Che ansia! seconda parte

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I MILLE VOLTI DI UNO STESSO DISAGIO
In questo capitolo mi propongo di aiutarti a riconoscere i vari tipi di ansia e di
sapere, in tal modo, se quello che provi è un vero disturbo d'ansia. Talvolta, infatti,
ciò che senti può essere una reazione, più che naturale, ad un evento stressante, che
può risultare tale per qualcuno e non per altri, ma che rientra in un vissuto nella
norma e non patologico.
Per prima cosa passo ad elencare le varie forme in cui si manifesta: il bisogno di
classificare è forte nel pensiero di ciascuno. L'essere umano vuol sempre mettere
ordine nel mondo: elenca, classifica, riordina, schematizza, stila elenchi e prepara
mappe. Un bello schema, una bella mappa , un elenco preciso sono una luce sul
problema.
Non è detto che dare un nome al male di cui soffriamo sia risolutivo, ma è un primo
passo. Certamente per il terapeuta la diagnosi rappresenta il punto di partenza.
Talvolta anche il paziente si sente rassicurato nel dare un nome a quello che poteva
essere un male oscuro, indeterminato, la cui gravità ed incurabilità si tingeva di mille
tinte fosche. Ora so di cosa soffro, se qualcun gli ha dato un nome, avrà anche
pensato ad una cura e non mi resta che scoprirla e seguirla. Ed è esattamente quello
in cui vorrei aiutarti.
L'ansia è un processo psichico con cui la persona reagisce a degli stimoli e segnali
di pericolo fornendo risposte che attivano sia il soma che la psiche. Il corpo manifesta
tachicardia, aumento della pressione e della respirazione; la psiche elabora delle
possibili strategie per evitare il pericolo.
Proviamo ad immaginare di trovarci all'improvviso di fronte ad un animale
pericoloso, pensiamo di veder apparire davanti a noi una tigre che ringhia e mostra i
denti. Nel nostro organismo tutti i sensi si mettono all'erta. Le pupille si dilatano per
far entrare più luce. I polmoni pompano più aria per preparare il corpo al movimento.
Il cuore batte più veloce e più forte per contribuire allo stato d'allerta. I muscoli sono
pronti a scattare perché si verifica un incremento delle loro capacità. La digestione si
ferma per mettere a disposizione tutte le energie. Il flusso sanguigno aumenta nelle
gambe e nelle braccia per favorire la fuga o l'aggressione, mentre nelle mani e nei
piedi diminuisce per impedire la perdita di sangue nelle ferite. La sudorazione
aumenta per mantenere il corpo fresco e scivoloso, quindi meno idoneo ad essere
catturato ed afferrato. Il cervello invoca il messaggio di stare pronti. Le ghiandole
producono adrenalina, il noto mediatore chimico che determina tutti gli effetti
descritti. In parole povere il tuo corpo ti dice : “Combatti o fuggi”.
Naturalmente, oggi è difficile imbattersi in tigri, leoni o simili. Il nostro corpo però
manifesta la stessa reazione anche di fronte le ansie quotidiane tipiche del nostro
mondo: il traffico delle città, il dover parlare in pubblico, arrivare in tempo al lavoro
o ad un colloquio.
Se hai da affrontare un incontro cruciale i sintomi possono intensificarsi ed essere
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molto simili a quelli descritti prima. Possono poi cronicizzarsi e determinare diverse
conseguenze. Si può determinare la depressione del sistema immunitario che aumenta
i rischi di raffreddori e di infezioni. La cefalea cronica può determinare ipertensione
con tutte le conseguenze ad essa collegate. Si possono avere possibili attacchi
d'ansia, ulcere, disturbi digestivi, riflusso gastrico, sindrome dell'intestino irritabile,
spasmi ai muscoli delle gambe, della schiena e delle spalle.
Come spesso accade nel rapporto soma psiche non si sa bene se sia nato prima
l'uovo o la gallina, questi sintomi fisici sono strettamente legati al cronicizzarsi
dell'ansia, ma possono anche favorirne l'origine.
Ti fornisco ora alcuni schemi che possono esserti utili per darti una visualizzazione
pratica del tuo problema e per comprenderne l’entità.
RISPOSTA FISIOLOGICA SANA ALL'ANSIA
attivazione di tutte le funzioni psicofisiche della persona
capacità operative potenziate e disponibili più facilmente per affrontare il problema
RISPOSTA PATOLOGICA ALL'ANSIA
attivazione disfunzionale delle funzioni perché sproporzionate allo stimolo, lo stato di
malessere è forte
riduzione delle capacità operative ed insorgenza di azioni non finalizzate al compito
ed incongruenti nella risposta allo stimolo
Distinguo ora due aspetti dell'ansia che ti consentono di capire se occorre allarmarsi o
solo trovare blandi espedienti per reagire al meglio.
ANSIA DI STATO
Lo stimolo attiva uno stato d'allarme indipendentemente di una personalità ansiosa: in
parole povere ti è successo qualcosa di stressante o doloroso e ti senti inquieto.
Accade un evento realmente pesante, la morte di una persona cara o un cambiamento
di vita, è naturale che tu ti senta sofferente e in forte disagio. In tale spiacevole
situazione, infatti, si dice che si è in uno “stato di ansia”.
ANSIA DI TRATTO
E' una caratteristica permanente della persona, qualunque evento anche minimo crea
agitazione: detto semplicemente vai in ansia per un nonnulla. Non trovi le chiavi
della macchina che sai aver lasciato in casa da qualche parte, sei agitatissimo e credi
che tutto ti andrà male.
Il primo passo che devi compiere è di capire se il malessere che provi è fisiologico,
e quindi si tratta di un'ansia di stato, o è patologico, e quindi si tratta di un'ansia di
tratto.
Per riconoscere i sintomi elenchiamoli e verifichiamo se ci riguardano. Si
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differenziano in tre forme:
pensare ansiosamente
-se hai bisogno sempre di approvazione da parte degli altri e ti preoccupi sempre di
quello che pensano gli altri
-pensi al futuro sempre con pensieri funesti e prevedi sempre il peggio
-ingigantisci sempre gli eventi negativi, tutto è una tragedia!
-sei perfezionista, ogni errore porta al disastro e al fallimento
-fai fatica a concentrarti
-un flusso incontrollabile di pensieri preoccupanti attraversa la mente
effetti fisici
-accelerazione del battito cardiaco
-aumento della pressione cardiaca
-vertigini e capogiri
-stanchezza immotivata
-disturbi gastrointestinali
-dolori diffusi e generali
-tensioni muscolari e spasmi
-eccesso di sudorazione
comportamento ansioso
-qui la parola chiave è evitamento, se sei ansioso eviti il problema, qualunque sia la
causa del tuo disagio, eviti ciò che ti crea fobia. Può sembrarti una buona soluzione,
ma a parte che non sempre ti è possibile, a lungo ti provoca un peggioramento serio.
Dunque, hai letto con attenzione i tre gruppi di sintomi e non ti riconosci in essi, ad
esempio il tuo pensiero non sempre è funesto, qualche volta fai fatica a concentrarti
ma non è costante. Accetti i tuoi errori con un sorriso con la voglia di superarli, senza
impazzire.
I sintomi fisici sono scarsi o legati a dei reali disturbi fisiologici: ad esempio sei
iperteso e quindi la pressione tende ad alzarsi.
Infine , anche se c’è qualcosa che ti crea ansia, non utilizzi tutte le tue energie per
evitarlo. Qui naturalmente dipende dal tipo di forma d’ansia, se si tratta di una fobia
particolare e legata a qualche fenomeno con cui non si convive di solito, l’evitamento
può funzionare, certo che la fobia rimane e si rafforza. Se c’è una paura eccessiva di
una situazione o di una cosa relativamente innocua allora si è di fronte ad una fobia.
Se vuoi vincerla c’è una strategia che puoi usare e che ti spiegherò.
Entro ora nella classificazione dei disturbi d’ansia: per ogni tipo elenco i sintomi, le
terapie principali e la prognosi, cioè in quanto tempo si può uscirne.
Ecco l’elenco preso dal DSM-5 TM ( Manuale diagnostico e statistico dei disturbi
mentali, quinta edizione pubblicato dall’APA, associazione psichiatrica americana):
- Disturbo di ansia da separazione
- Mutismo elettivo
- Agorafobia
- Fobia Specifica
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Fobia Sociale
Disturbo da attacchi di panico
Disturbo d’Ansia Generalizzato
Disturbo d’Ansia Dovuto a una Condizione Medica Generale
Disturbo d’Ansia indotto da Sostanze
Disturbo d’Ansia Non Altrimenti Specificato
DISTURBO DI ANSIA DA SEPARAZIONE
La caratteristica essenziale dell’ansia da separazione è data dall’eccessiva paura o
ansia nelle separazioni da casa o dalle figure di attaccamento. L’ansia eccede quello
che ci si potrebbe aspettare dal livello di sviluppo del soggetto.
DISTURBO DI PANICO
Il disturbo di panico è caratterizzato dalla presenza di attacchi di panico ricorrenti,
improvvisi, seguiti da un periodo di almeno un mese in cui si teme che l’attacco
ritorni o da danni alla salute. Come si identifica un attacco di panico? Devono essere
presenti almeno quattro o più dei seguenti sintomi:
1 palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia
2 sudorazione
3 tremori fini o a grandi scosse
4 dispnea o sensazione di soffocamento
5 sensazione di asfissia
6 dolore o fastidio al petto
7 nausea o disturbi addominali
8 sensazione di sbandamento, di testa leggera o di svenimento
9 sensazione di irrealtà o depersonalizzazione, essere staccati da se stessi
10 paura di perdere il controllo o di impazzire
11 paura di morire
12 parestesie, sensazioni di torpore o di formicolio
13 brividi o vampate di calore
I sintomi per l’Agorafobia sono quelli che qui riporto e che possono presentarsi da
soli o in collegamento con gli attacchi di panico.
- C’è ansia nell’essere in luoghi o in situazioni dai quali sarebbe difficile, o
imbarazzante allontanarsi, o nei quali non sarebbe disponibile avere aiuto. I
luoghi in cui si scatenano sono tipici: essere in casa da soli, essere in mezzo
alla folla o in coda, essere su un ponte, viaggiare in autobus, in treno o in
automobile
- Le situazioni scatenanti vengono evitate, oppure sopportate con molto disagio,
o viene richiesta la presenza di un’altra persona.
Tutti, ogni tanto, proviamo un po’ di panico, se dobbiamo affrontare un impegno
importante, ad esempio, dobbiamo preparare un ricevimento o dobbiamo parlare
in pubblico in una situazione significativa. Per poter diagnosticare un vero
disturbo di panico, si devono avere più eventi ripetuti. Molte persone, infatti,
hanno un solo attacco di panico.
Gli attacchi di panico incominciano con un avvenimento che li scatena e li può
favorire. Ad esempio l’evento scatenante può essere un forte affaticamento o una
variazione fisiologica che determina un forte aumento dell’adrenalina.
La compagna tipica dell’ansia è sempre l’adrenalina, la sostanza del “combatti o
fuggi” capace di darci uno scatto energetico, ma anche di crearci, a vuoto, una
risposta troppo intensa.
La sensazione che si prova è quella di morte imminente, data dai sintomi
provocati dall’aumento esagerato di adrenalina.
La metà circa delle persone che soffrono di attacchi di panico hanno anche il
problema dell’agorafobia. E’ la paura intensa e paralizzante di trovarsi in luoghi
aperti, ampi, estranei o non estranei, specie se affollati, o in situazioni in cui
sarebbe difficile allontanarsi o trovare aiuto. Il disturbo è molto più frequente nelle
donne che negli uomini.
Come curarsi da questo disturbo? La terapia può essere sia farmacologica che
psicoterapica, l’una non esclude l’altra, anzi il trattamento migliore prevede
entrambi. Se la diagnosi è stata fatta da uno specialista, sia psichiatra che
psicoterapeuta occorre intervenire sui due fronti congiuntamente. Il percorso
psicoterapico può essere secondo vari modelli: psicodinamico, comportamentale,
cognitivo o altro ancora.
Per il non addetto ai lavori è più facile scegliere uno psichiatra, fornito anche
dall’assistenza pubblica. Lo psichiatra prescriverà il farmaco più idoneo e seguirà
la somministrazione con visite periodiche e prescrivendo anche analisi di
controllo. E’ vivamente sconsigliata la auto somministrazione di farmaci o la
gestione degli stessi senza il controllo dello specialista. Sarà sempre lo psichiatra
che porterà a ridurre gradualmente il farmaco o i farmaci.
La cosa è più complessa per la psicoterapia: quale modello scegliere e chi
scegliere? Quando si sta molto male si cerca soprattutto qualcuno che sia disposto
ad ascoltarci e ad aiutarci. Come trovarlo? La prima risposta ti dovrebbe
tranquillizzare: la psicoterapia funziona in qualsiasi modello venga declinata, non
c’è la migliore teoria e tecnica. Il suggerimento, solo apparentemente banale e
superficiale, è di scegliere un terapista facilmente raggiungibile e fruibile. Non sai
quanto il percorso potrà durare e con quale frequenza. Nei primi colloqui, ma
anche nello stesso primo colloquio, capirai se la comunicazione funziona se ti
senti ascoltato.
Un altro buon rimedio è fornito dalle tecniche di rilassamento, fra questa il
training autogeno è il metodo più diffuso. Il training autogeno può essere praticato
da medici o da psicoterapeuti.
FOBIA SPECIFICA
E’ caratterizzata da un timore eccessivo ed inadeguato legato all’esposizione ad
uno specifico oggetto o ad una situazione. Le fobie specifiche sono legate a paure
profondamente radicate nella mente umana. Alcune di queste erano più che
giustificabili: i serpenti erano e sono realmente pericolosi, il buio nascondeva tanti
pericoli, gli spazi aperti rendevano più vulnerabili, la vista del sangue era il
segnale di una grave crisi o di una morte certa. Tali timori aumentavano la
prudenza e quindi la possibilità di sopravvivere. Chi era più temerario rischiava di
più.
Oggi sono nate nuove paure come l’aerofobia, paura di volare, o la carcinofobia,
timore di contrarre il cancro, ma sono rimaste anche quelle antiche. Si possono
stilare lunghi elenchi di paure e ciascuno può scoprire di averne una o può
aggiungerne una nuova.
Anche oggi è prudente e utile trattare con prudenza un ragno prima di toccarlo,
anche sotto i nostri cieli. Le paure però possono essere paralizzanti ed immotivate.
E’ razionale e comprensibile aver paura di un Pitbull che ci sta inseguendo con
aria minacciosa, ma paralizzarsi davanti ad un tranquillo barboncino al guinzaglio
della sua padrona può essere il segnale di una fobia.
Il quadro si caratterizza dalla presenza di paura, repulsione, disgusto e di
condotte di evitamento del tutto sproporzionate alla situazione.
Naturalmente la condotta di evitamento può diventare invalidante, se l’oggetto o
la situazione è molto diffusa. Pensiamo alla fobia degli agenti atmosferici, come
lampi, tuoni, vento, oscurità. Chi ne soffre è intimorito a tal segno che rimane
chiuso in casa, in uno stato di costante tensione, nelle stagioni in cui i fenomeni
sono frequenti. Va detto che statisticamente questa fobia insieme con quella del
sangue vanno riducendosi spontaneamente con l’età. Le altre fobie, se non trattate,
restano; la remissione spontanea è del tutto assente nelle varie fobie per animali.
Oggi appare molto disturbante la paura di volare: gli spostamenti in aereo per
turismo, lavoro o studio sono molto frequenti e molti si rivolgono ad uno
specialista per vincere la fobia specifica.
La terapia per le fobie ritenuta più efficace è quella di matrice cognitivo
comportamentale, che inizia l’intervento col far luce sui fattori d’esordio e di
mantenimento del disturbo. Degue poi una fase che tende a sostituire alle strategie
di evitamento forme di esposizione graduale all’oggetto o alla situazione fobica.
Si tratta di un percorso graduale che si configura come una desensibilizzazione
sistematica con esposizioni in vivo o in immaginazione.
Luisa soffre di cinofobia, paura dei cani, non solo ha fatto cattive esperienze
quando era bambina ed è cresciuta in un ambiente privo di cani e di altri animali,
ma ha una istintiva diffidenza nei confronti del mondo animale considerato come
inaffidabile ed imprevedibile. Luisa ha trent’anni e fino ad ora il disturbo non le
ha creato grossi disagi, lavora in un asettico ufficio dove ogni animale è bandito,
ma si fidanza con un energico giovane che, non solo ama gli animali, ma possiede
un simpatico e vivace Cocker inglese, che come è noto ha un carattere molto
affettuoso ed espansivo. Ora il problema si pone in vista anche di una loro
prossima convivenza. Va aggiunto che Luisa pensa di non essere amata
dall’irruento amico. Quando abbiamo paura, il nostro corpo rilascia nell’aria delle
sostanze chimiche, che denunciano paura, attacco o fuga, il cane naturalmente può
annusarle, Inoltre quando siamo spaventati anche il linguaggio non verbale
cambia, il corpo si fa più rigido, quasi immobile, lo sguardo è fisso sull’oggetto
del nostro timore, funziona con animali predatori che vedono solo corpi in
movimento, non con il cane. I cani percepiscono questi messaggi olfattivi e visivi
come un attacco contro di loro. In alcuni casi potrebbero reagire con
comportamenti irruenti, anche se non sono aggressivi.
A questo punto Luisa mi chiede aiuto, non senza scusarsi e vergognarsi per un
problema che lei ritiene sciocco e piccolo, ma che inizia a crearle difficoltà. Già
dopo il primo colloquio emerge che la giovane ha una struttura controllante, rigida
e teme tutto ciò che sfugge alla sua programmazione. La scelta del suo compagno,
più istintivo e libero, rappresenta anche un tentativo di confrontarsi con ciò che
non le è tipico.
Il percorso che le propongo è di matrice cognitivo comportamentale.
Procederemo con una lenta e graduale esposizione all’oggetto cane. Si partirà da
immagini di bambini che giocano con dei cuccioli per proseguire con immagini di
cani piccoli e del tutto innocui, per arrivare sempre con la stessa gradualità ad
avvicinare cani dai cuccioli indifesi agli adulti. In questo caso ho preferito usare
immagini, fotografie ed animali, escludendo gli esercizi di immaginazione. La
scelta dipende dalla personalità e gli aspetti cognitivi della persona.
Luisa sta superando la sua fobia: è riuscita ad accarezzare il gioviale Cocker, che
ora la accetta e la vive come una compagna. E’ probabile che Luisa avrà ancora un
sacro tettore di cani grossi e feroci, ad esempio un pitbull, però forse è una paura
che condivide almeno con me che sono cresciuta con animali e ho sempre avuto
almeno un cane.
FOBIA SOCIALE
E’ un disturbo contraddistinto dalla paura e dall’evitamento in situazioni in cui
l’individuo è esposto al giudizio degli altri per il timore irrazionale di apparire
goffo, ridicolo o di agire in modo inopportuno o umiliante. Non si tratta di
semplice timidezza, facilmente superabile con il tempo e con la progressiva
abitudine a parlare in pubblico o ad incontrare persone nuove.
Il disagio è accompagnato da tremori, sudorazione e vampate di calore,per questi
effetti sono di relativa efficacia i farmaci β-bloccanti, sempre da somministrare da
parte del medico specialista.
Per poterla diagnosticare occorrono precisi criteri, differenti se si tratta di adulti o
di bambini. Per l’adulto occorre che il disturbo sia persistente, invariabile rispetto
alle situazioni, deve durare da più di circa sei mesi in cui si è ripetuta
sistematicamente. La persona riconosce che la paura è esagerata ed immotivata; la
situazione scatenante è evitata o, se sopportata, comporta molta ansia e disagio. I
sintomi interferiscono in modo significativo con il funzionamento lavorativo,
scolastico o sociale. Naturalmente sono da escludere disagi causati da una
condizione medica generale o dall’uso di sostanze psicoattive.
Per i bambini l’ansia deve manifestarsi con i coetanei e non solo con gli adulti
sconosciuti. Inoltre i bambini possono anche non avere consapevolezza che la
paura provata sia eccessiva. Nei piccoli l’ansia si manifesta con pianti, scoppi di
ira, irrigidimento e naturalmente evitamento delle situazioni che li mettono a
contatto con persone non familiari.
La terapia preferenziale è quella di modello cognitivo comportamentale, come
dimostrano anche studi statistici. Naturalmente non sono esclusi altri trattamenti
terapeutici su altri modelli. Secondo la teoria qui prescelta la fobia sociale trova
origine da una struttura di pensiero è caratterizzata da insicurezza e da timore di
apparire inadeguati nei contesti interpersonali. Il soggetto si concentra sui segnali
di inadeguatezza e trascura la situazione sociale, in tal modo nota le sue
manchevolezze esagerandole. In tal modo si alza di più il suo livello di ansia e
teme ancor di più le situazioni sociali. La terapia tende a rompere questo circolo
vizioso che porta ad una maggiore svalutazione della propria condotta sociale.
Si deve modificare l’assetto cognitivo attraverso alcune tappe precise. Si devono
rimuovere gli stili di pensiero che consolidano e accrescono l’ansia. Poi si devono
ridimensionare i giudizi negativi sul proprio comportamento. Si passa poi a
ridimensionare l’ipervigilanza verso i propri segnali di inadeguatezza. Infine si
deve ridurre il comportamento evitante con una esposizione graduale alle
situazioni temute.
Il metodo si basa anche qui sulla desensibilizzazione sistematica, cioè la
progressiva esposizione all’evento ansiogeno, ma anche sull’insegnamento delle
capacità e abilità comunicative verbali e non verbali. Altrimenti si possono
acquisire abilità cognitive da applicare nelle diverse situazioni sociali.
Il percorso può avvalersi di terapia di gruppo, sempre rivolte a ridurre l’ansia e a
favorire la partecipazione. Il gruppo fornisce un contesto più naturale e complesso
proprio in una problematica legata all’interazione.
Antonio ha sempre pensato di essere molto timido e riservato, non ama esporsi
in situazioni nuove o imbarazzanti. Ha scelto un lavoro che lo confina dietro un
computer e che lo fa relazionare solo con poche persone, sempre le stesse. E’
giovane e non ha mai cambiato il suo primo lavoro, un impiego modesto, ma che
lui svolge con dedizione e cura.
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