra da cui nasce quel
125 In Italia le più importanti sono l'associazione Città del Vino e il Movimento del turismo del
vino
126 PASTORE R. (2002), Il marketing del vino e del territorio: istruzioni per l’uso, Franco
Angeli, Milano p.114 e ss.
74
vino e la zona (che ha ricevuto un riconoscimento come una DOCG, o una
DOC, o una IGT) in cui si sviluppa quel vino, sia dai prodotti accessori,
cioè dall'intero “paniere “ enogastronomico caratteristico di un dato luogo
(altri prodooti agroalimentari diversi dal vino come olio, formaggi tipici,
ecc.). Non solo gli aspetti materiali fanno parte del prodotto ma anche quelli
immateriali, cioè tutte le componenti di servizio, l'ospitalità e l'accoglienza,
che svolgono un ruolo centrale.
Figura 2.4 – Componenti delle Strade del vino
PRODOTTI
SOGGETTI
principali fra cui
attivare stabili
“politiche delle
alleanze”
vino
vitigno
altri prodottipaniere
TERRITORIO
spazio fisico
spazio antropico
valori, storia,
culture (e culture
tecnologiche
ECOSISTEMA
costruzione,
difesa,
valorizzazione
del paesaggio
viticolo ecc.:
qualità del
prodotto
è
qualità
dell'ambiente
(e viceversa)
Una strada del vino
e dei sapori è frutto
e sintesi di diverse
componenti che
realizzano in
maniera formale o
informale un “patto
per lo sviluppo”del
territorio e che si
danno alcune regole
comuni di
comportamento
(in specifico di
servizio e accoglienza
Esse quindi
costituiscono una
RETE DI
CULTURE, DI
INTERESSI,
DI VOLONTA'
PRODUTTORI
(singoli o associati)
TRASFORMATORI
(produttori o no)
OPERATORI
LEGATI
ALLE ATTIVITA'
DISTRIBUTIVE
OPERATORI
ECONOMICI
INDIRETTAMENTE
INTERESSATI
OPERATORI DEL
SISTEMA
TURISTICO,
AGRITURISTICO,
DELL'OSPITALITA'
IN GENERE
ASSOCIAZIONI,
ORGANIZZAZIONI
VOLONTARIE
ISTITUZIONI
LOCALI
Fonte: Pastore (2002)
75
Il territorio delle Strade del vino dovrebbe essere caratterizzato dalla
sinergia e integrazione di tre aspetti:

territorio inteso come spazio fisico, cioè come area caratterizzata da
delimitazioni geografiche, orografiche e paesaggio fisico;

territorio inteso come spazio antropico, cioè luogo caratterizzato
dalla continuità nel tempo di una certa presenza dell'uomo, del suo
modo specifico di insediarsi in una certa zona o località;

territorio come insieme di valori, storia, cultura, cioè come
conseguenza della stratificazione nel tempo della presenza antropica
in un determinato spazio fisico. Questo aspetto include anche il
concetto di “cultura tecnologico-produttiva” stratificatasi in un certo
territorio come espressione di una particolare forma di
economia:agricola, agroindustriale, artigiana, ecc.
Da questo si evince che il territorio quindi è una risorsa da valorizzare.
L'ecosistema, ovvero il sistema ambientale, il è frutto di una interazione
secolare e continua tra l'uomo e il suo territorio di insediamento. Tale
interazione nella viticoltura, in genere, ma in particolare in quella relativa al
vino di particolare pregio in zone vocate, il rapporto dell'uomo con
l'ecosistema di riferimento è stato tendenzialmente conservativo e non
distruttivo, prevalentemente di attenta valorizzazione e non di sfruttamento.
Infine i soggetti che sono portatori di interessi fra loro diversi e sono:

i produttori: i singoli operatori, associati in cooperative, ecc.

i trasformatori ( a volte coincidono con i produttori)

gli operatori legati alle varie forme di distribuzione (es. le enoteche)

altri operatori economici, non legati direttamente al mondo del vino
(es.gli artigiani)

gli operatori del sistema turistico, agrituristico, del turismo rurale e
dell'ospitalità in genere

le istituzioni pubbliche

associazioni e organizzazioni volontarie
76
Affinché la Strada del vino funzioni efficacemente è necessario che fra
questi soggetti che sono direttamente o indirettamente interessati si
instaurino delle relazioni sistemiche, ovvero delle “politiche di alleanze”.
2.8.2 Ruolo economico delle Strade
Il ruolo istituzionale della strada è di coniugare al meglio i bisogni della
domanda, tesi alla soddisfazione delle proprie esigenze, e quelli
dell'offerta .
L'istituzione delle Strade del vino può apportare cospicui benefici a tutto
il comparto del turismo enogastronomico: la Strada del vino è in grado di
organizzare e integrare nel modo economicamente più efficiente e
socialmente più accettabile le risorse e le attività turistiche di un'area,
consentendo vantaggi economici in termini di economie di scala ed
economie di sistema.
a) Le economie di scala, che derivano da interventi sulle catene del
valore interne al prodotto enoturistico, cioè in quelle che sono le quattro
filiere verticali di alcune delle componenti del prodotto-area 127e cioè quella
della produzione vinicola, quella della ricettività, quella della ristorazione e
quella delle strutture complementari. Le economie di scala si verificano
soprattutto a valle o a monte dell'attività della singola impresa, nonché nella
gestione di servizi comuni durante la fase di produzione128.
b) Le economie di sistema, che derivano dalle interrelazioni e dalle
sinergie tra le diverse componenti del sistema del valore 129(economie nella
127 La catena del valore abbraccia la filiera produttiva relativa ad una singola componente del
prodotto turistico di area, quando questa sia identificabile come output finale di uno specifico
processo produttivo
128 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di
comunicazione, Op.cit. p.191
129 Il sistema del valore si riferisce all'intero prodotto turistico di area, a sua volta scomponibile
nei sottosistemi delle risorse, delle strutture dell'offerta, delle istituzioni locali e della
popolazione residente
77
gestione delle informazioni, economie derivanti da una più efficiente
distribuzione dei flussi turistici all'interno del distretto, economie nella
gestione degli aspetti ambientali130.
La Strada del vino rappresenta anche un vantaggio competitivo in termini
di barriere all'entrata, in quanto richiede risorse umane qualificate, forte
grado di coesione tra gli operatori e acquisizione di know how specifico.
2.8.3 Strade del vino come strumento di sviluppo rurale: punti
di forza e di debolezza
Le Strade del vino costituiscono uno strumento di promozione dello
sviluppo rurale e del suo territorio, con particolare riferimento ai luoghi
delle produzioni qualitative a denominazione di origine (DOCG, DOC e
IGT), e intendono favorire e promuovere l'enoturismo, quale movimento
inteso a valorizzare la produzione vitivinicola nell'ambito di un contesto
culturale, ambientale, storico e sociale131.
Una Strada del vino collega tutte le risorse presenti in luoghi e territori
ad alta vocazione vinicola in grado di esercitare il proprio effetto sulla
domanda di enoturismo. Essa diviene strumento di divulgazione, di
informazione e di commercializzazione del prodotto enoturistico e dei
territori vinicoli, ponendosi tra le strutture di offerta e il turista. Al tempo
stesso contribuisce a rendere più responsabile il consumatore, dimostra i
luoghi di provenienza del prodotto, difende il territorio e l’ambiente,
accresce la notorietà e l’immagine dei prodotti agroalimentari collegati ai
luoghi della produzione.
In tal modo il vino viene ad integrarsi con tutte le altre risorse di un
paesaggio allo scopo di accrescere e qualificare il flusso dei visitatori delle
130 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di
comunicazione, Op.cit., p.192-196
131 http://www.terreditoscana.regione.toscana.it/
78
aree vitivinicole132.
Uno di compiti che assolve la Strada del vino è quello di favorire
l’integrazione socioeconomica tra viticoltura, turismo, enogastronomia e
attività connesse nel campo della cultura, dell’informazione e della
realizzazione di iniziative di animazione e caratterizzazione dell’area di
riferimento.
I percorsi delle vie del vino costituiscono uno strumento di attraverso il
quale i territori vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgati,
commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica. Le Strade del vino
hanno dunque un'evidente finalità territoriale e la loro gestione operativa
deve essere improntata al marketing del territorio133.
L’analisi condotta da Fabio Taiti nell'Osservatorio del turismo del vino
del 2004 riguardo a quelli che vengono ritenuti i punti di forza e quelli di
debolezza delle Strade del vino, mette in risalto come da un lato la forza sia
identificata nella qualità intrinseca dei prodotti enogastronomici dell’area e
del territorio, mentre i principali elementi di debolezza vengono identificati
nelle strutture, siano esse di promozione, di commercializzazione o di
accoglienza. Si ha consapevolezza della qualità delle risorse che si è in
grado di offrire, ma vengono giudicate non ancora adeguate le strutture
necessarie a valorizzare appieno tali risorse134.
Questi risultano essere i punti di forza:
qualità intrinseca di prodotti e produttori (qualità dei vini, dei prodotti

tipici e della ristorazione tipica)

qualità del paesaggio dell'accoglienza e della ristorazione

crescita delle organizzazioni e degli eventi organizzati nell'area

crescita della coesione fra operatori economici
132 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di
comunicazione, Op.cit. p.116
133 BELLETTI G.(2005), Dispense di economia e gestione delle imprese agrituristiche,
Università degli Studi di Firenze
134 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2005), Le Strade del
turismo del vino:uscire dal bricolage promuovere il soprassalto, Associazione Città del vino,
Siena.
79
E questi i punti di debolezza:

presenza insufficiente di musei del vino ed enoteche locali

insufficienza o carenza delle strutture che permettono la diffusione della
degustazione (punti di degustazione)

scarsa capillarità della rete di vendita

bassa qualità dell'accoglienza nelle aziende

carenza o non soddisfacente livello del sostegno pubblico (scarsa

affluenza dei contributi da parte degli Enti pubblici locali)
disaccordi fra i soci della strada nelle strategie e sui programmi.
80
CAPITOLO 3
LA DIMENSIONE TERRITORIALE ED
ESPERIENZIALE NEL MARKETING DEL VINO
3.1 Il sistema dell'offerta di vino
L’Italia occupa da tempo un posto stabile tra i primi Paesi al mondo sia
in termini di consumo, sia in termini di produzione ed esportazione del
vino. Infatti è il secondo paese produttore di vino su scala mondiale. Il
comparto vitivinicolo italiano presenta numerosi punti di forza, fra i quali
la qualità dei vini, la tradizione dei viticoltori ed inoltre l’estrema varietà
dei dei vitigni, con la presenza (soprattutto nelle regioni del Sud) di molti
vitigni autoctoni. Tuttavia l’eccessiva frammentazione dell’offerta e le
carenze manageriali influiscono negativamente sullo sviluppo delle imprese
del comparto135.
Il vino, nel panorama agroalimentare italiano, detiene un ruolo di
prim’ordine. Tuttavia, la globalizzazione dei mercati e l’inasprimento della
concorrenza internazionale (l'entrata nel mercato di nuovi competitors come
la California, il Cile o l’Australia) non hanno risparmiato anche questo
prodotto che, nel giro di pochi anni, ha visto crescere in maniera sensibile il
numero dei competitor sia sul mercato interno che su quelli esteri. Essendo
quello del vino un mercato globale, la possibilità di mantenere le posizioni
acquisite ed incrementare la competitività è anche legata, tra le altre leve
strategiche, alla valorizzazione della propria diversità ed origine territoriale:
135 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo
2007, Roma.
81
un requisito che può favorire, in particolare, i vini del territorio e quindi
quelli Doc, Docg e Igt136.
Il mercato mondiale di vino è sempre stato dominato da grandi produttori
europei come la Francia, l'Italia, la Spagna, la Germania e il Portogallo,
detenendo un peso aggregato dell'export mondiale pari a circa i due terzi del
totale, ma dai primi anni '90 sono comparsi nuovi player extraeuropei che
hanno accresciuto la loro quota sull'export mondiale, arrivando fino a
detenere nel 2003 il 23%. Così lo scenario mondiale si è suddiviso fra
produttori del “Vecchio Mondo”, ovvero Francia, Italia, Spagna, Portogallo
e Germania e produttori del “Nuovo Mondo”, ossia Australia, Cile, Usa
(California), Sudafrica, Argentina, Nuova Zelanda e Brasile137. Questo
concetto di “Nuovo Mondo”fa riferimento soprattutto all'emergere, da parte
di questi paesi, di un diverso approccio alla produzione e alla vendita del
vino e dall'affrontare la competizione in modo aggressivo ed innovativo
rispetto ai modelli normalmente adottati dalle imprese dei paesi tradizionali
produttori138. Infatti i produttori del “Nuovo Mondo” si caratterizzano per
un approccio al mercato di tipo marketing-oriented, all'opposto di quelli del
“Vecchio Mondo” ancora saldamente product-oriented.
I produttori del “Nuovo Mondo” sono dei player di grandi
dimensioni,spesso multinazionali, con ingenti disponibilità finanziare e
sono dotati di un'ottima cultura manageriale; hanno sviluppato una
viticoltura nuova, basata su tecniche produttive innovative; fanno un
utilizzo massiccio della tecnologia in cantina ed investono molto sul
packaging e adottano accentuate politiche di marca. Sono ispirati ad una
logica più industriale, infatti i loro vini hanno caratteristiche di chiarezza e
di immediatezza, più omologati al cosiddetto gusto internazionale, quindi
136 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo
2007, Roma.
137 MATTIACCI A., MARALLI R. (2007), Il wine marketing nell'esperienza di una media
impresa leader: Banfi di Montalcino, in Mercati e Competitività, volume 2 n.2, Franco Angeli,
Milano p.33
138 ZAMPI V. (2003), Wine management, Centro Stampa Il Prato, Firenze p. 131-137
82
scarsamente denotati territorialmente, ma in grado di garantire bssi costi di
produzione. Questo ha permesso ai nuovi attori marketing-oriented di
innalzare il livello competitivo e di mettere in difficoltà i “Vecchi
produttori”, in quanto possiedono delle strutture imprenditoriali più
frammentate, piccole dimensioni aziendali, una bassa cultura economicomanageriale, alti costi di produzione ed attuano politiche di branding in
maniera artigianale e sporadica. Nell'approccio europeo la produzione è
ispirata alla tipicità e alla diversità, infatti il vino è espressione del
territorio, frutto della terra, dell'esperienza del produttore e della capacità
dell'enologo139.
In questo contesto l’Italia, nonostante sia priva di un piano strategico
nazionale, che invece è presente in tutto lo scacchiere competitivo
mondiale, mantiene le sue posizioni con la propria quota sul mercato
mondiale che è rimasta invariata: il 18% dell’export mondiale nel 1997, il
18% nel 2007. Ciò che cambia per l’Italia, e di molto, è invece il valore
dell’export, la cui crescita è stata esponenziale grazie alla produzione di
qualità e all’affermazione del proprio brand: negli ultimi 12 anni l’export è
praticamente raddoppiato e il valore del 2007 si è attestato sui 3,4 miliardi
di euro. E' proprio sull’asse della qualità e dell’immagine che l’Italia riesce
ad essere competitiva, non certo sul fattore prezzo140.
Il segnale di questo successo nel comparto del vino è dovuto, infatti, ad
una ristrutturazione profonda del settore, che ha preso avvio a partire dagli
anni '70, da un nucleo inizialmente ristretto di operatori. La diminuzione
della produzione da 65 milioni di ettolitri negli anni '70 agli attuali 50
milioni è proprio indice dell'aumentata attenzione per la qualità e segnale di
una domanda sempre più selettiva da parte dei consumatori che ha guidato
il passaggio dal vino come alimento al vino come fonte di gusto e di
139 MATTIACCI A., MARALLI R. (2007), Il wine marketing nell'esperienza di una media
impresa leader: Banfi di Montalcino, in Mercati e Competitività, volume 2 n.2, Franco Angeli,
Milano p.34-35
140 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo
2007, Roma.
83
piacere. Soprattutto negli ultimi venti anni molte imprese sono state
protagoniste della “rivoluzione della qualità”, hanno investito molte risorse
nella produzione di vini di elevata qualità, hanno iniziato a porre attenzione
al marketing, alla tecnologia in cantina (anche perché era il modo più rapido
di compensare i limiti dei vigneti per lo più inadeguati a causa
dell'invecchiamento, ma la cui riconversione richiedeva tempi
inevitabilmente più lunghi), si è fatta molta sperimentazione sul prodotto,
percorrendo quindi la strada della qualità e della differenziazione dei
prodotti, invece che quella della quantità. Un decisivo apporto è giunto
dalla stampa specializzata, che ha saputo sviluppare forme di
comunicazione estremamente efficaci per la diffusione della conoscenza del
nuovo modo di essere del vino italiano, ovvero di qualità141. Da questo
punto di vista non si può non ricordare il fondamentale ruolo svolto da
Luigi Veronelli, vero capostipite del giornalismo enologico in Italia, che in
questo rinnovamento, ha saputo suscitare in vecchi e nuovi consumatori la
curiosità e la voglia di andare a scoprire cos'è il vino e quanti modi ha
questo prodotto di esprimersi.
Attualmente, il vino prodotto in Italia è riconducibile a due grandi
categorie: vino a denominazione d'origine e vino da tavola. Alla prima
categoria, appartengono i VQPRD , cioè i vini di qualità prodotti in regioni
determinate, cui corrispondono i vini a denominazione d'origine controllata
(DOC), i vini a denominazione d'origine controllata e garantita (DOCG) ed
i vini a indicazione geografica tipica appartengono alla categoria dei vini a
denominazione d'origine. Al secondo gruppo, invece, appartengono i vini da
tavola propriamente detti. La configurazione che potrebbe assumere questa
classifica è grosso modo quella di una piramide (Fig.3.1) con al vertice i
vini a DOCG e, scendendo verso la base, le DOC, i vini a indicazione
geografica ed infine i vini da tavola. La legge 164/1992, che disciplina le
Denominazioni d'origine dei vini, classifica i vini nel modo seguente142:
141 ZAMPI V. (2003), Wine management, Centro Stampa Il Prato, Firenze p. 153-154
142 Legge italiana n. 164 del 10 febbraio 1992, Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei
84
denominazioni di origine controllate e garantite (DOCG): questi vini

vengono sottoposti a regole più restrittive e a controlli più severi
rispetto alle DOC infatti sono sottoposte a verifiche degustative e
chimice da parte di apposite commissioni (obbligo che non esiste per
le DOC) ; questi vini debbono essere commercializzati in recipienti di
capacità inferiore ai 5 litri e portano un contrassegno dello Stato che
dà la garanzia di origine, di qualità e consente di numerare i pezzi; nel
2008 esistono 36 denominazioni di questo tipo;
denominazioni di origine controllate (DOC): sono vini prodotti in zone

delimitate (di solito piccole e medie dimensioni) e portano il loro
nome geografico, rispetto alle DOCG sono considerati di qualità
leggermente inferiore;
nel 2008 esistono 353 denominazioni di
questo tipo;
indicazioni geografiche tipiche (IGT): in Italia si trovano 118 IGT

sparse nel territorio, sono caratterizzate da un'indicazione geografica
(nome), accompagnata o no da menzioni (vitigno, tipologia
enologica, etc.). Le zone di produzione sono normalmente ampie, la
disciplina di produzione relativamente poco restrittiva;
nel 2008
esistono

vini da tavola: si identificano solo per il colore, il nome dell'azienda
agricola o il marchio, infatti le etichette di questi vini non indicano
l'anno della vendemmia e il luogo di provenienza delle uve. Questa
categoria raggruppa vini definiti di consumo corrente, ovvero ordinari
dal punto di vista qualitativo, c'è da sottolineare però che in questa
categoria rientrano anche tanti vini di alta ed altissima qualità, che per
scelta aziendale non rientrano nelle denominazioni d'origine, né nelle
IGT.
vini
85
Figura 3.1 – Divisione dei vini in base alla legge 164/1992
DOCG
DOC
DOC
DOC
VQPRD
IGT
IGT
VINIVINI
DA TAVOLA
DA
Fonte: nostra elaborazione
Il sistema di offerta di vino può essere analizzato attraverso la filiera del
vino. La produzione della filiera di vino in Italia è ripartita in quattro grandi
comparti: Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e Isole. La produzione è
parcellizzata, con circa 800.000 aziende viticole che dispongono in media
da 1 a 2 ettari di vigneto. Il sistema cooperativo è quello preponderante,
infatti la metà della produzione nazionale deriva dalle cantine sociali e dai
consorzi .
La struttura della filiera può essere definita attraverso lo svolgimento di
tre funzioni e cioè:

la funzione di produzione della materia prima, l'uva da vino;

la funzione della trasformazione della materia prima in vino;

la funzione di adattamento del prodotto finito attraverso lo svolgimento
delle attività di natura commerciale legate alla distribuzione del
vino143;
A monte della filiera si trovano le imprese che curano la produzione della
materia prima, l'uva da vino e i fornitori, come le imprese vivaistiche
(barbatelle per l'impianto della vigna), quelle che forniscono attrezzature
per la gestione del vigneto (ad esempio attrezzature per l'irrigazione) e per
la raccolta delle uve, i fornitori di prodotti per la gestione del
143 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 165-166
86
vigneto(antiparassitari, fertilizzanti, ecc.). Fanno parte del sistema di
produzione delle uve anche professionisti (in questa fase soprattutto è
presente la figura dell'agronomo), enti e centri di ricerca che svolgono
attività complementari a quella principale, infatti forniscono consulenze
tecniche. Successivamente nella filiera si trovano le imprese che curano le
operazioni di trasformazione (produzione di mosti, vinificazione ed
invecchiamento) e quelle di condizionamento dei vini (imbottigliamento,
affinamento e confezionamento), e le imprese che forniscono attrezzature
per la cantina (botti, barriques, ecc.), prodotti chimici, materiali di
confezionamento (bottiglie, tappi, capsule, etichette, ecc.), attrezzature per
la cantina (botti, barriques, ecc.),quelle che forniscono servizi enologici
(analisi, ecc.), i professionisti che forniscono consulenze (enologo). E'
necessario puntualizzare che esistono aziende che sono solo produttrici di
uve, oppure aziende vinicole unicamente specializzate nella produzione di
mosti o di altri prodotti vinicoli, aziende “vinicole” solo imbottigliatrici, ma
anche aziende vinicole a ciclo completo, ovvero che curano tutte le fasi,
dall'uva al vino finito e alcune anche l'imbottigliamento. Per quanto
riguarda l'ultima funzione, quella della commercializzazione del vino
possiamo individuare le imprese che svolgono due attività principali, la
prima è quella di distribuzione commerciale144, che è svolta dalla grande
distribuzione organizza, dai grossisti, dai dettaglianti (wine-bar, enoteche,
canale Ho.Re.Ca), dai distributori che operano su scala internazionale
(esportatori, importatori) e dai professionisti o dalle società che operano in
qualità di agenti di commercio o di broker (il compito di questi operatori è
di svolgere un'azione di raccordo fra i diversi anelli della catena
distributiva)145. La seconda attività è quella di marketing, svolta da quelle
imprese che compiono sia ricerche ed analisi indirizzate a comprendere
quali siano le esigenze e le preferenze del mercato-obiettivo, sia operazioni
144 I principali canali di distribuzione verranno dettagliati nel § 3.3
145 L'agente di commercio opera nella sfera del dettaglio avendo un ambito di attività locale,
mentre il broker tratta partite di maggiore entità e normalmente lo fa avendo un orizzonte
internazionale.
87
di monitoraggio della concorrenza (istituti di ricerca) e da quelle imprese
che creano le condizioni per indirizzare le percezioni e le preferenze dei
clienti verso i beni che le imprese produttrici e/o distributrici offrono al
mercato.
Qui rientrano le attività di promozione delle vendite (spesso
svolte dagli istituti di consulenze di marketing) e le attività di
comunicazione (agenzie pubblicitarie, imprese che offrono servizi di
grafica, i media, la stampa specializzata e gli opinion leaders)146.
Dopo aver affrontato il settore vitivinicolo dal alto dell'offerta nel
prossimo paragrafo ci soffermeremo sul lato della domanda di vino.
3.2 I comportamenti di acquisto e consumo del vino
Negli ultimi decenni il mercato del vino ha subito una profonda
modificazione nei comportamenti dei consumatori e nelle modalità di
commercializzazione. Mentre nella seconda metà degli anni '80 e nei primi
anni '90 si è caratterizzato un calo dei consumi, la seconda metà degli anni
'90 ed in questi anni del nuovo millennio si è verificata una stabilizzazione
e quindi una nuova crescita.
Nei Paesi tradizionalmente produttori (Francia, Italia e Spagna primi fra
tutti) il decremento dei consumi è avvenuto a causa di fattori economici,
sociali, culturali e psicologici. I principali cambiamenti di ordine
economico sono stati: la crescente concorrenza di produttori di soft drink
(analcolici, acque minerali e birra) e l'evoluzione dei modelli di
distribuzione (ad esempio l'affermarsi ipermercati e Gdo) spesso più
funzionali a prodotti relativamente standardizzati che a prodotti complessi
come il vino, mentre quelli di ordine sociologico sono stati: il passaggio da
una popolazione rurale ad una decisamente urbana, in cui si sono
146 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 192-199
88
modificate le abitudini di vita e le modalità di assunzione dei pasti connesse
all'attività lavorativa147. Per quanto riguarda gli aspetti culturali e
psicologici, in passato, soprattutto negli anni '80, il vino era considerato
come il sinonimo di alcolismo, a causa di numerose campagne anti-alcool
che hanno coinvolto anche questa bevanda, mentre oggi è stato
scientificamente rivalutato, considerandolo una sorta di medicina che possa
prevenire alcune malattie cardiovascolari e tumori148. Di conseguenza sono
cambiate le modalità, le frequenze e le occasioni di consumo: il vino non è
più un componente tradizionale della dieta, cioè quel liquido che
permetteva di lenire la sete dopo il faticoso lavoro nei campi, che apportava
forti input energetici, o la bevanda di accompagnamento ai pasti, ma viene
ritenuto sempre più un piacere di cui godere lontano dai pasti nell'ambito
delle occasioni sociali e conviviali149. Quindi il vino non è più considerato
un prodotto di prima necessità, ossia che deve soddisfare i bisogni primari,
di sopravvivenza o fisiologici (come la fame o la sete), ma è diventato,
piuttosto, un bene voluttuario, che si consuma in risposta a dei bisogni di
appartenenza sociale, di riconoscenza e di stima (Maslow 1943) sulla base
di motivazioni di tipo edonistico. Tuttavia l’approccio al vino da parte delle
“vecchie” generazioni è tuttora ancorato al modello di bevanda quotidiana,
mentre all’opposto quelle “nuove” si avvicinano al vino da diverse
direzioni.
In Italia e nei principali Paesi tradizionalmente produttori i consumi di
vino in termini quantitativi sono in continua e progressiva diminuzione, ma
registrano una significativa riallocazione in termini qualitativi ed
economici150. Negli ultimi anni il consumo di vino è diminuito
sensibilmente; a partire dal 1985 è passato da 75 litri pro-capite ai 48,2 nel
147 PASTORE R. (2002), Il marketing del vino e del territorio: istruzioni per l’uso, Franco
Angeli, Milano p.73-75
148 ZAMPI V., MATTIACCI A.(2004), Brunello di Montalcino: how a typical wine could revive
a poor country village, British Food Journal n.10/11
149 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo
2007, Roma.
150 Ibidem
89
2008151. Inoltre la quota di non consumatori è notevolmente aumentata
raggiungendo il 33% della popolazione totale con più di 14 anni. Il
consumo regolare non coinvolge più del 26% dei consumatori e la quota dei
consumatori occasionali è arrivata a rappresentare, nel 2006 il 41% del
totale152.
I comportamenti di acquisto e consumo sono la conseguenza
dell'insorgere nell'individuo di necessità o desideri che ritiene di voler
soddisfare. Perciò è essenziale capire quali siano le motivazioni, e quindi le
esigenze che il cliente intende appagare, che spingono un soggetto ad
acquistare del vino. E' possibile associare il consumo di questa bevanda a
tre fondamentali ordini di esigenze, individuando tre funzioni che il vino
può svolgere per il consumatore (ossia i benefici che possono motivarlo
all'acquisto)153:
la funzione alimentare, il vino può soddisfare esigenze di tipo alimentare

in quanto può dare dei contributi alla nostra dieta, sia in modo diretto,
ovvero attraverso l'assunzione delle sostanze in esso presenti (il vino
può apporta acqua, calorie, sali minerali, acidi, tannini, ecc.) o in
modo indiretto, ossia come elemento capace di interagire con gli altri
alimenti che possiamo assumere (di solito è una bevanda che fa da
accompagnamento al cibo, procurando effetti quali stimolare
dell'appetito, dissetare, modificare la digeribilità delle sostanze
contenute negli alimenti);

la funzione psicotropa, il vino è una delle bevande che, contenendo alcol
etilico, ha la capacità di provocare stati di alterazione psichica (che
può andare dalla leggera ebbrezza alla vera e propria ubriachezza) e
questo, nel bene o nel male, rappresenta una motivazione che può
spingere il consumatore all'acquisto del prodotto. Il desiderio di
151http://www.winenews.it
152Secondo un' indagine commissionata dal Consorzio di tutela vini Valpolicella ad Astra
Ricerche nel 2006
153 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p.236-248
90
provare gli effetti euforizzanti dell'alcol può nascere da necessità o
vizio (quando vi è una dipendenza psico-fisica da questa sostanza),
oppure per piacere (ad esempio, per dare vivacità a situazioni
conviviali);
la funzione edonistica, il vino è capace di procurare un appagamento sul

piano sensoriale e/o psicologico-sociale, quindi il consumatore è
spinto ad acquistarlo per apprezzare le caratteristiche qualitative e
organolettiche del prodotto, oppure per soddisfare esigenze di natura
psicologica legate essenzialmente alla propria sfera interiore, o per
appagare desideri di convivialità, di rispetto di un rituale, di
comunicazione, di appartenenza (come elemento di distinzione o
come moda), di ostentazione.
Per meglio comprendere chi sono i consumatori di vino, quali sono le
loro caratteristiche e per tentare di determinare i loro bisogni e le loro
abitudini di acquisto, è necessario segmentare il mercato in categorie di
clienti. Questo approccio consente ad un'azienda vitivinicola di scegliere a
quale target di clienti rivolgersi e conseguentemente adattare il proprio
marketing mix e quindi di proporre prodotti, prezzi, canali di distribuzione e
comunicazione adeguati alle esigenze di questi clienti154
In uno studio condotto dalla società Solving Efeso nel 2008 su oltre
cento Paesi del mondo, nel mercato dei bevitori di vino vengono individuati
quattro segmenti: basic, fun, degustazione, art. I gruppi di consumatori sono
stati isolati in base alle loro attese, ai loro comportamenti e alle loro
motivazioni e per ciascun segmento sono state quantificate la domanda
mondiale e la tendenza del mercato (Fig.3.2). Questo ha permesso di capire
che il vino riveste una funzione differente in ogni segmento155.
I bevitori basic associano il consumo di vino all'alimentazione, lo
154 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,
la distribuzione, Edagricole, Bologna, p.12-14
155 SOLVING EFESO (2008), Degustatori di vino o bevitori?, in Largo Consumo, n.10 Largo
Consumo, Milano, p.127
91
considerano un alimento che soddisfi un bisogno nutrizionale oppure, per
abitudine, una bevanda essenziale per accompagnare i pasti. Questi
consumatori coprono il 20% del mercato, hanno più di 50 anni, acquistano
vini a prezzi bassi direttamente dal produttore o dalla grande distribuzione.
I consumatori fun attribuiscono al vino una funzione sociale, lo
considerano un elemento di distinzione e di tendenza. Questi bevitori
rappresentano il 55% della domanda mondiale di vino, hanno un'età
compresa fra i 25 e i 35 anni, danno importanza al fattore prezzo del vino,
acquistano questo prodotto direttamente dal produttore, dalla grande
distribuzione o in enoteca.
Il 20% dei consumatori di vino appartiene al segmento degustazione,
associano a questa bevanda una funzione sensoriale, fatta di caratteristiche
gustative e di particolarità organolettiche, ricercano una dimensione
culturale, infatti sono molto interessati al legame tra il vino e il suo
territorio di origine. Sono bevitori che hanno più di 30 anni, ricercano la
particolarità, infatti amano sperimentare vini, autonomamente, anche presso
piccole imprese artigianali, danno importanza al rapporto prezzo/piacere e
acquistano solo direttamente dai produttori.
L'ultimo è il segmento art, costituito dal 5% dei consumatori che hanno
un'età superiore ai 40 anni. Questi bevitori desiderano che il vino gli faccia
vivere un'esperienza sensoriale appagante e quindi si aspettano che questa
bevanda apporti loro forti sensazioni ed emozioni. Acquistano vino
soprattutto in enoteca ed apprezzano le produzioni artigianali come uniche.
Il segmento degustazione è quello che evidenzia i maggiori potenziali di
crescita, quello art rimane stabile, mentre per i consumatori dell’area fun si
attende una crescita media. Invece il segmento basic, nonostante detenga
ancora il 20% del mercato è strutturalmente in calo. Grazie all'analisi delle
dinamiche di trasferimento della domanda è possibile evidenziare che il
segmento degustazione attrae sempre di più i consumatori dell’area fun e
art, segno che il mercato mondiale del vino dovrà sempre di più in futuro
92
legarsi al territorio, creando prodotti dalle caratteristiche molto marcate. In
Italia assistiamo ad un vero e proprio passaggio “generazionale” nella
segmentazione del mercato del vino. Le nuove generazioni di consumatori
si affacciano al mercato partendo dall’area fun per poi spostarsi
successivamente a quella della degustazione, non toccando mai l'area basic.
Secondo il vicepresidente di Solving Efeso, Luigi Serravalle, “Il mercato
del vino, se vuole rimanere competitivo in una situazione di calo
generalizzato della domanda, deve disinvestire al più presto dal segmento
basic, quello più legato ai consumi abitudinari e familiari. Un’idea di vino
come prodotto legato alla sensorialità è la carta vincente dei prossimi
anni156”.
Figura 3.2 – Segmentazione del mercato dl vino
BASIC
20%
decrescita
FUN
55%
crescita media
DEGUSTAZIONE ART
20%
5%
forte crescita
stabile
Funzione
Alimentare
Sociale
Sensoriale
Core Target
- Età > 50
anni
- Bisogno
nutrizionale/a
bitudine
- Età 25-35 anni - Età > 30 anni
- Età > 40
- Stile: tendenza - “Sperimentatore” anni
sociale,
autonomo
- Edonista
importanza
dell'immagine
Attese
Ricerca di un Ricerca di uno R i c e r c a d e l l a
completastandard e di un particolarità e di un
mento
carattere
gusto specifico
alimentare
universale di un
gusto
- V e n d i t a - GDO
Tipologia di
commercializza- diretta presso - intermediari
i produttori
zione
- GDO
Culturale
Eccezional
e attesa di
emozioni e
sensazioni
Vendita diretta presso i - Intermeproduttori
diari
- Ve n d i t a
diretta
presso
produttori
artigianali
Fonte: nostro adattamento su Solving Efeso (2008)
156 SOLVING EFESO (2008), Degustatori di vino o bevitori?, in Largo Consumo, n.10 Largo
Consumo, Milano, p.127
93
Secondo un'analisi presentata al Vinitaly 2008, sempre più determinanti a
definire gli stili di consumo di vino sono le donne ed i giovani. Per quanto
riguarda le donne si stima infatti che quasi la metà del fatturato ottenuto
dalla vendita di questa bevanda in Italia sia dato proprio dal mercato
femminile (sarebbe di ben 3 miliardi di euro il valore del consumo
femminile su un totale italiano di 6,2 miliardi di euro). L’età d’ingresso al
consumo di vino per questo cluster attorno è ai 20 anni (mentre per i maschi
si ha dopo i 30 anni). Le donne apprezzano e riconoscono il buon vino ma
al contrario di quello che comunemente si pensa, e sebbene siano tra le più
forti consumatrici di spumanti, la donna ama particolarmente i vini fermi e
secchi, i vini rossi, i vini maturi e strutturati. Riguardo ai rossi sono molto
sensibili al legame con il territorio d'origine. Hanno una forte propensione
all’apprendimento delle tecniche di degustazione, sono infatti le
protagoniste del boom dei corsi di degustazione. Bevono vino per piacere e
lo vedono come elemento di socializzazione, il 32 % delle donne si dichiara
pronta a bere una bottiglia di vino in compagnia delle amiche. Attualmente
mostrano maggiore indipendenza di giudizio nello scegliere il vino, non si
fanno più guidare dagli uomini nella scelta della bottiglia al ristorante157.
Per quanto concerne il mondo dei giovani, l' 82% di essi dichiara di
avere una forte propensione di acquisto di vino, lo consumano di preferenza
come aperitivo o come elemento di aggregazione158. Prevalentemente si
orientano su vini rossi, strutturati, di territorio e sembrano poco attratti dai
vini che provengono dal Nuovo Mondo. Sono consumatori che non bevono
abitualmente, hanno frequenza di rapporto con il vino che va da una a tre
volte a settimana e consumano più frequentemente vini riconoscibili.
Il prezzo è una relativa barriera: il loro consumo si orienta soprattutto su
bottiglie che hanno un “nome” o che fanno tendenza, purché abbiano un
concreto rapporto con la territorialità. Di preferenza bevono i vini della loro
157 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business e
del turismo in cantina, Agra Editrice, Roma p.141
158http://www.enotime.com
94
regione di appartenenza, sono comunque propensi all'esplorazione.
L’universo giovani può essere diviso in due clusters: da una parte i
cosiddetti “bevitori”(o “amanti del bere), cioè che assegnano al vino un
valore culturale e si caratterizzano inoltre per una ripetuta frequenza di
consumo del vino durante la settimana (per il 55% almeno una volta nella
settimana), dall’altra ci sono i “degustatori”, hanno un approccio al vino più
caratterizzato da valenze edonistiche, lo consumano per piacere, in quanto
tale bevanda “dà più gusto alla vita” e accompagna la scoperta di nuovi
sapori e hanno una frequenza di consumo elevata (61,3% almeno una volta
nella settimana),159. I due cluster trovano accordi su diversi aspetti: il luogo
di acquisto principalmente utilizzato è il supermercato, seguito in entrambi i
casi dal ristorante, anche le enoteche, ma soprattutto i wine-bar sembrano
rivestire
un'importanza considerevole160; il formato di acquisto più
frequente è la bottiglia. Per quel che concerne la percezione del prezzo
medio del vino in relazione ai due luoghi principali d’acquisto (l’enoteca e
il supermercato), si riscontra un valore più alto nel caso dei degustatori
rispetto agli amanti del bere. A testimoniare il successo del vino tra i
giovani è anche la crescente domanda di approfondimento in corsi di
degustazione, ma anche master universitari indirizzati alla conoscenza del
concetto più ampio di ruralità. La fascia d’età d’ingresso nel consumo del
vino, anche per i giovani, è stimata attorno ai 20 anni e soprattutto gli
studenti universitari amano.
I maschi adulti restano comunque i principali consumatori, ma per loro il
consumo di vino è meno dettato da spinte emotive e conoscitive, quanto
piuttosto dall’abitudine.
159 MATTIACCI A., CECCOTTI F., DE MARTINO V. (2006), Il vino come prodotto cognitivo:
indagine esplorativa sui comportamenti giovanili, V Convegno internazionale “Le tendenze del
marketing”, Venezia 21-22 Gennaio 2006
160 Nuova tipologia di canale di distribuzione in cui la modalità di consumo è on-premise, ovvero
che ha luogo nel punto vendita e di solito acquistando il vino al bicchiere.
95
3.3 Il marketing mix del vino
Dopo aver effettuato la segmentazione del mercato dei consumatori di
vino e aver scelto il segmento di clientela al quale rivolgersi
conseguentemente sarà necessario posizionarsi sul mercato in modo chiaro,
in funzione delle esigenze dei clienti e distinguendosi dalla concorrenza.
Sarà necessario allora avere un marketing mix del vino coerente: un
prodotto, un prezzo, un canale di distribuzione, una comunicazione.
La prima leva operativa del marketing mix del vino è quella del prodotto.
Per il cliente il prodotto vino è costituito principalmente (Fig. 3.1)161:
dalle caratteristiche tecniche ed organolettiche del vino (la specifica

varietà, la vinificazione, la gradazione, l'annata, gli aromi, ecc.); ogni
cliente ha una percezione propria di tali caratteristiche, del colore del
vino, degli aromi e del gusto ed è tale percezione che permetterà al
cliente di decidere;
il suo packaging (la forma, il formato e il colore della bottiglia,

l'etichetta e la contro-etichetta, la capsula e il tappo, l'imballaggio, la
marca); questo strumento permette comunicare un'immagine coerente
con il posizionamento prescelto e la clientela cui si rivolge;
il nome e la storia; questi sono elementi fondamentali per differenziare

un vino, in quanto sono capaci di ricondurlo ad una dimensione
affettiva e di raccontarlo con la sua quota di sogno;

i servizi associati al prodotto (quelli legati al turismo, come ad es. la
visita della cantina, la degustazione del vino in compagnia del
produttore, percorsi all'aperto, ecc., o quelli relativi alla facilità di
trasporto, come la consegna a domicilio o sul luogo di lavoro, la
possibilità di ordinativi cumulativi, ecc.); questi servizi divengono
fattori di differenziazione.
161 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,
la distribuzione, Edagricole, Bologna p.33-43
96
Figura 3.3 – Il prodotto “vino” nel marketing
VINO
PACKAGING
Caratteristiche
tecniche
Bottiglia
forma, formato,
colore
ed oraganolettiche
Nome
e
storia
SERVIZI
ACCESSORI
- varietà
- gradazione
- annata
Consegna
Marca
- aromi
- ecc.
Imballaggio
Etichetta
Contro-etichetta
Altri
servizi
Fonte: Rouzet e Seguin 2004
La seconda leva operativa del marketing del vino è il prezzo. La filiera
del vino è molto sensibile alla variabile prezzo, in quanto è considerato
come uno degli elementi fondamentali nelle decisioni d’acquisto. Esso
viene utilizzato come indicatore della qualità quando non sono disponibili
sufficienti informazioni per valutare il prodotto e nelle situazioni di rischio.
L’acquisto dei prodotti meno cari riduce il rischio finanziario, mentre un
prezzo particolarmente elevato tutela dalla scarsa qualità. Ci soffermeremo
principalmente sul prezzo che ci permette di posizionare il prodotto, sul
prezzo che valorizza la qualità del vino (che comunque comprende il prezzo
di costo). E' necessario che le aziende vitivinicole scelgano un prezzo di
vendita in funzione della clientela target, della scelta del posizionamento
voluto ed in funzione dei prezzi concorrenti presenti sul mercato. Per
determinare il prezzo di vendita è allora indispensabile tenere conto di tre
variabili: la domanda, la concorrenza e il prezzo di costo. Si tratta in questo
97
caso di determinare il prezzo psicologico che il cliente target è disposto a
pagare per acquistare un vino162.
I clienti interpretano il prezzo in base ad una forbice di accettabilità e in
una forbice prezzo minimo-prezzo massimo e associano sistematicamente
un prezzo elevato ad un simbolo di qualità. Nel caso di un mercato di lusso
più un prodotto è costoso, più si vende (effetto Veblen). L'importante è
dunque determinare quale è la forbice adeguata al target individuato e
quindi il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per quel vino.
Fra i prezzi psicologici, ovvero prezzo tondo (prezzo che si presenta in
cifre intere come 5 euro, 10 euro, 50 euro,...) che è un tipo di prezzo che
non valorizza il prodotto, in quanto fa percepire il vino al consumatore
come troppo caro o non abbastanza costoso e quindi viene associato
inconsciamente a cattiva qualità), prezzo aggressivo (ad esempio 3,38 euro,
5,59 euro, 10,71 euro , principalmente usato nella grande distribuzione) e
prezzo rassicurante (prezzo con dei decimali terminanti per 0 oppure per 5
come 3,25 euro, 4,75 euro, 7,30 euro) quest'ultimo risulta essere il migliore
da applicare al prodotto, in quanto permette di fissare le soglie minime e
massime accettabili per ogni canale di distribuzione, ma soprattutto è un
prezzo che associa immediatamente a qualità al vino, senza ingenerare nel
consumatore una riflessione del tipo “è caro”, “non è caro”163.
Secondo i ricercatori di Nomisma le tasse e il costo della rete distributiva
incidono per il 60% sul prezzo finale di una bottiglia di vino, mentre la
produzione agricola vi incide per il 10% e la trasformazione industriale per
il 30% (Fig. 3.4). Questo valore medio a livello mondiale corrisponde più o
meno a quanto avviene in Italia: il prezzo originale di questa bottiglia poi si
raddoppia in enoteca e addirittura si triplica al ristorante. Il caso limite è
quello del consumo “al bicchiere”, in cui si associa alla comodità da parte
162 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,
la distribuzione, Op.cit., p.43
163 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business e
del turismo in cantina, Op.cit., p.104
98
del consumatore di poter consumare a prezzi in genere accessibili dei vini
di notevole qualità la possibilità per il rivenditore di praticare un ricarico
sulla singola bottiglia che può arrivare a livelli veramente elevati.
Figura 3.4 – Ripartizione del prezzo di una bottiglia di vino a livello
mondiale
37%
23%
Distribuzione e servizi
Imposte e tasse
Produzione agricola
Trasformazione industriale
10%
30%
Fonte: Nomisma (2003)
La terza leva del marketing del vino è la distribuzione. Anche la scelta
dei canali di distribuzione dipende dalla clientela mirata dal posizionamento
scelto, dalle diverse situazioni locali in cui si trovano le imprese, dalle
diverse linee di prodotto. I principali sono:
- la vendita diretta (nell'azienda individuale o nel punto vendita presso la
cooperativa); questa modalità di distribuzione è la più diffusa nel mondo
vitivinicolo in quanto permette un contatto diretto ed esclusivo fra
produttore e consumatore finale proprio nell'azienda stessa. Ovviamente
richiede da parte dei produttori capacità specifiche sia per organizzare
che per gestire l'attività dell'accoglienza, la presentazione dei prodotti, la
degustazione-vendita;
99
- le enoteche e il dettaglio; coprono circa il 20% della distribuzione del
vino in Italia164. Rappresentano una vetrina per la vendita dei prodotti e
basano la loro attività commerciale sul consiglio diretto, ciò permette di
proporre al cliente una cultura del vino molto affascinante. Le enoteche e
i negozi di gastronomia dedicano particolare attenzione all'assortimento:
la loro offerta è caratterizzata da ampie gamme di vini e superalcolici e
sono perennemente alla ricerca di ampliare e sviluppare questa gamma al
fine di soddisfare una clientela fidelizzata o in via di fidelizzazione;
- la grande distribuzione, rappresenta il canale di vendita più importante
per la commercializzazione del vino in Italia, infatti nel 2007 più del
60% del vino imbottigliato è stato venduto tramite la Gdo 165. La grande
distribuzione sta sviluppando marche proprie e specifiche e sta
aggiungendo ai suoi assortimenti anche vini di una certa qualità. Le
grandi insegne, da qualche anno, con l'evoluzione delle politiche di
acquisto, hanno deciso di attuare contrattazioni dirette con i produttori di
vino, eliminando gli intermediari. I distributori mettono in opera i mezzi
necessari per attirare la clientela, allestendo in maniera attraente gli
scaffali dei prodotti vitivinicoli, attraverso stand di degustazione o
facendo gestire il reparto vini e alcolici da specialisti con il fine di
ottimizzare la relazione con il consumatore;
- il circuito HO.RE.CA (hotel, ristoranti, caffè), rappresenta una quota
importante della commercializzazione dei prodotti viticoli, infatti più del
20% dei pasti principali sono consumati dagli italiani al di fuori del
domicilio; in questa categoria rientrano i ristoranti, i bar, gli alberghi, gli
agriturismi e i wine-bar;
- la vendita per corrispondenza, tramite le riviste, questa forma di
vendita diretta del vino ha conosciuto un buon successo ma è oggi in
concorrenza con quella su Internet, resta comunque importante per le
società specializzate e apporta una supplementare opportunità di vendita
164Fonte Ismea – Sistemi di distribuzione del vino nel 2001
165Ricerca IRI Infoscan 2008 per Vinitaly
100
alle aziende o alle cooperative che la praticano;
- i l commercio on-line; i produttori di vino possono assicurarsi
direttamente l'immissione sul mercato dei propri prodotti grazie alla
creazione di un sito Internet. Questo approccio consente, grazie alle
numerose opportunità di informazioni sulle aziende, sui vigneti, sugli
elementi tecnici legati al vino, alla clientela la conoscenza oggettiva
necessaria all'acquisto;
- le esportazioni, rappresentano un terzo degli sbocchi dei vini italiani e i
primi tre paesi clienti dell'Italia sono la Germania (volume del 33%), la
Francia (17%) e gli Stati Uniti (12%).
L'ultima leva operativa è la comunicazione, che è una componente
essenziale del marketing mix del vino. Essa permette al cliente di
visualizzare, conoscere e percepire i messaggi elaborati dal marketing mix.
Ognuno degli elementi che compongono l'impresa sono potenzialmente dei
mezzi di comunicazione: il prodotto, la marca, il personale, la pubblicità, le
opinioni espresse dalla stampa specializzata, i punti vendita e gli eventi,
sono tutti fattori che contribuiscono a determinare la percezione dell'offerta
aziendale da parte del cliente166.
Prima di prendere in considerazione la comunicazione esterna
all'azienda, ovvero quella di filiera o di prodotto è importante porre
l'attenzione su quella interna. Il personale di un'azienda o di una cantina
cooperativa comunica in modo informale con tutto quello che ha intorno, ed
è quindi l'ambasciatore dell'azienda stessa. Quindi una buona
comunicazione interna genera anche una corretta organizzazione del lavoro
in cantina e di conseguenza contribuisce a creare un'immagine positiva
dell'azienda vitivinicola.
Elementi indispensabili della comunicazione esterna sono i punti
d'accoglienza dei clienti (luoghi di degustazione in cui è esposta la gamma
completa di prodotti, le schede tecniche del prodotto, i tariffari,...), il nome
166 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 192-199
101
della tenuta e il suo logo-tipo (vengono riportati su tutti i documenti che
escono dall'azienda, sui biglietti da visita, sulle etichette, sulla segnaletica
esterna, e soprattutto il logotipo è come una firma che permette di essere
percepita, memorizzata e riconosciuta), la posta elettronica (permette di
comunicare in modo diretto e rapido con i clienti), il sito web (è uno
strumento molto utile per la presentazione dell'azienda e dei suoi prodotti,
consente di aggiornare costantemente le notizie relative all'impresa).
Nel mercato vitivinicolo la finalità della comunicazione è di far
conoscere e poi conseguentemente far acquisire notorietà al proprio
marchio, di convincere all'acquisto di un determinato vino, nel ricordare
l'esistenza e nel rinforzare l'immagine del prodotto e nell'informare circa i
nuovi prodotti. Perciò nel settore vitivinicolo la comunicazione è centrata
sull'esaltazione dell'immagine dell'azienda attraverso il posizionamento dei
prodotti dell'azienda. I mezzi che permettono ad un individuo di riconoscere
un prodotto, di identificarlo comparativamente ad altri sul luogo di vendita,
di stimolare un interesse e quindi un atto di acquisto immediato o differito
devono essere combinati per assicurare il successo della
commercializzazione.
Esistono due tecniche che facilitano il posizionamento dell'impresa sul
proprio mercato: la comunicazione tramite media e quella senza media. La
comunicazione mediatica si basa sull'utilizzo della stampa (riviste
specializzate o supplementi ai quotidiani nazionali), la radio e la televisione
(con programmi dedicati ai vini e alla gastronomia), le affissioni. La
comunicazione extra media permette di utilizzare le tecniche
complementari come il direct marketing, la promozione delle vendite, le
sponsorizzazioni e gli eventi. E' necessario che questa comunicazione sia
coerente con i media.
102
3.4 Alcune dimensioni territoriali ed esperienziali nel
marketing del vino
Il vino è un prodotto complesso, dalle mille sfaccettature, è
profondamente legato al territorio, possiede elementi della tradizione
territoriale. Per il consumatore, la sua degustazione, la conoscenza della
storia, della zona in cui nasce, dei metodi con cui viene prodotto costituisce
un’esperienza culturale ed emozionale. Vari autori sono riusciti a definire
molto bene questo particolare legame.
Lo scrittore e giornalista Paolo Monelli sottolinea il profondo rapporto
che esiste fra cibo e natura, fra vino e substrato geologico della terra (il
lacrymachristi “denso del fuoco sotterraneo che si cova i vigneti arrampicati
sui fianchi del vulcano fra lave nere e ginestre pioniere”)167, ma anche con
la geografia regionale, perché c'è relazione fra territorio e abitanti (“lo
stesso rapporto che esiste fra il vino e la cultura esiste fra i caratteri
prevalenti del vino di una data regione e quelli della gente che abita da
secoli la regione stessa”168). Il vino di qualità, di pregio, è uno strumento
essenziale per veicolare la cultura di un certo territorio, soprattutto se
parliamo di prodotti ad alta valenza territoriale.
Il vino ha mille volti e sapori ed è figlio unico e irripetibile di un
territorio, nasce dalla terra miracolosa, che ogni anno ripete il suo rito
eterno, dall'alchimia magica composta di minerali, luci, acqua e vento e
dalla mano dell'uomo. Il terroir influisce sulla personalità e sul carattere del
vino e ne determina la diversità. Un calice di vino racconta millenni di
storia e le tradizioni della sua terra. Lo scrittore Mario Soldati, infatti,
ritiene che il vino sia un qualcosa di mezzo fra l'opera d'arte e l'essere
vivente. E' un prodotto quasi artistico, non razionalizzabile né
industrializzabile, condizionato dal luogo e dalla terra in cui maturano le
167 MONELLI P. (2005), Il ghiottone errante, Touring Club Italiano p.137
168 MONELLI P. (1971), O.P. ossia il vero bevitore, Longanesi, Milano
103
uve. Il suo sapore, il suo profumo, il suo colore, la sua intensità evocano e
raccontano il territorio da cui proviene169.
Luigi Veronelli, grande critico enogastronomico, è stato il primo a
convincere i produttori Italiani di vino, già negli anni '60, che i grandi vini
nascono prima nel vigneto e a fare comprendere l'importanza del terroir,
sottolineare le potenzialità e le differenze dei singoli vigneti e dei vari
cru170. Ha cercato di dare senso e dignità al vino e ai prodotti della terra e ha
tenuto sempre saldo il legame con le cantine, i campi, le aie, quindi con il
territorio. Per Veronelli “Il vino è il canto d'amore della terra verso il cielo,
basta camminare tra le vigne, bearsi di questo magnifico spettacolo per
rendersene conto”. Secondo il critico è necessario imparare a “dialogare” e
“ascoltare” il vino, a rivalutarne la dignità e a comprenderne l'anima. Un
vino è irripetibile proprio perché contiene anche la storia della terra che l'ha
generato.171
Lo scrittore Mario Soldati nel suo libro Vino al Vino scrive che “il colore
di un vino dipende dalla luce con cui lo si guarda [...] così e anche di più
per il profumo e per il sapore:dipende dal luogo dove ci si trova [...]
dipende da come ciascuno si sente in quel momento, dalla giornata, dalla
compagnia. Dipende soprattutto dai ricordi che ciascuno chiude in sé stesso:
ricordi di altre luci, altri profumi, altri colori, altri sapori, che ha provato in
vita sua, ricordi che giacciono indelebili nel suo sistema nervoso”172.
Affinché rimanga indelebile nella mente dell'enoturista, l'esperienza deve
essere unica, memorabile, straordinaria, deve coinvolgerlo e impegnarlo sul
piano personale 173.
L'attesa del turista del vino di trasformare la sua vacanza in un'esperienza
169 SOLDATI M. (1969), Vino al vino, Mondadori, Milano p.205
170 Vigneti che riescono a dare vini di eccellente qualità
171 Interessante intervento di Veronelli alla trasmissione di "PER BACCO!" andata in onda il 21
marzo 2002 che è stata raccolta da Francesco Speroni autore e conduttore della trasmissione.
172 SOLDATI M. (1969),Vino al vino, Op.cit. p.697
173 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas,
Milano p.14
104
di vita richiede all'operatore enoturistico l'abilità di far divenire la cantina,
l'agriturismo, il ristorante tipico testimone e di messaggero della cultura,
della storia e delle tradizioni locali. Questo comporta anche la capacità di
interpretare le particolari esigenze dei vari segmenti di domanda e di
riuscire a e creare un vero percorso emozionale, che coinvolga tutti i sensi
del cliente.
Caricare il proprio prodotto di valenze ambientali proprie della comunità
locale significa determinare un valore aggiunto al proprio prodotto,
realizzando così le attese del turista e facendo vivere il proprio prodotto e
tutto quello che vi ruota intorno come un'esperienza da ricordare e da
raccontare.
Già da tempo si riconosce all'enoturista un interesse che va oltre le sole
aziende vitivinicole e i ristoranti di qualità e coinvolge anche la bellezza dei
paesaggi e delle opere architettoniche, dei musei e delle altre attrattive
turistiche che può trovare in un territorio. In presenza di questa molteplicità
di fattori, il prodotto da promuovere, l'oggetto del marketing, non è più il
semplice prodotto vino, ma un prodotto-servizio, o meglio ancora,
un'esperienza.
Chi sceglie di fare enoturismo lo fa per entrare in una nuova dimensione,
in un nuovo stile di vita diverso da quello abituale, solitamente molto
frenetico. La motivazione che può spinge a passare una giornata o un fine
settimana ad andar per vigneti e per cantine è proprio il bisogno di tornare
alle origini, di rintracciare il segno di una cultura legata alla terra, di
provare a capire e rivivere quali potevano essere gli stili di vita e dei luoghi,
magari da cui si proviene. Ad esempio arrivando in un'azienda vitivinicola
nelle colline toscane del Chianti ci si aspetta di trovare, oltre alla
coltivazione dei vigneti che mostri l'amore per il proprio lavoro e
l'attaccamento alle proprie campagne, le strutture architettoniche
tradizionali di quei luoghi: una casa colonica in pietra, solida e massiccia,
un'aia grande lastricata di larghe pietre quadrate, levigate dall'uso e dal
105
tempo, il granaio con l'impiantito poroso di mattoni, il fienile, la stalla, la
cantina e le tinaie.
Anche l'arredamento ha la sua importanza. Dovrebbe avere la comodità
necessaria per un piacevole soggiorno, ma soprattutto uno stile pertinente
all'ambiente: i coppi per l'olio, i fiaschi del vino, la madia dove si conserva
la farina e il pane, le sedie impagliate, l'ampollina dell'olio nuovo e l'aceto
fatto in azienda. Gli elementi architettonici e l'arredamento, quindi sono
tutti aspetti culturali, antropici e paesaggistici che contribuiranno a creare
l'identità territoriale di un vino e un'atmosfera indimenticabile. E' quindi
importante che un'azienda vitivinicola curi anche gli aspetti che esulano
dalle caratteristiche organolettiche del vino, ma ugualmente di
fondamentale importanza per creare un'esperienza unica e memorabile.
Tutti questi elementi evocano la storia dell'azienda e molte volte anche
quella della famiglia che la gestisce. Gli ospiti dovrebbero, dunque essere
accolti da qualcuno che appunto conosca le vicende di questi luoghi. E
ancor più aneddoti ci saranno da raccontare se queste sono anche le vicende
della famiglia. Emerge forte la volontà dei consumatori di conoscere la
provenienza, i luoghi di produzione, la storia, la tradizione, le persone che
si celano dietro ad un vino. Quindi la componente affettiva e
profondamente umana legata alla storia di un vino, il rapporto emozionale
che scaturisce dall’incontro con questo, con il territorio, con le cantine, con
i vigneti e la passione e il calore degli uomini e delle donne che stanno
dietro alla nascita di quel vino particolare, rappresentano una fonte di
fascino senza eguali per l'enoturista.
Secondo il winemaker Roberto Cipresso “la vera storia di un vino
racconta delle condizioni climatiche della stagione in cui è stato prodotto; di
quanto tempo è trascorso da quando sono stati piantati i vigneti, o della
gente che lavora la terra da generazioni. Quando oggi il consumatore beve il
vino, che se ne renda conto o meno, entra in contatto diretto con quella
106
storia”174.
Vino e uomo sono una delle coppie più simbiotiche del mondo. Lungo i
millenni, generazione dopo generazione, l'uomo ha investito una fatica e
una passione così grande nel fare il vino, nel migliorarlo, nell'esaltarne le
caratteristiche, tanto che qualche volta ci ha riversato dentro molto di sé
stesso. Ecco anche perché, in modo stupefacente, il vino e chi lo fa si
assomigliano profondamente. Cipresso sostiene infatti che “uomo e vino
sono l'uno lo specchio dell'altro, entrambi vivono, crescono, mutano
apparentemente identità e carattere”. “Il vino racconta l'uomo che lo fa e il
fascino della profondità della terra”175.
3.5
Valorizzazione territoriale ed esperienziale nel
marketing del vino
Territorio ed esperienza sono i due elementi che riescono a permettere la
valorizzazione del marketing mix del vino.
Il marketing del vino è spesso assimilato al marketing territoriale. In
effetti prima di vendere una tecnica di vinificazione o una bottiglia, vendere
il vino equivale soprattutto a vendere un territorio, un piacere, un sogno,
una storia e una tradizione. Ciò è dovuto all'organizzazione della filiera
attorno al concetto di denominazione d'origine e alla forte correlazione fra
territorio e tipicità di un vino. Ad esempio vendere il Brunello di
Montalcino, è più che altro vendere l'immagine del paese di Montalcino che
non il vitigno Sangiovese176.
Tutto può essere copiato, clonato, riprodotto, falsificato, tranne una cosa:
174 CIPRESSO R., NEGRI G. (2008), Vinosofia, Piemme, Alessandria, p. 6
175 CIPRESSO R. (2006), Il romanzo del vino, Piemme, Alessandria, p.116-131
176 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,
la distribuzione, Op.cit. p.11
107
il territorio, la cultura e il carattere della sua popolazione. Ed è quindi il
legame che il vino ha con il territorio, che rende le sue caratteristiche
uniche e irripetibili, ed è su questo punto di forza che è necessario puntare
per competere a livello mondiale. E' sbagliato infatti pensare che il vino
derivi soltanto dal vitigno con il quale viene prodotto, ma invece nasce da
un mix di tre fattori: i fattori naturali immodificabili (l’ambiente naturale, il
clima, il suolo, il microclima, il paesaggio); i fattori naturali modificabili,
nel senso di scelti dall'uomo (la varietà coltivate da un certo lasso di tempo
in quel territorio), infine, fattori più direttamente culturali (il tipo di
viticoltura, i sistemi di allevamento, i modi di vinificazione e di
affinamento, gli stili eccetera). Il territorio esprime così un’identità,
complessa ma riconoscibile. E quindi un vino di un territorio è un vino che
ha caratteristiche tali da rendere riconoscibile la specifica personalità di una
zona177.
Luigi Veronelli è stato il primo a sottolineare l'importanza del recupero
delle varietà dei vitigni autoctoni, a insistere sulla necessità assoluta di
selezionare le uve nel vigneto, fare comprendere l'importanza del terroir,
sottolineare le potenzialità e le differenze dei singoli vigneti e dei vari cru, è
proprio qui infatti che un vitigno nasce e da il meglio di sé. Il cru è un
termine francese difficilmente traducibile in italiano (come del resto il
concetto di terroir) con il quale si intende un vigneto caratterizzato da un
terreno, un microclima ed uno o più vitigni che, nel corso degli anni dà
sempre prodotti di grande qualità.
Il vino porta un nome che è sempre un nomen loci, non una generica
indicazione, ma una precisa localizzazione geografica. Non a caso il vino è
così strettamente connesso al suo territorio da esserne sinonimo. Si tratta di
una completa identificazione tra vino e il luogo in cui nasce. Ne sono due
esempi lo Champagne che ha preso il nome dalla regione francese
Champagne,e così in Italia per lo spumante Franciacorta che ha preso
177PERULLO N. (2007), Vino e territorio, Slowfood, Slowfood Editore, Cuneo
108
quello della zona collinare fra il Lago d'Iseo e Brescia. Ognuno è
l'espressione del proprio terroir, nonostante siano entrambi prodotti con le
stesse uve (Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero), infatti lo Champagne
può esistere solamente nella Champagne, il Franciacorta può esistere
solamente in Franciacorta.
Il vino non è solo una fredda scheda tecnica che include componenti
chimiche, indici di acidità, misure di vario genere come grammi, litri, gradi
alcolici o un lungo elenco di aromi e di sentori ma è un prodotto che
racconta una storia, una tradizione, ma soprattutto un territorio e offre in chi
lo beve varie sensazioni a seconda dei momenti della vita che
accompagna178.
Secondo quanto abbiamo potuto precedentemente notare (§ 3.2), il
consumo di vino e’ oggi legato soprattutto a uno stile di vita, diventa
veicolo di aggregazione ed i consumatori di questa bevanda richiedono
sempre più che il vino sia legato alla sensorialità, che possa apportare loro
forti emozioni. Allora è necessario che le aziende vitivinicole si orientino in
questa direzione. Sono indispensabili le emozioni per attirare il
consumatore e, ancora di più, per mantenerlo e fidelizzarlo nel tempo.
Diventa pertanto una priorità assoluta creare e far vivere al consumatore
un'esperienza memorabile, è questo che poi permetterà di far ricordare un
vino. Infatti ad esempio ascoltare dopo anni una canzone può darci delle
emozioni perché ci fa ripensare ad un periodo della nostra vita. Lo stesso
vale per il vino: le sensazioni che proviamo quando lo beviamo, rendono
vivo il nostro ricordo, ci portano a far riaffiorare nella nostra mente
esperienze vissute precedentemente, ci evocano i territori di quel vino, che
nel passato abbiamo visitato.
Le imprese devono cercare di coinvolgere il consumatore emotivamente,
personalmente e fisicamente.(Pine e Gilmore, 2000; Scmitt, 1999). A questo
proposito, possiamo portare l'esempio di un'iniziativa, che riscuote ogni
178 CIPRESSO R., NEGRI G. (2008), Vinosofia, Piemme, Alessandria p.5-6
109
anno molto successo, ovvero Benvenuta Vendemmia179. Le
aziende
agricole che vi partecipano sono capaci di organizzare un'esperienza unica
per i propri ospiti. Nel periodo della vendemmia tali aziende accolgono i
visitatori e permettono loro di vivere da vicino e di partecipare attivamente
alle fasi iniziali della vinificazione: prima alla raccolta nei filari, in cui
possono osservare i precisi gesti dei vignaioli mentre recidono i grappoli
ormai pronti, poi al rito della pigiatura in cantina. Questo è il sogno e
l'esperienza memorabile di ogni consumatore di vino: cogliere l'occasione
unica di vivere le atmosfere, respirare gli aromi, interpretare i colori della
vendemmia e di immergersi nell'art de vivre di questi territori, e delle
persone che vi vivono.
Possiamo citare anche un altro esempio quello dei wine-bar. Il wine-bar
sta acquistando livelli crescenti di gradimento da parte di molti consumatori
di vino, rappresenta infatti una formula nuova e diversa di distribuzione,
che viene associata nella percezione dell’acquirente, non più solo ad aspetti
meramente funzionali, ma soprattutto edonistici180; un wine-bar, non si
limita a vendere il prodotto vino, magari abbinato al prodotto “tagliere di
formaggi e salumi tipici”, ma aggiunge a questi prodotti anche la cura della
relazione con il cliente, dell'ambientazione, la creazione di atmosfere calde
grazie alla musica di sottofondo, alle luci di candela, i particolari bicchieri
utilizzati, ecc. Il marketing mix del vino si arricchisce quindi di tanti altri
elementi che insieme formano l'esperienza del consumatore.
Anche la creazione e la progettazione di uno stand di vendita da parte di
un'azienda vitivinicola, può costituire un vero e proprio “plus”. Sia che si
trovi presso l'azienda, sia nella cantina di vinificazione, l'importante è che
sia piacevole e coinvolgente, facendo leva non solo sulla dimensione
sociale, ma anche sui molteplici attributi multisensoriali che possono
caratterizzare l’ambiente di vendita. Il consumatore di vino pensa
179Abbiamo già in parte parlato di questa manifestazione enologica nel paragrafo 2.7
180 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 213
110
all'acquisto delle bottiglie come un momento atteso e qualificante della sua
esperienza in cantina. Spesso le cantine vengono trasformate da architetti e
decoratori in luoghi di degustazione in cui si intrecciano cultura vinicola e
territorio181.
Il consumatore, nel rapporto più frequente col vino, e salvo le debite
eccezioni, non vuole comprare una zona, o un nome di una tipologia di
vino, ma cerca, nella fascia di prezzo prescelta, un gusto, una sensazione, ed
anche il miglior abbinamento possibile ad un determinato piatto.
Dunque è necessario che le imprese riescano a valorizzare l'esperienziale
del consumatore, sia quello vissuto direttamente a contatto con la cantina, il
vigneto, i vignaioli, sia quello tramandato, ovvero tramite riviste
specializzate, guide enogastronomiche, programmi televisivi incentrati sui
vini e la gastronomia. Soprattutto riviste come Slow Food e il Gambero
Rosso infatti hanno diffuso l'interesse per la cultura del vino anche ai meno
esperti e si sono fatte interpreti di un modo di intendere il mondo del cibo e
del cibo volto a recuperare il piacere della tavola, del bere e della scoperta o
della riscoperta di quanto di meglio vi sia in questo campo.
181 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali,
la distribuzione, Op.cit., p.11
111
CONSIDERAZIONI FINALI
Giunti al termine di questo lavoro vorremmo concentrarci su due punti
che meriterebbero un ulteriore approfondimento : il primo riguarda
l'organizzazione degli attori del sistema territoriale ed il secondo la
valorizzazione dei vini autoctoni e di quelli tradizionali.
E' importante che le comunità locali e le loro amministrazioni
valorizzino in modo mirato le specifiche vocazioni del proprio prodotto
territorio, i punti di forza di un'area. Il territorio come abbiamo potuto
vedere, offre molteplici spunti che permettono la sua valorizzazione: risorse
ambientali, storiche e culturali che possono essere sfruttate per
incrementare il numero di visitatori, turisti o consumatori in base al
contesto.
Per mantenere la competitività del nostro sistema enoturistico occorre
puntare alla qualità, per raggiungere questo scopo gli attori delle Strade del
vino devono attuare strategie e investimenti sull’offerta. Si dovrebbero
creare quindi delle sinergie che derivano dall’attivazione del circolo
virtuoso tra turismo, commercio e territorio.
Per vincere le sfide della globalizzazione gli attori di uno specifico
territorio devono quindi lavorare sulla qualità, sui territori, sul modello
organizzativo del sistema territoriale.
E' essenziale che i soggetti pubblici e privati creino delle sinergie ed è
importante che ci sia la volontà e la convinzione da parte di tutti a
collaborare per creare un'immagine positiva del territorio. Sarebbe
opportuno che tutte le aziende vitivinicole, le associazioni di categoria, le
provincie ed i comuni, le aziende dell'intermediazione turistica e quelle
ricettive si coordinino fra di loro per organizzare dei percorsi turistici del
gusto, alla riscoperta della campagna e delle tradizioni. Ogni attore
territoriale dovrebbe svolgere un determinato ruolo.
112
Le aziende vitivinicole si dovrebbero accordare fra di loro per garantire
degli orari fissi di visita alle cantine in modo che gli enoturisti possano
riuscire a fare un tour alla scoperta dell'intero territorio. Le osterie ed i
ristoranti tipici dovrebbero far apprezzare la gastronomia del luogo
esaltando i vini del territorio attraverso abbinamenti a piatti tipici. Le
associazioni di categoria e le istituzioni pubbliche dovrebbero impegnarsi a
promuovere il territorio organizzando eventi capaci di richiamare gli
enoturisti e che riescano a valorizzare adeguatamente le risorse storiche,
culturali e tradizionali del luogo. Sarebbe opportuno che comunicassero
queste iniziative tramite giornali, riviste e siti web. Le agenzie di viaggi e
gli APT dovrebbero essere capaci di fornire informazioni dettagliate sulle
specificità della zona ai visitatori.
Per quanto riguarda la valorizzazione dei vini autoctoni e tradizionali
dobbiamo tener presenti diversi aspetti.
I vini non si rendono competitivi abbassando i costi di produzione, ma
incrementando la loro qualità intesa come tipicità ed autenticità, dando
risalto a quella parte della produzione vitivinicola che corrisponde
all’immagine dell'autenticità e della genuinità, che il consumatore si fa della
produzione di vino. In questo contesto risulta quanto mai importante, al fine
di sviluppare una viticoltura di qualità, riconosciuta e riconoscibile dal
mercato, abbinare alle produzioni “internazionali” prodotti che possano
rappresentare le tipicità locali
La viticoltura regionale, come quella italiana, ha tra i propri punti di
forza una grande ricchezza della varietà di vitigni e dei vini di grande
qualità. Il successo della vitivinicoltura italiana è tale in quanto rappresenta
in modo percettibile il frutto della sua specificità territoriale e della cultura
vitivinicola che nel corso degli anni si è sedimentata. In Italia esiste una
molteplicità di vini e territori molto diversi fra loro: si va dalle colline
friulane in cui si produce il Tocai, al Trentino con le sue terrazze in cui
nascono vini come il Müller-Thurgau e il Teroldego, alla Lombardia con il
113
Valtellina e l'Inferno che sono prodotti alle pendici delle montagne, alle
pianure dell'Emilia Romagna che generano il Lambrusco, alla Toscana con
le sue colline che producono Chianti, il Brunello di Montalcino, alla
Campania con i suoi bianchi Falanghina e Greco di Tufo, all'isola della
Sicilia con il Marsala, alla Puglia con il
Primitivo di Manduria che
beneficia delle brezze del mar Ionio. Questo può sembrare un lungo elenco,
ma in realtà è solo una breve citazione non esaustiva di tutti i vini italiani.
Sono numerosi i vini italiani che hanno riscosso un vasto successo nei
mercati internazionali. Le componenti principali di questo successo sono da
ricercare nello stretto legame tra vitigno, territorio e cultura vitivinicola.
Risulta allora essenziale individuare quelle varietà autoctone in grado di
esaltare l’interazione tra vitigno ad ambiente al fine di tipicizzare sempre
più le produzioni vitivinicole e renderle riconosciute e riconoscibili dal
mercato. Al fine di accrescere il ruolo commerciale delle produzioni
vitivinicole regionali è necessario che le aziende vitivinicole facciano
risaltare il valore differenziale delle nostre produzioni enologiche rispetto
ai concorrenti.
Si dovrebbe promuovere quei vitigni spesso dimenticati che
rappresentano un’opportunità per accrescere e differenziare l’offerta
rispetto ai concorrenti puntando sul binomio vitigno-territorio. L’aspetto
qualitativo, l’interazione tra vitigno ed ambiente, insieme al valore storico
culturale delle produzioni enologiche, possono contribuire alla
valorizzazione dei territori vitivinicoli
Sarebbe necessario cercare di far apprezzare anche gli aspetti più
caratteristici della tradizione e soprattutto i vini tradizionali. Nel Chianti
alcune aziende sono riuscite in questo intento, ad esempio per quanto
riguarda la produzione del Vin Santo DOC hanno mantenuto negli anni
l'antico metodo di produzione. Il Vin Santo è fatto con le migliori ciocche
delle uve di Trebbiano, San Colombano e Malvasia, stese ad appassire su
castelli di stuoie. Una volta spremute, il mosto viene messo ad invecchiare
114
nelle soffitte per alcuni anni, e sottoposto a notevoli sbalzi termici estivi e
invernali, nei cartelli di rovere o castagno ed infine imbottigliato.
In Italia la cultura e la tradizione vinicola è frutto di centinaia di anni di
esperienze, dei microclimi, dei territori che dalle Alpi alla Sicilia sono i più
diversi, ma tutti eccezionali. Tutti meritevoli di essere portati a conoscenza
di un gran numero di potenziali consumatori. Alcuni sono già riusciti ad
essere prodotti di successo e rappresentano l'orgoglio della gastronomia
italiana. Gli altri vini dovranno essere valorizzati e per questo sarà
necessario l'utilizzo delle azioni di marketing e l'impegno di tutti gli attori
di ogni particolare sistema territoriale. Dunque ognuno dei tanti vini
tradizionali meriterebbe un approfondimento e uno studio specifico del
proprio marketing mix.
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