TRAUMA SESSUALE E DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS* di David Scaramozzino1, Maria Antonietta Mastrangelo2, Simona Falasca3, Roberta Federico4 Già pubblicato dagli autori on line: http://www.opsonline.it/psicologia-33008 Da una ricerca retrospettiva effettuata su un campione di 2.200 donne è emerso che il 5,9% ha subito una qualche forma di abuso sessuale durante l’infanzia e che il 18,1% ha subito sia abuso sessuale che maltrattamento. Le vittime, in genere, rimuovono più o meno parzialmente, il ricordo traumatico e non comunicano la violenza subita. Pertanto una percentuale bassissima (2,9%) di questa popolazione femminile ha denunciato all’Autorità Giudiziaria l’abuso subito. In ambito medico e peritale l’abuso sessuale si presenta spesso in sovrapposizione ad un’altra situazione clinica: il disturbo post traumatico da stress. L’una è collegata eziologicamente all’altra. Per il DSM-IV, la violenza sessuale genera una condizione clinica classificabile tra i disturbi d’ansia alla voce: “Disturbo Post-Traumatico da stress”, al pari dell’esposizione a calamità naturali, stati di guerra, gravi incidenti. La violenza o abuso sessuale, infatti, può avere il medesimo impatto sull’esistenza dell’individuo e sulla sua integrità psico-fisica. Non sempre, però, le due situazioni cliniche combaciano o rappresentano l’uno la conseguenza diretta dell’altro. Le diagnosi di Disturbo Acuto da Stress (DAS) e Disturbo da Stress Post-Traumatico (DPTS), pur essendo le sole a prendere in considerazione il trauma (la causa) fra i criteri diagnostici, non sono esaustive nel descrivere una serie specifica di sintomi osservabili frequentemente in pazienti affetti da disturbi differenti ma accomunati dalla presenza di vicende relazionali traumatiche nelle proprie storie di vita. In poche parole, manca una collocazione nosografica specifica per i disturbi generati da trauma, in questo caso da trauma sessuale, da affiancare alle comuni diagnosi psichiatriche del DSM. Possiamo affermare, senza con ciò minimamente sminuire la portata patogenetica di un evento così distruttivo, che non sempre la diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress può essere effettuata in seguito ad un abuso sessuale. IL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS Secondo il DSM IV-Tr, prima di effettuare una diagnosi si DPTS, nella persona devono manifestarsi segni di evitamento, sintomi di aumentato arosoul, disagio e malfunzionamento significativi, tutto per più di un mese. Più specificatamente i sintomi caratteristici derivati dall’esposizione a un trauma includono: l’evitamento: il soggetto si sforza volontariamente di evitare pensieri, sentimenti o conversazioni che riguardano lo stupro e le violenze sessuali, e così pure persone, situazioni, attività che possono esservi associate. Sono frequenti le amnesie legate al momento in cui è avvenuta la violenza sessuale. l’ansia: è presente una sintomatologia ansiosa e un aumento dell’eccitazione (arousal) non presenti prima del trauma che si manifestano con insonnia, difficoltà ad addormentarsi o a 1 David Scaramozzino: Psicologo Clinico, Psicoterapeuta Strategico Breve, Esperto in Psicologia delle Dipendenze e Psicologia Giuridica. 2 Maria Antonietta Mastrangelo: Psicologo clinico, Esperta in Psicologia Giuridica. 3 Simona Falasca: Psicologo clinico. 4 Roberta Federico: Psicologo clinico, Esperta in Psicologia delle Dipendenze e Dottoranda di Ricerca presso Università di Cassino. mantenere il sonno, incubi. Possono essere presenti: ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, irritabilità o scoppi di ira o difficoltà a concentrarsi sui compiti. “Anestesia emozionale”: dopo l'esposizione al trauma, può verificarsi anche un appiattimento della reattività verso il mondo esterno, definita “paralisi psichica” o “ anestesia emozionale”. Questo sintomo fa sì che si manifesti una diminuzione dell'interesse o della partecipazione ad attività precedentemente piacevoli, sentimenti di distacco e di estraneità, una diminuita capacità di provare emozioni e mancanza di prospettive per il futuro. La persona può provare incapacità a fare progetti, un senso di diminuzione delle prospettive future (non aspettarsi di sposarsi, avere figli, una carriera, una normale durata di vita) (Ammaniti, 2001). IN AMBITO GIURIDICO Durante un’indagine o nel corso di una perizia è necessario: 1) Valutare l’attendibilità della testimonianza (soprattutto per i minori) al fine di accertarsi che la violenza sessuale sia realmente accaduta o se si tratta di false accuse da intendersi per esempio come manifestazioni di una pregressa conflittualità familiare (separazioni conflittuali, Sindrome d’Alienazione Parentale, ecc.). Le false dichiarazioni possono riguardare: fraintendimenti racconti non veritieri alterazioni volontarie errori professionali 2) Escludere eventuali altre situazioni alla base del disagio che la persona manifesta. 3) Effettuare un’ipotesi psicodiagnostica sull’attuale condizione della vittima. A tal proposito, nell’art. 13 della Carta di Noto (Linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale), di cui all’aggiornamento del 10-12 giugno 2011, si legge: “[…] I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati di per sé come indicatori specifici di abuso sessuale, potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre la loro assenza non esclude di per sé l’abuso […]”. Lo stupro o qualunque induzione ad atti sessuali di una persona che non è in grado di scegliere, determina, inevitabilmente ed indipendentemente dall’età, l’insorgenza di una condizione morbosa post-traumatica nella quale il soggetto: subisce intrusivamente il presentarsi di pensieri inerenti al trauma; tenta di far sparire il ricordo della violenza sessuale dalla coscienza negandola, cercando di minimizzare, di non pensare. Ciò però non conduce inevitabilmente ad una diagnosi di disturbo post-traumatico da stress. Sostengono Carbone P. e Cimino S. (2002), che nell’ambito stesso dell’abuso è importante distinguere due grandi aree: l’abuso esercitato da estranei come atto di dichiarata violenza (come può verificarsi in situazioni estreme, quali la guerra); l’abuso esercitato da figure non esplicitamente nemiche (come nell’incesto) in cui la violenza è sotterranea e mascherata dal gioco della dipendenza e della seduzione. Nel primo caso la psicopatologia della violenza sessuale è paragonabile, seppure per grandi linee, ad altre forme di violenza centrate sull’attacco all’integrità corporea (torture, deprivazioni estreme ecc.) e caratterizzate dal fatto che l’altro (il carnefice, il violentatore) ha cancellato ogni legame primario con la sua vittima: “il rifiuto di questo fondamentale riconoscimento umano costituisce il nucleo originario del trauma psichico di tipo massivo” (Lamb, Podell, 1995) e le conseguenze psichiche possono essere inquadrate nell’area sintomatologica del DPTS (Disturbo Post-Traumatico da Stress) (McLeer et al., 1994). Continuano Carbone P. e Cimino S. (2002): ”Mentre la psicopatologia del DPTS è innescata dalla inattesa violenza dell’esperienza, nel caso dell’abuso, l’effetto psicopatologico è sostenuto prevalentemente dalla relazione di sottomissione e di complicità in cui la vittima si sente di essere stata coinvolta e che alimenta i sentimenti di colpa, di vergogna e il deficit di autostima che caratterizzano il vissuto dell’adolescente abusato”. MECCANISMI DI COPING POST EVENTO TRAUMATICO: I FATTORI DI PROTEZIONE Ogni individuo è dotato di risorse interne, più o meno importanti, che determinano l’epilogo di una situazione traumatica. I fattori che consentono al soggetto di reagire o di affrontare e superare un evento traumatico vengono definiti fattori di resilienza. La risposta soggettiva agli eventi è oltremodo condizionata da alcuni importanti fattori come: l’età al momento della violenza subita, la durata, l’uso esplicito di violenza, la presenza o meno di penetrazione, le problematiche psicologiche già presenti, la possibilità di parlare dell’accaduto con qualcuno, il sostegno emotivo ricevuto dai propri cari, ulteriori esperienze che possono peggiorare la situazione o, al contrario, aiutare a superare gradualmente l’accaduto. Paradossalmente, alcuni soggetti hanno mostrato che il trauma può evocare anche aspetti forti e potenti, comportando sotto certi aspetti una crescita personale fuori dal comune. Diversi studi si sono concentrati sulla cosiddetta “crescita post-traumatica”, cioè la possibilità di arricchirsi, ritrasformare un episodio negativo in uno stimolo al miglioramento, attraverso lo sviluppo di competenze in stretta connessione con la riscoperta di una capacità di affrontare eventi anche molto critici. L’empatia, per esempio, può essere amplificata dalle esperienze traumatiche. Sembra, infatti, che la sofferenza insegni a comprendere meglio le altre persone, sostenendo una capacità emozionale che risulta estremamente utile per coltivare i rapporti che possono costituire una risorsa fondamentale per il superamento di stati di disagio. Generalmente la vittima di un abuso lotta per mantenere lontani i ricordi traumatici. I meccanismi di difesa invalidano le normali funzioni metacognitive e le funzioni superiori della coscienza in generale, impedendo l’integrazione del ricordo traumatico che rimane tuttavia impresso nel corpo (Tagliavini, 2011). Talvolta può verificarsi che, almeno in alcuni periodi della vita, la vittima soffra di amnesie più o meno intense rispetto all’evento o abbia ricordi estremamente confusi. Ciò che può accadere è che il ricordo traumatico, si neutralizzi, perdendo la sua valenza drammatica che lo contraddistingue, risultando più facile da gestire seppur in una situazione di “molteplicità non integrata degli stati dell’Io” (Liotti e Farina, 2011, p. 37). Da ciò la persona può trarne sì un vantaggio, ossia la possibilità di ridurre il vissuto d’angoscia rispetto all’evento, ma si espone ad un serio pericolo, ovvero l’abitudine a convivere con il disagio procurato dall’abuso senza avvertire la necessità di affrontarlo adeguatamente. In alcuni casi, questo stato di cose può prendere la configurazione di Disturbo Post-Traumatico da Stress in remissione parziale. I FATTORI PREDISPONENTI ALLA RISPOSTA TRAUMATICA I dati epidemiologici dimostrano che non tutti i soggetti esposti allo stesso evento traumatico reagiscono alla stessa maniera e solo una modesta percentuale sviluppa un quadro psicopatologico rilevante. Esistono, tuttavia, altri fattori che rendono l’individuo vulnerabile e lo predispongono a reagire in modo non così adattivo alla traumaticità dell’evento. Questi fattori sono noti come fattori di rischio e possono includere fattori genetici, familiarità, personalità, traumi pregressi, precedenti problemi psicologici, eventi di vita e, dopo l’episodio, supporto ricevuto. Il peso di questi agenti è probabilmente diverso, e ciascuno potrebbe espletare la sua azione in maniera non assoluta ma rendendo l’individuo vulnerabile ciascuno a stimoli di diversa intensità. Chiaramente il DPTS può essere diagnosticato in qualunque individuo, indipendentemente dai fattori di rischio o di resilienza presenti. LA PREVALENZA DEL DPTS La comparsa di DPTS nella popolazione civile riguarda i seguenti traumi vissuti nella vita quotidiana: Episodi di violenza fisica e sessuale; Incidenti stradali; Criminalità, furti e rapine; Incendi; Lutti, gravidanze, rifugiati politici; Professioni più esposte a rischio (agenti di pubblica sicurezza, vigili del fuoco, membri della protezione civile, autisti di autoambulanza, bancari, prostitute, operatori di soccorso) (Colombo, Mantua, 2001) TIPOLOGIA DI TRAUMA E DPTS: POSSIBILI CORRELAZIONI Le donne sono le più soggette ad episodi di violenza fisica; la violenza sessuale è l’evento traumatico più frequente nella popolazione femminile. La comparsa di un DPTS pare essere collegata eziologicamente alla tipologia e alla portata del trauma subito: la violenza sessuale risulta quella maggiormente determinante, meno lo sono rapine, scippi o violenze fisiche. Le caratteristiche dell’episodio di violenza, quali il fatto di essere aggrediti da un estraneo, l’uso della forza fisica, l’essere minacciati con armi da fuoco, sono associate allo sviluppo del DPTS (Colombo, Mantua, 2001). È importante valutare non solo il momento della violenza, ma anche quanto avvenuto prima e dopo nella storia della vittima. La gravità della violenza subita sembra determinare l’immediata comparsa del DPTS acuto. La cronicizzazione della patologia, invece, si verifica in soggetti con maggiore vulnerabilità alla violenza con personalità premorbosa o con pregresso abuso sessuale. Anche la presenza di una familiarità positiva per patologie depressive sembrerebbe influenzare la diagnosi di DPTS. Esistono alcune condizioni psico-sociali che permettono di ipotizzare se, in seguito all’evento traumatico, è possibile che si manifesti un disturbo post-traumatico da stress. Per quanto riguarda gli indicatori psicologici, ad esempio: - la presenza e l’intensità della rabbia, ad un mese dall’episodio, può permettere di predire la gravità del disturbo; - la dissociazione farebbe ipotizzare un futuro peggioramento del funzionamento dell’individuo e la presenza di sintomi a tre mesi dall’episodio sarebbe indice di una cronicizzazione del disturbo. Dal punto di vista sociale, sebbene si possa pensare che il supporto della comunità e una tempestiva consulenza psicologica e assistenza legale e medica possano aiutare molte donne ad affrontare ciò che hanno appena vissuto, per alcune può essere fonte di stress e ciò potrebbe contribuire ad aggravare il quadro clinico del disturbo, influendo sul decorso dello stesso. Le violenze domestiche assumono proporzioni sempre più allarmanti. Gli abusi da parte del partner o di individui facenti parte il nucleo parentale sono un fenomeno sottostimato che si manifesta in forme molteplici, quali abusi sessuali, aggressione fisica, minacce di aggressione, intimidazione, controllo, stalking, violenza psicologica, trascuratezza, deprivazione economica. L’incesto costituisce probabilmente la situazione più drammatica. Alcuni studi sulla sindrome post traumatica correlata allo stupro, condotte da Jean-Michel Darves-Bornoz evidenzia come le vittime di incesti siano maggiormente a rischio di DPTS, di sintomi dissociativi, di agorafobia e di perdita dell’autostima rispetto alle vittime di violenze non incestuose. Anche i maschi, vittime di violenza sessuale, sviluppano al pari sintomi post traumatici al pari delle donne. CONCLUSIONI E’ complesso discernere quali eventi stressanti della vita siano potenzialmente causa di DPTS. Di certo, negli ultimi tempi, le diagnosi in questa direzione sono notevolmente aumentate, soprattutto nella popolazione generale. Rispetto al passato, infatti, in cui il DPTS prevaleva tra reduci di guerra o superstiti di calamità naturali, oggi sono contemplati anche tra gli agenti di pubblica sicurezza, i macchinisti, i lavoratori a rischio, i dentisti, i conducenti di ambulanza ecc. Anche in materia di abuso sessuale, nonostante l’indiscutibile condannabilità dell’atto violento, è necessario procedere con cautela nell’emettere una diagnosi. Ricordando le considerazione della Glaser (2000) possiamo affermare che trauma e abuso non sono sinonimi. Spesso l’abuso sessuale assume una valenza talmente traumatica da generare quadri sindromici ben più complessi che il DPTS (basti pensare ai minori e agli effetti pervasivi sullo sviluppo). Allo stesso non si può considerare il DPTS come una conseguenza inevitabile dell’abuso ne si possono indicare come causa di DPTS tutti gli eventi negativi della vita. Per muoverci con maggior accuratezza in questo ambito diagnostico sarebbe sempre preferibile procedere caso per caso, tenendo conto delle gravità, della minacciosità e dell’imprevedibilità dell’evento traumatico. BIBLIOGRAFIA American Psychiatric Association (1994), DSM-IV : Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 4° ed. Masson, Milano. Ammaniti M., (2001), Manuale di Psicopatologia dell’infanzia, Raffello Cortina Editore, Milano. Camerini G.B., Sabatello U., (2011), La valutazione del danno psichico nell’infanzia e nell’adolescenza, Giuffrè, Milano. Carbone P.-Cimino S., (2002) “Il disturbo post-traumatico da stress in adolescenza”, in Ammaniti M. (a cura), Manuale di Psicopatologia dell’adolescenza, Raffello Cortina Editore, Milano. Cerisoli M., Vasapollo D., (2010), La valutazione medico-legale del danno biologico di natura psichica, Ed. Seu, Milano. Colombo P.P., Mantua V., (2001), “Il disturbo post traumatico da stress nella vita quotidiana”, in Rivista di Psichiatria, Verona. Darves-Bornoz J-M., Berger C., Degiovanni A., Gaillard P., Lepine J-P., “Similarities and differences between incestuous and non-incestuous rape in a French follow-up study”, in Journal Trauma Stress, 1999, 12 613-623. Liotti, G., Farina, B. (2011). Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa, Raffaello Cortina, Milano. Mazzoni G. ,Rotriquenz E., (a cura di), La testimonianza nei casi di abuso sessuale sui minori, Giuffrè Editore, 2013. SITOGRAFIA www.SynergiaCentroTrauma.it http://www.psicologiaforense.it/Noto3.pdf