2. MEMORIZZARE

annuncio pubblicitario
UN§Y,&
§
La memoria
Abbiamo visto che, sebbene tutte concorrano a farci conservare le informazioni che ci servono,
abbiamo diverse memorie. Ci sono tre magazzini dove l'informazione può essere conservata, passando anche dall'uno all'altro: due (vs e var) capaci di trattenere l'informazione sul momento, per
il tempo che occorre alla mente a lavorarci su, uno (H,tLr) che fa da grande archivio permanente.
Questo archivio è formato da quattro sistemi di memoria diversi: la semantica e l'episodica conservano conoscenze sul mondo e sui fatti da usare nella riflessione cosciente, la procedurale dispone di script da eseguire automaticamente nello svolgimento di attività, l'associativa contiene risposte a stimoli da dare sempre automaticamente e senza consapevolezza.
Adesso vedremo come si formano i ricordi nelle varie memorie, come trasformiamo le esperienze in ricordi e come trasferiamo i dati da una memoria all'altra. Cercheremo di capire anche come utilizziamo i ricordi, come li ripeschiamo portandolialla coscienza o come ce ne serviamo per
agire.
2. MEMORIZZARE
2.1. L'attenzione: come Ie informazioni nuove entrano nella Mer.
Come abbiamo già detto (par.1,.4). nella memoria a breve termine, oltre ai ricordi
che recuperiamo dall'archivio della memoria a lungo termine, arrivano continuamente informazioni nuove dall'esterno e dalf interno. Le esterne provengono dalla memoria sensoriale e le interne entrano nella Msr quando esaminiamo coscientemente le nostre esperienze interiori, un'attività che tutti conosciamo bene e che
in psicologia si chiama introspezione o autoesame.
L'ingresso delle informazioni nuove nella memoria a breve termine è sottoposto
al controllo dell'attenzione, che stabilisce quali far entrare e quali tralasciare. Di tutto ciò che accade fuori o dentro di noi l'attenzione seleziona una minima parte da
registrare. Se infatti dovessimo prender nota di tutto, saremmo sopraffatti da un
carico insostenibile di inform azioni.
L'attenzione è un sistemadigestione delle risorse mentali. Le capacità di cui
la nostra mente dispone sono limitate. Un grosso limite sta nel fatto che possiamo
fare un lavoro cosciente alla volta. Ad esempio, mentre sto cercando di capire cos'è l'attenzione, non posso pensare a che cosa rispondere all'amico che mi chiede
un giudizio sul film di ieri. Devo interrompere una cosa per fare I'altra. Posso rispondere senza pensare, automaticamente, ma, se mi applico coscientemente per esprimere un giudizio sul film, devo smettere di riflettere su quei che sto studiando. L'attenzione incanala le nostre risorse mentali in modo da impiegarle dove occorrono.
L'attenzione può essere diretta all'interno o all'esterno. Nel primo caso fa accendere i riflettori della coscienza su qualcosa che la nostra mente sta facendoi analizzate\Jna situazione, prendere una decisione, rimpiangere di non aver agito in un certo modo, valutare a che punto siamo con un lavoro ecc. Non appena i riflettori si accendono, quelle informazioni sul nostro stato interiore entrano nella Msr. Quando è
rivolta all'esterno, l'attenzione trasferisce nella Msr e porta alla coscienza alcune delle informazioni sul mondo esterno che pesca nella memoria sensoriale.
Delle tante
informazioni che ci
arrivano dal mondo
esterno e
dall'esperienza
interiore, come
decidiamo quali
meritano di essere
trattenute almeno
quel tanto per
lavorarci su?
M*ffi&JL*
§
Il
tavoro di base deila nostra mente
QUANTO TEMPO DEDTCHTAMO ALL'|NTROSPEZIONE?
Come stabilire p.er quanto tempo o.rientiamo l'attenzione all'interno e per quanto all,esterno?
Un,idea può
essere chiederlo alle persone.. C'è il rischio però che ci dicano cose inesatte, perché
non ci hanno mai fatto
caso o non ricordano o ricordano male. cli psicologi hanno adoperato un siitema semplice.
Durante
la gior-
nata.alle persone che hanno accettato di pàrtecipàre alla ricerca inviano spesso dei segnali.
ad esempÉ facendo squillare una suoneria che portano con sé. Non appena arriva l'awiso, le pers-one annotano a
che
c.o!:!anno pensando' C93ì
| i Rgtuto stabilire che mediamente noi dedichiamo all'introspezione meno
del 10olo del tempo. Per più del g}o/o della giornata l'attenzione è rivolta all'esterno.
Una-ragione per cui dedichiamo così poCo tempo all'introspezione è senz'altro che abbiamo molte
cose da.fare. Tuttavia, anche quando possiamo peimettercelo, di solito evitiamo di
autoesaminarci. Autoesaminarsitroppo infatti è rischioso. ln alcuni casi è utile, ma farlo più del necessario può crearci problemi, come sentirci depressi perché non siamo riusciti in qualcosa, sentirci in colpa pernon aver
agito come avremmo dovuto, fantasticare senza fondamento per sfuggire a situazioni da affrontar", .on"tirrur"
a rimuginare su quel che è successo invece di pensare al futuiol
La nostra attenzione
può essere catturata
senza che lo
vogliamo?
Ciascuno di noi dedica parte del tempo alf introspezione e pafie a guardarsi intorno, orientando I'attenzione su questo o quello stimolo esterno. Di solito decidiatno volontariamente a che cosa prestare attenzione, in base ai nostri interessi di
fondo (ad esempio ciò che ci piace o che sappiamo) e del momento (ad esempio
che cosa stiamo facendo o a che cosa stiamo pensanclo).
A volte però dirigiamo l'attenzione involontariamente. ci sono stimoli che
attraggono la nostra attenzione automaticamente, anche se non lo vogliarno. Ne
sono un esempio gli oggetti in movimento: se ne compare uno non possiamo
fare a meno di guardarlo. Alcuni cartelloni pubblicitari hanno luci che ii spostano o figure che cambiano. proprio per catturare l'attenzione di chi passa. In alcuni Paesi è vietato dalla legge mettere lungo le strade cartelloni dinàmici. È vietato per ragioni di sicurezza, per evitare che un automobilista possa distrarsi anche contro Ia propria volontà e causare un incidente.
Le fattezzeinfantili, il tipico aspetto dei bambini (testa grossa, tondeggiante, viso piccolo, guance paffute, occhi grandi ecc.) sono un altro stimolo che cattura automaticamente l'attenzione. Guardiamo la figura 2.6: tendiamo a guardare maggiormente il profilo di destra, che
è tipicamente infantile. Registrando i
movimenti oculari, si può dimostrare
che il nostro sguardo in casi del genere
si orienta preferibilmente sulle irnmagini con tratti infantili. Dobbiamo fare un
certo sforzo per guardare gli altri. Anche
i cartoni animati o i pupazzi dall'aspetto infantile tendono a catturare l'attenFi1.2.6. Richiomo delle fottezze infontili.
zione più di altri soggetti. Molti animaii
66
Ufd§§&
§
La memoria
mostrano come noi di interessarsi maggiormente agli individui che hanno il tipico
aspetto dei loro piccoli. È naturale, se pensiamo che prestare attenzione ai piccoli è
indispensabile per prendersene cura.
Gli occhi sono un altro stimolo cui facciarno attenzione automaticamente. Avremo notato che, quando incrociamo una persona, ad esempio per un corridoio, tendiamo a gttardarla per un attimo negli occhi. Per non farlo dobbiamo impegnarci,
ad esempio girandoci completamente da un'altra parte. Se torniamo alla figtra 2.4,
notiamo che lo sguardo torna spesso sugli occhi della ragazza. Va anche sulle labbra, che sono un altro tratto del viso che attrae I'attenzione e serve a riconoscere
le persone.
2.2.Memorazzare script e risposte a stimoli.
Registriamo script nella me- Come apprendiamo
nroria procedurale con l'esercizio, a lorza di ripetere quelle attività. Specie all'inizi<; a svolgere
può intervenire la riflessione cosciente, ma l'immagazzinamento ar,rriene in modo au- automaticamente
tomatico e inconsapevole, per il semplice fatto che facciamo e rifacciamo quelle co- un'attività?
se. La prima volta che vado in un posto chiederò informazioni, consulterò una mappa, farò attenzione ai pr.rnti di riferimento, a dove svoltare. Se ci vado tutti i giorni,
non avrò più bisogno di riflettere e a questo punto lo script sarà nella memoria procedurale. A guardar bene 1o stesso è accaduto quando abbiamo imparato ad andare in bicicletta, a leggere, a scrivere , a lavorare alla tastiera del computer. Nl'inizio
abbiamo studiato il problema, ad esempio, abbiamo imparato le posizioni delle ler
tere sulla tastiera e ci siamo chiesti come pofiarvi le dita per scrivere questa o quella sequenza di lettere, È stato però a forza di digitare che 1o script si è fbrmato.
Generalmente i ricordi delia memoria associativa si formano perché siamo per Eareagireacerti
natura predisposti a connettere inconsapevolmente stimolo e risposta. Sappia- stimoli?
QUANDO GU SCRtpT HANNO UNA BASE TNNATA
Ci sono script che hanno una base innata, ereditata. Hanno bisogno soltanto di consolidarsi in memoria.
dobbiamo metterli in moto, cominciare a esercitarci eseguendoli. Ne è un esempio l'imitazione
Per questo
delle espressioni del viso. Tutti noi nasciamo già con le istruzioni per imitare l'atteggiamento del viso di
un'altra persona. Fin dalle prime ore di vita i neonati sono in grado di riprodurre le espressioni degli adulti
davantia loro. Sitratta di un'abilità piuttosto impressionante, dal momento che chiimita non ha modo di
vedersi mentre rifà l'espressione dell'altro e non può controllare se fa bene o sbaglia. Probabilmente la natura ci ha dotato di quest'abilità in quanto è utile nei rapporti con gli altri. Se faccio la stessa espressione dell'altro, ci intenderemo più facilmente, dato che sarò allegro quando lui è allegro, triste quando è triste e così via. lnoltre posso
riuscire anche a capi-
re meglio che cosa
prova, dal momento
che riproduco il suo
stato interiore in me.
Do
tield T.M
67
er
ol.
'Ì982
M*§*JL§
§
II
lavoro di base della nostra mente
rno del resto che molti animali, come noi, diffidano dei cibi che li hanno fatti star
male.
Quando certi stimoli si presentano più volte, contano le esperienze positive o neÉaative che facciamo rispondendo in questo o in quelmodo: si consolideranno nella rnemoria associativa quelle risposte che hanno dato effetti soddisfacenti per noi. Si tratta
di un meccanismo automatico e inconsapevole, noto come condizionamento, di
cui ci occuperemo studiando l'apprendimento. Se teniamo certi comportamenti consapevolmente, perché abbiamo riflettuto sulle esperienze passate e li riteniamo vantaggiosi, non è più la niemoria associativa a guidarci, ma la dichiarativa.
Se le informazioni entrano nella memoria procedurale senza che la coscienza le
prenda in esame, r,uol dire che non passano per la nnr. Sappiamo infàtti che qualsiasi informazione contenuta nella unr è presente alla coscienza (par. 1,4). Quanclo ci esercitiamo in un'abilità pratica,le informazioni che arrivano dai sensi attraverso la memoria sensoriale vanno direttamente in quella parte della urt dove si
formano i ricordi procedurali. Se guardiamo lo schema della figura 2.2, notiamo che
c'è una freccia che va dalla rnemoria sensoriale alla memoria a lungo termine senza passarc per quella a breve termine.
Come scegliamo
le conoscenze
da archiviare e
da conservare
per la vita?
2.3. I m ma gazzanare co n oscenZ€. Durant e 7a vita memorizziamo
a lungo termine moltissirne conoscenze, mettencb quelle di carattere generale nella memoria semantica e i fatti nell'episodica (par. 1.6). Nonostante questa massa sia enorme, non
rnemorizziamo tutto ciò di cui facciamo esperienza, ma solo una pìccola pafie.
La maggior parte delle conoscenze viene accumulata attraverso una memorizzaziofie automatica: flon ci rendiamo conto di memorizzarle, nonfacciamo alcuno sforzo e neppure abbiamo f intenzione di ricordare quelle cose. Se oggi ho far
to una magnìfica gita in montagna con i miei, lo ricorderò e basta. A-1lo stesso modo, se dal frr.rttivendolo ho notato il nome, il colore e le altre caratteristiche di r-rna
varietà di pesche, d'ora in poi ne saprò di più in fatto di pesche.
La decisione se mefirorizzare o meno cefie informazioni viene presa automaticamente dalla nostra mente sulla base di criteri prestabiliti, che tengono conto soprattutto di quanto le cose sono inportanti per noi e di quanto sono collegate alle
conoscenze che abbiamo già. Ad esempio, la frequenza e i tempi con cui si ripetono gli eventi è considerata importante, giacché dobbiamo organizzare di conseguenza la nostra r.ita. Sapendo che il venerdì a una cert'ora lungo una strada c'è coda, eviterò di passarci proprio allora.Il nome e le caratterische di una varietà di pesche vengono automaticamente rnemorizzate perché in memoria abbiamo già tante informazioni sulla frutta, che adoperiamo per decidere che cosa acquistare e
mangiare.
La
memorizzazioie controllata, quella in cui ci impegniamo volontariamen-
te e consapevolmente a ricordare, riguarda solo una parte delle nostre conoscenze.In genere per memorizzazione intendiamo proprio questo lavoro di acquisizione intenzionale di conoscenze, che invece è solo un tipo di memorizzazlone.
Certo è un tipo di memorizzazione che s'impone alla nostra attenziofie e che consideriarno importante: è così infatti che impariarno ciò che studiamo e acquisiamo
il sapere della tradizione.
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U§\§§Y&
*
La memoria
Mentre nelia memorizzazione automatica la mente decide che cosa memc rtzzare senza che noi possiamo interyenire nella decisione, nella memorizzazione conttoltata tutto dipende da ciò che facciamo per ricordare. Contano i sistemi per ricordare che adoperiamo.
2.4. Sistemi per ricordare ciò che si impara. Solitamente si crede
che
ripetere sia una buona strategia per memorrzzate conoscenze. Si tratta di un errore: il puro e semplice ripetere non funziona. Possiamo arrere qualche perplessità.
Non à forse ripetendo che impariamo a memoria una poesia? È vero, ma, quandcr
aforzadi ripeterla impariamo a memoria una poesia, stiamo ricorrendo alla memoria procedurale (parr. 7.6 e 2.2).In realtà non rnemorizziamo conoscenze sulla
poesia, ma 1o script per recitarla.
Le perplessità però non sono finite. Sono molti gli studenti che usano leggere e
ripetere e che così ottengono buoni risultati, quando vengono interrogati. Senonché il fatrc che questa strategia funzioni non significa che la ripetizione è in grado
di farci mem<>rizzare le conoscenze. Quando lo studente ripete, a far memorizzare non è il ripetere, ma il fatto che, mentre ripete, lavora mentalmente su quel che
il testo dice, In effètti, diversamente da come fa quando impara a memoria una poesia, 1o studente in questo caso ripete in modo nìeno meccanico, più meditato: pratica quella che si chiama ripetizione elaborativa o costruttiva. La ripetizione è
solo un'occasione per riflettere sui contenuti e in realtà è la riflessione a produrre
la memorizzazione.
Uno studente può tranquillamente risparmiarsi di ripetere quel che legge e limitarsi a riflettere sui contenuti. In questo modo la memorizzazione è più efficiente
e dà in genere risultati migliori, perché si fa solo ciò che seffe per ricordare e si può
imparure di più con meno fatica, Se molti studenti usano ripetere, è perché fanno
fatica ad astrarre i contenuti dal testo e a lavorarci mentaLnente senza passarli in
rassegna con la ripetizione.
Ci sono essenzialmente tre sistemi per memorizzxe conoscenze.
Ripetere è un buon
sistema per ricordare
le cose da imparare?
Quali sono i sistemi
dawero efficaci per
ricordare quel che si
impara?
. Catalogate. I1 materiaie da ricordare può essere classificato,
collocandolo in questa o quella categoria. Ad esempio, per ricordare "volare, ape, veramente, Ci aiuterà pensare che si tratta di tre parole, un verbo, un nome Comune e un ar''verbio.
Questa è una catalogazione superficiale, giacché ci fermiamo a caratteristiche
esteriori di tipo grammaticale.
Funziona meglio fare catalogazioni semantiche, cioè distinguere in base ai significati, al senso di ciò che si itnpara. Quando leggiamo un testo, possiamo suddir.'idercTatrafiazione per argomenti. Ad esempio, leggendo ia parle sulla memorizzazione
abbiamo trovato un discorso sull'attenzione e sull'ingresso di informazioni nella ltnt,
uno sulla memoizzazicine procedurale e associativa, uno sulla dichiarativa. I titoli
che si incontrano hanno di solito la funzione di aiutare a calaTogare i contenuti.
Ancora meglio funzionano le catalogaziani riferite a sé. Ad esempio, mentre
leggo i discorsi sulla ripetizione nello studio, posso chiedermi come mi compoftcr
io: se ripeto, se 1o faccio pappagailescamente o meno, se sono capace di lavorare
sui contenuti senza ripetere. Le conoscenze memorizzate iD rappofio al proprio vissuto chiamano in gioco la memoria autobiografica (par. 7.6) e risultano molto
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M&m&,§L&
§
ll lavoro di base della nostra mente
tenaci, perché in qualche misura entrano a far parte di ciò che siamo ai nostri occhi. Ecco spiegata un'altra delle stranezze in cui ci siamo imbattuti alf inizio dell'unità: il capitolo del libro che ricordo meglio è quello in cui non ho ripetuto, ma ho
adoperato i concetti che studiavo per capire meglio le vicende della mia vita.
LE RICERCHE PIONIERI§TICHE DI EBBINGHAUS
Lo studioso tedesco Hermann Ebbinghaus, nella seconda metà del XIX secolo, condusse la prima ricerca sperimentale rigorosa sulla memoria. ln Cermania a quell'epoca c'era un laboratorio di psicologia a
Lipsia e fiorivano le ricerche di psicologia nelle università. Ebbinghaus era uno studioso isolato, che dedicò cinque anni di duro lavoro a fare esperimenti sulla memoria. Non disponeva di un laboratorio, né
di collaboratori. Per gli esperimenti si servì di se stesso. lmparava a memoria liste di sillabe senza senso,
prese da una raccolta di 2 300, che aveva costruito combinando variamente vocali e consonanti. Per imparare leggeva e ripeteva secondo precise regole. Per misurare la memorizzazione calcolava il risparmio
di tempo quando doveva imparare la stessa lista in una seduta successiva.
Il metodo seguito da Ebbinghaus è molto rigoroso, oltre che ingegnoso. ll suo libro, Sullo memorio, del
1885, è un piccolo capolavoro, che può essere letto ancora oggi per capire in che cosa consiste la mentalità scientifica. Alcuni risultati ottenuti sono nella sostanza tuttora validi. Ebbinghaus si accorse che la
memoria a breve termine ha una capacità limitata a circa sette pezzi (par. 1 .4), dimostrò per primo l'effetto di posizione seriale (par. i .5) e ricostruì la curva dell'oblio'(p ar. À.11, che descrive come'la memoria si perde nel tempo. Scoprì che ilsuperapprendimento, il gran lavoro per ricordare, migliorava la memoria solo entro certi limiti. Ripetendo un maggior numero divolte Ia memoria cresceva, ma a un certo
punto continuare a ripetere non serviva più. Vide che l'apprendimento distribuito in più sedute funziona meglio dell'apprendimento massivo, concentrato tutto in una seduta intensa.
ll lavoro di Ebbinghaus è una pietra miliare degli studi sulla memoria. Presenta però un grosso limite: studia
solo la memorizzazione meccanica e pappagallesca. Ebbinghaus adoperava materiale senza senso e imparava aforza di ripetere. Voleva così evitare l'influenza di associazioni di idee legate ai significati delle parole. Era
convinto che così sarebbe arrivato a conoscere il nocciolo duro della memoria, a ricostruire i meccanismi che
prescindono dai significati. Si sbagliava, perché la nostra memoria funziona proprio graziealla concettualizzazione, ai significati, alla loro organizzazione e rielaborazione. Se Ebbighaus ricordava le sue sillabe senza
senso, è perché in qualche modo era riuscito a trattarle come informazioni sensate su cuifar lavorare la mente. Del resto anche alcuni dei risultati che ha ottenuto si spiegano pensando che la sua era una ripetizione
elaborativa. Ad esempio, l'apprendimento distribuitofunziona meglio perché, riprendendo il lavoro a distanza ditempo, sitende a essere meno meccanicie ad elaborare maggiormente il materialg anche perché nel
frattempo, mentre non ci pensavamo o magari dormivamo, la nostra mente ha continuato a manipolare
quegli elementi, attraverso quello che in psicologia si chiama pensiero implicito.
.
Otganizzare. Si tratta di inserire gli elementi da ricordare in una struttura, una
trama dotata di senso. Per lo più il materiale da imparare ha già un'ofgaflizzazione oggettiva, per cui ci basta scoprirla, cosa che a seconda dei casi può risultare
più o meno facile. La trattazione di un argomento in un libro di testo, ad esempio,
ha una sua struttura, un ordine secondo il quale è costruita. In quest'unità ci siamo
prima interessati a certe straflezze nella comune esperienza della memoria, per poi
scoprire che, contrariamente a quanto si può immaginare, la nostra memoria ha
un'architettura complessa, fatta di varie memorie. Abbiamo descritto le diverse
memorie e il loro funzionamento, siamo andati a cercare prove, a r.,edere su quali
basi la scienza sostiene cose in parte lontane dal senso comune. Yiavia abbiamo
7o
UP*§Y&
§
La memoria
anche ripreso \e sffanezze per spiegarle alla luce delle conoscenze scientifiche. Se
afferriamo la struttura del testo, ricordare i contenuti sarà più facile.
Quando il materiale da imparare è disordinato, possiamo imporgli un'organfuzazione soggettiva, ideata da noi. L'organizzazione soggettiva è alla base di diverse fiulemotecniche, espedienti per ricordare, frutto di una lunga tradizione sull'arte della memoria. Sebbene possano apparirebizzarre,le mnemotecniche risultano utili quando si tratta di cose difficili da ricordare. Sono lo strumento adoperato dagli mnemonisti, persone che sfoderano capacità eccezionali di memoria.
La mediazione è una mnemotecnica che sfrutta |'organizzazione soggettiva e
consiste nel mettere assieme elementi sconnessi da ricordare in modo tale da farne un'unità dotata di senso. Ad esempio, per ricordare le consonanti francesi che
solitamente non si pronunciano a fine parola, d, P, s, /, si forma la parola deposito.
Per ricordare le parole lanterna, C*uerna, allagAta, Stormo, nascosto, possiamo
costruire questa storia: con la lanterna entrò nella cat)erna, la trouò allagata e ne
t,id.e uscire uno stormo nascosto.In alternativa possiamo manipolare le parole tirando fuori il titolo di una famosa poesia del Pascoli: La cauallina storna.
Per organizzare soggettivamente il materiale da ricordare, si può ricorrere anche
all'immaginazionevisiva, rappresentarsi cioè scene in cui sono presenti le cose da
ricordare. Se dobbiamo ricordare le parole scimmia, siga,retta, cauallo, ualigia, possiamo pensare a una scimmta a cavallo che fuma una sigaretta e tiene in mano una
r-aligia. Ci basterà scorrere f immagine memorizzata, come se fosse un taccuino visuale o un monitor, per risalire alle parole.
. Rielaborare.
Quando rielaboriamo non ci limitiamo a classificare e ordinare il
materiale: lo trasfcrrmiamo. Una possibilità è la riorganuzazione. Possiamo ripassare quel che abbiamo letto seguendo un ordine diverso, cosicché i concetti vengono visti in un'altra ottica. Ad esempio , anziché andare dalle nozioni alle prove,
possiamo seguire il cammino contrario: parlire dalle prove e chiederci che cosa dimostrano. Se 1o facciamo, scopriamo che qualcosa cambia: quelle prove dicono più
di quel che dicevano prima, smettono di essere sernplici appigli per trovare credibili certe affermazioni e ci spingono a riflessioni che non avevamo fatto.
Un altro sistema per rielaborare è l'arricchimento. Andiamo a leggere in una
scheda o nelle letture o su un altro libro argomenti collegati con quelli che stiamo
studiando.
L'apphcazione, infine, consiste molto semplicemente nel chiedersi come può
.ss.rè utile in pratica quel che si studia o nel cercare di spiegare le esperienze che
si fanno alla luce di quanto si è appreso.
Spesso le persone credono che rielaborure sia una perdita di ternpo. Invece c'è
tutto da guadagnare a rielaborare quando si studia. La memorizzazione risulta migliore e, se si impara a gestire bene illavoro, si finisce per fare anche più in fretta.
Soprattutto però si capisce di più, quel che si studia resta a dislanza di tempo e torna utile nella vita, anche perché facilita gli apprendimenti successivi, generando una
crescita esponenziale della conoscenza.
2.5. FattOri Che favOriSCono la memorizzazaone. Il lavoro di memorizzazione quando cerchiamo di imparare qualcosa ottiene risultati più o meno buoni
seconda delle condizioni in cui ci troviamo.
a
Quando imparare a
memoria è più facile?
77
M*m&-*t#.§
ll lavoro di base della nostra mente
. Lo stato emotivo di chi memotizza. Per memorizzare
ricelrdore evenli
* $ork impos*
emotl'va
efficacemente occorre
trn grado ottimale diattivazione emotiva, né trr4tpo Lrasso, né troppo alto. Chi
è spento. per nulla o poco emozi«rnato. non è abbastanza attir.o e attento ai contenuti da imparare e di consegtenza non li coglie e non ci lavora sopra mentalmente. D'altra parte chi è molto emozionato, tanto da es.sere in ansia, pur essendo attivo, è incapace di orientare l'attenzione dove occorre e di catalogare, organizzare
e rielaborare i contenuti. L'ansia tende a paralizz-are Ie attività mentali compiesse e
intelligenti. spinge a reagire meccanicamente agli stimoli esterni piuttosto che a riflettere, corne quando istintivamente scansiamo qualcosa che sta per colpirci o ci
bl«rcchiamo se temiamo un pericolo h"rngo la strada.
Nell'arco della giornata il grado diattivazione emotiva cambia: basso al risveglio,
sale fino a un massirno al pomeriggio, per poi ridìscendere alla sera. Evidentemente il momento migliore per imparare è il pomeriggio. Questo ha inclotto alcuni a criticare la tradizione di fare scuola al mattino. Dobbiamo però tener presente che lcr
studio, il mornento maggiormente dedicato alla memorizzazione, di regola è poureridiano. È un errore però rinviare 1o studio erlla sera per fare altro al pomeriggio: si
perde il momento propizìo.
.
La voglia di imparare. La voglia di irnparare di per sé non garantisce il
successo clella memoria. Quando perir il fatto cli essere motir,'ati spinge acl adottare le giuste strategie (catalogare, <>rganizzarc, rielaborare i contenuti) e a impegnarsi seriamente nel metterle in pratica, la memorizzazione è più efficace. Non basta
che chi stuclia sia motivato: deve anche sapere come funziona la mente e come si
fa a imparare. Se la forte voglia di imparare si unisce alla paura di non riuscire, allora sopraggiunge l'ansia e non ci sono piir le condizioni emotive per riuscire.
. Irconoscenze pregresse. Da telnpo i filosofi hanno ossen,ato che la merloria di
una persona dipende da quanto sa del
mondo:chipiùsapiùricorda.
Le ricerche
di
psicologia lo confèrmano, Se ci riflettiamo, è orvio: per catalogare, organizzare e rielaborare i contenuti occore dispone di concetti, scherni per strutturare il materiale, altri contenuti per fare collegamenti e arricchire, conoscenza dellavita per applicare. Ovviamente le persone possono possedere coooscenze maggiori in un campo piuttosto
che in un altro: ad esempio, possono essere esperti di diritto e non di psicologia, sapere meglic) conìe fi:nziona un'azienda e far fatica a capire come vanno le cose in un
condominio, in una scuola o tra i barboni, L'abilità di mernorizzare delle persone carìrbia perciò a seconda che i contenuti rientrino in un campo per loro più o mencl noto.
o
lncatatleristichedelmateriale daimpararc.
più difficile ricordare cose che tàcciamo fàtica a capire o che per noi non hanno senso, in quanto le giudichiamo assurde o irrilevanti. Al contrario, ci ri.sr:lta facile ricordare le cose importanti e dotate di senso. Ebbinghaus per condr:rre ia sua ricerca si è sottoposto a una
grande fatica. dato che ar,'eva cleciso diutiltzzare sillabe senza senso ("Le ricerche pionieristiche di Ebhinghaus", p. 70).
Ricordiamo più facilmente il materiale ridondante, in cui cioè le informazioni
abbonclano e tendono a ripetersi, di modo che è facile prevedere e cogliele i contenuti. La cosa si spiega pensando che il materiale più ridondante è anche piùr stmtturato e crffre piir spunti per organizzarlc», riorganizzarl<>, arncchirlo e applicarlo. Un
È molto
UN§§&
*
La memoria
:csto molto asciutto, in cui vengono espressi seccamente i concetti senza ribadirli e
:iesaminarli cla diversi punti di r..ista stimola ben poco il lavoro mentale di chi lo stuJia. Può funzionare solo se chi Io legge è molto esperto in quel settore ed è partiiolarmente abile nello studio, per cui fa da sé tutto il lavoro.
Abbiamo visto che l'immagazzinamento dei dati awiene in modo diverso nelle diverse memorie di cui disponiamo. L'immissione di informazioni nella x,tsr dipende dall'attenzione, la memorizzazione procedurale dall'esercizio e a volte da predisposizioni innate, la memorizzazione di associazioni stimoli-risposta da predisposizioni innate e dal ripetersi degli stimoli. Le conoscenze possono essere immagazzinate automaticamente, in 6ase a criteri prestabiliti che la nostra mente
adotta, o volontariamente, grazie a sistemi di elaborazione delle informazioni, strategie per lavorarci su. Abbiamo anche esaminato alcune condizioni capaci difavorire la memorizzazione volontaria di conoscenze, relative a chi impara e a ciò che si impara.
Sappiamo quali memorie ci sono nella nostra mente e come vi si formano i ricordi. Non sappiamo ancora però come le adoperiamo. Andiamo a vedere adesso quali usifacciamo della memoria
e come funzionano le varie memorie quando ce ne serviamo.
3. ADOPERARE LA MEMORIA
3.1. Svolgere attività
automatiche.
Grazie alla memoria procedurale riusciacefie
attività
ripetitive. dal camminare allavorare
,:o a compiere automaticamente
-.-la tastiera del computer, al partecipare a una conversazione (par. 1.6). Non abbia-::o bisogno di sforzarci per recuperare il programma, 1o script che abbiamo nella
.:rcrnoria procedurale, L'impiego dello script è, infatti, innescato dal contesto: è suf::ciente metterci nella situazione tipica in cui svolgiamo quell'attività e dallo script
-.rturiscono i compofiamenti. Sono seduto, mialzo in piedi e cammino; appoggio le
tlil sulla tastiera e scrivo; incontro un anico, cominciamo a cornunicare e faccio tut, , quello che tipicamente si fa in una conversazione.
Luttlizzo dello script, oltre che inconsapevole, è molto efficiente. Facciamo tutto
-,,pic1amente, senza fatica, poco importa in che shto siamo (se stanchi, preoccllpati
rltro) e possiamo persino fare contemporaneamente altre cose. Ci sono però dei
-:liti. La memoria procedurale è rigida: non possiamo usarla con flessibilità. Se
--jsso a Llna tastiera con una diversa posizione delle lettere, dovrò esercitarmi per
, , llleno quel tanto che occorre ad apprendere il nucrvo script, che contiene istru-:rrni in parte diverse. La memoria procedurale ha anche il difetto di essere non
trasferibile: gli script possono essere usati solo per quelle cose che sono destinati
., ilrci fare e non ci aiutano nello svolgimento di attività simili. Ad esernpio, l'abili-, :ilIa tastiera non può essere sfruttata per suonare il piano o per lavorare a maglia.
Diversamente dalla procedurale, la rnemoria dichiarativa (.par. 7.6), fattir di cono--cnze, è flessibile e trasferibile. Se, ad esempio, so che per memorizzare r.olonta::ìI1)ente contenuti conviene lavorarci su rnentalmente, posso adoperare questa
- ,noscenza nello studio come in altre circostanze (ricordare le istruzioni che qual-
Come funziona
la nostra mente
quando innestiamo il
"pilota automatico"
e facciamo
certe cose senza
pensarci?
M*ffi&JL§
§
ll lavoro di base della nostra mente
COME 5I §PIEGANO I LAP§US D'AZIONE
Siamo in grado di capire ora come mai siverificano i lapsus d'azione, quegli erroriquotidiani di cui abbiamo parlato in apertura di questo modulo. Le azioni della vita quotidiana sono fatte in gran parte diattività automatiche che scaturiscono dalla memoria procedurale. Ci sono però
alcuni passaggi cruciali, di svolta, che richiedono attenzione e vanno guidati coscientemente. Se in questi passaggi cruciali siamo distratti e il controllo cosciente viene meno, awiene il lapsus.
Possiamo capire meglio quel che succede ragionando su un lapsus descritto
alla fine dell'Ottocento da William James, uno dei maestri della storia della psi-
cologia (schedo 2).
... delle persone molto distrotte, raggiunto la comero da letto con l'intenzione di combiorsi di obito in occasione dello ceno, qvevono finito semplicemente con lo spogliorsi completamente e ondore o letto.
Che cosa succede in questi casi? Parte la procedura automatica di spogliarsi. Una volta che ci siamo spo-
gliati, dovremmo intervenire coscientemente per attivare la procedura, anche questa automatica, di veitirci per la cena. Senonché abbiamo la mente altrove e non lo facciamo. A questo punto si innesca la procedura di indossare il pigiama e coricarsi, per default, perché in assenza di un'indicazione specifica per la
nostra mente è quella la procedura da seguire. Come mai? Per il semplice fatto che siamo in camera da
letto, ci siamo appena spogliati ed è sera. ll contesto innesca quello script.
All'origine dei lapsus c'è la distrazione, più precisamente ilfatto che, nel momento in cui dovremmo
indirizzare le attività automatiche, stiamo impegnando la coscienza in altro. A volte la distrazione viene
dall'esterno, altre volte dall'interno. Nel caso raccontato da.lames è probabile che il lapsus sia dovuto al
fatto che siamo presi dai nostri pensieri.
Freud, il padre della psicanalisi (scheda 2), sosteneva che i lapsus sono l'espressione di desideri inconsci, che sfuggono al controllo della ragione e ci fanno fare cose che, se avessimo scelto coscientemente,
non avremmo fatto. Nel caso del lapsus raccontato da james, Freud avrebbe detto che ci si mette a letto perché inconsciamente si desideia dormire. ln realtà la spiegazione è più semplice di come immaginava Freud. Non ci sono desideri nascosti che si agitano dentro di noi, combattono contro la coscienza
e ogni tanto riescono ad assumere il comando. Tutto quel che accade è che, per via della distrazione, ci
affidiamo interamente alla memoria procedurale e cadiamo in errore non appena è necessario smettere
di agire in automatico.
cuno mi dà per arrivare in un posto, i termini di una questione da discutere in una
riunione ecc.). Potrò anche adattare la strategia di studio a seconda degli argomenti e delle situazioni in cui mi trovo a studiare. D'a\ffa parte però la memoria dichiarativa non è così efficiente come la procedurale: come vedremo tra poco, richiamare le informazioni è un lavoro complesso e usarle non è così semplice.
La memoria procedurale è rigida e non trasferibile perché è una memoria p11mordiale, presente anche in animali meno evoluti, che serve ad assicurare che
l'organismo svolga quelle attività indispensabili per adattarsi all'ambiente. In questo è simile alla memoria associativa (par.1.6), che è un sistema ancora più elementare per rispondere alle sollecitazioni ambientali. La memoia dichiaraliva rappresenta un passo avanti, perché permette di tenere comportamenti diversi a seconda delle situazioni, anche se richiede di lavorare di più e di prestare attenzione a
quel che si fa.
74
U&,§Y&
§
La memoria
3.2. Rievocare e riconoscere. Ci sono due modi di usare le conoscen ze de- Che cosa accade
positate nella memoria dichiarutiva (par. 1.6). se alla domanda .eual è la capitale nella nostra mente
degli stati uniti?, rispondo "\x/ashington,, sto rievocando. se invece mi mostrano la quando richiamiamo
foto di un compagno di classe e dico chi è, sto riconoscendo. Nella rievocazione una nozione
mi rappresento mentalmente ed esprimo a parole o in qualche altro moclo |a co- o riconosciamo
noscenza recuperata in memoria, mentre nel riconoscimento adopero la conoscen- qualcosa
za recuperata dalla memoria per portare a compimento la percezione di uno stimoo qualcuno?
lo (Unità 1, par. 7,6).
Quando rievochiamo, la mente procede in tre tappe (tig.2.D. prima consulta la
memoria per vedere se il dato che stiamo cercando c'è o meno, un po' come se
scorresse lo schedario di una biblioteca. Se il dato c'è, comincia a cercarlo. Se 1o
trova, prima di considerare chiusa l'indagine, controlla che sia quello giusto. Altrimenti, se non sembra quello giusto. riprende a cercare. possiamo spiegarci a questo punto un'altra delle stranezze incontrate all'inizio dell'unità: la bimba sa di conoscere la lettera che ha davanti, ma non sa dire qual è. La consultazione della memoria ha dato esito positivo (il dato risulta presente in memoria), mala ricerca è
t-allita (non si trova). In questi casi proviamo una sensazione particolare, che indichiamo con l'espressione.Ce l'ho sulla punta della lingua,.
Le tappe del riconoscimento sono due $i5.2.D. Prima cerchiamo di stabilire se
ciò che abbiamo davanti ci è familiare: ad esempio, "gsnor.o questa faccia?,. Ancl-re in questo caso è come se la mente consultasse lo schedario di una biblioteca
prima di andare a prendere il libro che interessa. Nella tappa successiva stabiliamo
Ji che cosa si tratta: ad esempio, ricostruiamo le principaliinformazroni relative a
quella persona (dove l'ho conosciuta? che fa? in quale rapporto sta con me?) fino
r ricordarne il nome. Perciò possiamo avere l'impressione netta di conoscere una memoriq enlrtestoDersona senza ricordare chi sia o sapere molte cose sul suo conto senza sapere co- dipendente e
s*«t*-dipe*den*e
me si chiama.
la
mente,
una
volta
stabilito che ci sono, va cercare i dati, non li recuQuando
)era a colpo sicuro. In una biblioteca l'addetto va dritto allo scaffale dove si trova
11 libro perché nello schedario è indicatala collocazione. La nostra mente
invece fa
-rna ricerca indniana. Le informazioni in memoria sono tutte collegate in una fit:;1 rete. Si arriva a quella che interessa pas.ando per altre collegate, che fanno da inJrzi, da suggerimenti, che instradano. Ad
-sempio, per trovafe .V/ashington,, la ri:posta alla domanda "Qual è la capitale de:li Stati Uniti?,, la nostra mente potrebbe
:assare per il "primo presidente degli Sta:r Uniti", che ha lo stesso nome, o per "la
.ittà sede della Casa Bianca".
Siamo in grado di capire adesso come
::rai per memorizzate efficacemente occor-
:e elaborare e rielaborare. Più lavoriamo
ìui contenuti da ricordare, più creiamo col.egamenti con altre informazioni che fa:-ìnno da indizi al momento del richiamo.
RIEVOCMIONE
RICONOSCIMENTO
CONSULTMIONE PRELIMINARE
e quolcoso che so?
fig.2.7 .
Toppe dello rievocozione e del riconoscimento.
75
M*ffi#L&
§
il lavoro di base della nostra mente
Se quando abbiamo imparato qual è la capilale degli Stati Uniti, abbiamo pensato che'§Tashington è anche il nome del primo presidente degli Stati Uniti, che in
quella città c'è la Casa Bianca e altre cose ancora, avremo gettato le basi per ripe-
il dato al momento opportuno.
Sapendo che la ricerca dei dati procede per indizi, possiamo spiegarci anche
un altro fatto. Di regola ricorioscere è più facile che rievocare: ci vuole meno tempo e si tende a sbagliare rneno. Per questo in linea di massirna è più imscare facilmente
Perché riconoscere
è più facile che
rievocare?
Perché è così
importante disporre
di informazioni
collegate a quelle
che cerchiamo di
recuperare?
Basta la memoria a
breve termine per
avere disponibili
i
dati che ci servono
per ragionare?
76
pegnativo sostenere un'interrogazione rispondendo a domande aperte (dobbiamo rievocare) che affrontare un test di profitto dove ci si trova a decidere se
un'affermazione è vera o falsa o a scegliere tra risposte alternative a una domanda (dobbiamo solo riconoscere). Il vantaggio che abbiamo quando siamo chianrati a riconoscere è che le cose stesse da riconoscere (la faccia,Ie affermazioni del test) fanno da validi indizi per la ricerca in memoria: la mente è instradata fin dalf inizio.
Le informazioni collegate a quella che cerchiamo non sono impoftanti soio per
ritrovarla. Spesso ne fanno proprio parte. Ad esempio, dire chi è una persona significa andare a trovare una serie di informazioni che Tariguardano: l'ho conosciuta alla posta, fa l'idraulico, è amico del mio vicino ecc. Spesso le informazioni c<-rilegate servono a ricostruire i pezzi mancanti dei ricordi. Non dobbiamo pensare di
avere sempre in memoria i ricordi interi. Se ci chiedono qual è la capitale degli Stati Uniti, il dato o non c'è o c'è per intero. Se però ci chiedono di raccontare com'è
andato un incidente stradale cui abbiamo assistito, avremo in memoria solo alcuni
dati che abbiamo colto e memorizzato. Il resto della vicenda lo ricostruiremo. Le
informazioni collegate sono importanti, perché ci permettono di riempire i buchi.
Ad esempio, ho visto prima il ciclista che attraversava l'incrocio e nessuna macchina all'orizzonte e poco dopo l'impatto. Inserirò nel ricordo anche che la macchina
che l'ha investito andava molto veloce, dato che so (ecco l'informazione collegata) che le biciclette sono lente.
3.3. La memoria di lavoro: ricordare per ragionare. Immaginiamo di
i1750/o di 1 500. Quasi certamente calcoleremo prima il 1.00/o di 1 500 (150), 1o divideremo per due (7) e
faremo la somma dei due risultati (150 + 75 = 22). Per riuscire, durante il procedimento dobbiamo tenere a mente, in memoria e presenti alla coscienza, glielementi che servono. Ad esempio, avere presente il primo risultato (150) per poterlo
sommare poi al secondo. È la memofiadilavoro che tiene pronti gli elementi su cui operare.
Non interviene solo quando facciamo un calcolo matematico, ma ogni volta che
ragioniamo su più informazioniper arrivare a una conclusione. Quando leggiamo
un testo, per capire il senso del discorso dobbiamo tenere in mente i contenuti
afferrati prima per collegarli a quelli che afferriamo ora. Ad esempio, in questo
momento vanno collegate l'idea che la memoria di lavoro serve ogni volta che
ragioniamo con l'idea che serve nella lettura, per capire che stiamo facendo una
rassegna di comuni attività in cui interviene. Lo stesso vale quando ascoltiamo
un discorso, che si tratti di una lezione o di una chiacchierata telefbnica.
fare mentalmente un semplice caicolo matematico: trovare
Ul\t§Yi&
§
La memoria
UNA MEMORIA CHE CONSUMA RISOR§E E RISENTE DEttO STRE§§
Siamo talmente abituati a servirci della memoria di lavoro da non renderci conto che assorbe molte
risorse. Quando teniamo a mente gli elementi di un ragionamento, la concentrazione è massima e non
riusciamo a prestare attenzione ad altro, a meno di smettere di ragionare. Possiamo invece svolgere con-
temporaneamente attività automatiche, basate sulla memoria procedurale, dato che non richiedono
impegno (par. 3.1). Ad esempio, riusciamo tranquillamente a camminare mentre cerchiamo di risolvere un problema di matematica o un problema della nostra vita. Tuttavia c'è il serio rischio di incorrere
in lapsus: nei passaggi cruciali non siamo in grado di intervenire a decidere il da farsi. Può darsi,.ad esempio, che finiamo per andare nella stanza sbagliata, anziché in quella dove volevamo andare. E una delie ragioni per cui è pericoloso guidare l'autòmobile o un motorino mentre si parla al cellulare. Non è
solo questione di avere le mani libere: per guidare in sicurezza abbiamo anche bisogno di avere la
mente libera.
Lo stress compromette il buon funzionamento della memoria dilavoro. Sesiamo in ansia, se siamo preoccupatidelgiudizio degli altri, se abbiamo paura di sbagliare, se ci sentiamo
attaccati da qualcuno, la nostra memoria di lavoro diventa lenta e rnacchinosa e può arrivare a bloccarsi. Quando viviamo un
periodo di stress, per un dispiacere, una lite, la fine di un'amicizia, disagi in famiglia, un lutto, la memoria di lavoro funziona male per mesi. Ci sono ragioni biologiche: lo stress distrugge le cellule dell'ippocampo, quella parte del cervello che tiene le connessioni tra MBr e MLr e perciò è essenziale per il funzionamento della memoria di lavoro. Le cellule poifortunataLo stress donneggio l'ippocompo e fo funmente si rigenerano, ma hanno bisogno ditempo.
zìonore mole lo memorio di lovoro.
Nelio studio ia memoria di lavoro è importante, oltre che al momento di ascoltare una lezione o leggere il testo, quando memoizziamo. Per catalogare. organizzare, riorganizzare, arricchire e applicare (par. 2.4) occorre collegare informazioni di\rerse e lavorarci sopra. Anche quando scriviamo un componimento o affrontiamo
una prova scolastica o un colloquio di lavoro o una trattativa a sostenerci è la memoria di lavoro. Ne abbiamo bisogno anche per risolvere i problemi, di qr"ralsiasi tipo, da quelli pratici ai logici, a quelli della vita, come pure per prendere decisioni.
La memoria di lavoro è un sistema a più componenti. fatto di diverse unità
operatil,e che lavorano assieme. Ne fanno parte la memoria a breve termine, la memoria a lungo terrnine, la coscienza e un sistema centrale di controlìo. Nella llsr
vengono tenuti i dati solo per il tempo che occorre. Dalla N,ILT vengono riprese le
conoscenze che servono nei ragionamenti. Ad esempio, al mornento di calcolare
ll 750/o di 1 500, abbiamo ripreso dalla l,trr la procedura di semplificazione adottata
r calcolare il700/0. dividere per due e sornmare), I'idea che per ottenere il 10% dividiamo per 10, che per dividere per 10 basta togliere uno zero e così via. I1 sistema
centrale di controllo orienta l'attenzione a seconda delle esigenze e sposta l'informazione dalla urr alla ltgr e viceversa. La coscienza supen isiona.
3.4. La memoria prospettica: ricordare il futuro. comunemenre si
3ensa che la memoria riguardi esclusivamente i ricorcli del passato. In realtà tutti
Come ricordiamo
le cose da fare?
77
M&m§,iL*
Ouali dati dobbiamo
conservare per
ricordarci di fare
qualcosa?
Qual è il sistema
migliore per
ricordarsi quando
fare qualcosa?
§
ll lavoro di base della nostra mente
noi ogni giorno ci sforziamo di ricordare azictni future da fare: devo ricordarrni di
dire a Luca quella cosa quando lo vedo, di passare a cornprare il quaderno , di fare gli auguri di compleaflno a mio padre, di ar,rrertire che ariverò tardi all'allenamento ecc. In psicologia si distingue tra memoria retrospettiva, che riguarda gli
eventi passati e i contenuti appresi in passato, e memoria prospettica, che riguarda cose da fare in futuro.
Solitamente non abbiamo ben chiaro che per compiere azionifuture dobbiamo
ricorrere alla memoria. Se uno non sa dire qual è la data di nascita del padre, diciamo che è smemorato. Se però non gli fa gli auguri il giorno del suo compleanno, diremo piuttosto che è sbadato, poco affidabile, poco serio, non abbastanza affettuoso. Invece quasi ceftamente a tradirlo è stata la memoria.
La memoria prospettica impegna molto la mente, perché è fatla di parecchi ricordi da conservare. Devo ricordarmi che voglio fare qualcosa, ma anche che cosa
(ad esempio, parlare aLuca di quella faccenda), come (serenamente puntando a
convincerlo), quando (alla festa di stasera). Devo conservare anche due metaricordi, cioè ricordi di secondo livello, che seruono a gestire i ricordi di primo livello:
devo ricordarmi di ricordarmi e ricordarmi di non pensarci più dopo che l'ho fatto.
Se viene meno uno solo di questi ricordi, la memoria prospettica in qualche tnodo
fallisce. Può capitare che semplicemente io non faccia quel che dovevo fare e mi
renda conto solo dopo della dimenticanza. Può accadere però che io abbia in mente
di dover fare qualcosa senza sapere cosa, che mi trovi a fare una cosa diversa o in
parte diversa o che continui ad avere il pensiero di dover fare qualcosa anche se
ho fatto tutto.
È particolarmente importante la memoria del "quando", giacché fa da aggancio
per l'azione. L'aggancio può essere una circostanza, come la festa di stasera, ma può
essere anche un tempo (entro oggi) o una persona (appena lo vedo) o un luogo
(quando passo di là). il tempo è l'aggancio che funziona meno. Spesso però è difficile avere altri agganci. Ad esempio, immaginiamo che io stia lavorando intensamente e sappia di dover andare afarela spesa prima della chiusura dei negozl
L'aggancio che ho è il tempo, ma proprio per questo è facile che io, preso dal
lavoro, finisca per dimenticarmi di fare la spesa. In questi casi è utile ricorrere ad
aiuti, come mettere un foglietto con I'elenco degli acquisti in una posizione strategica o delegare a uta persona il compito di ricordarmi per tempo l'impegno o
mettere una suoneria a orario.
Abbiamo visto come la memoria procedurale ci permette di svolgere attività ripetitive, bene,
rapidamente e senza impegno, anche se con qualche limite e a volte qualche errore. Abbiamo visto che usiamo la memoria dichiarativa per rievocare fatti e nozioni o per riconoscere cose e persone. Abbiamo studiato come funzionano rievocazione e riconoscimento, il che ci ha permesso di capire perché è così importante elaborare in sede di memorizzazione volontaria. Ci siamo fermati poi
sulla memoria di lavoro, un sistema complesso che interviene quando ragioniamo su più informazioni, e sulla memoria prospettica, fatta di vari ricordi che interagendo ci consentono di
ricordarci cose da fare in futuro. Ci restano da vedere i limiti della memoria, le situazioni in cui viene meno, ci tradisce, ci inganna.
Uld§Y&
A La memoria
4. QUANDO LA MEMORIA FALLISCE
4.1. L'oblio.
Sappiamo bene che con il passare del ternpo dimentichiamo. Di
argomenti studiati tempo addietro spesso ricordiarno poco e in modo confuso:
norni, dettagli. concetti ci sfuggono. Se vogliamo ripristinare la memoria di quanto
avevanìo appreso con tanta fatica, siamo costretti a studiare di nuovo l'argomento. Anche il ricordo di un episodio della nostra vita o di un film tende a farsi meno chiaro e
preciso c<ln il tempo.
Ebbinghaus, 1o studioso tedesco che nel XX secolo condusse le prime ricerche
sperimentali sulla memoria ("Le ricerche pionieristiche di Ebbinghaus", p. 70), ha
costruito anche la prima curva dell'oblio, un grafico che ci dice come svanisce la
memoria via via che passa il tempo (fig. 2.8). Come si vede, negli esperimenti di
Ebbinghaus l'oblio era significativo e rapido: svaniva gtanparie del ricordo e il calo ar,.veniva quasi tutto all'inizio, nel giro di qualche ora.
I risultati ottenuti da Ebbinghaus non concordano con l'esperienza che facciarno
neila vita quotidiana. Non dimentichiamo tanto e tanto rapidamente le parole del
vocabolario, i concetti cui si riferiscono, le facce. i nomi delle persone, gli episodi
della vita. In efletti ricerche condotte successivamente hanno dimostrato che nella
vita reale l'oblio è decisamente meno marcato e più lento. Ad esempio, le persone
COME DECI.INAVA
It
't
rapidamente
dimentichiamo
con il tempo?
COME DECLINA IL RICOREO
RICORDO
DELLE SIII/ABE SENZA 5EN5O !,TTPARAIE
Quanto e quanto
DA EBBINGHAUS
DEILE FACCE DEI COMPAGNI DI SCUOLA
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20
10
10
0
0
0,33 1 8,8 24 48 144
TEMPO IN ORE
744
0,3 3,8 7,4 14,1 25,8 34,1 47,6
TEMPO IN ANNI
Fig. 2.8 . Curvo dell'oblio di Ebbinghous e di uno ricerco recenle sul ricordo dei compognidi scuolq.
Nello curvo di Ebbinghous dopo mezz'orc sì ero perso un 40% dei doti memorizzoti {il tempo rispormioto ol riopprendimenlo ero sceso ol 60%), dopo ollo ore più del 60%. Nelle ore e neì giornì successìvi l'oblìo tendevo o stobilizzars\, tonio che o un mese circo lo perdilo ero dell'80%. Nello ricerco recente jn cul olle persone si chiedevo dl riconoscere i compogni di scuolo dolle foto degli onnuori, le prestozioni di memorio si montenevono e{evote e uno perdiio significotivo si ovevo solo o quosi cinquont'onni di distonzo.
M&meiL* §
ll lavoro di base della nostra mente
tendono a riconoscere abbastanzabene i compagni di scuola in fotografia anche a
distanza di trent'anni (fig. 2.8). Sembra che persino cefti ricordi di episodi infantili
raccontati da persone anziane siano abbastanza attendibili.
Ebbinghaus dimenticava molto e in fretta, perché il suo sforzo di apprendimento era particolare. Per ciò che imparava, per come 1o imparava, per il fatto di sottoporsi continuamente a sedute di apprendimento, i ricordi che si formavano nella sua mente erano assai fragili. Possiamo capire come mai. se esaminiamo le cause dell'oblio.
Perché con il tempo
la memoria sbiadisce?
. Decadimento.
È possibile che di alcuni ricordi si perda Ialraccianel nostro cervello. Dobbiamo pensare che il ricordo ha una base fisica, costituita da un dato intreccio di connessioni tra cellule nelvose nel cervello. Cene connessioni possono
andare distrutte per danni, anche modesti, del tessuto cerebrale che interuengono con l'invecchiamento o per patologie. È stata ayanzata l'ipotesi che anche il
disuso, il fatto cioè che non si adoperi più un'infornlazione, possa distruggere la
rete di connessioni che ne è alla base. In ogni caso solo una pafie dei ricordi va incontro a decadimento e si perde dar,.vero. Il grosso dei ricordi resta in memoria, ma
può andare incontro lo stesso all'oblio, perché diviene difficile recuperarli.
. Formazionedeiricordi. t datielaborutisono ricordi formati meglio e risultano
più tenaci. Sappiamo che per memorizzare conoscenze occorre elaborarle (par.2.4);
così le colieghiamo ad altre informazioni che ci aiuteranno a ritrovarle quando cercheremo di recuperarle (par. 3.2). Ebbinghaus imparava sillabe senza senso ripetendole. Per lui era difficile elaborare quel che imparava e i ricordi erano labili.
. Interferenza. Se, dopo aver memorizzato
alcune informazioni, ne mettiamo in
memoria altre simili, i ricordi si indeboliranno a vicenda. Le nuove informazioni renderanno più labile il ricordo delle vecchie e le vecchie comprometteranno la solidità delle nuove. Nel primo caso si parla diinterferenzaretroattiva, perché si fa
@
e$fefio sonno
sentire sulle cose memoizzate prima, nel secondo di interferefiza ptoattiva,
perché gli effeni si awertono su quel che viene memorrzzato dopo.
L'interferenza c'è se le informazioni sono simili. Possiamo tranquillamente imparare tutte le cose nuove che vogliamo senza per questo favorire l'oblio. Il problema nasce quando memorizziamo dati molto simili tra loro senza distinguerli bene.
Ebbinghaus continuava a imparare sillabe senza senso in maniera meccanica. Già
le sillabe senza senso si somigliano un po'tutte; se poi le impariamo meccanicamente, non riusciamo a catalogarle e ad ordinarle quel tanto che può servire a farle diventare informazioni per noi distinte.
Probabilmente f interferenza si deve al fatto che facciamo confusione al momento del recupero. È come se le informazioni simili creassero delle false piste nella ricerca di ciò che ci interessa ricordare. Sappiamo che questa ricerca è rndiziaria, un po'
come una caccia al tesoro nella fitta rete di informazioni in memoria (par. 3.2);le informazioni che si confondono possono disorientarci e mettere in crisi la ricerca.
. Difettodiconsolidamento. Abbiamo detto che la memoria
diversamente da un hard disk, è un deposito dinamico: una fitta rete di informazioni
a lungo termine,
UN§Y-&,
§
La memoria
collegate che si riconfigura continuamente (par. 1.5). Questo r,uol dire che i collega-
rnenti di un dato presente in memoria possono cambiare nel tempo. Se un dato con
il tempo si collega a informazioni nuove, il suo ricordo si consolida, perché possiarno arrivarciper più strade, daindizi diversi. Se però questo non accade, se abbiamo un dato poco collegato, potrà essere difficile recuperarlo, magari per il sernclice fatto che non disponiamo più degli indizi che inizialmente ci guidavano.
Dtztot tmto ot
Mroootocu §
indagine
Come possiamo dimostrare che le informazioni simili interferiscono favorendo l'oblio? Uno psicologo inglese, Baddeley, ha studiato la memoria di un comportamento quotidiano, quale lasciare
la macchina al parcheggio. Ha visto che le persone che lasciavano tutti i giorni la macchina in un
parcheggio erano in difficoltà a ricordare il punto esatto in cui l'avevano lasciata anche solo qualche giorno prima. Quelliche invece avevano parcheggiato di rado in quel parcheggio ricordavano
perfettamente il posto anche a un mese di distanza. Quelli che vi avevano parcheggiato una sola
volta ricordavano meglio ditutti. Evidentemente il ricordo di dove ho parcheggiato oggi interferisce con il ricordo di dove ho parcheggiato i giorni precedenti, con il risultato che, se parcheggio lì
tutti i giorni, diventa dawero difficile ricordare dove ho parcheggiato le volte precedenti.
4.2.1ricordi distofti.
Quando memorizziamo i contenuti di un testo o il racconto di un fatto o un'esperienza che viviamo, non mettiamo in memoria tutte le
informazioni disponibili, ma solo quelle che scegliamo di ricordare. La nostra è una
memoria selettiva. Come abbiamo già ar,uto modo di dire (par.2.3),la scelta delle
rnformazioni da memorizzare può essere volontaria, ma spesso la decisione viene
presa automaticamente dalla nostra mente. In ogni caso a guidarci sono soprattutto
ie emozioni e le conoscenze.
Le emozioni ci segnalano che cosa è importante per noi. Ad esempio, se durante
un'interrogazione sono preoccupato, ricorderc) meglio di tutti gli altri il momento
in cui ho fatto scena muta. Le conoscenze che abbiamo ci consentono di cogliere
determinate cose e non altre: non vediamo tutto quel che accade intorno a noi, ma
solo ciò che afferriamo con le conoscenze di cui disponiamo. Ad esempio, in un'interrogazione io posso avere l'impressione di aver risposto abbastanza bene a una
domanda, mentre il docente è insoddisfatto. È la diversa conoscenza della materia
,i fàr vedere diversamente la stessa risposta. Può darsi che il docente abbia notato
ìina certa imprecisione nel linguaggio e lacune in argomenti collegati e io invece il
:atto che ho ricordato tutti i punti che erano sul libro.
Quando richiamiamo il ricordo, non troviamo in memoria tutte le informazioni
Jell'esperienza originaria: abbiamo ipezzi scelti al momento della memorizzazi<>ne.
\lettendoli assieme e riempiendo i r,uoti con ciò che la logica e le nostre conoscenze
Cei mondo e della vita ci suggeriscono, cerchiamo di riprodure mentalmente l'espenenza che ha dato origine al ricordo. Ad esempio, ricordando l'interrogazione, metierò assieme il momento della scena muta e le domande cui secondo me ho risposto bene e concluderò che, se non avessi a\.uto quella défaillance, f interrogazione
sarebbe andata bene. La nostra è una memoria ricostruttiva, oltre che selettiva.
Fino a che punto
sono accurati
i nostri ricordi?
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