MERIDIONALIA Direttore Pasquale S Università degli Studi di Napoli “Federico II” MERIDIONALIA La collana . , , si rivolge all’ampio pubblico internazionale degli studiosi di letteratura italiana, declinata in particolare nei suoi rapporti con l’Arte e con le discipline dello spettacolo (Teatro, Cinema). L’intento della collana è stimolare il dibattito letterario sul versante storico–critico attraverso lavori di alto livello scientifico di consolidati esperti accademici e soprattutto di giovani ricercatori in formazione che affrontino, in volumi monografici o in solide edizioni critiche, peculiari aspetti della letteratura italiana e della storia dello spettacolo con approcci metodologici innovativi e nell’ottica del dialogo tra le culture e tra i diversi ambiti disciplinari. I volumi (monografie, miscellanee, edizioni critiche) — anche in lingua straniera, per facilitarne la diffusione internazionale — sono sottoposti ad un sistema di valutazione basato sulla revisione paritaria ed anonima (peer review - double blind). Ogni lavoro sottoposto dall’editore all’attenzione dei Direttori di collana e del Comitato Scientifico, viene consegnato in forma anonima ad almeno a due valutatori specialisti della materia e del metodo, il cui parere scritto — con eventuali suggerimenti ed indicazioni correttive — assieme al giudizio favorevole o sfavorevole, è trasmesso al Comitato Scientifico e ai Direttori di collana mediante un’apposita scheda di rilevazione. I criteri che guidano la valutazione sono: originalità e significatività del tema proposto; rilevanza scientifica nel panorama nazionale e internazionale; coerenza teorica e pertinenza dei riferimenti bibliografici; innovatività e pertinenza dell’approccio metodologico; rigore filologico; compiutezza dell’indagine; proprietà di linguaggio e fluidità dello stile; rispetto delle norme redazionali della collana. I miei più sinceri ringraziamenti vanno al Teatro Stabile di Genova, nelle persone del Sovrintendente dott. Carlo Repetti e del dott. Gian Domenico Ricaldone del Civico Museo Biblioteca dell’Attore, per la cortese fornitura dei materiali di studio relativi agli spettacoli pirandelliani negli anni della condirezione artistica di Luigi Squarzina e Ivo Chiesa. Un ringraziamento particolarmente sentito va anche alla Prof.ssa Silvia Danesi Squarzina, per l’incoraggiamento e il sostegno alla realizzazione dell’opera. Fabio Nicolosi Squarzina e Pirandello Dalla matrice narrativa alla realizzazione scenica Presentazione di Giancarlo Sammartano Copyright © MMXII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: ottobre Alla memoria dei miei genitori Anna Maria e Saverio, di mio zio Mauro Novelli e di Liliana Gatti, di Luigi Squarzina e di Vittorio Gassman, di Lino Micciché e di Winni Riva, senza la forza del ricordo dei quali questo lavoro non avrebbe visto la luce… Pax Vobis 6 Indice 9 Il giorno in cui sapremo studiare con strumenti adeguati la struttura profonda delle rivoluzioni teatrali dovremo probabilmente domandarci se l’affermazione, in una fase di crisi, di una o di un’altra delle componenti del fatto teatrale come elemento-guida o precognitore di una trasformazione non rifletta ogni volta un’intima e oscura riconsiderazione del rapporto storico fra la teatralità costitutiva e fondante dell’essere umano e le epifanie teatriche del vivere comunitario. L. SQUARZINA, Momenti italiani della teatralità A noi basta immaginare, e subito le immagini si fanno vive da sé. Basta che una cosa sia in noi ben viva, e si rappresenta da sé, per virtù spontanea della sua stessa vita. È il libero avvento d’ogni nascita necessaria. L. PIRANDELLO, I giganti della montagna Indice 15 17 Presentazione La Compagnia Teatrale della Règia Accademia D’Arte Drammatica. 1939-1941 di Giancarlo Sammartano 37 Introduzione Ricordando un Maestro *** PARTE I Squarzina e Pirandello 53 Capitolo I Profilo critico di Luigi Squarzina, ultimo grande “leone” del teatro italiano 93 Capitolo II Squarzina e Pirandello. Dall’Accademia al teatro di regia II.1. L’“amore” per Pirandello e l’affermazione registica, 93 – II.2. Un passo indietro. Squarzina studente della Règia Accademia d’Arte Drammatica e Silvio d’Amico, 103. 109 Capitolo III Squarzina e la regia “critica” II.1. Nascita e affermazione del teatro di regia in Italia, 109 – II.2. Squarzina e le coordinate metodologiche della regia “critica”, 124. 11 12 135 Squarzina e Pirandello Capitolo IV Lettura critica e storicistica della matrice narrativa pirandelliana IV.1. Squarzina al Teatro Eliseo, 135 – IV.2. Ma non è una cosa seria: dalla matrice narrativa alla regia “critica”, 137 – IV.3. Gli attori e la critica, 142 – IV.4. Il successo dello spettacolo fra regia “critica” e storicismo, 150 – IV.4.1. Scheda dello Spettacolo, 156. 157 Capitolo V Squarzina e Pirandello al Teatro Stabile di Genova V.1. Premessa, 157 – V.2. Ciascuno a suo modo, 159 – V.2.1. Scheda dello Spettacolo, 191 – V.3. Non si sa come, 192 – V.3.1. Scheda dello Spettacolo, 203 – V.4. Questa sera si recita a soggetto, 204 – V.4.1. Scheda dello Spettacolo, 211 – V.5. Il fu Mattia Pascal di Kezich e Squarzina, 212 – V.5.1. Scheda dello Spettacolo, 219. 221 Capitolo VI Pirandello europeizzato VI.1. Il berretto a sonagli, ovvero un Pirandello europeizzato, 221 – VI.1.1. Scheda dello Spettacolo, 236. 237 Capitolo VII Regie pirandelliane degli anni Ottanta VII.1. Squarzina e il “nuovo” Pirandello degli anni Ottanta, 237 – VII.2. L’uomo, la bestia e la virtù, 240 – VII.2.1. Scheda dello Spettacolo, 250 – VII.3. Tutto per bene, 251 – VII.3.1. Scheda dello Spettacolo, 258 – VII.4. Liolà, 259 – VII.4.1. Scheda dello Spettacolo, 266. 267 Capitolo VIII Per una trilogia pirandelliana della maternità in “Tre madri” VIII.1. “Tre madri”, un’unica maternità: Come prima, meglio di prima, 267 – VIII.1.1. Scheda dello Spettacolo, 277 – VIII.2. “Tre madri”, la mater dolorosa in La vita che ti diedi, 278 – VIII.2.1. Scheda dello Spettacolo, 283 – VIII.3. “Tre madri”, l’incompiuta: Così è, (se vi pare), 284. *** Indice PARTE II Repertorio di saggi di Luigi Squarzina 291 Sezione I Saggi sul teatro di Pirandello I.1. Perché dare Pirandello al Fascismo, 291 – I.2. Pirandello e la ‘maniera’: “Ciascuno a suo modo” e il teatro totale delle avanguardie, 301 – I.3. I molti teatri di Pirandello, 339 – I.4. Tre madri. “Così è, (se vi pare)”, “Come prima, meglio di prima”, “La vita che ti diedi”, 343. 353 Sezione II Saggi dedicati alla Regia II.1. Sessant’anni di regia, 353 – II.2. La scena e la pagina, 356 – II.3. Libertà e limiti della regìa, 364 – II.4. La pagina e la scena, 375 – II.5. Nascita, apogeo e crisi della regia come istanza totalizzante, 385. *** PARTE III Note di regia agli spettacoli III.1. Ciascuno a suo modo, 415 – III.2. Non si sa come, 419 – III.3. Questa sera si recita a soggetto, 423 – III.4. Il berretto a sonagli, 429 – III.5. L’uomo, la bestia e la virtù, 437 – III.6. Tutto per bene, 441 – III.7. Liolà, 461 – III.8. Come prima, meglio di prima, 469 – III.9. La vita che ti diedi, 473. *** PARTE IV Antologia della critica 481 Recensioni sulle regie pirandelliane di Luigi Squarzina. Fase storicistica (1957-1974) 13 14 Squarzina e Pirandello IV.1. Ma non è una cosa seria, 481 – IV.2. Ciascuno a suo modo, 515 – IV.3. Non si sa come, 599 – IV.4. Questa sera si recita a soggetto, 623 – IV.5 Il fu Mattia Pascal, 653. *** APPENDICI 657 Appendice I Contributi 1950. Nasce l’Enciclopedia dello Spettacolo, di Maria Luisa Grilli, 657. 661 Appendice II Interviste A) Interviste a Luigi Squarzina: II.1. Intervista a Luigi Squarzina, n. 1, 661 – II.2. Intervista a Luigi Squarzina, n. 2, 667 – II.3. Intervista a Luigi Squarzina, n. 3, 675 – II.4. Intervista a Luigi Squarzina, n. 4, 692 – B) Alcune domande a Vittorio Gassman, 699 705 Appendice III Miscellanea squarziniana e pirandelliana *** BIBLIOGRAFIA 733 Scritti di Luigi Squarzina 757 Studi monografici su Luigi Squarzina 759 Bibliografia generale 765 Emerografia 775 Indice dei nomi Presentazione L’incontro che si è svolto al Teatro Argentina di Roma, il 16 maggio 2012, ha annunciato natura e modi del primo, significativo Convegno Internazionale di Studi – che si terrà a Venezia dal 4 al 6 ottobre – sul pensiero e l’opera di Luigi Squarzina. Necessario ed utile impegno della Fondazione Giorgio Cini, dell’Università Cà Foscari di Venezia e dell’Accademia Nazionale dei Lincei a dilatare e approfondire il campo di ricerca storica e di comparazione critica sul teatro italiano del secondo Novecento attraverso quel magnifico specimen che Luigi Squarzina ha autorevolmente e credibilmente impersonato. Il rigore dello storico, la padronanza delle fonti, l’agilità nell’intrecciare metastoricamente senso e ragione del fare teatro con la pratica sperimentale della messa in scena, hanno trovato in lui un raro equilibrio di sintesi, architettato e difeso per conto del valore collettivo e civile del Teatro oltre – e talvolta contro – l’empirismo solitario delle mere forme dello spettacolo. Luigi Squarzina ha avuto, fin dagli anni della formazione, la chiara immagine della torsione fra Teatro come sistema di relazioni profonde e veritiere, modello antropologico di concezione del mondo; e spettacolo, capitolo separato e concluso di un romanzo scritto sul fiato aereo dell’attore: crudelmente eventuale. Se – con Euclide – «il più piccolo non può comprendere il più grande», lo spettacolo non può contenere tutto il teatro che lo ha generato. È certamente così che nelle pieghe della sua imponente, per vastità e complessità, produzione scenica Luigi Squarzina ha lasciato – letteralmente – convivere la contraddizione del pensiero, orientato a coniugare al futuro la Tradizione, e la pratica soggetta alla legalità del perenne presente della 15 16 Presentazione recita. Eppure, tenendoli consapevolmente separati: come l’acqua dal vino. Il saggio riproposto di seguito si offre, dunque, come omaggio all’opera di Luigi Squarzina ed ideale prefazione allo studio che oggi Fabio Nicolosi – un eccellente frutto del Corso di Laurea in Lettere (Dipartimento della Comunicazione Letteraria e dello Spettacolo), primo Cultore della materia presso la Cattedra di Drammaturgia, ed infine collaboratore per la didattica di Lineamenti di Storia dello Spettacolo e di Leggere il Teatro al D.A.M.S. dell’Università degli Studi “Roma Tre” – dedica alle regie pirandelliane di Luigi Squarzina, essendone stato allievo, prima ancora che collaboratore. La dissertazione di chi scrive apre il volume, che si chiude con un secondo omaggio di Maria Luisa Grilli, con la quale fummo insieme assistenti di Squarzina negli anni della sua docenza di Storia del Teatro e dello Spettacolo alla Facoltà di Magistero (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”); questi contributi sono dedicati a due nodi vitali del pensiero e della pratica teatrale del ’900 italiano. Due luoghi che per intreccio e valore erano a Luigi Squarzina particolarmente familiari, quindi cari: la Compagnia teatrale dell’Accademia d’Arte Drammatica “Eleonora Duse” e l’Enciclopedia dello Spettacolo. Creature di Silvio d’Amico, hanno certamente ispirato e accresciuto pensiero e azione di Luigi Squarzina, orientando il suo scrittoio al controluce del palco, profumando la sua scena della carta e della colla ancora calda del libro. Giancarlo Sammartano Dipartimento della Comunicazione Letteraria e dello Spettacolo D.A.M.S. – Università degli Studi “Roma Tre” La Compagnia Teatrale della Règia Accademia D’Arte Drammatica. 1939-19411 Sul finire degli anni Trenta, appena quattro anni dopo la sua rifondazione, la Règia Accademia Nazionale d’Arte Drammatica alzerà la posta delle sue ambizioni puntando con decisione verso un palcoscenico senza rete. Sarà una vera compagnia teatrale, eppure protetta dalla sbrigativa lezione del mestiere, intrecciata alla scuola che ne ha allevato attori e registi. Uno straordinario progetto di cultura teatrale che molti si impegneranno ad apprezzare, pochi a capire, alcuni a distruggere. Ancora una volta negli angoli dimenticati della storia recente si trovano pagine che parlano di un altrove teatrale, inspiegabile se non attraverso le biografie, le storie segrete. Azioni e opere dettate da visioni remote, inconfessabili furori, lucide passioni. I1 progetto pedagogico per una rinnovata scuola di recitazione che Silvio d’Amico presenta al Ministero per l’Educazione Nazionale nell’estate del 19352, rivela solo in parte la sua chiave di lettura. C’è una zona nascosta, un piano segreto, inspiegabile alle istituzioni della cultura di stato, che riguarda certamente la natura complessa del fare tea1 Il saggio è stato pubblicato, con il titolo completo La Compagnia Teatrale della Règia Accademia D’Arte Drammatica. 1939-1941. La sapienza teatrale soffocata dall’“intellighentija” dello spettacolo, in: Narrazione e rappresentazione nel Novecento (a cura di Germana Orlandi Cerenza), Quaderni del Dipartimento della Comunicazione Letteraria e dello Spettacolo, n. 1, dell’Università degli Studi “Roma Tre”, Venezia, Marsilio, 2001, pp. 71-88. Si ringrazia il Prof. GIANCARLO SAMMARTANO per la gentile concessione. 2 Buona parte delle notizie relative all’attività della Règia Accademia d’Arte Drammatica e della sua Compagnia sono dedotte dall’Archivio dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”. 17 Squarzina e Pirandello 18 tro; l’urgenza di una comunità pedagogica che sappia riannodare il filo di un artigianato teatrale severo, oltre le degenerazioni del mestiere, verso un luogo, un habitat, dove si parli nuovamente la lingua del teatro. L’esperienza formativa di d’Amico – storico del teatro, critico di tendenza, pedagogo – centrata sullo studio, la ricerca, la filologia, non gli permette di condividere i compiacimenti nostalgici del “mestiere”, la cultura del “da giù non si vede”, il manierismo come scollatura ambigua tra il corpo presente dell’attore e la sua assenza mentale dal palcoscenico. Gli attori italiani che si sono formati nell’Ottocento, come fisicamente marchiati dalla grande stagione romantica dei mattatori, puntano i piedi nello spazio di una sopravvivenza che non ha più nulla di vitale. La fatica del loro teatro, la «pena di vivere così», il vedersi nella reciproca, miserevole nudità del mestiere, hanno generato smarrimento, confusione, paura, quindi una profonda ipocrisia sulla natura e sul destino dell’arte stessa del teatro. Sotto l’aura del sacrificio, della partecipazione, dell’abbandono, si nasconde il terrore di svegliarsi una mattina fuori dal teatro, implumi, senza “scrittura”. Appesi al filo dell’opportunità, i vecchi attori hanno perduto il senso della propria appartenenza. Si sono formati nell’Ottocento, quando tutto era più facile: pubblico, critici, autori concordavano sull’idea che il teatro, l’arte del teatro, fosse una commendevole attività civile. La crisi del teatro è divenuta ora materia di canzonetta. Le spallate delle avanguardie, l’antiteatro dei futuristi dei surrealisti, dei dadaisti, sconcertano e minano la credibilità stessa del teatro. La famiglia d’arte inizia rapidamente a morire. «Adesso tutto è cambiato. Le attrici sposano e lasciano il teatro […]. Gli attori, se prendono moglie, scelgono fuori dalle quinte, nel mondo borghese. I figli quindi stanno in collegio e non vedono papà recitare ogni sera»3. I primi attori si adatteranno con senso di rara opportunità a mettere in scena i nuovi autori del grottesco, ma anche a sfumare i toni, abbassare i volumi, in una gradazione boulevardier, brillante e leggera, che allude già alla rivista, alla commedia musicale italiana, al varietà. Ma gli altri? È facile immaginare la ripulsa intellettuale, il fastidio quasi fisico di Silvio d’Amico insegnante di Storia del Teatro, verso la metà degli anni Venti alla Règia Scuola di Recitazione “Eleonora Duse”, a contatto di attori scampati al naufra3 L. D’AMBRA, Rassegna Drammatica, «I1 Popolo di Roma», 7 aprile 1939. La Compagnia Teatrale della Regìa Accademia 19 gio, miracolati da una sorta di provvidenziale pensione: Virginia Marini, Cesare Dondini, Franco Liberati, Irma Carloni, la «moglie del povero Tali», approdata all’insegnamento per la benevolenza caritatevole dei colleghi del marito scomparso. Il progetto segreto di d’Amico è già, in questi anni, l’utopia positiva di una scuola-laboratorio che scomponga l’arte del teatro nelle sue parti vitali senza ucciderne il soffio, l’aura ispiratrice di ragionata emozione; una scuola per attori moderni, purgati dall’enfasi, liberati dai cliché sbavati e prevedibili, costruiti per comodità, e che ora usano i loro inventori che non sanno più usarli. Una scuola che non sia più la cattiva coscienza del teatro smemorato, una casa di riposo per vecchi attori inabili, un luogo immobile dove è impossibile ricreare l’urgenza del palcoscenico, il senso assoluto di emergenza dello spettacolo che va al pubblico nell’ora e nel luogo stabiliti. Come alla scuola “risorgimentale” di Luigi Rasi a Firenze, nelle aule ospitate ora al quinto piano dell’Accademia di Santa Cecilia, non c’è trucco ma neppure anima. Si studia (come racconterà Sergio Tofano) su Dumas, Sardou, Goldoni. Portamento, gesto, dizione sono incoraggiati nella forma imposta dall’esempio. Si cerca di ricordare a memoria un teatro che già non c’è più, e d’Amico scalpita, cerca di dare alle sue lezioni la forma del contraddittorio drammatico, e parla apertamente di una cosa nuova chiamata regia. Il 4 ottobre del 1935 viene soppressa per decreto la Règia Scuola di Recitazione “Eleonora Duse” e creata la Règia Accademia d’Arte Drammatica che d’Amico, ora presidente, vuole dotare di un teatroscuola aperto al pubblico, «sicché i suoi maestri e i suoi allievi, per metà della giornata si dedicheranno a esercitazioni e studi preparatori, ma per l’altra metà condurranno tutti insieme la vita che si conduce in una compagnia drammatica»4. La tuta marrone sotto cui spunta la camicia bianca con la cravatta scura, la gonna a pieghe con il corpetto accollato bianco, il monogramma della Corona sabauda sul petto, segnano la divisa voluta da Tatiana Pavlova insegnante di regia per quel primo corso dell’Accademia nel 1935. La scelta stessa di un corso di regia pensato e vissuto in posizione prioritaria, mostra il salto di stile che d’Amico vuole compiere per marcare la differenza con la riserva 4 La Règia Accademia d’Arte Drammatica, «I1 Messaggero», 22 ottobre 1935. 20 Squarzina e Pirandello indiana della vecchia scuola intitolata a Eleonora Duse. Naturalmente l’ala mobile degli insegnanti di recitazione (Gualtiero Tumiati, Luigi Almirante, Irma Gramatica) lo supereranno in rigore, azzerando il progetto dalla parte del non essere: nessuno dei candidati a questo primo nuovo corso, ha per loro la menoma presenza d’artista, ovvero la più elementare disposizione all’Arte. L’Accademia pronta al suo nuovo ripartito progetto tematico non potrebbe così neppure iniziare i suoi corsi per mancanza d’utenza. C’è in questa volontà (piegata dal realismo garbato ma feroce di d’Amico) la poetica, puerile sensazione di smarrimento e d’impotenza di quegli straordinari attori chiamati a un compito nuovo – essere esaminati da vicino, a lungo, di mattina, da scolari sconosciuti – imprevisto e incomprensibile: il trapianto, la mutazione genetica della propria tecnica dimenticata, su cui sono invitati a riflettere e riferire. Le stagioni dell’Accademia, gli anni che vanno verso la guerra saranno scanditi, da un lato, all’interno, dal tentativo paziente di riannodare il filo di una tradizione nazionale (e non solo quella fisica dell’attore, ma anche quella drammaturgica e poetica della prima lingua italiana) e di una relazione di parentela (tenuta in vita bene o male dal capocomicato più aggressivo con le tournées all’estero) con i teatri francesi, inglesi, tedeschi, russi, panamericanì. Dall’altro, all’esterno, con le istituzioni culturali di governo, cercandone il sostegno legislativo e contributivo, ma senza compromessi visibili – quindi fatali – nel contesto dell’attualità. L’Arcadia del Teatro interra la sua natura in attesa di tempi meno confessionali (del resto la Pavlova sarà chiamata all’insegnamento non solo per il peso del suo curriculum, ma anche per la copertura politica del potentissimo marito, lo scrittore Nino D’Aroma). D’Amico aveva con convinzione cercato di affidare la direzione dell’Accademia a Jacques Copeau, che aveva accettato con entusiasmo. Ma, come racconterà Orazio Costa, le maglie della politica del fascismo non erano così larghe da far passare un’idea che farebbe fatica a materializzarsi anche oggi. Un’Accademia nazionale non può essere diretta da uno straniero. Anche Luigi Pirandello era stato in predicato per la carica di presidente, e la sua presenza avrebbe certamente rafforzato il braccio del suo pensiero: la regia. Ma era tacitamente chiaro a tutti che la sua sarebbe stata una presenza ingombrante ed eccentrica. L’incontro con la Pavlova nasce all’insegna del