UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTA' DI ECONOMIA Corso di Laurea in Economia e Gestione Dei Servizi Turistici Tesi di Laurea in Marketing del Turismo Titolo tesi “TERRITORIO ED ESPERIENZIALITA' COME ELEMENTI DI VALORIZZAZIONE DEL MARKETING DEL VINO” Relatore: Chiar.mo Prof. ALDO BURRESI Tesi di laurea di CHIARA BANCI A.A. 2007/2008 INDICE pag. Introduzione.....................................................................................1 Capitolo 1 LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO E L'AFFERMARSI DI UN TURISMO DELLE ESPERIENZE.....................................................................6 1.1 Concetto e funzioni del marketing territoriale......................... 6 1.2 Caratteri relazionali e reticolari del marketing territoriale..........................................................11 1.3 Il marketing territoriale per la promozione del territorio..............................................................................18 1.4 Promozione del territorio tramite prodotti tipici di qualità............................................................23 1.5 L'economia delle esperienze di Pine e Gilmore....................... 28 1.6 Il marketing esperienziale secondo Schmitt.............................33 1.7 Il turismo delle esperienze........................................................36 Capitolo 2 LA VALORIZZAZIONE DI UN TURISMO DEL VINO..........................................................................................43 2.1 Nascita di segmenti di mercato di nicchia (turismo sostenibile, ecoturismo, turismo rurale, agriturismo e turismo enogastronomico).....................................................43 2.2 Il turismo del vino.................................................................... 48 2.3 Enoturismo quale fattore di valorizzazione della produzione vinicola......................................................... 51 2.4 Mutamenti della domanda e caratteristiche degli enoturisti................................................53 2.5 Gli elementi e gli attori dell'offerta enoturistica.......................61 2.6 Il marketing del turismo del vino............................................. 66 2.7 Gli eventi enologici come strumenti di comunicazione e promozione del territorio..........................................................70 2.8 Il marketing delle Strade del vino e dei sapori.........................73 2.8.1 Componenti delle Strade del vino (prodotti, attività, territorio,ecosistema,soggetti)....................................... 74 2.8.2 Ruolo economico delle Strade.......................................77 2.8.3 Strade del vino come strumento di sviluppo rurale: punti di forza e di debolezza..........................................78 Capitolo 3 LA DIMENSIONE TERRITORIALE ED ESPERIENZIALE NEL MARKETING DEL VINO......................................................81 3.1 Il sistema dell'offerta di vino....................................................81 3.2 I comportamenti di acquisto e consumo del vino.....................88 3.3 Il marketing mix del vino.........................................................96 3.4 Alcune dimensioni territoriali ed esperienziali nel marketing del vino....................................................................103 3.5 Valorizzazione territoriale ed esperienziale nel marketing del vino....................................................................107 Considerazioni finali.......................................................................112 Bibliografia.......................................................................................116 Sitografia...........................................................................................122 Riferimenti legislativi.....................................................................123 INTRODUZIONE Con questo lavoro mi sono proposta di approfondire i temi che riguardano il mondo del marketing del vino e dell'enoturismo. Il vino è il prodotto principe del turismo enogastronomico, che sta diventando sempre più fenomeno di costume e quasi una “mania” collettiva. Il vino e l’enogastronomia infatti sono oggi una delle più forti motivazioni di viaggio e il turismo del vino si colloca a tutti gli effetti fra i cosiddetti “turismi emergenti”, nuovi tipi di turismo legati alla natura e al territorio. L’importanza strategica del turismo enogastronomico quale nuova tipologia di turismo è andata progressivamente crescendo nel corso degli anni in Italia. Questo tipo di turismo è fondamentale per lo sviluppo e il mantenimento dei territori rurali. Genera ricchezza su questi territori, contribuisce a mantenere il paesaggio, a innalzare la qualità del prodotto e dell’accoglienza. Il mio interesse all'argomento è nato anche dall'ammirazione per quella profonda passione che mio nonno aveva per il vino e per la sua azienda agricola, che si trova alle pendici del Montalbano, per la costanza con cui portava avanti la tradizione di famiglia della produzione di vino Chianti, che suo padre aveva avuto e ancor prima suo nonno, per l'energia e lo zelo con cui ogni anno affrontava la vendemmia e tutti i processi di vinificazione, per la sua costante attenzione alle innovazioni e per la pazienza che ogni giorno impiegava nella cura amorevole delle sue vigne e delle sue viti. L'Italia è il paese al mondo con la più antica tradizione enologica. Basti pensare, infatti, che uno dei nomi attribuiti dagli antichi Greci alla nostra penisola era appunto Enotria, cioè la terra del vino1. Il vino è uno degli ambasciatori dell'Italia nel mondo e l'enogastronomia rappresenta uno dei principali fattori di identificazione del nostro Paese all'estero e si inserisce a 1 JOHNSON H.(1991), Il vino. Storia, tradizioni, cultura. Franco Muzzio Editore, Massa-Carrara 1 tutti gli effetti in quel vasto complesso di elementi che compone il patrimonio culturale nazionale, componente primaria delle attrazioni turistiche della nostra Nazione. La cultura della vite risale fra gli 8 e i 10.000 anni fa, è quindi uno dei primi fenomeni della cultura umana e dei più antichi fattori di civiltà2. Il vino è stato, dunque, un importante strumento del progresso umano. Esso fu prodotto per la prima volta, forse casualmente, nella zona tra il Caucaso, l'Anatolia e la Mesopotamia. La scoperta della fermentazione, ossia il passaggio dallo zucchero all'alcool, fu una scoperta tanto cruciale quanto casuale, probabilmente indipendente da ogni volontà o tecnologia umana. L'uomo dei primordi si accorse che le strane bacche della vite primordiale erano commestibili e discretamente dolci. Con il passare del tempo capì che se venivano tenute in qualsiasi contenitore e pigiate, dopo alcuni giorni diventavano un liquido inebriante. Grazie alla presenza dello zucchero divenuto alcool, aveva un'ottima capacità di conservarsi, di invecchiare, perciò poteva essere facilmente accumulato per essere consumato un domani, oppure trasportato o venduto. Dalla prima scoperta che il succo fermentato di uva produceva una bevanda di gusto gradevole e capace di produrre profondi effetti fisiologici nel bevitore, il vino si è caricato di una serie di significati. Oltre ad aver assunto quello economico di un prodotto della terra dal quale attraverso il lavoro umano si possono ricavare dei profitti, esso è divenuto il simbolo potente del ciclo fondamentale della vita, della morte e della resurrezione. Non rappresenta solo l'essenza della vita in quanto simbolo potente del ciclo fondamentale della divinità, ma è anche il mezzo attraverso il quale chi beve può entrare in contatto con la divinità3. E' esattamente dal momento della scoperta della fermentazione che inizia una fatica del vino di durata millenaria e sempre all'insegna di tre precisi 2 UNWIN T. (1993), Storia del vino: geografie,culture e miti dall’antichità ai giorni nostri, Donzelli, Roma p.60 3 UNWIN T. (1993), Storia del vino: geografie,culture e miti dall’antichità ai giorni nostri Op.cit. p.365 2 obiettivi: ottenere la massima produzione, ottenere il massimo grado alcolico, ottenere il miglior livello di conservazione. Le fatiche del vino, così tante e così diverse fanno specchiare il produttore nel vino. Fare il vino, mestiere una volta quasi esclusivamente agricolo, poi arricchito dall'alchimia della cantina, oggi comprende anche la capacità di rappresentarsi e commerciare. In questo lavoro si sosterrà che coniugare la qualità del prodotto (vino, e in particolare vino di qualità medio-alta) e qualità del territorio può diventare un'importantissima leva di marketing per gli operatori appartenenti al sistema della produzione e distribuzione della filiera vitivinicola e a quello del turismo e dell'ospitalità. Oggi le risorse locali rappresentano fonti di vantaggio competitivo ed elementi di differenziazione sempre più importanti. Il primo capitolo sarà dedicato alla valorizzazione del territorio e all'affermarsi di un turismo delle esperienze. Ci occuperemo del marketing territoriale quale strumento che mira a far crescere il grado di attrazione di un determinato territorio e a sostenere lo sviluppo locale, attraverso la valorizzazione delle risorse disponibili e la programmazione di interventi sull'offerta territoriale in grado di coinvolgere gli operatori economici e le professionalità locali. Affinché i territori risultino pienamente competitivi e realizzino una capacità attrattiva reale e a lungo termine, occorre ottimizzare sempre più le reti di servizio, attivare gli strumenti e le potenzialità esistenti, confrontandosi con le caratteristiche, i pregi e i limiti dei propri luoghi. E' sempre più necessaria infatti la capacità di saper fare sistema e di governare il territorio, di valorizzare le risorse, le diversità e specificità territoriali, attraverso l'integrazione degli attori dell'ambiente socio-economico. Ci soffermeremo poi sull'importanza di promuovere il territorio attraverso i prodotti tipici di qualità e gli eventi. I prodotti agroalimentari di qualità, e principalmente il vino di pregio, sono profondamente legati al 3 territorio e quindi possono diventare strumenti essenziali per veicolare la cultura e le tradizioni di una certa area geografica. Un territorio dotato di risorse enogastronomiche possiede inoltre notevoli potenzialità che, se adeguatamente sfruttate, possono consentire uno sviluppo locale che coinvolge diversi settori e operatori, dando luogo a quel circolo virtuoso di soddisfazione - creazione di valore - investimento turistico4. Per far diventare i prodotti tipici volano dello sviluppo del territorio bisogna prima di tutto lavorare sulla comunicazione, utilizzando strumenti, come gli eventi, in grado di valorizzare la relazione con il turista o il visitatore che vuole vivere un’esperienza unica, autentica, esclusiva, piena di fascino ed emozioni. Affronteremo anche il marketing esperienziale (Schmitt, 1999) e il turismo delle esperienze. Per un'impresa la semplice produzione di beni o servizi non è più sufficiente: allora dovrà essere capace di offrire esperienze che emozionino, coinvolgano il cliente, in modo da generare la sua massima soddisfazione. Queste permettono di realizzare la personalizzazione del prodotto e quindi di farne aumentare la desiderabilità. L'esperienza diventa in questo modo il fondamento di una nuova economia: l'experience economy, un'economia dove non si compete più sulla base dei prodotti o dei servizi, ma sulle esperienze che le imprese sono in grado di realizzare per i propri clienti e generando valore aggiunto (Pine e Gilmore, 2000). Il secondo capitolo, riguarderà il turismo del vino quale strumento di valorizzazione delle tipicità e specificità territoriali. Qui analizzeremo quali sono le caratteristiche degli enoturisti e le motivazioni che li spingono a praticare questo tipo di turismo. Inoltre esamineremo gli elementi, gli attori, le attività dell'offerta enoturistica. A questo punto si delineeranno le caratteristiche delle Strade del vino, un sistema integrato di offerte turistiche che si snodano per un intero percorso lungo il quale si collocano 4 VALDANI E., ANCARANI F. (2000), “Il marketing territoriale fra esterno ed interno” in E. Valdani e F.Ancarani, Strategie di marketing del territorio, Egea, Milano p.48-49 4 luoghi del vino visitabili (vigneti, aziende, cantine) e attività imprenditoriali collegate (ristoranti, alberghi, agriturismi, enoteche, ecc.). La Strada del vino collega tutte le risorse presenti in luoghi e territori ad alta vocazione vinicola. E' uno strumento di divulgazione, di informazione e di commercializzazione del prodotto enoturistico che permette di accrescere la notorietà e l’immagine dei prodotti agroalimentari collegati ai luoghi della produzione. Il terzo capitolo, invece, tratterà dei principali aspetti del marketing del vino: si procederà a presentare il sistema di offerta di vino e l'analisi del mercato del vino, esaminando quali sono stati i cambiamenti che si sono verificati negli ultimi decenni nei comportamenti di acquisto dei consumatori. Infine tenteremo di cogliere gli elementi territoriali ed esperienziali che permettono di valorizzare il marketing mix del vino. 5 CAPITOLO 1 LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO E L'AFFERMARSI DI UN TURISMO DELLE ESPERIENZE 1.1 Concetto e funzioni del marketing territoriale In seguito alla globalizzazione dell’economia, che ha favorito la mobilità di persone, merci e capitali e il rapido sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione, all’internazionalizzazione delle imprese, all'integrazione all'integrazione economica e monetaria, all'apertura dei mercati mondiali e alla crescita economica di nuove regioni del globo, la competizione economica non si svolge più tra singoli soggetti economici, ma tra territori5. Negli attuali contesti economici, infatti, la competitività delle imprese dipende in misura crescente dalla più generale competitività dei sistemi sociali e territoriali in cui esse sono inserite6. Ogni area geografica vuole un ruolo preminente nel mercato, cerca di razionalizzare le proprie risorse e di sfruttare le proprie potenzialità per crescere. Oggi si sta assistendo ad un processo di riscoperta del territorio e delle virtù dello sviluppo endogeno: ogni regione è unica e complessa, e grazie alla la propria specificità i sistemi territoriali sono i soli capaci di essere oggi competitivi, di generare innovatività e capacità di risposta dinamica al mercato globale. La competizione fra territori si manifesta su due piani diversi (Fig. 1.1). 5 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Franco Angeli, Milano p.28 6 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, EGEA, Milano p.24 6 Il primo piano è relativo al confronto tra imprese collocate in diverse aree geografiche. La competitività di tali aziende è determinata dalle risorse specifiche, ovvero le caratteristiche tangibili e intangibili dell'area in cui esse sono insediate. Il rafforzamento delle eccellenti dotazioni infrastrutturali presenti, consente alle imprese di disporre di un vantaggio competitivo enorme rispetto ai concorrenti. Il secondo piano riguarda il confronto tra territori, intesi come insieme di soggetti economici ed extraeconomici. Qui la competizione si manifesta nello sforzo di attrarre investimenti esogeni, ovvero reperire all'esterno le risorse che sono scarse o non sono presenti in loco, che favoriscano lo sviluppo del territorio7. Figura 1.1 – I due piani su cui si manifesta la competizione tra territori ATTRAZIONE DI RISORSE E INVESTIMENTI DALL'ESTERNO Competizione tra territori RAFFORZAMENTO COMPETITIVITA' DELLE IMPRESE LOCALI Fonte: Caroli (1999) L'obiettivo primario di una regione o area è quindi quello di trovare il modo di rafforzare la sua competitività e attrattività. Per raggiungere tale fine, però, non basta più solo disporre di un territorio ma bisogna attuare un vero e proprio governo strategico di questo, e lo si può fare grazie alla progettazione ed attuazione delle politiche di marketing territoriale. Lo strumento del marketing territoriale permette alle comunità locali e le amministrazioni di valorizzare in modo mirato il loro prodotto-territorio, di 7 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.30-31 7 posizionarlo sul mercato facendolo percepire unico e inimitabile, esaltandone le specificità, lo straordinario patrimonio naturale e culturale, le risorse umane e professionali di cui dispone, per differenziarsi dalle realtà locali concorrenti. Soltanto in questo modo le aree più in difficoltà potranno reggere la sfida con le altre realtà territoriali più attrattive e sviluppate. I sistemi territoriali devono imparare a stare nel mercato globale, ad utilizzare un linguaggio veloce e comunicativo: comunicare le ricchezze di un'area, le sue vocazioni imprenditoriali, le opportunità localizzative, le possibilità di business. Questi sono gli strumenti che consentono di stimolare lo sviluppo economico sostenendo la nascita di imprese locali e attraendo i capitali esterni al territorio. Il marketing territoriale, dunque, costituisce una via per governare questo sviluppo. Ad esso si possono assegnare quattro funzioni generali8: 1) mantenere e consolidare il tessuto produttivo già esistente nell'area, e questo può avvenire attraverso un'analisi delle ragioni di difficoltà che le aziende possono incontrare nel mantenere la propria localizzazione originaria e l'intervento per superare le spinte alla fuoriuscita (di qui l'utilizzo di strumenti per rafforzare l'apparato produttivo come ad esempio consorzi tra aziende locali per promuovere l'esportazione o percorsi integrati di formazione professionale, oppure supporti alle attività in essere o da realizzare delle imprese, ad esempio anche attraverso lo snellimento delle pratiche amministrative); 2) favorire lo sviluppo nel territorio di nuove iniziative imprenditoriali; questo obiettivo viene perseguito predisponendo condizioni ambientali adatte ad attuare strategie di outsourcing e di reticolarizzazione delle imprese, e quindi svolgere azioni di animazione e di promozione per far nascere in loco nuove iniziative, nuove imprese e nuovi investimenti; 3) creare le condizioni che rendano il territorio attrattivo per determinati 8 VARALDO R. (1999), Attualità del marketing territoriale, relazione al convegno su “Il marketing territoriale”, 6 Maggio 1999, Napoli 8 utenti potenziali; in questo caso il marketing si occupa di stimolare, coordinare, realizzare quegli interventi sulle componenti di offerta del territorio in modo da accrescerne la competitività rispetto ad aree concorrenti e attrarre, in questo modo gli investimenti di attori locali o esterni; 4) promuovere nel territorio il trasferimento di conoscenze in tutto il tessuto produttivo locale, in questo modo si persegue l'obiettivo di favorire la comunicazione, la diffusione del patrimonio di competenze e innovazioni insito nell'area. Figura 1.2 – Le quattro funzioni del marketing del territorio Sviluppo di una nuova imprenditorialità Rafforzamento del tessuto economico esistente FUNZIONI DEL MARKETING DEL TERRITORIO Diffusione di competenze e innovazione Attrazione di utenti potenziali Fonte: nostro adattamento Varaldo (1999) Il principale obiettivo del marketing territoriale è raggiungere le condizioni di utilizzazione ottimale delle risorse disponibili rispetto ai 9 bisogni espressi dalle varie categorie di utenti potenziali e quindi di creare le migliori condizioni per migliorare la connessione tra l'offerta territoriale e le diverse tipologie di domanda. Dunque il suo compito essenziale consiste nell'orientare l'offerta territoriale alle esigenze della domanda, in maniera da attrarre quelle tipologie di utenti la cui presenza nel territorio determina le migliori condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio stesso9. L'offerta che il marketing territoriale deve realizzare e promuovere sul mercato è complessa, costituita da un insieme di quattro elementi: a) risorse tangibili b) risorse intangibili c) servizi d) relazioni tra gli attori locali Il territorio è quindi un prodotto composito caratterizzato un insieme di fattori sia materiali che immateriali e di relazioni fra soggetti e servizi10. Ma soltanto la valorizzazione dei fattori intangibili, in quanto inimitabili possono determinare un vantaggio competitivo duraturo. Fine ultimo del marketing territoriale è quello di ottimizzare le risorse e valorizzare le potenzialità caratteristiche di una determinata zona, accrescendone la competitività rispetto ad altre aree geografiche, per giungere ad un interessamento da parte degli stakeholders coinvolti (cittadini, turisti, enti governativi, potenziali investitori) che porti ad una crescita economica tangibile e strutturata11. In questo scenario il marketing territoriale rappresenta uno strumento per raccordare offerta territoriale (aree, servizi pubblici, componenti materiali e immateriali del territorio) e domanda territoriale (fabbisogni di servizi, infrastrutture da parte di residenti, imprese interne, investitori esterni, 9 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.82-94 10 Ibidem p.46 11 RIZZI P., SCACCHERI A. (2006), Promuovere il territorio: guida al marketing territoriale e strategie di sviluppo locale, Franco Angeli, Milano p.28 10 turisti)12. Il territorio non è progettato o modificato in funzione delle attese della domanda (come per un prodotto di un’impresa), ma viene valorizzato nelle sue caratteristiche tangibili e intangibili per massimizzare la considerazione da parte dei diversi tipi di utenti attuali e potenziali. 1.2 Caratteri relazionali e reticolari del marketing territoriale Il fenomeno della globalizzazione influenza sia le dinamiche territoriali che lo sviluppo locale e inoltre, come abbiamo precedentemente affermato, innesca situazioni di crescente competitività con altri territori. Diventa quindi assolutamente necessario sviluppare le proprie risorse, promuovere il territorio, attirare investimenti e competenze esterne. Questo, allora, è l'obiettivo che il marketing territoriale si deve porre: attuare azioni di sviluppo, di integrazione, di valorizzazione delle risorse locali. La competitività e l’efficienza delle imprese non dipende solo da caratteristiche interne alle imprese, ma anche, e sempre di più, dalla capacità di costruire network, cioè strutture di relazioni, reti fiduciarie formali e informali e dalla propensione alla coesione sociale attraverso forme cooperative di partnership e reti associative fra gli attori di un territorio. Secondo Caroli l'approccio del marketing territoriale può essere basato su quattro criteri13: sulla “chiarezza”, ovvero le iniziative di sviluppo competitivo del territorio dovrebbero risultare il più possibile unitarie e coerenti alle caratteristiche del territorio stesso e alle aspettative dei soggetti 12 RIZZI P., SCACCHERI A. (2006), Promuovere il territorio: guida al marketing territoriale e strategie di sviluppo locale, Op.cit. p.122 13 CAROLI M. (2007), “Sezione tematica:il marketing territoriale”in Mercati e Competitività, volume 1 n.1, Franco Angeli, Milano p. 15 11 che ne fanno parte; sulla “collaborazione”, infatti sottolinea che la strategia di marketing territoriale e le conseguenti azioni operative dovrebbero essere il risultato di un efficace coordinamento ed integrazione di attori pubblici e privati coinvolti nel territorio; sul “consenso” che richiama la necessità che l'azione di marketing sia basata sull'individuazione degli interessi comuni e che garantisca l'adeguata considerazione degli interessi di tutti; infine, la “continuità” che fa riferimento alla necessità di attuare un'azione continua e a lungo termine. In letteratura ci sono varie definizioni di marketing territoriale che appartengono a due prospettive diverse, una prima di natura transazionale ed una seconda di natura relazionale14. Nel primo filone rientra la definizione di Kotler-Haider-Rein15 che caratterizzano il place marketing (cioè il marketing dei luoghi) come “un insieme di azioni collettive poste in atto per attrarre in una specifica area o territorio nuove attività economiche e produttive, favorire lo sviluppo delle imprese locali e promuovere un’immagine positiva”. Una visione analoga è data da Texier e Valle, i quali considerano il marketing territoriale come un “insieme di azioni collettive finalizzate ad attrarre nuove attività economiche in una determinata area, a rafforzare le aziende locali, a migliorare l'immagine complessiva del luogo”16, esso rappresenta, quindi, lo strumento mediante il quale è possibile valorizzare l’offerta dei territori ed individuare le risorse chiave. In questa definizione è importante evidenziare la parola “azioni collettive” a dimostrazione del fatto che occorre coinvolgere soggetti diversi per implementare operazioni efficaci, e non concentrare tutto il potere in un attore. Nel secondo filone vi è un approccio verso una prospettiva reticolare e relazionale. Il territorio qui è visto come una dimensione reticolare 14 AIELLO G. , DONVITO R. (2007), “L'evoluzione dei network per il marketing territoriale e l'attrazione degli investimenti”in Mercati e Competitività, volume 1 n.1, Franco Angeli, Milano 15 KOTLER P., HEIDER D.H., REIN L., (1993), Marketing Places, The Free Press, New York 16 TEXIER L., VALLE J.P. (1992), Le marketing territoriale e ses enjeux, in “Revue Française de gestion” p.49 12 composta da nodi e legami tra gli attori che organizzano il territorio. Secondo Valdani e Ancarani17 “per marketing territoriale s’intende l’analisi dei bisogni degli stakeholder dei clienti/mercati volta a costruire, mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli stakeholder (marketing territoriale interno) e con i pubblici esterni di riferimento (marketing territoriale esterno), con lo scopo ultimo di aumentare il valore del territorio e delle imprese e l’attrattività degli stessi, attivando un circolo virtuoso soddisfazione-attrazione-valore.”“L’impresa territorio si configura sempre più come impresa a rete, assumendo assetti reticolari interni ed esterni”. Dunque esistono due tipologie di clienti (o pubblici) di riferimento:i soggetti interni e quelli esterni. I soggetti interni sono i cittadini residenti, i lavoratori e le imprese già insediate nel territorio. La seconda tipologia di pubblici è formata dai turisti, dai potenziali nuovi residenti, dalle imprese entranti e investitori che possono apportare nuove risorse al territorio in termini di forza lavoro, competenze, capitali ecc.. Per quanto riguarda gli stakeholder interni, il loro grado di soddisfazione sarà più o meno alto quanto più il territorio avrà la capacità di perseguire questi obiettivi: mantenere e rafforzare la posizione competitiva delle imprese insediate; favorire lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali; incrementare l’occupazione; migliorare la qualità della vita dei residenti Mentre, con riferimento agli stakeholder esterni, l’azione di marketing deve essere finalizzata ad aumentare l’attrattività del territorio; per raggiungere questo segmento di mercato è necessario ad esempio facilitare l’insediamento delle filiali di imprese estere o nazionali non ancora presenti nell’area, aumentare l’offerta turistica dei luoghi d’arte o di villeggiatura, 17 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, EGEA, Milano p.35 13 migliorare i servizi offerti alle imprese e le infrastrutture. Esiste una sorta di circolarità tra marketing territoriale, soddisfazione degli stakeholder interni ed esterni e valore che conduce ad un circolo virtuoso: se il territorio risulta attraente, gli stakeholder aumentano la loro soddisfazione così decideranno di investire creando nuovo valore e attraendo risorse esterne e nuovi investitori, che a loro volta accresceranno il valore del territorio con nuovi investimenti18. Caroli definisce il marketing territoriale come “un processo finalizzato alla creazione di valore per una collettività composta dall'insieme degli individui che fruiscono di un territorio predeterminato nei suoi confini.” Il marketing del territorio è fondato sulla creazione e consolidamento di un sistema di relazioni tra il soggetto che ha il compito di gestire l'offerta (le componenti del territorio) e i potenziali acquirenti rappresentati dagli investitori e generalmente dagli utenti attuali o potenziali19. Caroli ritiene che un programma di marketing territoriale intelligente ed integrato è uno dei principali elementi di forza del territorio stesso. Questo approccio sottolinea come il marketing territoriale sia finalizzato allo sviluppo equilibrato dell'area e dell'economia locale e persegua questo obiettivo attraverso due azioni fondamentali e fra loro connesse: la creazione e la promozione di elementi di attrattività del territorio l'incoraggiamento della collaborazione fra soggetti pubblici e privati nella realizzazione dei progetti di sviluppo locale20. Paoli sostiene che “tutte quelle attività che, esercitate su uno specifico spazio geografico, possono rendere un'area attrattiva per un prescelto gruppo di investitori logistico-industriali, sui bisogni percepiti del quale (dei quali) si è attuato il disegno delle caratteristiche dell'area stessa”21. Quindi quest'autore nella sua definizione sottolinea due aspetti 18 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, Op.cit., p.48 19 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.44 20 Ibidem p.72 21 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Guerini e Associati, Milano p.114 14 importanti:in primo luogo, il fatto che le azioni di marketing devono essere riferite ad uno spazio geografico ben individuato e circostanziato; in secondo luogo, l'azione di marketing è riferita ad un “prescelto gruppo” di soggetti (selezione del segmento di domanda), essa è quindi conseguenza di un'attenta analisi delle diverse tipologie di domanda e della scelta di quelle cui indirizzare in modo prioritario l'offerta territoriale. Le azioni di marketing dell'offerta territoriale possono registrare la partecipazione di soggetti pubblici, privati e misti. I primi hanno un ruolo di indirizzo ma soprattutto di creazione di un contesto favorevole all’innescarsi dell’iniziativa della seconda parte, quella privata. Questi sono i livelli in cui sono coinvolti gli attori del marketing territoriale22 (Fig.1.3): il livello comunale o di area metropolitana il livello regionale il livello nazionale Il marketing del territorio richiede la coesione di tutti gli attori le cui attività incidono sulle condizioni strutturali dell'area23. Il coordinamento del marketing delle imprese locali viene ideato e gestito da una struttura pubblica, operante per lo sviluppo industriale del luogo- Local Government Authority (LGA) e/o un'agenzia di sviluppo territoriale che ne è espressione-. Affinché la cooperazione fra soggetti privati e istituzionali sia efficace è necessario che tutti gli attori coinvolti individuino obiettivi realmente comuni e quindi che ci sia un equilibrio fra quelli di natura pubblica e quelli più strettamente legati al profitto individuale. Solo così si riuscirà a realizzare un sistema territoriale integrato, coordinato e flessibile, in cui ogni elemento è in funzione dell'altro. 22 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Op.cit. p.117 23 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale,Op.cit. p.92 15 Figura 1.3 - Attori coinvolti nel marketing territoriale Livello comunale o di area metropolitana Pubblico Privato - Sindaci - Amministrazioni provinciali - Assessorati allo sviluppo urbano, all’industria e al commercio - Aziende municipalizzate - Università Livello regionale Pubblico - Amministrazioni provinciali e regionali - Assessorati allo sviluppo urbano, ambiente, industria, commercio, trasporti - Aziende municipalizzate - Università Livello nazionale Pubblico - Governo - Ministeri Industria, Ambiente, Trasporti, Aree Urbane Livello internazionale Pubblico - Camere di Commercio, Industria e Artigianato - Unione industriali - Associazioni di categoria - Sindacati - Fondi immobiliari - Consorzi - Fondazioni bancarie - Imprese e agenti immobiliari, proprietari di terreni Privato - Unioncamere - Associazioni industriali - Sindacati - Consorzi - Fondi immobiliari - Fondazioni bancarie Privato - Associazioni industriali - Sindacati nazionali - Istituzioni bancarie - Grandi imprese Privato - Camere di commercio internazionali - Ambasciate e consolati - Organismi comunitari Fonte: adattamento da Paoli (1999) e Caroli (1999) Un altro contribuo è quello di Hakansson, Tunisini e Waluszewski (2002) i quali vedono il territorio come un “set di risorse”in cui vi è la presenza di relazioni che legano insieme le risorse di più territori. Il territorio rappresenta il risultato di interazioni relazionali fra soggetti, le cui caratteristiche sono condizionate e determinate dai nodi stessi e dalle loro 16 interazioni di lungo termine. Il marketing territoriale orienta i processi di generazione e sviluppo dell'offerta territoriale, ne valorizza le potenzialità e la percezione goduta presso gli attori interni e esterni al territorio. Aiello e Donvito (2007) in questa direzione approfondiscono il ruolo e il funzionamento delle reti di attori pubblici e privati nella definizione dell'azione di marketing territoriale volta alla attrazione di investimenti produttivi. Gli autori pongono il modello reticolare alla base del marketing territoriale partendo dalla considerazione che il territorio è un sistema di “nodi”legati tra loro da relazioni, cioè un network, all'interno del quale si “rilevano fenomeni di interazione e interdipendenza tra le pluralità degli attori che animano la rete stessa (i diversi livelli di LGA, gli investitori attuali e potenziali, i fruitori dell'area,ecc.)”24. Sul piano strategico il marketing territoriale può essere definito come “un'intelligenza d'integrazione e fertilizzazione”25. Il termine “intelligenza”evidenzia il fatto che esso è un insieme di competenze attraverso cui comprendere le opportunità competitive del contesto geografico (cioè attraverso cui analizzare i punti di forza e di debolezza del territorio), per ideare un progetto strategico conseguente e per stimolare l'attuazione degli interventi previsti nel progetto strategico. L'azione di questa intelligenza si manifesta su tre piani. Il primo è quello dell' “integrazione” che si concretizza nello sviluppo di una visione sistemica degli elementi che compongono l'offerta territoriale. Da questi fattori dipende il grado di competitività e attrattività. Il marketing territoriale è una forza ordinatrice e propulsiva che favorisce la trasformazione delle caratteristiche materiali e immateriali del territorio in un insieme di servizi integrati che creano valore per il cliente. Sul secondo piano, che è quello della “fertilizzazione”, il marketing 24 AIELLO G. , DONVITO R. (2007), “L'evoluzione dei network per il marketing territoriale e l'attrazione degli investimenti”in Mercati e Competitività, volume 1 n°1, Franco Angeli, Milano 25 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit., p.103 17 fornisce gli strumenti operativi e di metodo attraverso i quali è possibile valorizzare nel modo migliore le misure prese nell'ambito di ciascuna area (su questo ci soffermeremo meglio nel prossimo paragrafo 1.3 ). Il terzo piano è la “connessione”, consiste nelle condizioni che permettono agli attori che fanno del territorio di stabilire relazioni con soggetti esterni26. 1.3 Marketing territoriale per la promozione del territorio L'obiettivo comune di attori pubblici e privati è quello di promuovere, attraverso il marketing territoriale, sia a livello locale, sia a livello internazionale, il territorio, la qualità delle produzioni, in particolare quelle artigianali, artistiche, paesaggistiche e agroalimentari. Il marketing territoriale, infatti ha il compito di valorizzare le risorse contenute in un determinato ambito geografico e socioculturale, puntando a stimolare lo sviluppo locale e quindi ad aumentare la capacità di attrazione di produttori ma anche di consumatori. All’interno di un territorio così delineato, la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale potrebbe rappresentare un volano di sviluppo locale: tali mezzi, accrescono l’appetibilità di quei comuni, regioni o province ricchi di risorse ed attrattive. La promozione del territorio dovrebbe essere strategicamente proposta come strumento di sviluppo che punti al globale facendo perno sul “locus”. Le economie locali non sono più costituite principalmente da beni materiali ma da una continua interazione locale-globale. I sistemi territoriali vitali sono quelli che sanno valorizzare le proprie specificità e accettano la sfida 26 CAROLI M. (2007), “Sezione tematica:il marketing territoriale”in Mercati e Competitività, volume 1 n°1, Franco Angeli, Milano p. 16 18 dell’apertura all’esterno; fanno circolare il proprio sapere e accolgono le conoscenze globali. Oggi la concorrenza si gioca sulla destandardizzazione e generazione di varietà. Un piano di marketing del territorio si deve fondare, dunque, sulla qualità delle risorse che trasformano l’area in questione in “prodotto di successo”, che è in grado di offrire elementi di unicità. In questo caso si manifesta per il territorio un vantaggio competitivo e cioè: “La capacità di valorizzare i propri fattori qualificanti, tramite l’adozione di proprie strategie di investimento, di specifiche politiche attive della promozione del proprio ruolo internazionale e con l’uso di mirati strumenti di marketing nei confronti dei potenziali utenti e clienti”27. Sul piano operativo il marketing territoriale svolge fondamentalmente due tipi di attività: creare le condizioni migliori di fruizione del territorio da parte dei suoi utenti (attraverso l'attuazione di interventi sulle componenti tangibili e intangibili del territorio e l'assistenza agli investitori durante e dopo l'insediamento nel territorio) comunicare a tali soggetti i fattori di attrattività dell'area in questione in relazione al posizionamento definito a livello strategico (attraverso il rafforzamento e diffusione della percezione del posizionamento e la pubblicità e promozione delle opportunità di fruizione del territorio)28. E' necessario attuare queste attività tramite varie azioni di marketing:la segmentazione e il posizionamento, lo sviluppo del prodotto territorio ed in fine la comunicazione. Van den Bergh, Bromezza e Van der Meer individuano quattro leve operative del marketing mix territoriale29: 27 PAOLI M. (1999), Il marketing d'area per l'attrazione degli investimenti esogeni, Op.cit. 28 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.106 29 VAN DER BERG L., BROMEZZA I., VAN DER MEER J. (1994), “Gestione e marketing della città: l'esperienza olandese”, in Impresa e Stato, n.27, pp.38-44 19 prodotto: la progettazione del mix più adeguato di beni e di servizi territoriali; prezzo: la creazione di incentivi per gli utenti di questi beni o servizi; distribuzione: la modalità di accesso ai prodotti e ai servizi territoriali; comunicazione: la promozione dei valori e dell'immagine del territorio, affinché i potenziali utenti siano a conoscenza dei vantaggi offerti dal territorio stesso. La prima leva che prenderemo in considerazione sarà il prodotto, per poi soffermare la nostra attenzione sulla promozione-comunicazione. Il prodotto-territorio costituisce l'aspetto fondamentale della politica operativa del marketing territoriale poiché è un punto di riferimento per le altre leve (in particolare per la comunicazione e la promozione)30. L’offerta del territorio è composta dall'insieme delle relazioni tra gli attori locali, dai servizi e da una pluralità di componenti tangibili e intangibili, che, opportunamente connesse, danno luogo a determinati “prodotti territorio”31. In particolare fanno parte degli elementi tangibili: la posizione geografica, le risorse naturali la morfologia del territorio, queste caratteristiche naturali sono fonte di opportunità da sfruttare al meglio e da valorizzare, ma anche di ostacoli essendo elementi immutabili; le infrastrutture pubbliche (vie di comunicazione, reti di telecomunicazione, aree industriali ecc.), il sistema di servizi pubblici (trasporti), la struttura urbanistica, il patrimonio immobiliare pubblico e privato, il patrimonio culturale ed artistico, questi sono elementi che si basano sulla manipolazione del territorio da parte dell'uomo. Fra gli elementi intangibili rientrano le caratteristiche qualitative come il tessuto produttivo locale, la dimensione del mercato locale, lo “spirito” del luogo, il sistema dei valori civili e sociali, il livello di competenze presenti nella forza lavoro, il livello di benessere della comunità locale, la qualità dei sistemi giuridico30 VARALDO R., CAROLI M. (1999), Il marketing del territorio: ipotesi di un percorso di ricerca, Sinergie n°49, p.73-84 31 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.Cit. p.140 20 amministrativi, l'intensità degli scambi culturali ed economici con l'esterno. Gli elementi intangibili essendo il prodotto della combinazione di fattori specifici di un'area sono difficilmente imitabili e quindi sono fondamentali per rendere attrattivo un territorio, capaci di rendere il territorio un luogo interessante dove poter investire. Il prodotto-territorio va adeguatamente promosso e pubblicizzato, adeguando il linguaggio e gli strumenti a seconda del destinatario (target) che si intende raggiungere. Saper comunicare è saper guidare lo sviluppo del territorio in modo coerente con le professionalità locali, in modo da valorizzare i carismi del territorio . Infatti una buona strategia di marketing consente di valorizzare al massimo le caratteristiche socio-economicoambientali di un territorio, stimolando e incentivando iniziative imprenditoriali e investimenti. Le strategie di sviluppo sono sempre più orientate alla domanda ed attente all'immagine. Uno strumento fondamentale del marketing territoriale è la comunicazione, che è finalizzata a influenzare l'opinione e il comportamento dei soggetti a cui si rivolge. Essa deve essere conseguente all'elaborazione di una strategia di posizionamento ed è necessario che sia collegata alle altre decisioni di marketing mix. L'attività di comunicazione può essere rivolta ai soggetti interni o a quelli esterni32. La comunicazione verso i soggetti interni (cittadini residenti, lavoratori, imprese locali) ha il compito di divulgare le informazioni sui progetti di sviluppo del territorio, questo permette un coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle decisioni locali e il rafforzamento del senso di appartenenza al territorio, fattore, questo, in grado di rendere più coesa la comunità locale e di rafforzarne l'immagine esterna. Mentre verso i soggetti esterni (turisti e imprese esterne), l’attività di comunicazione avrà il compito di rafforzare il legame tra territorio e prodotto, di far percepire ai potenziali fruitori di quel luogo un’immagine distintiva e quindi essere in grado di comunicare i punti forza 32 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.230-231 21 di quel territorio, le proprie competenze distintive rispetto alle altre offerte territoriali, l'identità di un'area, valorizzando le specificità locali e le unicità ambientali, sociali e culturali33. E' necessario scegliere, a seconda del tipo di utente a cui ci si vuole rivolgere, i mezzi di comunicazione più adatti da utilizzare, ovvero il cosiddetto communication-mix, costituito da cinque diverse leve: la pubblicità , le relazioni pubbliche, le forme di direct marketing e la realizzazione di eventi. Uno strumento fondamentale che può essere utilizzato per catturare l'attenzione sul territorio è l'organizzazione di eventi (fiere, mostre, festival, sagre ecc.), che animino il territorio e ne enfatizzino le caratteristiche e le tipicità. Gli eventi possibili sono numerosi e possono essere legati alla storia, alla cultura e alle tradizioni del luogo, fondendosi in modo armonico con la comunità locale in cui si svolgono34. Sembrano particolarmente interessanti per la valorizzazione del territorio gli eventi che si basano su elementi di tipicità, in quanto unici e difficilmente imitabili in altri luoghi e che quindi danno origine ad un’offerta distintiva, che il visitatore può consumare solo recandosi in quella specifica località. Gli eventi hanno un forte impatto sia emozionale che visivo, e presentano una duplice potenzialità: oltre ad avere un intrinseco contenuto di comunicazione, sono essi stessi una manifestazione del prodotto territorio, grazie alla visibilità che determinano. Essi possono quindi rappresentare un importante strumento di marketing territoriale per via della loro capacità di attrarre turisti, di diffondere e migliorare l’immagine e la notorietà dell’area e, soprattutto nel caso di eventi di grande risonanza , attirare investimenti esogeni, attivando veri e propri processi di rigenerazione economica all’interno dei territori che li ospitano35. 33 VALDANI E., ANCARANI F., (2000), Strategie di marketing del territorio, Op.cit. p.159 34 KOTLER P., BOWEN J., MAKENS J.(2003), Il marketing del turismo, Mc-Graw Hill, Milano 35 CAROLI M. (1999), Il marketing territoriale, Op.cit. p.201 22 La realizzazione di eventi sembra essere inoltre in grado di attivare un circolo virtuoso con le leve del marketing experience, di quello territoriale e del marketing turistico: queste occasioni per essere veri mezzi di valorizzazione dovrebbero creare un continuum di esperienze capaci di coinvolgere in modo memorabile i visitatori ed è necessario che abbiano una continuità nel tempo (§ 1.5). Le esperienze tipiche locali quali i tour turistici, gli eventi, le sagre, ecc. hanno un forte impatto emotivo e visivo e sono un modo di sfruttare le risorse di tipicità del territorio oltre ad essere una straordinaria opportunità per commercializzare le altre tipologie di prodotti territoriali quali le materie (che i turisti consumano nel loro soggiorno), i beni (che acquistano come approvvigionamento o semplicemente come souvenir) e i servizi (bar, ristorazione, ecc.)36. Insieme alle esperienze anche i prodotti tipici di qualità sono elementi capaci di valorizzare il territorio, diventandone efficaci strumenti di promozione. 1.4 Promozione del territorio tramite prodotti tipici di qualità Il territorio non è inteso solo come luogo geografico costituito dalla natura e dal paesaggio ma è anche un insieme omogeneo di ambiente, di storia, tradizioni e culture che si esprimono attraverso il loro patrimonio artistico, le tradizioni enogastronomiche e i prodotti tipici locali. Un prodotto tipico locale è “un’offerta economica proposta da una o più imprese radicate in un territorio geograficamente, culturalmente e 36 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva dell'economia delle esperienze, Congresso internazionale: Le tendenze del marketing, Venezia 23 storicamente delimitato che viene percepito dalla domanda come prodotto unitario costituito da un pacchetto di elementi tangibili (prodotti agroalimentari, prodotti artigianali, manufatti) ed intangibili (servizio, informazioni, cultura, storia, saperi, tradizioni, ecc.) caratterizzato da un’immagine o da un’identità di marca unitaria”.37 Le amministrazioni pubbliche a livello locale individuano nei prodotti tipici un modo efficace non solo per valorizzare le attività agricole e le imprese agro-alimentari presenti sul territorio, ma anche per creare o consolidare l’immagine della località nei confronti degli utenti esterni (consumatori, turisti, ecc.) e per rafforzare l’identità e la coesione della comunità locale, attivando legami e sinergie con le altre attività presenti sul territorio (artigianato, turismo, ecc.) per favorire lo sviluppo rurale38. Le produzioni tipiche di qualità (a denominazione di origine e indicazione geografica) possiedono un intrinseco e forte legame con il territorio, che, se individuato ed adeguatamente valorizzato, può promuoverne i diversi aspetti. Esse possiedono, inoltre, forti connotati culturali in forza del solido vincolo che li lega al territorio di provenienza, alla cultura ed alle tradizioni della popolazione locale. I prodotti agroalimentari tipici (come ad esempio il vino) sono inscindibilmente legati al proprio terroir39 in quanto da esso derivano la loro specificità (tradizionalità o eccellenza) e riconoscibilità sul mercato. Per terroir si intende l'insieme di diversi fattori quali il microclima, le caratteristiche geologiche del suolo, gli elementi minerali e organici che 37 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva dell'economia delle esperienze, Op.cit. 38 MARESCOTTI A. (2000), Convegno Sviluppo sociale, territorio, impresa, 5 Maggio, Firenze 39 Terroir è un termine francese difficilmente traducibile in altre lingue. La definizione che meglio esprime il significato di questa parola viene proprio dalla Francia, coniata dall`Institut National des Appellations d`Origine (INAO): “Il terroir è uno spazio geografico delimitato dove una comunità umana ha costruito, nel corso della storia, un sapere intellettuale collettivo di produzione, fondato su un sistema d`interazioni tra un ambiente fisico e biologico ed un insieme di fattori umani, dentro al quale gli itinerari socio-tecnici messi in gioco rivelano un'originalità, conferiscono una tipicità e generano una reputazione, per un prodotto originario di questo terroir”.Il concetto di terroir può essere esteso a qualsiasi prodotto agricolo e alimentare ma originariamente è stato codificato in rapporto al vino e alle caratteristiche uniche dei crus, specifiche entità territoriali francesi da cui provengono i migliori vini. 24 compongono il terreno, l'altitudine e l'esposizione, le pratiche e le tecniche agronomiche usate per la produzione. E' tutto questo che differenzia un prodotto tipico, che lo rende in qualche modo, unico e irripetibile40. La tipicità è fortemente congiunta alla dimensione del territorio, della località. Ogni prodotto tipico è tale in quanto legato alla località alla quale si riferisce. Con il termine tipico si fa infatti riferimento ad un prodotto strettamente correlato con una specifica e particolare tradizione lavorativa di una determinata area, tramandata di generazione in generazione e quindi, in qualche modo, affonda le sue radici nella storia e nella cultura di una comunità locale, ed in quanto tale diventa uno dei suoi elementi di identità41. Più un prodotto è unico e identificabile nella sua tipicità, più è identificabile primariamente con l'area di provenienza da esso evocata; e contemporaneamente più un'area è identificata per certe caratteristiche produttive, più essa richiama la tipicità dei suoi prodotti. E' necessario prima valorizzare i prodotti tipici, cioè crearne ed evidenziarne il valore per poi comunicare e promuovere tale valore. Le attività di comunicazione devono essere finalizzate all’esplicitazione ed al rafforzamento del legame tra produzioni locali di qualità e luoghi di produzione. Il territorio deve essere capace di comunicare al prodotto i suoi valori storici, culturali, gastronomici e ambientali. Se da un lato il territorio è in grado di aggiungere valori e dunque valore ai prodotti tipici in esso realizzati, anche i prodotti tipici sono in grado di aumentare l’attrattività di una determinata area potendo diventare un valido strumento promozionale. I prodotti tipici di un territorio sono come dei “giacimenti”, per la loro storia e tradizione e possono contribuire a renderlo più visibile ai turisti, portando indiretto beneficio anche agli altri prodotti locali. Sono prodotti molto graditi dai consumatori esteri e rappresentano gli ambasciatori del 40 BELLETTI G. (2000), Convegno: Sviluppo sociale, territorio, impresa, 5 Maggio, Firenze 41 http://www.slowfood.it 25 “Made in Italy”, qualificandosi come prodotti di eccellenza. Quindi oggi investire nella promozione dei prodotti di qualità attraverso la valorizzazione delle tipicità rappresenta un importante strumento per la promozione del nostro territorio all'estero. Per essere percepito come elemento di cultura il prodotto tipico deve essere associato al territorio e rappresentarne un prodotto simbolo. Il territorio deve però avere le valenze di: omogeneità in termini morfologici e culturali; limitazione geografica; facile identificabilità. I prodotti tipici locali vengono particolarmente apprezzati dai consumatori proprio per la loro forte connessione con i luoghi di coltivazione, allevamento e produzione, fatto che li rende unici, in qualche modo rappresentativi della cultura e della tradizione dei luoghi. Ne consegue che il consumo di certi vini o salumi o formaggi assume senso, significati e sapori assai differenti e comunque più appaganti e gratificanti se consumati direttamente nei luoghi di origine piuttosto che in contesti lontani dai territori di provenienza42. Questo sia per ragioni strettamente connesse alle qualità intrinseche dei prodotti, che si esaltano quando il consumo avviene nei territori di origine, mentre si attenuano quando i prodotti subiscono diverse fasi di trasporto, stoccaggio e conservazione, sia per aspetti collegati alla psicologia dei consumatori, maggiormente gratificata dal coinvolgimento sensoriale che può garantire il consumo nei territori di origine rispetto a quella ottenibile dal semplice consumo domestico o in servizi di ristorazione lontani dai luoghi di provenienza43. Ogni luogo ha sempre prodotto tipicità, se intendiamo con questa la specifica modalità di combinazione fra risorse locali, bisogni comunitari e ingegno. E nel contempo ogni comunità ha sempre prodotto e/o trasformato 42 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva dell'economia delle esperienze, Op.cit. 43 Ibidem 26 beni con i quali identificarsi attraverso i quali riconoscere la propria identità locale. Dunque dietro ad un prodotto identificato dal suo luogo d'origine c'è sempre stato, inanzi tutto, un sistema sociale che lo ha riconosciuto come proprio, in quanto risultato della specificità locale che lo fa essere un qualcosa di unico. Nel caso dei prodotti della terra, come ad esempio il vino, la località diventa la specificità in quanto elemento caratterizzante: è il caso delle “vocazioni”di certe aree caratterizzate dalla particolare composizione dei territori. Si costruiscono così geografie della produzione in base alle diverse geografie dei terreni, che diventano luoghi delle diversità dei prodotti e delle procedure di produzione44. I prodotti tipici grazie alla loro specificazione d'origine (DOCG, DOC, IGT, DOP) che li lega in modo chiaro e leggibile all'area geografica di provenienza, dispongono di aspetti di unicità e differenziazione, perciò sono una risposta efficace contro l'omologazione e la standardizzazione dei prodotti, a cui ha portato il processo di globalizzazione. I consumatori moderni, soprattutto in campo enogastronomico, sono sempre più alla ricerca di prodotti genuini e autentici. Le produzioni tipiche locali di solito vengono percepite come più naturali e rispettose dell'ecosistema, quindi consentono di soddisfare meglio questi requisiti di genuinità e autenticità rispetto ai prodotti industriali. Grazie alle loro caratteristiche uniche possono fungere da volano per rilanciare l'economia di un territorio, sono fonti di attrazione turistica ed un medium per produrre ricchezza nei territori da cui hanno origine. Al pari delle altre espressioni culturali, i prodotti tipici agroalimentari sono un patrimonio economico e culturale da tutelare e valorizzare. 44 COSTANTINO S., ARTISTA A. (2003), Le strade del vino e le vie dello sviluppo, Franco Angeli, Milano p.147-157 27 Le produzioni tipiche diventano un aspetto di differenziazione e di qualificazione di interi territori, divenendone una delle risorse o, in taluni casi, la principale risorsa ed il vero fattore di attrattiva turisticamente rilevante delle località che rivolgono le proprie strategie di marketing ai nuovi segmenti di domanda turistica (i cosiddetti turisti post-fordisti, fra i quali segnaliamo i turisti del gusto o gastronauti, i turisti verdi, ecc.)45. Perciò, soprattutto le imprese produttrici di piccole dimensioni, anziché adottare una strategia di marketing centrata solo sulla distribuzione (Paolini 2000), ovvero portare il prodotto il più vicino possibile alla casa del consumatore, possono scegliere quella di attrarre il consumatore, cioè di portare il cliente a consumare nei luoghi di produzione, dove si realizzano i prodotti tipici locali. Questo consente di esaltarne i punti di forza, ovvero la varietà, l'esclusività, la genuinità, la stagionalità, ecc. e di trasformare gli aspetti problematici come la deperibilità o la difficile conservazione, le produzioni limitate, in opportunità, in quanto contribuiscono a rendere i prodotti tipici locali fortemente differenziati e difficilmente massificabili. Nella prospettiva del consumatore moderno alla ricerca di continue e nuove emozioni e di nuovi modi di essere, alla domanda di beni agroalimentari tipicamente locali si affianca una domanda di servizi ed esperienze collegate alla cultura locale e del territorio. Il territorio, con le sue risorse culturali e ambientali, diviene così il palcoscenico-supporto indispensabile ai produttori per creare esperienze memorabili per la clientela. 45 PENCARELLI T., FORLANI F. (2006), Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva dell’economia delle esperienze, in Collesei U., Andreani J.C. (a cura di), Atti del V Congresso Internazionale Marketing Trends, Venezia, 20-21Gennaio 2006, Dipartimento di Economia e Direzione Aziendale, Università Ca’ Foscari Venezia. 28 1.5 L'economia delle esperienze di Pine e Gilmore Strumenti di comunicazione come gli eventi (§ 1.3), capaci di accrescere l'attrattività dei territori rafforzandone gli elementi di autenticità, sono anche forme di marketing esperienziale, che mirano ad un coinvolgimento forte dei visitatori ed in grado di creare specifiche immagini di un territorio Con il passaggio dall'orientamento al prodotto all’orientamento verso il consumatore, la centralità del cliente è ormai un aspetto consolidato nella cultura del marketing. Il marketing tradizionale si focalizzava sul prodotto, sulla sua qualità, sulle caratteristiche e sugli attributi fisici. Negli ultimi anni è nato il marketing esperienziale, che, invece, concentra la sua attenzione sull'esperienza di consumo del cliente46. Il marketing si sta sempre più focalizzando sull’importanza del saper offrire esperienze di consumo globali che siano significative e qualificanti. L'obiettivo è di dar vita ad un evento memorabile che coinvolga i consumatori in modo più profondo e intimo, che migliori, renda unica quell'esperienza di consumo. Ciò permette di distinguersi dalla concorrenza. Secondo Pine e Gilmore (2000) il XXI secolo sarà caratterizzato dal passaggio dall'economia dei servizi allo sviluppo di una nuova economia : l'economia delle esperienze, dove le esperienze vengono viste come prodotti di maggior valore economico, capaci di produrre la massima soddisfazione dei clienti e quindi capaci di aumentare la redditività all’impresa. Tutto questo è dovuto a causa di una serie di motivi: il progresso tecnologico, la crescita dell'intensità della competizione (l'aumentare della concorrenza porta ad una sempre maggiore ricerca di differenziazione delle offerte delle imprese), la progressione naturale del valore economico (progressione da merce a bene, poi a servizio e infine a 46 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza di consumo, Franco Angeli, Milano 29 esperienza - vedi Fig.1.4-) e la crescita della ricchezza47. Figura 1.4 - La progressione del valore economico differenziata Mettere in in scena scena Mettere esperienze esperienze Prestazione Prestare servizi servizi Posizione competitiva Esigenze della clientela Produzione beni indifferenziata Estrazione Estrazione commodit commodity mercat mercato Rilevant Rilevante Irrilevante per Fissazione del prezzo maggiorato (premium price) Fonte: Pine e Gilmore (2000) In questo nuovo contesto il valore per il cliente viene creato dall’impresa offrendo esperienze, piuttosto che beni e servizi, cioè alla stregua di questi, l’esperienza costituisce una nuova tipologia di “prodotto” richiesto dai consumatori. I due autori, infatti, affermano che le esperienze sono la quarta forma di offerta economica, distinta dai servizi come i servizi sono distinti dai prodotti e i prodotti dalle commodity (materie prime), ma finora largamente non riconosciute come tali. Quando una persona acquista un servizio, acquista un insieme di attività intangibili. Ma quando acquista una esperienza, essa paga per spendere il suo tempo nel fruire di una serie di eventi memorabili che l'azienda organizza, come in uno spettacolo teatrale, 47 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas, Milano p.6 30 per impegnarlo in modo diretto48. Le caratteristiche principali dell’esperienza sono l’unicità e la personalizzazione: “le aziende mettono in scena un’esperienza ogni qualvolta coinvolgono i clienti mettendosi in contatto con loro in modo personale e degno di essere ricordato”. L’esperienza costituisce dunque un’offerta autonoma e distinta da materie prime, beni e servizi perché, al contrario di queste, è memorabile e coinvolge l'individuo sul piano personale49. Pine e Gilmore insistono molto sulla partecipazione del cliente, poiché ritengono il coinvolgimento personale del cliente l’elemento base della nuova economia e affermano che inscenare esperienze non significa intrattenere i clienti, ma significa coinvolgerli. L’impresa dovrà quindi arricchire la propria offerta, in modo da farla percepire come unica, e trasformarsi in “regista di esperienze”, cioè cercare di mettere in scena un’esperienza completa e multisensoriale che non si limiti ad intrattenere, ma che sia anche in grado di educare, estasiare il consumatore, coinvolgerlo a livello emotivo, fisico, intellettuale e spirituale. Anche le operazioni più banali possono essere trasformate in esperienze memorabili, e quest'ultime non sono altro che eventi che parlano anche alla sfera intima dell’individuo, alla sua psiche. Pine e Gilmore adottano una prospettiva molto particolare: l'esperienza viene considerata come una rappresentazione teatrale, l’impresa come un regista e il consumatore come un ospite. Tra questi ultimi si erge a palcoscenico:il punto vendita, all'interno del quale i dipendenti agiscono come attori. Il produttore di esperienze per realizzare e fornire consapevolmente questa nuova offerta economica deve quindi conoscere come si struttura un’esperienza nel suo complesso. A questo proposito i due autori hanno schematizzato il processo di coinvolgimento di un cliente/ospite, nel 48 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit. p.2 49 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit. p.14 31 modello degli ambiti dell’esperienza (Fig.1.5). Vengono individuati quattro ambiti che caratterizzano l'esperienza: intrattenimento, educazione, evasione ed estetica. Questi ambiti sono dati dall'unione di due dimensioni: la partecipazione dell’individuo (lungo l'asse orizzontale) e la sua connessione (lungo l'asse verticale) con la performance. La partecipazione può essere passiva, quando l'ospite non può influire sulla performance , o attiva, quando l'ospite può influire sull'evento inscenato. La connessione invece può essere d’assorbimento, quando l'ospite è impegnato a captare con la mente l'esperienza, o d’immersione, quando l'ospite è reso parte dell'esperienza stessa. Di seguito la descrizione dei singoli ambiti: - ambito dell’intrattenimento: si verifica quando le persone assorbono passivamente le esperienze attraverso i sensi; - ambito dell’educazione: anche nelle esperienze educative l’ospite assorbe gli eventi che si svolgono davanti a lui, ma a differenza dell’intrattenimento, l’educazione implica la partecipazione attiva dell’individuo. Per formare una persona aumentandone le conoscenze e/o capacità, gli eventi educativi devono impegnare in modo attivo la mente (per l’educazione intellettuale) e/o il corpo (per l’allenamento fisico); - ambito dell’evasione: le esperienze di evasione implicano un’immersione molto profonda ed un comportamento attivo della persona. Rispetto alle esperienze di intrattenimento o educative l’ospite è in questo caso del tutto immerso in esse, ma piuttosto che recitare il ruolo del passivo che guarda agire gli altri, l’ospite diviene attore, capace di agire sulla performance effettiva. Gli ospiti che partecipano alle esperienze d’evasione non solo arrivano da, ma viaggiano verso qualche luogo o attività specifici che meritano il loro tempo.; - ambito dell’esperienza estetica: in queste forme di esperienze gli individui si immergono in un evento o ambiente avendo un’influenza piccola o nulla su di esso, tanto da lasciare l’ambiente (ma non se stessi) 32 intatto. Partecipando ad una esperienza educativa gli ospiti vorranno imparare, a un'esperienza d'evasione vorranno fare, a un'esperienza d'intrattenimento vorranno provare, mentre chi prende parte a un'esperienza estetica semplicemente vuole essere lì50. Le esperienze più ricche, più coinvolgenti e memorabili comprendono aspetti di tutti e quattro i campi, e si intensificano intorno al punto centrale della figura 1.5. Figura 1.5 - Gli ambiti dell'esperienza Assorbimento Educazione Intrattenimento Partecipazione passiva Partecipazione attiva Esperienza estetica Evasione Immersione Fonte: nostro adattamento Pine e Gilmore (2000, pag.35) 50 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas, Milano p.41 33 1.6 Il marketing esperienziale secondo Schmitt Schmitt (1999) mostra un particolare interesse alla componente emotiva e affettiva delle esperienze. Egli propone il modello dell' “Experential Marketing”, che considera il consumatore come un soggetto guidato dall'emotività oltre che dalla razionalità, che ricerca piacere ed esperienze nel consumo dei prodotti51. L’esperienza è vista come valore aggiunto (accessorio) per il processo di consumo, cioè attraverso questa si influenza la percezione che ha il consumatore di un particolare bene o servizio e di conseguenza la sua decisione d'acquisto. Secondo Schmitt le esperienze sono “eventi privati che si verificano in risposta a una qualche stimolazione [...] esse coinvolgono l'essere umano nel complesso e risultano dall'osservazione diretta e dalla partecipazione a eventi, siano essi reali, fantastici o virtuali.”52. Le esperienze “si verificano in seguito all’affrontare, al subire o al superare situazioni; sono stimolazioni indotte ai sensi, al cuore e alla mente. Esse, inoltre, uniscono l’azienda e la marca allo stile di vita del cliente e collocano sia le azioni del singolo che l’occasione d’acquisto in un contesto sociale più ampio. In breve, le esperienze forniscono valori sensoriali, emotivi, cognitivi, comportamentali e relazionali che sostituiscono quelli funzionali”53. Il “marketing esperienziale” è così chiamato da Schmitt in quanto basato sull’esperienza del consumo piuttosto che sul prodotto in sé; in questa prospettiva, la strategia di marketing deve individuare quale tipo di esperienza può valorizzare al meglio il prodotto, per poi proporla al pubblico, ricostruendola ad hoc. Secondo Schmitt esistono cinque diversi tipi di esperienza (che lui chiama “SEMs”, o “Strategic Experential Modules”) che sono il Sense, il Feel, il Think, l'Act, e il Relate. Essi 51 Schmitt, B.(1999), "Experiential marketing", Journal of Marketing Management, Vol. 15 p.53 52 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza di consumo, Franco Angeli, Milano p.55 53 Ibidem p.43 34 possono essere il punto di partenza per costituire cinque differenti strategie di marketing. L'obiettivo finale è creare esperienze olistiche che sono il risultato della combinazione delle cinque tipologie di esperienze e cioè: - le esperienze sensoriali (SENSE) , che si basano sui nostri cinque sensi(vista, udito, gusto, tatto e olfatto); l'obiettivo di questo modulo è quello di ottenere un impatto sensoriale sui clienti o potenziali clienti per aggiungere valore all’identità di marca o di prodotto; - le esperienze affettive (FEEL), che coinvolgono i sentimenti interiori dei clienti e le emozioni.; l’obiettivo di questo modulo è quello di creare esperienze affettive collegate alla marca, saper suscitare emozioni, sentimenti, stati d’animo, batticuore, in una gamma di sentimenti euforici, che vanno dalla dolce melanconia alla gioia, dalla speranza alla felicità, dal divertimento all’allegria; - le esperienze cognitive e creative (THINK) che fanno appello all'intelletto, alla capacità di riflettere, risolvere, scovare;qui l'obiettivo è di creare stimoli ed esperienze per la mente; - le esperienze comportamentali (ACT) che coinvolgono l'azione fisica e corporea; le azioni di marketing relative a questo modulo consistono sempre in un invito all'azione; - le esperienze sociali (RELATE) ovvero risultanti dal mettere in relazione l'individuo con sé stesso, con un gruppo di individui, con altre culture; questo modulo ingloba al suo interno tutti i moduli precedenti ma va oltre l’esperienza personale dell’individuo, perché lo inserisce in un contesto sociale più ampio54. L’azienda può ricostruire per i consumatori queste esperienze attraverso il mix di comunicazione, cioè attraverso tutti gli strumenti che parlano della marca, inclusi siti internet, punti vendita, eventi e personale di contatto (Schmitt parla di “ExPros”, o “Experience Providers”, cioè fornitori di esperienza, che sono gli strumenti che attivano i moduli strategici).Quindi 54 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza di consumo,Op.cit., pp. 59-70 35 rivestono un ruolo decisivo non solo gli strumenti classici di comunicazione come la pubblicità, ma appunto tutti gli elementi che rimandano alla marca che devono essere coordinati dall’impresa per determinare l’arricchimento dell’esperienza del consumatore. Per questo avranno grande rilevanza la pianificazione degli spazi, la gestione delle comunità e la creazione di eventi dedicati che avvicinino i consumatori ai valori della marca55. 1.7 Il turismo delle esperienze Se si assume l’economia delle esperienze come chiave di lettura del fenomeno turistico è possibile affermare che il turista, quando viaggia e soggiorna, non domanda semplicemente beni e servizi turistici singoli o sotto forma di pacchetti ma esperienze turistiche complesse, coinvolgenti, da vivere in modo personale e partecipativo. In questo modo l’esperienza turistica nasce dall’insieme di relazioni socioeconomiche che avvengono fra un ospite e il complesso sistema di attori e relazioni connesse in qualche modo al territorio ove si mette in scena lo “spettacolo” del turismo. Il prodotto finale dell'esperienza turistica si individua nella stessa interiorità di questo soggetto (turista, cliente, viaggiatore). Le sue sensazioni ed emozioni vissute rappresentano l' output finale. L’industria turistica di un territorio è un sistema naturalmente predisposto ad offrire esperienze economiche in grado di coinvolgere ed in prospettiva trasformare i clienti, che sono considerati come partner-attori56. Il prodotto turistico è un'esperienza vissuta dall’ospite con diversi livelli 55 FERRARESI M., SCHMITT B. (2006), Marketing esperienziale:come sviluppare l'esperienza di consumo, Op.cit., p.70 56 FORLANI F. (2005), “Marketing, esperienze, territorio”, Tesi di dottorato in “Impresa e mercato”, Università degli studi di Genova 36 di partecipazione e coinvolgimento. L’esperienza turistica (il prodotto turistico) nasce da un sistema relazionale complesso che emerge da un territorio specifico e delimitato, grazie ad una pluralità di servizi offerti dalle singole aziende turistiche, dagli altri operatori economici, dalla Pubblica Amministrazione, alle risorse presenti nell’ambiente, alle interazioni con la popolazione ecc. L’esperienza turistica emerge, per cui, su un dato territorio grazie a due tipologie di relazioni: ● relazioni interne al sistema turistico territoriale, si instaurano fra le imprese (turistiche, agricole, commerciali, ecc), gli enti pubblici, i soggetti no-profit, la comunità locale, ecc. ● relazioni con gli attori esterni al sistema turistico territoriale, si instaurano tra le strutture della località turistica e il mercato turistico globale57. Il turismo si caratterizza, quindi, come un’offerta economica che emerge da un dato territorio ed ha la proprietà di essere un’esperienza estetica totale. Lo spostamento della persona dal proprio luogo di residenza ad un altro luogo evidenzia, per un periodo di tempo definito, produce una completa immersione del turista nell'esperienza di vacanza. Nell’offerta di esperienze turistiche è presente una forte componente di co-produzione del turista, infatti nel comparto del turismo i turisti-ospiti vengono considerati come partner-attori. La partecipazione del turista al processo produttivo della propria vacanza è l’elemento fondamentale che caratterizza l’esperienza turistica complessiva e la differenzia dai singoli servizi turistici Secondo Forlani(2005) è possibile analizzare il fenomeno turistico, utilizzando il modello teatrale (Pine e Gilmore, 1999), cercando di mostrare come il territorio sia da considerare il palcoscenico in cui un’esperienza turistica nasce dall'interazione di una pluralità di attori: gli attori della 57 FORLANI F. (2005), “Marketing, esperienze, territorio”, Tesi di dottorato in “Impresa e mercato”, Università degli studi di Genova 37 domanda (operatori e popolazione locale) e dell’offerta (turisti)58. Dunque l'esperienza turistica (la rappresentazione teatrale) è messa in scena dall’insieme degli operatori economici (la compagnia), in uno specifico ambiente (palcoscenico o teatro), per e con specifici ospiti-turisti (pubblico) in un delimitato tempo (lo spettacolo ha un inizio è una fine). Concependo la vacanza come uno spettacolo da sceneggiare si riesce così a comprendere, e quindi progettare, le vacanze che si vogliono offrire (gli ambiti dell’esperienza turistica) e si riescono a ipotizzare dei modelli di produzione della stessa. Un sistema turistico locale finalizzato alla produzione e alla commercializzazione sul mercato di esperienze turistiche, deve partire dall’analisi del cliente obiettivo, per definire le opportune politiche atte a connettere gli attori interni ed esterni in modo da ottenere un utilizzo sistemico, e quindi ottimale, delle risorse territoriali ove il sistema turistico è radicato. Nell'applicazione dell'applicazione dell'approccio di Pine e Gilmore, proposto da Forlani, progettare un'esperienza significa quindi, rispondere alle seguenti domande: Per chi ? Il pubblico – i segmenti di mercato per i quali si allestisce l’esperienza. Chi ? Gl i attori e le comparse – i soggetti presenti ed agenti sul territorio e come tali coinvolti, a vario titolo, nella produzione dell’esperienza. Perché ? La filosofia – gli obbiettivi, la cultura, la fiducia del territorio come elementi di unità e consapevolezza del sistema. Dove ? I l palcoscenico – il territorio come insieme di risorse e capacità del sistema. Cosa ? Lo spettacolo – il concetto dell’esperienza: il messaggio, le sensazioni, le emozioni e i ricordi. 58 Ibidem 38 Come ? La forma di teatro – l’organizzazione e la disposizione degli eventi-azioni nel tempo, gestione delle relazioni tra gli attori e di questi con gli ospiti. Figura 1.6 - Un modello di analisi per la produzione di esperienze Per chi? Target Cosa? Esperienza turistica Dove? Palcoscenico Come? Forma di teatro Chi? Attori e comparse Perchè? Mission e cultura Fonte: Forlani F. (2005) Attraverso il modello teatrale si mette in evidenza che il turista non è solo uno spettatore passivo, ma è un protagonista dello “spettacolo turistico” allestito dall’offerta (singola impresa o sistema turistico). Il coinvolgimento diretto del turista avviene nel corso di tutto il processo di consumo turistico, a partire dalla fase di percezione del bisogno, 39 nell'esperienza di consumo vera e propria, fino alle attività svolte al ritorno dalla vacanza. Al fine di produrre un’esperienza soddisfacente Pine e Gilmore propongono un percorso in cinque passi59. 1) Tematizzazione dell'esperienza L’impresa deve, prima di tutto, scegliere un tema ben definito, che affascini e stimoli l’individuo. Un tema è tanto più efficace quanto più altera il senso di realtà di un individuo, incidendo su spazio, tempo e materia; integra queste tre dimensioni in un tutto compatto e realistico; crea più ambienti nello stesso luogo; è coerente con l’identità dell’impresa. Il tema, in quanto elemento centrale della visione dell’esperienza è quindi il filo conduttore intorno al quale si organizza l’esperienza. 2) Armonizzare le impressioni con indizi positivi Dopo aver stabilito il tema da rappresentare, l’impresa deve assicurarsi che anche i consumatori lo possano cogliere nella sua interezza. Il tema costituisce la base dell'esperienza e l'esperienza deve suscitare impressioni indelebili60. Le impressioni sono il “take away” dell’esperienza, ciò che si porta via con sé, quindi l'immagine che si ha dell'esperienza. Per creare le impressioni desiderate, le imprese devono introdurre elementi che nel loro insieme affermino la natura dell’esperienza voluta per l’ospite. Ciascun elemento della vacanza deve essere, allora, coerente con il tema, e con la tipologia dell’esperienza che si vuol far vivere, in modo da rafforzarlo e sostenerlo. 3) Eliminare gli indizi negativi Quando si mette in scena l'esperienza è necessario eliminare qualsiasi cosa che impoverisca, contraddica o distolga l'attenzione dal tema. Nella messa in scena dell’esperienza turistica occorre fare estremamente attenzione agli indizi o impressioni incoerenti con il tema, poiché sono 59 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas, Milano pp. 51-71 60 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit., p.60 40 sufficienti poche informazioni contraddittorie per far crollare una “storia” costruita con tantissime impressioni positive. Il secondo e terzo passo prevedono infatti l’armonizzazione delle impressioni suscitate: ciò viene fatto, da una parte, fornendo indizi che affermino la natura dell’esperienza e che ne rafforzino il tema, e dall’altra, eliminando quelli che impoveriscano il tema e che distolgano l’attenzione del consumatore dalla performance. In entrambi i casi, gli indizi possono essere “meccanici” ovvero visioni, odori, sapori, suoni e trame generati da cose, o “umanici”, ovvero elementi che provengono dal personale aziendale. 4) Coinvolgere i cinque sensi Il quarto passo consiste nel coinvolgere l'ospite attraverso la stimolazione sensoriale, dal momento che "quanto più efficacemente un'esperienza coinvolge i cinque sensi, tanto più sarà memorabile"61. Gli stimoli sensoriali che accompagnano un'esperienza ne devono sostenere e intensificare il tema. Le sensazioni e le emozioni vissute oltre ad essere la conseguenza della propria offerta economica, sono la componente fondamentale della stessa. 5) Integrare con oggetti ricordo Infine l’impresa deve offrire oggetti-ricordo come testimonianza tangibile di quanto vissuto. In particolare, essa ha a disposizione quattro possibilità:può vendere souvenir; può trasformare in souvenir personalizzati articoli che sono parte dell’esperienza stessa; può regalare souvenir; può sviluppare un tipo di memorabilia completamente nuovo, legato all’esperienza in modo originale. I turisti, ad esempio, rendono spesso tangibile la loro esperienza grazie all’acquisto di souvenir o di prodotti tipici del luogo in cui si sono recati o hanno soggiornato per rendere l’esperienza vissuta più concreta. I prodotti in questo caso fungono da elementi di certificazione dell’esperienza stessa e 61 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Op.cit. p.68 41 per mantenere il ricordo. Dalle considerazioni apportate in questo primo capitolo ne deriva che le imprese turistiche di un territorio sono parte di un sistema potenzialmente capace di offrire esperienze turistiche e di viaggio in grado di coinvolgere ed attrarre clienti e generatrici, allo stesso tempo, di emozioni (soprattutto per la domanda, ma anche per l'offerta) e di reddito (fondamentalmente per gli attori dell'offerta). Oggi si sta assistendo a un boom dei turismi di nicchia: uno fra questi è il turismo enogastronomico62. Le nuove tendenze parlano, infatti, di viaggi alla riscoperta dei saperi e dei sapori locali; sempre più spesso i consumatori, alla ricerca di tranquillità e di quiete sia fisica che psichica, desiderano vivere delle esperienze coinvolgenti e autentiche, a contatto con la natura e con la cultura del luogo, in cui il piacere della vacanza si fonde con il piacere del cibo e la bellezza dei paesaggi. 62 http://www.movimentoturismovino.it 42 CAPITOLO 2 LA VALORIZZAZIONE DI UN TURISMO DEL VINO 2.1 Nascita di segmenti di mercato di nicchia (turismo sostenibile, ecoturismo, turismo rurale, agriturismo e turismo enogastronomico) Il quadro socioculturale italiano dagli anni '80-'90 fino ad oggi, nel nuovo millennio, ha subito un forte cambiamento. Per reazione a quel periodo, spesso definito come il decennio dell'edonismo “appariscente” poiché dominato dal culto del look e della mondanità63, si sono sviluppate nuove abitudini di consumo e stili di vita “alternativi”: ha inizio una nuova stagione all'insegna della coscienza ambientale e della coscienza di sé, della salute intesa come benessere psicofisico e spirituale. Nell'alimentazione si è passati dal “junk food”64 alla cucina naturale, nella medicina si è assistito al nascere di terapie alternative all'allopatia, come l'omeopatia e la madicina naturale, nella musica è cresciuta la produzione di dischi di musica etnica, rilassante e terapeutica. Nel settore del turismo assistiamo alla nascita di nuove nicchie di mercato. Infatti oggi piuttosto che parlare genericamente di turismo si parla di “nuovi turismi”, con particolare riferimento alla segmentazione del mercato turistico e alla diffusione di nuove tipologie di turismo che si 63 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Franco Angeli, Milano pp.31-32 64 Termine coniato nel 1972 da Michael Jacobson, direttore del Centro di scienze per l'interesse pubblico, e significa cibo spazzatura, cioè cibo caratterizzato da scarso valore nutrizionale e ad alto contenuto calorico, come dolciumi confezionati, hamburger, bevande gassate ecc. 43 affiancano a quelle tradizionali (turismo balneare e montano, che sebbene rappresentino tuttora la parte consistente dell'offerta turistica italiana, hanno raggiunto l'area di maturità nel ciclo di vita del prodotto). Ecco alcuni esempi: - il turismo sostenibile ed ecoturismo - il turismo rurale ed agriturismo - il turismo enogastronomico Questi nuovi tipi di turismo si basano sulla cultura, la natura, l'avventura, l'edonismo e il salutismo e quindi propongono al cliente un'esperienza che soddisfi i suoi bisogni di autenticità, di contatto diretto con la natura, la cultura, con l'identità e gli stili di vita dei luoghi. I consumatori si allontanano sempre più dalle destinazioni metropolitane, dai luoghi marittimi e montani rinomati e affollati, e desiderano un contatto più autentico con la realtà locale, scelgono mete più sobrie, quali località per trekking, aziende agrituristiche, percorsi enogastronomici, luoghi di turismo culturale e spirituale. Essi dimostrano di essere interessati all'amore per la natura, alla ricerca di benessere, genuinità e spontaneità65. In questo contesto il territorio gioca un ruolo di primo piano in quanto: - terra e quindi ritorno alle origini, recupero delle radici e fonte di benessere fisico e spirituale; - ricerca pionieristica di percorsi inesplorati o dimenticati, senso dell'avventura che contrappone l'unicità all'emulazione; - peculiarità, unicità e rarità di ciò che il territorio stesso è in grado di offrire; - adattabilità a diverse esigenze di appagamento psicofisico66. Per quanto riguarda il turismo sostenibile e l'ecotursimo è necessario affermare che in Italia si regista una crescente attenzione, sia da parte dei 65 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Op.cit., p.32 66 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Franco Angeli, Milano p.65 e ss. 44 consumatori, che degli attori dell'offerta e delle istituzioni locali, ai temi della ecocompatibilità e della sostenibilità ambientale. Il turista è animato da una sempre maggiore sensibilità alle questioni ambientali, nonché dal desiderio di vacanze salutistiche. Per tursimo sostenibile si intende “ogni forma di attività turistica che rispetta e preserva a lungo termine le risorse naturali, culturali e sociali e che contribuisce in modo positivo ed equo allo sviluppo economico e all'interesse per gli individui che vivono e fruiscono di questi spazi”67. L'ecoturismo, invece, “è un modo responsabile di viaggiare in aree naturali conservando l'ambiente e sostenendo il benessere delle popolazioni locali”. Il turismo rurale e l'agriturismo sono forme di vacanza che si svolgono nelle località rurali. Tali forme di turismo in parte hanno un fondo comune costituto dal contesto ambientale in cui si svolge la pratica turistica, ma si differenziano sia per i soggetti imprenditori sia per le leggi che ne disciplinano il funzionamento. Il turismo rurale ha un significato più generale dell'agriturismo e, come vedremo, al contrario di questo non è oggetto di codificazione normativa. Esso viene classificato come una forma di fruizione turistica basata su specificità territoriali (naturali e agricole) sintetizzabile nell'espressione “patrimonio locale rurale”, la cui motivazione principale è il contatto con l'ambiente rurale nelle sue espressioni caratteristiche (agricoltura, folklore, arte, gastronomia, artigianato ecc.) e il cui soggiorno è praticato in strutture ricettive alberghiere, extra alberghiere e agrituristiche coerenti con il contesto paesaggistico in cui sono inserite68. L'agriturismo è una forma specifica di turismo rurale e indica l'attività di prestazione di servizi alla persona (ospitalità in azienda, vendita di prodotti tipici, degustazione dei prodotti ecc.) svolta nell'ambito di un'azienda 67 Ecoturismo(2002), http://www.ecoturismo-italia.it 68 INEA (2001), Lo sviluppo rurale. Turismo rurale, agriturismo, prodotti agroalimentari, Quaderno informativo n.4, II edizione, INEA, Roma 45 agricola e nell'esercizio di un'impresa agricola. Il rapporto di complementarità fra l'attività agricola e quella turistica dell'azienda è regolato da norme regionali. Nell'offerta agrituristica rientra l'ospitalità rurale (alloggi in camere, appartamenti, aree destinate all'agricampeggio); la ristorazione enogastronomica tipica; le attività ricreative e culturali direttamente connesse (attività venatorie, equestri, pesca, trekking, cicloturismo ecc.). L'attività agrituristica costituisce la tipologia di offerta più vicina e complementare all'enogastronomia69. Il turismo rurale può incorporare esperienze di turismo enogastronomico: percorsi enogastronomici attivi in aziende di produzione e di trasformazione, degustazioni, eventi culturali e della tradizione. È allora evidente che quella del turista rurale, in generale, è una esperienza complessa che coniuga elementi esclusivamente turistici con elementi demo-entno-antropologici. L’esperienza del turista rurale nasce da tre importanti elementi: l a memoria ritrovata, intesa quale sensibilità dell’individuo al recupero delle radici e delle tradizioni, enogastronomiche e non, nella rivalutazione del mondo agricolo e artigianale e nell’interesse per il paesaggio rurale; la salute e il benessere, intesa come qualità della vita, dell’ambiente e del paesaggio, sicurezza alimentare; la conoscenza e l’apprendimento, quale scoperta delle emergenze storiche e naturalistiche dei luoghi visitati, rapporto diretto con i luoghi di produzione (tipica) tradizionale locale, accoglienza ed ospitalità della comunità locale70. C o n turismo enogastronomico si indica il “consumo consapevole di esperienze gastronomiche da parte dei turisti”71. Il turismo enogastronomico 69 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.65 e ss. 70 Inea (2001), Lo sviluppo rurale. Turismo rurale, agriturismo, prodotti agroalimentari, Quaderno informativo n.4, II Ed. aggiornata, pagg. 12-13. 71ANTONIOLI CORIGLIANO M., VIGANO' G. (2004), Turisti per gusto. Enogastronomia, territorio, sostenibilità, Ed. De Agostini, pag. 91 e ss. 46 è, tra le nuove forme di turismo quello che sta interessando un numero crescente di individui, diventando per certe fasce di utenti, la motivazione principale degli spostamenti. In particolare, in nessun paese come l’Italia, il turismo enogastronomico ha assunto una fisionomia così diffusa e consistente: una ventina di leggi nazionali, 140 strade del vino già operanti e normativamente deliberate, 1.300 comuni attraversati da questa rete capillare che comprende quasi 400 denominazioni territoriali di vini, 4.133 ristoranti, 32.972 prodotti vinicoli e 3.313 cantine72. Nell'enogastronomia, i cambiamenti che si sono verificati negli anni '90 hanno portato ad un recupero delle tradizioni, del gusto del convivio e alla riscoperta dei rituali legati al mangiare, al bere e, più in generale, allo stare insieme73. Il turismo enogastronomico è una forma di turismo culturale in quanto mira alla conservazione e alla valorizzazione dei prodotti e dei territori agricoli e vinicoli attraverso la visita ad aziende, la degustazione di produzioni tipiche e di piatti locali, consentendo ai visitatori di riscoprire quel legame naturale che lega un alimento al suo territorio di origine74. La curiosità di conoscere i saperi e i sapori di questo territorio permette al turista l'incontro con una specifica cultura. Il “cibo è cultura”, la degustazione di un piatto tipico, di un vino di produzione locale, può essere considerato come il modo di entrare in comunione con la popolazione di un luogo, per appropriarsi della sua identità culturale, delle sue tradizioni, del suo patrimonio storico75. In questo senso il turismo enogastronomico contribuisce a salvaguardare le specificità dei singoli territori sviluppandone al contempo le potenzialità, soprattutto in riferimento alle aree rurali, spesso marginali rispetto alle 72 http://www.cittadelvino.it 73ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Op.cit. p.32 74ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p. 120 75 Ibidemp.118 e ss. 47 direttrici di flusso. I turisti dell’enogastronomia innanzitutto si muovono in funzione del cibo, poi sono attirati dall’ambiente, dalla cultura, dall’arte, dalla storia, dal paesaggio. Il turista enogastronomico è colui che intende partecipare alle tradizioni culinarie del luogo visitato, godere dell’unicità del patrimonio eno-gastronomico nazionale, ricercare un'osmosi tra risorse turistiche territoriali e le risorse enogastronomiche in senso stretto (prodotti tipici e prodotti con marchio collettivo comunitario quali DOC, DOCG, DOP, IGP, etc..). 2.2 Il turismo del vino Il turismo del vino (o enoturismo) è un “turismo diretto a tutto quanto concerne la produzione del vino e dei prodotti vitivinicoli, ovvero quei percorsi che includono le vigne, le cantine e i luoghi di lavorazione, di imbottiglaimento, di invecchiamento, di conservazione, ecc. In essi sono da includere i momenti partecipativi alla conoscenza dei prodotti stessi, anche con riguardo alle fasi del consumo (enogastronomia)”76. Questo tipo di turismo si sta diffondendo nel nostro paese e all’estero come un modello nuovo e diverso di turismo ed è teso a riscoprire e integrare le risorse naturali, culturali e artistiche, con la tradizione, la tipicità e l’economia prettamente rurale. Questa tipologia di turismo si caratterizza per la percorrenza di tracciati in cui sono presenti elementi rilevanti sotto il profilo vitivinicolo, come zone viticole di pregio, aziende agricole, cantine, enoteche77. Secondo il primo articolo della Carta Europea dell'Enoturismo per 76 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., Milano p.31 77 http//www.movimentoturismovino.it 48 turismo del vino si intende designare “lo sviluppo di tutte le attività turistiche e di tempo libero, dedicate alla scoperta e al godimento culturale ed enofilo della vigna, del vino e del suo territorio”78. Enoturismo significa anche flussi turistici che non interassano il solo spazio circoscritto della cantina, ma i vigneti, la campagna e le località limitrofe. Presenta notevoli elementi di traino per la conservazione di altri “sistemi locali”, di altre produzioni, di prodotti agricoli, di prodotti artigianali, ecc.; crea attività legate al sistema ricettivo, all'intermediazione e sviluppa professioni turistiche (guide, animatori, istruttori, sportivi, ecc.) con notevoli benefici in termine di reddito, di sviluppo economico e di occupazione locale79. Oggi le mete turistiche più alla moda sono i territori del vino e i giovani italiani, sempre attenti e affascinati dalle nuove tendenze, riscoprono l'Italia: le nuove generazioni si mostrano sempre più disponibili ad abbandonare le mete di viaggio più classiche a livello internazionale per sperimentare forme di turismo del vino e dei sapori nostrane e al passo con i tempi80. I territori del vino costituiscono una risorsa turistica a tutti gli effetti, in grado di arricchire e diversificare l'offerta turistica tradizionale del nostro Paese. Per il turista “andare per vigneti”significa entrare in contatto con le risorse naturali del luogo e conoscere più approfonditamente un prodotto come il vino, che ha radici storiche antichissime. Il vino è quel prodotto agroalimentare che può essere associato ad una precisa area di origine, quindi a uno specifico territorio ed è il vero “testimonial” dell'area di produzione e delle sue peculiarità specifiche81. Il turismo del vino in Italia si è sviluppato a partire dal 1993 e in poco più di dieci anni è diventato un comparto economico con un giro di affari di 78 La Carta Europea dell'Enoturismo è stata approvata a Parigi il 28 Marzo 2006, www.cittadelvino.it 79 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.152 80 http://www.cittadelvino.it 81 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.Cit., p. 58 49 due miliardi di euro l'anno. E' un turismo che può dare molto alle zone agricole e soddisfare i bisogni dei nuovi viaggiatori desiderosi di esperienze e di luoghi autentici. Fabio Taiti, presidente di Censis Servizi, stima il potenziale di sviluppo ancora esprimibile dal turismo del vino intorno all’80% e prevede un raddoppio del business enoturistico entro il 2011 e una crescita da 4,5 a 8 milioni dei visitatori delle cantine italiane82. La crescita del settore enoturistico non riguarda comunque solo l’Italia: in Europa e nel Mondo si assiste ad una crescente offerta di destinazioni centrate sul vino e le produzioni tipiche, così la concorrenza e la competitività si fanno globali. Il vino, con il territorio e la cultura di cui è espressione, è sicuramente una delle ricchezze più importanti del sistema Italia, riconosciuto nel mondo e quindi potenziale veicolo di forte sviluppo produttivo e turistico al pari del patrimonio artistico e monumentale83. Il turismo del vino è dunque una calamita importante per l'Italia e quindi un fattore determinante per lo sviluppo del settore turistico nel suo complesso. Nei più recenti sondaggi l'accoppiata cibo-vino batte l'arte, la campagna e i centri termali sia (e specialmente) nella classifica di interesse della stampa, sia in quella dei Tour Operator84. Il ruolo chiave dell'offerta enoturistica, all'interno dell'offerta turistica italiana, è confermata dai dati sullo shopping. La gastronomia è decisamente in testa fra gli acquisti per tedeschi, francesi e inglesi, mentre il vino oscilla tra il secondo e il terzo posto85. Il Chianti è sicuramente la destinazione enoturistica più conosciuta e la rivista “ The Wine Spectator” mette la Toscana al primo posto fra i desideri di viaggio di chi ama il vino. A conferma di ciò, WineNews nel 2004 indica questa graduatoria nelle destinazioni di viaggio predilette dai suoi navigatori web: 82 CINELLI COLOMBINI D. (2006), Turismo del vino: Signori si cambia! i n VQ Mensile di Viticultura ed Enologia anno 2, numero 6, luglio/agosto p. 11 83 http//www.movimentoturismovino.it 84 CINELLI COLOMBINI D. (2006), Turismo del vino: Signori si cambia! i n VQ Mensile di Viticultura ed Enologia, Op.Cit. p. 47 85 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business e del turismo in cantina, Agra Editrice, Roma pp. 48 50 Chianti Conegliano Oltrepò Pavese Montalcino Monferrato Langhe Ad una certa distanza seguono Friuli Venezia Giulia, Montefalco, Valpolicella, Franciacorta. Ed a seguire ancora Emilia, Conegliano, Sicilia e Marche. 2.3 Enoturismo quale fattore di valorizzazione della produzione vinicola Turismo e produzione vitivinicola rappresentano un binomio vincente per la promozione e la protezione di territori con una forte vocazione all’enoturismo. L'enoturismo mira infatti ad incentivare il consumo stesso del vino attraverso i viaggi enoturistici, da un lato per consentire la conoscenza e la diretta promozione del prodotto vitivinicolo e, dall'altro, per permettere ai consumatori e agli estimatori del prodotto di acquisire una diretta cognizione della produzione e del territorio, nonché di realizzare una diretta comunione con l'ambiente sperimentandone le particolari atmosfere86. Turismo del vino significa anche recupero attivo di produzioni agricole, recupero di edilizia rurale e di patrimonio architettonico minore. La filosofia del recupero e della riqualificazione ambientale, urbanistica, 86 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p. 18 51 vitivinicola, compatibile con il patrimonio paesaggistico, ha portato a buoni risultati dimostrando come il vino, insieme al turismo e al territorio, sia un grande volano di sviluppo locale e come la qualità della vita dei territori rurali, pur tra molte difficoltà ancora da superare, un modello di riferimento per chi desidera vivere in ambienti belli, sani e ben conservati87. Il turismo, infatti, è un momento di comunicazione, di conoscenza e anche di affermazione sociale e culturale e può rendere il vino non più solo un alimento o una bevanda, ma anche una risorsa turistica, sempre che si sappia sviluppare una strategia adeguata, capace di promuoverlo, valorizzarlo economicamente. E' in quest'ottica che il prodotto tipico (soprattutto il vino pregiato di specifica denominazione) può assumere un ruolo essenziale, dando la possibilità al turista di riscoprire quel legame naturale che lega un alimento al suo territorio di origine88. La promozione del territorio sembra legata, a livello crescente nel tempo, sempre più al “fattore vino”89. “Il turismo del vino - sostiene Francesco Lambertini, presidente del Movimento Turismo del Vino - costituisce un’opportunità fondamentale per promuovere il patrimonio di risorse agroalimentari del nostro Paese ed un oculato strumento strategico per lo sviluppo economico del territorio. Grazie al fascino esercitato dai distretti enogastronomici (la regione cult rimane la Toscana, seguita da Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania), le prospettive future del mondo del vino si giocheranno sempre più anche nel campo del turismo: ecco perché tanti produttori stanno investendo per qualificare le proprie strutture ricettive”90. 87 Http://www.cittadelvino.com 88 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Op.cit. p.120 e ss. 89 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena. 90 LAMBERTINI F.(2003), Da Vinitaly il Movimento del Turismo del vino rilancia cantine aperte, Movimento del turismo del vino, Perugia 52 2.4 Mutamenti della domanda e caratteristiche degli enorturisti I turisti che negli anni 2006-2007 hanno visitato le cantine italiane sono stati 4 milioni, mentre il numero degli appassionati che hanno mostrano interesse per la visita ai luoghi di produzione è stato di circa 10 milioni. La domanda di enoturismo cresce del 6% l'anno e l'offerta ha davanti a sé un target variegato91. Da questi dati si evince che il fenomeno dell'enoturismo è una potente fattore di attrattiva turistica molto importante per l'Italia. La domanda di turismo del vino sia individuale che associato è mutata nel tempo ed ancora oggi in piena evoluzione92. Di seguito presentiamo le modificazioni dei comportamenti via via messi in atto dai turisti enogastronomici nel corso degli ultimi anni secondo quattro fasi: la fase iniziale, la fase di selezione, la fase di terziarizzazione e la fase esperienziale93. Nella fase iniziale si cerca semplicemente una “fornitura” turistica relativamente elementare (vini buoni e convenienti da comprare e di un'accoglienza amichevole nelle cantine). Poi si passa a una fase di selezione in cui si fa strada una più accentuata ricerca delle cantine più famose e delle denominazioni (DOC, IGT, DOP) e nascono le guide e articoli sulla stampa specializzata. Al terzo stadio, nella fase di terziarizzazione emerge una domanda di servizi, come degustazioni, enoteche, ristoranti tipici, attorno ai prodotti. Al quarto livello, nella fase esperienziale, si impone, in maniera esplicita o latente, il desiderio di vivere “esperienze evolute”, cioè il turista vuole essere al centro di momenti unici a cui partecipare. Nell'ultima fase, quella della sorpresa, nel turista si attivano le astuzie del desiderio, di “incanto o reincanto”, egli ricerca la sorpresa e l'innamoramento e rifiuta i luoghi conosciuti , affollati e 91 CENSIS SERVIZI, ACI (2008), Rapporto sul turismo del vino 92 http://www.movimentoturismovino.it 93 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena. 53 “costruiti” per i turisti94. Riguardo alla scelta e alle occasioni di acquisto si può notare una crescente autonomia del consumatore, in particolare: nella formazione degli orientamenti sulla scelta dei luoghi da visitare, gli enoturisti sono guidati soprattutto da una ricerca personale e dalla fama dei produttori. Rispetto a guide, riviste, programmi televisivi, si impongono come strumenti fortemente utilizzati Internet, ma soprattutto il passaparola. I racconti diretti, ricchi di suggestioni e momenti indimenticabili, tra amici o semplici conoscenti, rendono il viaggio enogastronomico ancora più coinvolgente, una vera e propria esperienza da fare in coppia o da condividere con gli altri, ricercando oltre al vino, motivi di attrazione e interesse di vario genere; nelle organizzazioni del viaggio s'impone il metodo del “fai da te” tramite la ricerca in Internet, rispetto alle proposte già organizzate. Si preferisce quindi la formula pratica e veloce dei viaggi last minute e low cost; nella composizione del “paniere” (visite, ristorazione, soggiorno, eventi, ecc.) cresce rapidamente la tendenza allo “spacchettamento”, a sciogliere cioè le proposte d'acquisto nei componenti elementari e a ricomporli in base alle proprie esigenze95. Il turista del vino è un gourmand esigente e attivo che progetta il suo viaggio con l'intento di vivere una esperienza ricca di suggestioni e di scoperte. E' insomma un turista impegnativo che tuttavia può lasciare molto denaro in cantina e nella zona circostante. L'enoturista è solitamente culturalmente sempre più preparato, indipendente ( Tabella 1), predisposto all’apprendimento e alla conoscenza di ciò che è diverso da lui, pronto a immergersi nella storia e nella cultura 94 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena. 95 Ibidem 54 del posto, nelle sue tradizioni, costumi e abitudini. Il turista del vino ha inoltre la pretesa di conoscere, oltre ai prodotti, anche la storia, la cultura, il paesaggio e i beni storico-architettonici del luogo, in una parola il terroir. Da un punto di vista socio-demografico l'enoturista è prevalentemente maschio e straniero, anche se va sottolineato un aumento delle donne ha un’età compresa tra i 26 e i 45 anni (Tabella 2) ed una posizione socioeconomica medio alta. Tabella 1 - Turismo del Vino per livello di COMPETENZA Turisti curiosi (con poca conoscenza del vino) Turisti di comune conoscenza (livello medio) % 2006 38 42 Turisti esperti di vini Fonte: Censis Servizi, 2006 20 Tabella 2 - Turismo del Vino per fasce di ETA’ % 2006 % 2005 20 23 55 52 25 25 Meno di 30 anni Tra 30 e 50 anni Più di 60 anni Fonte: Censis Servizi, 2006 Tabella 3 - Turismo del Vino per livello di REDDITO % 2006 % 2005 13 14 55 57 32 29 Reddito medio inferiore Reddito medio Reddito alto Fonte: Censis Servizi, 2006 Per quanto riguarda la modalità di viaggio il turista del vino raramente si sposta da solo (i “singles” sono meno del 10%). Il viaggio di coppia sembra essere il tratto distintivo dell'enoturismo. Un turista ogni quattro viaggia in compagnia della famiglia ma prevalgono anche le decisioni di gruppo e 55 soprattutto di gruppi spontanei, considerando che i viaggi organizzati rappresentano solo il 17% del totale. Nella maggioranza dei casi sono occasioni di stare in compagnia fra amici e colleghi, con una componente non trascurabile di ricerca di svago e divertimento. Tabella 5 - Composizione tipologica dei GRUPPI di enoturisti % 2006 38 29 24 9 Coppie Amici Famiglie Singles Fonte: Censis Servizi, 2006 Gli eno-appassionati che partono per un fine settimana enoturistico, per questa mini-vacanza tutto compreso (trasporto, soggiorno, musei, enogastronomia, ecc.) sono disposti a spendere, in media, dai 150 ai 250 euro, dimostrando grande oculatezza, senza per questo rinunciare all’acquisto di “buone” bottiglie96. Il 34% degli enoturisti italiani da 200 a 250 euro; tanti anche quelli che dispongono di un budget da 150 a 200 euro (29%), da 250 a 500 euro (23%), da 100 a 150 euro (12%); solo il 2% del campione intervistato può contare su oltre 500 euro. L'effetto positivo dell'enoturismo non si ferma in cantina, ma si riverbera sul territorio circostante, dove ristoranti, agrirurismi, hanno una clientela calamitata dalle bottiglie. Il viaggiatore “winelover” è un turista ad alta capacità di spesa e per ogni Euro pagato in cantina ne spende 4/5 Euro per beni e servizi turistici sul territorio97. 96 Sondaggio di Aprile 2008 di www.winwnews.it e l'associazione Go Wine 97 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena. 56 Tabella 6 - SPESA media giornaliera degli enoturisti (valore in €) 2006 50 34 32 20 17 14 167 Pernottamento Ristorazione Vini locali Alimentari tipici Artigianato locale Altri servizi Spesa media totale giornaliera Fonte: Censis Servizi, 2006 La composizione degli enoturisti stranieri per nazione di provenienza (Tabella 7) evidenzia che per oltre la metà sono tedeschi, austriaci nordamericani e svizzeri. Tabella 7 - Provenienza degli enoturisti STRANIERI % 2005 % 2006 37 33 15 12 9 11 12 10 6 7 5 6 Germania Austria Nord America Svizzera Inghilterra Francia Altri paesi d'Europa Benelux Giappone Altri Paesi Europa Orientale Spagna Fonte: Censis Servizi, 2006 6 4 2 2 1 1 6 5 3 3 2 1 Le motivazioni che spingono a visitare il territorio sono il paesaggio, l'arte, il vino e la gastronomia. L'enoturista è attratto dai territori dei grandi vini dove il paesaggio è più suggestivo, dove il clima è buono, c’è un ricco 57 patrimonio artistico e dove nei ristoranti è possibile assaggiare gastronomia tipica e cibo genuino. Le sue aspettative non sono solo di assaggio, ma anche di acquisto delle bottiglie (anche se questa non è la motivazione prioritaria), visitare i luoghi in cui si produce quel vino e instaurare un rapporto con i produttori. Il mezzo più frequentemente utilizzato per fare enoturismo è sicuramente l’automobile che meglio si presta a questa tipologia di turismo: permette una totale libertà di mobilità. Il turismo del vino contrassegna tutte le stagioni dell’anno, ma in particolare l’autunno e la primavera. Negli ultimi anni la domanda di turismi del vino sta mutando connotati e pretese. La segmentazione della domanda da una struttura piramidale (Figura 2.1), tipica della seconda metà degli anni ‘90, in cui gli enoturisti erano spinti verso l’alto dalla molla di una progressiva promozione per competenze, si è modificata in una nuova struttura a forma di totem con cinque diverse tribù, distinte per appartenenza a stili di vita e a forme di rappresentazione di sé. Questa era la struttura piramidale nella seconda metà degli anni '9098. Almeno cinque risultano i livelli di cui si compone questa piramide: alla base c'è il “popolo” degli eno-curiosi: hanno un approccio iniziale al settore, poche conoscenze specifiche ma molto interesse a “partecipare”, sono giovani, coppie, famiglie, che attuano buoni consumi fuori casa e partecipano agli eventi legati al vino; al primo livello si collocano gli eno-esploratori: hanno interesse e conoscenze dei prodotti e dei luoghi a livello elementare, sono lettori di riviste e guide, visitatori di enoteche e cantine, giovani far i 35 e i 45 anni; al secondo livello si posizionano gli eno-tifosi: hanno acquisito un vivo interesse al settore, buona conoscenza di base, orientamento a 98 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2003), L’Italia del buon vivere: l’offerta turistica dei distretti del vino, Associazione Città del vino, Siena. 58 soggiorni e corsi oltre che a gite, hanno buona capacità di spesa, sono in prevalenza di maschi adulti; al terzo livello troviamo gli eno-professionisti: possiedono un'ottima e diversificata conoscenza di prodotto, una sviluppata cultura di viaggi, di luoghi e percorsi del settore, sono“citatori” di etichette, annate, prezzi, aste, abbinamenti; il loro reddito e la loro spesa sono di livello superiore; al livello più alto si incontrano infine gli eno-sperimentatori, che oltre ad avere un bagaglio di conoscenze e un profilo di crescita simili al gruppo precedente, si distinguono per la voglia di non fermarsi alle apparenze, per la ricerca di identità nei prodotti e nei luoghi, per una spiccata attitudine a fare della cultura del vino più un’occasione di esperienze che di apparenze. Figura 2.1 - Piramide di segmentazione anni '90 sperimentatori professionisti tifosi esploratori curiosi Fonte: nostra elaborazione su Rapporto Censis Servizi/Città del vino 2003 I cambiamenti odierni in corso, come la congiuntura economica e la globalizzazione hanno finito per creare una nuova struttura del tempo libero 59 in cui i cinque gruppi della seconda metà degli anni '90 sono ora identificabili in tribù (Fig.2.2), secondo uno schema di motivazioni dominanti, così articolato: enoturisti marginali, sono frequentatori delle mete più tradizionali dei circuiti, sono interessati a offerte di inclusione per partecipare a consumi di tempo libero semplificati, rapidi, convenzionali, convenienti, stagionali; enoturisti politeisti appartengono a ceti differenti e hanno gusti molto diversi, ma comunque li accomuna l'attenzione alle nuove proposte, occasioni ed esperienze del low cost; enoturisti affluenti, con consistente capacità reddituale, sono alla ricerca della qualità e del brand (di prodotti, di servizi e luoghi di successo)come segno di distinzione; enoturisti esclusivisti, appartenenti a gruppi minoritari di consumatori di lusso, scelgono destinazioni e location alla moda ed emergenti; enoturisti specialisti, amano colleziona particolari esperienze di viaggio.99 Dopo aver analizzato l'evoluzione della domanda e tratteggiato i caratteri degli enoturisti nel prossimo paragrafo ci occuperemo dell'offerta enoturistica. 99 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena 60 Figura 2.2 – Tribù anni 2000 marginalisti politeisti affluenti esclusivisti specialisti Fonte: nostra elaborazione su Rapporto Censis Servizi/Città del vino 2007 2.5 Gli elementi e gli attori dell'offerta enoturistica Il sistema d’offerta turistica territoriale, per poter essere in grado di far vivere esperienze di vacanza significative, e quindi soddisfare le mutevoli e varie aspettative della domanda enoturistica, deve avere a propria disposizione elementi strutturali adeguati e coerenti con l’esperienza proposta. Nell'offerta enoturistica possiamo individuare (Figura 2.1): alcuni “elementi” essenziali come l'ambiente e il territorio (risorse naturali, risorse culturali, artistiche e architettoniche, risorse sociali, folklore e tradizione); diversi “attori” come quelli dell'intermediazione turistica (tour 61 operator e agenzie di viaggi, agenzie di viaggi specializzate e ground operator, turismo organizzato) e quelli della ricettività (alberghi, aziende agrituristiche, residenze rurali, agri-campeggi); attività collaterali (quelle produttive come l'agricoltura e la trasformazione di prodotti tipici) e complementari ( come l'artigianato, l'animazione, le attività sportive, le sagre, le fiere, le attività culturali, l' escursionismo) a quella di fondo (trasporto, vitto e alloggio)100. Figura 2.1- Il turismo del vino al centro di un sistema integrato di attività complementari e di un network tra diversi attori INTERMEDIAZIONE AMBIENTE - turismo organizzato E - tour operator e agenzie di TERRITORIO viaggio - risorse naturali - agenzie di viaggio - risorse culturali specializzate - risorse sociali TURISMO DEL VINO RICETTIVITA' - agri-campeggi ATTIVITA' - hotel PRODUTTIVE - residenze rurali - agricoltura - aziende agrituristiche - trasformazione di prodotti tipici ATTIVITA' COMPLEMENTARI - artigianato - sagre e fiere - attività sportive - attività culturali Fonte: nostro adattamento da G. Belletti (2007) 100 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali,Op,cit., p.56 e ss. 62 Il territorio costituisce un fattore insostituibile dell'offerta enoturistica e la gastronomia e l'ambiente risultano elementi indispensabili all’allestimento di una valida offerta di turismo organizzato intorno al vino a cui associare un altro fattore decisivo: la cura dell’accoglienza. Il sistema territoriale (per il target di riferimento) dovrà per cui essere attraente, accessibile e accogliente. Accoglienza che non può però essere finalizzata solo ad un esercizio freddo di decaloghi e disciplinari ma sia accompagnata dalla passione e dal calore umano di tutti gli attori che intermediano i turisti: produttori ma anche gestori di enoteche, agriturismi, wine bar, ecc. La cantina è l'elemento cardine su cui si articola tutta l'attività enoturistica, in quanto essa è da intendersi quale autentica meta di immagine nelle attese dell'enoturista e come corollario alla materia prima “vino”. Essa rappresenta il momento terminale del processo di offerta101. In Italia oggi ci sono 1.200 cantine attrezzate per l'accoglienza e 12.000 cantine aperte al pubblico per la vendita del vino102. La cantina è una risorsa turistica primaria (come gli impianti di risalita per le attività sciistiche o le strutture e le attrezzature di spiaggia per quelle balneari). E' il luogo fondamentale in cui la domanda si incontra con con la realtà territoriale e culturale della produzione vinicola ed è , inoltre il luogo in cui il turista, in particolar modo quello che proviene dai grandi centri urbani, riscopre la campagna e ritrova contatti con la natura, ormai preclusi da tempo103. Le visite alle cantine sono fondamentali sia per il recupero dell’ambiente e delle tradizioni rurali, sia per accrescere la cultura del vino e quindi, in ultima analisi, fornire prospettive di sviluppo alle aziende. Secondo il Rapporto Censis del 2006 la qualità dell'offerta è sufficiente per i fattori base (cantine, ristorazione, eventi) ma è ancora medio-bassa per 101 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Franco Angeli, Milano p.124 102 http://wwww.movimetoturismovino.it 103 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Franco Angeli, Milano p.24 63 i servizi più evoluti (enoteca di sistema, museo del vino, strade, artigianato). Infatti l'offerta enoturistica risulta essere: ancora troppo dominata da destinazioni classiche (Langhe, Collio, Chianti, Montalcino, ecc.); crescente e ricca nella numerosità e della tipologia di altre destinazioni tematiche ma tuttavia disordinata, quasi sempre episodica, spesso troppo elementare e troppo standardizzata; all’opposto della domanda, che invece è rapidamente evolutiva, in termini di esigenze (meno prodotti, più esperienze) e di autonomia decisionale, quanto a influenza mediatica, scelta di tempo (last minute) composizione del pacchetto di acquisto e soprattutto voglia di scoperta di nuovi territori e vere identità all’insegna della ricerca di total leisure experience104. Gli attori dell'offerta devono essere capaci di seguire le preferenze dei consumatori e di stimolare nuovi bisogni. Pertanto, una variazione dei gusti collettivi verso particolari prodotti turistici deve stimolare un cambiamento dell'offerta. Fabio Taiti, presidente di Censis Srvizi contrappone alla tribalizzazione della domanda la coriandolizzazione dell'offerta enoturistica (Figura 2.3): essa è molto frammenta tanto che viene definita come “una gallassia di proposte sempre più eterogenea e pulviscolare”. Le aziende della filiera vitivinicola ed enoturistica nel loro insieme frammentato sembrano coriandoli105. 104 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2005), Le Strade del turismo del vino:uscire dal bricolage promuovere il soprassalto, Associazione Città del vino, Siena 105 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena. 64 Figura 2.2 Fonte: Censis Servizi 2006 Il sondaggio Winenews/Vinum 2008 ha invece evidenziato che l’offerta del turismo del vino, per il 60% degli intervistati, è attualmente in Italia caratterizzata da improvvisazione, individualismo ed episodicità. E l’accoglienza nelle cantine (in termini di accessibilità, orari, servizi e cura del turista) è definita scarsa dal 27% e appena sufficiente dal 40%106. Gli enotursti non sono soddisfatti e reclamano offerte più serie e soprattutto vogliono essere “coccolati”. Sempre secondo il sondaggio, tutti gli enoturisti interpellati, hanno espresso un’indicazione comune: l’intero comparto del turismo del vino, così come si è proposto fino adesso, non riesce più a soddisfare completamente le aspettative diversificate di una clientela sempre più competente. Si sta, insomma, affacciando anche da noi l’esigenza di realizzare un modo diverso di fare turismo del vino, più ricco di offerte e capace di regalare piaceri a tutto campo. E' necessario porre un’attenzione di livello superiore verso le esigenze sempre più articolate e sofisticate degli enoturisti. 106 http://www.winenews.it 65 La strategia dell’offerta diversificata sembra essere quella più idonea ad intercettare target differenti di esperti esclusivisti, appassionati o semplici interessati e curiosi107. 2.6 Il marketing del turismo del vino A livello operativo, sono quattro le variabili chiave che l'operatore enoturistico (aziende agrituristiche, imprese vitivinicole, tour operator, agenzie di viaggi specializzate, ecc.) ha a disposizione per agire sul mercato. Queste variabili vengono solitamente classificate nelle quattro P del marketing mix: prodotto (product), prezzo (price), promozione (promotion) e distribuzione (distribution)108. Le decisioni relative al prodotto sono alla base del piano di marketing operativo. Il pacchetto enoturistico è un insieme di componenti ed in genere comprende le risorse offerte nell'ambiente e i servizi offerti da operatori pubblici e privati. Il vino è la risorsa primaria dell'enoturismo ma possono concorre a costituire il pacchetto enoturistico anche altri prodotti agroalimentari locali come, ad es. olio, miele, erbe, liquori, conserve, prodotti lattiero-caseari. Il mix può anche comprendere: le attrattive turistiche locali di base: le risorse collegate al mondo rurale, cioè la campagna coltivata, i boschi, i paesaggi; le altre risorse turistiche del bacino di riferimento, cioè i borghi storici, i giacimenti archeologici, ecc.; le sovrastrutture: le attività ricettive, di ristorazione, per lo shopping 107 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena. 108 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.140-150 66 (come cantine ed enoteche), per il divertimento e lo sport (ad es. equitazione, escursioni, noleggio di varie attrezzature sportive), attività complementari (come musei enologici, visite guidate, artigianato, corsi di cucina o di fotografia, ecc.) le infrastrutture: l'insieme delle reti viarie, stradali, autostradali e ferroviarie, gli aeroporti, le stazioni, ecc. che consentono l'accessibilità al luogo. Questa è una delle variabili del pacchetto che l'operatore enoturistico non può controllare, ma è invece controllata da quello pubblico 109. La seconda leva fondamentale è quella del prezzo. Ogni pacchetto turistico ha un proprio prezzo che risulta dalla somma dei costi di viaggio, di vitto, di alloggio e di partecipazione ad attività disponibili nel sito. Ognuno di questi prezzi è frutto di decisioni strategiche di ogni singolo operatore. Spesso nel calcolo economico del turista è il prezzo complessivo del soggiorno ad essere rilevante. Per questo motivo è molto utile costituire un tarriffario che accanto a quotazioni globali “tutto compreso”, indichie proponga soluzioni come la mezza pensione, eventuali escursoni e attività aggiuntive, prezzi diversificati per stagione, per gruppi di fruitori, ecc. E' indispensabile comunque che il prezzo nasca da una collaborazione con la filiera vinicola e da un'interazione con il mercato turistico. Connesso al prezzo del prodotto enoturistico, sarà necessario anche penasare al prezzo del vino e degli altri prodotti messi in vendita dall'azienda agricola110. La terza leva è la comunicazione, una variabile fondamentale nella composizione di un corretto marketing mix. E' infatti con una giusta promozione che si qualifica l'offerta di turismo. Gli strumenti che possiede l'operatore di marketing sono due: le politiche di promozione delle vendite: politiche “price 109 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.140-141 110 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.142-143 67 downing”che intervengono sul prezzo tramite degli sconti e politiche “packaging up”, cioè di diversificazione del prodotto turistico stesso all'interno di pacchetti integrati; le campagne pubblicitarie e le politiche di immagine, che operano con finalità a medio-lungo termine Questo processo di comunicazione si realizza attraverso: la promozione informativa, fondamentale nelle fasi di lancio di un nuovo prodotto, quando risulta scarsamente noto ai potenziali visitatori; la promozione persuasiva, che ha lo scopo di modificare la propensione all'acquisto di un prodotto già noto ma non ancora sperimentato; la promozione focalizzata sul ricordo vuole, da un lato indurre il turista al riacquisto del prodotto già personalmente sperimentato e gradito, dall'altro mantenere viva nella mente del pubblico dell'immagine del contesto nel quale è stato fornito. Il messaggio promozionale va determinato con riferimento al target di mercato al quale ci si vuole rivolgere, con particolare riguardo alle motivazioni ed alle caratteristiche socio-culturali, economiche e psicologiche dei segmenti identificati. Per quanto riguarda i canali di trasmissione del messaggio, esistono vari strumenti promozionali che possono essere utilizzati e sono: la vendita diretta la pubblicità diretta le pubbliche relazioni e la pubblicità indiretta i dépliant le esposizioni e le fiere111 L'ultima leva è la distribuzione. Creare e controllare l'accesso da parte 111 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit., p.143-147; nel paragrafo 2.8 ci occuperemo più approfonditamente del tema degli eventi. 68 del consumatore al prodotto turistico è di importanza centrale ai fini della gestione dei flussi di domanda. I più importanti canali distributivi sono tre: i tour operator, sono i canali di intermediazione classici che sono capaci di attrarre una domanda sostenuta in termini quantitativi e selezionata qualitativamente; gli intermediari di piccole dimensioni (i cosiddetti “ground operator”), localizzati all'interno del bacino turistico, sono specializzati nel fornire package o servizi ai turisti ( ad es. servizi di trsporto, visite ai luoghi storici, artistici, ecc. Questi due canali distributivi hanno il compito di assistere e informare i turisti, di offrire servizi di supporto all'accoglienza (come ad es. il servizio di prenotazione), di distribuire materiale informativo, di fornire spazi espositivi per vario uso ( chioschi, punti vendita, assaggi sulla strada, ecc.); le enoteche, che sono localizzate dentro o fuori del perimetro del bacino turistico, sono canali di intermediazione atipici. E' nelle enoteche che nascono e vengono soddisfatte curiosità sui vini e sulle località di produzione, è qui che si realizza un rapporto più diretto e personale tra chi vende e chi acquista e quindi vi è la possibilità di scambiarsi una reale informazione sulle possibilità di turismo nelle cantine e magari si possono promuovere escursioni e viaggi organizzati. Altre tipologie di intermediazione che si affiancano a forme più tradizionali, comprendono centri di informazione dislocati nelle località di primario interesse quali: hotel, campeggi, enti pubblici come Atp e le comunità montane, ecc.112. 112 ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.147-150 69 2.7 Gli eventi enologici come strumenti di comunicazione e promozione del territorio Numerose sono le iniziative di comunicazione, come gli eventi legati al vino (fiere, sagre, ecc.), diffuse sul territorio nazionale. Il loro scopo è quello di incrementare il flusso di visitatori diretti ai luoghi di produzione enologica. La visita alle cantine, le degustazioni, l'abbinamento della visita con la gastronomia, le cene nei ristoranti tipici, le sagre sono occasioni di grande rilevanza promozionale e possono diventare momenti cruciali di commercializzazione e comunicazione del prodotto enoturistico. Ciò a condizione che vengano organizzati in maniera professionale, sia nei loro aspetti operativi, sia nella comunicazione degli stessi alla domanda, che deve avvenire attraverso l'elaborazione di messaggi efficaci e a elevato contenuto informativo, persuasivo ed evocativo113. Gli eventi legati al vino rappresentano uno dei canali di promozione più efficaci, agendo in due direzioni fondamentali: la promozione del settore economico che essi rappresentano e la promozione del territorio che li ospita. Costituiscono un punto d’incontro tra la domanda e l’offerta enoturistica; attraggono visitatori e donano visibilità alle risorse dell’area interessata, permettono di dare risalto ai luoghi in cui si svolgono, e ,quindi, fungono da strumenti di promozione del territorio. Gli eventi enologici sono dunque un importante strumento di marketing territoriale per via della loro capacità di attrarre turisti, diffondere e migliorare l’immagine dell’area che li ospita, attirare investimenti esogeni,attivando veri e propri processi di rigenerazione economica all’interno dei territori ospitanti. Gli eventi coinvolgono gli enoturisti sul piano personale e hanno lo 113 ANTONIOLI CORIGLIANO M. , PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Op.cit. p.76 70 scopo di stabilire una relazione più intima con il territorio il vino e l'azienda, basata su di un’intensa emozionalità. Diventano strumenti eccellente per far vivere al pubblico un’esperienza memorabile, in grado sia di creare nei presenti associazioni mentali uniche ed irripetibili che nascono da un coinvolgimento polisensoriale, sia di “catturarli” in una relazione emotiva con l’evento e dunque con l’azienda al quale l’immagine forte e positiva dell’evento viene trasferita114. Gli eventi enologici più importanti e famosi si ripetono tutti gli anni con date quasi fisse e risultano essere: le fiere come Vinitaly che si svolge a Verona nel periodo marzoaprile115, Prowein a Düsseldorf a marzo116, Vinexpo a Bordeaux nel mese di giugno117, International Wine Fair a Londra nel mese di maggio118; altri eventi organizzati dall'associazione Movimento del turismo del vino come Calici Sotto le Stelle (agosto), Cantine Aperte, Benvenuta Vendemmia; Vinitaly riscuote un alto interesse soprattutto per gli esperti del vino e del settore vinicolo ma per i meno esperti l’evento può rappresentare un momento di avvicinamento al mondo del vino. Cantine Aperte, è l’evento più importante che si svolge in Italia con protagonista il vino, la sua gente e i suoi territori. Da ben 16 anni, nell’ultima domenica di maggio, le cantine socie del Movimento Turismo del Vino aprono le proprie porte al pubblico, favorendo un contatto diretto con gli appassionati del vino. L’interesse verso l’evento è cresciuto notevolmente di anno in anno ed ha attirato sempre più l’attenzione di turisti e residenti, incuriositi dalla 114 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas, Milano p.32-34 115 http://www.vinitaly.com 116 http://www.prowein.de 117 http://www.vinexpo.com 118 http://www.londonwinefair.com 71 manifestazione ma soprattutto desiderosi di fare un’esperienza di grande valore culturale e umano119. La volontà di riscoprire e rivivere nelle campagne la straordinaria atmosfera di festa legata al periodo della raccolta, ha portato il Movimento Turismo del Vino a dedicare una domenica del mese di settembre, tradizionalmente legato alla vendemmia, a celebrarne la festa con Benvenuta Vendemmia in momento strategico e fortemente significativo della stagione vinicola. Nel rispetto assoluto delle fasi di lavorazione che caratterizzano il periodo, Benvenuta Vendemmia, come Cantine Aperte, è l’occasione ideale per aprire le porte delle aziende e far assistere turisti e visitatori alle fasi topiche del ciclo di produzione, coinvolgendoli direttamente attraverso passeggiate fra i vigneti, visite alle aziende, degustazioni dei prodotti tipici abbinati ai vini di produzione. L’organizzazione di momenti ricreativi quali spettacoli folcloristici, mostre di attrezzi enologici, degustazioni di prodotti tipici realizzati direttamente in azienda, dà vita ad una vera “festa della vendemmia”, che contribuisce al massimo coinvolgimento di appassionati ed esperti, consentendo ad ognuno di approfondire il proprio rapporto con il territorio e le sue risorse120. Calici di stelle si svolge ogni anno il 10 agosto, nei centri storici e nelle piazze italiane, tra corti d’insospettata bellezza e castelli, gli enoturisti appassionati del buon bere, possono degustare i migliori vini delle cantine associate abbinati ai prodotti tipici di qualità, espressione del patrimonio locale di ogni regione che ospita l’evento. Le stelle cadenti rinsaldano lo straordinario connubio fra vino e arte, offrendo accanto alle degustazioni magistralmente guidate da abili sommelier e famosi enologi italiani, una ricca serie di iniziative che allietano piacevolmente con concerti di musica jazz e classica, cortei storici, 119 http://www.movimentoturismovino.it 120 http://www.movimentoturismovino.it 72 performance teatrali e giochi pirici, i tanti turisti italiani e stranieri che scelgono un nuovo concetto di vacanza estiva alla scoperta delle città d’arte121. 2.8 Il marketing delle Strade del vino e dei sapori La legge quadro n. 268 del 27 luglio 1999 si propone come obiettivo la valorizzazione dei territori a vocazione vinicola e riconosce quale strumento a ciò preposto la realizzazione delle “Strade del Vino” che, all’articolo 1, sono definite come “percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli, lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono uno strumento attraverso il quale i territori viticoli e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica”122. Le Strade del Vino, quindi, sono percorsi segnalati entro territori ad alta vocazione vitivinicola caratterizzati, oltreché da vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte a pubblico, da attrattive naturalistiche, culturali e storiche (musei, borghi, edifici storici, produzioni artigiane) particolarmente significative ai fini di un'offerta enoturistica integrata123. Questi percorsi consentono al turista di conoscere il prodotto vino in quel territorio e dà alle imprese l'opportunità di offrire in maniera congiunta servizi del territorio. Centododici sono le “Strade del vino” di cui, a vario titolo e molto diverso livello, ormai dispone l’Italia124. Esse associano in una rete 121 http://www.movimentoturismovino.it 122 Legge italiana 27 Luglio 1999 n.268, Disciplina delle strade del vino, art.1, comma 2 123 http://www.terreditoscana.regione.toscana.it/ 124 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2007), I turismi sulle strade del vino al tempo della società liquida, Associazione Città del vino, Siena. 73 imprenditori in maggior parte del settore agricolo (di aziende vitivinicole, agricole e agrituristiche), ma anche del settore del turismo (imprese turistiche ricettive, agenzie di viaggi e tour operator), dell’artigianato, del commercio (enoteche e botteghe del vino) con le istituzioni locali e le associazioni125, il tutto con l’obiettivo di valorizzare l'identità del territorio complessivamente inteso. La Strada è un sistema di offerta turistica che comprende elementi differenti, ma integrati al fine di avvicinare il mondo agricolo (in particolare vitivinicolo) al mondo del turismo. Infatti la produzione enologica legata al territorio non è sufficiente per l’attivazione di una Strada del vino, ma va corredato da servizi di accoglienza e da operatori preparati che siano in grado di fornire all’enoturista indicazioni sulle possibili escursioni naturalistiche, luoghi da visitare, prodotti tipici, visita alle cantine e tutto ciò che rientra in un’ottica di fruizione turistica del territorio. Esse vogliono essere un tentativo di favorire, razionalizzare e qualificare l'offerta enoturistica. 2.8.1 Componenti delle Strade del vino (prodotti, territorio, ecosistema, soggetti) Sono quattro i “fattori critici” che compongono una Strada del vino e dei sapori: il prodotto, il territorio, l'ecosistema, i vari soggetti coinvolti. Di seguito una presentiamo una loro analisi126. Il prodotto di una Strada è costituito sia dal prodotto principale, e quindi qui vi rientra il vino, che è il testimonial dell'area di produzione e delle sue peculiarità specifiche, il particolare vitigno di quella terra da cui nasce quel 125 In Italia le più importanti sono l'associazione Città del Vino e il Movimento del turismo del vino 126 PASTORE R. (2002), Il marketing del vino e del territorio: istruzioni per l’uso, Franco Angeli, Milano p.114 e ss. 74 vino e la zona (che ha ricevuto un riconoscimento come una DOCG, o una DOC, o una IGT) in cui si sviluppa quel vino, sia dai prodotti accessori, cioè dall'intero “paniere “ enogastronomico caratteristico di un dato luogo (altri prodooti agroalimentari diversi dal vino come olio, formaggi tipici, ecc.). Non solo gli aspetti materiali fanno parte del prodotto ma anche quelli immateriali, cioè tutte le componenti di servizio, l'ospitalità e l'accoglienza, che svolgono un ruolo centrale. Figura 2.4 – Componenti delle Strade del vino PRODOTTI SOGGETTI principali fra cui attivare stabili “politiche delle alleanze” vino vitigno altri prodottipaniere TERRITORIO spazio fisico spazio antropico valori, storia, culture (e culture tecnologiche ECOSISTEMA costruzione, difesa, valorizzazione del paesaggio viticolo ecc.: qualità del prodotto è qualità dell'ambiente (e viceversa) Una strada del vino e dei sapori è frutto e sintesi di diverse componenti che realizzano in maniera formale o informale un “patto per lo sviluppo”del territorio e che si danno alcune regole comuni di comportamento (in specifico di servizio e accoglienza Esse quindi costituiscono una RETE DI CULTURE, DI INTERESSI, DI VOLONTA' PRODUTTORI (singoli o associati) TRASFORMATORI (produttori o no) OPERATORI LEGATI ALLE ATTIVITA' DISTRIBUTIVE OPERATORI ECONOMICI INDIRETTAMENTE INTERESSATI OPERATORI DEL SISTEMA TURISTICO, AGRITURISTICO, DELL'OSPITALITA' IN GENERE ASSOCIAZIONI, ORGANIZZAZIONI VOLONTARIE ISTITUZIONI LOCALI Fonte: Pastore (2002) 75 Il territorio delle Strade del vino dovrebbe essere caratterizzato dalla sinergia e integrazione di tre aspetti: territorio inteso come spazio fisico, cioè come area caratterizzata da delimitazioni geografiche, orografiche e paesaggio fisico; territorio inteso come spazio antropico, cioè luogo caratterizzato dalla continuità nel tempo di una certa presenza dell'uomo, del suo modo specifico di insediarsi in una certa zona o località; territorio come insieme di valori, storia, cultura, cioè come conseguenza della stratificazione nel tempo della presenza antropica in un determinato spazio fisico. Questo aspetto include anche il concetto di “cultura tecnologico-produttiva” stratificatasi in un certo territorio come espressione di una particolare forma di economia:agricola, agroindustriale, artigiana, ecc. Da questo si evince che il territorio quindi è una risorsa da valorizzare. L'ecosistema, ovvero il sistema ambientale, il è frutto di una interazione secolare e continua tra l'uomo e il suo territorio di insediamento. Tale interazione nella viticoltura, in genere, ma in particolare in quella relativa al vino di particolare pregio in zone vocate, il rapporto dell'uomo con l'ecosistema di riferimento è stato tendenzialmente conservativo e non distruttivo, prevalentemente di attenta valorizzazione e non di sfruttamento. Infine i soggetti che sono portatori di interessi fra loro diversi e sono: i produttori: i singoli operatori, associati in cooperative, ecc. i trasformatori ( a volte coincidono con i produttori) gli operatori legati alle varie forme di distribuzione (es. le enoteche) altri operatori economici, non legati direttamente al mondo del vino (es.gli artigiani) gli operatori del sistema turistico, agrituristico, del turismo rurale e dell'ospitalità in genere le istituzioni pubbliche associazioni e organizzazioni volontarie 76 Affinché la Strada del vino funzioni efficacemente è necessario che fra questi soggetti che sono direttamente o indirettamente interessati si instaurino delle relazioni sistemiche, ovvero delle “politiche di alleanze”. 2.8.2 Ruolo economico delle Strade Il ruolo istituzionale della strada è di coniugare al meglio i bisogni della domanda, tesi alla soddisfazione delle proprie esigenze, e quelli dell'offerta . L'istituzione delle Strade del vino può apportare cospicui benefici a tutto il comparto del turismo enogastronomico: la Strada del vino è in grado di organizzare e integrare nel modo economicamente più efficiente e socialmente più accettabile le risorse e le attività turistiche di un'area, consentendo vantaggi economici in termini di economie di scala ed economie di sistema. a) Le economie di scala, che derivano da interventi sulle catene del valore interne al prodotto enoturistico, cioè in quelle che sono le quattro filiere verticali di alcune delle componenti del prodotto-area 127e cioè quella della produzione vinicola, quella della ricettività, quella della ristorazione e quella delle strutture complementari. Le economie di scala si verificano soprattutto a valle o a monte dell'attività della singola impresa, nonché nella gestione di servizi comuni durante la fase di produzione128. b) Le economie di sistema, che derivano dalle interrelazioni e dalle sinergie tra le diverse componenti del sistema del valore 129(economie nella 127 La catena del valore abbraccia la filiera produttiva relativa ad una singola componente del prodotto turistico di area, quando questa sia identificabile come output finale di uno specifico processo produttivo 128 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Op.cit. p.191 129 Il sistema del valore si riferisce all'intero prodotto turistico di area, a sua volta scomponibile nei sottosistemi delle risorse, delle strutture dell'offerta, delle istituzioni locali e della popolazione residente 77 gestione delle informazioni, economie derivanti da una più efficiente distribuzione dei flussi turistici all'interno del distretto, economie nella gestione degli aspetti ambientali130. La Strada del vino rappresenta anche un vantaggio competitivo in termini di barriere all'entrata, in quanto richiede risorse umane qualificate, forte grado di coesione tra gli operatori e acquisizione di know how specifico. 2.8.3 Strade del vino come strumento di sviluppo rurale: punti di forza e di debolezza Le Strade del vino costituiscono uno strumento di promozione dello sviluppo rurale e del suo territorio, con particolare riferimento ai luoghi delle produzioni qualitative a denominazione di origine (DOCG, DOC e IGT), e intendono favorire e promuovere l'enoturismo, quale movimento inteso a valorizzare la produzione vitivinicola nell'ambito di un contesto culturale, ambientale, storico e sociale131. Una Strada del vino collega tutte le risorse presenti in luoghi e territori ad alta vocazione vinicola in grado di esercitare il proprio effetto sulla domanda di enoturismo. Essa diviene strumento di divulgazione, di informazione e di commercializzazione del prodotto enoturistico e dei territori vinicoli, ponendosi tra le strutture di offerta e il turista. Al tempo stesso contribuisce a rendere più responsabile il consumatore, dimostra i luoghi di provenienza del prodotto, difende il territorio e l’ambiente, accresce la notorietà e l’immagine dei prodotti agroalimentari collegati ai luoghi della produzione. In tal modo il vino viene ad integrarsi con tutte le altre risorse di un paesaggio allo scopo di accrescere e qualificare il flusso dei visitatori delle 130 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Op.cit., p.192-196 131 http://www.terreditoscana.regione.toscana.it/ 78 aree vitivinicole132. Uno di compiti che assolve la Strada del vino è quello di favorire l’integrazione socioeconomica tra viticoltura, turismo, enogastronomia e attività connesse nel campo della cultura, dell’informazione e della realizzazione di iniziative di animazione e caratterizzazione dell’area di riferimento. I percorsi delle vie del vino costituiscono uno strumento di attraverso il quale i territori vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica. Le Strade del vino hanno dunque un'evidente finalità territoriale e la loro gestione operativa deve essere improntata al marketing del territorio133. L’analisi condotta da Fabio Taiti nell'Osservatorio del turismo del vino del 2004 riguardo a quelli che vengono ritenuti i punti di forza e quelli di debolezza delle Strade del vino, mette in risalto come da un lato la forza sia identificata nella qualità intrinseca dei prodotti enogastronomici dell’area e del territorio, mentre i principali elementi di debolezza vengono identificati nelle strutture, siano esse di promozione, di commercializzazione o di accoglienza. Si ha consapevolezza della qualità delle risorse che si è in grado di offrire, ma vengono giudicate non ancora adeguate le strutture necessarie a valorizzare appieno tali risorse134. Questi risultano essere i punti di forza: qualità intrinseca di prodotti e produttori (qualità dei vini, dei prodotti tipici e della ristorazione tipica) qualità del paesaggio dell'accoglienza e della ristorazione crescita delle organizzazioni e degli eventi organizzati nell'area crescita della coesione fra operatori economici 132 ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Op.cit. p.116 133 BELLETTI G.(2005), Dispense di economia e gestione delle imprese agrituristiche, Università degli Studi di Firenze 134 TAITI F., CENSIS SERVIZI, ASSOCIAZIONE CITTA' DEL VINO (2005), Le Strade del turismo del vino:uscire dal bricolage promuovere il soprassalto, Associazione Città del vino, Siena. 79 E questi i punti di debolezza: presenza insufficiente di musei del vino ed enoteche locali insufficienza o carenza delle strutture che permettono la diffusione della degustazione (punti di degustazione) scarsa capillarità della rete di vendita bassa qualità dell'accoglienza nelle aziende carenza o non soddisfacente livello del sostegno pubblico (scarsa affluenza dei contributi da parte degli Enti pubblici locali) disaccordi fra i soci della strada nelle strategie e sui programmi. 80 CAPITOLO 3 LA DIMENSIONE TERRITORIALE ED ESPERIENZIALE NEL MARKETING DEL VINO 3.1 Il sistema dell'offerta di vino L’Italia occupa da tempo un posto stabile tra i primi Paesi al mondo sia in termini di consumo, sia in termini di produzione ed esportazione del vino. Infatti è il secondo paese produttore di vino su scala mondiale. Il comparto vitivinicolo italiano presenta numerosi punti di forza, fra i quali la qualità dei vini, la tradizione dei viticoltori ed inoltre l’estrema varietà dei dei vitigni, con la presenza (soprattutto nelle regioni del Sud) di molti vitigni autoctoni. Tuttavia l’eccessiva frammentazione dell’offerta e le carenze manageriali influiscono negativamente sullo sviluppo delle imprese del comparto135. Il vino, nel panorama agroalimentare italiano, detiene un ruolo di prim’ordine. Tuttavia, la globalizzazione dei mercati e l’inasprimento della concorrenza internazionale (l'entrata nel mercato di nuovi competitors come la California, il Cile o l’Australia) non hanno risparmiato anche questo prodotto che, nel giro di pochi anni, ha visto crescere in maniera sensibile il numero dei competitor sia sul mercato interno che su quelli esteri. Essendo quello del vino un mercato globale, la possibilità di mantenere le posizioni acquisite ed incrementare la competitività è anche legata, tra le altre leve strategiche, alla valorizzazione della propria diversità ed origine territoriale: 135 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo 2007, Roma. 81 un requisito che può favorire, in particolare, i vini del territorio e quindi quelli Doc, Docg e Igt136. Il mercato mondiale di vino è sempre stato dominato da grandi produttori europei come la Francia, l'Italia, la Spagna, la Germania e il Portogallo, detenendo un peso aggregato dell'export mondiale pari a circa i due terzi del totale, ma dai primi anni '90 sono comparsi nuovi player extraeuropei che hanno accresciuto la loro quota sull'export mondiale, arrivando fino a detenere nel 2003 il 23%. Così lo scenario mondiale si è suddiviso fra produttori del “Vecchio Mondo”, ovvero Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Germania e produttori del “Nuovo Mondo”, ossia Australia, Cile, Usa (California), Sudafrica, Argentina, Nuova Zelanda e Brasile137. Questo concetto di “Nuovo Mondo”fa riferimento soprattutto all'emergere, da parte di questi paesi, di un diverso approccio alla produzione e alla vendita del vino e dall'affrontare la competizione in modo aggressivo ed innovativo rispetto ai modelli normalmente adottati dalle imprese dei paesi tradizionali produttori138. Infatti i produttori del “Nuovo Mondo” si caratterizzano per un approccio al mercato di tipo marketing-oriented, all'opposto di quelli del “Vecchio Mondo” ancora saldamente product-oriented. I produttori del “Nuovo Mondo” sono dei player di grandi dimensioni,spesso multinazionali, con ingenti disponibilità finanziare e sono dotati di un'ottima cultura manageriale; hanno sviluppato una viticoltura nuova, basata su tecniche produttive innovative; fanno un utilizzo massiccio della tecnologia in cantina ed investono molto sul packaging e adottano accentuate politiche di marca. Sono ispirati ad una logica più industriale, infatti i loro vini hanno caratteristiche di chiarezza e di immediatezza, più omologati al cosiddetto gusto internazionale, quindi 136 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo 2007, Roma. 137 MATTIACCI A., MARALLI R. (2007), Il wine marketing nell'esperienza di una media impresa leader: Banfi di Montalcino, in Mercati e Competitività, volume 2 n.2, Franco Angeli, Milano p.33 138 ZAMPI V. (2003), Wine management, Centro Stampa Il Prato, Firenze p. 131-137 82 scarsamente denotati territorialmente, ma in grado di garantire bssi costi di produzione. Questo ha permesso ai nuovi attori marketing-oriented di innalzare il livello competitivo e di mettere in difficoltà i “Vecchi produttori”, in quanto possiedono delle strutture imprenditoriali più frammentate, piccole dimensioni aziendali, una bassa cultura economicomanageriale, alti costi di produzione ed attuano politiche di branding in maniera artigianale e sporadica. Nell'approccio europeo la produzione è ispirata alla tipicità e alla diversità, infatti il vino è espressione del territorio, frutto della terra, dell'esperienza del produttore e della capacità dell'enologo139. In questo contesto l’Italia, nonostante sia priva di un piano strategico nazionale, che invece è presente in tutto lo scacchiere competitivo mondiale, mantiene le sue posizioni con la propria quota sul mercato mondiale che è rimasta invariata: il 18% dell’export mondiale nel 1997, il 18% nel 2007. Ciò che cambia per l’Italia, e di molto, è invece il valore dell’export, la cui crescita è stata esponenziale grazie alla produzione di qualità e all’affermazione del proprio brand: negli ultimi 12 anni l’export è praticamente raddoppiato e il valore del 2007 si è attestato sui 3,4 miliardi di euro. E' proprio sull’asse della qualità e dell’immagine che l’Italia riesce ad essere competitiva, non certo sul fattore prezzo140. Il segnale di questo successo nel comparto del vino è dovuto, infatti, ad una ristrutturazione profonda del settore, che ha preso avvio a partire dagli anni '70, da un nucleo inizialmente ristretto di operatori. La diminuzione della produzione da 65 milioni di ettolitri negli anni '70 agli attuali 50 milioni è proprio indice dell'aumentata attenzione per la qualità e segnale di una domanda sempre più selettiva da parte dei consumatori che ha guidato il passaggio dal vino come alimento al vino come fonte di gusto e di 139 MATTIACCI A., MARALLI R. (2007), Il wine marketing nell'esperienza di una media impresa leader: Banfi di Montalcino, in Mercati e Competitività, volume 2 n.2, Franco Angeli, Milano p.34-35 140 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo 2007, Roma. 83 piacere. Soprattutto negli ultimi venti anni molte imprese sono state protagoniste della “rivoluzione della qualità”, hanno investito molte risorse nella produzione di vini di elevata qualità, hanno iniziato a porre attenzione al marketing, alla tecnologia in cantina (anche perché era il modo più rapido di compensare i limiti dei vigneti per lo più inadeguati a causa dell'invecchiamento, ma la cui riconversione richiedeva tempi inevitabilmente più lunghi), si è fatta molta sperimentazione sul prodotto, percorrendo quindi la strada della qualità e della differenziazione dei prodotti, invece che quella della quantità. Un decisivo apporto è giunto dalla stampa specializzata, che ha saputo sviluppare forme di comunicazione estremamente efficaci per la diffusione della conoscenza del nuovo modo di essere del vino italiano, ovvero di qualità141. Da questo punto di vista non si può non ricordare il fondamentale ruolo svolto da Luigi Veronelli, vero capostipite del giornalismo enologico in Italia, che in questo rinnovamento, ha saputo suscitare in vecchi e nuovi consumatori la curiosità e la voglia di andare a scoprire cos'è il vino e quanti modi ha questo prodotto di esprimersi. Attualmente, il vino prodotto in Italia è riconducibile a due grandi categorie: vino a denominazione d'origine e vino da tavola. Alla prima categoria, appartengono i VQPRD , cioè i vini di qualità prodotti in regioni determinate, cui corrispondono i vini a denominazione d'origine controllata (DOC), i vini a denominazione d'origine controllata e garantita (DOCG) ed i vini a indicazione geografica tipica appartengono alla categoria dei vini a denominazione d'origine. Al secondo gruppo, invece, appartengono i vini da tavola propriamente detti. La configurazione che potrebbe assumere questa classifica è grosso modo quella di una piramide (Fig.3.1) con al vertice i vini a DOCG e, scendendo verso la base, le DOC, i vini a indicazione geografica ed infine i vini da tavola. La legge 164/1992, che disciplina le Denominazioni d'origine dei vini, classifica i vini nel modo seguente142: 141 ZAMPI V. (2003), Wine management, Centro Stampa Il Prato, Firenze p. 153-154 142 Legge italiana n. 164 del 10 febbraio 1992, Nuova disciplina delle denominazioni d'origine dei 84 denominazioni di origine controllate e garantite (DOCG): questi vini vengono sottoposti a regole più restrittive e a controlli più severi rispetto alle DOC infatti sono sottoposte a verifiche degustative e chimice da parte di apposite commissioni (obbligo che non esiste per le DOC) ; questi vini debbono essere commercializzati in recipienti di capacità inferiore ai 5 litri e portano un contrassegno dello Stato che dà la garanzia di origine, di qualità e consente di numerare i pezzi; nel 2008 esistono 36 denominazioni di questo tipo; denominazioni di origine controllate (DOC): sono vini prodotti in zone delimitate (di solito piccole e medie dimensioni) e portano il loro nome geografico, rispetto alle DOCG sono considerati di qualità leggermente inferiore; nel 2008 esistono 353 denominazioni di questo tipo; indicazioni geografiche tipiche (IGT): in Italia si trovano 118 IGT sparse nel territorio, sono caratterizzate da un'indicazione geografica (nome), accompagnata o no da menzioni (vitigno, tipologia enologica, etc.). Le zone di produzione sono normalmente ampie, la disciplina di produzione relativamente poco restrittiva; nel 2008 esistono vini da tavola: si identificano solo per il colore, il nome dell'azienda agricola o il marchio, infatti le etichette di questi vini non indicano l'anno della vendemmia e il luogo di provenienza delle uve. Questa categoria raggruppa vini definiti di consumo corrente, ovvero ordinari dal punto di vista qualitativo, c'è da sottolineare però che in questa categoria rientrano anche tanti vini di alta ed altissima qualità, che per scelta aziendale non rientrano nelle denominazioni d'origine, né nelle IGT. vini 85 Figura 3.1 – Divisione dei vini in base alla legge 164/1992 DOCG DOC DOC DOC VQPRD IGT IGT VINIVINI DA TAVOLA DA Fonte: nostra elaborazione Il sistema di offerta di vino può essere analizzato attraverso la filiera del vino. La produzione della filiera di vino in Italia è ripartita in quattro grandi comparti: Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e Isole. La produzione è parcellizzata, con circa 800.000 aziende viticole che dispongono in media da 1 a 2 ettari di vigneto. Il sistema cooperativo è quello preponderante, infatti la metà della produzione nazionale deriva dalle cantine sociali e dai consorzi . La struttura della filiera può essere definita attraverso lo svolgimento di tre funzioni e cioè: la funzione di produzione della materia prima, l'uva da vino; la funzione della trasformazione della materia prima in vino; la funzione di adattamento del prodotto finito attraverso lo svolgimento delle attività di natura commerciale legate alla distribuzione del vino143; A monte della filiera si trovano le imprese che curano la produzione della materia prima, l'uva da vino e i fornitori, come le imprese vivaistiche (barbatelle per l'impianto della vigna), quelle che forniscono attrezzature per la gestione del vigneto (ad esempio attrezzature per l'irrigazione) e per la raccolta delle uve, i fornitori di prodotti per la gestione del 143 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 165-166 86 vigneto(antiparassitari, fertilizzanti, ecc.). Fanno parte del sistema di produzione delle uve anche professionisti (in questa fase soprattutto è presente la figura dell'agronomo), enti e centri di ricerca che svolgono attività complementari a quella principale, infatti forniscono consulenze tecniche. Successivamente nella filiera si trovano le imprese che curano le operazioni di trasformazione (produzione di mosti, vinificazione ed invecchiamento) e quelle di condizionamento dei vini (imbottigliamento, affinamento e confezionamento), e le imprese che forniscono attrezzature per la cantina (botti, barriques, ecc.), prodotti chimici, materiali di confezionamento (bottiglie, tappi, capsule, etichette, ecc.), attrezzature per la cantina (botti, barriques, ecc.),quelle che forniscono servizi enologici (analisi, ecc.), i professionisti che forniscono consulenze (enologo). E' necessario puntualizzare che esistono aziende che sono solo produttrici di uve, oppure aziende vinicole unicamente specializzate nella produzione di mosti o di altri prodotti vinicoli, aziende “vinicole” solo imbottigliatrici, ma anche aziende vinicole a ciclo completo, ovvero che curano tutte le fasi, dall'uva al vino finito e alcune anche l'imbottigliamento. Per quanto riguarda l'ultima funzione, quella della commercializzazione del vino possiamo individuare le imprese che svolgono due attività principali, la prima è quella di distribuzione commerciale144, che è svolta dalla grande distribuzione organizza, dai grossisti, dai dettaglianti (wine-bar, enoteche, canale Ho.Re.Ca), dai distributori che operano su scala internazionale (esportatori, importatori) e dai professionisti o dalle società che operano in qualità di agenti di commercio o di broker (il compito di questi operatori è di svolgere un'azione di raccordo fra i diversi anelli della catena distributiva)145. La seconda attività è quella di marketing, svolta da quelle imprese che compiono sia ricerche ed analisi indirizzate a comprendere quali siano le esigenze e le preferenze del mercato-obiettivo, sia operazioni 144 I principali canali di distribuzione verranno dettagliati nel § 3.3 145 L'agente di commercio opera nella sfera del dettaglio avendo un ambito di attività locale, mentre il broker tratta partite di maggiore entità e normalmente lo fa avendo un orizzonte internazionale. 87 di monitoraggio della concorrenza (istituti di ricerca) e da quelle imprese che creano le condizioni per indirizzare le percezioni e le preferenze dei clienti verso i beni che le imprese produttrici e/o distributrici offrono al mercato. Qui rientrano le attività di promozione delle vendite (spesso svolte dagli istituti di consulenze di marketing) e le attività di comunicazione (agenzie pubblicitarie, imprese che offrono servizi di grafica, i media, la stampa specializzata e gli opinion leaders)146. Dopo aver affrontato il settore vitivinicolo dal alto dell'offerta nel prossimo paragrafo ci soffermeremo sul lato della domanda di vino. 3.2 I comportamenti di acquisto e consumo del vino Negli ultimi decenni il mercato del vino ha subito una profonda modificazione nei comportamenti dei consumatori e nelle modalità di commercializzazione. Mentre nella seconda metà degli anni '80 e nei primi anni '90 si è caratterizzato un calo dei consumi, la seconda metà degli anni '90 ed in questi anni del nuovo millennio si è verificata una stabilizzazione e quindi una nuova crescita. Nei Paesi tradizionalmente produttori (Francia, Italia e Spagna primi fra tutti) il decremento dei consumi è avvenuto a causa di fattori economici, sociali, culturali e psicologici. I principali cambiamenti di ordine economico sono stati: la crescente concorrenza di produttori di soft drink (analcolici, acque minerali e birra) e l'evoluzione dei modelli di distribuzione (ad esempio l'affermarsi ipermercati e Gdo) spesso più funzionali a prodotti relativamente standardizzati che a prodotti complessi come il vino, mentre quelli di ordine sociologico sono stati: il passaggio da una popolazione rurale ad una decisamente urbana, in cui si sono 146 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 192-199 88 modificate le abitudini di vita e le modalità di assunzione dei pasti connesse all'attività lavorativa147. Per quanto riguarda gli aspetti culturali e psicologici, in passato, soprattutto negli anni '80, il vino era considerato come il sinonimo di alcolismo, a causa di numerose campagne anti-alcool che hanno coinvolto anche questa bevanda, mentre oggi è stato scientificamente rivalutato, considerandolo una sorta di medicina che possa prevenire alcune malattie cardiovascolari e tumori148. Di conseguenza sono cambiate le modalità, le frequenze e le occasioni di consumo: il vino non è più un componente tradizionale della dieta, cioè quel liquido che permetteva di lenire la sete dopo il faticoso lavoro nei campi, che apportava forti input energetici, o la bevanda di accompagnamento ai pasti, ma viene ritenuto sempre più un piacere di cui godere lontano dai pasti nell'ambito delle occasioni sociali e conviviali149. Quindi il vino non è più considerato un prodotto di prima necessità, ossia che deve soddisfare i bisogni primari, di sopravvivenza o fisiologici (come la fame o la sete), ma è diventato, piuttosto, un bene voluttuario, che si consuma in risposta a dei bisogni di appartenenza sociale, di riconoscenza e di stima (Maslow 1943) sulla base di motivazioni di tipo edonistico. Tuttavia l’approccio al vino da parte delle “vecchie” generazioni è tuttora ancorato al modello di bevanda quotidiana, mentre all’opposto quelle “nuove” si avvicinano al vino da diverse direzioni. In Italia e nei principali Paesi tradizionalmente produttori i consumi di vino in termini quantitativi sono in continua e progressiva diminuzione, ma registrano una significativa riallocazione in termini qualitativi ed economici150. Negli ultimi anni il consumo di vino è diminuito sensibilmente; a partire dal 1985 è passato da 75 litri pro-capite ai 48,2 nel 147 PASTORE R. (2002), Il marketing del vino e del territorio: istruzioni per l’uso, Franco Angeli, Milano p.73-75 148 ZAMPI V., MATTIACCI A.(2004), Brunello di Montalcino: how a typical wine could revive a poor country village, British Food Journal n.10/11 149 NOMISMA, TAGLIACARNE, UNIONCAMERE (2007), Rapporto sul settore vitivinicolo 2007, Roma. 150 Ibidem 89 2008151. Inoltre la quota di non consumatori è notevolmente aumentata raggiungendo il 33% della popolazione totale con più di 14 anni. Il consumo regolare non coinvolge più del 26% dei consumatori e la quota dei consumatori occasionali è arrivata a rappresentare, nel 2006 il 41% del totale152. I comportamenti di acquisto e consumo sono la conseguenza dell'insorgere nell'individuo di necessità o desideri che ritiene di voler soddisfare. Perciò è essenziale capire quali siano le motivazioni, e quindi le esigenze che il cliente intende appagare, che spingono un soggetto ad acquistare del vino. E' possibile associare il consumo di questa bevanda a tre fondamentali ordini di esigenze, individuando tre funzioni che il vino può svolgere per il consumatore (ossia i benefici che possono motivarlo all'acquisto)153: la funzione alimentare, il vino può soddisfare esigenze di tipo alimentare in quanto può dare dei contributi alla nostra dieta, sia in modo diretto, ovvero attraverso l'assunzione delle sostanze in esso presenti (il vino può apporta acqua, calorie, sali minerali, acidi, tannini, ecc.) o in modo indiretto, ossia come elemento capace di interagire con gli altri alimenti che possiamo assumere (di solito è una bevanda che fa da accompagnamento al cibo, procurando effetti quali stimolare dell'appetito, dissetare, modificare la digeribilità delle sostanze contenute negli alimenti); la funzione psicotropa, il vino è una delle bevande che, contenendo alcol etilico, ha la capacità di provocare stati di alterazione psichica (che può andare dalla leggera ebbrezza alla vera e propria ubriachezza) e questo, nel bene o nel male, rappresenta una motivazione che può spingere il consumatore all'acquisto del prodotto. Il desiderio di 151http://www.winenews.it 152Secondo un' indagine commissionata dal Consorzio di tutela vini Valpolicella ad Astra Ricerche nel 2006 153 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p.236-248 90 provare gli effetti euforizzanti dell'alcol può nascere da necessità o vizio (quando vi è una dipendenza psico-fisica da questa sostanza), oppure per piacere (ad esempio, per dare vivacità a situazioni conviviali); la funzione edonistica, il vino è capace di procurare un appagamento sul piano sensoriale e/o psicologico-sociale, quindi il consumatore è spinto ad acquistarlo per apprezzare le caratteristiche qualitative e organolettiche del prodotto, oppure per soddisfare esigenze di natura psicologica legate essenzialmente alla propria sfera interiore, o per appagare desideri di convivialità, di rispetto di un rituale, di comunicazione, di appartenenza (come elemento di distinzione o come moda), di ostentazione. Per meglio comprendere chi sono i consumatori di vino, quali sono le loro caratteristiche e per tentare di determinare i loro bisogni e le loro abitudini di acquisto, è necessario segmentare il mercato in categorie di clienti. Questo approccio consente ad un'azienda vitivinicola di scegliere a quale target di clienti rivolgersi e conseguentemente adattare il proprio marketing mix e quindi di proporre prodotti, prezzi, canali di distribuzione e comunicazione adeguati alle esigenze di questi clienti154 In uno studio condotto dalla società Solving Efeso nel 2008 su oltre cento Paesi del mondo, nel mercato dei bevitori di vino vengono individuati quattro segmenti: basic, fun, degustazione, art. I gruppi di consumatori sono stati isolati in base alle loro attese, ai loro comportamenti e alle loro motivazioni e per ciascun segmento sono state quantificate la domanda mondiale e la tendenza del mercato (Fig.3.2). Questo ha permesso di capire che il vino riveste una funzione differente in ogni segmento155. I bevitori basic associano il consumo di vino all'alimentazione, lo 154 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali, la distribuzione, Edagricole, Bologna, p.12-14 155 SOLVING EFESO (2008), Degustatori di vino o bevitori?, in Largo Consumo, n.10 Largo Consumo, Milano, p.127 91 considerano un alimento che soddisfi un bisogno nutrizionale oppure, per abitudine, una bevanda essenziale per accompagnare i pasti. Questi consumatori coprono il 20% del mercato, hanno più di 50 anni, acquistano vini a prezzi bassi direttamente dal produttore o dalla grande distribuzione. I consumatori fun attribuiscono al vino una funzione sociale, lo considerano un elemento di distinzione e di tendenza. Questi bevitori rappresentano il 55% della domanda mondiale di vino, hanno un'età compresa fra i 25 e i 35 anni, danno importanza al fattore prezzo del vino, acquistano questo prodotto direttamente dal produttore, dalla grande distribuzione o in enoteca. Il 20% dei consumatori di vino appartiene al segmento degustazione, associano a questa bevanda una funzione sensoriale, fatta di caratteristiche gustative e di particolarità organolettiche, ricercano una dimensione culturale, infatti sono molto interessati al legame tra il vino e il suo territorio di origine. Sono bevitori che hanno più di 30 anni, ricercano la particolarità, infatti amano sperimentare vini, autonomamente, anche presso piccole imprese artigianali, danno importanza al rapporto prezzo/piacere e acquistano solo direttamente dai produttori. L'ultimo è il segmento art, costituito dal 5% dei consumatori che hanno un'età superiore ai 40 anni. Questi bevitori desiderano che il vino gli faccia vivere un'esperienza sensoriale appagante e quindi si aspettano che questa bevanda apporti loro forti sensazioni ed emozioni. Acquistano vino soprattutto in enoteca ed apprezzano le produzioni artigianali come uniche. Il segmento degustazione è quello che evidenzia i maggiori potenziali di crescita, quello art rimane stabile, mentre per i consumatori dell’area fun si attende una crescita media. Invece il segmento basic, nonostante detenga ancora il 20% del mercato è strutturalmente in calo. Grazie all'analisi delle dinamiche di trasferimento della domanda è possibile evidenziare che il segmento degustazione attrae sempre di più i consumatori dell’area fun e art, segno che il mercato mondiale del vino dovrà sempre di più in futuro 92 legarsi al territorio, creando prodotti dalle caratteristiche molto marcate. In Italia assistiamo ad un vero e proprio passaggio “generazionale” nella segmentazione del mercato del vino. Le nuove generazioni di consumatori si affacciano al mercato partendo dall’area fun per poi spostarsi successivamente a quella della degustazione, non toccando mai l'area basic. Secondo il vicepresidente di Solving Efeso, Luigi Serravalle, “Il mercato del vino, se vuole rimanere competitivo in una situazione di calo generalizzato della domanda, deve disinvestire al più presto dal segmento basic, quello più legato ai consumi abitudinari e familiari. Un’idea di vino come prodotto legato alla sensorialità è la carta vincente dei prossimi anni156”. Figura 3.2 – Segmentazione del mercato dl vino BASIC 20% decrescita FUN 55% crescita media DEGUSTAZIONE ART 20% 5% forte crescita stabile Funzione Alimentare Sociale Sensoriale Core Target - Età > 50 anni - Bisogno nutrizionale/a bitudine - Età 25-35 anni - Età > 30 anni - Età > 40 - Stile: tendenza - “Sperimentatore” anni sociale, autonomo - Edonista importanza dell'immagine Attese Ricerca di un Ricerca di uno R i c e r c a d e l l a completastandard e di un particolarità e di un mento carattere gusto specifico alimentare universale di un gusto - V e n d i t a - GDO Tipologia di commercializza- diretta presso - intermediari i produttori zione - GDO Culturale Eccezional e attesa di emozioni e sensazioni Vendita diretta presso i - Intermeproduttori diari - Ve n d i t a diretta presso produttori artigianali Fonte: nostro adattamento su Solving Efeso (2008) 156 SOLVING EFESO (2008), Degustatori di vino o bevitori?, in Largo Consumo, n.10 Largo Consumo, Milano, p.127 93 Secondo un'analisi presentata al Vinitaly 2008, sempre più determinanti a definire gli stili di consumo di vino sono le donne ed i giovani. Per quanto riguarda le donne si stima infatti che quasi la metà del fatturato ottenuto dalla vendita di questa bevanda in Italia sia dato proprio dal mercato femminile (sarebbe di ben 3 miliardi di euro il valore del consumo femminile su un totale italiano di 6,2 miliardi di euro). L’età d’ingresso al consumo di vino per questo cluster attorno è ai 20 anni (mentre per i maschi si ha dopo i 30 anni). Le donne apprezzano e riconoscono il buon vino ma al contrario di quello che comunemente si pensa, e sebbene siano tra le più forti consumatrici di spumanti, la donna ama particolarmente i vini fermi e secchi, i vini rossi, i vini maturi e strutturati. Riguardo ai rossi sono molto sensibili al legame con il territorio d'origine. Hanno una forte propensione all’apprendimento delle tecniche di degustazione, sono infatti le protagoniste del boom dei corsi di degustazione. Bevono vino per piacere e lo vedono come elemento di socializzazione, il 32 % delle donne si dichiara pronta a bere una bottiglia di vino in compagnia delle amiche. Attualmente mostrano maggiore indipendenza di giudizio nello scegliere il vino, non si fanno più guidare dagli uomini nella scelta della bottiglia al ristorante157. Per quanto concerne il mondo dei giovani, l' 82% di essi dichiara di avere una forte propensione di acquisto di vino, lo consumano di preferenza come aperitivo o come elemento di aggregazione158. Prevalentemente si orientano su vini rossi, strutturati, di territorio e sembrano poco attratti dai vini che provengono dal Nuovo Mondo. Sono consumatori che non bevono abitualmente, hanno frequenza di rapporto con il vino che va da una a tre volte a settimana e consumano più frequentemente vini riconoscibili. Il prezzo è una relativa barriera: il loro consumo si orienta soprattutto su bottiglie che hanno un “nome” o che fanno tendenza, purché abbiano un concreto rapporto con la territorialità. Di preferenza bevono i vini della loro 157 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business e del turismo in cantina, Agra Editrice, Roma p.141 158http://www.enotime.com 94 regione di appartenenza, sono comunque propensi all'esplorazione. L’universo giovani può essere diviso in due clusters: da una parte i cosiddetti “bevitori”(o “amanti del bere), cioè che assegnano al vino un valore culturale e si caratterizzano inoltre per una ripetuta frequenza di consumo del vino durante la settimana (per il 55% almeno una volta nella settimana), dall’altra ci sono i “degustatori”, hanno un approccio al vino più caratterizzato da valenze edonistiche, lo consumano per piacere, in quanto tale bevanda “dà più gusto alla vita” e accompagna la scoperta di nuovi sapori e hanno una frequenza di consumo elevata (61,3% almeno una volta nella settimana),159. I due cluster trovano accordi su diversi aspetti: il luogo di acquisto principalmente utilizzato è il supermercato, seguito in entrambi i casi dal ristorante, anche le enoteche, ma soprattutto i wine-bar sembrano rivestire un'importanza considerevole160; il formato di acquisto più frequente è la bottiglia. Per quel che concerne la percezione del prezzo medio del vino in relazione ai due luoghi principali d’acquisto (l’enoteca e il supermercato), si riscontra un valore più alto nel caso dei degustatori rispetto agli amanti del bere. A testimoniare il successo del vino tra i giovani è anche la crescente domanda di approfondimento in corsi di degustazione, ma anche master universitari indirizzati alla conoscenza del concetto più ampio di ruralità. La fascia d’età d’ingresso nel consumo del vino, anche per i giovani, è stimata attorno ai 20 anni e soprattutto gli studenti universitari amano. I maschi adulti restano comunque i principali consumatori, ma per loro il consumo di vino è meno dettato da spinte emotive e conoscitive, quanto piuttosto dall’abitudine. 159 MATTIACCI A., CECCOTTI F., DE MARTINO V. (2006), Il vino come prodotto cognitivo: indagine esplorativa sui comportamenti giovanili, V Convegno internazionale “Le tendenze del marketing”, Venezia 21-22 Gennaio 2006 160 Nuova tipologia di canale di distribuzione in cui la modalità di consumo è on-premise, ovvero che ha luogo nel punto vendita e di solito acquistando il vino al bicchiere. 95 3.3 Il marketing mix del vino Dopo aver effettuato la segmentazione del mercato dei consumatori di vino e aver scelto il segmento di clientela al quale rivolgersi conseguentemente sarà necessario posizionarsi sul mercato in modo chiaro, in funzione delle esigenze dei clienti e distinguendosi dalla concorrenza. Sarà necessario allora avere un marketing mix del vino coerente: un prodotto, un prezzo, un canale di distribuzione, una comunicazione. La prima leva operativa del marketing mix del vino è quella del prodotto. Per il cliente il prodotto vino è costituito principalmente (Fig. 3.1)161: dalle caratteristiche tecniche ed organolettiche del vino (la specifica varietà, la vinificazione, la gradazione, l'annata, gli aromi, ecc.); ogni cliente ha una percezione propria di tali caratteristiche, del colore del vino, degli aromi e del gusto ed è tale percezione che permetterà al cliente di decidere; il suo packaging (la forma, il formato e il colore della bottiglia, l'etichetta e la contro-etichetta, la capsula e il tappo, l'imballaggio, la marca); questo strumento permette comunicare un'immagine coerente con il posizionamento prescelto e la clientela cui si rivolge; il nome e la storia; questi sono elementi fondamentali per differenziare un vino, in quanto sono capaci di ricondurlo ad una dimensione affettiva e di raccontarlo con la sua quota di sogno; i servizi associati al prodotto (quelli legati al turismo, come ad es. la visita della cantina, la degustazione del vino in compagnia del produttore, percorsi all'aperto, ecc., o quelli relativi alla facilità di trasporto, come la consegna a domicilio o sul luogo di lavoro, la possibilità di ordinativi cumulativi, ecc.); questi servizi divengono fattori di differenziazione. 161 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali, la distribuzione, Edagricole, Bologna p.33-43 96 Figura 3.3 – Il prodotto “vino” nel marketing VINO PACKAGING Caratteristiche tecniche Bottiglia forma, formato, colore ed oraganolettiche Nome e storia SERVIZI ACCESSORI - varietà - gradazione - annata Consegna Marca - aromi - ecc. Imballaggio Etichetta Contro-etichetta Altri servizi Fonte: Rouzet e Seguin 2004 La seconda leva operativa del marketing del vino è il prezzo. La filiera del vino è molto sensibile alla variabile prezzo, in quanto è considerato come uno degli elementi fondamentali nelle decisioni d’acquisto. Esso viene utilizzato come indicatore della qualità quando non sono disponibili sufficienti informazioni per valutare il prodotto e nelle situazioni di rischio. L’acquisto dei prodotti meno cari riduce il rischio finanziario, mentre un prezzo particolarmente elevato tutela dalla scarsa qualità. Ci soffermeremo principalmente sul prezzo che ci permette di posizionare il prodotto, sul prezzo che valorizza la qualità del vino (che comunque comprende il prezzo di costo). E' necessario che le aziende vitivinicole scelgano un prezzo di vendita in funzione della clientela target, della scelta del posizionamento voluto ed in funzione dei prezzi concorrenti presenti sul mercato. Per determinare il prezzo di vendita è allora indispensabile tenere conto di tre variabili: la domanda, la concorrenza e il prezzo di costo. Si tratta in questo 97 caso di determinare il prezzo psicologico che il cliente target è disposto a pagare per acquistare un vino162. I clienti interpretano il prezzo in base ad una forbice di accettabilità e in una forbice prezzo minimo-prezzo massimo e associano sistematicamente un prezzo elevato ad un simbolo di qualità. Nel caso di un mercato di lusso più un prodotto è costoso, più si vende (effetto Veblen). L'importante è dunque determinare quale è la forbice adeguata al target individuato e quindi il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per quel vino. Fra i prezzi psicologici, ovvero prezzo tondo (prezzo che si presenta in cifre intere come 5 euro, 10 euro, 50 euro,...) che è un tipo di prezzo che non valorizza il prodotto, in quanto fa percepire il vino al consumatore come troppo caro o non abbastanza costoso e quindi viene associato inconsciamente a cattiva qualità), prezzo aggressivo (ad esempio 3,38 euro, 5,59 euro, 10,71 euro , principalmente usato nella grande distribuzione) e prezzo rassicurante (prezzo con dei decimali terminanti per 0 oppure per 5 come 3,25 euro, 4,75 euro, 7,30 euro) quest'ultimo risulta essere il migliore da applicare al prodotto, in quanto permette di fissare le soglie minime e massime accettabili per ogni canale di distribuzione, ma soprattutto è un prezzo che associa immediatamente a qualità al vino, senza ingenerare nel consumatore una riflessione del tipo “è caro”, “non è caro”163. Secondo i ricercatori di Nomisma le tasse e il costo della rete distributiva incidono per il 60% sul prezzo finale di una bottiglia di vino, mentre la produzione agricola vi incide per il 10% e la trasformazione industriale per il 30% (Fig. 3.4). Questo valore medio a livello mondiale corrisponde più o meno a quanto avviene in Italia: il prezzo originale di questa bottiglia poi si raddoppia in enoteca e addirittura si triplica al ristorante. Il caso limite è quello del consumo “al bicchiere”, in cui si associa alla comodità da parte 162 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali, la distribuzione, Op.cit., p.43 163 CINELLI COLOMBINI D. (2007), Il marketing del turismo del vino: i segreti del business e del turismo in cantina, Op.cit., p.104 98 del consumatore di poter consumare a prezzi in genere accessibili dei vini di notevole qualità la possibilità per il rivenditore di praticare un ricarico sulla singola bottiglia che può arrivare a livelli veramente elevati. Figura 3.4 – Ripartizione del prezzo di una bottiglia di vino a livello mondiale 37% 23% Distribuzione e servizi Imposte e tasse Produzione agricola Trasformazione industriale 10% 30% Fonte: Nomisma (2003) La terza leva del marketing del vino è la distribuzione. Anche la scelta dei canali di distribuzione dipende dalla clientela mirata dal posizionamento scelto, dalle diverse situazioni locali in cui si trovano le imprese, dalle diverse linee di prodotto. I principali sono: - la vendita diretta (nell'azienda individuale o nel punto vendita presso la cooperativa); questa modalità di distribuzione è la più diffusa nel mondo vitivinicolo in quanto permette un contatto diretto ed esclusivo fra produttore e consumatore finale proprio nell'azienda stessa. Ovviamente richiede da parte dei produttori capacità specifiche sia per organizzare che per gestire l'attività dell'accoglienza, la presentazione dei prodotti, la degustazione-vendita; 99 - le enoteche e il dettaglio; coprono circa il 20% della distribuzione del vino in Italia164. Rappresentano una vetrina per la vendita dei prodotti e basano la loro attività commerciale sul consiglio diretto, ciò permette di proporre al cliente una cultura del vino molto affascinante. Le enoteche e i negozi di gastronomia dedicano particolare attenzione all'assortimento: la loro offerta è caratterizzata da ampie gamme di vini e superalcolici e sono perennemente alla ricerca di ampliare e sviluppare questa gamma al fine di soddisfare una clientela fidelizzata o in via di fidelizzazione; - la grande distribuzione, rappresenta il canale di vendita più importante per la commercializzazione del vino in Italia, infatti nel 2007 più del 60% del vino imbottigliato è stato venduto tramite la Gdo 165. La grande distribuzione sta sviluppando marche proprie e specifiche e sta aggiungendo ai suoi assortimenti anche vini di una certa qualità. Le grandi insegne, da qualche anno, con l'evoluzione delle politiche di acquisto, hanno deciso di attuare contrattazioni dirette con i produttori di vino, eliminando gli intermediari. I distributori mettono in opera i mezzi necessari per attirare la clientela, allestendo in maniera attraente gli scaffali dei prodotti vitivinicoli, attraverso stand di degustazione o facendo gestire il reparto vini e alcolici da specialisti con il fine di ottimizzare la relazione con il consumatore; - il circuito HO.RE.CA (hotel, ristoranti, caffè), rappresenta una quota importante della commercializzazione dei prodotti viticoli, infatti più del 20% dei pasti principali sono consumati dagli italiani al di fuori del domicilio; in questa categoria rientrano i ristoranti, i bar, gli alberghi, gli agriturismi e i wine-bar; - la vendita per corrispondenza, tramite le riviste, questa forma di vendita diretta del vino ha conosciuto un buon successo ma è oggi in concorrenza con quella su Internet, resta comunque importante per le società specializzate e apporta una supplementare opportunità di vendita 164Fonte Ismea – Sistemi di distribuzione del vino nel 2001 165Ricerca IRI Infoscan 2008 per Vinitaly 100 alle aziende o alle cooperative che la praticano; - i l commercio on-line; i produttori di vino possono assicurarsi direttamente l'immissione sul mercato dei propri prodotti grazie alla creazione di un sito Internet. Questo approccio consente, grazie alle numerose opportunità di informazioni sulle aziende, sui vigneti, sugli elementi tecnici legati al vino, alla clientela la conoscenza oggettiva necessaria all'acquisto; - le esportazioni, rappresentano un terzo degli sbocchi dei vini italiani e i primi tre paesi clienti dell'Italia sono la Germania (volume del 33%), la Francia (17%) e gli Stati Uniti (12%). L'ultima leva operativa è la comunicazione, che è una componente essenziale del marketing mix del vino. Essa permette al cliente di visualizzare, conoscere e percepire i messaggi elaborati dal marketing mix. Ognuno degli elementi che compongono l'impresa sono potenzialmente dei mezzi di comunicazione: il prodotto, la marca, il personale, la pubblicità, le opinioni espresse dalla stampa specializzata, i punti vendita e gli eventi, sono tutti fattori che contribuiscono a determinare la percezione dell'offerta aziendale da parte del cliente166. Prima di prendere in considerazione la comunicazione esterna all'azienda, ovvero quella di filiera o di prodotto è importante porre l'attenzione su quella interna. Il personale di un'azienda o di una cantina cooperativa comunica in modo informale con tutto quello che ha intorno, ed è quindi l'ambasciatore dell'azienda stessa. Quindi una buona comunicazione interna genera anche una corretta organizzazione del lavoro in cantina e di conseguenza contribuisce a creare un'immagine positiva dell'azienda vitivinicola. Elementi indispensabili della comunicazione esterna sono i punti d'accoglienza dei clienti (luoghi di degustazione in cui è esposta la gamma completa di prodotti, le schede tecniche del prodotto, i tariffari,...), il nome 166 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 192-199 101 della tenuta e il suo logo-tipo (vengono riportati su tutti i documenti che escono dall'azienda, sui biglietti da visita, sulle etichette, sulla segnaletica esterna, e soprattutto il logotipo è come una firma che permette di essere percepita, memorizzata e riconosciuta), la posta elettronica (permette di comunicare in modo diretto e rapido con i clienti), il sito web (è uno strumento molto utile per la presentazione dell'azienda e dei suoi prodotti, consente di aggiornare costantemente le notizie relative all'impresa). Nel mercato vitivinicolo la finalità della comunicazione è di far conoscere e poi conseguentemente far acquisire notorietà al proprio marchio, di convincere all'acquisto di un determinato vino, nel ricordare l'esistenza e nel rinforzare l'immagine del prodotto e nell'informare circa i nuovi prodotti. Perciò nel settore vitivinicolo la comunicazione è centrata sull'esaltazione dell'immagine dell'azienda attraverso il posizionamento dei prodotti dell'azienda. I mezzi che permettono ad un individuo di riconoscere un prodotto, di identificarlo comparativamente ad altri sul luogo di vendita, di stimolare un interesse e quindi un atto di acquisto immediato o differito devono essere combinati per assicurare il successo della commercializzazione. Esistono due tecniche che facilitano il posizionamento dell'impresa sul proprio mercato: la comunicazione tramite media e quella senza media. La comunicazione mediatica si basa sull'utilizzo della stampa (riviste specializzate o supplementi ai quotidiani nazionali), la radio e la televisione (con programmi dedicati ai vini e alla gastronomia), le affissioni. La comunicazione extra media permette di utilizzare le tecniche complementari come il direct marketing, la promozione delle vendite, le sponsorizzazioni e gli eventi. E' necessario che questa comunicazione sia coerente con i media. 102 3.4 Alcune dimensioni territoriali ed esperienziali nel marketing del vino Il vino è un prodotto complesso, dalle mille sfaccettature, è profondamente legato al territorio, possiede elementi della tradizione territoriale. Per il consumatore, la sua degustazione, la conoscenza della storia, della zona in cui nasce, dei metodi con cui viene prodotto costituisce un’esperienza culturale ed emozionale. Vari autori sono riusciti a definire molto bene questo particolare legame. Lo scrittore e giornalista Paolo Monelli sottolinea il profondo rapporto che esiste fra cibo e natura, fra vino e substrato geologico della terra (il lacrymachristi “denso del fuoco sotterraneo che si cova i vigneti arrampicati sui fianchi del vulcano fra lave nere e ginestre pioniere”)167, ma anche con la geografia regionale, perché c'è relazione fra territorio e abitanti (“lo stesso rapporto che esiste fra il vino e la cultura esiste fra i caratteri prevalenti del vino di una data regione e quelli della gente che abita da secoli la regione stessa”168). Il vino di qualità, di pregio, è uno strumento essenziale per veicolare la cultura di un certo territorio, soprattutto se parliamo di prodotti ad alta valenza territoriale. Il vino ha mille volti e sapori ed è figlio unico e irripetibile di un territorio, nasce dalla terra miracolosa, che ogni anno ripete il suo rito eterno, dall'alchimia magica composta di minerali, luci, acqua e vento e dalla mano dell'uomo. Il terroir influisce sulla personalità e sul carattere del vino e ne determina la diversità. Un calice di vino racconta millenni di storia e le tradizioni della sua terra. Lo scrittore Mario Soldati, infatti, ritiene che il vino sia un qualcosa di mezzo fra l'opera d'arte e l'essere vivente. E' un prodotto quasi artistico, non razionalizzabile né industrializzabile, condizionato dal luogo e dalla terra in cui maturano le 167 MONELLI P. (2005), Il ghiottone errante, Touring Club Italiano p.137 168 MONELLI P. (1971), O.P. ossia il vero bevitore, Longanesi, Milano 103 uve. Il suo sapore, il suo profumo, il suo colore, la sua intensità evocano e raccontano il territorio da cui proviene169. Luigi Veronelli, grande critico enogastronomico, è stato il primo a convincere i produttori Italiani di vino, già negli anni '60, che i grandi vini nascono prima nel vigneto e a fare comprendere l'importanza del terroir, sottolineare le potenzialità e le differenze dei singoli vigneti e dei vari cru170. Ha cercato di dare senso e dignità al vino e ai prodotti della terra e ha tenuto sempre saldo il legame con le cantine, i campi, le aie, quindi con il territorio. Per Veronelli “Il vino è il canto d'amore della terra verso il cielo, basta camminare tra le vigne, bearsi di questo magnifico spettacolo per rendersene conto”. Secondo il critico è necessario imparare a “dialogare” e “ascoltare” il vino, a rivalutarne la dignità e a comprenderne l'anima. Un vino è irripetibile proprio perché contiene anche la storia della terra che l'ha generato.171 Lo scrittore Mario Soldati nel suo libro Vino al Vino scrive che “il colore di un vino dipende dalla luce con cui lo si guarda [...] così e anche di più per il profumo e per il sapore:dipende dal luogo dove ci si trova [...] dipende da come ciascuno si sente in quel momento, dalla giornata, dalla compagnia. Dipende soprattutto dai ricordi che ciascuno chiude in sé stesso: ricordi di altre luci, altri profumi, altri colori, altri sapori, che ha provato in vita sua, ricordi che giacciono indelebili nel suo sistema nervoso”172. Affinché rimanga indelebile nella mente dell'enoturista, l'esperienza deve essere unica, memorabile, straordinaria, deve coinvolgerlo e impegnarlo sul piano personale 173. L'attesa del turista del vino di trasformare la sua vacanza in un'esperienza 169 SOLDATI M. (1969), Vino al vino, Mondadori, Milano p.205 170 Vigneti che riescono a dare vini di eccellente qualità 171 Interessante intervento di Veronelli alla trasmissione di "PER BACCO!" andata in onda il 21 marzo 2002 che è stata raccolta da Francesco Speroni autore e conduttore della trasmissione. 172 SOLDATI M. (1969),Vino al vino, Op.cit. p.697 173 PINE B. J., GILMORE J. H. (2000), L’economia delle esperienze: oltre il servizio, Etas, Milano p.14 104 di vita richiede all'operatore enoturistico l'abilità di far divenire la cantina, l'agriturismo, il ristorante tipico testimone e di messaggero della cultura, della storia e delle tradizioni locali. Questo comporta anche la capacità di interpretare le particolari esigenze dei vari segmenti di domanda e di riuscire a e creare un vero percorso emozionale, che coinvolga tutti i sensi del cliente. Caricare il proprio prodotto di valenze ambientali proprie della comunità locale significa determinare un valore aggiunto al proprio prodotto, realizzando così le attese del turista e facendo vivere il proprio prodotto e tutto quello che vi ruota intorno come un'esperienza da ricordare e da raccontare. Già da tempo si riconosce all'enoturista un interesse che va oltre le sole aziende vitivinicole e i ristoranti di qualità e coinvolge anche la bellezza dei paesaggi e delle opere architettoniche, dei musei e delle altre attrattive turistiche che può trovare in un territorio. In presenza di questa molteplicità di fattori, il prodotto da promuovere, l'oggetto del marketing, non è più il semplice prodotto vino, ma un prodotto-servizio, o meglio ancora, un'esperienza. Chi sceglie di fare enoturismo lo fa per entrare in una nuova dimensione, in un nuovo stile di vita diverso da quello abituale, solitamente molto frenetico. La motivazione che può spinge a passare una giornata o un fine settimana ad andar per vigneti e per cantine è proprio il bisogno di tornare alle origini, di rintracciare il segno di una cultura legata alla terra, di provare a capire e rivivere quali potevano essere gli stili di vita e dei luoghi, magari da cui si proviene. Ad esempio arrivando in un'azienda vitivinicola nelle colline toscane del Chianti ci si aspetta di trovare, oltre alla coltivazione dei vigneti che mostri l'amore per il proprio lavoro e l'attaccamento alle proprie campagne, le strutture architettoniche tradizionali di quei luoghi: una casa colonica in pietra, solida e massiccia, un'aia grande lastricata di larghe pietre quadrate, levigate dall'uso e dal 105 tempo, il granaio con l'impiantito poroso di mattoni, il fienile, la stalla, la cantina e le tinaie. Anche l'arredamento ha la sua importanza. Dovrebbe avere la comodità necessaria per un piacevole soggiorno, ma soprattutto uno stile pertinente all'ambiente: i coppi per l'olio, i fiaschi del vino, la madia dove si conserva la farina e il pane, le sedie impagliate, l'ampollina dell'olio nuovo e l'aceto fatto in azienda. Gli elementi architettonici e l'arredamento, quindi sono tutti aspetti culturali, antropici e paesaggistici che contribuiranno a creare l'identità territoriale di un vino e un'atmosfera indimenticabile. E' quindi importante che un'azienda vitivinicola curi anche gli aspetti che esulano dalle caratteristiche organolettiche del vino, ma ugualmente di fondamentale importanza per creare un'esperienza unica e memorabile. Tutti questi elementi evocano la storia dell'azienda e molte volte anche quella della famiglia che la gestisce. Gli ospiti dovrebbero, dunque essere accolti da qualcuno che appunto conosca le vicende di questi luoghi. E ancor più aneddoti ci saranno da raccontare se queste sono anche le vicende della famiglia. Emerge forte la volontà dei consumatori di conoscere la provenienza, i luoghi di produzione, la storia, la tradizione, le persone che si celano dietro ad un vino. Quindi la componente affettiva e profondamente umana legata alla storia di un vino, il rapporto emozionale che scaturisce dall’incontro con questo, con il territorio, con le cantine, con i vigneti e la passione e il calore degli uomini e delle donne che stanno dietro alla nascita di quel vino particolare, rappresentano una fonte di fascino senza eguali per l'enoturista. Secondo il winemaker Roberto Cipresso “la vera storia di un vino racconta delle condizioni climatiche della stagione in cui è stato prodotto; di quanto tempo è trascorso da quando sono stati piantati i vigneti, o della gente che lavora la terra da generazioni. Quando oggi il consumatore beve il vino, che se ne renda conto o meno, entra in contatto diretto con quella 106 storia”174. Vino e uomo sono una delle coppie più simbiotiche del mondo. Lungo i millenni, generazione dopo generazione, l'uomo ha investito una fatica e una passione così grande nel fare il vino, nel migliorarlo, nell'esaltarne le caratteristiche, tanto che qualche volta ci ha riversato dentro molto di sé stesso. Ecco anche perché, in modo stupefacente, il vino e chi lo fa si assomigliano profondamente. Cipresso sostiene infatti che “uomo e vino sono l'uno lo specchio dell'altro, entrambi vivono, crescono, mutano apparentemente identità e carattere”. “Il vino racconta l'uomo che lo fa e il fascino della profondità della terra”175. 3.5 Valorizzazione territoriale ed esperienziale nel marketing del vino Territorio ed esperienza sono i due elementi che riescono a permettere la valorizzazione del marketing mix del vino. Il marketing del vino è spesso assimilato al marketing territoriale. In effetti prima di vendere una tecnica di vinificazione o una bottiglia, vendere il vino equivale soprattutto a vendere un territorio, un piacere, un sogno, una storia e una tradizione. Ciò è dovuto all'organizzazione della filiera attorno al concetto di denominazione d'origine e alla forte correlazione fra territorio e tipicità di un vino. Ad esempio vendere il Brunello di Montalcino, è più che altro vendere l'immagine del paese di Montalcino che non il vitigno Sangiovese176. Tutto può essere copiato, clonato, riprodotto, falsificato, tranne una cosa: 174 CIPRESSO R., NEGRI G. (2008), Vinosofia, Piemme, Alessandria, p. 6 175 CIPRESSO R. (2006), Il romanzo del vino, Piemme, Alessandria, p.116-131 176 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali, la distribuzione, Op.cit. p.11 107 il territorio, la cultura e il carattere della sua popolazione. Ed è quindi il legame che il vino ha con il territorio, che rende le sue caratteristiche uniche e irripetibili, ed è su questo punto di forza che è necessario puntare per competere a livello mondiale. E' sbagliato infatti pensare che il vino derivi soltanto dal vitigno con il quale viene prodotto, ma invece nasce da un mix di tre fattori: i fattori naturali immodificabili (l’ambiente naturale, il clima, il suolo, il microclima, il paesaggio); i fattori naturali modificabili, nel senso di scelti dall'uomo (la varietà coltivate da un certo lasso di tempo in quel territorio), infine, fattori più direttamente culturali (il tipo di viticoltura, i sistemi di allevamento, i modi di vinificazione e di affinamento, gli stili eccetera). Il territorio esprime così un’identità, complessa ma riconoscibile. E quindi un vino di un territorio è un vino che ha caratteristiche tali da rendere riconoscibile la specifica personalità di una zona177. Luigi Veronelli è stato il primo a sottolineare l'importanza del recupero delle varietà dei vitigni autoctoni, a insistere sulla necessità assoluta di selezionare le uve nel vigneto, fare comprendere l'importanza del terroir, sottolineare le potenzialità e le differenze dei singoli vigneti e dei vari cru, è proprio qui infatti che un vitigno nasce e da il meglio di sé. Il cru è un termine francese difficilmente traducibile in italiano (come del resto il concetto di terroir) con il quale si intende un vigneto caratterizzato da un terreno, un microclima ed uno o più vitigni che, nel corso degli anni dà sempre prodotti di grande qualità. Il vino porta un nome che è sempre un nomen loci, non una generica indicazione, ma una precisa localizzazione geografica. Non a caso il vino è così strettamente connesso al suo territorio da esserne sinonimo. Si tratta di una completa identificazione tra vino e il luogo in cui nasce. Ne sono due esempi lo Champagne che ha preso il nome dalla regione francese Champagne,e così in Italia per lo spumante Franciacorta che ha preso 177PERULLO N. (2007), Vino e territorio, Slowfood, Slowfood Editore, Cuneo 108 quello della zona collinare fra il Lago d'Iseo e Brescia. Ognuno è l'espressione del proprio terroir, nonostante siano entrambi prodotti con le stesse uve (Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero), infatti lo Champagne può esistere solamente nella Champagne, il Franciacorta può esistere solamente in Franciacorta. Il vino non è solo una fredda scheda tecnica che include componenti chimiche, indici di acidità, misure di vario genere come grammi, litri, gradi alcolici o un lungo elenco di aromi e di sentori ma è un prodotto che racconta una storia, una tradizione, ma soprattutto un territorio e offre in chi lo beve varie sensazioni a seconda dei momenti della vita che accompagna178. Secondo quanto abbiamo potuto precedentemente notare (§ 3.2), il consumo di vino e’ oggi legato soprattutto a uno stile di vita, diventa veicolo di aggregazione ed i consumatori di questa bevanda richiedono sempre più che il vino sia legato alla sensorialità, che possa apportare loro forti emozioni. Allora è necessario che le aziende vitivinicole si orientino in questa direzione. Sono indispensabili le emozioni per attirare il consumatore e, ancora di più, per mantenerlo e fidelizzarlo nel tempo. Diventa pertanto una priorità assoluta creare e far vivere al consumatore un'esperienza memorabile, è questo che poi permetterà di far ricordare un vino. Infatti ad esempio ascoltare dopo anni una canzone può darci delle emozioni perché ci fa ripensare ad un periodo della nostra vita. Lo stesso vale per il vino: le sensazioni che proviamo quando lo beviamo, rendono vivo il nostro ricordo, ci portano a far riaffiorare nella nostra mente esperienze vissute precedentemente, ci evocano i territori di quel vino, che nel passato abbiamo visitato. Le imprese devono cercare di coinvolgere il consumatore emotivamente, personalmente e fisicamente.(Pine e Gilmore, 2000; Scmitt, 1999). A questo proposito, possiamo portare l'esempio di un'iniziativa, che riscuote ogni 178 CIPRESSO R., NEGRI G. (2008), Vinosofia, Piemme, Alessandria p.5-6 109 anno molto successo, ovvero Benvenuta Vendemmia179. Le aziende agricole che vi partecipano sono capaci di organizzare un'esperienza unica per i propri ospiti. Nel periodo della vendemmia tali aziende accolgono i visitatori e permettono loro di vivere da vicino e di partecipare attivamente alle fasi iniziali della vinificazione: prima alla raccolta nei filari, in cui possono osservare i precisi gesti dei vignaioli mentre recidono i grappoli ormai pronti, poi al rito della pigiatura in cantina. Questo è il sogno e l'esperienza memorabile di ogni consumatore di vino: cogliere l'occasione unica di vivere le atmosfere, respirare gli aromi, interpretare i colori della vendemmia e di immergersi nell'art de vivre di questi territori, e delle persone che vi vivono. Possiamo citare anche un altro esempio quello dei wine-bar. Il wine-bar sta acquistando livelli crescenti di gradimento da parte di molti consumatori di vino, rappresenta infatti una formula nuova e diversa di distribuzione, che viene associata nella percezione dell’acquirente, non più solo ad aspetti meramente funzionali, ma soprattutto edonistici180; un wine-bar, non si limita a vendere il prodotto vino, magari abbinato al prodotto “tagliere di formaggi e salumi tipici”, ma aggiunge a questi prodotti anche la cura della relazione con il cliente, dell'ambientazione, la creazione di atmosfere calde grazie alla musica di sottofondo, alle luci di candela, i particolari bicchieri utilizzati, ecc. Il marketing mix del vino si arricchisce quindi di tanti altri elementi che insieme formano l'esperienza del consumatore. Anche la creazione e la progettazione di uno stand di vendita da parte di un'azienda vitivinicola, può costituire un vero e proprio “plus”. Sia che si trovi presso l'azienda, sia nella cantina di vinificazione, l'importante è che sia piacevole e coinvolgente, facendo leva non solo sulla dimensione sociale, ma anche sui molteplici attributi multisensoriali che possono caratterizzare l’ambiente di vendita. Il consumatore di vino pensa 179Abbiamo già in parte parlato di questa manifestazione enologica nel paragrafo 2.7 180 ZAMPI V. (2003), Wine management, Op.cit., p. 213 110 all'acquisto delle bottiglie come un momento atteso e qualificante della sua esperienza in cantina. Spesso le cantine vengono trasformate da architetti e decoratori in luoghi di degustazione in cui si intrecciano cultura vinicola e territorio181. Il consumatore, nel rapporto più frequente col vino, e salvo le debite eccezioni, non vuole comprare una zona, o un nome di una tipologia di vino, ma cerca, nella fascia di prezzo prescelta, un gusto, una sensazione, ed anche il miglior abbinamento possibile ad un determinato piatto. Dunque è necessario che le imprese riescano a valorizzare l'esperienziale del consumatore, sia quello vissuto direttamente a contatto con la cantina, il vigneto, i vignaioli, sia quello tramandato, ovvero tramite riviste specializzate, guide enogastronomiche, programmi televisivi incentrati sui vini e la gastronomia. Soprattutto riviste come Slow Food e il Gambero Rosso infatti hanno diffuso l'interesse per la cultura del vino anche ai meno esperti e si sono fatte interpreti di un modo di intendere il mondo del cibo e del cibo volto a recuperare il piacere della tavola, del bere e della scoperta o della riscoperta di quanto di meglio vi sia in questo campo. 181 ROUZET E., SEGUIN G. (2004), Il marketing del vino. Il mercato, le strategie commerciali, la distribuzione, Op.cit., p.11 111 CONSIDERAZIONI FINALI Giunti al termine di questo lavoro vorremmo concentrarci su due punti che meriterebbero un ulteriore approfondimento : il primo riguarda l'organizzazione degli attori del sistema territoriale ed il secondo la valorizzazione dei vini autoctoni e di quelli tradizionali. E' importante che le comunità locali e le loro amministrazioni valorizzino in modo mirato le specifiche vocazioni del proprio prodotto territorio, i punti di forza di un'area. Il territorio come abbiamo potuto vedere, offre molteplici spunti che permettono la sua valorizzazione: risorse ambientali, storiche e culturali che possono essere sfruttate per incrementare il numero di visitatori, turisti o consumatori in base al contesto. Per mantenere la competitività del nostro sistema enoturistico occorre puntare alla qualità, per raggiungere questo scopo gli attori delle Strade del vino devono attuare strategie e investimenti sull’offerta. Si dovrebbero creare quindi delle sinergie che derivano dall’attivazione del circolo virtuoso tra turismo, commercio e territorio. Per vincere le sfide della globalizzazione gli attori di uno specifico territorio devono quindi lavorare sulla qualità, sui territori, sul modello organizzativo del sistema territoriale. E' essenziale che i soggetti pubblici e privati creino delle sinergie ed è importante che ci sia la volontà e la convinzione da parte di tutti a collaborare per creare un'immagine positiva del territorio. Sarebbe opportuno che tutte le aziende vitivinicole, le associazioni di categoria, le provincie ed i comuni, le aziende dell'intermediazione turistica e quelle ricettive si coordinino fra di loro per organizzare dei percorsi turistici del gusto, alla riscoperta della campagna e delle tradizioni. Ogni attore territoriale dovrebbe svolgere un determinato ruolo. 112 Le aziende vitivinicole si dovrebbero accordare fra di loro per garantire degli orari fissi di visita alle cantine in modo che gli enoturisti possano riuscire a fare un tour alla scoperta dell'intero territorio. Le osterie ed i ristoranti tipici dovrebbero far apprezzare la gastronomia del luogo esaltando i vini del territorio attraverso abbinamenti a piatti tipici. Le associazioni di categoria e le istituzioni pubbliche dovrebbero impegnarsi a promuovere il territorio organizzando eventi capaci di richiamare gli enoturisti e che riescano a valorizzare adeguatamente le risorse storiche, culturali e tradizionali del luogo. Sarebbe opportuno che comunicassero queste iniziative tramite giornali, riviste e siti web. Le agenzie di viaggi e gli APT dovrebbero essere capaci di fornire informazioni dettagliate sulle specificità della zona ai visitatori. Per quanto riguarda la valorizzazione dei vini autoctoni e tradizionali dobbiamo tener presenti diversi aspetti. I vini non si rendono competitivi abbassando i costi di produzione, ma incrementando la loro qualità intesa come tipicità ed autenticità, dando risalto a quella parte della produzione vitivinicola che corrisponde all’immagine dell'autenticità e della genuinità, che il consumatore si fa della produzione di vino. In questo contesto risulta quanto mai importante, al fine di sviluppare una viticoltura di qualità, riconosciuta e riconoscibile dal mercato, abbinare alle produzioni “internazionali” prodotti che possano rappresentare le tipicità locali La viticoltura regionale, come quella italiana, ha tra i propri punti di forza una grande ricchezza della varietà di vitigni e dei vini di grande qualità. Il successo della vitivinicoltura italiana è tale in quanto rappresenta in modo percettibile il frutto della sua specificità territoriale e della cultura vitivinicola che nel corso degli anni si è sedimentata. In Italia esiste una molteplicità di vini e territori molto diversi fra loro: si va dalle colline friulane in cui si produce il Tocai, al Trentino con le sue terrazze in cui nascono vini come il Müller-Thurgau e il Teroldego, alla Lombardia con il 113 Valtellina e l'Inferno che sono prodotti alle pendici delle montagne, alle pianure dell'Emilia Romagna che generano il Lambrusco, alla Toscana con le sue colline che producono Chianti, il Brunello di Montalcino, alla Campania con i suoi bianchi Falanghina e Greco di Tufo, all'isola della Sicilia con il Marsala, alla Puglia con il Primitivo di Manduria che beneficia delle brezze del mar Ionio. Questo può sembrare un lungo elenco, ma in realtà è solo una breve citazione non esaustiva di tutti i vini italiani. Sono numerosi i vini italiani che hanno riscosso un vasto successo nei mercati internazionali. Le componenti principali di questo successo sono da ricercare nello stretto legame tra vitigno, territorio e cultura vitivinicola. Risulta allora essenziale individuare quelle varietà autoctone in grado di esaltare l’interazione tra vitigno ad ambiente al fine di tipicizzare sempre più le produzioni vitivinicole e renderle riconosciute e riconoscibili dal mercato. Al fine di accrescere il ruolo commerciale delle produzioni vitivinicole regionali è necessario che le aziende vitivinicole facciano risaltare il valore differenziale delle nostre produzioni enologiche rispetto ai concorrenti. Si dovrebbe promuovere quei vitigni spesso dimenticati che rappresentano un’opportunità per accrescere e differenziare l’offerta rispetto ai concorrenti puntando sul binomio vitigno-territorio. L’aspetto qualitativo, l’interazione tra vitigno ed ambiente, insieme al valore storico culturale delle produzioni enologiche, possono contribuire alla valorizzazione dei territori vitivinicoli Sarebbe necessario cercare di far apprezzare anche gli aspetti più caratteristici della tradizione e soprattutto i vini tradizionali. Nel Chianti alcune aziende sono riuscite in questo intento, ad esempio per quanto riguarda la produzione del Vin Santo DOC hanno mantenuto negli anni l'antico metodo di produzione. Il Vin Santo è fatto con le migliori ciocche delle uve di Trebbiano, San Colombano e Malvasia, stese ad appassire su castelli di stuoie. Una volta spremute, il mosto viene messo ad invecchiare 114 nelle soffitte per alcuni anni, e sottoposto a notevoli sbalzi termici estivi e invernali, nei cartelli di rovere o castagno ed infine imbottigliato. In Italia la cultura e la tradizione vinicola è frutto di centinaia di anni di esperienze, dei microclimi, dei territori che dalle Alpi alla Sicilia sono i più diversi, ma tutti eccezionali. Tutti meritevoli di essere portati a conoscenza di un gran numero di potenziali consumatori. Alcuni sono già riusciti ad essere prodotti di successo e rappresentano l'orgoglio della gastronomia italiana. Gli altri vini dovranno essere valorizzati e per questo sarà necessario l'utilizzo delle azioni di marketing e l'impegno di tutti gli attori di ogni particolare sistema territoriale. Dunque ognuno dei tanti vini tradizionali meriterebbe un approfondimento e uno studio specifico del proprio marketing mix. 115 Bibliografia AIELLO G. , DONVITO R. (2007), L'evoluzione dei network per il marketing territoriale e l'attrazione degli investimenti in Mercati e Competitività, volume 1 n.1, Franco Angeli, Milano. ANTONIOLI CORIGLIANO M. (1999), Strade del vino ed enoturismo:distretti turistici e vie di comunicazione, Franco Angeli, Milano. ANTONIOLI CORIGLIANO M., PASTORE R. (1996), Enoturismo: caratteristiche della domanda, strategie di offerta e aspetti territoriali e ambientali, Franco Angeli, Milano. ANTONIOLI CORIGLIANO M., VIGANO' G. (2004), Strade del vino ed enoturismo: distretti turistici e vie di comunicazione, Franco Angeli, Milano. BELLETTI G. 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